Discorsi 2005-13 15201

INCONTRO CON I RESPONSABILI DEGLI ORGANISMI ECCLESIALI PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE Aula Paolo VI Sabato, 15 ottobre 2011

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IN OCCASIONE DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE ORGANIZZATO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE



Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato nel Sacerdozio,
Cari amici!

Ho accolto volentieri l’invito del Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione ad essere presente con tutti voi, stasera almeno per un breve momento, e soprattutto domani per la Celebrazione Eucaristica. Ringrazio Mons. Fisichella per le parole di saluto che mi ha rivolto a nome vostro, e mi rallegro di vedervi così numerosi. So che siete qui in rappresentanza di tanti altri che, come voi, si impegnano nel non facile compito della nuova evangelizzazione. Saluto anche quanti stanno seguendo questo evento attraverso i mezzi di comunicazione che permettono a tanti nuovi evangelizzatori di essere collegati contemporaneamente, pur se sparsi nelle diverse parti del mondo.

Avete scelto come frase-guida per la vostra riflessione di oggi l’espressione: “La Parola di Dio cresce e si diffonde”. Più volte l’evangelista Luca utilizza questa formula nel Libro degli Atti degli Apostoli; in varie circostanze, egli afferma, infatti, che “la Parola di Dio cresceva e si diffondeva” (cfr
Ac 6,7 Ac 12,24). Ma nel tema di questa giornata voi avete modificato il tempo dei due verbi per evidenziare un aspetto importante della fede: la certezza consapevole che la Parola di Dio è sempre viva, in ogni momento della storia, fino ai nostri giorni, perché la Chiesa la attualizza attraverso la sua fedele trasmissione, la celebrazione dei Sacramenti e la testimonianza dei credenti. Per questo la nostra storia è in piena continuità con quella della prima Comunità cristiana, vive dalla stessa linfa vitale.

Ma che terreno incontra la Parola di Dio? Come allora, anche oggi può incontrare chiusura e rifiuto, modi di pensare e di vivere che sono lontani dalla ricerca di Dio e della verità. L’uomo contemporaneo è spesso confuso e non riesce a trovare risposta a tanti interrogativi che agitano la sua mente in riferimento al senso della vita e alle questioni che albergano nel profondo del suo cuore. L’uomo non può eludere queste domande che toccano il significato di sé e della realtà, non può vivere in una sola dimensione! Invece, non di rado, viene allontanato dalla ricerca dell’essenziale nella vita, mentre gli viene proposta una felicità effimera, che accontenta per un momento, ma lascia, ben presto, tristezza e insoddisfazione.

Eppure, nonostante questa condizione dell’uomo contemporaneo, possiamo ancora affermare con certezza, come agli inizi del Cristianesimo, che la Parola di Dio continua a crescere e a diffondersi. Perché? Vorrei accennare ad almeno tre motivi. Il primo è che la forza della Parola non dipende anzitutto dalla nostra azione, dai nostri mezzi, dal nostro “fare”, ma da Dio, che nasconde la sua potenza sotto i segni della debolezza, che si rende presente nella brezza leggera del mattino (cfr 1R 19,12), che si rivela sul legno della Croce. Dobbiamo sempre credere nell’umile potenza della Parola di Dio e lasciare che Dio agisca! Il secondo motivo è perché il seme della Parola, come narra la parabola evangelica del Seminatore, cade anche oggi ancora in un terreno buono che la accoglie e produce frutto (cfr Mt 13,3-9). E i nuovi evangelizzatori sono parte di questo campo che consente al Vangelo di crescere in abbondanza e di trasformare la propria vita e quella di altri. Nel mondo, anche se il male fa più rumore, continua ad esserci il terreno buono. Il terzo motivo è che l’annuncio del Vangelo è veramente giunto fino ai confini del mondo e, anche in mezzo a indifferenza, incomprensione e persecuzione, molti continuano anche oggi, con coraggio, ad aprire il cuore e la mente per accogliere l’invito di Cristo ad incontrarLo e diventare suoi discepoli. Non fanno rumore, ma sono come il granellino di senape che diventa albero, il lievito che fermenta la pasta, il chicco di grano che si spezza per dare origine alla spiga. Tutto questo, se da una parte porta consolazione e speranza perché mostra l’incessante fermento missionario che anima la Chiesa, dall’altra deve riempire tutti di un rinnovato senso di responsabilità verso la Parola di Dio e la diffusione del Vangelo.

