Agostino - Commento Gv 2

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OMELIA 2

(Jn 1,6-14)

Jn 1,6-14


Un uomo mandato da Dio.

Se volete essere autentici cristiani, aderite profondamente a Cristo in ciò che si è fatto per noi, onde poter giungere a lui in ciò che è e che è sempre stato.

1. Giova, o fratelli, per quanto sarà possibile, commentarvi il testo delle divine Scritture, e soprattutto del santo Vangelo, senza tralasciare alcun passo. Cercheremo di nutrircene secondo la nostra capacità, per poter così farne parte a voi. Ricordiamo di aver cominciato domenica scorsa a commentare il primo capitolo, e precisamente le parole: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; questo era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e niente senza di lui è stato fatto. Ciò che fu fatto, in lui è vita; e la vita era la luce degli uomini; e la luce risplende tra le tenebre, ma le tenebre non l'hanno compresa (Jn 1,1-5). Mi pare che abbiamo commentato fin qui. Voi che eravate presenti lo ricorderete; e voi che non c'eravate, potete credere a noi e a coloro che erano presenti. Ora, siccome non possiamo sempre ricominciare da capo, per riguardo a quanti desiderano ascoltare il seguito, per i quali sarebbe pesante sentirsi ripetere cose già dette e vedersi defraudare del seguito; abbiano la compiacenza, quelli che ieri non c'erano, di non esigere le cose passate, ma di voler ascoltare insieme agli altri le cose di oggi.

(Il legno per attraversare il mare.)

2. 2. Ecco dunque il seguito: Ci fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni (Jn 1,6). Quanto è stato detto prima, o fratelli carissimi, riguardava l'ineffabile divinità di Cristo, ed era anch'esso, se possiamo dire cosi, ineffabile. Chi potrà capire, infatti, parole come queste: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio? E affinché non fosse svilito per te il nome Verbo a causa dell'uso abituale delle parole, l'evangelista aggiungeva: E il Verbo era Dio. E' di questo Verbo che noi abbiamo lungamente parlato ieri, e voglia il Signore che a forza di parlare, qualcosa siamo riusciti a far giungere ai vostri cuori. In principio era il Verbo. E' sempre lo stesso, sempre allo stesso modo; è così come è da sempre, e non può mutare: semplicemente è. Questo suo nome lo rivelo al suo servo Mosè: Io sono colui che sono. Colui che è, mi ha mandato (Ex 3,14). Chi dunque potrà capire cio, vedendo come tutte le cose mortali siano mutevoli; vedendo che tutto muta, non solo le proprietà dei corpi: che nascono, crescono, declinano e muoiono; ma anche le anime stesse, turbate e divise da sentimenti contrastanti; vedendo che gli uomini possono ricevere la sapienza, se si accostano alla sua luce e al suo calore, e che possono perderla, se per cattiva volontà si allontanano da essa? Osservando, dunque, che tutte queste cose sono mutevoli, che cos'è l'essere, se non cio che trascende tutte le cose contingenti? Ma chi potrebbe concepirlo? O chi, quand'anche impegnasse a fondo le risorse della sua mente e riuscisse a concepire, come puo, l'Essere stesso, potrà pervenire a ciò che in qualche modo con la sua mente avrà raggiunto? E' come se uno vedesse da lontano la patria, e ci fosse di mezzo il mare: egli vede dove arrivare, ma non ha come arrivarvi. Così è di noi, che vogliamo giungere a quella stabilità dove ciò che è è, perché esso solo è sempre così com'è. E anche se già scorgiamo la meta da raggiungere, tuttavia c'è di mezzo il mare di questo secolo. Ed è già qualcosa conoscere la meta, poiché molti neppure riescono a vedere dove debbono andare. Ora, affinché avessimo anche il mezzo per andare, è venuto di là colui al quale noi si voleva andare. E che ha fatto? Ci ha procurato il legno con cui attraversare il mare.

Nessuno, infatti, può attraversare il mare di questo secolo, se non è portato dalla croce di Cristo. Anche se uno ha gli occhi malati, può attaccarsi al legno della croce. E chi non riesce a vedere da lontano la meta del suo cammino, non abbandoni la croce, e la croce lo porterà.

3. Come vorrei, o miei fratelli, incidervi nel cuore questa verità! Se volete vivere un cristianesimo autentico, aderite profondamente al Cristo in ciò che egli si è fatto per noi, onde poter giungere a lui in ciò che è e che è sempre stato. E' per questo che ci ha raggiunti, per farsi uomo per noi fino alla croce. Si è fatto uomo per noi, per poter così portare i deboli attraverso il mare di questo secolo e farli giungere in patria, dove non ci sarà più bisogno di nave, perché non ci sarà più alcun mare da attraversare. E' meglio, quindi, non vedere con la mente ciò che egli è, e restare uniti alla croce di Cristo, piuttosto che vedere la divinità del Verbo e disprezzare la croce di Cristo. Meglio pero di ogni cosa è riuscire, se possibile, a vedere dove si deve andare e tenersi stretti a colui che porta chi avanza. A questo giunsero le grandi menti di coloro che noi abbiamo chiamato monti, sui quali massimamente risplende la luce di giustizia: giunsero a capire e videro ciò che è. Il veggente Giovanni diceva: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Quelli videro, ma per raggiungere ciò che da lontano vedevano, non abbandonarono mai la croce di Cristo, né disprezzarono la sua umiltà. Le anime infantili che non arrivano a capire ciò che gli altri capiscono, ma che non si allontanano dalla croce e passione e resurrezione di Cristo, sono condotte anch'esse e arrivano a ciò che non vedono, in quel medesimo legno insieme a quelli che vedono.

(O sapienza superba.)

2. 4. Vi sono stati, per la verità, filosofi di questo mondo che si impegnarono a cercare il Creatore attraverso le creature. Che il Creatore si possa trovare attraverso le sue creature, ce lo dice esplicitamente l'Apostolo: Fin dalla creazione del mondo le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità, onde sono inescusabili. E continua: Perché avendo conosciuto Dio... Non dice: perché non hanno conosciuto Dio, ma al contrario: Perché avendo conosciuto Dio, non lo glorificarono né lo ringraziarono come Dio, ma vaneggiarono nei loro ragionamenti e il loro cuore insipiente si ottenebro. In che modo si ottenebro il loro cuore? Lo dice chiaramente: Affermando di essere sapienti, diventarono stolti (Rm 1,20-22). Avevano visto dove bisognava andare, ma, ingrati verso colui che aveva loro concesso questa visione, attribuirono a se stessi ciò che avevano visto; diventati superbi, si smarrirono, e si rivolsero agli idoli, ai simulacri, ai culti demoniaci, giungendo ad adorare la creatura e a disprezzare il Creatore. Giunsero a questo dopo che già erano caduti in basso. Fu l'orgoglio a farli cadere, quell'orgoglio che li aveva portati a ritenersi sapienti. Coloro di cui l'Apostolo dice che conobbero Dio, videro ciò che dice Giovanni, che cioè per mezzo del Verbo di Dio tutto è stato fatto. Infatti, anche nei libri dei filosofi si trovano cose analoghe, perfino che Dio ha un unico Figlio per mezzo del quale furono fatte tutte le cose. Essi riuscirono a vedere ciò che è, ma videro da lontano. Non vollero aggrapparsi all'umiltà di Cristo, cioè a quella nave che poteva condurli sicuri al porto intravisto. La croce apparve ai loro occhi spregevole. Devi attraversare il mare e disprezzi la nave? Superba sapienza! Irridi al Cristo crocifisso, ed è lui che hai visto da lontano: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio. Ma perché è stato crocifisso? Perché ti era necessario il legno della sua umiltà. Infatti ti eri gonfiato di superbia, ed eri stato cacciato lontano dalla patria; la via era stata interrotta dai flutti di questo secolo, e non c'è altro modo di compiere la traversata e raggiungere la patria che nel lasciarti portare dal legno. Ingrato! Irridi a colui che è venuto per riportarti di là. Egli stesso si è fatto via, una via attraverso il mare. E' per questo che ha voluto camminare sul mare (Mt 14,25), per mostrarti che la via è attraverso il mare. Ma tu, che non puoi camminare sul mare come

lui, lasciati trasportare da questo vascello, lasciati portare dal legno: credi nel Crocifisso e potrai arrivare. E' per te che si è fatto crocifiggere, per insegnarti l'umiltà; e anche perché, se fosse venuto come Dio, non sarebbe stato riconosciuto. Se fosse venuto come Dio, infatti, non sarebbe venuto per quelli che erano incapaci di vedere Dio. Come Dio, non si può dire che è venuto né che se n'è andato, perché, come Dio, egli è presente ovunque, e non può essere contenuto in alcun luogo. Come è venuto, invece? Nella sua visibile umanità.

