Paolo VI Catechesi 61076

Mercoledì, 6 ottobre 1976

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Il tema, che in questi giorni invade la discussione religiosa nel campo cattolico, è quello dell’«Evangelizzazione» e della «Promozione umana», un tema che acquista proporzioni d’ordine generale, quando si pensa alla questione fondamentale che esso solleva: vi è ancora posto per la religione cattolica, per la Chiesa, diciamo semplificando e sintetizzando, per la nostra Fede nel mondo moderno, nel mondo teso verso ogni forma di sviluppo umano, là specialmente dove uno sviluppo sia reclamato da bisogni essenziali della vita dei Popoli, e quindi sia reclamato da diritti insoddisfatti, e imposto da quella evoluzione umana che chiamiamo progresso? La distinzione, anzi la separazione, dell’attività temporale da quella religiosa, oggi tanto marcata dalla «secolarizzazione», anzi dal «secolarismo», vigente nella mentalità e nell’attività della società contemporanea, non esclude l’evangelizzazione, cioè la religione, cioè la fede dall’area della vita moderna, affrancata ormai da ogni visuale religiosa?

Come ognuno vede, è questa una posizione problematica di sommo interesse. Considerata in termini assoluti, essa può essere questione di vita o di morte per la religione, per la fede, ed anche per l’umanità; l’ateismo moderno, pratico o teorico che sia, vi ha già dato una risposta negativa, alla quale tanta gente aderisce, e spesso passivamente, a occhi chiusi, quasi che, soffocata la fede nella mentalità delle nuove generazioni, l’uomo goda d’una liberazione non più inceppata da scrupoli religiosi, senza abbastanza riflettere quale sarà il cammino dell’uomo stesso, accecato dalla privazione delle grandi verità orientatrici che la fede gli offriva, o peggio, dalla rinuncia alla propria facoltà visiva sulle massime questioni dell’esistenza sia del mondo, sia della vita umana. Non ha forse la fede i suoi occhi? ce lo ricorda S. Agostino: «habet oculos fides, et maiores oculos, et potentiores et fortiores» (S. AUGUSTINI Enarr. in PS 145, PL 37, 1897).

Noi abbiamo già detto come non esista nella regione profonda delle cose un’opposizione radicale fra fede e progresso: una nostra Enciclica «Populorum Progressio», tra altre affermazioni consimili lo dimostra: fede e progresso, abbiamo detto, sono complementari, non di per sé antitetici. Possiamo andare anche più avanti per incontrare quella mentalità che meno si cura, non certo secondo il vero ordine delle cose e dei valori, del primato del regno di Dio su quello dell’utilità temporale, rimasta per moltissimi, anche cristiani, il metro decisivo per misurare sopra ogni cosa l’interesse della vita umana (Cfr.
Mt 6,33 1Co 10,33 Am 5,4-6).

E rileggeremo una pagina memorabile e meravigliosa dell’Enciclica «Immortale Dei», di Leone XIII (1 Novembre l885), nella quale si afferma e quasi si svela come la ricerca del regno di Dio produca effetti, quasi preterintenzionali, ma direttamente da essa provenienti, anche per il regno temporale.

«La Chiesa, opera immortale del misericordioso Iddio, sebbene per natura sua abbia direttamente in mira la salute delle anime e l’eterna felicità del cielo, tuttavia ancora nell’ordine temporale reca tali e tanti vantaggi, che più e maggiori non potrebbe se fosse destinata direttamente e sovra ogni cosa a procacciare la prosperità della vita presente. Infatti dovunque poté mettere il piede, cambiò immediatamente l’aspetto delle cose, ed i costumi dei popoli informò a virtù dianzi sconosciute ed a civiltà nuova; per la quale, coloro che l’accolsero, andarono sopra gli altri per mitezza d’indole, per equità e per splendore d’imprese. Con tutto ciò è assai vieta quell’oltraggiosa accusa, che alla Chiesa si muove, di esser nemica degli interessi civili, ed incapace affatto di promuovere quelle condizioni di benessere e di gloria, cui a buon diritto e per naturale tendenza aspira ogni ben ordinata società (LEONIS XIII Immortale Dei, 1 -1 novembris 1885 -).

Abbiamo detto: si tratta di effetti preterintenzionali; ma non è esatto. Sono effetti previsti, voluti, perseguiti con sapienza, con costanza e con spirito di sacrificio e d’amore. È il Vangelo che ce lo insegna quando riassume il codice dei comandamenti religiosi e morali nel duplice impegno di amare Dio sopra ogni cosa e con tutto il cuore; e di amare il prossimo come amiamo noi stessi (Mt 22,36-40). E l’apostolo S. Giacomo, in quella sua lettera, che non piaceva a Lutero per l’accento imperativo ch’essa adopera imponendo il compimento delle opere buone, ci ricorda e ci ripete: «una religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre nostro è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni . . .» (Cfr. Jc 1,27 Jc 1,22-23 Jc 2,2 ss.; Jc 2,5 Jc 2,14; etc.).