Il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che ho istituito lo scorso anno, è uno strumento prezioso per identificare le grandi questioni che si agitano nei diversi settori della società e della cultura contemporanea. Esso è chiamato ad offrire un aiuto particolare alla Chiesa nella sua missione soprattutto all’interno di quei Paesi di antica tradizione cristiana che sembrano diventati indifferenti, se non addirittura ostili alla Parola di Dio. Il mondo di oggi ha bisogno di persone che annuncino e testimonino che è Cristo ad insegnarci l’arte di vivere, la strada della vera felicità, perché è Lui stesso la strada della vita; persone che tengano prima di tutto esse stesse lo sguardo fisso su Gesù, il Figlio di Dio: la parola dell’annuncio deve essere sempre immersa in un rapporto intenso con Lui, in un’intensa vita di preghiera. Il mondo di oggi ha bisogno di persone che parlino a Dio, per poter parlare di Dio. E dobbiamo anche ricordare sempre che Gesù non ha redento il mondo con belle parole o mezzi vistosi, ma con la sua sofferenza e la sua morte. La legge del chicco di grano che muore nella terra vale anche oggi; non possiamo dare vita ad altri, senza dare la nostra vita: “chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”, ci dice il Signore (Mc 8,35). Vedendo tutti voi e conoscendo il grande impegno che ognuno pone al servizio della missione, sono convinto che i nuovi evangelizzatori si moltiplicheranno sempre di più per dare vita a una vera trasformazione di cui il mondo di oggi ha bisogno. Solo attraverso uomini e donne plasmati dalla presenza di Dio, la Parola di Dio continuerà il suo cammino nel mondo portando i suoi frutti.

Cari amici, essere evangelizzatori non è un privilegio, ma un impegno che proviene dalla fede. Alla domanda che il Signore rivolge ai cristiani: “Chi manderò e chi andrà per me?”, rispondete con lo stesso coraggio e la stessa fiducia del Profeta: “Ecco, Signore, manda me” (Is 6,8). Vi chiedo di lasciarvi plasmare dalla grazia di Dio e di corrispondere docilmente all’azione dello Spirito del Risorto. Siate segni di speranza, capaci di guardare al futuro con la certezza che proviene dal Signore Gesù, il quale ha vinto la morte e ci ha donato la vita eterna. Comunicate a tutti la gioia della fede con l’entusiasmo che proviene dall’essere mossi dallo Spirito Santo, perché Lui rende nuove tutte le cose (cfr Ap 21 Ap 5), confidando nella promessa fatta da Gesù alla Chiesa: “Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).

Al termine di questa giornata chiediamo anche la protezione della Vergine Maria, Stella della nuova evangelizzazione, mentre accompagno di cuore ciascuno di voi e il vostro impegno con la Benedizione Apostolica. Grazie.


AD UNA DELEGAZIONE DELLA CHIESA SIRO-MALABARESE Sala del Clementina Lunedì, 17 ottobre 2011

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Beatitudine,

sono lieto di salutare lei e i membri del Sinodo Permanente della Chiesa siro-malabarese che siete giunti fino a Roma esprimendo così la comunione con il Successore di Pietro e ringrazio per le cordiali parole a suo e a loro nome. Giungendo qui, offre un segno eloquente della comunione gerarchica che ha formalmente espresso nella lettera recente che mi ha indirizzato richiedendomi la conferma della sua elezione.

Il suo predecessore, il compianto cardinale Varkey Vithayathil, ha lasciato un’eredità su cui lei e i suoi fratelli Vescovi vorrete di certo edificare. In questo contesto, desidero ricordare l’esempio dei due santi patroni della Chiesa siro-malabarese, Sant’Alfonsa Muttathupadathu e il beato Kuriakose Elias Chavara, beatificati dal beato Giovanni Paolo II durante la sua visita in Kerala venticinque anni fa. In seguito, nel 2008, ho avuto la grazia di canonizzare sant’Alfonsa. La Chiesa siro-malabarese in Kerala continua a godere del rispetto della comunità locale per la sua opera nell’educazione e per le sue istituzioni sociali e caritative al servizio di tutta la comunità. So che la vita per i cristiani è stata complicata da una sfiducia di natura settaria e perfino dalla violenza, ma voglio esortarvi a continuare a operare con persone di buona volontà di tutte le religioni nell’area per mantenere la pace e l’ armonia della regione, per il bene della Chiesa e di tutti i cittadini.

