Discorsi 2005-13 19211

INCONTRO CON I SACERDOTI, I SEMINARISTI, I RELIGIOSI, LE RELIGIOSE E FEDELI LAICI Cortile del Seminario S. Gall - Ouidah Sabato, 19 novembre 2011

19211
Signori Cardinali,
Monsignor N’Koué, responsabile della formazione sacerdotale,
cari Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari religiosi e religiose,
cari seminaristi e cari fedeli laici!

Grazie Monsignor N’Koué per le sue belle parole, e grazie cari seminaristi per le vostre, che sono così accoglienti e deferenti. E’ una grande gioia per me trovarmi in mezzo a voi qui, a Ouidah, e più particolarmente in questo Seminario, posto sotto la protezione di santa Giovanna d’Arco e dedicato a san Gall, uomo dalle splendide virtù, monaco desideroso di perfezione, Pastore pieno di dolcezza ed umiltà. Che cosa c’è di più nobile che avere come modello la sua figura, così come quella di Monsignor Louis Parisot, apostolo infaticabile dei poveri e promotore del clero locale, quella del Padre Thomas Moulero, primo sacerdote dell’allora Dahomey, e quella del Cardinale Bernardin Gantin, figlio eminente della vostra terra ed umile servitore della Chiesa?

Il nostro incontro di questa mattina mi offre l’occasione di esprimervi direttamente la mia gratitudine per il vostro impegno pastorale. Rendo grazie a Dio per il vostro zelo, malgrado le condizioni talvolta difficili nelle quali siete chiamati a testimoniare il suo amore. Lo ringrazio per i tanti uomini e donne che hanno annunciato il Vangelo nella terra del Benin, come pure in tutta l’Africa.

Tra poco firmerò l’Esortazione apostolica post-sinodale Africae munus.Vi si tratta di pace, di giustizia e di riconciliazione. Questi tre valori si impongono come un ideale evangelico fondamentale alla vita battesimale e richiedono una sana accettazione della vostra identità di sacerdoti, di persone consacrate e di fedeli laici.

Cari sacerdoti, la responsabilità della promozione della pace, della giustizia e della riconciliazione, vi riguarda in modo tutto particolare. A motivo dell’Ordine sacro ricevuto e dei Sacramenti celebrati, infatti, voi siete chiamati ad essere uomini di comunione. Come il cristallo non trattiene la luce, ma la riflette e la ridona, così il sacerdote deve lasciar trasparire ciò che celebra e ciò che riceve. Vi incoraggio quindi a lasciar trasparire Cristo nella vostra vita grazie ad una vera comunione con il Vescovo, ad una reale bontà per i vostri confratelli, ad una profonda sollecitudine per ogni battezzato e ad una grande attenzione per ogni persona. Lasciandovi modellare da Cristo, voi non sostituirete mai la bellezza del vostro essere sacerdotale con realtà effimere e talvolta malsane che la mentalità contemporanea tenta di imporre a tutte le culture. Vi esorto, cari sacerdoti, a non sottovalutare la grandezza insondabile della grazia divina depositata in voi e che vi abilita a vivere al servizio della pace, della giustizia e della riconciliazione.

Cari religiosi e religiose, di vita attiva o contemplativa, la vita consacrata è una sequela radicale di Gesù. Che la vostra scelta incondizionata di Cristo vi conduca ad un amore senza frontiere per il prossimo! La povertà e la castità vi rendono veramente liberi per obbedire incondizionatamente al solo Amore che, quando vi afferra, vi porta a diffonderlo dovunque. Povertà, obbedienza e castità approfondiscono in voi la sete di Dio e la fame della sua Parola, che, crescendo, si trasformano in fame e sete per servire il prossimo privo di giustizia, di pace e di riconciliazione. Fedelmente vissuti, i consigli evangelici vi trasformano in fratelli universali e in sorelle di tutti, e vi aiutano a camminare risolutamente sulla via della santità. Voi vi arriverete se, convinti che per voi vivere è Cristo (cfr
Ph 1,21), fate delle vostre comunità dei riflessi della gloria di Dio e dei luoghi in cui non avete debiti verso nessuno, se non quello dell’amore vicendevole (cfr Rm 13,8). Tramite i vostri carismi propri, vissuti con spirito di apertura alla cattolicità della Chiesa, potrete contribuire a un’espressione armoniosa dell’immensità dei doni divini a servizio di tutta l’umanità.