Questo diciamo, sempre rimanendo nel vestibolo, cioè nella fase di preparazione del prossimo Convegno sul tema dell’evangelizzazione e della promozione umana, con l’augurio e con la fiducia ch’esso conforti la coscienza solidale dei buoni per la testimonianza nel pensiero e nelle opere della presenza operante della Chiesa nella nuova storia aperta davanti alla presente e alla futura generazione.

Con la nostra Benedizione Apostolica.



Ai partecipanti al Movimento «Santo Stefano Rotondo» di Monaco di Baviera

Ein wort herzlicher Begrüßung richten wir an die anwesenden Vertreter der»Deutschen Gesellschaft für christliche Kunst«und die»Freunde von Santo Stefano Rotondo«. Sie eröffnen, liebe Sohne und Tochter, in diesen Tagen hier in Rom eine bereits viel beachtete Ausstellung unter dem Thema»Kirchenbau in der Diskussion «. Die Ausstellung selber wird durchgeführt in ehrendem Gedenken an den verewigten und von uns hochgeschatzten Kardinal Julius Döpfner.

Christliche Künstler und Architekten haben die hobe Aufgabe, dem Gottesvolk für sein Beten und die Feier der Liturgie einen würdigen Raum zur Verfügung zu stellen. Hier, im» Zelt Gottes unter den Menschen «(Ap 21,3) soll der ruhelose und oft so friedlose moderne Mensch unserer Tage eine geistige Heimat finden und sich in Gott geborgen fühlen. Möge die Ausstellung hierzu wertvolle Anregungen bieten!

Von Herzen erteilen wir Ihnen allen wie auch jenen, die uns über Radio hören, unseren Apostolischen Segen!

Ai giovani partecipanti alla «Marcia della Speranza» svoltasi da Siena ad Assisi in occasione del 750° anniversario del transito di San Francesco

Un affettuoso saluto desideriamo rivolgere anche al gruppo di giovani di varie Nazioni, i quali il 4 ottobre hanno concluso ad Assisi la loro «Marcia della Speranza».

La vostra iniziativa, figli carissimi, riveste un alto significato: voi avete voluto ripercorrere i luoghi nei quali, da Siena alla sua città natale, San Francesco aveva annunciato il suo messaggio di «pace e bene», agli uomini divisi e spesso in lotta fra di loro.

In questo itinerario eminentemente spirituale, animato dalla riflessione e dalla preghiera, avete certamente approfondito e sperimentato la viva attualità e la modernità affascinante della santità di Francesco, che a 750 anni dalla morte continua a dimostrare a noi tutti come il Vangelo di Cristo, vissuto nella sua integrità, porta tutto l’uomo ed ogni uomo alla libertà autentica e alla letizia rasserenante.

Ritornando nei vostri Paesi, comunicate generosamente agli altri, specialmente ai giovani, la ricchezza interiore della vostra speranza e realizzatela giorno per giorno nella piena adesione alla Persona e all’insegnamento del Cristo.

Con la nostra Benedizione Apostolica.

Alle Piccole Suore di Gesù che hanno fatto la professione perpetua

A un gruppo di Anglicani inglesi

Our special greetings of grace and peace in the Lord go to the Anglican Holy Cross Pilgrimage group from England. We cordially welcome you in the charity of Christ, and together with you we turn our thoughts to him “who is the head” (Ep 4,15), and who beckons us on to open ourselves ever more before the longing of his heart and desire of his prayer: “that they may all be one” (Jn 17,21).


Mercoledì, 13 ottobre 1976

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Parliamo ancora del Convegno ecclesiale dei cattolici italiani, che avrà luogo a Roma alla fine di ottobre e al principio di novembre, impegnando la loro attenzione sul tema, ormai a tutti noto: «Evangelizzazione e promozione umana»; tema che interessa non solo la Chiesa italiana, ma si offre all’attenzione dell’intera cattolicità per l’evidente proposito di segnare la via operativa della nostra religione nella nuova storia dell’umanità secondo le grandi lezioni del Concilio ecumenico. Ne parliamo senza entrare nella trattazione specifica del tema stesso, del quale si occuperà il Convegno, ma quasi girandogli intorno per accennare ad alcuni requisiti importanti che vorremmo fossero negli animi di quanti avranno la fortuna di parteciparvi. L’esito di questo avvenimento ecclesiale, destinato ad esercitare un influsso importante nella vita ecclesiale dei prossimi anni, dipenderà dalla disposizione degli animi dei partecipanti dentro, o fuori del recinto della sua celebrazione. È importante che gli animi di tutti vi siano bene disposti.