5. E siccome era talmente uomo da nascondere la sua divinità, fu mandato innanzi a lui un grande uomo, affinché mediante la sua testimonianza si potesse scoprire colui che era più che un uomo. Chi è costui? Ci fu un uomo. E come poteva quest'uomo dire la verità parlando di Dio? Fu mandato da Dio. Come si chiamava? Il suo nome era Giovanni. A quale scopo egli venne? Egli venne come testimone, per rendere testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo suo (Jn 1,7). Quale personalità è mai questa, venuta per rendere testimonianza alla luce? E' senz'altro straordinario questo Giovanni, uomo di grande valore, dotato di un carisma speciale, figura davvero sublime. Contemplatelo, si, contemplatelo come si contempla una montagna. Se non che una montagna, se non viene inondata dal sole, è nelle tenebre. Ammirate, dunque, Giovanni quanto basta per ascoltare ciò che segue: Non era lui la luce; e cio perché non si scambi la montagna con la luce, perdendovi nella montagna, invece di trovarvi rifugio. Ma che cosa si deve ammirare? La montagna in quanto montagna. Ma, subito, elevatevi fino a colui che illumina la montagna, che per questo è stata innalzata, perché accolga per prima i raggi, e ne dia l'annunzio ai nostri occhi. Dunque, non era lui la luce.

(Un uomo illuminato.)

2. 6. Perché dunque è venuto? Per rendere testimonianza alla luce. Perché occorreva questa testimonianza? Affinché per mezzo suo tutti credessero. E a quale luce egli è venuto a rendere testimonianza? C'era la luce vera. Perché l'evangelista aggiunge vera? Perché anche l'uomo che è illuminato può essere chiamato luce, ma la vera luce è quella che illumina. Cosi, siamo soliti chiamare anche i nostri occhi luce del corpo; tuttavia, se di notte non si accende la lucerna e di giorno non esce il sole, queste nostre luci restano aperte invano. Così anche Giovanni era luce, ma non la luce vera: senza essere illuminato non era che tenebre; mediante l'illuminazione, è diventato luce. Se non fosse stato illuminato, egli sarebbe stato tenebra, come tutti gli empi, ai quali, ormai credenti, l'Apostolo diceva: Siete stati un tempo tenebra. Invece, ora che credevano, che cosa erano? Ma ora -dice -siete luce nel Signore (Ep 5,8). Se non avesse aggiunto nel Signore, non avremmo capito. Siete luce nel Signore, dice; prima tenebra, ma non nel Signore. Dice infatti: Siete stati un tempo tenebra, e non aggiunge "nel Signore". Dunque eravate tenebra in voi; siete luce nel Signore. E' in questo senso che Giovanni non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce.

3. 7. Ma dov'è questa luce? C'era la luce vera, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Jn 1,9). Se illumina ogni uomo che viene nel mondo, allora ha illuminato anche Giovanni. Dunque il Verbo illuminava colui dal quale voleva essere testimoniato. Comprenda la vostra Carità: egli veniva in soccorso degli spiriti deboli, dei cuori feriti, per curare la vista malata dell'anima. Per questo veniva. E come quest'anima avrebbe potuto vedere ciò che è perfetto? Come solitamente avviene quando, vedendo un oggetto illuminato, si può arguire che il sole è spuntato, anche se non riusciamo a vederlo coi nostri occhi. Perché quelli che hanno gli occhi malati, possono vedere un muro, o un monte, o un albero, o un qualsiasi altro oggetto illuminato e rischiarato dai raggi del sole: ogni oggetto rischiarato dal sole, annunzia che il sole è spuntato anche a coloro i cui occhi infermi non possono ancora fissarlo. Cosi, poiché tutti quelli per i quali Cristo veniva non sarebbero stati capaci di vederlo, egli invio i suoi raggi su Giovanni; e dichiarando questi che non era lui a irradiare e illuminare ma era egli stesso irradiato e illuminato, fu conosciuto colui che illumina, che rischiara, che inonda tutti della sua luce. E chi è questi? E' colui - dice l'evangelista -che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Se l'uomo non si fosse allontanato da Dio, non avrebbe avuto bisogno d'essere illuminato: dovette esserlo, perché si era allontanato da chi poteva sempre illuminarlo.

(Ci serviamo della lucerna per cercare il giorno.)

1. 8. Ma allora se è venuto, dove era? In questo mondo era. C'era e c'è venuto: c'era in quanto Dio, c'è venuto in quanto uomo; perché, pur essendo qui in quanto Dio, non poteva essere visto dagli stolti, dai ciechi, dagli iniqui. Gli iniqui sono le tenebre di cui è stato detto: La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno compresa. Ecco, egli è qui anche adesso, c'era, e ci sarà sempre: mai si allontana da nessun posto. Affinché tu possa vedere colui che mai si è allontanato da te, è necessario che tu non ti allontani mai da chi è presente dovunque: non abbandonarlo mai e non sarai abbandonato. Cerca di non cadere, e per te la luce non tramonterà mai. Se cadi, egli per te tramonta: ma se rimani in piedi, egli sta di fronte a te. Tu, pero, non sei rimasto in piedi: ricordati da dove sei caduto, da quale altezza ti ha precipitato chi cadde prima di te. Ti ha fatto precipitare, non con la forza o con l'istigazione, ma col tuo consenso. Se infatti tu non avessi consentito al male, saresti rimasto in piedi, saresti ancora nella luce. Ora pero, poiché sei caduto e sei ferito al cuore, che solo è capace di vedere quella luce, essa è venuta a te quale tu potevi vederla. Si è presentata in modo talmente umano, da aver bisogno della testimonianza di un uomo. Dio chiede la testimonianza ad un uomo; Dio ha un uomo come testimone. Si, Dio ha un uomo come testimone, ma a beneficio dell'uomo: tale è la nostra debolezza! Con la lucerna cerchiamo il giorno; e questa lucerna è Giovanni, di cui il Signore dice: Egli era la lucerna che arde e illumina, ma voi avete voluto esultare per poco al suo chiarore; io pero ho una testimonianza maggiore di quella di Giovanni (Jn 5,35-36).

2. 9. Il Signore dunque mostro che a beneficio degli uomini volle rivelarsi mediante una lucerna, per sostenere la fede dei credenti e, insieme, per confondere i suoi nemici, proprio quei nemici che lo provocavano dicendo: Con quale autorità fai queste cose? Ma Gesù rispose loro: Io pure vi faro una domanda: ditemi, il battesimo di Giovanni donde veniva? dal cielo o dagli uomini? Ed essi ragionavano fra di loro dicendo: Se rispondiamo dal cielo, egli ci dirà: Perché dunque non gli avete creduto? (Giovanni infatti aveva reso testimonianza al Cristo dicendo: Non sono io il Cristo, ma lui (Jn 1,20 Jn 27)). Se diciamo: dagli uomini, temiamo che la folla ci lapidi; perché ritenevano Giovanni un profeta (Mt 21,23-37 Mc 11,28-32 Lc 20,2-8). Cosi, il timore di essere lapidati e il timore, ancor più grande, di confessare la verità, li indusse a rispondere una menzogna alla Verità; e l'iniquità menti a se stessa (Ps 26,12). Essi risposero infatti: Non lo sappiamo. E il Signore, vedendo che quelli s'eran chiusi essi stessi la porta negando di sapere ciò che invece sapevano, neppure lui volle aprire, perché essi non avevano bussato. Sta scritto infatti: Bussate, e vi sarà aperto (Mt 7,7). Ma quelli non solo non bussarono per farsi aprire, ma con la loro negazione si chiusero la porta in faccia. E il Signore disse loro: Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio tali cose. E così furono confusi per mezzo di Giovanni; e in essi si adempi la profezia: Ho preparato la lucerna al mio Unto; riempiro di confusione i suoi nemici (Ps 131,17-18).