Nella Chiesa stessa, ci sono segni incoraggianti di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa che vi aiuteranno a mantenere il vostro impegno pastorale. Da tenere a mente sono le sfide pastorali permanenti nella formazione del clero e dei religiosi, nella vita familiare cristiana e nella sollecitudine pastorale dei fedeli. Vi lodo per gli sforzi volti a mantenere la saldezza delle vostre strutture familiari, la qualità dell’educazione cattolica e della catechesi a ogni livello, e la vostra opera pastorale fra i giovani. Vi incoraggio anche a continuare la vostra buona opera nella promozione delle vocazioni fra i giovani, uomini e donne.

In fedeltà al Vangelo e alla grazia effusa su di noi da Cristo nostro Signore, voi e i vostri fedeli avete prosperato nel vostro Paese e all’estero in unione con la Chiesa universale. Promuovendo la vostra tradizione liturgica autentica, i vostri fedeli sono stati nutriti con la Parola e con il sacramento secondo quanto trasmessovi dai vostri padri nella fede. Sono anche consapevole delle iniziative pastorali a favore dei cattolici siro-malabaresi sparsi in tutto il mondo. Come ho fatto nel corso della vostra visita ad limina ad aprile, permettetemi di nuovo di incoraggiarvi in questo compito importante, in particolare a proposito del vostro impegno pastorale verso i cattolici siro-malabaresi che vivono all’estero, vi chiedo di farlo pensando sempre al bisogno essenziale di cooperazione con i Vescovi cattolici e i pastori di altri riti.

Beatitudine, cari fratelli vescovi, con queste brevi riflessioni vi affido all’intercessione di san Tommaso, il grande apostolo dell’India, di sant’Alfonsa e del beato Kuriakose. Vi assicuro del mio affetto e delle mie preghiere e imparto volentieri a voi, al vostro clero, ai religiosi e a tutti coloro che sono affidati alla vostra sollecitudine, la mia benedizione apostolica quale pegno di grazia e di pace nel Signore Gesù Cristo.




INAUGURAZIONE DELLA "DOMUS AUSTRALIA", NUOVO CENTRO DI ACCOGLIENZA DEI PELLEGRINI AUSTRALIANI Mercoledì, 19 ottobre 2011

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Eminenza,
cari Fratelli Vescovi,
Eccellenze,
distinti ospiti,
signore e signori,

sono molto lieto di essere con voi durante queste celebrazioni che segnano l’apertura della Domus Australia, il Centro di accoglienza per i pellegrini australiani a Roma. In questa occasione, ricordo con gratitudine particolare l’affettuosa ospitalità che mi fu riservata quando visitai il Paese per la Giornata Mondiale della Gioventù del 2008 e che ora ho l’opportunità di ricambiare, accogliendo voi tutti a Roma.

Ringrazio il Cardinale Pell per avermi invitato a unirmi a voi questa sera e per le sue cortesi parole. Ringrazio anche il coro della cattedrale di Saint Mary per i canti di lode innalzati a Dio. Oltre a salutare i miei fratelli Vescovi, qui per la loro visita ad limina, desidero salutare Sua Eccellenza Timothy Fischer, Ambasciatore dell’Australia presso la Santa Sede. e gli altri ambasciatori presenti. Sono lieto di salutare il Rettore della Domus, Padre Anthony Denton, il signor Gabriel Griffa e tutto il suo staff. Sono anche lieto di salutare tutti gli abitanti dell’Australia e di apprendere del sostegno e dell’assistenza di così tanti di loro a questo progetto che, insieme con la vostra nuova Ambasciata, ha portato un piccolo angolo di Australia nell’antica città di Roma. Che la Domus sia ora benedetta dal passaggio di molti pellegrini!

Circa un anno fa, la prima santa australiana, Mary MacKillop, è stata elevata agli onori degli altari e io mi unisco a tutti voi nel rendere grazie a Dio per le numerose benedizioni che ha già riversato sulla Chiesa nel vostro Paese grazie al suo esempio. Prego affinché ella continui a ispirare molti australiani a seguire le sue orme conducendo una vita di santità, al servizio di Dio e del prossimo.

