Agostino, Consenso Evang. 215

215

CAPITOLO 15

Il Battista conosceva o no Gesù Cristo?

32. Per quanto è detto nel Vangelo di Giovanni circa la colomba notiamo che egli non racconta il fatto collocandolo nel momento che accadde ma vengono riferite le parole di Giovanni Battista e com'egli narrava la visione avuta. Al riguardo ci si chiede come egli abbia potuto dire:

Io veramente non lo conoscevo ma colui che mi aveva mandato a battezzare con acqua mi aveva detto: Colui sul quale vedrai scendere lo Spirito e fermarsi su di lui, egli è colui che battezza nello Spirito Santo (Jn 1,33). Se infatti lo conobbe quando vide la colomba scendere su di lui, fan problema le parole che egli disse a Gesù mentre veniva a farsi battezzare: Sono io che debbo essere battezzato da te (Mt 3,14), parole dette, come risulta, prima che si posasse su di lui la colomba. Dal racconto si puo pertanto ricavare questa conclusione assai evidente: Giovanni lo conosceva già prima, tant'è vero che, quando Maria ando da Elisabetta (Lc 1,41), egli balzo in grembo a sua madre, ma con la discesa della colomba apprese in lui un qualcosa che ancora non conosceva. Apprese cioè che egli battezzava nello Spirito Santo e questo faceva con un potere divino a lui proprio ed esclusivo: con la conseguenza che nessun uomo il quale dopo essere stato battezzato da Dio si fosse messo a battezzare, avrebbe potuto dire che conferiva un suo proprio dono né che era lui a dare lo Spirito Santo.

216

CAPITOLO 16

Le tentazioni di Gesù.

33. Matteo prosegue dicendo: Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accosto e gli disse: " Se sei Figlio di Dio, di' che questi sassi diventino pane ". Ma egli rispose: " Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio " (Dt 8,3), ecc. fino alle parole: Allora il diavolo lo lascio, ed ecco gli angeli gli si accostarono e lo servivano (Mt 4,1-5 Mt 4,11). Tutto questo è riferito in maniera quasi uguale da Luca (Lc 4,1-13), ma l'ordine non è lo stesso, per cui rimane incerto cosa sia accaduto prima e cosa dopo: se cioè prima siano stati presentati a Gesù i regni della terra e dopo sia stato elevato sul pinnacolo del tempio o viceversa. La cosa in effetti non tocca la sostanza del racconto, purché si ritenga, come è chiaro, che si tratti di cose realmente avvenute; e se Luca volle presentare con parole diverse lo stesso pensiero, non occorre che stiamo sempre a ricordare come questo non lede affatto la verità. Quanto a Marco, egli segnala che Gesù nel deserto fu tentato dal diavolo per quaranta giorni e quaranta notti (Mc 1,12-13)ma non riferisce cosa gli fu proposto e cosa egli replico. Marco inoltre non ha tralasciato il particolare degli angeli che servivano il Signore omesso da Luca. Di tutto l'episodio nulla in Giovanni.

217

CAPITOLO 17

La vocazione degli Apostoli.

34. Il racconto di Matteo prosegue: Avendo udito che Giovanni era stato arrestato, si ritiro in Galilea (Mt 4,12). La stessa cosa riferiscono Marco e Luca (Mc 1,14 Lc 4,14), sebbene Luca a questo punto non dica nulla dell'arresto di Giovanni. Quanto al Vangelo di Giovanni vi sono riportati i seguenti episodi: prima che Gesù andasse in Galilea resto Pietro, che era insieme ad Andrea, un giorno con lui, e in quell'occasione Gesù gli impose il nome di Pietro, mentre prima si chiamava Simone. L'indomani, volendo partire per la Galilea, incontro Filippo e l'invito a seguirlo. Subito dopo è narrata la vocazione di Natanaele. Tre giorni dopo Gesù è in Galilea e a Cana compie il miracolo del cambiamento dell'acqua in vino (Cf. Jn 1,39-2,11). Tutti questi episodi gli altri evangelisti li hanno omessi, limitandosi a dire in forma compendiosa che Gesù torno in Galilea.