3. 10. Egli era nel mondo, e il mondo per mezzo di lui fu fatto (Jn 1,10). Non pensare che il Verbo

(Dio crea il mondo, immerso in esso.) fosse nel mondo, così come nel mondo vi sono la terra, il cielo, il sole, la luna e le stelle, gli alberi, gli animali, gli uomini. Non così il Verbo era nel mondo. E allora in che modo c'era? C'era come l'artefice che regge quanto ha fatto. Certo, il suo fare non è come quello dell'artigiano. Il mobile che il falegname costruisce, è fuori di lui, occupa un suo spazio, mentre viene fabbricato; e chi lo costruisce, sebbene li accanto al mobile, occupa un altro spazio, e si trova completamente fuori della sua opera. Dio, al contrario, pervade con la sua presenza tutto il mondo che crea: presente dovunque, opera senza occupare un posto distinto; non è al di fuori di ciò che fa come se dovesse far colare, per così dire, la massa che sta lavorando. Mediante la sua maestà crea ciò che crea, e con la sua presenza governa ciò che ha creato. Il Verbo era dunque nel mondo, come colui per mezzo del quale il mondo è stato fatto. Infatti, il mondo fu creato per mezzo di lui, ma il mondo non lo conobbe.

1. 11. Che significa: il mondo fu fatto per mezzo di lui? Si chiama mondo il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che in essi si trova. Esiste anche un altro significato, secondo cui si chiamano mondo coloro che amano il mondo. Il mondo fu fatto per mezzo di lui, e il mondo non lo conobbe. Significa, questo, che i cieli non hanno conosciuto chi li ha creati o che gli angeli non hanno conosciuto il loro Creatore? o che non lo hanno conosciuto le stelle? Ma perfino i demoni confessano la potenza del Creatore. Tutte le cose da ogni parte gli hanno reso testimonianza. Chi sono, dunque, coloro che non l'hanno conosciuto? Quelli appunto che vengono chiamati "mondo", perché amano il mondo. E' dove abbiamo il cuore, che noi abitiamo: chi ama il mondo merita perciò d'esser chiamato "mondo", dal nome della dimora che abita. Come quando diciamo che una casa è buona o cattiva, non vogliamo condannare o lodare le pareti di una casa, ma dicendo che una casa è buona o cattiva, intendiamo riferirci a quelli che la abitano; così per mondo vogliamo designare quelli che vi abitano e ci sono attaccati. Chi sono costoro? Sono quelli che amano il mondo: sono essi che con il cuore abitano nel mondo. Coloro, invece, che non amano il mondo, si trovano si nel mondo con la carne, ma con il cuore abitano in cielo, così come dice l'Apostolo: La nostra cittadinanza è in cielo (Ph 3,20). Dunque: Il mondo per mezzo di lui fu fatto, e il mondo non lo conobbe.

12. Venne in casa propria, poiché tutto era stato fatto per mezzo di lui, e i suoi non lo accolsero (Jn 1,11). Chi sono i "suoi"? Sono gli uomini da lui creati. Anzitutto i Giudei, che erano il suo popolo primogenito rispetto a tutte le genti della terra. Gli altri popoli, infatti, adoravano gli idoli e servivano i demoni; quel popolo, invece, era nato dal seme di Abramo; per questo i Giudei erano "suoi" in modo tutto particolare, perché congiunti a lui nella carne che egli si era degnato assumere. Egli venne in casa propria, e i suoi non lo accolsero. Non lo accolsero nel senso più assoluto? non lo accolse nessuno? Nessuno allora è stato salvato? Nessuno infatti è salvo se non accoglie Cristo che viene.

(Il Figlio unigenito non volle rimanere solo.)

2. 13. Ma aggiunge: Quanti pero lo accolsero. Che cosa ha donato a questi? Oh, grande benevolenza! grande misericordia! Era il Figlio unico, e non ha voluto rimanere solo. Molti uomini che non hanno avuto figli, in età avanzata ne adottano qualcuno; e fanno con la volontà ciò che non hanno potuto fare per mezzo della natura. Questo fanno gli uomini. Ma se uno ha un unico figlio, è più contento per lui; perché da solo possederà tutto, senza dover dividere l'eredità con altri, rimanendo meno ricco. Non così ha agito Dio: l'unico Figlio che egli aveva generato e per mezzo del quale tutto aveva creato, questo Figlio, lo invio nel mondo perché non fosse solo, ma avesse dei fratelli adottivi. Noi infatti non siamo nati da Dio come l'Unigenito, ma siamo stati adottati per grazia sua. L'Unigenito infatti è venuto per sciogliere i peccati, che ci impedivano d'essere adottati: egli stesso ha liberato coloro che voleva fare suoi fratelli, e li ha fatti con lui eredi. E' questo che dice l'Apostolo: Se sei figlio, sei anche erede da parte di Dio (Ga 4,7); e ancora: Noi siamo eredi di Dio e coeredi di Cristo (Rm 8,17). Non ha avuto paura, lui, d'avere dei coeredi, perché la sua eredità non si impoverisce per il fatto che sono molti a possederla. Essi stessi diventano la sua eredità, in quanto sono da lui posseduti, e lui a sua volta diventa la loro eredità. Ascolta in che modo gli uomini diventano la sua eredità: Il Signore mi ha detto: Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato. Chiedimelo, ed io ti daro le genti come tua eredità (Ps 2,78). E lui, a sua volta, come diventa la loro eredità? Dice un salmo: Il Signore è la parte della mia eredità e del mio calice (Ps 15,5). Che Dio sia dunque il nostro possesso e che egli possegga noi: che egli ci possegga come Signore, e che noi lo possediamo come nostra salvezza, come luce. Che cosa, dunque, egli ha dato a coloro che lo hanno accolto? Ha dato il potere di diventare figli di Dio, a coloro che credono nel suo nome (Jn 1,12); affinché, tenendosi stretti al legno della croce, possano attraversare il mare.

1. 14. E come nascono questi? Per diventare figli di Dio e fratelli di Cristo, è certo che essi devono nascere: se non nascono, come possono essere figli di Dio? I figli degli uomini nascono dalla carne e dal sangue, dalla volontà dell'uomo e dall'amplesso coniugale. E i figli di Dio, come nascono? Non per via di sangue, dice l'evangelista, cioè non dal sangue dell'uomo e della donna. In latino non esiste "sangue" al plurale, ma, siccome in greco c'è il plurale, il traduttore ha preferito conservare il plurale, sacrificando la grammatica pur di spiegare la verità in modo da farsi intendere da tutti. Se egli avesse messo "sangue" al singolare, non sarebbe riuscito a spiegare ciò che voleva: difatti gli uomini nascono dall'unione del sangue dell'uomo col sangue della donna. Parliamo dunque senza temere la verga dei grammatici, pur di esprimere in modo solido e chiaro la verità. Chi riuscirà a capire non ce ne farà rimprovero; si mostrerebbe ingrato per la spiegazione. Non dal sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo (Jn 1,13). La donna qui è chiamata carne, perché quando fu formata, Adamo disse: Questo è osso delle mie ossa, e carne della mia carne (Gn 2,23). E l'Apostolo afferma: Chi ama la sua donna ama se stesso; nessuno infatti mai odia la propria carne (Ep 5,28-29). La parola carne è qui, dunque, usata al posto di donna, così come qualche volta si usa spirito al posto di marito. E perché? Perché è lo spirito che regge e la carne è retta: quello deve comandare, questa servire. C'è disordine in quella casa dove la carne comanda e lo spirito serve. Che c'è di peggio d'una casa in cui la donna comanda sul marito? Ordinata invece è quella casa in cui è la donna che obbedisce al marito. Così è a posto l'uomo in cui la carne è sottomessa allo spirito.

