Agostino - Genesi 315

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15. 48. Le acque producano rettili di anime viventi 67. Perché mai è stato aggiunto viventi? Potrebbero esistere anime se non viventi? 0 forse si è voluto mettere in risalto questa vita più evidente che hanno gli animali dotati di sensi, dato che le piante ne sono prive? E producano alati che volino sulla terra al di sotto del firmamento del cielo 68. Se gli alati non volano nell'atmosfera purissima ove non si formano le nubi, è evidente ch'essa non fa parte di quel firmamento, poiché si dice che gli alati volano sulla terra sotto il firmamento del cielo. E così avvenne 69. È conservata la medesima disposizione narrativa. Ecco perché si trova quest'aggiunta come per tutte le altre opere di Dio, a eccezione di quella della luce che fu creata per prima.

Perché a volatile è stato aggiunto alato.

15. 49. E Dio creò i grandi cetacei e ogni specie di anima di rettili che furono prodotti secondo la propria specie dalle acque e ogni specie di volatili alati secondo la propria specie 70. Dovremo certamente ricordarci che l'espressione "secondo la propria specie" è usata dalla Scrittura a proposito delle creature che si riproducono mediante la propagazione seminale, come già è stato detto delle erbe e degli alberi. E ogni specie di volatili alati. Perché qui c'è l'aggettivo alato? Può esserci forse un volatile privo di ali? Ma se può esserci un tale volatile, forse che Dio non fece una tale specie, dal momento che non si riesce ad immaginare come sia stato fatto? Può forse volare un animale se è privo assolutamente di ali? Poiché i pipistrelli, le locuste o cavallette, le mosche e ogni altro animale di tal genere ch'è privo di penne, non è privo di ali. Alati dunque è stato aggiunto perché intendessimo che non si parla dei soli uccelli, poiché i pesci sono alati e volano sulla terra sotto le acque; ecco perché non si dice: " uccelli ", ma: e volatili alati, cioè volatili in generale. E Dio vide che sono cose buone 71. Anche a proposito di questa formula, dev'essere intesa nel senso spiegato per tutte le altre formule simili a questa.

La benedizione di Dio agli animali (Gen 1, 22).

15. 50. E Dio li benedisse dicendo: Crescete e moltiplicatevi e riempite le acque del mare, e i volatili si moltiplichino sulla terra 72. Volle che la benedizione fosse efficace per la fecondità che appare nella successione della prole, affinché mediante la benedizione le cose create deboli e soggette alla morte, conservino la propria specie attraverso nuove nascite. Ma poiché anche le piante conservano, mediante nuove nascite, la somiglianza con quelle che muoiono, per qual motivo Dio non le benedisse? Forse perché sono prive della conoscenza sensibile ch'è simile alla ragione? Non è forse senza motivo che Dio usi la seconda persona per esprimere la benedizione, rivolgendo - per così dire - la parola a questi esseri viventi, come se lo ascoltassero: Crescete e moltiplicatevi e riempite le acque del mare, e tuttavia non si arriva sino alla fine della benedizione con la medesima seconda persona, poiché la frase prosegue così: E i volatili si moltiplichino sulla terra. Non si dice: "Moltiplicatevi sulla terra". Salvo che mediante questa stessa espressione si voglia far capire che la sensibilità degli animali non è tanto affine alla ragione da essere in grado d'intendere perfettamente le parole che Dio rivolgeva loro, come invece possono intenderle gli animali dotati d'intelligenza e capaci di servirsi della ragione.

Sera e mattina, ossia materia informe e materia formata.

