Agostino, Consenso Evang. 301

301

CAPITOLO 1

Il traditore denunziato.

2. Cominciamo l'analisi seguendo Matteo, che scrive: Mentre cenavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzo e lo diede ai discepoli dicendo: " Prendete e mangiate; questo è il mio corpo " (Mt 26,26). Le stesse cose narrano Marco e Luca (Mc 14,17-22 Lc 22,14-23); solo che Luca parla due volte del calice, una volta prima della distribuzione del pane e un'altra dopo. La prima volta è un'anticipazione, frequente in lui; la seconda volta, da non confondersi con quella ricordata prima, sta veramente a posto suo. Il racconto cosi combinato delle due volte rende bene il pensiero com'è espresso anche dagli altri. Quanto a Giovanni, egli in questo contesto non parla affatto del corpo e del sangue del Signore, ma, com'è risaputo, in un altro capitolo ci informa che il Signore tenne su questo tema un amplissimo discorso (Jn 6,12-21). Al presente egli racconta del Signore che si alza da mensa e lava i piedi ai discepoli spiegando loro anche il motivo del gesto che aveva compiuto (Jn 13,2-22).

Nel proporre questo motivo il Signore, ricorrendo a una testimonianza scritturale, indica velatamente che il traditore era uno che stava mangiando il pane con lui (Mt 22,21 Mc 14,17 Lc 22,14). Terminata questa digressione, egli si unisce al racconto riportato concordemente dagli altri tre. Scrive: Detto questo, Gesù si turbo nello spirito, s'indigno e disse: " In verità, in verità vi dico che uno di voi mi tradirà ".

E continua ancora Giovanni: I discepoli si guardavano l'un l'altro, incerti di chi parlasse (Jn 13,21-22). Matteo e Marco scrivono: Rattristati, cominciarono a chiedergli uno dopo l'altro: " Sono forse io? "(Mt 26,22 Mc 14,17). Rispondendo Gesù disse (cosi Matteo): " Colui che insieme con me bagna la mano nel piatto è lui quello che mi tradirà ". E continua ancora Matteo inserendo le seguenti parole: Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato! (Mt 26,23-24 Mc 14,20-21). In questo racconto concorda anche Marco, che procede nello stesso ordine. Poi Matteo aggiunge: Rispondendo a Giuda, che lo tradiva e gli chiedeva: " Rabbi, sono forse io? ", gli rispose: " Tu l'hai detto " (Mt 26,25). Nemmeno qui è detto espressamente che fosse proprio lui il traditore. Infatti queste parole potrebbero intendersi come: Ma io non ho detto ecc. , e la frase poté essere pronunciata da Giuda - come del resto la risposta del Signore - in modo che non tutti se ne accorgessero.

3. Matteo continua con il racconto del mistero del corpo e del sangue del Signore dato ai discepoli, e lo stesso riferiscono Marco e Luca (Mt 26,26-28 Mc 14,22-24 Lc 22,17-20). Quand'ebbe consegnato il calice il Signore torno di nuovo a parlare del traditore, come segnala Luca: Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell'uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell'uomo dal quale è tradito! (Lc 22,21-22) Da cio si lascia ben comprendere che seguirono a questo punto le parole riportate da Giovanni e omesse dagli altri evangelisti. Del resto anche Giovanni: tralascia dei particolari che gli altri invece riferiscono. Il Signore pertanto passo il calice ai discepoli e poi proferi le parole di cui Luca: Ma ecco che la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola. A queste parole sono da collegarsi quelle riportate da Giovanni; Uno dei suoi discepoli, quello che Gesù amava, stava reclinato sul petto di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: " Di', chi è colui a cui si riferisce? ". Ed egli, reclinandosi cosi sul petto di Gesù, gli disse: " Signore, chi è? ". Rispose allora Gesù: " E colui per il quale intingero un boccone e glielo daro ". E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. E allora, dopo quel boccone, satana entro in lui (Jn 13,23-27).