2. 15. Essi, dunque, non da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono nati. Affinché gli uomini nascessero da Dio, prima Dio è nato da essi. Cristo infatti è Dio, e Cristo è nato dagli uomini. Ha dovuto cercare in terra soltanto una madre, poiché il Padre lo aveva già, in cielo: è nato da Dio colui per mezzo del quale noi fummo creati, è nato da una donna colui per mezzo del quale noi dovevamo essere ricreati. Non ti meravigliare quindi, o uomo, se diventi figlio per grazia, poiché nasci da Dio secondo il suo Verbo. Il Verbo ha voluto nascere prima dall'uomo, affinché tu avessi la sicurezza di nascere da Dio, e potessi dire a te stesso: Non è senza motivo che Dio ha voluto nascere dall'uomo, lo ha fatto perché mi considerava talmente importante da rendermi immortale, nascendo lui come un mortale per me! perciò l'evangelista, dopo aver detto: da Dio sono nati, prevedendo lo stupore, lo sgomento anzi, che una simile grazia avrebbe suscitato in noi, tale da farci sembrare incredibile che degli uomini siano nati da Dio, subito aggiunge come per rassicurarci: E il Verbo si è fatto carne, e abito fra noi (Jn 1,14). Ti meravigli ancora che degli uomini nascano da Dio? Ecco che Dio stesso è nato dagli uomini: E il Verbo si è fatto carne, e abito fra noi.

(La carne ti aveva accecato, la carne ti guarisce.)

16. E poiché il Verbo si è fatto carne, e abito fra noi, con la sua nascita ci ha procurato il collirio con cui ripulire gli occhi del nostro cuore, onde potessimo, attraverso la sua umiltà, vedere la sua maestà. Per questo il Verbo si è fatto carne, e abito fra noi. Ha guarito i nostri occhi. E come prosegue? E noi abbiamo visto la sua gloria. Nessuno avrebbe potuto vedere la sua gloria, se prima non fosse stato guarito dall'umiltà della carne. E perché non potevamo vederla? Mi ascolti la vostra Carità, e presti attenzione a ciò che dico. Polvere e terra erano penetrate nell'occhio dell'uomo e lo avevano ferito, tanto che non poteva più guardare la luce. Quest'occhio malato viene medicato; era stato ferito dalla terra, e terra viene usata per guarirlo. Il collirio, come ogni altro medicamento, non è in fondo che terra. Sei stato accecato dalla polvere, e con la polvere sarai guarito: la carne ti aveva accecato, la carne ti guarisce. L'anima era diventata carnale consentendo ai desideri carnali da cui l'occhio del cuore era stato accecato. Il Verbo si è fatto carne: questo medico ti ha procurato il collirio. E poiché egli è venuto in maniera tale da estinguere con la carne i vizi della carne, e con la sua morte uccidere la morte; proprio per questo, grazie all'effetto che in te ha prodotto il Verbo fatto carne, tu puoi dire: E noi abbiamo veduto la sua gloria. Quale gloria? Forse la gloria d'essere figlio dell'uomo? Ma questa per lui è piuttosto un'umiliazione che una gloria. Fin dove è giunto, quindi, lo sguardo dell'uomo, guarito per mezzo della carne? E noi abbiamo veduto la sua gloria, dice l'evangelista, la gloria propria dell'Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità. Della grazia e della verità, se il Signore ce lo concederà, parleremo più diffusamente in altra parte di questo Vangelo. Per oggi basta cosi. Crescete in Cristo, rafforzatevi nella fede, vegliate intenti alle opere buone; e rimanete fedeli al legno della croce, che vi consente di attraversare il mare.

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OMELIA 3

(Jn 1,15-18)

Jn 1,15-18


Dalla sua pienezza abbiamo ricevuto grazia su grazia.

Quale grazia abbiamo ricevuto dapprima? La fede. Conseguita la grazia della fede, in virtù della fede sarai giusto. E, vivendo della fede, ti guadagnerai il favore di Dio; ed essendoti guadagnato il favore di Dio vivendo di fede, riceverai in premio l'immortalità e la vita eterna. E anche questa è grazia.

1. La grazia e la verità di Dio, di cui il Figlio unigenito, il Signore e salvatore nostro Gesù Cristo, è apparso pieno alla vista dei santi, caratterizzano il Nuovo Testamento distinguendolo dall'Antico. E' di questo tema che nel nome del Signore intendiamo parlarvi ora, secondo la promessa che abbiamo fatto a vostra Carità. Prestate dunque attenzione, affinché Dio mi conceda tutto ciò di cui sono capace, e conceda a voi di accogliere tutto ciò di cui siete capaci. Una volta gettato il seme nei vostri cuori, se non se lo porteranno via gli uccelli, se non lo soffocheranno le spine, se non lo brucerà il sole; se non mancherà la pioggia delle esortazioni quotidiane e le vostre buone riflessioni faranno nel cuore ciò che si fa con l'aratro nei campi: aprire la terra, ricoprire il seme perché possa germogliare (Mt 13,2-23); allora si potrà attendere il frutto, che procura gioia e letizia all'agricoltore. Se, invece, malgrado il buon seme e malgrado la pioggia benefica, raccoglieremo non frutti ma spine, non si potrà accusare il seme né incolpare la pioggia, ma si dovrà preparare il fuoco cui le spine sono destinate.

(Dove fu umiliato, ivi è stato glorificato.)

2. 2. Siamo cristiani. Credo che non occorra convincere di ciò la vostra Carità. E se siamo cristiani -il nome stesso lo dice - apparteniamo a Cristo. Portiamo sulla fronte il suo segno, e non ce ne vergogniamo se lo portiamo anche nel cuore. Il segno di Cristo è la sua umiltà. I Magi lo riconobbero per mezzo di una stella (Mt 2,2): era il segno dato per riconoscere il Signore, segno celeste e glorioso. Ma egli volle che il suo segno sulla fronte dei fedeli fosse non una stella ma la sua croce. Sulla croce fu umiliato e dalla croce è nata la sua gloria: con essa ha risollevato gli umili dall'abiezione alla quale era disceso egli stesso umiliandosi. Noi apparteniamo dunque al Vangelo, apparteniamo al Nuovo Testamento. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia invece e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo (Jn 1,17). Se interroghiamo l'Apostolo, ci dice che noi non siamo sotto la legge, ma sotto la grazia (Rm 6,14). Iddio dunque mando il suo Figlio nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli sotto la legge, affinché ricevessimo l'adozione di figli (Ga 4,4-5). Ecco lo scopo della venuta di Cristo: riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché non fossimo più sotto la legge ma sotto la grazia. E chi fu a dare la legge? Diede la legge colui che ha dato anche la grazia; ma la legge la mando per mezzo di un servo, con la grazia è disceso egli stesso. E com'è che gli uomini si erano venuti a trovare sotto la legge? Perché non avevano compiuto la legge. Chi infatti compie la legge non è sotto la legge, ma è con la legge; chi invece è sotto la legge, non viene sollevato ma oppresso dalla legge. E così la legge costituisce colpevoli tutti gli uomini che sono sotto la legge; e grava su di loro per manifestarne i peccati, non per liberarli. La legge quindi comanda, l'autore della legge usa misericordia in ciò che la legge comanda. Gli uomini che si sforzavano di compiere con le proprie forze i precetti della legge, caddero vittime della loro temeraria e rovinosa presunzione; e non si sono trovati d'accordo con la legge, ma colpevoli sotto la legge. E siccome non potevano con le loro forze compiere la legge, diventati colpevoli sotto la legge,

implorarono l'aiuto del liberatore. A causa della trasgressione della legge i superbi diventarono malati, e la malattia dei superbi si converti in confessione degli umili. Ora che i malati riconoscono di essere malati, venga il medico e li guarisca.

3. Chi è il medico? Il Signore nostro Gesù Cristo. Chi è nostro Signore Gesù Cristo? Colui che fu visto anche da coloro che lo crocifissero, colui che fu preso, schiaffeggiato, flagellato, coperto di sputi, coronato di spine, appeso alla croce, fatto morire, trafitto con la lancia, deposto dalla croce, messo nel sepolcro. E' questo il Signore nostro Gesù Cristo; ed è lui il medico di tutte le nostre ferite, quel crocifisso che fu insultato, di cui, quando pendeva dalla croce, i persecutori scuotendo il capo dicevano: Se è il Figlio di Dio, discenda dalla croce (Mt 27,40). Si, è lui il nostro vero medico. Ma perché allora non fece vedere, a chi lo insultava, che egli era Figlio di Dio? Perché, dopo aver permesso che lo innalzassero sulla croce, quando quelli dicevano: Se è Figlio di Dio, discenda dalla croce, perché almeno allora non scese giù mostrando che era veramente Figlio di Dio, lui che avevano osato schernire? Non volle! E perché? Forse perché non poteva? Certo che poteva. E' più difficile, infatti, scendere dalla croce o risorgere dal sepolcro? Ma egli preferi sopportare quelli che lo insultavano, perché scelse la croce non come una prova di potenza, ma come un esempio di pazienza. Guari le tue piaghe su quella croce dove a lungo sopporto le sue; ti libero dalla morte eterna su quella stessa croce dove accetto la morte temporale. E mori. O non si deve dire piuttosto che in lui mori la morte? Che morte è mai quella che uccide la morte (Os 13,14)?

