Agostino - Commento Gv 8

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OMELIA 8

(Jn 2,1-4)

Jn 2,1-4


Le nozze di Cana.

Invitato, il Signore è andato alle nozze. Nessuna meraviglia che sia andato alle nozze in Cana di Galilea, lui che è venuto alle nozze in questo mondo. Il Verbo è lo sposo, e la carne umana è la sposa.

1. 1. Il miracolo con cui nostro Signore Gesù Cristo cambio l'acqua in vino, non sorprende se si considera che fu Dio a compierlo. Infatti, chi in quel banchetto di nozze fece comparire il vino in quelle sei anfore che aveva fatto riempire di acqua (Jn 2,6-11), è quello stesso che ogni anno fa ciò nelle viti. Quel che i servi avevano versato nelle anfore, fu cambiato in vino per opera del Signore, come per opera del medesimo Signore si cambia in vino ciò che cade dalle nubi. Se questo non ci meraviglia, è perché avviene regolarmente ogni anno: la regolarità con cui avviene impedisce la meraviglia. Eppure questo fatto meriterebbe maggior considerazione di quanto avvenne dentro le anfore piene d'acqua. Come è possibile, infatti, osservare le risorse che Dio dispiega nel reggere e governare questo mondo, senza rimanere ammirati e come sopraffatti da tanti prodigi? Che meraviglia, ad esempio, e quale sgomento prova chi considera la potenza anche d'un granello di un qualsiasi seme! Ma siccome gli uomini, ad altro intenti, trascurano di considerare le opere di Dio, e trarne argomento di lode quotidiana per il Creatore, Dio si è come riservato di compiere alcune cose insolite, per scuotere gli uomini dal loro torpore e richiamarli al suo culto con nuove meraviglie. Risuscita un morto, e tutti rimangono meravigliati; eppure ogni giorno ne nascono tanti, e nessuno ci bada. Ma se consideriamo più attentamente, è un miracolo più grande creare ciò che non era, che risuscitare ciò che era. Ed è il medesimo Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che compie tutte queste cose per mezzo del suo Verbo, e lui che le ha create, le regge. I primi miracoli li ha fatti per mezzo del suo Verbo, che è presso di lui e Dio egli stesso; gli altri per mezzo del suo Verbo incarnato e fatto uomo per noi. Come ammiriamo le cose fatte per mezzo di Gesù uomo, così dobbiamo ammirare quelle fatte per mezzo di Gesù Dio. Per mezzo di lui sono stati fatti il cielo e la terra, il mare, ogni ornamento del cielo, l'ubertà della terra, la fecondità del mare: tutte queste cose che ci circondano sono state fatte per mezzo di Gesù Dio. Noi contempliamo queste cose, e se in noi c'è il suo Spirito, ci piacciono e c'invitano a lodare l'artefice; eviteremo così di volgerci a queste opere allontanandoci dal loro artefice o di rivolgere, per così dire, il volto a queste creature voltando le spalle al loro creatore.

2. 2. Queste sono le cose che vediamo e che tocchiamo con mano; ma che dire di quelle che non vediamo, come sono gli Angeli, le Potestà, le Virtù, le Dominazioni, ogni abitante di quella dimora sopraceleste, che non ci è dato di vedere? Sebbene anche gli angeli, all'occorrenza, siano apparsi agli uomini. Non è Dio che, sempre per mezzo del suo Verbo, cioè del suo Figlio Unigenito nostro Signore Gesù Cristo, ha creato tutti questi esseri? La stessa anima umana, che non si vede e che mediante le sue manifestazioni nella carne riempie di ammirazione chi ben la consideri, da chi è stata fatta se non da Dio? e per mezzo di chi è stata fatta, se non per mezzo del Figlio di Dio? Né parlo soltanto dell'anima dell'uomo: guardate l'anima di un qualsiasi animale, come regge il suo corpo! Rende attivi tutti i sensi: gli occhi per vedere, le orecchie per udire, le narici per fiutare, il gusto per discernere i sapori, le membra stesse, infine, per compiere le loro funzioni. Forse che tutto questo lo compie il corpo, e non invece l'anima che abita nel corpo? Non si vede con gli occhi, e tuttavia la sua attività suscita ammirazione. Si

rivolga ora in particolare l'attenzione all'anima dell'uomo, cui Dio ha accordato la capacità di conoscere il suo Creatore, di discernere e distinguere il bene dal male, il giusto da ciò che non è giusto: che cosa non compie essa per mezzo del corpo! Osservate l'ordine che regna nell'universo della società umana: l'ordinamento amministrativo, la gerarchia dei poteri, le istituzioni, le leggi, i costumi, le arti. E' l'anima che compie tutto, e nessuno vede la potenza dell'anima. Appena viene sottratta al corpo, questo giace cadavere; finché gli è unita, è come se ne impedisse la corruzione, come se lo imbalsamasse. Ogni carne, difatti, è corruttibile e si decompone, se non viene conservata e sostentata dall'anima. Ma questo potere lo ha anche l'anima dei bruti. Più mirabili sono le cose che ho detto prima, quelle che son proprie dello spirito e dell'intelligenza, dove l'uomo, che fu fatto a immagine del suo Creatore (Col 3,10), secondo questa immagine è rinnovato. Quale sarà la potenza dell'anima, quando anche questo nostro corpo si sarà rivestito dell'incorruttibilità e, mortale qual'è si sarà rivestito dell'immortalità (1Co 15,53)? Se tanto è il suo potere anche servendosi della carne corruttibile, che cosa non potrà quando, in seguito alla resurrezione dei morti, potrà servirsi d'un corpo spirituale? Quest'anima, tuttavia, di natura e sostanza mirabili, invisibile e intelligibile com'è, è stata fatta anch'essa per mezzo di Gesù Dio, poiché egli è il Verbo di Dio, e le cose tutte furono fatte per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto (Jn 1,3).

(La sobria ebbrezza.)

3. Di fronte a tanti prodigi compiuti per mezzo di Gesù Dio, c'è da meravigliarsi se l'acqua è mutata in vino per mezzo di Gesù uomo? Diventando uomo, egli non ha cessato di essere Dio: si è aggiunto l'uomo, non è venuto meno Dio. Chi ha compiuto questo prodigio è colui che ha creato tutte le cose. Non dobbiamo meravigliarci che Dio abbia fatto questo, ma piuttosto ringraziarlo perché lo ha fatto in mezzo a noi, e per la nostra salvezza. Attraverso le stesse circostanze egli ci vuole suggerire qualcosa, poiché ritengo che non senza una ragione il Signore intervenne alle nozze. A parte il miracolo, il contesto stesso adombra qualche mistero, qualche sacramento. Bussiamo perché ci apra e c'inebri del vino invisibile. Anche noi eravamo acqua e ci ha convertiti in vino, facendoci diventare sapienti; gustiamo infatti la sapienza che viene dalla fede in lui, noi che prima eravamo insipienti. Credo sia proprio mediante la sapienza - non disgiunta dall'onore reso a Dio, dalla lode della sua maestà e dall'amore della sua potentissima misericordia - è proprio mediante la sapienza che potremo pervenire all'intelligenza spirituale di questo miracolo.