4. A questo riguardo c'è da esaminare in che senso Giovanni non sia in contrasto con Luca, se costui, parlando di Giuda, segnala che il diavolo era entrato nel suo cuore già prima, quando cioè contratto con i Giudei e, ricevuto il denaro, s'incarico di tradire il Maestro (Lc 22,3-5). Non solo, ma Giovanni sembrerebbe essere in contraddizione con se stesso, in quanto sopra dice che prima di ricevere il pezzetto di pane, quando era terminata la cena, il diavolo aveva già cacciato nel cuore di Giuda il proposito di tradirlo (Jn 13,2). Come puo infatti il diavolo entrare nel cuore dei malvagi se non cacciando nei loro disegni perversi altri suggerimenti perversi? Ne segue che in questo secondo momento Giuda dovette esser invasato dal demonio in una maniera più radicale: come, in senso diametralmente opposto, accadde agli Apostoli nel ricevere lo Spirito Santo. Essi lo avevano già ricevuto dopo la resurrezione del Signore quando egli, alitando su di loro, disse: Ricevete lo Spirito Santo (Jn 20,22). Che se poi il giorno di Pentecoste lo Spirito fu loro inviato dall'alto, vuol dire che lo ricevettero in misura più abbondante (Cf. At 2,1 ss). Preso dunque il boccone di pane, non c'è dubbio che anche allora satana entro in Giuda e, come immediatamente prosegue Giovanni, in seguito a questo gli disse Gesù: " Quello che devi fare fallo al più presto ". Nessuno dei commensali capi perché gli aveva detto questo; alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: " Compra quello che ci occorre per la festa ", oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Preso il boccone egli subito usci. Ed era notte. Quand'egli fu uscito, Gesù disse: " Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui. E Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito "(Jn 13,27-32).

302

CAPITOLO 2

Predizione del rinnegamento di Pietro.

5. " Figlioli, saro con voi per poco tempo, voi mi cercherete, ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: Dove vado io voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato, cosi amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri ". Simon Pietro gli dice: " Signore, dove vai? ". Gli rispose Gesù: " Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi ". Pietro disse: " Signore, perché non posso seguirti ora? Daro la mia vita per te! ". Rispose Gesù: " Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte " (Jn 13,33-38). Con tali parole Gesù predice a Pietro che l'avrebbe rinnegato; e la predizione non è riferita solo da Giovanni, dal cui testo ho preso la narrazione, ma anche dagli altri tre evangelisti (Mt 26,30-33 Mc 14,26-31 Lc 22,31-34). Essi pero non giungono al racconto della negazione di Pietro procedendo in maniera uniforme, partendo cioè da una identica occasione da cui sarebbe scaturito il discorso. Cosi Matteo e Marco seguono lo stesso ordine e collocano l'episodio nello stesso ambito dove sono giunti con il loro racconto, e precisamente dopo l'uscita del Signore dalla casa in cui avevano mangiato la Pasqua. Al contrario Luca e Giovanni lo dicono avvenuto prima che egli uscisse. Potremmo senza troppa fatica intendere il fatto come narrato dai primi due alla maniera di chi voglia ripetere ricapitolando una cosa avvenuta già prima, ovvero supporre che gli altri abbiano seguito il metodo dell'anticipazione di una cosa futura. Tuttavia puo suscitare meraviglia che questi due evangelisti si permettano di anticipare cose tanto diverse non solo nell'espressione verbale ma anche nel contenuto: cose che il Signore ebbe a dire e per le quali Pietro, in un impeto di presunzione, promise che sarebbe andato incontro anche alla morte insieme al Signore o per essere fedele al Signore. In considerazione di cio ci sentiamo obbligati a interpretare il testo nel senso che Pietro dichiaro tre volte la sua presunzione ma in diversi momenti del discorso di Cristo. Parimenti per tre volte gli fu risposto dal Signore che l'avrebbe rinnegato tre volte prima del canto del gallo.

6. Non deve ritenersi inverosimile che Pietro, trascorsi degli intervalli sia pur brevi di tempo, abbandonandosi alla presunzione abbia più volte rinnegato il Signore; e cosi pure che il Signore gli abbia dato per tre volte una più o meno identica risposta. Ne è una riprova quel che accadde dopo la resurrezione. Gesù gli domando tre volte se lo amasse e cio tutto di seguito, senza cioè interporvi nulla di mezzo, né gesti, né parole. E siccome Pietro per tre volte gli diede la stessa identica risposta, anche il Signore gli diede per tre volte consecutivamente lo stesso identico incarico di pascere le sue pecore (Jn 21,15-17). Che Pietro abbia per tre volte ostentato la sua presunzione e in conseguenza per tre volte si sia sentito predire dal Signore il suo rinnegamento, appare più credibile se si esaminano le parole proferite dal Signore, che suonano diverse nei singoli evangelisti. Eccone la dimostrazione. Abbiamo ricordato ora la narrazione riportata dal Vangelo di Giovanni. Secondo questo evangelista il Signore aveva certamente parlato cosi: Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, cosi amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri. Simon Pietro gli dice: " Signore, dove vai? ". Risulta chiaro in questo testo che Pietro fu turbato dalle parole del Signore e gli disse: Signore, dove vai? Proprio perché l'aveva sentito affermare: Dove io vado voi non potete venire.