(Dov'è l'immagine di Dio.)

2. 4. Ma quello che si poteva vedere, che fu preso e fu crocifisso era proprio nostro Signore Gesù Cristo tutto intero? Forse che quello era tutto ciò che egli è? Certamente è questo, quello che videro i Giudei; ma questo non è tutto il Cristo. E che cos'è egli allora? In principio era il Verbo. In quale principio? E il Verbo era presso Dio. E quale Verbo? E il Verbo era Dio. Forse fu fatto da Dio questo Verbo? No, perché questo era presso Dio fin dal principio. E allora? Le altre cose fatte da Dio non sono simili al Verbo? No, perché tutte le cose furon fatte per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto. In che senso per mezzo di lui furon fatte tutte le cose? Perché ciò che fu fatto, in lui era vita, ed era vita prima ancora di essere creato. Ciò che è stato fatto, non è in sé vita; ma era vita nella mente creatrice, cioè nella sapienza di Dio, prima d'esser fatto. Ciò che è stato fatto, passa; ciò che è nella sapienza non può passare. Ciò che fu fatto, era dunque vita in lui. E quale vita? Anche l'anima, infatti, è vita del corpo. Il nostro corpo ha una propria vita, e quando la perde muore. Era, dunque di tal genere quella vita? No, ma una vita che era luce degli uomini (Jn 1,1-4). Forse la luce anche degli animali? Questa luce materiale illumina infatti pure gli animali, insieme agli uomini. C'è pero una luce propria degli uomini. Consideriamo la distanza che ci separa dagli animali, e comprenderemo che cosa significa "luce degli uomini". Non per altro ti distingui dagli animali, se non per l'intelletto: non cercare altrove il tuo vanto. Sei fiero della tua forza? Le belve sono più forti di te. Sei fiero della tua velocità? La mosca ti vince. Ti vanti della tua bellezza? Quanta bellezza nelle penne del pavone! Da dove viene dunque la tua superiorità? Dall'essere tu immagine di Dio. E dove è questa immagine di Dio? Nella tua mente, nell'intelletto. Se dunque sei superiore all'animale perché hai una mente capace di comprendere ciò che non è possibile agli animali, se per questo l'uomo è superiore all'animale, ebbene, la luce degli uomini è la luce delle menti. La luce delle menti è al di sopra di tutte le menti, e tutte le trascende. Questo era quella vita per mezzo della quale furono fatte tutte le cose.

3. 5. Dove era questa luce? Era qui nel mondo, o era presso il Padre e non era qui? Oppure (ed è più vero), era presso il Padre ed era qui nel mondo? Ma se era nel mondo, perché non si vedeva? Perché la luce risplende fra le tenebre, e le tenebre non l'hanno compresa (Jn 1,5). O uomini! Cercate di non essere tenebre, cercate di non essere infedeli, ingiusti, iniqui, rapaci, avari, amanti del secolo: poiché sono queste le tenebre. La luce è presente, ma voi vi rendete assenti ad essa. Un cieco, al sole, ha presente davanti a sé il sole, ma lui è assente al sole. Cercate dunque di non essere tenebre. E' questa forse la grazia di cui sto per parlarvi, il non essere più tenebre, in modo che l'Apostolo possa dirvi: Siete stati un tempo tenebre, ma ora siete luce nel Signore (Ep 5,8). Ora, siccome questa luce degli uomini, questa luce delle menti, non la si vedeva, era necessario che un uomo venisse a rendere testimonianza alla luce, uno che non fosse nelle tenebre, ma già illuminato. Peraltro, benché illuminato, non era lui la luce. Egli venne per rendere testimonianza alla luce; infatti, non era lui la luce. E quale era la luce? C'era la luce vera, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. E dove si trovava la luce? Era in questo mondo. E in che modo era in questo mondo? C'era forse come la luce del sole, della luna, delle lucerne? No, perché il mondo fu fatto per mezzo di lui, e il mondo non lo conobbe (Jn 1,8-10). In altri termini: la luce risplende fra le tenebre, e le tenebre non l'hanno compresa. "Mondo" corrisponde a "tenebre"; perché "mondo" qui significa le persone che amano il mondo. Forse che nessuna creatura riconobbe il suo Creatore? Il cielo gli ha reso testimonianza con la stella (Mt 2,2); gli ha reso testimonianza il mare, sostenendo il Signore che vi camminava sopra (Mt 14,26); gli hanno reso testimonianza i venti, che al suo comando si calmarono (Mt 8,27); gli ha reso testimonianza la terra, che tremo quando egli fu crocifisso (Mt 27,51). Di fronte a tutte queste testimonianze come si può dire che il mondo non l'ha riconosciuto, se non perché mondo, qui, significa coloro che amano il mondo, che abitano nel mondo col cuore? E' in questo senso che diciamo che il mondo è cattivo, perché cattivi sono quelli che vi abitano, così come diciamo che è cattiva una casa se sono cattivi, non i muri, ma coloro che vi abitano.

1. 6. Egli è venuto nella propria casa, cioè, è venuto nella sua proprietà, e i suoi non lo hanno accolto. Quale speranza ci rimane dunque, se non che a quanti lo hanno accolto, Egli ha dato il potere di diventare figli di Dio? Se si diventa figli, significa che si nasce; ma se si nasce, in che modo si nasce? Non certo dalla carne: Non da carne, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono nati. Si rallegrino, dunque, perché sono nati da Dio; siano fieri di appartenere a Dio; prendano in mano il documento che dimostra che sono nati da Dio: E il Verbo si è fatto carne, e abito fra noi. Se il Verbo non si è vergognato di nascere dall'uomo, si vergogneranno gli uomini di nascere da Dio? E' perché si è fatto carne, che ci ha potuto guarire; e noi ora vediamo, perché lui ci ha guariti. Questo Verbo che si è fatto carne e abito fra noi, è diventato la nostra medicina, di modo che, accecati dalla terra, con la terra fossimo risanati. E per vedere che cosa? E noi abbiamo visto - dice l'evangelista -la sua gloria, gloria dell'Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità (Jn 1,11-14).

2. 7. Giovanni gli rende testimonianza, e grida cosi: Questi era quello del quale vi dicevo: Chi viene dopo di me sta davanti a me. Viene dietro di me, e mi ha preceduto. Ma allora che significa: sta davanti a me? Egli mi ha preceduto: non nel senso che è stato fatto prima che fossi fatto io, ma che è stato anteposto a me. Questo è il significato delle parole: sta davanti a me. Ma perché sta davanti a te, se viene dopo di te? Perché egli era prima di me (Jn 1,15). Prima di te, Giovanni? Che c'è di straordinario a essere prima di te? D'accordo, tu gli rendi testimonianza; ascoltiamo Cristo stesso: Prima che Abramo fosse, io sono (Jn 8,58). Ma anche Abramo è venuto fuori dal genere umano; molti sono vissuti prima di lui e molti dopo di lui. Ascoltiamo la voce del Padre che si rivolge al Figlio: Prima della stella del mattino, ti ho generato (Ps 109,3). Chi è generato prima della stella del mattino è colui che illumina tutti. E' stato chiamato stella del mattino, Lucifero, uno che cadde: era un angelo, infatti, e divento diavolo; e la Scrittura disse di lui: Lucifero, astro del mattino, è caduto (Is 14,12). E' stato chiamato Lucifero perché, illuminato, risplendeva. E' diventato tenebroso perché non rimase nella verità (Jn 8,44). Dunque, egli

era prima di Lucifero, prima di chiunque abbia ricevuto la luce, se è vero che la sorgente, da cui la luce irraggia su quelli che possono essere illuminati, deve esistere prima di ognuno che venga illuminato.