Rivolgendomi ora a voi, cari seminaristi, vi incoraggio a mettervi alla scuola di Cristo per acquistare le virtù che vi aiuteranno a vivere il sacerdozio ministeriale come il luogo della vostra santificazione. Senza la logica della santità, il ministero non è che una semplice funzione sociale. La qualità della vostra vita futura dipende dalla qualità della vostra relazione personale con Dio in Gesù Cristo, dai vostri sacrifici, dalla felice integrazione delle esigenze della vostra formazione attuale. Di fronte alle sfide dell’esistenza umana, il sacerdote di oggi come quello di domani – se vuole essere un testimone credibile a servizio della pace, della giustizia e della riconciliazione – dev’essere un uomo umile ed equilibrato, saggio e magnanimo. Dopo 60 anni di vita sacerdotale, posso confidarvi, cari seminaristi, che non rimpiangerete di avere accumulato durante la vostra formazione tesori intellettuali, spirituali e pastorali.

Quanto a voi, cari fedeli laici che, al cuore delle realtà quotidiane della vita, siete chiamati ad essere il sale della terra e la luce del mondo, vi esorto a rinnovare voi pure il vostro impegno per la giustizia, la pace e la riconciliazione. Questa missione richiede anzitutto fede nella famiglia edificata secondo il disegno di Dio e fedeltà all’essenza stessa del matrimonio cristiano. Esige anche che le vostre famiglie siano come autentiche “chiese domestiche”. Grazie alla forza della preghiera, “si trasforma e migliora gradualmente la vita personale e familiare, si arricchisce il dialogo, si trasmette la fede ai figli, si accresce il piacere di stare insieme e il focolare domestico si unisce e si consolida maggiormente” (Messaggio per l’incontro mondiale delle famiglie in Messico, 17 gennaio 2009, n. 3). Facendo regnare nelle vostre famiglie l’amore e il perdono, contribuirete all’edificazione di una Chiesa bella e forte, e all’instaurarsi di maggior giustizia e pace nella società intera. In questo senso, vi incoraggio, cari genitori, ad avere un rispetto profondo per la vita e a testimoniare davanti ai vostri figli i valori umani e spirituali. Esorto specialmente i catechisti, questi valorosi missionari nel cuore delle realtà più umili, ad offrire sempre, con speranza e determinazione indefettibili, il loro aiuto peculiare e assolutamente necessario all’espansione della fede nella fedeltà all’insegnamento della Chiesa (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes AGD 17).

Per concludere il mio incontro con voi, vorrei esortarvi tutti ad una fede autentica e viva, fondamento incrollabile di una vita cristiana santa e al servizio dell’edificazione di un mondo nuovo. L’amore per il Dio rivelato e per la sua Parola, l’amore per i Sacramenti e per la Chiesa, sono un antidoto efficace contro i sincretismi che sviano. Questo amore favorisce una giusta integrazione dei valori autentici delle culture nella fede cristiana. Esso libera dall’occultismo e vince gli spiriti malefici, perché è mosso dalla potenza stessa della Santa Trinità. Vissuto profondamente, questo amore è anche un fermento di comunione che infrange ogni barriera, favorendo così l’edificazione di una Chiesa nella quale non vi è segregazione tra i battezzati, perché tutti non sono che uno in Cristo Gesù (cfr Ga 3,28). Con grande fiducia conto su ciascuno di voi, sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e fedeli laici, per far vivere una Chiesa così. In pegno della mia vicinanza spirituale e paterna, e affidandovi alla Vergine Maria, invoco su tutti voi, sulle vostre famiglie, sui giovani e i malati, l’abbondanza delle benedizioni divine!

In lingua fon: [Il Signore vi ricolmi delle sue grazie!]



VISITA ALLA BASILICA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA DI OUIDAH E FIRMA DELL’ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE Sabato, 19 novembre 2011

19311


[Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle!

Ringrazio cordialmente il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, l’Arcivescovo Nikola Eterovic, per le sue parole di benvenuto e di presentazione, come pure tutti i membri del Consiglio Speciale per l’Africa che hanno contribuito a raccogliere i risultati dell’Assemblea sinodale in vista della pubblicazione dell’Esortazione apostolica postsinodale.

Oggi, con la firma dell’Esortazione Africae munus, si conclude la celebrazione dell’evento sinodale. Il Sinodo ha dato un impulso alla Chiesa cattolica in Africa, che ha pregato, riflettuto e discusso sul tema della riconciliazione, della giustizia e della pace. Questo processo è stato segnato da una speciale vicinanza tra il Successore di Pietro e le Chiese particolari in Africa. Vescovi, ma anche esperti, uditori, invitati speciali e delegati fraterni, sono venuti a Roma per celebrare questo importante evento ecclesiale. Io stesso mi sono recato a Yaoundé per offrire l’Instrumentum laboris dell’Assemblea sinodale ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, quale segno del mio interesse e della mia sollecitudine verso tutti i popoli del Continente africano e delle Isole vicine. Adesso ho la gioia di ritornare in Africa, e più precisamente nel Benin, per consegnare questo Documento finale dei lavori, in cui vengono riprese le riflessioni dei Padri sinodali, per presentarne una visione sintetica, come parte di un’ampia visione pastorale.]