Ci si lascia intendere quindi che dovettero trascorrere alcuni giorni, nei quali appunto avvennero gli incontri con i discepoli, che Giovanni inserisce in questo punto della narrazione. Né il racconto del quarto Vangelo è in contrasto con quanto narra Matteo sull'occasione in cui Gesù disse a Pietro: Tu sei Pietro e su questa pietra edifichero la mia Chiesa (Mt 16,18). Non si deve infatti interpretare il testo nel senso che Pietro abbia ricevuto allora per la prima volta questo nome ma che l'aveva ricevuto quando, come riferisce Giovanni, gli fu detto: Ti chiamerai Cefa, che significa Pietro (Jn 1,42). In seguito a questo intervento, il Signore poté chiamarlo col nome che era già suo e dirgli: Tu sei Pietro. Non gli disse infatti allora: " Tu ti chiamerai Pietro ", ma: Tu sei Pietro, in conformità con quanto gli aveva detto prima, che cioè si sarebbe chiamato Pietro.

35. Matteo continua il racconto in questo modo: Lasciata la città di Nazareth, venne ad abitare in Cafarnao marittima nel territorio di Zabulon e di Neftali (Mt 4,13)ecc. , fino al termine del discorso tenuto sul monte (Cf. Mt 4,14-7,29). Nello svolgimento della narrazione gli si conforma Marco parlando della chiamata dei discepoli Pietro e Andrea e, un po' dopo, di Giacomo e Giovanni (Mc 1,16-31). Tuttavia, siccome Matteo passa immediatamente a raccontare quel lungo discorso che il Signore tenne sul monte dopo che ebbe guarito un gran numero di malati, per cui molte folle lo seguivano (Mt 5,1-48 Mt 6,1-34 Mt 7,1-29), Marco inserisce qui altri particolari: che, cioè, egli insegnava loro nella sinagoga, che essi erano stupiti della sua sapienza (Mc 1,16-22), e che li istruiva come uno che ha potere e non come gli scribi (Mt 7,29 Mc 1,22): rilievo che troviamo anche in Matteo alla fine del lungo discorso da lui riferito. Marco racconta anche di quell'uomo da cui fu cacciato lo spirito immondo e l'episodio della suocera di Pietro (Mc 1,23-31). In questi racconti Luca concorda con Marco (Lc 4,31-39), invece Matteo non dice nulla di questo demonio, mentre della suocera di Pietro parla non qui ma più avanti (Mt 8,14-15).

36. Al punto che stiamo esaminando Matteo, descritta la chiamata dei discepoli, ai quali ingiunge di seguirlo mentre stavano a pescare, riferisce che Gesù andava in giro per la Galilea insegnando nelle sinagoghe, predicando il Vangelo e guarendo ogni sorta di malattie. Essendosi radunate attorno a lui numerose folle, egli sali sul monte e pronunzio quel lungo discorso (Mt 4,23-25 Mt 5,1). Egli pertanto lascia adito sufficiente per farci supporre che proprio in quel periodo accaddero i fatti narrati da Marco dopo l'elezione dei discepoli, quando egli percorreva la Galilea e insegnava nelle loro sinagoghe; e questo vale anche per l'episodio della suocera di Pietro (Mc 1,16-31). Intenzionalmente Matteo riferisce più tardi cio che sa d'aver omesso, sebbene non di tutti gli avvenimenti tralasciati egli faccia memoria nel suo racconto.

37. Puo certamente destare meraviglia quanto riferisce Giovanni e cioè che a seguire il Signore il primo fu Andrea, insieme con un altro di cui si tace il nome, e che il fatto accadde non in Galilea ma presso il Giordano. Subito dopo ci si narra di Pietro che dal Signore riceve appunto questo nome e, in terzo luogo, di Filippo che viene chiamato a seguirlo (Jn 1,35 Jn 1,44). Al contrario gli altri tre evangelisti, e specialmente Matteo e Marco, raccontano in maniera abbastanza uniforme che quei discepoli furono chiamati durante la pesca (Mt 4,18 Mc 1,16). E vero che Luca non parla di Andrea, sebbene anch'egli, secondo quanto raccontano Matteo e Marco in una descrizione certo riassuntiva del fatto, doveva trovarsi nella stessa barca degli altri. Nei particolari della chiamata Luca si diffonde di più ed è più esplicito: ricorda il miracolo della pesca miracolosa e come dalla barca il Signore aveva antecedentemente parlato alle turbe (Lc 5,1-11). Sembra inoltre piuttosto diverso il particolare riferito da Luca, secondo il quale il Signore solo a Pietro disse: D'ora in poi sarai pescatore di uomini (Lc 5,10), poiché secondo gli altri due evangelisti tali parole furono rivolte a tutt'e due i fratelli. In effetti, quanto riportato da Luca poté essere detto [da Gesù] in un primo momento al solo Pietro, stupefatto per la gran quantità di pesci che avevano pescato, e quel che riportano gli altri due evangelisti a tutti e due i fratelli. Quanto al rilievo che facevamo sul racconto di Giovanni, esso merita un'indagine molto accurata.