15. 51. E così avvenne 73. A questo punto chi è tardo d'ingegno deve ormai svegliarsi totalmente per capire quale specie di giorni sono quelli di cui si tratta. Dio ha dato agli esseri viventi determinati ritmi di sviluppo dei loro semi, ritmi che conservano una meravigliosa invariabilità in forza d'una determinata disposizione, in modo che un determinato numero di giorni conforme alla propria specie di ciascuno, portino nel ventre le creature concepite e covino le uova deposte - la legge che regola questa natura è mantenuta dalla sapienza di Dio, che si estende da un confine all'altro e regola ogni cosa con dolcezza 74 -; come mai quindi in un sol giorno poterono non solo concepire ma anche diventare gravidi, riscaldare e alimentare i nati, riempire le acque del mare e moltiplicarsi sulla terra? Così infatti la Scrittura soggiunge: E così avvenne 75, prima che arrivasse la sera. Ma senza dubbio, quando dice: Fu fatta la sera, l'agiografo menziona la materia informe; quando dice: Fu fatto il mattino, indica la forma impressa alla materia dalla stessa azione creatrice, poiché così conclude il giorno dopo l'azione del Creatore. Iddio tuttavia non disse: Sia fatta la sera, oppure: Sia fatto il mattino, poiché l'espressione della Scrittura è una menzione assai concisa delle cose fatte con la materia e la forma specifica, simbolizzate rispettivamente con i termini " sera " e " mattino ". Quelle cose la Scrittura aveva comunque già detto essere state fatte da Dio, pur non avendo detto però che la deficienza - cioè la tendenza (delle cose) ad avviarsi dalla forma specifica verso la materia e il nulla, se con ragione pensiamo che ciò fosse indicato con il termine " notte " - fu fatta da Dio, ma solo disposta nel suo ordine, allorché più sopra aveva detto: Dio separò la luce dalle tenebre venendo in tal modo simboleggiata la materia informe che, sebbene fatta dal nulla, non è inesistente ma possiede la capacità di assumere varie forme specifiche. Con il termine "tenebre" può intendersi anche il nulla assoluto, non creato da Dio ma a partire dal quale Dio fece tutte quante le cose che si degnò di fare per la sua ineffabile bontà, essendo onnipotente e perciò dal nulla creò tante cose.

Si spiega il versetto 23.

15. 52. E fu sera e fu mattina: il quinto giorno 76. A questo punto, dopo aver detto: E così avvenne, l'agiografo non aggiunse, come al solito, l'esecuzione delle opere come se venissero fatte una seconda volta, poiché era stato detto già prima. Inoltre con la benedizione riguardante la generazione della prole non veniva creata alcuna natura ma venivano conservati, attraverso i successivi discendenti, gli esseri già creati. Ecco perché non dice neppure: E Dio vide che è una cosa buona, poiché a Dio era già piaciuta la natura stessa che doveva solo essere mantenuta con il parto di altri figli. In questo passo pertanto non è ripetuta se non la frase: E così avvenne, e immediatamente si parla della " sera " e della " mattina ", termini con cui - l'abbiamo già detto - l'opera compiuta viene indicata riguardo alla materia informe e alla forma specifica impressale, salvo che agli studiosi venga in mente un'idea migliore e più elevata.

Distinzione tra bestie, quadrupedi e serpenti.

15. 53. E Dio disse: La terra produca anime vive, secondo la propria specie, di quadrupedi, serpenti, bestie della terra secondo la propria specie e di bestiame minuto secondo la propria specie. E così avvenne 77. Perché mai dopo la parola anime viene aggiunto vive, e che cosa vuol dire: secondo la propria specie, e la solita conclusione espressa con le parole: E così avvenne, sono questioni da esaminare e intendersi come è stato spiegato più sopra. Sebbene in latino con il termine "bestie" s'indichi in genere ogni animale privo di ragione, tuttavia nel nostro passo devono distinguersi le specie in modo che per quadrupedi s'intendano le bestie da soma, per serpenti tutti i rettili, per bestie e fiere tutti i quadrupedi che non aiutano l'uomo nel lavoro, ma danno qualche provento a coloro che li pascolano.

Si spiega il versetto 25.

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16. 54. E Dio fece le bestie della terra secondo la loro specie e il bestiame minuto secondo la propria specie e tutti i rettili secondo la loro specie 78. La ripetizione della frase: E Dio fece, dal momento che già era stato detto: E così avvenne 79, dev'essere esaminata alla stregua della norma esposta in precedenza. Io credo che in questo passo con il termine "bestiame" sono indicati i quadrupedi d'ogni specie che vivono allevati dagli uomini. L'espressione: E Dio vide ch'è una cosa buona 80, deve intendersi come al solito.

Si parla dell'uomo separatamente dagli altri esseri viventi (Gen 1, 26).

16. 55. E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza 81. Anche a proposito di questo passo deve notarsi da un lato una certa unione e da un altro una certa separazione degli esseri viventi, poiché la Scrittura dice che l'uomo fu fatto lo stesso giorno che furono fatte le bestie; essi infatti sono insieme tutti esseri viventi della terra. Ciononostante a causa della superiorità della ragione, conforme alla quale l'uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, si parla separatamente di lui dopo che a proposito di tutti gli altri la Scrittura conclude come al solito dicendo: E Dio vide ch'è una cosa buona 82.

Perché Dio nel creare l'uomo dice: Facciamo, non: Sia fatto.