[La Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ha beneficiato dell’Esortazione apostolica post sinodale Ecclesia in Africa del Beato Giovanni Paolo II, nella quale è stata fortemente sottolineata l’urgenza dell’evangelizzazione del Continente, che non può essere dissociata dalla promozione umana. Inoltre, vi è stato sviluppato il concetto di Chiesa - famiglia di Dio. Quest’ultimo ha prodotto molti frutti spirituali per la Chiesa cattolica e per l’azione di evangelizzazione e di promozione umana che essa ha attuato per la società africana nel suo insieme. Infatti, la Chiesa è chiamata a scoprirsi sempre più come una famiglia. Per i cristiani, si tratta della comunità dei credenti che loda Dio Uno e Trino, celebra i grandi misteri della nostra fede ed anima con carità i rapporti tra le persone, i gruppi e le nazioni, al di là delle diversità etniche, culturali e religiose. In questo servizio reso ad ogni persona, la Chiesa è aperta alla collaborazione con tutte le componenti della società, in particolare con i rappresentanti delle Chiese e delle Comunità ecclesiali che non sono ancora in piena comunione con la Chiesa cattolica, come anche con i rappresentanti delle religioni non cristiane, soprattutto quelli delle Religioni Tradizionali e dell’Islam.

Tenendo presente questo orizzonte ecclesiale, la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa si è concentrata sul tema della riconciliazione, della giustizia e della pace. Si tratta di punti importanti per il mondo in generale, ma che acquistano un’attualità tutta particolare in Africa. E’ sufficiente ricordare le tensioni, le violenze, le guerre, le ingiustizie, gli abusi di ogni sorta, vecchi e nuovi, che hanno segnato questo anno. Il tema principale riguardava la riconciliazione con Dio e con il prossimo. Una Chiesa riconciliata al suo interno e tra i suoi membri potrà diventare segno profetico di riconciliazione a livello della società, di ciascun Paese e dell’intero Continente. San Paolo scrive: “Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (
2Co 5,18). Il fondamento di questa riconciliazione si trova nella natura stessa della Chiesa che è “in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Lumen gentium LG 1). Su questa base la Chiesa in Africa è chiamata a promuovere la pace e la giustizia. La Porte du Non-retour (La Porta del Non-ritorno) e quella del Perdono ci richiamano a questo dovere, e ci spingono a denunciare e a combattere ogni forma di schiavitù.]



[Non bisogna mai tralasciare di cercare le vie della pace! La pace è uno dei beni più preziosi! Per raggiungerla bisogna avere il coraggio della riconciliazione che viene dal perdono, dalla volontà di ricominciare la vita comunitaria, da una visione solidale del futuro, dalla perseveranza per superare le difficoltà. Riconciliati e in pace con Dio e con il prossimo, gli uomini possono lavorare per una maggiore giustizia in seno alla società. Non bisogna dimenticare che la prima giustizia secondo il Vangelo è compiere la volontà di Dio. Da questa opzione di base derivano innumerevoli iniziative miranti a promuovere la giustizia in Africa e il bene di tutti gli abitanti del Continente, soprattutto dei più bisognosi, che hanno bisogno di lavoro, di scuole e di ospedali.

Africa, terra di una nuova Pentecoste, abbi fiducia in Dio! Animata dallo Spirito di Gesù Cristo risorto, diventa la grande famiglia di Dio, generosa con tutti i tuoi figli e figlie, operatori di riconciliazione, di pace, e di giustizia! Africa, Buona Novella per la Chiesa, diventalo per il mondo intero! Grazie!]




INCONTRO CON I VESCOVI DEL BENIN Cotonou, Nunziatura Apostolica Sabato, 19 novembre 2011

19411
Signori Cardinali,
caro Monsignor Ganyé, Presidente della Conferenza dei Vescovi del Benin,
cari Fratelli nell’episcopato!

E’ per me una grande gioia incontrarvi insieme questa sera, voi che siete i Pastori della Chiesa cattolica nel Benin. Ringrazio il Presidente della vostra Conferenza Episcopale, Monsignor Antoine Ganyé, Arcivescovo di Cotonou, per le parole fraterne che ha appena pronunciato a nome vostro. Con voi, sono lieto di poter rendere grazie al Signore, mentre celebrate il centocinquantesimo anniversario dagli inizi dell’evangelizzazione del vostro Paese. Infatti, il 18 aprile 1861 i primi missionari della Società delle Missioni Africane sbarcarono a Ouidah, cominciando così una nuova pagina dell’annuncio del Vangelo in Africa Occidentale. A tutti i missionari, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici, provenienti da altre terre o originari di questo Paese, che si sono succeduti da quel tempo fino ad oggi, la Chiesa è particolarmente riconoscente. Essi hanno generosamente fatto dono della loro vita, talvolta in modo eroico, affinché l’amore di Dio sia annunciato a tutti.