Il Signore ha inviato i suoi apostoli in tutto il mondo, per annunciare il Vangelo a tutte le creature (cfr.
Mc 16,15). L’avvenimento di questa sera parla in modo eloquente dei frutti degli sforzi missionari, per mezzo dei quali il Vangelo si è diffuso perfino nelle regioni più remote del mondo, vi si è radicato e ha dato vita a una comunità cristiana viva e prospera. Come tutte le comunità cristiane, la Chiesa in Australia è consapevole di percorrere un cammino la cui destinazione ultima è al di là di questo mondo: come ha detto san Paolo, «La nostra cittadinanza infatti è nei cieli» (Ph 3,20). Trascorriamo la nostra esistenza terrena in viaggio verso quella meta ultima, in cui «quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano» (1Co 2,9). Qui sulla terra, la lunga tradizione di pellegrinaggio della Chiesa nei luoghi santi serve a ricordarci che siamo diretti verso il cielo. Richiama la nostra attenzione sulla vocazione alla santità, ci porta sempre più vicino al Signore e ci rafforza con nutrimento spirituale per il nostro viaggio.

Molte generazioni di pellegrini hanno percorso questa via verso Roma da tutto il mondo cristiano, per venerare le tombe dei santi Pietro e Paolo e approfondire in tal modo la loro comunione con l’unica Chiesa di Cristo, fondata sugli Apostoli. Così facendo, rafforzano le radici della loro fede e le radici, come sappiamo, sono la fonte del nutrimento donatore di vita. In tal senso, i pellegrini a Roma dovrebbero sempre sentirsi a casa, e la Domus Australia svolgerà un ruolo importante nel creare una casa per i pellegrini australiani nella città degli apostoli. Tuttavia, le radici sono solo una parte della storia. Secondo un detto attribuito a un grande poeta del mio Paese, Joahnn Wolfgang von Goethe, ci sono due cose che i bambini dovrebbero ricevere dai propri genitori: radici e ali. Anche dalla nostra santa madre Chiesa riceviamo sia radici sia ali: la fede degli apostoli, tramandata di generazione in generazione, e la grazia dello Spirito Santo, trasmessa soprattutto attraverso i Sacramenti della Chiesa. I pellegrini che sono stati in questa città tornano nei loro Paesi rinnovati e rafforzati nella fede ed elevati dallo Spirito Santo nel viaggio in avanti e verso l’alto fino alla loro casa celeste.

Oggi prego affinché i pellegrini che passano in questa casa ritornino alle proprie dimore con fede più salda, speranza più gioiosa e amore più ardente per il Signore, pronti a impegnarsi con nuovo zelo nel compito di rendere testimonianza a Cristo nel mondo in cui vivono e operano. Prego anche affinché la loro visita alla Sede di Pietro renda più profondo il loro amore per la Chiesa universale e li unisca più intimamente al Successore di Pietro, incaricato di nutrire e riunire l’unico gregge del Signore da ogni angolo del mondo. Affidando tutti loro e tutti voi all’intercessione di Nostra Signora, Aiuto dei Cristiani e a santa Mary MacKillop, imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica quale pegno delle gioie che ci attendono nella nostra dimora eterna.




AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI AUSTRALIA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala del Concistoro Giovedì, 20 ottobre 2011

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Cari Fratelli Vescovi,

Sono lieto di porgervi un cordiale benvenuto in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum. Il pellegrinaggio sulle tombe dei Santi Pietro e Paolo VI offre un’importante occasione per rafforzare i vincoli di comunione dell’unica Chiesa di Cristo. Questo momento è quindi un’opportunità privilegiata per riaffermare la vostra unità e l’affetto fraterno che deve sempre caratterizzare le relazioni nel Collegio episcopale, con e sotto il Successore di Pietro. Desidero ringraziare l’arcivescovo Wilson per le gentili parole pronunciate a nome vostro. I miei cordiali saluti vanno ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose e ai fedeli laici dell’Australia, e vi chiedo di assicurarli delle mie preghiere per la loro pace, la loro prosperità e il loro benessere spirituale.