Possiamo chiederci: quali disposizioni d’animo si possono intravedere per la riuscita del Convegno? Noi noteremo con franchezza che non è facile presagire quali siano queste disposizioni d’animo, perché esse sembrano essere segnate dalla mancanza di uniformità. Ci si accorge che il nostro campo ecclesiale è gravato in diversi punti di incertezza sul proprio essere e sul proprio destino: pensate alla frequenza e all’insistenza con cui si pone una questione insolita, quella della propria identità. Il dubbio è diventato nebbia opaca, che non lascia vedere con facile chiarezza né dentro, né fuori la propria coscienza, perfino in chi dovrebbe avere per eredità di educazione e per carisma proprio del suo stato nella Chiesa di Dio, la visione limpida del suo essere cristiano e del suo dovere di fedeltà. Il dubbio si è per di più reso fitto e abituale dalla equivoca interpretazione che da molti oggi si dà al così detto «pluralismo», quasi che questa formula autorizzasse l’incertezza su verità e su dottrine che non la ammettono, essendo queste verità e queste dottrine garantite dall’inviolabile presidio della fede e del magistero autorevole della Chiesa. La libertà non è stata sempre impiegata secondo la sua vocazione alla verità e alla scelta amorosa del volere divino (Cfr.
2Co 3,17), ma come un’arbitraria licenza di camminare alla cieca, secondo impulsi, istinti, o interessi personali, fino a smarrirsi, anche nel campo religioso, in quel libero esame, che dissolve l’unità della fede e debilita l’energia dell’amore cristiano.

Di più, coefficienti esterni hanno contribuito a svigorire la interiore franchezza degli animi, e a disgregare l’armonica compattezza del corpo ecclesiale: pensate alla crisi del nostro costume associativo; pensate alla contagiosa diffusione della moda anti-autoritaria; pensate all’invadente opinione della liceità, della permissività, anzi della fecondità della contestazione sistematica, come fonte di novità vitale e di creatività originale. Su tutto questo complesso problema della disgregazione spirituale e sociale, che caratterizza tanti fenomeni del nostro mondo contemporaneo, si potrebbe fare uno studio analitico molto istruttivo, non solo per rilevarne gli aspetti patologici e per prevederne le fatali conclusioni di decadenza civile o di oppressione politica, ma anche per ritornare con riconfortato pensiero alla nostra visione dell’umanità, chiamata per divino disegno ad essere Popolo di Dio, Corpo mistico di Cristo, Famiglia di fratelli compaginata nell’amore e nell’unità, cioè ad essere Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica. Questa sarebbe l’ottima conclusione del menzionato Convegno: la ricomposizione luminosa e gioiosa della nostra operante coscienza ecclesiale.

Per raggiungere questo felice risultato noi sigilleremo le nostre raccomandazioni in una brevissima formula dell’antichità classica, desunta dall’arte della navigazione: remis velisque, con i remi e con le vele bisogna navigare. Quando noi parliamo di Evangelizzazione e di promozione umana noi ci collochiamo nel campo operativo della Chiesa; noi supponiamo acquisita la fede, anzi ne facciamo il principio della nostra azione caritativa: «la fede, dice S. Paolo, opera per mezzo della carità» (Ga 5,6). Si tratta di operare. A tal fine occorrono, nel mare del tempo, nel fluttuare della storia, due ordini di energie : le energie delle nostre braccia, cioè dell’impegno della nostra attività umana; ecco i remi, simbolo della nostra personale fatica; e occorrono le energie imponderabili, ma effettive e superiori dello Spirito Santo, del Quale le vele sono simbolo eloquente. Remis velisque; in altre parole ritorna la formula ben nota, e non più profana, ma cristiana: ora et labora; prega e lavora. Occorre il concorso simultaneo dell’aiuto di Dio e dell’attività umana.

Questo sembra quasi un gioco di parole, mentre invece ci fa riflettere in sintesi alla causalità complessa e concorde, donde deve procedere l’attuazione del duplice programma a noi proposto: evangelizzare e promuovere l’umano benessere. Un programma positivo, non negativo, né semplicemente critico, polemico e contestatore; un programma ottimista, non corroso in partenza da pessimismo critico ed acerbo, bevuto a sorgenti inquinate della lotta sistematica dell’uomo contro l’uomo; un programma coordinato della forza trascendente della religione con quella sperimentale dei mezzi umani. E ci persuade, ancora una volta, a preparare il Convegno ecclesiale imminente nell’ansia e nel proposito di quella carità ecclesiale, che è il vincolo della perfezione, così che, come conclude S. Paolo, «la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati per comporre un solo corpo e siatene riconoscenti» (Cfr. Col 3,15 DE LUBAC, Méditations sur l’Eglise , pp. 198 ss.). Con la nostra Apostolica Benedizione.



