Agostino, Consenso Evang. 267

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CAPITOLO 67

I profanatori del tempio.

129. Prosegue Matteo: Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: " Chi è costui? ". E la folla rispondeva: " Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea ". Gesù entro poi nel tempio e scaccio tutti quelli che vi trovo a comprare e vendere (Mt 21,10-12)ecc. , fino alle parole: Voi ne avete fatto una spelonca di ladri (Mt 21,13). L'episodio della folla di venditori cacciata dal tempio è riportato da tutti e quattro gli evangelisti (Mc 11,15-17 Lc 19,45-46 Jn 2,1-17), ma Giovanni lo colloca in tutt'altra sede, cioè dopo la testimonianza che a Gesù rese Giovanni Battista. Ricordato il suo ritorno in Galilea, dove cambio l'acqua in vino, dopo una permanenza di pochi giorni a Cafarnao dice l'evangelista che egli dalla Galilea sali a Gerusalemme durante la Pasqua dei Giudei e, fatta una frusta con delle cordicelle, scaccio dal tempio i venditori. Ne segue chiaramente che il gesto fu compiuto dal Signore non una volta soltanto ma due, e Giovanni ricorda la prima volta, gli altri tre la seconda.

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CAPITOLO 68

Il fico maledetto.

130. Prosegue Matteo: Gli si avvicinarono ciechi e storpi nel tempio ed egli li guari. Ma i sommi sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che faceva e i fanciulli che acclamavano nel tempio: "Osanna al figlio di Davide ", si sdegnarono e gli dissero: " Non senti quello che dicono? ". Gesù rispose loro: " Si! Non avete mai letto: Dalla bocca dei bambini e dei lattanti ti sei procurata la lode? ". E lasciatili usci fuori dalla città verso Betania, e là trascorse la notte. La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un fico sulla strada gli si avvicino, ma non vi trovo altro che foglie, e gli disse: "Non nasca mai più frutto da te ". E subito quel fico si secco. Vedendo cio i discepoli rimasero stupiti e dissero: " Come mai il fico si è seccato immediatamente? ". Rispose Gesù: " In verità vi dico: Se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare cio che è accaduto a questo fico, ma anche se direte a questo monte: Lèvati di là e gèttati nel mare, cio avverrà. E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete (Mt 21,14-22).

131. Le stesse cose, continuando il racconto, dice anche Marco ma senza attenersi al medesimo ordine (Mc 11,11-17). Che infatti egli sul principio entro nel tempio e ne scaccio quanti stavano li a vendere e a comprare lo dice Matteo, ma non è riferito da Marco: il quale sottolinea che Gesù, osservate perbene tutte le cose, alla sera si reco a Betania insieme con i Dodici. Il giorno dopo, tornando da Betania ebbe fame e maledisse la pianta di fico. Questo particolare è riferito anche da Matteo, ma Marco prosegue dicendo che, arrivato a Gerusalemme ed entrato nel tempio, ne scaccio i venditori e i compratori. Se ne dedurrebbe che il fatto accadde non il primo ma il secondo giorno, in contrasto con Matteo che collega gli avvenimenti in modo che dopo essersi allontanato da loro egli ando fuori della città a Betania (Mt 21,17) e successivamente ricorda che al mattino, mentre tornava in città, maledisse la pianta. Tutto l'insieme fa ritenere come più probabile che a rispettare con maggiore fedeltà l'ordine cronologico sulla cacciata dal tempio dei venditori e compratori sia stato Matteo.

Dicendo infatti: Allontanatosi da loro ando fuori, chi possiamo intendere essere stati da lui abbandonati se non coloro con cui prima stava parlando e cioè quei tali che s'erano sdegnati per le grida dei fanciulli osannanti al Figlio di David ? (Mt 21,15) Marco dunque omette quel che accadde il primo giorno quando Gesù entro nel tempio ma, tornatagli la cosa in mente, l'aggiunse dopo aver parlato del fico nel quale non trovo altro che foglie (Mc 11,13); cosa che accadde, come attestano ambedue gli evangelisti, il secondo giorno. Il racconto prosegue con l'annotazione riguardante i discepoli stupiti alla vista della pianta seccata e con la risposta del Signore sulla fede capace di trasportare al mare le montagne. Questo non accadde il secondo giorno, cioè quando il Signore disse alla pianta: Che nessuno abbia a mangiare in eterno frutti da te (Mc 11,14), ma il terzo giorno. Marco infatti ricorda che nel secondo giorno scaccio i venditori dal tempio, cosa che aveva omesso di collocare al primo giorno e, sempre nel secondo giorno, alla sera usci dalla città. Passando per quella via al mattino appresso, i discepoli videro il fico seccato fin dalle radici e Pietro, ricordando [la maledizione], (Mc 11,21)disse al Signore: Maestro, ecco il fico da te maledetto si è seccato (. A questa osservazione il Signore replico parlando della potenza della fede. Stando a Matteo tutto questo sarebbe accaduto il secondo giorno.