Vi si puo riscontrare infatti un'opposizione non piccola, essendo fra i due racconti diversità notevole di luogo, di tempo e di modalità nella stessa chiamata. I due discepoli infatti, uno dei quali era Andrea, seguirono Gesù presso il Giordano, prima che egli si recasse in Galilea, e lo seguirono per la testimonianza di Giovanni Battista. Andrea condusse immediatamente a Gesù suo fratello Simone, il quale in quell'occasione ricevette il nome di Pietro. Come puo allora dirsi dagli altri evangelisti che Gesù li trovo a pescare in Galilea e li chiamo al suo seguito? Occorrerà intendere il testo [di Giovanni] nel senso che i discepoli presso il Giordano videro il Signore senza pero decidersi a seguirlo definitivamente: si resero solamente conto di chi egli fosse e pieni di ammirazione se ne tornarono alle loro case.

38. Lo si puo ricavare anche da quel che dice appresso lo stesso Giovanni: i suoi discepoli credettero in lui a Cana di Galilea dopo che Gesù ebbe trasformato l'acqua in vino. Ecco il testo: Tre giorni dopo ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli (Jn 2,1-2). Ora fu in quell'occasione - come ci informa più avanti l'evangelista - che i discepoli credettero in lui, significandoci con questo che, quando vennero invitati alle nozze, non erano ancora discepoli. Si tratta pertanto di un modo d'esprimersi che anche noi usiamo: ad esempio, quando diciamo che l'apostolo Paolo nacque a Tarso di Cilicia (Cf. At 22,3), e certamente allora non era un apostolo. Allo stesso modo quando ci si dice che alle nozze furono invitati i discepoli di Cristo non dobbiamo pensare che fossero già discepoli ma che erano quelli che sarebbero diventati discepoli. E, in realtà, quando questi episodi venivano raccontati e messi in iscritto essi erano certamente discepoli di Cristo e come tali, in veste di storico, ce li presenta l'autore sacro.

39. Una parola ancora su Giovanni, che scrive: Dopo cio, Gesù scese a Cafarnao con sua madre, i suoi fratelli e i suoi discepoli e vi si fermarono non molti giorni(Jn 2,12). E incerto se al suo seguito ci fossero già fin da allora Pietro e Andrea e i figli di Zebedeo. Difatti Matteo racconta che prima venne a Cafarnao e vi si stabili e poi che chiamo i discepoli mentre erano sulle barche intenti a pescare (Mt 4,13-19). Giovanni viceversa afferma che essi erano con lui quando venne a Cafarnao. Che dire? Che Matteo abbia riepilogato in una frase tutto quello che aveva omesso? Egli infatti non scrive: " Dopo cio, mentre camminava presso il mare di Galilea, vide due fratelli ", ma senza precisare l'ordine cronologico, scrive: Mentre camminava presso il mare di Galilea vide due fratelli (Mt 4,18), ecc.

Puo darsi, dunque, che egli abbia riportato in un secondo tempo non cio che accadde effettivamente in epoca posteriore ma cio che prima aveva omesso di raccontare, consentendoci in tal modo di pensare che i discepoli vennero a Cafarnao quando, al dire di Giovanni, vi ando lui con sua madre e i suoi discepoli. O non si tratta, forse, di altri discepoli? Ad esempio, già lo seguiva Filippo, da lui chiamato con la parola: Seguimi (Lc 1,45). In quale ordine infatti siano stati chiamati tutti e dodici gli Apostoli non risulta chiaro dai Vangeli; si noti anzi che non solo la successione delle chiamate ma nemmeno la chiamata stessa di tutti e dodici è in essi riferita. Si ricorda solo quella di Filippo, di Pietro e Andrea, dei figli di Zebedeo e di Matteo, il pubblicano chiamato anche Levi (Mt 4,18-22 Mt 4, Mc 1,10 Lc 5,1-11 Jn 1,35). In rapporto al nome, il primo e l'unico a riceverlo singolarmente fu Pietro (Jn 1,42); i figli di Zebedeo ebbero anch'essi il nome di "figli del tuono ", non pero singolarmente ma come comprendente entrambi (Mc 3,17).