Allo stesso Pietro Gesù rispose: Dove io vado tu per adesso non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi. Al che Pietro replico: E perché mai non posso seguirti subito adesso? Daro la vita per te (Jn 13,33-37). A questa presunzione rispose il Signore predicendogli l'imminente rinnegamento. Luca si distacca da questo racconto e riferisce all'inizio queste parole di Gesù: Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli. E allora Pietro rispose: Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte. Gli rispose: " Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi " (Lc 22,31-34). Certo, queste parole, come ognuno vede, sono diverse da quelle con le quali Giovanni dice che Pietro emozionato si lascio andare alla presunzione.

E, in più, c'è Matteo che scrive: E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Allora Gesù disse loro: " Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti: "Percuotero il pastore e saranno disperse le pecore del gregge" (Za 13,17). Dopo la mia resurrezione, vi precedero in Galilea " (Mt 26,30-32). Con lui s'accorda esattamente Marco (Mc 14,26-28). Ora queste parole e i concetti che esse esprimono quale somiglianza hanno con quelle che, o secondo Giovanni o secondo Luca, Pietro pronunzio per esprimere la sua presunzione? Eppure nel testo in parola si continua proprio cosi: In risposta Pietro gli disse: " Anche se tutti saranno scandalizzati io non lo saro ". Gesù gli disse: " In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte ". Disse a lui Pietro: " Se anche dovessi morire con te, non ti rinneghero ". Lo stesso dicevano anche tutti gli altri discepoli (Mt 26,33-35 Jn 13,33-38 Lc 22,31-34).

7. Le stesse affermazioni sono riportate da Marco (Mc 14,29-31) e quasi a paroletta. L'unica differenza è che il Signore, rispondendo a Pietro, non gli parlo in maniera generica ma gli predisse in modo dettagliato come sarebbe avvenuta la negazione dicendogli: In verità ti dico che tu oggi, cioè in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte (Mc 14,30). Tutti gli evangelisti dunque narrano la predizione fatta dal Signore a Pietro che l'avrebbe rinnegato prima che il gallo cantasse, ma non tutti precisano quante volte il gallo avrebbe cantato. Questo particolare lo riporta e sottolinea il solo Marco; e tanto basta a certi ipercritici per concludere che il suo racconto non concorda con quello degli altri. La ragione di cio è da ricercarsi nella superficialità della loro indagine e, ancor più, nelle loro intenzioni poco chiare, suggerite dall'ostilità che in cuore nutrono contro il Vangelo.

In sostanza, la negazione di Pietro fu una triplice negazione: egli ininterrottamente persevero nello stesso senso di paura e nello stesso proposito di dire il falso finché, tornatogli in mente quanto gli era stato predetto, fu guarito dal suo stesso pianto amaro (Mt 26,75) e dal dolore che gli feri il cuore. Questo insieme di negazioni, cioè le tre negazioni nel loro complesso, non poté cominciare dopo che il gallo aveva cantato almeno per una volta: nel qual caso direbbero il falso tre dei quattro evangelisti. Matteo infatti scrive: In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte (Mt 26,34). E Luca: Dico a te, o Pietro: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi (Lc 22,34). E Giovanni: In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte (Jn 13,38). In realtà tutti e tre, sia pure con parole diverse e disposte in ordine differente, espongono la stessa idea, che cioè il Signore disse a Pietro che lo avrebbe rinnegato tre volte prima che il gallo cantasse.

D'altra parte, se la triplice negazione fosse avvenuta tutta prima che il gallo cominciasse a cantare andrebbe oltre la realtà, in quanto Marco fa dire al Signore: In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte (Mc 14,30). Quale attendibilità si potrebbe attribuire alle parole: Prima che due volte, se l'intera negazione era già allora ultimata nella sua triplice ripetizione? Se si potesse dimostrare che ogni cosa era avvenuta già prima del primo canto, è certo che era avvenuta prima del secondo, del terzo e di ogni altro canto effettuato dal gallo in quella notte.