Allora fu detto alla pianta: Mai più nasca da te frutto in eterno (Mt 21,19), e subito la pianta si secco, e ai discepoli, che constatavano l'accaduto e se ne stupivano, fu data la ben nota risposta sulla potenza della fede. Le cose sono quindi da intendersi cosi: Marco colloco nel secondo giorno cio che, avvenuto nel primo, era stato da lui omesso, e cioè il fatto dei venditori e compratori scacciati dal tempio. Matteo al contrario, riferendo come avvenuta nel secondo giorno la maledizione della pianta e collocandola al mattino quando tornavano da Betania in città, omette di narrare quanto invece riferito da Marco, e cioè che egli venne in città e torno via quand'era sera e al mattino seguente, ripassando, i discepoli si stupirono del fatto che la pianta si era seccata. In altre parole, a quanto era accaduto nel secondo giorno - e cioè alla maledizione pronunciata contro la pianta - Matteo aggiunge subito quel che accadde nel terzo: che cioè i discepoli si stupirono dell'essersi la pianta seccata e si sentirono replicare dal Signore quale fosse il potere della fede.

Cio facendo comprendiamo come Matteo abbia collegato tra loro i diversi fatti, mentre, se non ci costringesse il racconto di Marco, sarebbe a noi impossibile determinare cio che Matteo ha omesso. Avendo dunque Matteo raccontato che Gesù lasciatili usci fuori dalla città verso Betania e là trascorse la notte, cosi prosegue: La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicino, ma non trovo altro che foglie e gli disse: " Non nasca mai più frutto da te ". E subito quel fico si secco. Tralascia pertanto tutte le altre cose avvenute in quel giorno e aggiunge immediatamente: Vedendo la cosa, i discepoli rimasero stupiti e dicevano: Come mai si è seccato all'istante? (Mt 21,17-20) Tale cosa invece essi videro in un giorno diverso: diverso, dico, fu il giorno in cui rimasero stupiti. E quindi da supporsi che la pianta si secco non sotto lo sguardo dei discepoli ma subito dopo la maledizione. Non la videro infatti mentre si seccava ma quando era già completamente secca, e compresero che si era seccata subito dopo che il Signore ebbe pronunciato la sua parola di maledizione.

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CAPITOLO 69

Disputa di Gesù con i capi del giudaismo.

132. Prosegue Matteo: Entrato nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo e gli dissero: " Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità? ". Gesù rispose: " Vi faro anch'io una domanda e, se voi mi risponderete, vi diro anche io con quale autorità faccio questo: Il battesimo di Giovanni da dove veniva? " (Mt 21,23-25)ecc. , fino alle parole: Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose (Mt 21,27). Tutto questo è narrato anche dagli altri due evangelisti, Marco e Luca, e quasi con identiche parole (Mc 11,27-33 Lc 19,47-48 Lc 19, . E nemmeno nell'ordine ci sono fra loro discrepanze, all'infuori di quanto ho precisato sopra, cioè che Matteo, tralasciati alcuni particolari collocarsi in un altro giorno, stende il racconto in modo che, se non si fa attenzione, si potrebbe pensare che egli è rimasto ancora al secondo giorno, mentre Marco è arrivato al terzo. Quanto Luca, colloca qui il nostro episodio, ma non come uno che voglia elencare ordinatamente la successione dei giorni. Riferito il fatto della cacciata dal tempio dei compratori venditori, omette il particolare di Gesù che si reca Betania torna in città cosi anche l'altro particolare del fico maledetto la risposta che il Signore diede ai discepoli, sorpresi del fatto, riguardo alla virtù della fede. Omesso tutto cio, intesse il suo racconto dicendo: Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti gli scribi cercavano di farlo perire cosi anche i notabili del popolo; ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole. Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio annunziava la parola di Dio, si avvicinarono i sommi sacerdoti gli scribi con gli anziani si rivolsero lui dicendo: " Dicci con quale autorità fai queste cose " riportate anche dagli altri due evangelisti. Da cio si ricava con chiarezza che nella stessa successione dei fatti Luca non contiene opposizioni con gli altri in quanto, dicendo che la tale o tal altra cosa in un certo giorno, bisogna intendere trattarsi di quel giorno in cui anche gli altri riferiscono essere effettivamente avvenuta.