Come Sua Eccellenza ha evidenziato nel suo discorso, la Chiesa in Australia è stata segnata da due momenti di grazia speciali negli ultimi anni. Prima di tutto, la Giornata Mondiale della Gioventù è stata benedetta da un grande successo e, insieme a voi, ho visto come lo Spirito Santo ha mosso i giovani riuniti da tutto il mondo sul vostro suolo natale. Ho anche appreso dai vostri resoconti dell’impatto persistente di quella celebrazione. Non solo Sydney, ma anche le diocesi di tutto il Paese hanno accolto i giovani cattolici del mondo, venuti ad approfondire la loro fede in Gesù Cristo insieme alle loro sorelle e ai loro fratelli australiani. Il vostro clero e i vostri fedeli hanno visto e sperimentato la vitalità giovanile della Chiesa, della quale tutti facciamo parte, e l’importanza perenne della Buona Novella, che deve essere proclamata di nuovo a ogni generazione. Mi pare di capire che una delle straordinarie conseguenze di tale evento possa essere ancora constatata nel numero dei giovani che stanno maturando la loro vocazione al sacerdozio e alla vita religiosa. Lo Spirito Santo non cessa mai di risvegliare nei giovani cuori il desiderio di santità e lo zelo apostolico. Dovrete pertanto continuare a promuovere questo attaccamento radicale alla persona di Gesù Cristo, la cui attrazione li ispira a dedicare la loro vita totalmente a lui e al servizio del Vangelo nella Chiesa. Assistendoli, aiuterete altri giovani a riflettere seriamente sulla possibilità di una vita religiosa o nel sacerdozio. Così facendo, rafforzerete un amore analogo e una fedeltà decisa tra gli uomini e le donne che hanno già accolto la chiamata del Signore.

La canonizzazione, lo scorso anno, di santa Maria della Croce MacKillop, è un altro grande evento nella vita della Chiesa in Australia. Di fatto, lei è un esempio di santità e di dedizione per gli australiani e per la Chiesa in tutto il mondo, specialmente per le religiose e per tutti coloro che si occupano dell’educazione dei giovani. In circostanze spesso difficili, santa Maria rimase salda, madre spirituale amorevole per le donne e i bambini affidati alle sue cure, insegnante innovativa per i giovani ed esempio energico per tutti quanti si preoccupavano dell’eccellenza nell’educazione. Dai suoi connazionali australiani viene giustamente considerata un esempio di bontà personale, degno d’imitazione. Santa Maria viene ora proposta come esempio nella Chiesa per la sua apertura ai suggerimenti dello Spirito Santo e per il suo zelo a favore del bene delle anime, esempio che spinse molti altri a seguirne le orme. La sua fede forte, tradotta in azione devota e paziente, è stata il dono che ha fatto all’Australia; la sua vita di santità è un dono straordinario al vostro Paese, alla Chiesa e al mondo. Possano il suo esempio e le sue preghiere ispirare le azioni di genitori, religiosi, insegnanti e di quanti si preoccupano del bene dei bambini, di proteggerli dal male e di dare loro una solida educazione per un futuro felice e prospero.

La risposta coraggiosa di santa Maria MacKillop alle difficoltà presentatesi nel corso della sua vita può ispirare anche per i cattolici oggi, mentre si confrontano con la nuova evangelizzazione e con le gravi sfide alla diffusione del Vangelo nella società nel suo insieme. Tutti i membri della Chiesa devono essere formati nella fede, a partire da una solida catechesi per i bambini e dall’educazione religiosa impartita nelle vostre scuole cattoliche, fino ai tanto necessari programmi catechetici per gli adulti. Anche il clero e i religiosi devono essere assistiti e incoraggiati attraverso una formazione costante, con una vita spirituale approfondita nel mondo che li circonda e che si sta rapidamente secolarizzando. È urgente assicurare che tutti coloro che sono affidati alle vostre cure comprendano, abbraccino e propongano la loro fede cattolica agli altri con intelligenza e disponibilità. In tal modo, voi, il vostro clero e il vostro popolo racconterete la vostra fede attraverso le parole e l’esempio in modo convincente e attraente. Le persone di buona volontà, vedendo la vostra testimonianza, risponderanno in modo naturale alla verità, alla bontà e alla speranza che incarnate.

È vero che il vostro impegno pastorale è stato reso più gravoso dai peccati e dagli errori del passato di altri, tra i quali purtroppo anche alcuni sacerdoti e religiosi; ma ora avete il compito di continuare a riparare agli errori del passato con onestà e apertura, al fine di costruire, con umiltà e decisione, un futuro migliore per tutte le persone coinvolte. Pertanto, vi incoraggio a continuare ad essere pastori di anime che, insieme al loro clero, siano sempre pronti a compiere un passo in più nell’amore e nella verità per il bene delle coscienze del gregge che vi è stato affidato (cfr. Mt
Mt 5,41), cercando di preservarlo nella santità, di istruirlo nell’umiltà e di guidarlo in modo irreprensibile sulle vie della fede cattolica.