40. A questo punto è doveroso notare che i Vangeli e gli scritti apostolici chiamano discepoli di Gesù non soltanto i Dodici ma tutti coloro che, credendo in lui, lo riconoscevano come Maestro e ne accettavano la dottrina che conduce al Regno dei cieli. Fra costoro, che erano in molti, ne scelse dodici, cui impose il nome di Apostoli, come riferisce Luca (Lc 6,13-16). Costui infatti poco dopo scrive: Disceso con loro, si fermo in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente (Lc 6,17). Non potrebbe certo parlare di stuolo di discepoli se si fosse trattato solo di dodici persone. Né mancano nelle Scritture altri passi da cui risulta con evidenza che il nome di " discepolo " del Signore è dato a tutti coloro che da lui erano ammaestrati nelle cose riguardanti la vita eterna.

41. Giova anche ricercare in che senso il Signore, al dire di Matteo e di Marco, abbia chiamato i discepoli mentre pescavano e li abbia chiamati a due a due: prima Pietro e Andrea e poi, fatta un po' di strada, i due figli di Zebedeo. Luca infatti parla di due barche stracolme per l'abbondante pesca che avevano fatta e presenta Giacomo e Giovanni figli di Zebedeo come compagni di Pietro, sottolineando che essi furono chiamati a venire in loro aiuto poiché non riuscivano a tirare a riva le reti piene di pesci. Insieme con loro restarono anch'essi sbalorditi per la gran quantità di pesci che avevano preso e, sebbene al solo Pietro fosse stato detto: Non temere! D'ora innanzi sarai pescatore di uomini (Lc 5,10), il testo lucano prosegue col dire che tutti i presenti, tirate le barche all'asciutto, si misero al suo seguito. Dobbiamo quindi ritenere che in un primo momento dovettero accadere gli eventi a cui fa cenno Luca: con la conseguenza che gli Apostoli non furono chiamati in quella circostanza ma allora fu solamente predetta a Pietro la sua missione di pescatore di uomini. E tale predizione gli fu fatta non nel senso che egli mai più in seguito sarebbe tornato a pescare i pesci, cosa in contrasto con quanto leggiamo riguardo ai discepoli, i quali dopo la risurrezione del Signore tornarono a pescare (Jn 21,3). Se dunque gli fu detto che da quel momento sarebbe stato pescatore di uomini, cio non vuol dire che non avrebbe più dovuto pescare i pesci. Ci è pertanto consentito supporre che gli Apostoli tornarono alla loro vita normale di pescatori e solo più tardi avvennero i fatti narrati da Matteo e Marco: che cioè il Signore li chiamo a due a due e imparti loro l'ordine di seguirlo, prima a Pietro e Andrea e poi ai due figli di Zebedeo. In quel giorno essi lo seguirono senza nemmeno trascinare a riva le barche, come chi fosse preoccupato di ritornare, ma ponendosi al seguito di colui che li chiamava imponendo una sequela.

218

CAPITOLO 18

Gesù lascia la Galilea.

42. Dobbiamo a questo punto ricercare come l'evangelista Giovanni abbia potuto dire che Gesù si reco in Galilea prima dell'arresto di Giovanni Battista (Jn 1,43). Egli infatti comincia col ricordare che Gesù cambio l'acqua in vino a Cana di Galilea; quindi con la madre e i discepoli scese a Cafarnao, dove rimase per alcuni giorni; da li ascese a Gerusalemme in occasione della Pasqua. Dopo cio, secondo l'evangelista, insieme con i discepoli egli venne nella regione della Giudea, dove rimase un qualche tempo battezzando (Jn 2,1-13 Jn 2, . Quindi prosegue: Anche Giovanni battezzava in Ainon presso Salim, dove sono acque abbondanti. Da lui veniva molta gente si faceva battezzare: Giovanni infatti non era stato ancora incarcerato (Jn 3,23-24).

Matteo dice al contrario: Avendo saputo che Giovanni era stato catturato, si ritiro in Galilea (Mt 4,12). E parimenti Marco: Dopo che Giovanni fu catturato Gesù venne in Galilea (Mc 1,14). Quanto a Luca, egli non dice nulla della carcerazione di Giovanni ma anche lui, dopo aver parlato del battesimo e della tentazione di Cristo, riferisce, in accordo con gli altri due evangelisti, che allora Gesù se ne ando in Galilea. Ecco l'ordine dei fatti sul suo racconto: Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontano da lui per ritornare al tempo fissato. Gesù ritorno in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione (Lc 4,13-14).

Tutto questo lascia intendere che i tre evangelisti non raccontano nulla che contrasti con quanto riportato da Giovanni: essi hanno soltanto omesso di narrare la prima venuta del Signore in Galilea, quando cambio l'acqua in vino, la qual cosa era avvenuta subito dopo il battesimo e prima che Giovanni fosse rinchiuso in carcere. Ci fu poi un'altra venuta di Gesù in Galilea, che avvenne dopo la carcerazione di Giovanni, ma dagli evangelisti viene collegata direttamente alle narrazioni precedenti.