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CAPITOLO 70

La vigna del Signore.

133. Prosegue Matteo: Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Si, Signore; ma non ando. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci ando (Mt 21,28-30)ecc. , fino alle parole: Chi cadrà sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà (Mt 21,44). Marco e Luca non ci parlano dei due figli ai quali fu comandato di recarsi a lavorare nella vigna ma in entrambi si trova il racconto di cio che subito dopo riferisce Matteo, e cioè della vigna affidata a contadini malvagi che perseguitarono i servi mandati a loro e uccisero il figlio amato dal padre, dopo averlo cacciato fuori dalla vigna (Mc 12,1-11 Lc 20,9-18). Anche l'ordine degli avvenimenti è rispettato, e il tutto si colloca dopo che i Giudei, interrogati sul battesimo di Giovanni, confessarono di non saperne l'origine e Gesù disse loro in risposta: Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose (Mt 21,27).

134. Non sorge quindi al riguardo alcun problema di contrapposizione, se si esclude il particolare di Matteo, il quale, dopo l'interrogazione posta dal Signore ai Giudei: Quando verrà il padrone della vigna, cosa farà a quei vignaioli?, afferma che gli interrogati risposero dicendo: Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo (Mt 21,40-41). Al dire di Marco questa risposta non fu data dai Giudei ma dal Signore stesso, il quale, posta la domanda, si dà come da se stesso la risposta che logicamente si richiedeva. Dice infatti: Cosa farà pertanto il padrone delle vigna? Verrà, manderà in malora quei coloni e darà ad altri la vigna (Mc 12,9). Si puo agevolmente supporre che la loro risposta fu riportata nel testo senza la precisazione: "Essi dissero", o: "Essi risposero", lasciando tuttavia intendere che cosi avvenne la cosa. Si puo anche pensare che tale riposta fu messa in bocca al Signore perché, avendo essi detto la verità, la stessa risposta anche se data per loro mezzo fu detta propriamente da lui, che è la Verità (Jn 14,6 1Jn 5,6).

135. La narrazione di Luca ci turba ancora di più. Egli infatti non solo non dice che la risposta fu data dagli avversari sebbene le parole con cui fu espressa egli le attribuisca al Signore, come riferito da Marco, ma reca una risposta nettamente contraria in quanto son poste sulle labbra degli avversari le parole: Non sia mai! Egli scrive cosi: Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna? Verrà e manderà a morte quei coltivatori e affiderà ad altri la vigna. Ma essi, udito cio, esclamarono: " Non sia mai! ". Allora egli si volse verso di loro e disse: " Che cos'è dunque cio che è scritto: "La pietra che i costruttori hanno scartato, è diventata testata d'angolo"? " (Lc 20,15-17 cf. Sal Lc 117,22 At Lc 4,11 1P 2,7). Come poterono dunque gli interpellati dare la risposta riportata da Matteo e cioè: Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo (Mt 21,41), se è vero, come riferito da Luca, che essi oppugnarono tale conclusione dicendo: Non sia mai? In effetti, quanto detto dal Signore nel seguito del discorso a proposito della pietra scartata dai costruttori e diventata pietra angolare, in tanto viene aggiunto in quanto con tale testimonianza si dovevano convincere coloro che contraddicevano la parabola. E veramente anche quanto riferito da Matteo, e cioè la domanda:

Non avete mai letto nella Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo? (Mt 21,42). lo si riporta come rivolto a dei contraddittori. Che senso ha infatti quel Non avete mai letto se essi non avevano già dato una risposta contrastante con tali parole? Cio lascia intravedere anche Marco, che riferisce le stesse parole in questa maniera: Non avete forse letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d'angolo? (Mc 12,10). Questa affermazione appare come detta nel posto preciso se si segue la narrazione di Luca, e quel posto sarebbe dopo che essi ebbero replicato in tono di ripulsa: Non sia mai! Tale infatti è, come questo stesso evangelista annota, il valore della frase: Ma cos'è mai allora cio che è stato scritto: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d'angolo? (Lc 20,17). L'intenzione che tale sia la portata della frase l'inculcano tanto il: Non avete mai letto, quanto il: Nemmeno questo avete letto, quanto il: Cos'è dunque cio che è stato scritto?

136. Possiamo quindi intendere la frase nel senso che tra i molti uditori alcuni risposero quanto riportato da Matteo e cioè: Essi gli replicarono: Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli (Mt 21,41). Altri invece gli ribatterono quel che Luca non volle tacere, e cioè: Non sia mai! In realtà proprio a quei tali che avevano dato al Signore la risposta di cui sopra, gli altri replicarono: Non sia mai! Da Marco e da Luca quella prima risposta, a cui questi altri replicarono: Non sia mai!, fu attribuita al Signore per il motivo, già accennato, che per loro mezzo parlava la stessa Verità. La Verità si serviva di loro tanto se non erano consapevoli di quel che affermavano (e cio nell'ipotesi che fossero cattivi, come avvenne in Caifa che, non sapendo quel che diceva, per essere gran sacerdote fu in grado di profetizzare (Jn 11,49-51) ), quanto se essi, possedendo un'intelligenza soprannaturale per esser divenuti credenti, ne erano consapevoli. Infatti li in mezzo a loro si trovava già quella turba ad opera della quale si adempiva la profezia: la numerosa turba cioè di coloro che, quando il Signore entro in città, gli corse incontro gridando: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! (Mt 21,9 Sal Mt 117,26)

137. Né ci deve turbare il fatto che, stando a Matteo, furono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo ad avvicinarsi al Signore e a chiedergli con quale potere facesse quelle opere o chi gli avesse dato tale autorità. In quell'occasione egli a sua volta pose loro la domanda sul battesimo di Giovanni e donde provenisse, se dal cielo o dagli uomini (Mt 21,23-27). Avendo essi risposto che non lo sapevano, egli disse: " Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose "(Mt 21,27). Iniziando da questo dibattito e proseguendo senza interruzioni disse: Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli (Mt 21,28) ecc. Senza inserimenti di cose o persone, secondo Matteo, il discorso si snoda fino alla parabola ora ricordata della vigna data in affitto agli agricoltori; e si potrebbe supporre che l'intero discorso fu rivolto ai sommi sacerdoti e agli anziani del popolo che l'avevano interrogato sul potere in forza del quale compiva le sue opere. Tuttavia, se quei tali gli avevano posto la domanda per tentarlo e animati da intenzioni ostili, non si puo pensare che fossero di quelli che avevano creduto e che presentarono al Signore quella splendida testimonianza tratta dal Profeta. Non si comprende nemmeno com'essi in quel momento gli avrebbero potuto dare, non per ignoranza ma mossi dalla fede, quella risposta: Farà morire miseramente quei malvagi e affiderà la vigna ad altri vignaioli (Mt 21,41). La cosa non ci deve comunque sorprendere in alcun modo né indurci a pensare che tra la folla che allora ascoltava le parabole del Signore non ci potevano essere anche dei convertiti.

In realtà Matteo per amore di brevità sorvola su cose che invece sono riferite da Luca e cioè sul particolare che la parabola non fu detta solo per coloro che l'avevano interrogato sul suo potere ma fu rivolta all'intera moltitudine. Luca infatti si esprime cosi: Allora comincio a dire alla folla la seguente parabola: Un uomo pianto una vigna (Lc 20,9) ecc. Si deve pertanto interpretare il testo in modo che tra la folla ivi menzionata ci poterono essere anche coloro che, avendo ascoltato il Maestro con animo retto, esclamarono: Benedetto colui che viene nel nome del Signore (Mt 21,9 Lc 19,28). Furono loro, o alcuni del loro gruppo, a rispondere: Farà morire miseramente quei malvagi e affiderà la vigna ad altri vignaioli (Mt 21,41). Questa loro riposta Marco e Luca l'attribuirono al Signore stesso (Mc 12,9 Lc 20,16).