Tre degli evangelisti, ricordando che la triplice negazione di Pietro era iniziata prima del canto del gallo, non si curarono di precisare il momento in cui Pietro la termino ma segnalarono e il fatto che essa fu prolungata e il momento in cui ebbe inizio. Dissero pertanto che fu triplice e che avvenne prima del canto del gallo. Del resto, a voler penetrare nell'animo di lui, si potrebbe anche scrivere che essa era già completa quando il gallo canto per la prima volta. Se infatti si guarda alle parole di colui che rinnegava, si deve certo ritenere che la triplice negazione ebbe inizio prima del primo canto del gallo e termino prima del secondo, ma se si guarda alle disposizioni dell'animo di Pietro e alla sua paura, si puo dire che tutto il rinnegamento era stato da lui concepito già prima che il gallo cominciasse a cantare.

Non è quindi cosa di grande rilevanza il sapere quanto tempo trascorse fra una negazione e un'altra, prendendo in considerazione le parole dette a voce; occorre piuttosto considerare come tutto il complesso del rinnegamento era entrato nel cuore di Pietro già prima che il gallo si mettesse a cantare, cioè fin da allora egli era cosi preso dalla paura che, nell'ipotesi che fosse stato interrogato, avrebbe rinnegato il Signore non una, ma due e anche tre volte. Cosi concludono quanti esaminano il fatto con più precisione e diligenza. E lo stesso caso di colui che, guardando una donna con l'intento di possederla, ha già commesso con lei adulterio, naturalmente solo col cuore (Mt 5,28). Cosi possiamo dire di Pietro. Non sappiamo quando egli espresse a parole il grave timore che aveva in cuore e che sarebbe durato finché non rinnego tre volte il Signore; tuttavia possiamo collocare tutt'e tre le negazioni nel momento in cui egli fu invaso da quel timore che lo indusse alla triplice negazione. Ne segue che le parole con cui egli rinnego Cristo poterono essere proferite tutte quando il gallo aveva cantato per la prima volta, se fu in quel momento che il suo cuore venne provocato dalle domande. Nemmeno in questa ipotesi risulterebbe sballata e falsa l'affermazione del Vangelo secondo la quale Pietro rinnego tre volte prima che il gallo cantasse.

In realtà già prima del canto del gallo un cosi grande spavento gli era entrato in cuore da protrarsi fino alla terza negazione. Tanto meno ci dobbiamo impressionare, se risulta che quella triplice negazione anche nella sua espressione verbale fu iniziata prima del canto del gallo ma non termino prima che il gallo iniziasse a cantare. E come se uno dicesse: Questa notte prima che canti il gallo mi scriverai una lettera in cui per tre volte mi insulterai. Se quel tale, cominciata la lettera prima di qualsiasi canto del gallo, la terminasse dopo che il gallo abbia cantato una volta, nessuno lo incolperebbe di falsità nel fare la sua previsione. Pertanto, Marco descrive più dettagliatamente gli intervalli fra le diverse negazioni, in quanto proferite a parole, e fa dire al Signore: Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte. Che le cose andarono proprio cosi apparirà quando saremo giunti ad esaminare quel preciso passo del Vangelo. Anche da li apparirà che gli evangelisti sono in armonia fra loro.

8. Se poi ci si mette a ricercare quali siano state con esattezza assoluta le parole che il Signore rivolse a Pietro, non le si potrà mai trovare; anzi la stessa ricerca è inutile, poiché il pensiero del Signore, sebbene lo si riconosca attraverso il suono delle parole, nel nostro caso è evidentissimo nonostante la diversità delle parole usate dagli evangelisti. Poté dunque succedere che Pietro impaurito manifesto la sua presunzione in tre occasioni diverse e in diversi momenti del parlare di Cristo e analogamente il Signore gli predisse tre volte che l'avrebbe rinnegato. Questo è quanto si ricava con maggiore probabilità dall'analisi del testo; ma, supponendo un qualche altro ordine nel modo di narrare, quanto riferito da tutti gli evangelisti potrebbe forse ridursi a un unico intervento: in tal caso la conclusione sarebbe che una volta sola il Signore predisse a Pietro, presuntuoso di se stesso, che lo avrebbe rinnegato. Leggendo il testo in questa maniera nessuno potrà mai trovare contrasti fra un evangelista e l'altro; e di fatto non ce ne sono.