Di questo ritorno in Galilea parla anche l'evangelista Giovanni esprimendosi in questo modo: Quando il Signore venne a sapere che era giunta agli orecchi dei farisei la notizia che Gesù aveva più seguaci di Giovanni e battezzava più di lui (sebbene non battezzasse Gesù in persona ma i suoi discepoli), allora, lasciata la Giudea, se ne torno di nuovo in Galilea (Jn 4,13). A quell'epoca - cosi ci si lascia intendere - Giovanni era già stato imprigionato e i Giudei avevano sentito dire che Gesù si attirava più seguaci di Giovanni e battezzava con maggior successo di lui.

219

CAPITOLO 19

Il discorso della montagna nella redazione di Matteo.

43. Occupiamoci ora di quell'ampio discorso che secondo Matteo il Signore tenne sul monte (Mt 5,1-7 Mt 5,29), vedendo se nel racconto degli altri evangelisti ci sia o no qualcosa in contrario. Quanto a Marco, egli non ne fa alcuna menzione né riporta qualcosa di somigliante, contentandosi di narrarci, non in maniera continuativa ma sparpagliata, alcune frasi che il Signore poté ripetere anche in altre occasioni. Tuttavia nello sviluppo della sua narrazione ha conservato la circostanza ambientale in cui, a quanto ci è dato comprendere, dovette essere pronunciato quel discorso che egli omette. Dice: [Gesù] predicava nelle loro sinagoghe e per tutta la Galilea e scacciava i demoni (Mc 1,39). Nella predicazione che Marco dice essere stata tenuta dal Signore in tutta la Galilea è da includersi, comprensibilmente, anche il discorso della montagna riportato da Matteo. Difatti Marco continuando il racconto scrive: E venne da lui un lebbroso che, scongiurandolo in ginocchio, gli diceva: " Se vuoi, puoi mondarmi " (Mc 1,40), ecc. I particolari che aggiunge a proposito di questo lebbroso guarito sono tali che inducono a identificarlo con quel lebbroso che, secondo Matteo, fu mondato dal Signore quando, finito il discorso, scese dal monte. Cosi infatti si esprime Matteo: Sceso dal monte, lo seguirono molte folle; ed ecco venne da lui un lebbroso che lo adorava dicendo: " Signore, se vuoi puoi mondarmi " (Mt 8,1-2), eccetera.

44. Anche Luca fa menzione di questo lebbroso (Lc 5,12-16), non pero seguendo lo stesso ordine, ma come suole accadere quando ci si ricorda di cose passate o si anticipano fatti successivi. Nel nostro caso era Dio che interveniva a suggerire episodi che, accaduti prima, dovevano essere messi in iscritto più tardi in base alla memoria che se ne conservava.

In effetti anche Luca ci ha tramandato il racconto di quest'ampio discorso del Signore, e lo colloca là dove ne riferisce l'inizio, uguale a quello di Matteo. Dice Matteo: Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei cieli (Mt 5,3), e Luca: Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio (Lc 6,20). Anche molte delle altre cose riferite in seguito da Matteo le troviamo, più o meno identiche, nel racconto di Luca. Alla fine del discorso poi troviamo la stessa conclusione: la similitudine dell'uomo saggio che costruisce sulla pietra, mentre lo stolto costruisce sulla sabbia. La differenza è solo nel fatto che Luca dice essersi abbattuto sulla casa soltanto il fiume, e non la pioggia e i venti, ricordati da Matteo (Lc 6,49 Mt 7,26-27). Con tutta facilità si puo dunque ritenere che Luca volle proprio riferire lo stesso discorso del Signore, omettendo alcune espressioni riportate da Matteo e riferendone altre omesse da costui e descrivendo in termini somiglianti lo stesso contenuto, del quale conservo intatta la verità.

45. Sarebbero, tutte queste, ipotesi facilmente ammissibili se non venisse a turbarci la precisazione del luogo in cui viene collocato il discorso. Secondo Matteo infatti il Signore lo tenne seduto sul monte (Mt 5,1), mentre Luca afferma che il Signore stava in piedi in un luogo pianeggiante (Lc 6,17). Questa divergenza indurrebbe di per sé a farci concludere trattarsi di due discorsi diversi l'uno dall'altro. Cosa infatti poté impedire a Cristo di ripetere in un luogo differente cose dette in antecedenza o di compiere gesta già prima compiute? Questi due discorsi, raccontati l'uno da Matteo e l'altro da Luca, non dovettero probabilmente essere tenuti in tempi molto distanti fra loro, per cui si puo ritenere, senza cadere nell'assurdo, che cose simili o identiche, accadute o un po' prima o un po' dopo, siano state raccontate dagli evangelisti con delle trasposizioni, pur trattandosi di cose in realtà avvenute nello stesso luogo e tempo.