La celebrazione di questo Giubileo dev’essere per le vostre comunità e per ciascuno dei loro membri l’occasione di un profondo rinnovamento spirituale. E spetta a voi, in quanto Pastori del popolo di Dio, di discernerne i contorni alla luce della Parola di Dio. L’Anno della fede, che ho voluto promulgare in occasione del cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, sarà certamente una circostanza propizia per permettere ai fedeli di riscoprire e di approfondire la loro fede nella persona del Salvatore degli uomini. In effetti, è perché hanno accettato di mettere Cristo al centro della loro vita che, dopo 150 anni, degli uomini e delle donne hanno avuto il coraggio di donare tutto per il servizio del Vangelo. Oggi, questo stesso atto dev’essere al centro della vita della Chiesa intera. È il volto crocifisso e glorioso di Cristo che ci deve guidare tutti, così da testimoniare il suo amore al mondo. Questo atteggiamento richiede una conversione costante per dare nuova forza alla dimensione profetica del nostro annuncio. A coloro che hanno ricevuto la missione di guidare il popolo di Dio, spetta di suscitarla e di aiutare a discernere i segni della presenza di Dio nel cuore delle persone e degli avvenimenti. Possano tutti i fedeli vivere l’incontro personale e comunitario con Cristo, per farsene messaggeri! Questo incontro con Cristo dev’essere saldamente radicato nell’accoglienza e nella meditazione della Parola di Dio. Infatti, la Scrittura deve occupare un posto centrale nella vita della Chiesa e di ogni cristiano. Vi incoraggio dunque a fare della sua riscoperta una sorgente di rinnovamento costante, affinché essa unifichi la vita quotidiana dei fedeli e sia sempre più al cuore di ogni attività ecclesiale.

Questa Parola di Dio, la Chiesa non può tenerla per se stessa, ma ha la vocazione di annunciarla al mondo. Questo anno giubilare dev’essere per la Chiesa nel Benin un’occasione privilegiata per ridare vigore alla sua coscienza missionaria. Lo zelo apostolico che deve animare tutti i fedeli deriva direttamente dal loro Battesimo, e pertanto essi non possono sottrarsi alla responsabilità di confessare la loro fede in Cristo e nel suo Vangelo dovunque si trovino, e nella loro vita quotidiana. Quanto ai vescovi e ai sacerdoti, essi sono chiamati a risvegliare questa coscienza nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle comunità e nei diversi movimenti ecclesiali. Una volta ancora, vorrei inoltre rilevare con ammirazione il ruolo essenziale giocato dai catechisti nell’attività missionaria delle vostre diocesi. D’altra parte, come ho sottolineato nell’Esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini, «in nessun modo la Chiesa può limitarsi ad una pastorale di “mantenimento”, per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo. Lo slancio missionario è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale» (n. 95). La Chiesa deve dunque andare verso tutti. E vi incoraggio a proseguire i vostri sforzi in vista di una condivisione del personale missionario con le diocesi più sprovviste, sia che ciò avvenga nel vostro Paese, o in altri Paesi dell’Africa o in continenti più lontani. Non abbiate paura di suscitare vocazioni missionarie di sacerdoti, di religiosi e di religiose e di laici!

Perché il mondo creda in questa Parola che la Chiesa annuncia, è indispensabile che i discepoli di Cristo siano uniti tra loro (cfr
Jn 17,21). Guide e Pastori del vostro popolo, voi siete chiamati ad avere una viva coscienza della fraternità sacramentale che vi unisce e dell’unica missione che vi è affidata, così da essere effettivamente segni e promotori di unità nelle vostre diocesi. Con i vostri sacerdoti, un atteggiamento di ascolto, di attenzione personale e paterna deve prevalere affinché essi, coscienti del bene che volete loro, vivano con serenità e sincerità la loro vocazione sacerdotale, la irradino con gioia attorno a loro e ne esercitino fedelmente i compiti. Vi invito dunque ad aiutare i sacerdoti e i fedeli a riscoprire anch’essi la bellezza del sacerdozio e del ministero sacerdotale. Le difficoltà incontrate, che talvolta possono essere serie, non devono mai dar motivo di disperare, ma al contrario diventare incitamenti a suscitare nei sacerdoti e nei vescovi una profonda vita spirituale che riempia il loro cuore di un amore sempre più grande per Cristo e di uno zelo traboccante per la santificazione del Popolo di Dio. Un rafforzamento dei legami di fraternità e di amicizia tra tutti sarà pure un sostegno importante, che permette di progredire nella ricerca di una crescita spirituale e umana.