Egli l'avrebbe detta di persona in quanto, essendo la verità, è lui che parla anche in quei casi in cui a parlare sono dei cattivi, inconsapevoli di quello che affermano. Cio egli fa muovendo la mente dell'uomo con un impulso segreto; e la cosa non è da ascriversi a meriti umani ma al potere che Cristo ha per la sua onnipotenza. E inoltre possibile che quelle persone non fossero inserite invano nel corpo di Cristo come sue membra, ma lo erano cosi profondamente che la loro voce poté essere attribuita a colui del quale esse appunto erano membra. Ripetutamente infatti gli evangelisti ci informano che Gesù aveva battezzato più gente che non Giovanni e aveva una gran folla di discepoli (Jn 6,2), fra i quali vogliamo computare anche quei cinquecento dai quali, al dire di Paolo apostolo, si fece vedere dopo la risurrezione (1Co 15,6).

Tale ipotesi poi riteniamo plausibile soprattutto perché nel testo stesso di Matteo non è detto: Quei tali dicono: Farà morire miseramente quei malvagi. Non si trova il pronome Quelli al plurale: la qual cosa di per sé indicherebbe che la risposta venne data da quei tali che volendolo trarre in inganno l'avevano interrogato sulla sua autorità. Si legge al contrario: Dicono a lui, cioè pongono a lui la domanda, cioè al Signore in persona. Il pronome sta al singolare, non al plurale, come appare senz'ombra di ambiguità dai manoscritti greci.

138. Nel Vangelo di Giovanni è riportato un discorso del Signore che consente di capire più facilmente quanto sto dicendo. Scrive l'evangelista: Gesù disse allora a quei Giudei che avevano creduto in lui: " Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi ". Gli risposero: "Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi? ". Gesù rispose: " In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenza di Abramo, ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi "(Jn 8,31-37). Non avrebbe certamente detto: Voi cercate di uccidermi a coloro che avevano creduto in lui, ai quali un po' prima aveva detto: Se rimanete nella mia parola sarete veramente miei discepoli, ma cio disse perché, oltre a coloro che avevano creduto, c'era li presente tutta una folla che comprendeva anche parecchi nemici.

Ora, anche se l'evangelista non specifica chi sia stato a dare quella risposta, dai termini stessi in cui la risposta è formulata e dalla replica con cui furono confutati appare con sufficiente chiarezza a chi debbano attribuirsi le parole in questione. Se dunque tra la folla di cui parla Giovanni c'erano di quelli che avevano creduto in Gesù e c'erano altri che volevano ucciderlo, lo stesso dové accadere nella folla di cui ci stiamo ora occupando. In essa c'erano alcuni che con astuzia maligna chiedevano al Signore con quale potere facesse le sue opere (Mt 21,23 Mc 11,28 Lc 20,2) e c'erano altri animati non da malizia ma da fede sincera. Costoro avevano prima acclamato: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! (Mt 21,45-46 Mt 21, adesso rispondendo alla sua domanda dicevano: Farà morire quei malvagi darà altri la sua vigna (Mt 21,41; cf. Mc 12,9; Lc 20,16). Questa risposta con esatta interpretazione si puo attribuire al Signore stesso o perché essa rispondeva verità o perché fu data persone che erano membra di Cristo quindi costituivano un tutt'uno con il loro capo. E poi c'erano anche altri che questi tali replicavano: Non sia mai! (Lc 20,16)Avevano infatti compreso che la parabola era detta contro di loro.

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CAPITOLO 71

Le nozze del Figlio del Re.