(Lo sposo avanza.)

2. 4. Invitato, il Signore si reca ad un festino di nozze. C'è da meravigliarsi che vada alle nozze in quella casa, lui che è venuto a nozze in questo mondo? Se non fosse venuto a nozze, non avrebbe qui la sposa. E che senso avrebbero allora le parole dell'Apostolo: Vi ho fidanzati ad uno sposo unico, come una vergine pura da presentare a Cristo? Che cosa teme l'Apostolo? Che la verginità della sposa di Cristo venga corrotta dall'astuzia del diavolo. Temo - dice -che come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall'amore sincero e casto verso Cristo. Il Signore ha qui, dunque, una sposa che egli ha redento col suo sangue, e alla quale ha dato come pegno lo Spirito Santo (2Co 11,2-3 2Co 1,22). L'ha strappata alla tirannia del diavolo, è morto per le sue colpe, è risuscitato per la sua giustificazione (Rm 4,25). Chi può offrire tanto alla sua sposa? Offrano pure gli uomini quanto c'è di meglio al mondo: oro, argento, pietre preziose, cavalli, schiavi, ville, possedimenti: ci sarà forse qualcuno che può offrire il suo sangue? Se uno offrisse il suo sangue per la sposa, come potrebbe sposarla? Il Signore invece affronta serenamente la morte, dà il suo sangue per colei che sarà

sua dopo la risurrezione, colei che già aveva unito a sé nel seno della Vergine. Il Verbo, infatti, è lo sposo e la carne umana è la sposa; e tutti e due sono un solo Figlio di Dio, che è al tempo stesso figlio dell'uomo. Il seno della vergine Maria è il talamo dove egli divenne capo della Chiesa, e donde avanzo come sposo che esce dal talamo, secondo la profezia della Scrittura: Egli è come sposo che procede dal suo talamo, esultante come campione nella sua corsa (Ps 18,6). Esce come sposo dalla camera nuziale e, invitato, si reca alle nozze.

5. Non è certo senza un motivo recondito che egli sembra non riconoscere la madre, dalla quale era uscito come sposo, quando le dice: Che c'è tra me e te, o donna? La mia ora non è ancora giunta (Jn 2,4). Cosa significano queste parole? Ha forse presenziato alle nozze per insegnarci a disprezzare la madre? Era andato alle nozze d'un uomo che prendeva moglie per generare dei figli, e che certamente aspirava ad essere onorato dai figli che avrebbe generato. E Gesù avrebbe partecipato alle nozze per mancare di rispetto alla madre, mentre le nozze vengono celebrate e ci si sposa per avere dei figli, ai quali Dio comanda di rendere onore ai genitori? Certamente, fratelli, c'è qui nascosto un mistero. E si tratta di cosa tanto importante che taluni -contro cui, come già abbiamo ricordato, ci ha messo in guardia l'Apostolo dicendo: Temo che, come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall'amore sincero e casto verso Gesù Cristo (2Co 11,3) - i quali, contraddicendo il Vangelo, sostengono che Gesù Cristo non è nato da Maria Vergine, credono d'aver trovato una conferma al loro errore proprio in queste parole del Signore. Come poteva essere sua madre - essi dicono

-colei alla quale Cristo disse: Che c'è tra me e te, o donna? Bisogna rispondere a costoro spiegando il significato della frase del Signore, affinché non credano d'aver trovato, sragionando, un argomento contro la fede, che corrompa la purezza della sposa vergine, cioè la fede della Chiesa. E davvero si corrompe, o fratelli, la fede di coloro che preferiscono la menzogna alla verità. Costoro infatti che credono di onorare Cristo negando la realtà della sua carne, lo fanno passare per bugiardo. Coloro che costruiscono negli uomini la menzogna, che altro eliminano da essi se non la verità? Vi introducono il diavolo e ne escludono Cristo; vi fanno entrare l'adultero e ne fanno uscire lo sposo. Sono paraninfi o, meglio, agenti del diavolo: con le loro parole aprono la porta al diavolo e scacciano Cristo. In che modo il serpente s'impossessa dell'uomo? Facendo si che l'uomo ceda alla menzogna. Quando la menzogna domina, domina il serpente; quando la verità domina, domina Cristo. Egli infatti ha detto: Io sono la verità (Jn 14,6); del diavolo invece ha detto: Non rimase nella verità, perché in lui non c'è verità (Jn 8,44). Ora, Cristo è talmente la verità che tutto in lui è vero: Egli è il vero Verbo, Dio uguale al Padre, vera anima, vera carne, vero uomo, vero Dio; vera è la sua nascita, vera la sua passione, la sua morte, la sua risurrezione. Se neghi una sola di queste verità, entra il marcio nella tua anima, il veleno del diavolo genera i vermi della menzogna, e nulla rimarrà integro in te.

6. Qual è, dunque, il significato della frase del Signore: Che c'è tra me e te, donna? Forse in ciò che segue il Signore ci mostra perché si è espresso cosi: Non è ancora giunta la mia ora. Questa è, infatti, l'intera frase: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. Cerchiamo di capire perché si è espresso cosi. Prima, pero, confutiamo gli eretici. Che cosa dice l'inveterato serpente, l'antico istigatore e iniettatore di veleni? Che cosa dice? Che Gesù non ebbe per madre una donna. Come puoi provarlo? Con le parole, tu mi dici, del Signore: Che c'è tra me e te, donna? Ma, rispondo, chi ha riportato queste parole, perché possiamo credere che davvero si sia espresso cosi? Chi? L'evangelista Giovanni. Ma è proprio l'evangelista Giovanni che ha detto: E la madre di Gesù si trovava là. Questo è infatti il suo racconto: Il terzo giorno in Cana di Galilea si celebro un festino di nozze, e la madre di Gesù si trovava là. Alle nozze fu invitato anche Gesù con i suoi discepoli (Jn 2,1-2). Abbiamo qui due affermazioni dell'evangelista. Egli dice: la madre di Gesù si trovava là; ed egli stesso riferisce le parole di Gesù a sua madre. Affinché voi possiate custodire la verginità del cuore di fronte alle insinuazioni del serpente, notate, o fratelli, come nel riferire la risposta di Gesù a sua madre, l'evangelista cominci col dire: Sua madre gli dice... Nella medesima narrazione, nel medesimo Vangelo, il medesimo evangelista riferisce: La madre di Gesù si trovava là, e: Sua madre gli disse. Di chi è questa narrazione? Dell'evangelista Giovanni. E che cosa Gesù risponde alla madre? Che c'è tra me e te, o donna? Ed è lo stesso evangelista Giovanni a narrarcelo. O evangelista fedelissimo e veracissimo, tu mi racconti che Gesù disse a sua madre: Che c'è tra me e te, donna? Perché hai dato l'appellativo di madre a colei che non riconosce tale? Tu infatti hai detto che là si trovava la madre di Gesù, e che sua madre gli disse... Perché non hai detto piuttosto: Là si trovava Maria, e Maria gli disse? Tu riferisci tutte e due le espressioni: e sua madre gli disse, e Gesù le rispose: Che c'è tra me e te, donna? Perché questo, se non perché tutte e due le espressioni sono vere? Gli eretici, invece, credono all'evangelista quando narra che Gesù disse a sua madre: Che c'è tra me e te, donna?, e non vogliono credere all'evangelista che riferisce: Là si trovava la madre di Gesù, e sua madre gli disse... Ebbene, chi è che resiste al serpente e custodisce la verità, e la cui integrità spirituale non è violata dall'astuzia del diavolo? Certamente chi ritiene vere ambedue le cose: che là si trovava la madre di Gesù, e che Gesù rispose a sua madre in quel modo. Se ancora non riesci a capire come mai Gesù abbia risposto: Che c'è tra me e te, donna?, tuttavia credi che Gesù ha detto queste parole, e che le ha dette a sua madre. Se la fede è fondata sulla pietà, anche l'intelligenza raccoglierà il suo frutto.