16. 56. Si deve anche notare il fatto che, a proposito degli altri animali, Dio disse: Sia fatto. E così fu; qui invece Dio disse: Facciamo, volendo lo Spirito Santo indicare anche in questo modo la superiorità della natura umana. Ora a chi si è rivolta adesso la parola: Facciamo, se non a chi era la Parola: Sia fatto, trattandosi delle altre creature? Poiché tutto è stato fatto per mezzo di Lui e nulla è stato fatto senza di Lui 83. Ma perché pensiamo che in altri casi è stato detto: Sia fatto, se non fosse egli in persona a creare per ordine del Padre, mentre in questo caso è detto: Facciamo, solo perché entrambi facessero insieme e nello stesso tempo? O forse, perché tutto ciò che fa il Padre lo fa per mezzo del Figlio, in questo caso è detto: Facciamo affinché in tal modo all'uomo, per il quale è stata fatta la stessa Scrittura, fosse mostrato, proprio nel caso riguardante lui stesso, che quando parla il Padre, lo stesso Padre fa ciò che fa il Figlio? In tal modo, per quanto riguarda l'espressione: Sia fatto. E fu fatto usata negli altri casi, qui verrebbe spiegato che la parola creatrice non fu distinta dall'atto creatore ma furono entrambi simultanei, dal momento che qui è detto: Facciamo.

Perché è detto che l'uomo è stato fatto ad immagine di Dio.

16. 57. Dio poi disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza 84. Ogni immagine è simile a colui del quale è immagine, ma non tutto ciò che è simile a un qualcuno è anche immagine di lui. Così quando si tratta d'immagini riflesse in uno specchio o riprodotte in una pittura, in quanto esse sono immagini sono necessariamente anche simili a colui del quale sono immagini; ma due persone, anche se sono simili tra loro, tuttavia se una non è nata dall'altra, nessuna delle due può dirsi immagine dell'altra. In effetti si ha un'immagine quando essa è la riproduzione di qualcuno. Perché dunque la Scrittura, dopo aver detto: a immagine, aggiunse: a somiglianza, come se ci potesse essere un'immagine dissimile? Sarebbe quindi bastato dire: a immagine. O forse una cosa è ciò che è simile ' e una cosa diversa è la somiglianza, come una cosa è una persona casta e una cosa diversa è la castità, una cosa è una persona forte, un'altra cosa è la fortezza e perciò, allo stesso modo che tutto ciò ch'è forte lo è per effetto della fortezza e tutto ciò che è casto lo è per effetto della castità, così tutto ciò che è simile lo è per effetto della somiglianza? Tuttavia non si può dire, in senso del tutto appropriato, che la nostra immagine sia la nostra somiglianza pur potendosi dire, ciononostante, in senso proprio ch'essa è simile a noi; per conseguenza vi è la somiglianza, in virtù della quale è simile tutto ciò che è casto. La castità invece è casta senza che sia partecipe di null'altro, mentre tutto ciò che è casto lo è in quanto partecipe di essa. La castità risiede certamente in Dio in cui è anche la Sapienza, la quale è la Sapienza ma non a causa d'una partecipazione, mentre, in quanto è partecipe di essa, è sapiente l'anima di chiunque. Anche la Sapienza di Dio, per mezzo della quale tutto è stato fatto, si chiama quindi "Somiglianza" in senso proprio, essendo simile non perché è partecipe di qualche altra somiglianza, ma perché è essa stessa la somma Somiglianza; essendo partecipi della quale sono simili tutte le cose fatte da Dio per mezzo di essa.

Perché all'espressione: a immagine, è aggiunta l'altra: a somiglianza.

16. 58. L'aggiunta dell'espressione: a somiglianza, a quella precedente, cioè: a immagine, è forse una spiegazione al fine di mostrare che quella ch'è denotata col termine di immagine non è tanto simile a Dio come se fosse partecipe di qualche altra somiglianza, ma che questa è la stessa somiglianza, di cui sono partecipi tutte le creature che sono chiamate simili. Allo stesso modo esiste in Dio anche la stessa castità, essendo partecipi della quale sono caste le anime, e così vi è pure la sapienza, essendo partecipi della quale sono sapienti le anime, come vi è la bellezza, essendo partecipi della quale sono belle tutte le cose che sono belle. Ora, se Dio avesse parlato solo di somiglianza, non avrebbe fatto capire ch'essa è stata generata da lui; se invece avesse parlato solo d'immagine, avrebbe certo fatto capire ch'essa è stata generata da lui; se invece avesse parlato solo d'immagine, avrebbe certo fatto capire ch'essa è talmente simile, da essere non solo simile, ma la stessa Somiglianza. Come inoltre nulla è più casto della stessa castità, nulla più sapiente della stessa sapienza e nulla più bello della stessa bellezza, così non può chiamarsi o pensarsi o esserci assolutamente nulla di più simile alla stessa somiglianza. Si comprende perciò che al Padre è talmente simile la propria Somiglianza, da corrispondere nella misura più completa e perfetta alla natura di lui.