139. Continua Matteo: Udite queste parabole i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo, ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta. Gesù riprese a parlare loro in parabole e disse: Il Regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per il suo figlio. Egli mando i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze ma questi non vollero venire (Mt 21,45-46 Mt 22,14)ecc. , fino alle parole: Poiché molti sono i chiamati, pochi gli eletti (Mt 22,14). La parabola degli invitati alle nozze è narrata dal solo Matteo; Luca riferisce qualcosa di simile ma non è lo stesso racconto (Lc 14,16-24), anche se fra i due brani ci sono delle somiglianze: l'ordine della narrazione sta a indicarne la diversità. Dopo la parabola della vigna e del figlio del padrone di casa ucciso dai coloni Matteo annota che i Giudei, accortisi che tutto il discorso era contro di loro, cominciarono a tramare insidie per farlo morire: particolare, questo, che è riportato anche da Marco e da Luca (Mc 12,12 Lc 20,19). Qui i due procedono nel medesimo ordine ma poi se ne distaccano per raccontare altre cose, inserendo dopo cio quel che Matteo, conforme all'ordinamento del suo scritto, aveva narrato al termine della parabola delle nozze, da lui solo raccontata.

Il tributo a Cesare.

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CAPITOLO 72

140. Cosi dunque prosegue Matteo: Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: " Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: E lecito o no pagare il tributo a Cesare? " (Mt 22,15-17) ecc. , fino alle parole: Udendo cio, la folla era sbalordita per la sua dottrina (Mt 22,33). Queste due risposte del Signore, riguardanti e la moneta da pagarsi a Cesare come tributo e la risurrezione dei morti, motivata dal fatto di quella donna che aveva sposato uno dopo l'altro sette fratelli, sono riportate in maniera pressoché uguale da Marco e da Luca, e identico è anche l'ordine della narrazione (Mc 12,13-27 Lc 20,20-40).

Il secondo e il terzo evangelista raccontano infatti la parabola dei coloni cui fu affittata la vigna e la applicano ai Giudei, che per questo motivo tendono insidie al Signore, di modo che in questo racconto convergono tutti e tre; e se poi essi omettono la parabola degli invitati alle nozze, riferita dal solo Matteo, nel seguito del racconto si avvicinano di nuovo a lui e riportano gli episodi del tributo a Cesare e della donna sposata a sette uomini consecutivamente. Il loro racconto si snoda esattamente nello stesso ordine, per cui non esiste alcun problema di diversità.

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CAPITOLO 73

I comandamenti principali della nuova legge.

141. Prosegue Matteo: Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogo per metterlo alla prova: " Maestro, qual è il più grande comandamento della legge? ". Gli rispose: " Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente (Dt 6,5). Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso (Lv 19,18). Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti " (Mt 22,34 Mt 22,40). La stessa cosa riferisce Marco e nello stesso ordine (Mc 12,28-34). Né deve sorprendere quanto scrive Matteo, e cioè che quel tale che ando a interrogare il Signore lo fece per metterlo alla prova: particolare, questo, su cui Marco sorvola, anzi alla fine quando il dialogo volgeva alla conclusione annota che, avendo lo scriba risposto conforme a sapienza, il Signore gli disse: Non sei lontano dal Regno di Dio (Mc 12,34). Poté infatti accadere che egli, avvicinatosi al Signore con l'intenzione di tentarlo, si sia poi ravveduto udendo la sua risposta. Ovvero, quanto meno, se si tratto realmente di tentazione, non dobbiamo intenderla in senso cattivo, come di uno che volesse trarre in errore un suo nemico, ma piuttosto di una tentazione avanzata da un diffidente che voleva indagare più profondamente su cose sconosciute. Non senza motivo infatti è stato scritto: Chi crede con faciloneria è un uomo superficiale e la sconterà (Si 19,4).

142. Una narrazione simile a questa è collocata da Luca non nel medesimo ordine ma in tutt'altro contesto (Lc 10,25-37). Se poi si tratti dello stesso episodio, che egli li ricorda, ovvero sia un altro lo scriba col quale il Signore discusse parimenti dei due precetti della legge, è cosa totalmente incerta. In realtà sembra trattarsi di un'altra persona, e questo non solo per la diversità della collocazione ma anche perché, al dire di Luca, chi diede la risposta al Signore che l'aveva interrogato fu lo stesso scriba, che rispondendo parlo appunto dei due comandamenti. Quando il Signore gli disse: Fa' cio e vivrai (Lc 10,28) (doveva cioè metter in pratica quel che lui stesso aveva definito importante), allora, al dire di Luca: Egli volendo trovare una scusa replico: " Ma il mio prossimo chi è? " (Lc 10,29). In risposta il Signore gli racconto di quel tale che scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappo nei briganti.