(Cercate la verità senza polemizzare.)

7. Domando a voi, fedeli cristiani: C'era la madre di Gesù alle nozze? Voi rispondete che c'era. Come lo sapete? Voi rispondete: Lo dice il Vangelo. Che cosa rispose Gesù a sua Madre? Voi dite: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. E anche questo come lo sapete? Voi rispondete: Lo dice il Vangelo. Che nessuno vi corrompa questa fede, se volete conservare per lo sposo una casta verginità. Se poi qualcuno vi domanda perché Gesù rispose così a sua madre, parli chi è riuscito a capire; e chi non è ancora riuscito a capire, creda fermissimamente che Gesù ha dato questa risposta, e l'ha data a sua madre. Questo spirito di pietà gli otterrà anche di capire il senso di quella risposta, se busserà pregando, e non si accosterà alla porta della verità solo discutendo. Soltanto eviti, mentre ritiene di sapere o si vergogna di non sapere il motivo di quella risposta, di ridursi a credere che l'evangelista riferendo che là si trovava la madre di Gesù, ha mentito; oppure che Cristo ha sofferto per le nostre colpe una morte fittizia, ha mostrato per la nostra giustificazione false cicatrici, ed ha affermato il falso quando disse: Se voi rimanete nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi (Jn 8,31-32). Perché se la madre è fittizia, fittizia è la carne, fittizia è la morte, fittizie le ferite della passione, fittizie le cicatrici della risurrezione; allora non sarà la verità a liberare quelli che credono in lui, ma piuttosto la falsità. E invece la falsità ceda il passo alla verità, e siano confusi tutti quelli che vorrebbero sembrare veraci proprio mentre si sforzano di dimostrare che Cristo è menzognero, e non vogliono sentirsi dire: - Non vi crediamo perché mentite -, mentre loro vanno dicendo che la verità stessa ha mentito. Se poi domandiamo a costoro come fanno a sapere che Cristo ha detto: Che c'è tra me e te, donna?, essi rispondono che hanno creduto al Vangelo. Ma perché allora non credono al Vangelo, quando dice: là si trovava la madre di Gesù, e sua madre gli disse...? Che se dicendo questo il Vangelo mentisce, come gli si può credere quando riferisce le parole di Gesù: Che c'è tra me e te, donna? Non farebbero molto meglio, questi miserabili, a credere sinceramente che il Signore ha dato questa risposta a sua madre e non ad una estranea? e cercare religiosamente il senso di questa risposta? C'è infatti una grande differenza tra chi dice: - Vorrei sapere perché Cristo ha risposto così a sua madre -, e chi dice: - Io so che questa risposta Cristo non l'ha data a sua madre -. Altro è voler chiarire ciò che è oscuro, altro è rifiutare di credere ciò che è chiaro. Chi dice: - Voglio sapere perché Cristo ha risposto così a sua madre -, desidera gli sia chiarito il Vangelo, al quale crede; chi invece dice: - So che Cristo non ha dato questa risposta a sua madre -, accusa di menzogna il Vangelo, dal quale ha appreso che Cristo ha risposto cosi.

(Fede e intelligenza.)

1. 8. E adesso, fratelli, che abbiamo risposto a costoro, che nella loro cecità son destinati a rimanere nell'errore fin quando umilmente accetteranno di essere guariti, se volete, noi cercheremo di sapere perché nostro Signore abbia risposto in quel modo a sua madre. Caso unico, egli è nato dal Padre senza madre, dalla madre senza padre: senza madre come Dio, senza padre come uomo; senza madre prima dei tempi, senza padre nella pienezza dei tempi. Questa risposta l'ha data proprio a sua madre, perché là c'era la madre di Gesù, e la madre di Gesù gli disse... Tutto questo lo dice il Vangelo. Dal Vangelo sappiamo che là c'era la madre di Gesù, e dallo stesso Vangelo sappiamo che Gesù disse a sua madre: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. Crediamo tutto, e mettiamoci a cercare ciò che ancora non abbiamo capito. E anzitutto state attenti che, come i manichei han trovato pretesto alla loro incredulità nel fatto che il Signore disse: Che c'è tra me e te, donna?, così gli astrologhi non trovino pretesto per la loro ciarlataneria nel fatto che il Signore disse: Non è ancora giunta la mia ora. Se il Signore ha detto questo nel senso degli astrologi, noi abbiamo commesso un sacrilegio bruciando i loro scritti. Se, invece, abbiamo fatto bene, seguendo il costume del tempo degli Apostoli (cf. Ac 19,19), è perché le parole del Signore: Non è ancora giunta la mia ora, non sono da interpretare nel senso che pretendono loro. Infatti, questi ciarlatani, sedotti e seduttori, vanno dicendo: Come vedete, Cristo era soggetto al fato, poiché dice: Non è ancora giunta la mia ora. A chi risponderemo prima: agli eretici, o agli astrologi? Sia gli uni che gli altri provengono dal serpente, e si propongono di violare la verginità spirituale della Chiesa, che consiste nell'integrità della sua fede. Se volete, prima rispondiamo a coloro ai quali per primi mi sono riferito, ai quali peraltro in gran parte abbiamo già risposto. Ma affinché non pensino che noi non sappiamo che dire in merito alla risposta che il Signore ha dato a sua madre, vi vogliamo documentare meglio contro di loro; perché, a confutarli, credo bastino le cose già dette.