303

CAPITOLO 3

Cosa disse il Signore finita la cena.

9. Ora vogliamo, per quanto ci è possibile, seguire gli eventi secondo l'ordine che ricaviamo da tutti e quattro egli evangelisti. Stando a Giovanni, predetta che fu a Pietro la sua negazione, nel seguito del racconto l'evangelista vi ricollega il discorso del Signore che disse: Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte mansioni (Jn 14,12). Di questo discorso egli riferisce ampiamente le espressioni magnifiche e quanto mai elevate (Jn 14,1-31 Jn 15,1-27 Jn 16,1-33 17,1,-26), finché non giunge là dove il Signore dice: Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; e questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo faro conoscere ancora, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro (Jn 17,25-26). Essendo sorta a un certo punto una discussione fra gli Apostoli su chi fra loro fosse il più grande, cosi riferisce Luca, [Gesù] disse loro: " I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi pero non sia cosi; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve.

Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi peraltro siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel regno e sederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele ". E continua ancora Luca: Allora il Signore disse a Simone: " Ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli ". E Pietro gli disse: " Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte ". Gli rispose: " Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi ". Poi disse: " Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa? ". Risposero: " Nulla ".

Ed egli soggiunse: " Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e cosi una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: "E fu annoverato tra i malfattori" (Is 53,12). Infatti tutto quello che mi riguarda volge al termine ". Ed essi dissero: " Signore, ecco qui due spade ". Ma egli rispose: " Basta cosi! " (Lc 22,24-38). E dopo aver cantato l'inno - cosi riferiscono Matteo e Marco uscirono per recarsi al monte degli Ulivi. Allora Gesù disse loro: " Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti: "Percuotero il pastore e saranno disperse le pecore del gregge", ma dopo la mia resurrezione, vi precedero in Galilea ". E Pietro gli rispose: " Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzero mai ". Gli disse Gesù: " In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte ". E Pietro gli rispose: " Anche se dovessi morire con te, non ti rinneghero ". Le stesse cose dissero tutti i discepoli (Mt 26,30-35). L'ultimo tratto del racconto da noi ricostruito è preso da Matteo, ma le stesse parole troviamo su per giù anche in Marco, ed equivalente ne è il contenuto, se si esclude la differenza, già da noi esaurientemente trattata, concernente il canto del gallo (Mc 14,26-31).

304

CAPITOLO 4

Gesù nel Getsemani.

10. Matteo continua il racconto dicendo: Allora Gesù si reco con loro in un podere chiamato Getsemani (Mt 26,36). Lo stesso dice Marco; e Luca, anche se non segnala esplicitamente il nome del podere (Mt 26,38-46 Mc 14,32-42 Lc 22,39-46), scrive: Uscito se ne ando, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo disse loro: " Pregate, per non entrare in tentazione "(Lc 22,39-40). E questo il luogo che secondo gli altri due evangelisti si chiamava Getsemani e dove, se intendiamo bene, doveva trovarsi quell'orto ricordato da Giovanni quando scrive: Detto questo, Gesù usci con i suoi discepoli e ando di là dal torrente Cedron, dove c'era un giardino nel quale entro con i suoi discepoli (Jn 18,1). Viene poi quel che nota Matteo: Egli disse ai discepoli: "Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare". E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, comincio a provare tristezza e angoscia. Disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me". E avanzatosi un poco, si prostro con la faccia a terra e pregava dicendo: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Pero non come voglio io, ma come vuoi tu!". Poi torno dai discepoli e li trovo che dormivano. E disse a Pietro: "Cosi non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole". E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: "Padre mio, se questo calice non puo passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà". E tornato di nuovo trovo i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti. E lasciatili, si allontano di nuovo e prego per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicino ai discepoli e disse loro: "Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina" (Mt 26,36-46).