. 8. Ecco ciò che segue: E dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto. Che cosa avete ricevuto? Grazia su grazia (Jn 1,16). Così dice il testo del Vangelo confrontato con l'originale greco. Non dice: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia da grazia, ma: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto, e grazia su grazia; cioè abbiamo ricevuto dalla sua pienezza (non so bene che cosa ha voluto che intendessimo con questo ricevere dalla sua pienezza), e in più abbiamo ricevuto grazia su grazia. Abbiamo ricevuto dalla sua pienezza una prima grazia, e poi ancora un'altra grazia: grazia su grazia. Qual è la prima grazia che abbiamo ricevuto? E' la fede: camminando nella fede, camminiamo nella grazia. Ma come, e con quali nostri precedenti meriti abbiamo meritato questa grazia? Nessuno si vanti, ciascuno rientri in se stesso, scenda nel più profondo del suo cuore. Riesamini le sue azioni, non si soffermi su ciò che è, ammesso che ora sia qualche cosa, ma su ciò che è stato, prima di essere qualche cosa. Si troverà meritevole soltanto di condanna. Se, dunque, tu eri meritevole di condanna, e Cristo è venuto non per punire i peccati ma per perdonarli, ti è stata accordata una grazia, non ti è stata resa una mercede. Perché si chiama grazia? Perché viene data gratuitamente. Perché ciò che hai ricevuto, non l'hai acquistato con i tuoi meriti precedenti. Questa è la prima grazia che il peccatore riceve: la remissione dei peccati. Che cosa meritava? Se interroga la giustizia, trova il castigo; interroghi la misericordia, troverà la grazia. Dio questo l'aveva già promesso per mezzo dei profeti; così che quando è venuto per dare ciò che aveva promesso, non ci ha dato soltanto la grazia, ma ha dimostrato altresi la sua fedeltà. Perché ha dimostrato la sua fedeltà? Perché ha mantenuto la sua promessa.

. (La fede ci procura il favore di Dio.)

. 9. Che vuol dire dunque: grazia su grazia? E' mediante la fede che noi ci guadagnamo il favore di Dio; e siccome non meritavamo il perdono dei peccati, e ciononostante, benché immeritevoli, abbiamo ricevuto un tale dono, ecco la grazia. Che cosa è infatti la grazia? Un dono gratuito. Qualcosa che viene regalato, non qualcosa che è dovuto. Se essa ti fosse stata dovuta, il dartela sarebbe significato pagarti un debito, non farti una grazia. Se, poi, ti fosse stata veramente dovuta, tu saresti stato buono; se invece, come è vero, eri cattivo, vuol dire allora che hai creduto in colui che giustifica l'empio (Rm 4,5). Che significa, infatti, che Dio giustifica l'empio, se non che fa diventare pio l'empio? Pensa quale condanna pesava su di te per via della legge, e che cosa hai ottenuto per via della grazia. Una volta ottenuta, poi, la grazia della fede, diventi giusto in virtù della fede. Infatti il giusto vive di fede (Rm 1,17 cf. Hab Rm 2,4); e vivendo di fede, ti guadagni il favore di Dio; una volta che ti sei guadagnato il favore di Dio, vivendo di fede, riceverai in premio l'immortalità, la vita eterna. E anche questa è grazia. Per quale merito, infatti, ricevi la vita eterna? Per grazia. Poiché se la fede è grazia, e la vita eterna è la ricompensa della fede, può sembrare che Dio ci dia la vita eterna come qualcosa che ci è dovuto (dovuto, cioè, al fedele che l'ha meritata mediante la fede); siccome pero la fede è una grazia, anche la vita eterna è una grazia legata ad un'altra grazia: grazia su grazia.

. (Dio porta a compimento i suoi doni.)

2. 10. Ascolta l'apostolo Paolo, come riconosce la grazia e come esige, poi, ciò che gli è dovuto. Ecco come egli riconosce la grazia: Prima ero bestemmiatore, persecutore e violento: ma ho conseguito misericordia (1Tm 1,13). Egli si riconosce indegno della grazia del perdono; e

afferma di averla tuttavia conseguita, non per meriti suoi ma per misericordia di Dio. E adesso ascoltalo mentre esige ciò che gli è dovuto, egli che prima diceva d'aver ricevuto la grazia non dovuta: Quanto a me, il mio sangue è versato già in libagione ed è giunto il tempo ch'io levi l'ancora. Ho combattuto il buon combattimento, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ormai è li in serbo per me la corona di giustizia. Ormai richiede ciò che gli è dovuto, ormai esige ciò che gli spetta. Ascolta infatti le parole che seguono: che il Signore, giusto giudice, mi darà in compenso quel giorno (2Tm 4,6-8). Prima, per ricevere la grazia aveva bisogno del Padre misericordioso; ora, per il premio della grazia fa appello al giudice giusto. Colui che non ha voluto condannare l'empio condannerà forse il fedele? E tuttavia, se ben rifletti, ti accorgerai che Dio ti ha dato dapprima la fede, grazie alla quale ti sei guadagnato il suo favore: non col tuo, infatti, hai guadagnato, perché ti sia dovuto qualcosa. Quando, dunque, Dio elargisce il premio dell'immortalità, egli corona i suoi doni, non i tuoi meriti. Dunque, fratelli, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: dalla pienezza della sua misericordia, dall'abbondanza della sua bontà. Che cosa abbiamo ricevuto? La remissione dei peccati, perché fossimo giustificati mediante la fede. E che cosa ancora? grazia su grazia (Jn 1,16); cioè, per questa prima grazia che ci fa vivere mediante la fede, noi ne riceveremo un'altra; la quale, a sua volta, altro non è che grazia. Se io la pretendessi come una cosa dovuta, la rivendicherei come un debito. E' Dio invece che corona in noi i doni della sua misericordia, a patto che noi camminiamo con perseveranza nella prima grazia che abbiamo ricevuto.

1. 11. Perché la legge è stata data per mezzo di Mosè (Jn 1,17), quella legge che vincolava i colpevoli. Che cosa dice infatti l'Apostolo: Sopraggiunse la legge, perché abbondasse la colpa (Rm 5,20). Giovava ai superbi che la colpa abbondasse: essi infatti erano molto presuntuosi e facevano molto assegnamento sulle loro forze; e non potevano compiere la giustizia senza l'aiuto di colui che aveva dato i comandamenti. Volendo domare la loro superbia, Dio diede la legge, come a dire: Ecco, praticatela, affinché non vi illudiate che manca chi comanda. Non manca chi comanda, manca chi possa metterla in pratica.

2. 12. Se quindi non c'è nessuno capace di adempiere la legge, donde deriva questa incapacità? Perché l'uomo nasce con l'eredità del peccato e della morte. Nascendo da Adamo, ne ha ereditato il peccato che in lui è stato concepito. Il primo uomo cadde; e tutti i suoi discendenti ereditarono da lui la concupiscenza della carne. Era necessario che nascesse un altro uomo che non aveva ereditato la concupiscenza. Uomo l'uno, uomo l' altro: uno procura la morte, l'altro apporta la vita. Così dice l'Apostolo: Per mezzo d'un uomo la morte, per mezzo d'un uomo la risurrezione dei morti. Chi è l'uomo che porta la morte, e chi è quello che porta la risurrezione dei morti? Non aver fretta, ecco il seguito: Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti rivivranno (1Co 15,21-22). Chi sono quelli che appartengono ad Adamo? Tutti quelli che da lui sono nati. E chi sono quelli che appartengono a Cristo? Tutti quelli che sono nati per mezzo di Cristo. E perché tutti gli uomini nascono in peccato? Perché nessuno nasce se non da Adamo. Ma se nascere da Adamo è una conseguenza inevitabile della condanna, nascere per mezzo di Cristo, esige, invece, una libera decisione, ed è grazia. Non sono costretti gli uomini a nascere per mezzo di Cristo; mentre sono nati da Adamo senza averlo deciso. Quanti, tuttavia, nascono da Adamo, nascono con il peccato, peccatori; mentre tutti coloro che nascono per mezzo di Cristo, sono giustificati e giusti, non in se stessi, ma in lui. Se tu domandi perché "in se stessi", ti rispondo: perché appartengono ad Adamo; se domandi perché "in lui", ti rispondo: perché appartengono a Cristo. Perché? Perché è lui il nostro capo, il Signore nostro Gesù Cristo, venuto si sulla terra in carne mortale, non pero con l'eredità del peccato.