Come il Verbo, somiglianza del Padre, imprime la forma alle cose.

16. 59. Ma quanta potenza abbia per imprimere la forza specifica alle realtà create la Somiglianza di Dio, per mezzo della quale tutte le cose sono state fatte - sebbene ciò superi immensamente i pensieri dell'uomo - lo possiamo giudicare in certo qual modo se consideriamo che ogni natura, non solo quella che si mostra agli esseri che percepiscono le cose unicamente con i sensi, ma anche quella che si mostra a coloro che ragionano, conserva la forma specifica della totalità risultante delle parti simili tra loro. Conforme appunto alla Sapienza di Dio, si chiamano sapienti le anime razionali, ma questo appellativo non si estende ad altri esseri che non siano razionali, poiché non possiamo chiamare sapiente nessuna bestia e molto meno gli alberi o il fuoco o l'aria o l'acqua o la terra, sebbene anche tutte queste cose, in quanto esistono, esistono proprio per mezzo della Sapienza di Dio. Noi però diciamo simili tra loro non solo le pietre ma anche gli animali, gli uomini, gli angeli. Orbene, parlando di ciascuna cosa diciamo che la terra è la terra per il fatto di avere i propri elementi simili tra loro, come pure l'acqua non potrebbe essere acqua, se in qualsiasi di tutti i suoi elementi non fosse simile a tutti gli altri suoi elementi, e qualsiasi - per quanto piccola - parte d'aria non potrebbe essere aria, se fosse dissimile da tutta la restante massa e così pure una particella di fuoco o di luce è quel che è per il fatto che non è dissimile dalle altre parti. Così, a proposito d'ogni pietra, d'ogni albero o del corpo di qualunque animale, si può riconoscere o comprendere che non esisterebbe con gli altri esseri della propria specie, ma neppure ciascuno di essi in se stesso, qualora non avesse le parti simili tra loro. Inoltre tanto più bello è un corpo, quanto più simili sono le parti di cui risulta. D'altronde non solo l'amicizia delle anime con altre anime, risultante da costumi somiglianti, ma anche in ciascun'anima le azioni e le virtù somiglianti - senza le quali non può esserci la stabilità del carattere - sono la dimostrazione della felicità. Tutte queste cose possiamo chiamarle certamente somiglianti, ma non la " somiglianza " vera e propria. Ecco perché, se l'universo risulta di cose simili tra loro in modo che, pur essendo ciascuna di esse quel che è, costituiscano tutte lo stesso universo non solo creato ma anche governato da Dio, certamente per mezzo della suprema, immutabile e incontaminabile Somiglianza di lui che creò tutte le cose, furono fatte di tal natura da essere belle a causa delle parti simili tra loro; non tutte però sono fatte a somiglianza di lui, ma solo la sostanza razionale: tutto perciò è stato fatto per mezzo di essa, ma non tutto a somiglianza di essa.

In che cosa l'uomo è simile a Dio.

16. 60. La sostanza razionale fu quindi fatta non solo per mezzo della Somiglianza di Dio ma anche a somiglianza d'essa, poiché non fu interposta alcun'altra natura, dal momento che l'anima intellettiva dell'uomo - cosa questa che non comprende se non quando è purissima e beatissima - non si unisce con nessun'altra cosa se non con la Verità in persona, che si chiama Somiglianza, Immagine e Sapienza del Padre. Per conseguenza la frase: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza 85, la s'intende nel giusto senso solo relativamente a ciò che nell'uomo è intimo ed essenziale, ossia in relazione all'anima razionale. Tutto l'uomo infatti dev'essere valutato in base a ciò che in lui ha la preminenza e lo distingue dalle bestie: tutto il resto ch'è nell'uomo, invece, benché sia bello nel suo genere, è tuttavia comune alle bestie e perciò nell'uomo deve stimarsi poco; salvo che il fatto per cui la figura del corpo umano è eretta, rivolta a guardare verso il cielo, non contribuisca, in qualche misura, a farci credere che anche lo stesso corpo fu fatto a somiglianza di Dio, nel senso cioè che, allo stesso modo che la Somiglianza di Dio non è opposta al Padre, così il corpo umano non è opposto al cielo come è il corpo degli altri animali: questi infatti, proni come sono verso terra, si sdraiano sul ventre. Questo fatto però non dev'essere inteso in senso assoluto, poiché il nostro corpo è di gran lunga differente dal cielo; quanto invece alla Somiglianza, ch'è il Figlio, non può avere nulla di dissimile da Colui al quale egli è simile. Tutte le altre cose infatti, simili tra loro, sono tra loro anche dissimili in parte; al contrario la Somiglianza vera e propria di Dio non è a lui dissimile sotto alcun riguardo. Il Padre però è solo il Padre e il Figlio non è altro che il Figlio, poiché anche quando si chiama " la Somiglianza " del Padre, sebbene ciò provi che non c'è tra loro alcuna differenza, il Padre tuttavia non è solo, dal momento ch'egli ha la propria Somiglianza.