Ecco infatti come si esprime Matteo: E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano. Vedendo le folle, Gesù sali sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: " Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli " (Mt 4,25 Mt 4, racconto di Matteo si ricava pertanto l'impressione che Gesù volle sottrarsi alle folle accorse in gran numero per ottenere cio sali sul monte, volendo parlare solo ai discepoli lasciate parte le folle. Con questa interpretazione concorderebbe anche Luca, il quale scrive cosi: In quei giorni Gesù se ne ando sulla montagna pregare passo la notte in orazione. Quando fu giorno, chiamo sè i suoi discepoli ne scelse dodici, ai quali diede il nome di Apostoli: Simone, che chiamo anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo Giuda Iscariota, che fu il traditore. Disceso con loro, si fermo in un luogo pianeggiante.

C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti. Alzati gli occhi verso i discepoli, Gesù diceva: " Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio " (Lc 6,12-20), ecc. Se ne puo concludere che egli, mentre era sul monte, fra i molti discepoli ne scelse dodici che chiamo Apostoli: cosa omessa da Matteo. In seguito tenne, sempre sul monte, il discorso riportato da Matteo e omesso da Luca; e in un momento successivo a questo, disceso dal monte, tenne in un luogo pianeggiante un altro discorso simile al precedente, non riferito da Matteo ma solo da Luca. I due discorsi poi terminarono con una identica conclusione (Lc 6,12-49).

46. Narrato sino al termine il discorso, Matteo prosegue: Terminato che ebbe il discorso, le turbe erano meravigliate della sua sapienza (Mt 7,28). Questo potrebbe essere stato detto dalla turba dei discepoli, tra i quali aveva scelto i Dodici (Lc 6,13 Mc 3,13). E se l'evangelista continua col dirci che, sceso dal monte, lo seguirono molte folle ed ecco venne da lui un lebbroso che lo adorava (Mt 8,12), potrebbe intendersi che l'episodio accadde alla fine dei due discorsi: non solo di quello riferito da Matteo ma anche di quello riferito da Luca. Non è infatti sufficientemente chiaro quanto tempo era trascorso dopo la sua discesa dal monte: intenzione di Matteo era infatti soltanto quella d'informarci che, quando il Signore sceso dal monte guari il lebbroso, era accanto a lui una gran folla di gente, senza volerci precisare quanto tempo fosse intercorso. Tale ipotesi s'impone ancor più per il fatto che Luca scrive, a proposito dello stesso lebbroso, che fu guarito dal Signore mentre si trovava in città (Lc 5,12): particolare, questo, che Matteo non si preoccupa d'indicare.

47. Ma si potrebbe pensare anche a un'altra soluzione. Questa: in un primo momento il Signore, accompagnato dai soli discepoli, venne a trovarsi in una qualche parte del monte più alta di tutto il resto, e li fra tutti i suoi discepoli scelse i Dodici. Con loro scese quindi non alle falde del monte ma dalla sommità, dove prima si trovava, in un luogo pianeggiante, cioè in una spianata, che si trovava lungo le pendici del monte e che era capace di accogliere molte folle. Li si fermo finché non si furono radunate queste folle e li, un po' più tardi, si mise a sedere avendo attorno in prima fila i suoi discepoli. In tal modo e ai discepoli e alle turbe che erano presenti il Signore tenne il suo discorso, che fu unico, sebbene Matteo e Luca lo riportino in modo certamente diverso l'uno dall'altro, pur conservando identica la verità dei fatti e dei detti raccontati. Noi abbiamo già sottolineato questa norma, che ognuno del resto avrebbe dovuto scoprire da sé, e cioè: se un evangelista omette una cosa raccontata da un altro, non per questo c'è fra loro contrasto; e non c'è nemmeno se uno narra una cosa in maniera diversa da come fa quest'altro, purché risulti identica l'oggettività dei detti e dei fatti. Ad esempio, se Matteo dice: Sceso che fu dal monte (Mt 8,1)lo si puo benissimo intendere riferito a quel luogo pianeggiante situato sulle pendici del monte. Successivamente Matteo narra la guarigione del lebbroso, cosa che fanno, allo stesso modo, e Marco e Luca (Mt 8,14 Mc 1,40 Lc 5,12).