Ai novelli sacerdoti del Collegio Germanicum di Roma e ad altri gruppi di varie diocesi tedesche

Unsere besten Glückwünsche gelten in dieser Stunde den anwesenden zehn Neupriestern des Deutsch-Ungarischen Kollegs von Rom und ihren Angehörigen. Von Herzen freuen Wir Uns mit Ihnen, liebe junge Freunde, dass Sie Ihr grosses Ziel erreicht haben: Sie sind Priester Gottes. Sie wissen wohl: Der Priesterstand ist der höchste durch seine Gewalten, Verpflichtungen und Gnaden. Darum ist ein jeder von Ihnen in besonderer Weise berufen, » Salz der Erde und Licht der Welt « zu sein (Cfr. Mt 5,13-16).

Die Welt braucht heute mehr denn je heilige Priester, aber auch wissenschaftlich gut ausgebildete Priester, Das ist das Gebot der Stunde gegenüber den Mächten der Finsternis. Mit Recht nennt der heilige Franz von Sales Wissenschaft und Frömmigkeit die beiden Augen des Priesters. Das will heissen: Wenn ein Priester von Christus und seiner Gnade ganz durchdrungen ist, wenn er aber auch gleichzeitig über ein solides theologisches Wissen verfügt, dann ist er in der Hand der göttlichen Vorsehung ein geeignetes Werkzeug, das zu leisten, was das Gottesvolk mit Recht von ihm erwartet zum Segen der Kirche und seinem eigenen Glück.

Ein herzliches Grusswort richten Wir auch an den Pilgerzug der grössten katholischen Wochenzeitung Deutschlands, der » Neuen Bildpost «, wie auch an die Pilgerzüge aus den Diözesen Münster und Hildesheim. Seien Sie alle willkommen! Wir freuen Uns über Ihren Besuch und danken Ihnen. Setzen Sie sich auch weiterhin mutig und unbeirrt für das Apostolat der guten Presse ein. Bleiben Sie treu dem Glauben Ihrer Väter! Hören Sie stets auf die Weisungen des Lehramtes der Kirche! Dann wird Ihnen der Schutz und Beistand Gottes nie fehlen. Dazu erteilen Wir Ihnen allen und jedem einzelnen aus der Fülle des Herzens Unseren Apostolischen Segen.

Ai partecipanti al XL Capitolo Generale dei Chierici Regolari della Passione

Rivolgiamo ora un cordiale saluto ai circa 100 Padri Passionisti, venuti da ogni parte del mondo per celebrare il 40° Capitolo Generale della loro Congregazione. Essi sono guidati dal neo-eletto Superiore Generale, Padre Paolo Michele Boyle, al quale porgiamo volentieri le nostre sincere felicitazioni e i nostri cordiali voti augurali. Diletti figli, voi state concludendo un Capitolo Generale di particolare importanza, non solo perché coincide con la ricorrenza bicentenaria della morte del vostro Fondatore, ma anche perché in esso avete voluto fare un bilancio degli esperimenti in atto nella Congregazione, al fine di giungere ad opportune decisioni operative. Vi abbiamo rivolto al riguardo una parola più precisa in un nostro messaggio scritto. Qui basti invitarvi a tenere sempre dinanzi agli occhi l’esempio e la testimonianza del vostro Fondatore, contemplativo autentico e missionario infaticabile, che seppe fare della Croce di Cristo il motivo ispiratore della sua esperienza spirituale e della sua attività apostolica. Vostro impegno e vostra ambizione sia ancora quella di farne rivivere lo spirito sia nella vostra vita personale che negli ordinamenti comunitari, perché anche oggi «non venga resa vana la Croce di Cristo» (1Co 1,17). Proclamate senza tregua, con l’esempio e con la predicazione, la «Parola della Croce», che costituisce il nucleo del kerigma cristiano; prodigatevi volentieri, sull’esempio dell’apostolo Paolo, fino a consumare voi stessi per le anime (Cfr. 2Co 12,15) allo scopo di rendere presente sempre ed ovunque il morire di Cristo (Ibid. 2Co 4,10), che è principio di vita. E la grazia di Cristo, che invochiamo su di voi con la nostra Apostolica Benedizione, fecondi il vostro lavoro per il bene della Congregazione e di tutta la Chiesa.