Infine, come Vescovi siete consapevoli del vostro particolare dovere di preoccuparvi della celebrazione della liturgia. La nuova traduzione del Messale Romano, frutto di un’importante cooperazione tra Santa Sede, Vescovi ed esperti di tutto il mondo, è volta ad arricchire e ad approfondire il sacrificio di lode offerto a Dio dal suo popolo. Aiutate il vostro clero ad accogliere e ad apprezzare ciò che è stato fatto, affinché possa a sua volta assistere i fedeli mentre tutti si adeguano alla nuova traduzione. Come sappiamo, la sacra liturgia e le sue forme sono iscritte profondamente nel cuore di ogni cattolico. Realizzate ogni sforzo necessario per aiutare i catechisti e i musicisti nella loro rispettiva preparazione, per rendere la celebrazione del Rito Romano nelle vostre diocesi un tempo di maggior grazia e bellezza, degno del Signore e spiritualmente edificante per ciascuno. In tal modo, come in tutti i vostri sforzi pastorali, guiderete la Chiesa in Australia verso la sua patria celeste sotto il segno della Croce del Sud.

Con queste riflessioni, cari Fratelli Vescovi, vi rinnovo i miei sentimenti di affetto e di stima e vi affido tutti all’intercessione di santa Maria MacKillop. Assicurandovi delle mie preghiere per voi e per quanti sono affidati alle vostre cure, sono lieto di impartire la mia benedizione apostolica come pegno di grazia e di pace nel Signore. Grazie.



A S.E. IL SIGNOR JOSEPH WETERINGS, NUOVO AMBASCIATORE DEI PAESI BASSI PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 21 ottobre 2011

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Eccellenza,

Nell’accogliervi in Vaticano e nell’accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario del Regno dei Paesi Bassi presso la Santa Sede, desidero innanzitutto esprimerle gratitudine per avermi trasmesso il saluto cordiale di Sua Maestà la Regina Beatrice e le chiedo cortesemente di ricambiare e di trasmettere, a sua volta, i miei buoni auspici a lei, nonché il mio apprezzamento per i rapporti cordiali fra la Santa Sede e il suo Paese.

I rapporti bilaterali fra uno Stato-Nazione e la Santa sede sono chiaramente di carattere differente da quelli fra Stati-Nazione. La Santa Sede non è una potenza economica o militare. Tuttavia, come lei stesso ha indicato, la sua voce morale esercita un’influenza considerevole sul mondo. Fra i motivi, c’è il fatto che la posizione morale della Santa Sede non viene intaccata dagli interessi politici o economici di uno Stato-Nazione né dagli interessi elettorali di un partito politico. Il suo contributo alla diplomazia internazionale consiste soprattutto nell’articolare i principi etici che dovrebbero sottendere l’ordine sociale e politico, nell’attirare l’attenzione sulla necessità di agire per sanare le violazioni di tali principi. Lo fa, evidentemente, dal punto di vista della fede cristiana, ma come ho osservato nel mio recente discorso al Parlamento tedesco, il cristianesimo ha sempre evidenziato la ragione e la natura come fonti delle norme su cui lo stato di diritto dovrebbe essere edificato (Discorso al Bundestag, 22 settembre 2011). Quindi, il dialogo diplomatico in cui la Santa Sede si impegna viene condotto su un terreno né confessionale né pragmatico, ma sulla base di principi universalmente applicabili che sono tanto reali quanto lo sono gli elementi fisici dell’ambiente naturale.

Agendo come voce di quanti non hanno voce e difendendo i diritti degli indifesi, inclusi i poveri, i malati, i nascituri, gli anziani e i membri dei gruppi minoritari che soffrono una ingiusta discriminazione, la Chiesa cerca sempre di promuovere la giustizia naturale come è suo dovere e diritto fare. Pur riconoscendo con umiltà che i suoi membri non sempre sono all’altezza degli alti criteri morali che essa propone, la Chiesa non può far altro che continuare a esortare tutti, inclusi i suoi membri, a cercare di fare qualsiasi cosa sia in accordo con la giustizia e la giusta ragione e a opporsi a qualunque cosa sia a esse contraria

Pertanto, non ho dubbi sul fatto che la Santa Sede e il Regno dei Paesi Bassi abbia molti ambiti di interesse in comune. Ambasciatore, lei ha parlato della necessità di promuovere la pace globale attraverso la giusta risoluzione di conflitti e opponendosi alla proliferazione delle armi di distruzione di massa. Lei ha sottolineato la necessità di promuovere lo sviluppo e l’autosufficienza nei Paesi emergenti. Ha menzionato la generosa risposta umanitaria del popolo olandese quando si rende necessario un aiuto umanitario nel mondo. Ha anche parlato della necessità di difendere la dignità umana. Queste e molte altre aree di politica internazionale continueranno a offrire opportunità di scambi fecondi fra il suo Paese e la Santa sede.