2. 9. Perché dunque il figlio ha detto alla madre: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora? Nostro Signore Gesù Cristo era Dio e uomo. Come Dio non aveva madre, come uomo l'aveva. Maria, quindi, era madre della carne di lui, madre della sua umanità, madre della debolezza che per noi assunse. Ora, il miracolo che egli stava per compiere, era opera della sua divinità, non della sua debolezza: egli operava in quanto era Dio, non in quanto era nato debole. Ma la debolezza di Dio è più forte degli uomini (1Co 1,25). La madre esigeva un miracolo ed egli, accingendosi a compiere un'opera divina, sembra insensibile ai sentimenti di tenerezza filiale. E' come se dicesse: Quel che di me compie il miracolo, non l'hai generato tu: tu non hai generato la mia divinità; ma siccome hai generato la mia debolezza, allora ti riconoscero quando questa mia infermità penderà dalla croce. E' questo il senso della frase: Non è ancora giunta la mia ora. Sulla croce riconobbe la madre, lui che da sempre la conosceva. Conosceva sua madre prima di nascere da lei, quando la predestino; e prima di creare, come Dio, colei della quale come uomo sarebbe stato creatura. Tuttavia, in una certa ora misteriosamente non la riconosce, e poi in un'altra ora, che ancora doveva venire, di nuovo misteriosamente la riconosce. La riconobbe nell'ora in cui stava morendo ciò che ella aveva partorito. Moriva, infatti, non il Verbo per mezzo del quale Maria era stata creata, ma la carne che Maria aveva plasmato; non moriva Dio che è eterno, ma la carne che è debole. Con quella risposta, dunque, il Signore vuole aiutare i credenti a distinguere, nella loro fede, la sua persona dalla sua origine temporale. E' venuto per mezzo di una donna, che gli è madre, lui che è Dio e Signore del cielo e della terra. In quanto Signore del mondo, Signore del cielo e della terra, certamente egli è anche Signore di

Maria; in quanto creatore del cielo e della terra, è anche creatore di Maria; ma in quanto nato da donna e fatto sotto la legge (Ga 4,4) - secondo l'espressione dell'Apostolo -, egli è il figlio di Maria. E' ad un tempo Signore e figlio di Maria, ad un tempo creatore e creatura di Maria. Non meravigliarti del fatto che è ad un tempo figlio e Signore: Vien detto figlio di Maria come vien detto figlio di Davide, ed è figlio di Davide perché è figlio di Maria. Ascolta la testimonianza esplicita dell'Apostolo: Egli è nato dalla stirpe di Davide secondo la carne (Rm 1,3). Ma egli è altresi il Signore di Davide. E' lo stesso Davide che lo afferma. Ascolta: Parola del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra (Ps 109,1). Gesù pose i Giudei di fronte a questa testimonianza, e con essa li ridusse al silenzio. Come dunque egli è insieme figlio e Signore di Davide (Mt 22,45), figlio secondo la carne e Signore secondo la divinità, così è figlio di Maria secondo la carne e Signore di Maria secondo la maestà. E poiché Maria non era madre della divinità, e il miracolo che ella chiedeva doveva compiersi in virtù della divinità, per questo disse: Che c'è tra me e te, donna? Non credere pero, o Maria, che io voglia rinnegarti come madre; gli è che non è ancora giunta la mia ora; allora, quando l'infermità di cui sei madre penderà dalla croce, io ti riconoscero. Ecco la prova di questa verità. Narrando la passione del Signore, il medesimo evangelista, che conosceva la madre del Signore e che come tale ce l'ha presentata in queste nozze, dice cosi: Stava là, presso la croce, la madre di Gesù, e Gesù disse a sua madre: Donna, ecco tuo figlio; poi al discepolo: Ecco tua madre (Jn 19,25-27). Affida la madre al discepolo; affida la madre, egli che stava per morire prima di lei e che sarebbe risorto prima che ella morisse: egli, uomo, raccomanda ad un uomo una creatura umana. Ecco la natura umana che Maria aveva partorito. Era venuta l'ora alla quale si riferiva quando aveva detto: Non è ancora giunta la mia ora.

1. 10. Mi pare che abbiamo risposto sufficentemente agli eretici; rispondiamo ora, fratelli, agli astrologi. Che prova adducono, costoro, per convincere che Gesù era soggetto al fato? La parola stessa del Signore: Non è ancora giunta la mia ora; e noi - continuano - crediamo alla sua parola. Se egli avesse detto: "Non ho alcuna ora", avrebbe liquidato gli astrologi; e invece egli ha detto: Non è ancora giunta la mia ora. Ripeto, se avesse detto: "Non ho alcuna ora", avrebbe liquidato gli astrologi, e le loro calunnie sarebbero senza fondamento; ma siccome ha detto: Non è ancora giunta la mia ora, che possiamo opporre alle loro parole? E' davvero strano che gli astrologi ricorrano alle parole di Cristo per convincere i cristiani che Cristo visse soggetto ad un'ora fatale. Allora credano a Cristo quando dice: Ho il potere di dare la mia vita, per riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la do da me, e di nuovo la riprendo (Jn 10,18). Anche questo potere, forse, è soggetto al fato? Mi mostrino un uomo che abbia il potere di morire quando vuole, di vivere quanto gli pare; non me lo potranno mostrare. Credano dunque a Dio che dice: Ho il potere di dare la mia vita, e di riprenderla di nuovo; e cerchino di capire la frase: Non è ancora giunta la mia ora, e di conseguenza non assoggettino al fato il Creatore del cielo, il Creatore e ordinatore degli astri. Se esistesse questo fato che viene dagli astri, il Creatore degli astri non potrebbe essere soggetto al loro influsso. Aggiungi, che non solo Cristo non fu soggetto al fato: ma neppure tu, né io, né quello li, né alcun uomo.

2. 11. Essi tuttavia, sedotti seducono, e spacciano i loro errori, tentando di accalappiare gli uomini perfino nelle pubbliche piazze. Coloro che tendono lacci per catturare le belve, lo fanno nelle foreste o in luoghi deserti: come sono da compiangere quei semplicioni che si lasciano accalappiare perfino nelle piazze! Quando un uomo si vende ad un altro, viene pagato; costoro, invece, pagano per vendersi alle menzogne. Ricorrono all'astrologo per comprarsi dei padroni, quelli che all'astrologo piacerà loro assegnare: Saturno, Giove, Mercurio, o altro nome sacrilego. Quest'uomo è entrato libero, ed ha pagato per uscire schiavo. Veramente, se fosse stato libero non sarebbe entrato; è entrato dove lo hanno spinto quei tiranni che sono l'errore e la cupidigia. Per questo la Verità dice: Chi commette il peccato, diventa schiavo del peccato (Jn 8,34).

(Il capo e il corpo.)