Cari Fratelli nell’episcopato, la formazione dei futuri sacerdoti delle vostre diocesi è una realtà che vi sta particolarmente a cuore. Vi incoraggio vivamente a farne una delle vostre priorità pastorali. È indispensabile che una solida formazione umana, intellettuale e spirituale permetta ai giovani di raggiungere un equilibrio personale, psicologico e affettivo, che li prepari ad assumere le realtà della vita sacerdotale, particolarmente nel campo relazionale. Del resto, come ho detto nella lettera che ho recentemente indirizzato a tutti i seminaristi, «la cosa più importante nel cammino verso il sacerdozio e durante tutta la vita sacerdotale è il rapporto personale con Dio in Gesù Cristo. Il sacerdote […] è il messaggero di Dio tra gli uomini. Vuole condurre a Dio e così far crescere anche la vera comunione degli uomini tra loro». È dunque in questa prospettiva che i seminaristi devono imparare a vivere in costante contatto con Dio. Pertanto, la scelta dei formatori è una responsabilità importante che spetta ai Vescovi. Vi invito ad esercitarla con prudenza e discernimento. I formatori, pur possedendo le qualità umane e intellettuali necessarie, devono avere a cuore il proprio progresso nel cammino della santità, come quello dei giovani che essi hanno la missione di aiutare nella ricerca della volontà di Dio sulla loro vita.

Il ministero episcopale al quale il Signore vi ha chiamati conosce le sue gioie e le sue pene. Incontrandovi questa sera, vorrei lasciare a ciascuno di voi un messaggio di speranza. Nel corso di questi ultimi 150 anni, il Signore ha fatto grandi cose in mezzo al popolo del Benin. Siate certi che Egli continua ad accompagnarvi giorno per giorno nel vostro impegno a servizio dell’evangelizzazione. Siate sempre Pastori secondo il cuore di Dio, autentici servitori del Vangelo. È questo che gli uomini e le donne del nostro tempo aspettano da voi.

Cari Fratelli nell’episcopato, al termine del nostro incontro, vorrei dirvi quanto è grande la mia gioia di ritornare in terra d’Africa, e particolarmente in Benin, in questa duplice circostanza della celebrazione del centocinquantesimo anniversario dell’evangelizzazione del vostro Paese e della consegna dell’Esortazione apostolica post-sinodale Africae munus. Vorrei ringraziarvi, e attraverso di voi tutto il popolo del Benin, per l’accoglienza calorosa, direi semplicemente per “l’accoglienza africana”, che mi avete riservato. Affido alla Vergine Maria, Nostra Signora d’Africa, ciascuna delle vostre diocesi, così come le vostre persone e il vostro ministero episcopale. Ella vegli sull’intero popolo del Benin! E di vero cuore vi imparto un’affettuosa Benedizione Apostolica, come pure ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli delle vostre diocesi.




CONSEGNA DELL'ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE AI VESCOVI DELL'AFRICA Stadio dell’Amicizia - Cotonou Domenica, 20 novembre 2011

20111
Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle!

Durante questa solenne celebrazione liturgica, abbiamo reso grazie al Signore per il dono della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, celebrata nell’ottobre del 2009 sul tema La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace: “Voi siete il sale della terra… voi siete la luce del mondo” (
Mt 5,13-14). Ringrazio tutti i Padri sinodali per il loro contributo ai lavori di questa Assemblea sinodale. La mia gratitudine va anche al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Mons. Nikola Eterovic, per il lavoro compiuto e per le parole che mi ha indirizzato a nome vostro.

Dopo aver firmato ieri l’Esortazione apostolica post-sinodale Africae munus, sono felice oggi di poter consegnare a tutte le Chiese particolari, tramite voi, Presidenti delle Conferenze Episcopali dell’Africa, sia nazionali che regionali, e i Presidenti dei Sinodi delle Chiese orientali cattoliche. Dopo ricezione di questo documento, prendono avvio a livello locale le fasi di assimilazione e di applicazione dei dati teologici, ecclesiologici, spirituali e pastorali contenuti in questa Esortazione. Questo testo intende promuovere, incoraggiare e consolidare le diverse iniziative locali già esistenti. Intende altresì ispirarne altre per la Chiesa cattolica in Africa.

One of the first missions of the Church is the proclamation of Jesus Christ and his Gospel ad gentes, that is the evangelization of those at a distance from the Church in one way or another. I hope that this Exhortation will guide you in the proclamation of the Good News of Jesus in Africa. It is not just a message or a word. It is above all openness and adhesion to a person: Jesus Christ the incarnate Word. He alone possesses the words of life eternal (cf. Jn Jn 6,68)! Following the example of Christ, all Christians are called to reflect the mercy of the Father and the light of the Holy Spirit. Evangelization presupposes and brings with it reconciliation and it promotes peace and justice.