Mi rincuorano le sue parole sull’intenzione del Governo olandese di promuovere la libertà di religione che, come sa, è una questione di particolare interesse per la Santa Sede in questo momento. La libertà di religione è minacciata non solo da limitazioni legali in alcune parti del mondo, ma anche da una mentalità anti-religiosa in numerose società, anche in quelle in cui essa gode della tutela della legge. È quindi auspicabile che il suo Governo sia vigile cosicché la libertà di religione e quella di culto continuino a essere tutelate e promosse sia nel Paese sia all’estero.

Nello stesso modo mi rinfrancano i passi che il Governo olandese ha compiuto per scoraggiare l’abuso di sostanze stupefacenti e la prostituzione. Sebbene da tempo la sua Nazione sia paladina della libertà degli individui di operare le proprie scelte, queste ultime vanno scoraggiate se danneggiano chi le fa o altri, per il bene dei singoli e della società nella sua interezza. La dottrina sociale cattolica, come sa, pone una grande enfasi sul bene comune nonché sul bene integrale degli individui e occorre sempre aver cura di discernere se i diritti percepiti sono veramente in accordo con quei principi naturali di cui ho parlato in precedenza.

Con questi sentimenti, Eccellenza, le porgo i miei migliori auspici per il successo della sua missione, e la assicuro del fatto che i vari dicasteri della Curia Romana saranno sempre pronti a offrirle aiuto e sostegno nello svolgimento dei suoi compiti. Su di lei, sulla sua famiglia e su tutto il popolo del Regno dei Paesi Bassi, invoco con tutto il cuore le benedizioni abbondanti di Dio.



AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO INTERNAZIONALE PER GLI ORDINARIATI MILITARI Sala Clementina Sabato, 22 ottobre 2011

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Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari amici,

sono lieto di accogliervi in occasione del sesto Convegno Internazionale degli Ordinariati Militari e del terzo Corso Internazionale di formazione dei Cappellani militari al diritto umanitario, promossi congiuntamente dalla Congregazione per i Vescovi e dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Nel rivolgere a tutti il mio cordiale saluto, ringrazio il Cardinale Marc Ouellet per le cortesi espressioni che mi ha indirizzato anche a nome vostro.

Queste vostre iniziative assumono un’importanza particolare, poiché si collocano - come è stato detto - nel contesto del 25° anniversario della Costituzione Apostolica Spirituali militum curae, promulgata dal beato Giovanni Paolo II, di cui proprio oggi celebriamo la memoria liturgica. Mediante tale provvedimento legislativo, si intese dare agli Ordinariati Militari la possibilità di promuovere un’azione pastorale sempre più adatta e meglio organizzata per una parte importante del Popolo di Dio, cioè i militari e le loro famiglie, con le loro istituzioni quali caserme, scuole militari e ospedali. A 25 anni da quel Documento, bisogna rilevare che gli Ordinariati Militari hanno dimostrato in genere di avere acquisito uno stile sempre più evangelico, adeguando le strutture pastorali alle urgenti esigenze della nuova evangelizzazione.

In queste giornate di studio, vi proponete di ripercorrere idealmente il cammino storico e giuridico degli Ordinariati Militari, la loro missione ecclesiale così come delineata dalla Spirituali militum curae, individuando le traiettorie comuni della pastorale a favore dei militari e approfondendo i problemi più attuali. Nell’esprimere il mio cordiale incoraggiamento, desidero richiamare alla vostra attenzione l’esigenza di garantire agli uomini e alle donne delle Forze Armate un’assistenza spirituale che risponda a tutte le esigenze di una vita cristiana coerente e missionaria. Si tratta di formare dei cristiani che abbiano una fede profonda, che vivano una convinta pratica religiosa e che siano autentici testimoni di Cristo nel loro ambiente. Per raggiungere questo scopo, occorre che i Vescovi e i Cappellani militari si sentano responsabili dell’annuncio del Vangelo e dell’amministrazione dei Sacramenti dovunque siano presenti i militari e le loro famiglie.