Tirando le somme, di lui si afferma all'inizio che ando dal Signore per tentarlo, successivamente che fu lui stesso a dare la risposta dei due comandamenti e che alla fine dovette udire il richiamo del Signore: Fa' questo e vivrai. Tali rilievi inducono a pensarlo come un poco di buono, anche perché di lui si dice che cercava un appiglio per giustificare la propria condotta. Molto diverso è dunque quell'altro di cui parlano concordemente Matteo e Marco, i quali lo presentano in cosi buona luce che il Signore stesso ebbe a dirgli: Non sei lontano dal Regno di Dio (Mc 12,34). Ragion per cui con molta probabilità lo si ritiene un personaggio diverso, e non lo stesso di Luca.

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CAPITOLO 74

Gesù figlio di Davide.

143. Prosegue Matteo: Trovandosi i farisei riuniti insieme, Gesù chiese loro: " Che ne pensate del Cristo? Di chi è figlio? ". Gli risposero: " Di Davide ". Ed egli a loro: " Come mai allora Davide, sotto ispirazione, lo chiama Signore dicendo: Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, come puo essere suo figlio? ". Nessuno era in grado di rispondere nulla; e nessuno da quel giorno oso interrogarlo (Mt 22,41-46). La stessa cosa riferisce Marco e nello stesso ordine (Mc 12,35-37). Luca si differenzia dagli altri due solo perché non parla di quel tale che chiese al Signore quale fosse il primo comandamento della legge ma, a parte questa omissione, si adegua allo stesso ordine e narra in modo analogo la domanda posta dal Signore ai Giudei nei riguardi del Cristo e com'egli sia da ritenersi figlio di Davide (Lc 20,41-44). Le differenze esistenti nei singoli evangelisti non toccano dunque l'essenza dei fatti.

Questo diciamo di Matteo, il quale ci presenta Gesù che interroga [i farisei] su cosa pensino del Cristo e di chi sia figlio. Alla sua domanda essi risposero: Di Davide, meritandosi il richiamo: Come mai Davide lo chiama Signore? Se si sta invece al racconto degli altri due, Marco e Luca, non troviamo cenno né della domanda né della risposta. Dobbiamo pertanto ritenere che, data dai farisei la propria risposta, i due evangelisti sottolineano l'insegnamento che diede il Signore e dicono anche in quale maniera lo presento agli uditori. La sua intenzione era di illuminarli a salvezza mediante il suo insegnamento e distoglierli dalle idee propagandate dagli scribi. Costoro infatti ammettevano soltanto che il Cristo nella sua umanità discendeva dalla stirpe di Davide ma non lo riconoscevano Dio e, come tale, Signore dello stesso Davide. In tal modo il Signore parlava riferendosi ai dottori della legge, che erano in errore nei suoi riguardi, ma il discorso era direttamente rivolto ai discepoli che desiderava fossero liberati da tale errore. Cosi è riferito dagli evangelisti Marco e Luca, per cui le parole di Matteo: Come potete dire non si debbono intendere rivolte ai Giudei ma, attraverso loro e prendendo lo spunto da loro, dette a coloro cui era rivolto l'ammaestramento.

275

CAPITOLO 75

La cattedra di Mosè occupata dai Farisei.

144. Matteo prosegue descrivendo i fatti in questa successione: Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: " Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno " (Mt 23,13) ecc. , fino alle parole: Non mi vedrete più finché non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! (Mt 23,39). Anche Luca parla di un discorso simile tenuto dal Signore contro i farisei, gli scribi e i dottori della legge, ma lo colloca in casa di un fariseo che aveva invitato a pranzo Gesù (Lc 11,37-52). Per narrare questo episodio si era allontanato da Matteo dopo aver riportato, in comune con lui, le parole del Signore sul segno di Giona con i suoi tre giorni e tre notti, sulla regina del Mezzogiorno, sui Niniviti e lo spirito immondo che tornando trova la casa ripulita (Lc 11,29-36 Mt 12,39-45). Al termine di questo discorso Matteo dice: Stava ancora parlando alle turbe quando sua madre e i suoi fratelli, giunti sul posto, cercavano di parlargli (Mt 12,46).