11. Lo stesso racconto troviamo in Marco, che procede usando le identiche frasi e seguendo lo stesso ordine, salvo quei rari casi in cui accorcia le espressioni mentre altre volte le esplica con qualche dettaglio in più. Tuttavia anche qui ci imbattiamo in una difficoltà, e a crearcela è la narrazione di Matteo, che sembrerebbe essere in contrapposizione con se stessa. Egli scrive infatti che, dopo aver pregato tre volte, Gesù venne dai discepoli e disse loro: Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino. Come puo aver detto poco prima: Dormite ormai e riposate se subito dopo aggiunge: Ecco, è giunta l'ora, e in vista di cio li sprona ad alzarsi e a partire? Certi lettori, turbati da questa, diciamo pure, contraddizione, si sforzano di pronunziare le parole del Signore: Dormite ormai e riposatevi come dette da uno che rimprovera e non da uno che dà l'assenso a fare quanto ordina. Se una tale licenza fosse necessaria, la si potrebbe certo usare; ma Marco nel ricordare l'accaduto scrive che Gesù, dopo aver detto ai discepoli: Dormite ormai e riposate aggiunse: Basta!, e poi sempre di seguito: E giunta l'ora; il Figlio dell'uomo sta per essere tradito (Mc 14,41). Se ne deduce che, dopo le parole: Dormite ormai e riposatevi, ci poté essere una pausa di silenzio nella quale i discepoli eseguirono quanto il Signore aveva loro permesso; e poi, trascorso questo tempo, egli riprese il discorso dicendo: Ecco, è giunta l'ora. A indicare cio valgono le parole riferite da Marco: Basta cosi!, cioè: " Vi siete riposati abbastanza: ora basta ". Siccome pero questo intervallo di silenzio del Signore, non è ricordato, la frase cosi abbreviata obbliga la mente a cercare, per quelle parole, una particolare accentuazione.

12. Luca non riferisce quante volte il Signore abbia pregato, ma ci narra cose omesse dagli altri evangelisti: com'egli cioè fu confortato da un angelo durante la preghiera e come nel lungo pregare il sudore gli divenne color sangue e prese forma di gocce che grondavano in terra (Lc 22,41-44). Dice, è vero, che alzatosi in piedi al termine della preghiera si reco dai discepoli (Lc 22,45), ma non precisa i diversi momenti della preghiera stessa. Ora in tutto questo non c'è nulla che contrasti con il racconto degli altri. Quanto a Giovanni, egli riporta l'ingresso di Gesù nell'orto in compagnia dei discepoli ma nulla dice su cio che compi nell'orto fino al momento in cui il suo traditore, accompagnato dai Giudei, venne a catturarlo (Jn 18,1-11).

13. I tre primi evangelisti riferiscono gli avvenimenti come quando una stessa persona narra tre volte la stessa cosa: si concedono una certa diversità, ma nessuna opposizione. Luca, ad esempio, precisa con maggiore esattezza quanto si allontano dai discepoli, e dice che per recarsi a pregare si separo da loro un lancio di pietra (Lc 22,41). Marco una prima volta con parole sue racconta che il Signore prego dicendo che, se fosse stato possibile, passasse da lui quell'ora , (Mc 14,35)cioè l'ora della Passione, chiamata subito dopo col nome di calice. Successivamente riporta le precise parole del Signore: Abbà, Padre, tutto ti è possibile: allontana da me questo calice (Mc 14,36). Se a queste parole aggiungi quelle riportate dagli altri e che Marco stesso riporta in persona propria, si ricava con tutta chiarezza la frase: Padre, se è possibile -poiché a te tutto è possibile -passi da me questo calice. Si esprime cosi perché nessuno pensi che egli abbia voluto sminuire la potenza del Padre affermando: Se la cosa è possibile. Non dice infatti: Se puoi farlo, ma: Se la cosa è possibile. E possibile è tutto cio che egli vuole. Si dice dunque: Se la cosa è possibile con significato identico a: Se vuoi.

Infatti in che senso si debbano prendere le parole: Se la cosa è possibile lo spiega Marco con l'aggiunta: Tutto è possibile a te. E se gli evangelisti ci hanno tramandato queste sue parole: Ma avvenga non cio che voglio io ma quello che vuoi tu (espressione equivalente all'altra: Non si faccia la mia, ma la tua volontà), da questa narrazione risulta chiaro che la frase: Se la cosa è possibile, fu pronunciata non in riferimento al potere del Padre ma alla decisione della sua volontà. Cio si ricava ancor più chiaramente dal racconto di Luca, che scrive non: Se la cosa è possibile, ma: Se vuoi (Lc 22,42). A questa espressione quanto mai chiara si ricollega in maniera molto logica quel che scrive Marco, per cui la frase sarebbe stata detta cosi: Se vuoi - e in effetti tutto ti è possibile -allontana da me questo calice.