220

CAPITOLO 20

Gesù e il centurione romano.

48. Dopo tale racconto Matteo continua dicendo: Entrato in Cafarnao, gli si avvicino un centurione pregandolo: " Signore, un mio ragazzo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente" (Mt 8,56), con quel che segue, fino alle parole: E in quell'ora il ragazzo fu guarito (Mt 8,13). L'episodio del ragazzo del centurione è riferito anche da Luca, non pero - come fa Matteo - dopo la guarigione del lebbroso, che egli sposta più avanti, ma subito dopo la conclusione di quel discorso ampio al quale ricollega l'avvenimento. Terminate tutte le sue parole, dice, entro a Cafarnao, dove c'era il servo d'un centurione malato a morte, un servo che a lui era prezioso ecc. (Lc 7,1-2), fino al racconto della sua guarigione (Lc 7,3-10). Da tutto cio si lascia ovviamente concludere che Cristo entro a Cafarnao dopo aver terminato tutto il discorso che tenne al popolo: non vi entro quindi prima di terminare il discorso. Non è pero indicato quanto tempo trascorse tra la fine del discorso e l'ingresso in Cafarnao. Comunque in quel frattempo dovette essere guarito il lebbroso di cui Matteo ci dà notizia collocando il fatto al momento che avvenne, mentre Luca ne fa menzione quando il medesimo fatto gli torna alla mente.

49. Vediamo ora se nei riguardi di questo servo del centurione vadano fra loro d'accordo Matteo e Luca. Dice Matteo: Si avvicino a lui un centurione pregandolo e dicendogli: " Il mio ragazzo giace in casa paralizzato " (Mt 8,56). A questa affermazione sembrerebbe opporsi quanto detto da Luca: Percio, avendo udito parlare di Gesù, gli mando alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: " Egli merita che tu gli faccia questa grazia, dicevano, perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga ". Gesù si incammino con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mando alcuni amici a dirgli: " Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito " (Lc 7,37). Se le cose avvennero in questa maniera, come potrà esser vero il racconto di Matteo, che dice: Si avvicino a lui un centurione, mentre in realtà non fu lui ad avvicinarsi a Gesù ma invio degli amici? Dobbiamo al riguardo badare con diligenza a certi modi di parlare che usiamo abitualmente per comprendere che Matteo non si allontana affatto dall'uso comune. Noi diciamo, ad esempio, che un qualcosa si avvicina anche prima che effettivamente giunga là dove si dice che è giunto. Cosi diciamo: Si avvicino poco, o molto, al punto dove desiderava arrivare.

Non solo, ma lo stesso arrivo con cui si raggiunge una persona, spesso diciamo che è avvenuto anche se chi arriva non riesce a vedere colui dal quale doveva arrivare per ottenere un favore che gli era necessario, ma giunge a lui solo tramite degli amici. Cio è cosi entrato nella consuetudine che nel gergo comune si chiamano perventores coloro che, mediante l'interposizione di persone e abili e ambiziose che fanno da tramite, raggiungono l'animo dei potenti, che di per sé sarebbero inaccessibili. Se dunque è lecito dire che lo stesso raggiungimento di una mèta puo farsi tramite altri, con quanto maggior ragione potrà dirsi che per mezzo di altri puo farsi anche l'avvicinamento? In realtà l'avvicinamento spessissimo resta al di sotto del conseguimento, in quanto molte volte ci si puo, si, avvicinare ma non si puo arrivare alla mèta. Non è pertanto assurdo che Matteo, riferendosi all'invio di altri mediante i quali il centurione si rese vicino a Gesù, abbia preferito dire sinteticamente con una frase comprensibile anche ai profani: Un centurione si avvicino a lui.

50. Potrebbe essere anzi trascuratezza non sapere nemmeno intravedere nell'espressione del santo evangelista una misteriosa profondità, per la quale fu scritto nel Salmo: Avvicinatevi a lui e sarete illuminati (Sal 33,6). Del centurione infatti il Signore lodo la fede, dicendo: In Israele non ho trovato una fede cosi grande (Mt 8,10). Ora è proprio per la fede che ci avviciniamo veramente a Gesù: di modo che l'evangelista, vagliando a dovere le sue parole, volle indicarci che chi si avvicino a Cristo fu il centurione, non tanto coloro mediante i quali egli trasmise la sua richiesta. Quanto a Luca, egli ci riferisce tutte le cose, e lo fa in modo che dal suo racconto possiamo comprendere in che senso anche l'altro evangelista abbia potuto dire che si avvicino a lui il centurione in persona, per cui nel suo racconto non c'è falsità. La stessa cosa è da dirsi nei riguardi di quella donna che soffriva perdite di sangue. Lei tocco solo il lembo del suo vestito, ma in realtà tocco il Signore più da vicino che non il resto della folla che faceva ressa attorno a lui (Lc 8,42-48 Mt 9,20 Mc 5,25). E come questa donna quanto più credette tanto più giunse a toccare il Signore cosi fu del centurione: quanto più credette tanto più si avvicino a lui. Per le altre cose che in questo capitolo son riferite da un evangelista e omesse dall'altro, la ricerca appare superflua in quanto, per la norma inculcata più sopra, non ci sono cose che contrastino l'una con l'altra.