Al Consiglio Pastorale dei Cappellani degli Istituti di Previdenza e di Pena e alle Superiore della Congregazione di Suore addette alle carceri femminili

Sono presenti all’udienza di stamani anche i 30 Cappellani, membri del nuovo Consiglio Pastorale per gli Istituti carcerari italiani, unitamente alle circa 50 Superiore delle Comunità di Suore, che prestano la loro opera nelle carceri femminili. A loro va una parola di saluto e di sincero apprezzamento. Ci valiamo volentieri di questa occasione per sottolineare l’importanza del soccorso spirituale, che il Sacerdote può recare a chi di tante cose abbisogna, ma di una in particolare non può fare a meno: la forza cioè di continuare a sperare. La fede in Dio, alimentata dall’ascolto della sua Parola e dalla partecipazione ai sacramenti, rappresenta la spinta più efficace per una generosa volontà di ripresa. Questa convinzione vorremmo sostenesse anche le Suore, aiutandole a superare sempre con serenità e ottimismo le tentazioni di scoraggiamento, che possono nascere dal non veder sempre convalidato da congrui risultati il loro sacrificio. Non si perdano d’animo! La loro presenza nelle carceri e la testimonianza di fatica nascosta, di carità paziente, di comprensione fiduciosa, che ivi esse rendono, resta valido strumento nelle mani di Dio, che ha vie e tempi diversi dai nostri, per la spirituale rigenerazione di quelle anime infelici. Sia pegno del conforto divino la nostra Apostolica Benedizione.

Al Consiglio Internazionale dell’Unione Apostolica del Clero


Mercoledì, 20 ottobre 1976

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Questo prossimo convegno circa «l’evangelizzazione e la promozione umana», del quale si sta tanto parlando in questi giorni, può acquistare importanza orientatrice per la vita cattolica a seconda delle intenzioni buone, o ambigue da cui deriva ed a cui tende. Occorre rendersi conto in partenza della mentalità da cui muove e della mentalità che intende servire. Esso è un cammino ideale: col viso rivolto verso il sole? Ovvero con le spalle che il sole convertirà in ombre inquietanti sul sentiero da percorrere? Perciò, ancora una volta, noi, senza entrare ora nei temi che il convegno intende proporre, ci esaminiamo sulla mentalità che tale avvenimento può risvegliare e formare, e ci chiediamo, per usare una frase corrente, «quale nuova maniera esso ci proporrà per essere cristiani» nella vita sociale specialmente.

Tentiamo di chiarire a noi stessi la nostra posizione di partenza prima di metterci in cammino, con una domanda: non abbiamo, per avventura, una mentalità già precostituita, che può pregiudicare il senso della riflessione, a cui il convegno ci invita? Ovvero portiamo a questo studio un’attenzione libera e disponibile, che ci renda recettivi di quella «verità liberatrice» e orientatrice, di cui ci parla il Vangelo? (Cfr.
Jn 8,32)

Noi ci permettiamo d’invitare, anzi di pregare quanti interverranno al convegno, e quanti vi faranno corona da lontano nelle chiese locali, ad apportare a questa assemblea uno spirito cristiano autentico, cioè quanto mai desideroso di convergenza, di unità; di quell’unità che nasce dalla carità compenetrata dall’adesione alla medesima verità (Cfr. Ep 5,15), alla fede propria della nostra Chiesa, anzi della Chiesa di Cristo in quanto tale (Cfr. Jn 17,21-23). Rileggiamo San Paolo: «vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di intenti» (1Co 1,10 ss.).

Di fronte alle discordie, alle diversità di pareri e di tendenze, al pluralismo autonomo e arbitrario, oggi penetrante anche fra cattolici inclini a confonderlo con una legittima libertà di opinioni e con una doverosa fecondità di espressioni sostanzialmente univoche, procuriamo non solo di conservare, ma altresì di favorire quell’armonia di sentimenti, di pensiero, di azione, ch’è caratteristica nell’universale concetto delle voci fedeli, e che per insita necessità d’ogni umano consorzio, e per divina istituzione di Gesù Maestro e Pastore, suppone ed esige una potestà magisteriale (Cfr. Mt 23,8 Lc 10,16 Mt 28,20 Jn 21,15 ss.; 2Co 10,8 etc. ); noi, sì, vi esortiamo ad amare la Chiesa, cioè l’assemblea dei credenti, il Corpo mistico di Cristo, a promuoverne l’unione, ad amarne l’intima ed operante comunione.

Vedete: alcune buone idee, isolate dal contesto dottrinale e operativo della Chiesa, sono diventate pericolose e dannose: l’autocritica, ad esempio, cioè l’esame di coscienza che il cristiano deve fare sopra se stesso, e che ha ispirato non poca letteratura di questi ultimi tempi, si è mutata in contestazione abituale, e quasi normalmente per battere non il proprio petto, ma l’altrui, rendendo amara e spesso polemica la convivenza fraterna e privandola dei carismi suoi propri, la concordia, la letizia, l’operosità: così la Chiesa non sarebbe più se stessa.