3. 13. La morte era la pena dei peccati; nel Signore essa fu un servizio di misericordia, non la pena del peccato. Il Signore infatti non aveva alcuna colpa che meritasse la morte. Egli dice: Ecco che viene il principe di questo mondo, e in me non trova nulla. Perché muori, dunque? Ma affinché tutti sappiano che io faccio la volontà di mio Padre, alzatevi, andiamo (Jn 14,30-31). Egli non aveva alcun motivo per dover morire, ed è morto; e tu invece che questo motivo ce l'hai, rifiuteresti di morire? Accetta dunque di soffrire con animo sereno per i tuoi peccati ciò che egli si è degnato di soffrire per liberare te dalla morte eterna. Uomo l'uno, uomo l'altro; Adamo, pero, soltanto un uomo; Cristo, Dio uomo. Quello è l'uomo del peccato, questo l'uomo della giustizia. Sei morto in Adamo, risorgi in Cristo; poiché ti sono riservate ambedue le cose. Già hai creduto in Cristo, paga pero il debito ereditato da Adamo: il vincolo non ti terrà legato in eterno, perché la morte temporale del tuo Signore ha ucciso la tua morte eterna. Questa è grazia, o miei fratelli, e questa è anche la fedeltà: era stata promessa, infatti, e la promessa è stata mantenuta.

. 14. Questa grazia non esisteva sotto l' Antico Testamento: la legge minacciava, non aiutava; comandava ma non guariva; scopriva ma non eliminava il male. Solo preparava ad accogliere il medico che sarebbe venuto, pieno di grazia e di verità. Era come quando il medico, che vuole curare qualcuno, manda prima un suo aiutante, perché gli faccia trovare legato l'ammalato. L'uomo, infatti, era malato, ma non voleva essere guarito, e si vantava d'essere in buona salute per non farsi curare. E' stata mandata la legge, che lo ha legato; e l'uomo allora si è scoperto colpevole e ha cominciato a reagire. Viene il Signore e, per guarirlo, somministra all'uomo delle medicine talvolta amare e aspre; dice al malato: accetta, sopporta, non amare il mondo, porta pazienza, lasciati curare col fuoco della continenza, accetta per le tue ferite il ferro della persecuzione. Eri spaventato, benché tu fossi legato. Ed ecco che il Signore, lui che era libero e non era in alcun modo legato, ha bevuto per primo la medicina che porge a te; per primo egli ha sofferto per consolarti, come per dirti: ciò che tu temi di soffrire per te, lo soffro prima io per te. Questa è grazia, una grande grazia! Chi potrà degnamente celebrarla?

. (Consideriamo l'umiltà di Cristo.)

4. 15. Parlo dell'umiltà di Cristo, o miei fratelli. Che dire della maestà di Cristo, della sua divinità? Già non mi sento all'altezza di affrontare, sia pure in qualche modo, il tema dell'umiltà di Cristo. Lo affido totalmente alla vostra meditazione, non esaurisco il tema dinanzi a voi che mi ascoltate. Meditate sull'umiltà di Cristo. Mi direte: chi ce la spiegherà se tu non ce ne parli? Ve ne parli lui dentro di voi. Colui che abita dentro di voi, potrà parlarvene meglio di chi fa sentire la sua voce di fuori. Vi mostri lui la grazia della sua umiltà, lui che ha fissato la sua dimora nei vostri cuori. Che se già ci sentiamo mancare le forze nel tentativo di parlarvi della sua umiltà, chi si sentirà di parlare della sua maestà? Se già ci sgomenta il mistero del Verbo che si è fatto carne, chi si sentirà di affrontare il tema del Verbo che era in principio? Dunque, fratelli, appoggiatevi a questa solida verità.

5. 16. Per mezzo di Mosè è stata data la legge, per mezzo di Gesù Cristo è stata fatta la grazia e la verità (Jn 1,17). La legge è stata data per mezzo di un servo, e ci ha resi colpevoli; la grazia è stata concessa per mezzo del sovrano, ed ha liberato i colpevoli. La legge è stata data per mezzo di Mosè. Il servo non si attribuisca niente più di quanto per mezzo di lui è stato fatto. Scelto per un compito importante, come un servo di casa, fedele si ma sempre servo, egli può agire secondo la legge, non può assolvere dai reati contro la legge. Dunque, per mezzo di Mosè è stata data la legge, per mezzo di Gesù Cristo è stata fatta la grazia e la verità.

. 17. Qualcuno potrebbe dire: la grazia e la verità non è stata fatta anche per mezzo di Mosè che ha visto Dio? L'evangelista subito aggiunge: Dio non l'ha mai veduto nessuno. E come fece allora Dio a rivelarsi a Mosè? Perché il Signore si manifesto al suo servo. Ma quale Signore? E' Cristo stesso che prima invio la legge per mezzo del suo servo, in attesa di venire personalmente con la grazia e la verità. E' vero, Dio non lo ha mai veduto nessuno. Ma in che modo si manifesto al suo servo, adattandosi a lui? L'Unigenito Figlio, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato (Jn 1,18). Che significa nel seno del Padre? Significa nel segreto del Padre. Dio, infatti, non ha un seno, una piega, quella che noi abbiamo sotto i nostri abiti; né si deve immaginare che egli si metta a sedere come noi, o che porti la cintura per cui la sua veste formi come un seno. Piuttosto, poiché il nostro seno è nascosto, per questo chiamiamo seno l'intimo segreto del Padre. Colui che conosce il Padre nel suo intimo segreto, è venuto a rivelarcelo. Infatti, Dio non lo ha mai veduto nessuno. Ma è venuto l'Unigenito stesso del Padre, e ci ha raccontato tutto ciò che ha visto. Che cosa vide Mosè? Mosè vide la nube (cf. Ex 24,15-18), vide l'angelo (cf. Ex 14,19), vide il fuoco (cf. Ex 3,2): sempre creature che rappresentavano, si, il Signore, ma non lo rendevano presente. La legge infatti esplicitamente dice: Mosè parlava col Signore faccia a faccia, come un amico col suo amico. Eppure più avanti senti Mosè che dice: Se ho trovato grazia al tuo cospetto, mostrati a me apertamente, affinché ti veda. Sarebbe poco se lo avesse solo detto; ha ricevuto anche la risposta: Non puoi vedere la mia faccia (Ex 33,11 Ex 33,13 Ex 33,20). Chi parlava con Mosè, o miei fratelli, era un angelo raffigurante il Signore; e tutte quelle cose che furono compiute per mezzo dell'angelo, promettevano la grazia e la verità futura. Lo sanno coloro che scrutano attentamente la legge: e siccome è opportuno che anche noi ve ne diciamo qualcosa, non taceremo alla vostra Carità quanto il Signore vorrà rivelarci.

(La sapienza di Dio è occulta.)

6. 18. Tenete dunque presente che tutte le cose che furono viste corporalmente, non erano l'essenza divina. Quelle cose, infatti, si vedono con gli occhi del corpo, ma l'essenza divina come si può vedere? Chiediamolo al Vangelo: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5,8). Ci sono stati degli uomini, i quali ingannati dalla vuotaggine del loro cuore, dicevano: il Padre è invisibile, ma il Figlio è visibile. Se ci si riferisce alla carne che egli assunse, d'accordo. Tra quelli infatti che videro la carne di Cristo, alcuni credettero, altri lo crocifissero: e quelli stessi che avevano creduto, davanti alla crocifissione dubitarono; e non avrebbero ripreso a credere se, dopo la risurrezione, non avessero potuto palpare la carne di Cristo. Se quindi si vuol dire che il Figlio fu visibile per via della carne, siamo d'accordo anche noi, ed è fede cattolica. Ma se si pretende affermare - come quelli fanno - che egli era visibile prima della sua incarnazione, allora è un vero assurdo e un grossolano errore. Quelle cose visibili furono compiute corporalmente per mezzo di creature, per mostrare in esse una figura profetica, non per indicare o rivelare l'essenza stessa di Dio. La vostra Carità tenga conto di questa semplice osservazione: la Sapienza di Dio non può essere vista con gli occhi. Ora, o fratelli, se Cristo è la Sapienza e la Potenza di Dio (1Co 1,24), se Cristo è il Verbo di Dio, e la parola di un uomo non può essere vista con gli occhi, potrebbe esserlo il Verbo di Dio?