Anche Luca riporta questo discorso del Signore, anzi vi inserisce alcuni detti del Signore omessi da Matteo (Lc 2,49-50), ma poi si stacca dall'ordine che in comune con Matteo aveva fin li seguito, e scrive: Dopo che ebbe finito di parlare un fariseo lo invito a pranzo. Egli entro e si mise a tavola. Il fariseo si meraviglio che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: " Voi farisei purificate l'esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità "(Lc 11,37-39). Continuando su questo tono, riferisce le altre invettive contro i farisei, gli scribi e i dottori della legge che Matteo colloca nel contesto che avevamo preso in esame (Lc 11,37-52). Nel riferire tali cose Matteo non fa menzione della casa del fariseo ma nemmeno indica, per tale discorso, un luogo che contrasti in qualche modo con la casa di cui Luca. Egli tuttavia ci ha presentato già prima il Signore come entrato in Gerusalemme, dopo che aveva lasciato la Galilea; e tutto quello che precede il nostro discorso lo colloca dopo il suo arrivo in città, a differenza di Luca, che racconta il fatto come avvenuto durante il cammino del Signore verso Gerusalemme. Da tutto cio io propenderei per concludere trattarsi di due discorsi, simili fra loro e narrati l'uno da un evangelista e l'altro dall'altro.

145. Occorre vagliare bene come mai Matteo collochi qui le parole: Non mi vedrete più fino al giorno in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore (Mt 23,39), quando egli stesso le ha fatte dire alla gente molto tempo prima (Mt 21,9). Quanto a Luca, egli le presenta come una risposta data dal Signore a coloro che l'avevano avvertito di lasciare quei luoghi perché Erode lo voleva uccidere. Egli ricorda ancora come in quell'occasione il Signore pronunzio contro Gerusalemme le stesse parole che Matteo colloca in questo contesto. Ecco il racconto di Luca: In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: " Parti e vattene via di qua, perché Erode ti vuole uccidere ". Egli rispose: " Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avro finito. Pero è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme. Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i Profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per essere lasciata! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! (Lc 13,31-35). Con tale racconto, Luca non sembra essere in contrasto con quel che dissero le folle mentre Gesù entrava in Gerusalemme e cioè: Benedetto colui che viene nel nome del Signore (Mt 21,9 Mt 21, Lc 13,35).

E vero invece che nella successione dei fatti riferita da Luca il Signore non era ancora giunto in città quando tali parole furono pronunziate e, stando sempre a Luca, egli mai lascio la città per rientrarvi quando gli vennero rivolte tali parole. Vediamo infatti il Signore continuare il suo viaggio finché non arriva a Gerusalemme: per cui le sue parole: Ecco, io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avro finito (Lc 13,32), debbono essere interpretate come da lui dette in senso spirituale e figurato. In realtà egli non affronto la passione tre giorni dopo di allora, mentre nel seguito immediato del discorso dice: Pero è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada (Lc 13,33). Una tale conclusione ci spinge a interpretare in senso spirituale anche le parole: Non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore (Lc 13,35), e a riferirle alla sua venuta nella gloria. Cio vorrebbe dire che anche le altre: Ecco, io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani, e il terzo giorno avro finito, debbono riferirsi al suo corpo che è la Chiesa. I demoni infatti vengono cacciati ogni volta che le genti abbandonando le superstizioni dei padri credono in lui, e le guarigioni si operano quando si inizia a vivere secondo i suoi precetti, dopo che si è rinunziato al diavolo e al mondo.

Alla fine poi ci sarà la risurrezione; e allora la Chiesa, giunta al terzo giorno otterrà il suo fine, cioè la sua perfezione, in quanto anche il corpo divenuto immortale possederà la pienezza propria degli angeli. Concludendo, dovremo ritenere che la successione dei fatti seguita da Matteo non registra digressioni, mentre per Luca si possono proporre diverse spiegazioni. Egli, potrebbe aver anticipato i fatti accaduti in Gerusalemme, inserendoli nella sua narrazione in un contesto che precede l'ingresso del Signore in città; ovvero la risposta che Gesù diede a quei che l'avvertivano di stare in guardia da Erode poté essere data quando si trovava nelle vicinanze della città, mentre Matteo presenta le stesse cose come dette alle turbe dopo il suo ingresso in Gerusalemme e dopo che ebbe compiuto tutte le gesta di cui s'è parlato sopra.


Agostino, Consenso Evang. 267