L'uomo, immagine di Dio in senso analogico, non assoluto.

16. 61. E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza 86. Quanto abbiamo detto più sopra spiega molto bene queste parole della Scrittura, in cui leggiamo che Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza, nel senso che per "Somiglianza" di Dio, conforme alla quale fu fatto l'uomo, si può intendere lo stesso Verbo di Dio, ossia il Figlio unigenito, non certo nel senso che l'uomo è la medesima Immagine e Somiglianza uguale al Padre. Anche l'uomo tuttavia è immagine di Dio come assai chiaramente ci mostra l'Apostolo che dice: L'uomo, veramente, non deve coprirsi il capo essendo immagine e gloria di Dio 87. Questa immagine però, fatta ad immagine di Dio, non è uguale e coeterna a Colui del quale è immagine, anche se non avesse peccato assolutamente mai. Ora, il senso preferibile da dare a queste parole di Dio è quello d'intendere che la frase è espressa al plurale e non al singolare: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza, per la ragione che l'uomo è fatto a immagine non del solo Padre o del solo Figlio o del solo Spirito Santo, ma della stessa Trinità. Questa Trinità è Trinità in modo da essere l'unico Dio, allo stesso modo che Dio è unico in modo da essere Trinità. Dio infatti non disse, rivolgendosi al Figlio: "Facciamo l'uomo a tua immagine ", oppure: " a immagine mia", ma disse: a immagine e somiglianza nostra; da questa pluralità chi oserebbe separare lo Spirito Santo? Ma poiché questa pluralità non costituisce tre dèi ma un solo Dio, per questo dobbiamo comprendere che la Scrittura subito dopo soggiunse la frase al singolare e disse: E Dio fece l'uomo a immagine di Dio, affinché non s'intendesse come se Dio Padre facesse l'uomo a immagine di Dio, cioè di suo Figlio; altrimenti in qual modo sarebbero vere le parole a immagine nostra, se l'uomo fu fatto a immagine del solo Figlio? Per conseguenza, perché è vero ciò che disse Dio: a immagine nostra, la Scrittura dice così: Dio fece l'uomo a immagine di Dio, come se dicesse: "a immagine sua", cioè a immagine della stessa Trinità.

Si confuta l'opinione di Origene circa la frase: a immagine e somiglianza di Dio.

16. 62. Alcuni però pensano che non è ripetuta la parola " somiglianza" e non è detto: " E Dio fece l'uomo a immagine e a somiglianza di Dio", poiché solo in quel momento fu fatto a immagine, mentre la somiglianza gli era riservata alla risurrezione dei morti, come se ci fosse un'immagine in cui non c'è somiglianza. Ora, se non è del tutto simile, senza dubbio non è neppure un'immagine. Tuttavia, perché non sembri che trattiamo questo argomento solo alla luce della ragione, dobbiamo avvalerci anche dell'autorità dell'apostolo Giacomo che, parlando della lingua dell'uomo, dice: Con essa benediciamo Dio e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio 88.