1. 12. Perché dunque il Signore ha detto: Non è ancora giunta la mia ora? Soprattutto perché essendo in suo potere morire quando avesse voluto, giudicava che ancora non era giunto il momento di usare tale potere. Anche noi, o fratelli, ci esprimiamo in modo analogo quando, ad esempio, diciamo: E' giunta l'ora di andare a celebrare i divini misteri. Se vi andassimo prima del tempo, dimostreremmo di essere precipitosi e intempestivi. Ma per il fatto che non operiamo se non al momento opportuno, si dirà perciò che compiendo queste azioni ed esprimendoci in questo modo, noi teniamo conto del fato? Che significa dunque: Non è ancora giunta la mia ora? Non è ancora giunta l'ora in cui ritengo opportuno patire, in cui ritengo utile la mia passione; quando sarà giunto il momento, allora patiro volontariamente. Devi tener conto dell'affermazione: Non è ancora giunta la mia ora; e dell'altra: Ho il potere di dare la mia vita, e di riprenderla di nuovo. Egli era venuto col potere di morire quando avesse voluto. Se pero fosse morto prima di scegliere gli Apostoli, certamente la sua morte sarebbe stata prematura; se fosse stato uno che non potesse liberamente disporre della sua ora, poteva accadergli di morire anche prima di scegliere i discepoli; e se gli fosse accaduto di morire dopo aver scelto e formato i discepoli, ciò sarebbe stato un favore a lui concesso, non una cosa da lui decisa. Colui, invece, che era venuto col potere di decidere l'ora di lasciare questa vita e quella di ritornarvi, come pure il termine del suo cammino, e al quale erano aperti gli inferi non soltanto alla sua morte ma anche alla sua risurrezione, volendo rivelare a noi, che siamo la sua Chiesa, la speranza dell'immortalità, mostro in se stesso, che era il Capo, ciò che le membra dovevano sperare. Colui che risuscito come Capo, risorgerà anche nelle altre membra. Quindi, non era ancora giunta l'ora, non era ancora il momento opportuno. Si dovevano prima chiamare i discepoli, si doveva annunziare il regno dei cieli, si dovevano compiere i prodigi; si doveva prima confermare con i miracoli la divinità del Signore, e con i patimenti la sua umanità. Colui che soffriva la fame perché era uomo, sfamo migliaia di persone perché era Dio; colui che dormiva perché era uomo, comandava ai venti e ai flutti perché era Dio. Era necessario che prima fosse testimoniato tutto questo, affinché gli Evangelisti avessero di che scrivere e la Chiesa potesse ricevere il messaggio della salvezza. E allorché il Signore ebbe compiuto quanto ritenne necessario compiere, giunse l'ora sua, l'ora segnata, non dalla necessità ma dalla libera volontà, non l'ora della fatalità ma della sovrana potestà.

2. 13. E adesso, o fratelli, che abbiamo risposto agli uni e agli altri, non diremo nulla del significato misterioso delle anfore e dell'acqua mutata in vino, del maestro di tavola, dello sposo, della madre di Gesù e delle nozze stesse? Cose tutte di cui bisognerebbe parlare, ma non debbo affaticarvi. Avrei voluto farlo già ieri, giorno in cui siamo soliti tenere il sermone alla vostra Carità; avrei voluto nel nome di Cristo trattare questi temi, se non che impegni urgenti me lo hanno impedito. Se quindi piace alla Santità vostra, possiamo rimandare a domani ciò che si riferisce al mistero contenuto in questo fatto, avendo riguardo alla vostra debolezza e alla mia. Oggi forse ci sono molti che sono accorsi a motivo della solennità di questo giorno, più che per ascoltare un discorso. Quelli che verranno domani, verranno per ascoltare; così non defrauderemo i volenterosi e non appesantiremo chi è svogliato.

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OMELIA 9

(Jn 2,1-11)

Jn 2,1-11


Il buon vino conservato fino ad ora.

Che il Signore abbia accettato l'invito e sia andato alle nozze, a parte ogni significato mistico, è una conferma che egli è l'autore delle nozze. Il Signore si reco alle nozze per consolidare la castità coniugale e rivelare il mistero dell'unione nuziale.

. 1. Ci assista il Signore Dio nostro, e ci conceda di mantenere la nostra promessa. Come la Santità vostra ricorderà, non potendo ieri per mancanza di tempo terminare il discorso incominciato, lo abbiamo rimandato a quest'oggi, nella speranza di poter scoprire, sempre con l'aiuto di Dio, i significati mistici che sono racchiusi in questo fatto narrato dal Vangelo. Non è il caso, infatti, di soffermarci ancora a commentare il miracolo compiuto da Dio, da quel medesimo Dio che quotidianamente nell'intera creazione compie prodigi, i quali, non perché banali ma perché continui, non attirano più l'attenzione degli uomini. I rari prodigi, invece, che furono compiuti dal Signore, cioè dal Verbo per noi incarnato, hanno suscitato negli uomini maggior stupore, non perché fossero superiori rispetto a quelli che continuamente egli compie nella creazione, ma perché questi, che avvengono ogni giorno, si compiono secondo il corso normale della natura. Quegli altri, invece, appaiono agli occhi degli uomini come manifestazione immediata dell'efficacia della potenza divina. Ricordate che cosa dicevamo? Risorge un morto, e tutti si meravigliano; ogni giorno nascono degli uomini che prima non esistevano, e nessuno si meraviglia. Cosi, chi non si meraviglia dell'acqua mutata in vino, anche se Dio fa questo ogni anno nelle viti? Siccome pero tutto quanto fece il Signore Gesù, non solo serve a scuotere i nostri cuori con il suo carattere miracoloso, ma anche a formarli nella dottrina della fede, è il caso di esaminare che cosa vogliano dire tutte queste cose, quale significato abbiano. E' appunto di questi significati, come ricorderete, che abbiamo rimandato ad oggi la spiegazione.

. (Il matrimonio viene da Dio, il divorzio dal diavolo.)

2. 2. Che il Signore abbia accettato l'invito e sia andato a nozze, a parte ogni significato mistico, è una conferma che egli è l'autore delle nozze. Sarebbero sorti taluni, di cui parla l'Apostolo, i quali avrebbero condannato il matrimonio (1Tm 4,3), considerandolo un male, una invenzione del diavolo, nonostante che lo stesso Signore nel Vangelo, alla domanda se fosse lecito all'uomo ripudiare la moglie per un qualsiasi motivo, abbia dichiarato che non è lecito, eccetto il caso di fornicazione. In quella risposta, se ricordate, egli sentenzio: L'uomo non divida ciò che Dio ha unito (Mt 19,6). E coloro che sono istruiti nella fede cattolica, sanno che è Dio che ha istituito le nozze, e quindi se l'unione viene da Dio, il divorzio viene dal diavolo. Se è lecito, poi, licenziare la moglie colpevole di fornicazione, è perché in tal caso la donna è stata lei la prima a non voler essere moglie, venendo meno alla fedeltà coniugale verso il marito. E non si può dire che siano prive di nozze quelle donne che consacrano a Dio la loro verginità, esse che occupano nella Chiesa un grado più elevato di onore e di santità; poiché anch'esse partecipano insieme con tutta la Chiesa di quelle nozze nelle quali lo sposo è Cristo. Il Signore, dunque, accetto l'invito alle nozze, per consolidare la castità coniugale, e rivelare il mistero dell'unione nuziale. Lo sposo delle nozze di Cana, infatti, cui fu detto: Hai conservato il buon vino fino ad ora, rappresentava la persona del Signore. Cristo, infatti, aveva conservato fino a quel momento il buon vino, cioè il suo Vangelo.