(Morti in Adamo, risorgiamo in Cristo.)9)23:08:10

7. 19. Allontanate dunque dai vostri cuori ogni pensiero carnale, affinché davvero possiate essere sotto la grazia, e appartenere al Nuovo Testamento. Per questo la vita eterna è promessa nel Nuovo Testamento. Leggete l'Antico Testamento e vedrete che Dio prescriveva a quel popolo, ancora carnale, gli stessi precetti che ha dato a noi. Anche a noi, infatti, è comandato di adorare un Dio solo (cf. Ex 20,3); anche a noi è comandato di non proferire invano il nome del Signore (Ex 20,7), e questo è il secondo comandamento. Osserva il sabato (Dt 5,12 Ex 20,10), è ancor più comandato a noi: perché ci viene prescritto di osservarlo spiritualmente. I Giudei infatti osservano il sabato soltanto materialmente, abbandonandosi alla lussuria e all'ebbrezza. Le loro donne avrebbero fatto meglio a lavorare la lana anche in quel giorno, piuttosto che danzare sulle terrazze. Certo, fratelli, non diremo che costoro osservassero il sabato. E' invece in senso spirituale che il cristiano osserva il sabato, astenendosi dalle opere servili. Che significa astenersi dalle opere servili? Significa astenersi dal peccato. E come dimostreremo cio? Ascoltiamo il Signore: Chi fa il peccato, è schiavo del peccato (Jn 8,34). Sicché a noi viene prescritta l'osservanza spirituale del sabato. Ed ecco tutti gli altri precetti che ancor più a noi vengono prescritti, e che dobbiamo osservare: Non uccidere; non fornicare; non rubare; non dire falsa testimonianza; onora tuo padre e tua madre; non desiderare la roba del tuo prossimo, non desiderare la donna del tuo prossimo (Ex 20,12-17 Dt 5,16-21). Non vengono forse prescritte anche a noi tutte queste cose? Ma se cerchi quale sia la ricompensa promessa ai Giudei, troverai scritto: Voi inseguirete i vostri nemici, ed entrerete in possesso della terra che Dio ha promesso ai vostri padri (Lv 26,1-13). Quelli erano incapaci di intendere le realtà invisibili, e allora Dio li teneva legati a sé con dei beni visibili. Perché li teneva legati a sé? Perché non si perdessero del tutto, abbandonandosi alla idolatria. E questo lo han fatto, fratelli miei (ed è documentato), dimentichi di tutti i prodigi che Dio aveva compiuto sotto i loro occhi. Il mare fu diviso in due, fu aperto un cammino in mezzo ai flutti; i nemici che li inseguivano furono travolti dalle stesse acque in mezzo alle quali loro erano passati (cf. Ex 14,21-31). Ma, non appena quell'uomo di Dio che era Mosè si fu allontanato dalla loro vista, chiesero un idolo dicendo: Facci un dio che cammini dinanzi a noi, perché quell'uomo ci ha abbandonati (Ex 32,1). Dunque, tutta la loro speranza era riposta in un uomo, non in Dio. Ammettiamo che quell'uomo fosse morto, era morto forse anche Dio che li aveva tratti fuori dalla terra d'Egitto? E non appena si furon fatti una figura di vitello, lo adorarono esclamando: Questo, o Israele, è il tuo dio, che ti ha liberato dalla terra d'Egitto (Ex 32,4). Come avevano dimenticato presto una grazia così segnalata! Ora, un popolo siffatto, in quale altro modo Dio poteva tenerlo legato a sé, se non con promesse materiali?

20. I comandamenti che a noi sono stati dati, sono gli stessi contenuti nel decalogo della legge; ma le promesse che ci vengono fatte sono diverse. Che cosa viene promesso a noi? La vita eterna. Ora la vita eterna è questa: che conoscano te, solo vero Dio, e colui che hai mandato: Gesù Cristo (Jn 17,3). Ci viene promessa la conoscenza di Dio: questa è grazia su grazia. Fratelli, noi ora crediamo, non vediamo ancora; la ricompensa di questa fede sarà vedere ciò che crediamo. Questo i profeti lo sapevano, ma prima che Cristo venisse era occulto. In un salmo ecco cosa dice, sospirando, uno che amava Dio sinceramente: Una cosa sola ho chiesto al Signore, questa richiedero. E volete sapere cosa chiede? Forse una terra in cui scorrono latte e miele in senso materiale? (in senso spirituale una tale terra è da chiedersi e da cercare). Oppure chiedeva la sconfitta dei suoi avversari, o la morte dei suoi nemici, o la potenza e i beni di questo mondo? Arde d'amore, sospira intensamente, brucia e anela. Ma vediamo cosa chiede: Una cosa sola ho chiesto al Signore, questa richiedero. Che cosa richiede? Di poter abitare - dice

-nella casa del Signore per tutti i giorni di mia vita. E se abiterai nella casa del Signore, che cosa formerà la tua gioia? Per contemplare - dice -il gaudio che dà il Signore (Ps 26,4).

(Sarai sempre sazio e non sarai mai sazio.)

21. Fratelli miei, per qual motivo applaudite? Donde nasce la vostra gioia, il vostro amore, se non dalla scintilla di questa carità che è in voi? Ditemi, cos'è che voi desiderate? E' cosa che si può vedere, che si può toccare? E' una bellezza che appaga l'occhio? Forse che non amiamo appassionatamente i martiri, e quando li commemoriamo non ci sentiamo accendere d'amore? Ditemi, o fratelli, che cosa amiamo in loro? Forse le membra dilaniate dalle belve? Non c'è niente di più orribile se guardiamo con gli occhi della carne, ma non c'è niente di più bello se guardiamo con gli occhi del cuore! Come apparirebbe ai vostri occhi un adolescente bellissimo, ma ladro? I vostri occhi proverebbero orrore. Ciò significa forse che gli occhi della carne inorridiscono? Se vi limitate al loro giudizio, non c'è niente di più armonioso, di più grazioso di quel corpo: le membra ben proporzionate, il colorito sano formano la gioia degli occhi. E tuttavia, non appena sentite dire che quello è un ladro, il vostro animo rifugge da lui. Al contrario, vedi un vecchio cadente, che si appoggia al bastone. Che si muove a stento, che ha il volto tutto solcato di rughe: che cosa trovi in lui che possa dilettare i tuoi occhi? Se pero senti dire che è un uomo giusto, subito gli vuoi bene e ti senti attratto verso di lui. Tali sono, fratelli miei, i beni che ci sono stati promessi. Cose siffatte dovete amare, a un regno siffatto aspirare, e di una patria siffatta dovete sentire il desiderio, se volete ottenere ciò che nostro Signore ci ha recato, la grazia e la verità. Se invece aspetti da Dio beni materiali, vuol dire che sei ancora sotto la legge, e perciò non potrai neppure compiere la legge. Quando vedi, infatti, che di questi beni materiali abbondano gli uomini che offendono Dio, i tuoi passi vacillano e dici a te stesso: Ecco, io onoro Dio, corro in chiesa tutti i giorni, le mie ginocchia si son consumate a forza di pregare, e sempre mi va male; ci sono invece di quelli che uccidono e rubano, e vivono contenti nell'abbondanza e tutto per loro riesce bene. Erano dunque queste le cose che ti aspettavi da Dio? Certamente avevi di mira la grazia. E allora se Dio ti ha dato la grazia, poiché il suo dono è gratuito, amalo gratuitamente. Guardati dall'amare Dio in vista del premio: egli stesso sia il tuo premio. Il tuo cuore ripeta: Una sola cosa ho chiesto al Signore, questa richiedero: abitare nella casa del Signore per tutti i giorni di mia vita, per contemplare la beatitudine del Signore (Ps 26,4). Non temere di averti a stancare: tale sarà il godimento di quella bellezza, che sempre sarà dinanzi a te e mai te ne sazierai; o meglio, ti sazierai sempre e non ti sazierai mai. Se dicessi: non ti sazierai mai, potresti pensare che patirai la fame; se dicessi: ti sazierai, potresti pensare che finirai per annoiarti. Non so come esprimermi: non ci sarà noia e non ci sarà fame; ma Dio ha di che offrire a coloro che non riescono ad esprimersi, e tuttavia credono a quello che da lui possono ricevere.


Agostino - Commento Gv 2