[Una delle prime missioni della Chiesa è l’annuncio di Gesù Cristo e del suo Vangelo ad gentes, ossia l’evangelizzazione di coloro che, in un modo o nell’altro, sono lontane dalla Chiesa. Mi auguro che questa Esortazione vi guiderà nell’annuncio della Buona Novella di Gesù in Africa. Questa non è solamente un messaggio o una parola. E’ soprattutto apertura e adesione ad una Persona: Gesù Cristo, il Verbo incarnato. Lui solo possiede parole di vita eterna (cfr Jn 6,68)! Sull’esempio di Cristo, tutti i cristiani sono chiamati a rispecchiare la misericordia del Padre e la luce dello Spirito Santo. L’evangelizzazione presuppone e comporta anche la riconciliazione, e promuove la pace e la giustizia.]

Amada Igreja na África, torna-te cada vez mais o sal da terra, desta terra que Jesus Cristo abençoou com a sua presença quando, nela, encontrou refúgio. Sê o sal da terra africana, abençoada pelo sangue de tantos mártires, homens, mulheres e crianças, testemunhas da fé cristã até ao dom supremo da própria vida. Torna-te luz do mundo, luz da África que muitas vezes, no meio das provações, procura o caminho da paz e da justiça para todos os seus habitantes. A tua luz é Jesus Cristo, «Luz do mundo» (Jo 8, 12). Que Deus te abençoe, África bem amada!

[Cara Chiesa in Africa, sii sempre più il sale della terra, di questa terra che Gesù Cristo ha benedetto con la sua presenza quando vi ha trovato rifugio! Sii il sale della terra africana, benedetta dal sangue di tanti martiri, uomini, donne e bambini, testimoni della fede cristiana fino al dono supremo della loro vita! Sii luce del mondo, luce dell’Africa che spesso, attraverso le prove, cerca la via della pace e della giustizia per tutti i suoi abitanti. La tua luce è Gesù Cristo, “Luce del mondo” (Jn 8,12). Dio ti benedica, cara Africa!]





CERIMONIA DI CONGEDO Aeroporto Internazionale "Card. Bernardin Gantin" di Cotonou Domenica, 20 novembre 2011

20211

Signor Presidente,
Eminenze ed Eccellenze,
Autorità presenti e cari amici!

Il mio viaggio apostolico in terra africana volge al termine. Sono riconoscente a Dio per questi giorni trascorsi con voi nella gioia e nella cordialità. La ringrazio, Signor Presidente, per le Sue cordiali parole e per i molteplici sforzi compiuti per rendere gradevole il mio soggiorno. Ringrazio anche le diverse autorità di questo Paese e tutti i volontari che hanno contribuito con generosità alla riuscita di queste giornate. Non dimentico l’intera popolazione del Benin che mi ha ricevuto con calore ed entusiasmo. La mia gratitudine va anche ai membri della Chiesa cattolica, ai diversi Presidenti delle Conferenze Episcopali nazionali e regionali che hanno viaggiato per giungere fino a qui, e naturalmente, in modo del tutto particolare, ai Vescovi del Benin.

Ho desiderato visitare di nuovo il Continente africano per il quale ho una stima ed un affetto particolari, perché ho l’intima convinzione che è una terra di speranza. Ne ho parlato del resto già parecchie volte. Autentici valori, capaci di ammaestrare il mondo, si trovano qui e non chiedono che di sbocciare con l’aiuto di Dio e la determinazione degli Africani. L’Esortazione apostolica post-sinodale Africae munus può contribuirvi validamente, perché essa apre prospettive pastorali e susciterà interessanti iniziative. La affido a tutti i fedeli africani che sapranno studiarla con attenzione e tradurla in azioni concrete nella loro vita quotidiana. Il Cardinale Gantin, questo eminente figlio del Benin la cui grandezza è stata riconosciuta al punto che questo Aeroporto porta il suo nome, ha partecipato con me a numerosi Sinodi, e ha saputo apportarvi un contributo essenziale e apprezzato. Possa egli accompagnare l’attuazione di questo documento!

Durante questa visita, ho potuto incontrare diverse componenti della società del Benin, e membri della Chiesa. Questi numerosi incontri, così diversi nella loro natura, testimoniano la possibilità di una coesistenza armoniosa in seno alla Nazione, e tra la Chiesa e lo Stato. La buona volontà e il rispetto reciproco aiutano non solamente il dialogo, ma sono essenziali per costruire l’unità tra le persone, le etnie e i popoli. La parola “Fraternità” è del resto la prima delle tre parole del vostro motto nazionale. Vivere insieme da fratelli, nonostante le legittime differenze, non è un’utopia. Perché un paese africano non potrebbe indicare al resto del mondo la strada da prendere per vivere una fraternità autentica nella giustizia fondandosi sulla grandezza della famiglia e del lavoro? Possano gli Africani vivere riconciliati nella pace e nella giustizia! Ecco l’augurio che formulo con fiducia e speranza prima di lasciare il Benin e il Continente africano.