. 3. E così cominciamo a scoprire i significati reconditi, secondo quanto ci concede colui nel cui nome ci siamo impegnati con voi. La profezia è esistita fin dai primordi, e ogni tempo ha avuto le sue profezie; ma finché in esse non si riusciva a vedere Cristo, erano come acqua. In un certo senso, infatti, il vino è nascosto nell'acqua. L'Apostolo c'insegna che cosa dobbiamo intendere in questa acqua: Fino al giorno d'oggi, quando si legge Mosè, rimane come un velo sopra il loro cuore; e non vien tolto, perché solo il Cristo può farlo sparire. Solo quando ci si convertirà al Signore, il velo cadrà (2Co 3,15-16). Il velo è l'oscurità che avvolge la profezia, si che questa rimane inintelligibile. Il velo è tolto quando ti converti al Signore: quando ti converti al Signore è tolta l'insipienza, e ciò che era acqua, per te diventa vino. Cosa c'è di più insipido, di più insignificante di tutti i libri profetici, se li leggi senza scoprire in essi il Cristo? Ma se vi scopri il Cristo, non solo acquista sapore ciò che leggi, ma addirittura ti inebria, ed elevando la tua anima ben al di sopra del corpo, ti farà dimenticare ciò che ti sta dietro, per farti protendere verso ciò che ti sta davanti (cf. Ph 3,13).

. (Tutta la profezia parla di Cristo.)

. 4. La profezia, dunque, fin dai tempi più remoti, fin dai primordi del genere umano, parlo sempre di Cristo: egli era presente, ma occulto: la profezia era ancora acqua. Come si dimostra che in tutti i tempi che precedettero la venuta del Signore, la profezia non manco di rendergli testimonianza? Lo afferma il Signore stesso. Quando risuscito da morte, trovo i discepoli che dubitavano di lui, che pure avevano seguito: lo avevano visto morto, infatti, e non speravano che sarebbe risorto, e tutta la loro speranza crollo. Perché il buon ladrone merito di essere accolto in paradiso in quel medesimo giorno (Lc 23,40-43)? Perché in croce confesso Cristo, proprio quando i discepoli dubitarono di lui. Li trovo che erano fluttuanti, e quasi si rimproveravano di aver sperato in lui come redentore, anche se erano addolorati che egli fosse stato ucciso senza alcuna colpa, perché lo sapevano innocente. E proprio questo dissero, dopo la risurrezione, a lui che aveva trovato per via alcuni di loro, tristi: Tu sei proprio l'unico abitante di Gerusalemme a non sapere che cos'è accaduto in essa in questi giorni? Che cosa dunque? domando loro. Ed essi gli risposero: ciò che è accaduto a Gesù nazareno, che s'era mostrato un profeta possente in opere e in parole davanti a Dio e davanti a tutto il popolo, come i nostri capi lo hanno consegnato perché fosse condannato a morte, e lo hanno crocifisso. Si, noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; ma ecco che oggi è il terzo giorno dacché sono accadute queste cose. Queste e altre cose furono dette da uno di quei due che il Signore aveva trovato sulla strada, diretti al villaggio vicino. Ed egli così rispose: O spiriti senza intelligenza, lenti a credere tutto ciò che hanno annunciato i profeti! Non doveva forse il Cristo patire tali cose, per entrare nella sua gloria? E, cominciando da Mosè e percorrendo tutti i profeti, interpreto loro in tutte le Scritture le cose che si riferivano a lui (Lc 24,18-27). E in un'altra occasione quando volle che i discepoli lo palpassero con le mani affinché si convincessero che era risuscitato nel corpo, egli disse: Questi sono i discorsi che io vi facevo quand'ero ancora con voi: che si doveva compiere tutto ciò che è scritto di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi. Allora apri ad essi lo spirito all'intelligenza delle Scritture, e disse loro: così era scritto che il Cristo soffrisse e risuscitasse dai morti il terzo giorno, e che nel suo nome il ravvedimento in vista della remissione dei peccati fosse proclamato a tutte le genti, a cominciare da Gerusalemme (Lc 24,44-47).

. (Senza Cristo, tutto è senza sapore.)

3. 5. Tenendo conto di questi dati evangelici, che certamente sono chiari, si potranno chiarire tutti i misteri che sono nascosti in questo miracolo del Signore. Avete notato ciò che dice: che si

doveva compiere in Cristo tutto ciò che di lui era stato scritto? Nella Legge, - egli dice -nei Profeti e nei Salmi. Non tralascia nessuna delle antiche Scritture. Quella era l'acqua, e il Signore chiamo spiriti senza intelligenza quei discepoli, perché percepivano ancora il solo sapore dell'acqua e non quello del vino. E come trasformo l'acqua in vino? Apri loro l'intelligenza e spiego loro le Scritture, cominciando da Mosè attraverso tutti i profeti. E quelli, ormai inebriati, dicevano: Non ci ardeva forse il cuore, lungo la via, mentre ci rivelava le Scritture (Lc 24,32)? Avevano scoperto Cristo in quei libri, nei quali sino a quel momento non lo avevano riconosciuto. Nostro Signore Gesù Cristo muto dunque l'acqua in vino: così ciò che prima era insipido acquista sapore, e ciò che prima non inebriava, adesso inebria. Certo, egli avrebbe potuto ordinare che si gettasse via l'acqua dalle anfore, e riempirle di vino, che egli poteva far affluire dalle misteriose sorgenti del creato, come fece con il pane quando sazio tante migliaia di persone (Mt 14,185). Cinque pani non potevano certo saziare cinquemila persone e neppure riempire le dodici sporte avanzate, se l'onnipotenza del Signore non fosse stata, diciamo cosi, la fonte del pane. Cosi, egli avrebbe potuto, gettata via l'acqua, far affluire il vino nelle anfore. Ma se così avesse fatto, avrebbe dimostrato di voler riprovare l'Antico Testamento. Mutando invece l'acqua in vino, ci dimostra che anche l'Antico Testamento viene da lui; infatti per ordine suo furono riempite le anfore (Jn 2,1-11). Si, anche l'Antico Testamento viene dal Signore; esso pero non possiede alcun sapore, se non vi si scopre Cristo.