Vedete ancora. Il fervore della vita moderna ha messo in maggiore evidenza i bisogni di categorie immense di persone tenute in livello sociale inferiore: ottima cosa avere l’avvertenza di questa troppo invalsa anomalia della civiltà; ma l’ansia di portare rimedio a questi strutturali disordini ha dato motivo a rendere insanabili e profonde le divisioni e la lotta fra le classi, e quindi a generare nuovi malanni e nuova infelicità: la ricerca, per sé doverosa, dei fini economici e prossimi, ha fatto dimenticare anche ad alcuni dei nostri la ricerca dei fini superiori della vita umana, con danno del bene globale di cui essa ha bisogno, del bene morale e religioso, che deve sempre primeggiare su ogni altro bene desiderabile, non foss’altro per renderlo conseguibile e godibile (Cfr. Mt 6,33).

Ed ancora. Osservate come anche nel nostro campo, fors’anche con le migliori intenzioni, sia facile la tentazione di mettersi al passo con i vincitori, di oggi o di domani. Soffrire per la fedeltà sarebbe impegno nativo, dal battesimo in poi del cristiano (Cfr. Jn 16,20); ma il conformismo, anche spericolato, esercita una seduzione suffragata da tante seducenti ragioni e speranze.

E tante altre forme di inquietudine, relative alla propria e all’altrui adesione ad una vita cristiana forte, integra e gioiosa, rendono per alcuni facile l’ipotesi che il famoso e atteso convegno, sarà piuttosto causa di contrasti, che di consensi. No, Fratelli e Figli, Colui che ci ha chiamati, nella Chiesa di Dio, «all’ammirabile sua luce» (1P 2,9) prepara certamente un’occasione propizia a quella rinnovata pienezza di vita che noi, tanto per intenderci, salutiamo come la «civiltà dell’amore» . A pellegrini di lingua tedesca provenienti da varie diocesi della Germania e dell’Olanda



Mit besonderer Freude begrüßen Wir die Pilger aus Nütterden, Diözese Münster. Auf Ihrer Pilgerfahrt nach Rom brachten Sie, liebe Sohne und Tochter, für Unsere Kathedrale, die Lateranbasilika, eine künstlerisch gestaltete Weihnachtskrippe mit. In einjahriger, mtihevoller Arbeit haben Sie diese Krippe hergestellt. Ihnen und Ihren Freunden in der Heimat danken Wir von Herzen für die wertvolle Gabe. Moge die Betrachtung der Krippe wirksam dazu beitragen, das Geheimnis der Menschwerdung des Gottessohnes immer besser zu verstehen und die Liebe zum gottlichen Heiland in den Herzen der modernen Menschen zu entzünden!

Ein Wort herzlicher Begrüßung richten Wir auch an die vielen Pilger aus Holland, besonders den großen Pilgerzug des dortigen Römisch-Katholischen Radios. Seien Sie alle willkommen! Wir freuen Uns über Ihre Gegenwart! Die Katholiken Hollands können auf eine an Glaubenstreue reiche Tradition der vergangenen Jahrhunderte zurtickblicken. Legen Sie darum in Ihrem privaten und beruflichen Leben stets unbeirrt und mutig Zeugnis für Christus und seine Kirche ab! Dazu erteilen Wir Ihnen und allen anderen anwesenden Pilgern wie auch jenen, die Uns über Radio hören, aus der Fülle des Herzens Unseren Apostolischen Segen.

Ai religiosi Fatebenefratelli che hanno partecipato al Capitolo Generale e ai Superiori Maggiori dei Missionari di S. Carlo (Scalabriniani)

Vogliamo ora rivolgere un particolare saluto a due eminenti gruppi di religiosi qui presenti.

Innanzitutto menzioniamo i Membri dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, riuniti a Roma per il loro Capitolo Generale, e tra di essi il neo-eletto Priore Generale, Fra Pierluigi Marchesi. Il vostro Ordine si distingue per zelo e competenza nel campo dell’assistenza ospedaliera; le sue benemerenze sono anche ben note in questa Città del Vaticano, e di tanto vi ringraziamo. Vi rivolgiamo l’incoraggiamento più caldo a proseguire nella vostra quotidiana dedizione, nella ricerca dell’intimità con Dio e nella fedeltà allo stile di vita voluto dal vostro Fondatore, mentre auspichiamo per voi ogni bene.

In secondo luogo, ci rivolgiamo ai Superiori Maggiori dei Missionari di S. Carlo o Scalabriniani, che hanno concluso l’assemblea biennale dei Superiori della loro Congregazione. Nel vostro incontro avete voluto trarre l’aggiornamento dei campi di apostolato e dei metodi di evangelizzazione nei paesi in cui operano con tanta dedizione i vostri missionari. Noi auguriamo per la vostra preziosissima opera un aiuto tutto particolare del Signore.

E di cuore impartiamo a voi tutti e sulle vostre Famiglie religiose la nostra Benedizione Apostolica.

Al Corpo degli Ispettori Annonari del Comune di Roma

Un cordiale saluto desideriamo anche rivolgere agli Ispettori Annonari del Comune di Roma, i quali hanno voluto esser presenti in questa circostanza per esprimerci, come negli anni scorsi, la loro immutata devozione.