Signor Presidente, Le rinnovo i miei sinceri ringraziamenti che estendo a tutti i Suoi concittadini, ai Vescovi del Benin e a tutti i fedeli del Paese. Desidero anche incoraggiare l’intero Continente a essere sempre di più sale della terra e luce del mondo. Per l’intercessione di Nostra Signora d’Africa, Dio vi benedica tutti!

In lingua fon:AC? MAWU T?N NI K?N DO BENIN TO ? BI JI [Dio benedica il Benin!]



ALLA CARITAS ITALIANA NEL 40° DI FONDAZIONE Basilica Vaticana Giovedì, 24 novembre 2011

24111

Venerati Fratelli,
cari fratelli e sorelle!

Con gioia vi accolgo in occasione del 40° anniversario dell’istituzione della Caritas Italiana. Vi saluto con affetto, unendomi al ringraziamento dell’intero Episcopato italiano per il vostro prezioso servizio. Saluto cordialmente il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ringraziandolo per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Saluto Mons. Giuseppe Merisi, Presidente della Caritas, i Vescovi incaricati delle diverse Conferenze Episcopali Regionali per il servizio della carità, il Direttore della Caritas Italiana, i direttori delle Caritas Diocesane e tutti i loro collaboratori.

Siete venuti presso la tomba di Pietro per confermare la vostra fede e riprendere slancio nella vostra missione. Il Servo di Dio Paolo VI, nel primo incontro nazionale con la Caritas, nel 1972, così affermava: «Al di sopra dell’aspetto puramente materiale della vostra attività, deve emergere la sua prevalente funzione pedagogica» (Insegnamenti X [1972], 989). A voi, infatti, è affidato un’importante compito educativo nei confronti delle comunità, delle famiglie, della società civile in cui la Chiesa è chiamata ad essere luce (cfr
Ph 2,15). Si tratta di assumere la responsabilità dell’educare alla vita buona del Vangelo, che è tale solo se comprende in maniera organica la testimonianza della carità. Sono le parole dell’apostolo Paolo ad illuminare questa prospettiva: «Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità» (Ga 5,5-6). Questo è il distintivo cristiano: la fede che si rende operosa nella carità. Ciascuno di voi è chiamato a dare il suo contributo affinché l’amore con cui siamo da sempre e per sempre amati da Dio divenga operosità della vita, forza di servizio, consapevolezza della responsabilità. «L’amore del Cristo infatti ci possiede» (2Co 5,14), scrive san Paolo. E’ questa prospettiva che dovete rendere sempre più presente nelle Chiese particolari in cui vivete.

Cari amici, non desistete mai da questo compito educativo, anche quando la strada si fa dura e lo sforzo sembra non dare risultati. Vivetelo nella fedeltà alla Chiesa e nel rispetto dell’identità delle vostre Istituzioni, utilizzando gli strumenti che la storia vi ha consegnato e quelli che la «fantasia della carità» – come diceva il beato Giovanni Paolo II – vi suggerirà per l’avvenire. Nei quattro decenni trascorsi, avete potuto approfondire, sperimentare e attuare un metodo di lavoro basato su tre attenzioni tra loro correlate e sinergiche: ascoltare, osservare, discernere, mettendolo al servizio della vostra missione: l’animazione caritativa dentro le comunità e nei territori. Si tratta di uno stile che rende possibile agire pastoralmente, ma anche perseguire un dialogo profondo e proficuo con i vari ambiti della vita ecclesiale, con le associazioni, i movimenti e con il variegato mondo del volontariato organizzato.

Ascoltare per conoscere, certo, ma insieme per farsi prossimo, per sostenere le comunità cristiane nel prendersi cura di chi necessita di sentire il calore di Dio attraverso le mani aperte e disponibili dei discepoli di Gesù. Questo è importante: che le persone sofferenti possano sentire il calore di Dio e lo possano sentire tramite le nostre mani e i nostri cuori aperti. In questo modo le Caritas devono essere come “sentinelle” (cfr Is 21,11-12), capaci di accorgersi e di far accorgere, di anticipare e di prevenire, di sostenere e di proporre vie di soluzione nel solco sicuro del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa. L’individualismo dei nostri giorni, la presunta sufficienza della tecnica, il relativismo che influenza tutti, chiedono di provocare persone e comunità verso forme alte di ascolto, verso capacità di apertura dello sguardo e del cuore sulle necessità e sulle risorse, verso forme comunitarie di discernimento sul modo di essere e di porsi in un mondo in profondo cambiamento.