14. Riferisce Marco che Gesù non disse solo: Padre ma: Abba, Padre. Ora Abba è in ebraico la stessa cosa che Padre in latino. Ed è probabile che il Signore disse tutt'e due le parole, annettendovi un significato sacramentale. Egli intendeva mostrare che s'era gravato di quella tristezza perché voleva impersonare il suo corpo, cioè la Chiesa di cui era diventato pietra angolare. Ora questa Chiesa accorreva a lui partendo, in parte, dal popolo ebraico (e a loro si riferisce la parola Abba) e in parte da mondo pagano, e in riferimento ai pagani disse: Padre (Cf. Ef 2,11-22).

L'apostolo Paolo nemmeno lui sorvola su questo senso misterioso quando scrive: In lui gridiamo: Abba, Padre (Rm 8,15); e altrove: Dio ha inviato nei nostri cuori il suo Spirito, che grida: Abba, Padre (Ga 4,6). In questa maniera egli, Maestro buono e vero Salvatore, mostrava compassione per gli uomini e la loro debolezza, e in se stesso mostrava ai martiri che non avrebbero dovuto disperare se durante i dolori del martirio fosse penetrata nel loro cuore una certa quale angustia, frutto dell'umana fragilità.

Essi l'avrebbero certamente superata se avessero anteposto alla propria la volontà di Dio, il quale sa cosa sia veramente utile a coloro cui provvede. Di tutto questo problema non vogliamo pero adesso trattare diffusamente, poiché il nostro tema attuale è l'accordo fra gli evangelisti, per cui se nelle loro parole troviamo delle divergenze, appunto perché vogliamo che la ricerca ci giovi a salvezza, e nelle parole scritte altro non cerchiamo se non la verità, non ci preoccupiamo d'altro che della sostanza delle affermazioni. Orbene, Padre è la stessa cosa che Abba, Padre; ma per sottolineare più efficacemente il mistero è più espressivo: Abbà, Padre, mentre per esprimere l'unità sarebbe bastato Padre. In pratica è da supporsi che il Signore disse: Abba, Padre, ma il suo pensiero non sarebbe risultato del tutto palese se altri non avessero scritto: Padre.

In questo modo si rende esplicita l'idea che le due Chiese, quella proveniente dal giudaismo e quella formata da greci, sono un'unica Chiesa. Disse dunque il Signore: Abba, Padre con quello stesso significato con cui altrove disse: Ho altre pecore che non sono di questo ovile, alludendo ai pagani, mentre era scontato che aveva delle pecore nel popolo d'Israele. Ma siccome continuo: Anche quelle debbo condurre; e diventeranno un solo gregge e un solo pastore (Jn 10,16), ne consegue che Abba, Padre è in riferimento agli Israeliti e ai pagani, mentre il solo Padre è detto per l'unico gregge.

305

CAPITOLO 5

La cattura di Gesù.

15. Mentre egli stava ancora parlando - cosi dicono Matteo e Marco -ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: " Quello che bacero è lui; arrestatelo ". E subito si avvicino a Gesù e disse: "Salve, Rabbi ", e lo bacio (Mt 26,47-49). A lui Gesù in principio disse quanto scrive Luca: Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo (Lc 22,48) e poi quel che nota Matteo: Amico, cosa sei venuto a fare?(Mt 26,50) In seguito è da collocarsi quanto riferisce Giovanni: Che cosa cercate? Gli risposero: " Gesù il Nazareno ". Disse allora Gesù: " Sono io ". Vi era con loro anche Giuda il traditore. Appena disse: " Sono io ", indietreggiarono e caddero a terra. Domando loro di nuovo: " Chi cercate? ". Risposero: " Gesù il Nazareno ". Gesù replico: " Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano ". Perché s'adempisse la parola, che egli aveva detto: " Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato " (Jn 18,49).

16. Vedendo la piega che stavano prendendo le cose - scrive Luca -gli amici che gli erano vicini dissero: " Signore, dobbiamo colpire con la spada? ". E uno di loro (la cosa è riferita da tutti e quattro gli evangelisti) colpi un servo del sommo sacerdote, e gli mozzo l'orecchio destro (Lc 22,49-51), come precisano Luca e Giovanni. Secondo Giovanni colui che vibro il colpo fu Pietro, e il servo che fu colpito si chiamava Malco (Jn 18,10). Poi, stando a Luca, Gesù prese la parola e disse: Basta cosi (Lc 22,52), aggiungendo pero quanto riferito da Matteo. Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada. Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici mila legioni di angeli? Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali cosi deve avvenire?(Mt 26,52-54). A tali parole si possono aggiungere quelle riportate da Giovanni: Il calice datomi dal Padre non vorresti che io lo beva? (Jn 18,11). Nel dire questo - cosi Luca - tocco l'orecchio di colui che era stato colpito e lo risano (Lc 22,51).