6. Notate ora quello che egli dice: Tutto ciò che è stato scritto nella Legge, nei Profeti e nei Salmi si riferisce a me. Sappiamo che la Legge comincia la sua narrazione con l'origine del mondo: ln principio Dio creo il cielo e la terra (Gn 1,1). Partendo dalle origini e arrivando fino al presente, si contano sei età, come spesso avete sentito e sapete: la prima età va da Adamo fino a Noè; la seconda da Noè fino ad Abramo; la terza, seguendo l'ordine e la divisione dell'evangelista Matteo, va da Abramo fino a David; la quarta da David fino all'esilio babilonese; la quinta dall'esilio babilonese a Giovanni Battista; la sesta, infine, da Giovanni Battista alla fine del mondo (Mt 1,17-18). perciò Dio creo l'uomo a sua immagine nel sesto giorno, perché in questa sesta età si ha per mezzo del Vangelo l'annuncio del nostro rinnovamento spirituale secondo l'immagine di colui che ci ha creati (Col 3,10); e l'acqua è mutata in vino affinché possiamo finalmente gustare Cristo già annunciato nella Legge e nei Profeti. Per questo c'erano là sei anfore, che egli ordino fossero riempite di acqua: quelle sei anfore rappresentavano le sei età del mondo, nelle quali mai venne a mancare la profezia. Queste sei età, divise e distinte in parti, non sarebbero che vasi vuoti, se Cristo non le avesse riempite. Perché parlo di età che sarebbero trascorse invano, se in esse non fosse stato predicato il Signore Gesù? Si son compiute le profezie, si son riempite le anfore; ma perché l'acqua si muti in vino, in quelle profezie bisogna scoprire Cristo.

(Il mistero della Trinità.)

2. 7. Che significa dunque contenenti ciascuna da due a tre metrete? Più d'ogni altra, questa espressione ci appare misteriosa. Parla di metrete come di determinate misure, come se dicesse urne, anfore, o qualcosa di simile. La metreta è una misura, come appunto significa questo nome. I Greci chiamavano infatti la misura e da qui viene metreta. Contenenti ciascuna da due a tre metrete. Che dire, o fratelli? Se l'evangelista avesse detto soltanto "tre", il nostro pensiero andrebbe subito al mistero della Trinità. Ma non dobbiamo subito scartare questo pensiero per il fatto che l'evangelista dice due o tre: se nominiamo il Padre e il Figlio, necessariamente si intende anche lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo, infatti, non è soltanto lo Spirito del Padre o soltanto lo Spirito del Figlio, ma è insieme lo Spirito del Padre e del Figlio. Sta scritto: Se uno ama il mondo, non c'è in lui lo Spirito del Padre (1Jn 2,15); e sta pure scritto: Se uno non ha lo Spirito di Cristo, costui non gli appartiene (Rm 8,9). E' dunque identico lo Spirito del Padre e quello del Figlio. E se si nomina il Padre e il Figlio, s'intende anche lo Spirito Santo, perché è lo Spirito del Padre e del Figlio. Quando, allora, è nominato il Padre e il Figlio, è come nominare due metrete: e includendovi lo Spirito Santo, tre metrete. Per questo l'evangelista non dice che alcune anfore contenevano due metrete, altre tre; dice che tutte le sei anfore contenevano da due a tre metrete. E' come se dicesse: Quando dico due, voglio che si intenda anche lo Spirito del Padre e del Figlio, e quando dico tre, più esplicitamente mi riferisco alla Trinità.

1. 8. E cosi, nominando il Padre e il Figlio, bisogna includervi ciò che è la carità vicendevole del Padre e del Figlio: lo Spirito Santo. Forse, esaminando più a fondo le Scritture (non dico questo con l'intenzione di fermarmi ancora sull'argomento o come se non fossero possibili altre interpretazioni), troveremo che lo Spirito Santo è carità. E non vogliate considerare la carità una cosa da poco. Come potrebbe essere cosi, se una cosa che non è di poco prezzo, noi la diciamo cara? E se ciò che non è di poco prezzo è caro, cosa può esserci di più caro della stessa carità? Ecco l'elogio che ne fa l'Apostolo: Vi addito una via ancora più eccellente (1Co 12,31). Se anche parlo le lingue degli uomini e degli angeli, ma non ho la carità, sono un bronzo sonante, o un cembalo squillante. E se anche conosco tutti i misteri e tutta la scienza ed ho il dono della profezia e possiedo la pienezza della fede, così da trasportare le montagne, ma non ho la carità, sono nulla. E se anche distribuisco tutte le mie sostanze ai poveri, e se anche do il mio corpo per essere bruciato, ma non ho la carità, non mi giova nulla (1Co 13,1-3). Gran cosa è dunque la carità, che se manca, è inutile tutto il resto; se c'è, tutto diventa utile. Tuttavia, pur lodando la carità con tanta effusione, l'apostolo Paolo ha detto di essa meno di quanto con tanta brevità abbia detto l'apostolo Giovanni, l'autore di questo Vangelo, quando non esita a dire: Dio è carità (1Jn 4,16). Sta anche scritto: La carità di Dio è stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato (Rm 5,5). Come si puo quindi nominare il Padre e il Figlio, prescindendo dalla carità del Padre e del Figlio? E quando si comincia ad avere questa carità, si ha lo Spirito Santo; mancando questa, si è privi dello Spirito Santo. Come il tuo corpo privo del tuo spirito, che è la tua anima, è morto, così la tua anima senza lo Spirito Santo, cioè senza carità, è da considerare morta. Dunque, le anfore contenevano due metrete perché nella profezia di tutti i tempi è predicato il Padre e il Figlio. Ma essendo presente anche lo Spirito Santo, per questo l'evangelista aggiunge: o tre. Quando sentiamo il Figlio che dice: Io e il Padre siamo una sola cosa (Jn 10,30), non dobbiamo pensare che escluda lo Spirito Santo. Tuttavia, poiché ha nominato il Padre e il Figlio, si dice che le anfore contenevano due misure; ascolta pero: o tre. Andate, dunque, battezzate tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28,19). Sicché, dove si dice "due", implicitamente si allude alla Trinità; dove si dice "tre", vi si allude in maniera esplicita.

2. 9. Esiste pero un'altra interpretazione, che non si deve trascurare, e la riferisco. Ognuno scelga quella che preferisce: io non posso privarvi di ciò che Dio mi suggerisce. Questa è la mensa del Signore, e colui che serve non puo defraudare i commensali, soprattutto quando sono affamati come siete voi, che non riuscite a nascondere la vostra avidità. La profezia, che risale ai tempi più remoti, è ordinata alla salvezza di tutte le genti. Certo, Mosè fu inviato unicamente al popolo d'Israele, e soltanto a quel popolo per mezzo di lui fu data la Legge; è solo da quel popolo che uscirono i Profeti, e la ripartizione stessa dei tempi avvenne in base alla storia di quel popolo. Per questo vien detto che le anfore erano per la purificazione dei giudei (Jn 2,6); e tuttavia è ben chiaro che quella profezia veniva annunziata anche per tutte le altre genti: Cristo infatti si celava in colui nel cui nome sono benedette tutte le genti, secondo la promessa del Signore ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti (Gn 22,18). Ancora non si poteva cogliere la portata della profezia, dato che ancora l'acqua non era stata mutata in vino.