Scorrendo le pagine del Vangelo, restiamo colpiti dai gesti di Gesù: gesti che trasmettono la Grazia, educativi alla fede e alla sequela; gesti di guarigione e di accoglienza, di misericordia e di speranza, di futuro e di compassione; gesti che iniziano o perfezionano una chiamata a seguirlo e che sfociano nel riconoscimento del Signore come unica ragione del presente e del futuro. Quella dei gesti, dei segni è una modalità connaturata alla funzione pedagogica della Caritas. Attraverso i segni concreti, infatti, voi parlate, evangelizzate, educate. Un’opera di carità parla di Dio, annuncia una speranza, induce a porsi domande. Vi auguro di sapere coltivare al meglio la qualità delle opere che avete saputo inventare. Rendetele, per così dire, «parlanti», preoccupandovi soprattutto della motivazione interiore che le anima, e della qualità della testimonianza che da esse promana. Sono opere che nascono dalla fede. Sono opere di Chiesa, espressione dell’attenzione verso chi fa più fatica. Sono azioni pedagogiche, perché aiutano i più poveri a crescere nella loro dignità, le comunità cristiane a camminare nella sequela di Cristo, la società civile ad assumersi coscientemente i propri obblighi. Ricordiamo quanto insegna il Concilio Vaticano II: «Siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia, perché non avvenga che si offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia» (Apostolicam actuositatem AA 8). L’umile e concreto servizio che la Chiesa offre non vuole sostituire né, tantomeno, assopire la coscienza collettiva e civile. Le si affianca con spirito di sincera collaborazione, nella dovuta autonomia e nella piena coscienza della sussidiarietà.

Fin dall’inizio del vostro cammino pastorale, vi è stato consegnato, come impegno prioritario, lo sforzo di realizzare una presenza capillare sul territorio, soprattutto attraverso le Caritas Diocesane e Parrocchiali. È obiettivo da perseguire anche nel presente. Sono certo che i Pastori sapranno sostenervi e orientarvi, soprattutto aiutando le comunità a comprendere il proprium di animazione pastorale che la Caritas porta nella vita di ogni Chiesa particolare, e sono certo che voi ascolterete i vostri Pastori e ne seguirete le indicazioni.

L’attenzione al territorio e alla sua animazione suscita, poi, la capacità di leggere l’evolversi della vita delle persone che lo abitano, le difficoltà e le preoccupazioni, ma anche le opportunità e le prospettive. La carità richiede apertura della mente, sguardo ampio, intuizione e previsione, un «cuore che vede» (cfr Enc. Deus caritas est ). Rispondere ai bisogni significa non solo dare il pane all’affamato, ma anche lasciarsi interpellare dalle cause per cui è affamato, con lo sguardo di Gesù che sapeva vedere la realtà profonda delle persone che gli si accostavano. È in questa prospettiva che l’oggi interpella il vostro modo di essere animatori e operatori di carità. Il pensiero non può non andare anche al vasto mondo della migrazione. Spesso calamità naturali e guerre creano situazioni di emergenza. La crisi economica globale è un ulteriore segno dei tempi che chiede il coraggio della fraternità. Il divario tra nord e sud del mondo e la lesione della dignità umana di tante persone, richiamano ad una carità che sappia allargarsi a cerchi concentrici dai piccoli ai grandi sistemi economici. Il crescente disagio, l’indebolimento delle famiglie, l’incertezza della condizione giovanile indicano il rischio di un calo di speranza. L’umanità non necessita solo di benefattori, ma anche di persone umili e concrete che, come Gesù, sappiano mettersi al fianco dei fratelli condividendo un po’ della loro fatica. In una parola, l’umanità cerca segni di speranza. La nostra fonte di speranza è nel Signore. Ed è per questo motivo che c’è bisogno della Caritas; non per delegarle il servizio di carità, ma perché sia un segno della carità di Cristo, un segno che porti speranza. Cari amici, aiutate la Chiesa tutta a rendere visibile l’amore di Dio. Vivete la gratuità e aiutate a viverla. Richiamate tutti all’essenzialità dell’amore che si fa servizio. Accompagnate i fratelli più deboli. Animate le comunità cristiane. Dite al mondo la parola dell’amore che viene da Dio. Ricercate la carità come sintesi di tutti i carismi dello Spirito (cfr 1Co 14,1).

Sia vostra guida la Beata Vergine Maria che, nella visita ad Elisabetta, portò il dono sublime di Gesù nell’umiltà del servizio (cfr Lc 1,39-43). Io vi accompagno con la preghiera e volentieri vi imparto la Benedizione Apostolica, estendendola a quanti quotidianamente incontrate nelle vostre molteplici attività. Grazie.





Discorsi 2005-13 19211