1 - (Gn 1,1).
2 - Io 8,25.
3 - Cf. 1 Cor 11,3.
4 - Ps 148,5.
5 - (Gn 1,14).
6 - (Gn 1,1).
7 - Eccli 10,9.
8 - Sap 11,18.
9 - (Gn 1,1).
10 - (Gn 1,2).
11 - (Gn 1,2).
12 - (Gn 1,2).
13 - Rom 11,36.
14 - (Gn 1,1).
15 - (Gn 1,2).
16 - (Gn 1,2).
17 - Eccli 43,33.
18 - Ps 23,1.
19 - Sap 11,27.
20 - (Gn 1,1).
21 - (Gn 1,3).
22 - Cf. Rom 8,6.
23 - Cf. Io 1,1-3.
24 - (Gn 1,4).
25 - (Gn 1,4).
26 - (Gn 1,4).
27 - (Gn 1,4).
28 - 2 Cor 6,14.
29 - (Gn 1,4).
30 - Cf. Mt 25,33.
31 - (Gn 1,4).
32 - (Gn 1,5).
33 - (Gn 1,5).
34 - Sap 12,18.
35 - Eccli 18,1.
36 - (Gn 1,6-7).
37 - (Gn 1,6).
38 - (Gn 1,7).
39 - (Gn 1,3).
40 - (Gn 1,7).
41 - (Gn 1,8).
42 - (Gn 1,8).
43 - (Gn 1,4).
44 - (Gn 1,4-5).
45 - (Gn 1,8).
46 - (Gn 1,9).
47 - (Gn 1,10).
48 - (Gn 1,10).
49 - (Gn 1,11).
50 - (Gn 1,13).
51 - (Gn 1,12).
52 - (Gn 1,13).
53 - (Gn 1,14-15).
54 - (Gn 1,14).
55 - (Gn 1,14).
56 - (Gn 1,14).
57 - (Gn 1,15).
58 - (Gn 1,16).
59 - (Gn 1,17).
60 - (Gn 1,18).
61 - (Gn 1,18).
62 - (Gn 1,19).
63 - (Gn 1,20).
64 - Ps 35,6; 56,11.
65 - (Gn 1,9).
66 - Amos 5,8; 9,6.
67 - (Gn 1,20).
68 - (Gn 1,20).
69 - (Gn 1,9).
70 - (Gn 1,21).
71 - (Gn 1,21).
72 - (Gn 1,22).
73 - (Gn 1,23).
74 - Sap 8,1.
75 - (Gn 1,23).
76 - (Gn 1,23).
77 - (Gn 1,24).
78 - (Gn 1,25).
79 - (Gn 1,24).
80 - (Gn 1,25).
81 - (Gn 1,26).
82 - (Gn 1,25).
83 - Io 1,3.
84 - (Gn 1,26).
85 - (Gn 1,26).
86 - (Gn 1,26).
87 - 1 Cor 11,7.
88 - Iac 3,9.

400

LA GENESI ALLA LETTERA

LIBRO I

Senso letterale e senso figurato nella sacra Scrittura.

401
1.1. La sacra Scrittura nel suo complesso è divisa in due parti, come indica il Signore quando afferma che uno scriba istruito nelle cose del Regno di Dio è come un padre di famiglia che trae fuori dal suo tesoro cose nuove e cose antiche, come si chiamano anche i due Testamenti. In tutti i Libri sacri si devono poi distinguere le verità eterne che vi sono inculcate e i fatti che vi sono narrati, gli eventi futuri che vi sono predetti, le azioni che ci si comanda o consiglia di compiere. Rispetto dunque al racconto dei fatti sorge la questione se tutto dev'essere inteso in senso figurato oppure si deve affermare e sostenere anche l'autenticità dei fatti attestati. Poiché nessun cristiano oserà affermare che nessun passo (della Scrittura) dev'essere inteso in senso figurato qualora consideri attentamente le parole dell'Apostolo: Tutte queste cose però accaddero loro in figura, e ciò che sta scritto nella Genesi: E saranno due in una sola carne, ch'egli dichiara essere una gran verità misteriosa in rapporto a Cristo e alla Chiesa.

Significato di "principio", "cielo e terra".


1.2. Se dunque la Scrittura dev'essere interpretata in entrambi i predetti sensi, in qual senso, all'infuori di quello allegorico, è stato detto: Nel principio Dio creò il cielo e la terra ? Forse "all'inizio del tempo" o perché furono fatti "prima di tutte le cose" oppure "nel Principio, ch'è il Verbo di Dio, suo unico Figlio"? Inoltre, in qual modo potrebbe dimostrarsi che Dio crea esseri mutevoli e temporali senza subire alcun mutamento di se stesso? E che cosa potrebbe essere indicato con le parole "cielo" e "terra"? Ha forse il nome di "cielo e terra" la creatura spirituale e corporale o soltanto quella corporale? Bisognerebbe allora pensare che la Scrittura in questo libro ha passato sotto silenzio la creatura spirituale e ha usato l'espressione cielo e terra per indicare l'insieme delle creature corporali, sia quelle superiori che quelle inferiori? O forse è stata chiamata "cielo e terra" la materia informe delle une e delle altre creature: cioè da una parte la vita spirituale, quale può essere in sé prima di volgersi verso il Creatore -proprio grazie a questo suo volgersi verso il Creatore essa viene formata e resa perfetta, ma rimane informe se non si volge verso di Lui -; da un'altra parte la vita corporale, se fosse possibile concepirla interamente priva delle proprietà corporee che appaiono nella materia formata, quando i corpi hanno già le forme specifiche percettibili con la vista o con un altro senso.