Se la sfida degli Ordinariati Militari è quella di evangelizzare il mondo castrense, rendendo possibile l’incontro con Gesù Cristo e la santità di vita a cui tutti gli uomini sono chiamati, appare evidente che i sacerdoti, impegnati in questo ministero, dovranno avere una solida formazione umana e spirituale, una costante cura per la propria vita interiore e, al tempo stesso, essere disponibili all’ascolto e al dialogo, per poter cogliere le difficoltà personali e ambientali delle persone loro affidate. Queste infatti hanno bisogno di un continuo sostegno nel loro itinerario di fede, poiché la dimensione religiosa riveste speciale significato anche nella vita di un militare. La ragione per cui esistono gli Ordinariati Militari, cioè l’assistenza spirituale ai fedeli nelle Forze Armate e di Polizia, fa riferimento alla sollecitudine con la quale la Chiesa ha voluto offrire ai fedeli militari e alle loro famiglie tutti i mezzi salvifici per facilitare nei loro confronti non solo l’ordinaria cura pastorale, ma lo specifico aiuto di cui essi hanno bisogno per svolgere la loro missione con lo stile della carità cristiana. La vita militare di un cristiano, infatti, va posta in relazione con il primo e il più grande dei comandamenti, quello dell’amore a Dio e al prossimo, perché il militare cristiano è chiamato a realizzare una sintesi per cui sia possibile essere anche militari per amore, compiendo il ministerium pacis inter arma.

Penso in particolare all’esercizio della carità nel soldato che soccorre le vittime dei terremoti e delle alluvioni, come pure i profughi, mettendo a disposizione dei più deboli il proprio coraggio e la propria competenza. Penso all’esercizio della carità nel soldato impegnato a disinnescare mine, con personale rischio e pericolo, nelle zone che sono state teatro di guerra, come pure al soldato che, nell’ambito delle missioni di pace, pattuglia città e territori affinché i fratelli non si uccidano fra di loro. Vi sono tanti uomini e donne in divisa pieni di fede in Gesù, che amano la verità, che vogliono promuovere la pace e si impegnano da veri discepoli di Cristo a servire la propria Nazione favorendo la promozione dei fondamentali diritti umani dei popoli.

In tale contesto si inserisce il rapporto tra il diritto umanitario e i Cappellani Militari, poiché una fattiva collaborazione tra organizzazioni umanitarie e responsabili religiosi sviluppa feconde energie volte ad alleviare le asprezze dei conflitti. E’ sotto gli occhi di tutti come nelle devastanti lacerazioni prodotte dalle guerre, la dignità umana venga spesso oltraggiata e la pace sconvolta. Tuttavia, la sola dinamica del diritto non basta a ristabilire l’equilibrio perduto; bisogna percorrere il cammino della riconciliazione e del perdono. Così ha scritto il Beato Giovanni Paolo II nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2002, seguita ai tragici attentati dell’11 settembre 2001: “La vera pace è frutto della giustizia, virtù morale e garanzia legale che vigila sul pieno rispetto di diritti e doveri e sull'equa distribuzione di benefici e oneri. Ma poiché la giustizia umana è sempre fragile e imperfetta, esposta com'è ai limiti e agli egoismi personali e di gruppo, essa va esercitata e in certo senso completata con il perdono che risana le ferite e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati” (n. 3).

Cari amici, anche alla luce di queste considerazioni, le motivazioni pastorali che sono alla base dell’identità dell’Ordinariato Militare sono di grande attualità. L’opera di evangelizzazione nel mondo militare richiede una crescente assunzione di responsabilità, affinché anche in questo ambito, vi sia un annuncio sempre nuovo, convinto e gioioso di Gesù Cristo, unica speranza di vita e di pace per l’umanità. Egli infatti ha detto: “senza di me non potete far nulla” (
Jn 15,5). La vostra particolare missione e lo zelante ministero vostro e dei vostri collaboratori, presbiteri e diaconi, favoriscano un generale rinnovamento dei cuori, presupposto di quella pace universale, alla quale tutto il mondo aspira. Con tali sentimenti, assicuro la mia preghiera e vi accompagno con la mia Benedizione che imparto di cuore a tutti voi e a quanti sono affidati alle vostre cure pastorali.




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