Vi ringraziamo, figli carissimi, per questo gesto che manifesta la delicatezza dei vostri sentimenti verso il Successore di Pietro, ed auspichiamo di cuore che possiate sempre svolgere il vostro impegnativo compito con grande serenità e con autentico spirito di servizio e di solidarietà verso tutti i cittadini dell’Urbe. Su di voi e sui vostri cari invochiamo pertanto larga effusione di favori divini, per l’intercessione del vostro Celeste Patrono, San Raffaele Arcangelo.

Con la nostra Benedizione Apostolica.

Ai partecipanti al Capitolo Generale dei Fratelli Maristi

Al gruppo dei cantori greco-ortodossi «Saint Georges Kariki» di Atene

In modo del tutto speciale salutiamo oggi il coro ortodosso della chiesa di S. Giorgio Kariki, di Atene, venuto a Roma in occasione del 750° anniversario della morte di San Francesco di Assisi. Benvenuti, fratelli, nella nostra città: Kalós Ílthate Adelfí.

Siamo lieti the l’occasione di quest0 incontro sia stata per voi il desiderio di cantare in onore di un santo cosi evangelico. Noi siamo certi the i: proprio nella santità che Oriente ed Occidente si incontrano. Ed è nella santità the cattolici ed ortodossi dobbiamo veramente ricomporre la piena unità.

Vogliamo dirvi inoltre the conosciamo e apprezziamo la grande e venerabile tradizione liturgica della Chiesa ortodossa. E voi regolarmente cantate la gloria del Signore. Che Egli vi conceda di farlo con gioia.

Tornando in Grecia portate il nostro fraterno, cordiale saluto al vostro arcivescovo.

Su voi e sulle vostre famiglie invochiamo le benedizioni del Signore.

Ai pellegrini della Scozia guidati dal Cardinale Gray

And now a welcome-a very special welcome-to the group of A visitors from Scotland.

We vividly recall with you the events of last Sunday: the canonization of your outstanding fellowcountryman, John Ogilvie, priest and martyr. You know that we share your joy and your pride-the joy and pride of all Scotland-at the supreme honour paid to a beloved son of your land.

Through the intercession of the new Saint, we pray that all the values to which his life and death gave witness may long live among your people. Through you we send our greeting back to your country, into your churches and into your homes-to wherever anyone is gathered in the charity of Christ, or in the good will of brotherhood.

And through the opportunity afforded us by the BBC, we are happy to greet all those throughout Great Britain who will hear our voice.

May the peace of Christ be with you all!



Mercoledì, 27 ottobre 1976

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Ancora noi ci soffermiamo sulle soglie dell’importante convegno di rappresentanti scelti della comunità ecclesiale italiana, i quali si propongono, nella prossima settimana, di studiare un tema basilare della vita cattolica di oggi e di domani, formulato in un binomio di supremo interesse, non solo per questo Paese, ma in genere per tutta la cattolicità. Il binomio, tutti ormai lo conoscono, così si presenta: «Evangelizzazione e Promozione umana»; e subito lascia intravedere che la sua importanza consiste non solo nella definizione dei due termini che lo compongono: che cosa significa «Evangelizzazione»? e che cosa significa «Promozione umana»? definizioni vaste come oceani da sintetizzare nei loro specifici concetti; ma consiste principalmente nello stabilire il rapporto fra l’uno e l’altro di questi concetti.

E cioè: qual è e quale dovrebbe essere il rapporto fra l’Evangelizzazione e la Promozione umana? Possiamo dire: fra l’attività religiosa e l’attività temporale? fra l’annuncio del Vangelo e il progresso civile? fra la fede e l’operosità profana? fra la Chiesa e il mondo contemporaneo?

Potremmo delineare alcune risposte ipotetiche. La prima, che prevale in tante espressioni della mentalità moderna, è radicalmente negativa. Nessuna relazione esiste e deve esistere fra l’Evangelizzazione e la Promozione umana; fra lo sforzo verticale, quello religioso, rivolto alla Realtà divina e misteriosa, e quello orizzontale, cioè terreno, rivolto alla realtà accessibile alla nostra esperienza sensibile e mentale. È la risposta della negazione, la risposta ateista e materialista, la risposta del secolarismo radicale. Evidentemente, non può essere questa la nostra risposta, dato che nella presente discussione noi partiamo dalla professione della nostra fede cristiana, dal Vangelo che vogliamo annunciare, e dalla certezza del diritto sovrano e del dovere fondamentale che giustifica e reclama la nostra religione nella realtà della vita. Tra Evangelizzazione e Promozione umana non vi è e non vi può essere un baratro che le rende reciprocamente incomunicabili.