Che significa "cielo e terra".


1.3. Oppure per "cielo" si deve intendere forse la creatura spirituale, perfetta e beata per sempre fin dal primo istante della sua creazione, per "terra" al contrario la materia corporea ancora imperfetta? Infatti la terra -è detto - era invisibile e confusa e le tenebre erano sopra l'abisso, parole con cui (la Scrittura) sembra indicare lo stato informe della sostanza corporea. O forse con queste ultime parole della frase viene indicato anche lo stato informe di entrambe le creature, cioè della corporea, per il fatto ch'è detto: La terra era invisibile e confusa; di quella spirituale, invece, per il fatto ch'è detto: Le tenebre erano sopra l'abisso? In questo caso, l'abisso tenebroso sarebbe un'espressione metaforica per denotare la natura della vita ch'è informe, se non si volge verso il Creatore, poiché solo in questo modo può assumere la forma per cessare d'essere abisso, e può venire illuminata per cessare d'essere tenebrosa. Inoltre, in qual senso è detto: Le tenebre erano sopra l'abisso? Forse perché non c'era ancora la luce? Poiché, se la luce fosse esistita, sarebbe stata sopra l'abisso e, per così dire, diffusa sulla sua superficie: ciò avviene nella creatura spirituale quando si volge alla luce immutabile e incorporea che è Dio.

Creazione della luce.2.4. Inoltre, in qual modo Dio disse: Vi sia la luce ? Nel tempo o nell'eternità del Verbo? Ma se lo disse nel tempo, lo disse anche nel mutamento. In qual modo, allora, si potrebbe pensare che Dio pronunci questa frase se non mediante una creatura? Egli infatti è immutabile. Ma se Dio disse: Vi sia la luce mediante una creatura, in qual modo la luce sarebbe la prima creatura, se già esisteva un'altra creatura per mezzo della quale Dio potesse dire: Vi sia la luce? O forse la luce non sarebbe la prima creatura poiché era già stato detto: Nel principio Dio creò il cielo e la terra ? Inoltre, si sarebbe potuto pronunciare l'ordine: Vi sia la luce mediante una creatura celeste nel tempo e nel mutamento? Se la cosa sta così, questa luce fisica che noi vediamo con gli occhi del corpo, Dio l'ha fatta dicendo: Vi sia la luce mediante una creatura spirituale, creata già prima da lui quando nel principio creò il cielo e la terra, in modo che, in virtù d'un interno e misterioso impulso di tale creatura impressole da Dio, questi avrebbe potuto dire: Vi sia la luce?

La voce di Dio nel creare la luce.

402
2.5. O forse la voce di Dio risonò anche materialmente allorché disse: Vi sia la luce, allo stesso modo che risonò materialmente la voce di Dio quando disse: Tu sei il Figlio mio prediletto ? E ciò (avvenne forse) per mezzo d'una creatura fisica che Dio avrebbe creata quando nel principio creò il cielo e la terra, prima che vi fosse la luce, che fu creata quando risonò questa voce? Ma se la cosa sta così, in quale lingua risonò questa voce allorché Dio disse: Vi sia la luce, dato che non c'era ancora la diversità delle lingue avvenuta in seguito durante la costruzione della torre dopo il diluvio ? Qual era quell'unica e sola lingua, in cui Dio pronunziò: Vi sia la luce? E chi era colui al quale potesse una tale parola esser rivolta e che avrebbe dovuto ascoltarla e capirla? O non è forse, questa, un'idea e un'ipotesi illogica e carnale?

La voce di Dio e il Verbo di Dio nel creare la luce.