221

CAPITOLO 21

La guarigione della suocera di Pietro.

51. Matteo prosegue dicendo: Gesù, giunto alla casa di Pietro, ne vide la suocera a letto in preda alla febbre. Le tocco la mano e la febbre se ne ando, e lei si alzo e si mise a servirli (Mt 8,14-15). Quando sia accaduto questo fatto, e cioè che cosa l'abbia preceduto e che cosa seguito, Matteo non ci tiene a precisarlo. Non è infatti necessario supporre che l'episodio sia avvenuto subito dopo le cose narrate prima; si puo anzi ritenere che l'evangelista abbia voluto aggiungere in un secondo momento quanto in antecedenza aveva omesso. In realtà Marco colloca l'episodio prima del racconto del lebbroso mondato (Mc 1,29-31): il quale racconto dovrebbe collocarsi dopo il discorso sul monte, peraltro non riferito da Marco.

Anche secondo Luca il fatto della suocera di Pietro (Lc 4,38-41)è da collocarsi dopo gli eventi narrati da Marco, comunque prima del lungo discorso riferito da Luca al pari di Matteo, discorso che piace identificare con quello che, stando a Matteo, Gesù pronunzio sul monte. Non ha infatti importanza la collocazione che uno scrittore dà a un fatto: se cioè lo narra nel suo giusto ordine, o se dopo averlo omesso lo riprende, o se narra in antecedenza cio che sa essere avvenuto più tardi. L'importante è che colui che scrive non sia in disaccordo con se stesso e con nessun altro che racconti le stesse cose o cose diverse. In realtà non è in potere dell'uomo, chiunque esso sia e per quanta cura abbia posto nel conoscere bene e fedelmente le cose, ricordare l'ordine in cui si sono succeduti gli eventi. Che infatti una cosa ci venga in mente prima o poi non dipende dalla nostra volontà ma da fattori a noi estranei. E pertanto probabile che i singoli evangelisti si siano creduti in dovere di raccontare i fatti nell'ordine secondo il quale Dio li richiamava alla mente di ciascuno che si accingeva a scriverne il racconto. Questo, naturalmente, nell'ambito di quegli eventi in cui la successione, sia stata questa o quell'altra, non intacca l'autorità e la verità del Vangelo.



CAPITOLO 21

52. Sarebbe opportuno ricercare, a questo punto, il motivo per cui lo Spirito Santo abbia permesso che un evangelista ordinasse in un modo la sua narrazione e un altro in modo diverso (1Co 12,11). Dello Spirito noi sappiamo che distribuisce i suoi doni a ciascuno come crede meglio, e riteniamo senza alcun dubbio che fu questo Spirito a governare e dirigere le intelligenze degli autori sacri, richiamando alla loro memoria le cose che dovevano scrivere nei libri cui sarebbe stato riservato un cosi alto grado di autorevolezza. Un tale motivo potrà esser individuato, con l'aiuto di Dio, da chiunque lo ricerchi con pia diligenza. Quanto a me, tuttavia, debbo ricordare che non è questo il compito che mi sono prefisso in quest'opera. Noi l'abbiamo, almeno per ora, intrapresa con l'unico intento di dimostrare che gli evangelisti, qualunque sia stato l'ordine secondo cui ciascuno poté o volle narrare i fatti e i detti di Cristo (sia che riferiscano le stesse cose sia cose diverse), non sono in contrapposizione né con se stessi né fra di loro. Se pertanto non ci risulta con chiarezza quale sia stata la successione cronologica dei fatti raccontati, non dobbiamo attribuire importanza all'ordine seguito dagli autori sacri nella loro narrazione; se invece questa successione, espressa con chiarezza, presenta delle difficoltà in quanto l'uno sembra contrastare con se stesso o con gli altri, li certamente occorre prendere in considerazione il racconto e sciogliere la difficoltà.


Agostino, Consenso Evang. 215