Altra risposta è quella che riconosce la distinzione fra le due sfere, la religiosa e la profana; distinzione semplice a dirsi, ma poi non poco difficile a determinarsi, sebbene la diversità dell’una e dell’altra attività offra larga possibilità di riconoscere la loro relativa autonomia e la loro calcolabile complementarità pratica. È: in questo piano che si svolgono normalmente, dove le relazioni fra la vita religiosa e la vita civile possono distinguersi, e possono in certi campi coordinarsi e, ciascuna a suo modo, liberamente ed utilmente collaborare. Questo si dice delle relazioni pubbliche e qualificate; ma tutti sappiamo come questa combinazione del sacro e del profano deve affermarsi in ogni persona umana, specialmente se battezzata e associata ad una comunità religiosa.

Ed ecco un’altra ipotesi, che si formula in una domanda, densa anch’essa di riferimenti speculativi e pratici: quale vantaggio, quale profitto porta 1’Evangelizzazione alla Promozione umana? È una domanda che sposta il confronto fra questi due termini dal campo dei loro rispettivi valori a quello utilitario, che ora noi consideriamo solo sotto il profilo della Promozione umana. Altra volta abbiamo ricordato la parola decisiva di Cristo circa il primato del regno di Dio (
Mt 6 Mt 33), sia sotto l’aspetto ontologico, che deontologico. Cioè ci domandiamo: può la religione evangelica giovare al benessere, anche temporale e civile, dell’umanità? E forse questo è il punto saliente della discussione. Le correnti ideologiche sociali, che corrono il mondo e influiscono non poco anche nel campo cattolico, tentano alcune di dire inutile, anzi paralizzante la mentalità religiosa al progresso vero e universale della società umana; perché rivolta a finalità trascendenti, perché inetta all’impiego dei mezzi umani scientifici, economici, politici, ecc.; perché statica e conservatrice; ecc. Tentano altre di esaltare le realtà terrestri come prevalenti su ogni altro ordine di realtà spirituali, e di dare al cristianesimo una finalità subalterna al servizio d’una visione sociale puramente temporale. Tutti lo sanno. Questo sarà forse un punto cruciale per la discussione che si prepara (Cfr. R. SPIAZZI, Vangelo e promozione umana: « L’Osservatore Romano », 25-26 ottobre 1976, p. 2; cfr. Lumen Gentium LG 36 Gaudium et Spes GS 36).

Ebbene noi vorremmo augurare ai nostri fedeli, Fratelli, Figli, o Amici, che abbiano la saggezza di esplorare questo problema al lume dello Spirito, la cui invocazione precede ed accompagna i lavori del convegno. E che vogliano condurre la loro indagine non col pessimismo e con l’amarezza non sempre cristiana che hanno pervaso talora anche alcuni animi colti, buoni e bene intenzionati, e che li hanno resi disponibili ad accogliere pensieri e metodi non certo germinati nel nostro campo cattolico, ma vogliamo ancora dimostrare fiducia nell’insegnamento della Chiesa e nelle ancora intatte sue virtualità di affrontare con amore, con sapienza, con sacrificio le questioni tuttora immense prementi sopra il nostro secolo.

Dilatentur spatia caritatis, diremo con S. Agostino (S. AUGUSTINI Sermo 69: PL 5, 440.441) si aprano spazi alla carità, cioè a quell’amore del prossimo, che ha per sorgente l’amore di Dio.

E con Cristo stesso aggiungeremo: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21). Sì, è venuta l’ora di testimoniare con l’azione caritativa, buona, provvida, sociale e fraterna la nostra fede; e voglia il Signore che noi siamo pronti e capaci alla chiamata del Vangelo per la nuova e vera Promozione umana.

Con la nostra Apostolica Benedizione.

Ai pellegrini olandesi (Sindaci del Brabant e rappresentanti della Radio Cattolica OMROEP)

Ein wort besonderer Begrüßung richten Wir an die Herren Bürgermeister aus Nord-Brabant mit ihren Angehörigen wie auch an den Pilgerzug des holländischen Katholischen Radios OMROEP.

Seien Sie alle herzlich willkommen, liebe Söhne und Tochter! Wir leben in einer bedeutsamen Zeitenwende. Ein jeder ist heute im religiösen Bereich zur persönlichen Entscheidung aufgerufen. Bekennen wir uns im Dunkel der Gegenwart als »Kinder des Lichtes, Kinder des Tages« (1Th 5,5), in Treue und Festigkeit zu Christus und seiner Kirche. Darin liegt für gläubige Menschen tiefe Lebensweisheit, deren unsere Zeit mehr bedarf als die vergangenen Jahrhunderte (Cfr. Gaudium et Spes GS 15).

Von Herzen erteilen Wir Ihnen und allen anderen anwesenden Pilgern wie auch jenen, die Uns über Radio hören, für Gottes bleibenden Schutz und Beistand den Apostolischen Segen.


Mercoledì, 3 novembre 1976


Paolo VI Catechesi 61076