2.6. Che diremo dunque? Conviene forse che per "voce di Dio" s'intenda il senso espresso dalla voce che dice: Vi sia la luce? e non lo stesso suono materiale? Inoltre la stessa voce non appartiene forse alla natura del suo Verbo di cui è detto: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio ? Quando infatti la Scrittura afferma che: Tutto è stato fatto per mezzo di Lui, dimostra assai chiaramente che anche la luce fu fatta per mezzo di Lui, allorché Dio disse: Vi sia la luce. Se la cosa sta così, la parola: Vi sia la luce, detta da Dio, è eterna, poiché il Verbo di Dio, Dio in Dio, Figlio unico di Dio, è coeterno col Padre, sebbene la creatura, fatta per mezzo di quella Parola di Dio pronunciata nel suo Verbo eterno, sia temporale. Anche se, quando noi diciamo "quando" e "un giorno", queste sono parole relative al tempo, tuttavia, nel Verbo di Dio, è fissato dall'eternità "quando" una cosa dev'esser fatta e viene fatta "allorquando" è fissato che si sarebbe dovuta fare per mezzo del Verbo, in cui non c'è né "quando" né "un giorno" poiché il Verbo è il "Tutto eterno".

Natura della luce creata da Dio.

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3.7. Ma cos'è propriamente la luce che fu creata? È forse qualcosa di spirituale o di materiale? Se infatti è spirituale, essa potrebbe essere la prima creatura resa ormai perfetta da questa Parola, mentre dapprima fu chiamata "cielo", quando fu detto: Nel principio Dio creò il cielo e la terra. In tal modo le parole: Dio disse: Vi sia la luce. E vi fu la luce, potrebbero essere intese nel senso che si volse verso di Lui e fu illuminata nel momento in cui il Creatore la richiamò a sé.

Forse Dio creò "dicendo" nel suo Verbo?


3.8. E perché mai la Scrittura dice: Nel principio Dio creò il cielo e la terra e non: "Nel principio Dio disse: "Vi sia il cielo e la terra"? " E vi furono il cielo e la terra", allo stesso modo ch'è narrato a proposito della luce: Dio disse: Vi sia la luce. E vi fu la luce? Forse che prima con l'espressione "cielo e terra" bisognava abbracciare e affermare genericamente ciò che Dio aveva fatto e di poi spiegare in particolare come lo aveva fatto, dicendo per ogni creazione: Dio disse, nel senso che tutto ciò che Dio fece lo fece mediante il suo Verbo?

Come vien creata la creatura informe.

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4.9. O forse non era conveniente usare l'espressione: Dio disse: Vi sia... nell'atto che veniva creata la materia informe, tanto la spirituale quanto la corporale, poiché l'imperfezione non imita la forma del Verbo sempre unito al Padre, cioè del Verbo per mezzo del quale Dio chiama eternamente all'esistenza tutte le cose, non con il far risonare delle parole, né mediante il pensiero che si svolge nella durata delle parole pronunciate, ma in virtù della luce della Sapienza da lui generata e a lui coeterna? Essendo dissimile da chi "è" in sommo grado e in modo originario, la materia, per una sorta d'informità, tende verso il nulla; (la creatura) invece imita la forma del Verbo sempre e immutabilmente unita al Padre, quando anch'essa col volgersi, in modo proporzionato al suo genere, verso Chi è veramente ed eternamente, cioè verso il Creatore della propria sostanza, ne riceve la somiglianza e diventa perfetta? In tal modo quanto narra la Scrittura: E Dio disse: Vi sia... potremmo intenderlo come la parola incorporea di Dio emanante dalla natura del suo Verbo coeterno, che richiama a sé la creatura ancora imperfetta affinché non resti informe ma riceva la forma adatta a ciascuno degli esseri che la Scrittura espone successivamente. Per via di questa conversione e formazione ciascuna creatura, secondo la propria capacità, imita il Verbo di Dio, ossia il Figlio di Dio sempre unito al Padre in virtù della sua piena somiglianza e dell'uguale essenza per cui egli e il Padre sono uno, ma non imita questa forma del Verbo se, allontanandosi dal Creatore, resta informe ed imperfetta; per questo motivo il Figlio è ricordato non perché Verbo ma solo perché principio quando è detto: Nel principio Dio creò il cielo e la terra; poiché viene indicato l'esordio della creatura nello stato informe dell'imperfezione. Del Figlio invece, in quanto è anche il Verbo, si fa menzione nella frase: E Dio disse: Vi sia... Per conseguenza, quando si fa menzione del Figlio come principio, la Scrittura ci mostra un esordio della creatura che riceve da lui un'esistenza ancora imperfetta, mentre, quando lo menziona come Verbo, essa ci mostra la perfezione della creatura richiamata verso di lui per assumere la sua forma unendosi al Creatore e imitando, in proporzione del suo grado di essere, la Forma eternamente e immutabilmente unita al Padre, dal quale essa riceve subito d'essere ciò ch'è lui stesso.


Agostino - Genesi 315