17. Non ci debbono turbare le differenze esistenti fra il racconto di Luca e quello di Matteo. E vero infatti che Luca scrive: Avendo i discepoli chiesto al Signore se dovessero menare di spada, egli rispose: Basta cosi, dando l'impressione che la botta era già stata data ed egli approvava quel che era successo fino a quel momento volendo pero impedire che la cosa andasse più avanti. Stando invece alle parole di Matteo, tutto l'accaduto sembrerebbe doversi ridurre all'uso della spada fatto da Pietro, cosa che non piacque per niente al Signore. E infatti più verosimile che i discepoli gli avessero chiesto: Signore, dobbiamo colpire con la spada?, alla quale domanda egli rispose: Basta cosi. E voleva dire: Non spaventatevi per quel che accadrà in seguito; sarà infatti loro concesso d'arrivare fino al punto di arrestarmi, e cosi si adempiranno le Scritture su di me. Nell'intervallo fra la domanda posta al Signore dai discepoli e la risposta di lui, Pietro, smanioso di difendere il Maestro e profondamente turbato per quanto accadeva nei suoi confronti, vibro il colpo. Ma anche se le cose furono contemporanee fra loro, non fu possibile a Matteo raccontarle tutte contemporaneamente. D'altra parte Luca non avrebbe potuto scrivere: Gesù rispose se non ci fosse stata una domanda a cui rispondere, poiché la risposta non riguarda l'operato di Pietro.

Di questo operato quale giudizio diede il Signore lo riporta solo Matteo, il quale non scrive: Gesù replico a Pietro che riponesse la spada, ma: Gesù allora gli disse: Riponi la tua spada, parole che, almeno all'apparenza, dovettero essere proferite dal Signore subito dopo il fatto. Quanto alle parole riportate da Luca, e cioè: Gesù rispondendo disse: Basta cosi (Lc 22,51), le dobbiamo prendere come una risposta data ad alcuni che lo avevano interrogato; ma, come abbiamo sopra notato, tra la domanda dei discepoli e la risposta del Signore dovette in un battibaleno esser calato quel fendente di Pietro: per cui Luca si ritenne autorizzato a collocarlo fra la domanda e la risposta. Ne segue che il racconto di Luca non si oppone a quanto scrive Matteo, che cioè il Signore disse: Quanti prenderanno, cioè useranno, la spada, di spada periranno (Mt 26,52). La contrapposizione esisterebbe qualora si riuscisse a dimostrare che il Signore, rispondendo come rispose, approvava il ricorso arbitrario alla spada almeno per una volta e per un colpo non mortale. Si potrebbe inoltre, e ragionevolmente, supporre che tutta l'espressione sia stata rivolta a Pietro, per cui da quello che scrive Luca e quello che scrive Matteo possa ricostruirsi un unico racconto, che, come notavo sopra, scorrerebbe in questo modo: Basta cosi!, e poi: Riponi la tua spada nel fodero. Quanti prenderanno la spada, di spada periranno. Ho già esposto il senso da darsi alle parole: Basta cosi. Se qualcuno ne sa uno migliore, prevalga il suo parere. L'importante è che non venga intaccata la veridicità degli evangelisti.

18. Matteo prosegue raccontando le parole che in quel momento il Signore rivolse alle turbe: " Siete venuti a catturarmi con spade e bastoni come si farebbe con un brigante; mentre io tutti i giorni mi intrattenevo nel tempio a insegnare e nessuno mi ha mai messo le mani addosso" (Mt 26,55). In quell'occasione aggiunse anche le parole riportate da Luca: Ma questa è l'ora vostra, [l'ora] delle potenze tenebrose (Lc 22,53). E nota Matteo: Tutto questo accadde affinché si adempissero le Scritture dei Profeti. Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e si diedero alla fuga (Mt 26,56). Cosi narra anche Marco, che aggiunge: Lo seguiva un ragazzo avvolto in un lenzuolo; trattennero anche costui ma egli, buttato via il lenzuolo, nudo scappo dalle loro mani (Mc 14,50-52).


Agostino, Consenso Evang. 301