La profezia, dunque, si estendeva a tutte le genti. Ma perché questo vi risulti più chiaro, ci rifaremo, secondo le circostanze, alle singole età, che è quanto dire alle singole anfore.

(Sei epoche.)

1. 10. Rifacendoci alle origini dell'umanità, troviamo Adamo ed Eva progenitori, non solo dei Giudei, ma di tutte le genti. E tutto ciò che in Adamo era figura di Cristo, aveva altresi riferimento a tutte le genti, che in Cristo soltanto ottengono la salvezza. Ora, che cosa posso dire di meglio a proposito dell'acqua della prima anfora, di quanto ha detto l'Apostolo circa Adamo ed Eva? Nessuno mi dirà che ho capito male, dal momento che riferisco non il mio, ma il pensiero dell'Apostolo. Quale grande mistero, in riferimento a Cristo, contiene dunque quell'unità che l'Apostolo sottolinea, quando dice: Saranno due in una carne; grande è questo mistero! E affinché nessuno riferisse questo grande mistero a tutti quelli che hanno moglie, l'Apostolo precisa: Io dico questo in riferimento al Cristo e alla Chiesa (Ep 5,31-32). In che cosa consiste questo grande mistero: i due saranno una carne? Il libro del Genesi, parlando di Adamo ed Eva, esce in questa affermazione: L'uomo perciò lascerà suo padre e sua madre, e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne (Gn 2,24). Ora, se Cristo si uni alla Chiesa si da essere i due una sola carne, in che senso si può dire che egli lascio il Padre e la madre? Lascio il Padre, perché pur essendo nella forma di Dio, non tenne per sé gelosamente l'essere pari a Dio; ma anniento se stesso, prendendo la forma di servo (cf. Ph 2,6-7). Cioè, lascio il Padre, non perché lo abbia abbandonato e si sia allontanato da lui, ma perché si manifesto agli uomini non in quella forma in cui egli è uguale al Padre. In che senso lascio la madre? Lasciando la sinagoga dei Giudei dalla quale nacque secondo la carne, unendosi alla Chiesa che ha raccolto da tutte le genti. La prima anfora, dunque, conteneva la profezia riguardante il Cristo; ma finché queste cose di cui parlo non furono predicate in mezzo alle genti, essa era acqua, non ancora mutata in vino. Ma siccome il Signore ci ha illuminati per mezzo del suo Apostolo, e ci ha indicato che cosa dobbiamo cercare attraverso le due affermazioni fuse in una: I due saranno una sola carne; e questo mistero è grande in riferimento a Cristo e alla Chiesa, possiamo ormai cercare Cristo dovunque, e bere vino da ogni anfora. Adamo dorme perché sia formata Eva; Cristo muore perché sia formata la Chiesa. Dal fianco di Adamo che dorme è formata Eva (Gn 2,21); dal fianco di Cristo morto in croce, colpito dalla lancia (Jn 19,34), sgorgano i sacramenti con cui viene formata la Chiesa. Chi non vede adombrata in quel fatto la realtà futura dato che l'Apostolo afferma che Adamo era figura di colui che doveva venire (Rm 5,14)? Tutto era misteriosamente prefigurato. Non poteva, infatti, Dio trarre la costola e formare la donna da un uomo desto? Era necessario che Adamo dormisse, forse per non sentir dolore quando gli veniva tolta la costola? Chi può dormire tanto profondamente da non sentire che gli vien tolto un osso? Oppure l'uomo non doveva sentir dolore perché era Dio a togliergli l'osso? Colui che ha potuto togliere la costola ad uno che dormiva senza fargli male, poteva farlo anche ad uno sveglio. Ma piuttosto, era la prima anfora che veniva riempita: la profezia di quel tempo si riferiva a questo tempo futuro.

2. 11. Cristo era raffigurato anche in Noè, così come nell'arca era raffigurato l'universo intero (Gn 7,7-9). Per quale motivo nell'arca furono racchiuse tutte le specie di animali, se non perché rappresentasse tutte le genti? Non era impossibile a Dio creare di nuovo tutte le specie di animali. Quando esse non esistevano ancora, disse: Produca la terra... (Gn 1,24), e la terra produsse. Come li aveva fatti, così poteva rifarli: con la parola li aveva fatti, e con la parola poteva rifarli. Ma voleva mettere in risalto un mistero, e riempire la seconda anfora dell'economia profetica: per mezzo di un legno sarebbe stato salvato ciò che era figura dell'universo, perché su un legno doveva essere confitta la vita dell'universo.

3. 12. Con la terza anfora fu detto (come ho già ricordato) ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti (Gn 22,18). E' facile vedere chi era figurato in quel figlio unico, che sulle sue spalle portava la legna del sacrificio al quale era condotto per esservi egli stesso immolato. Il Signore infatti, come dice il Vangelo si carico della sua croce (Jn 19,17). Basta questo per la terza anfora.

4. 13. E' necessario dire che la profezia di David si riferiva a tutte le genti? Lo abbiamo appena sentito nel salmo, ed è difficile trovarne uno che non proclami questa verità: Lèvati, o Dio, e giudica la terra perché avrai la tua eredità in mezzo a tutte le genti (Ps 81,8). Ecco perché i Donatisti sono stati esclusi dal festino di nozze, come quel tale che non aveva la veste nuziale: fu invitato e ando, ma fu escluso dal numero dei commensali perché non indossava la veste in onore dello sposo. Chi infatti cerca la propria gloria, invece che quella di Cristo, non possiede la veste nuziale; non vuole fondere la sua voce con quella di colui che era amico dello sposo, che suona cosi: E' lui quello che battezza (Jn 1,33). Giustamente a chi era privo della veste nuziale fu rinfacciato ciò che non era: Amico, perché sei entrato qua? (Mt 22,12). Quello rimase muto; e anche costoro. A che serve lo strepito della bocca, se il cuore tace? Sanno di non avere dentro di loro nulla da dire. Sono muti di dentro, strepitano di fuori. Volenti o no, anch'essi nelle loro riunioni sentono il salmo che dice: Lèvati, o Dio, giudica la terra; perché erediterai tutte le genti. E siccome non sono in comunione con tutte le genti, sono costretti a riconoscersi diseredati.

. 14. Ciò che vi stavo dicendo, fratelli (voglio indicarvi un altro senso nascosto nel particolare delle anfore, che contenevano da due a tre metrete), ciò che vi stavo dicendo, che la profezia si estende a tutte le genti, lo abbiamo già dimostrato a proposito di Adamo che era figura di colui che doveva venire (Rm 5,14). Ora, si sa che da Adamo hanno avuto origine tutte le genti e che le quattro lettere del suo nome indicano, in greco, i quattro punti cardinali. In greco le iniziali dei quattro punti cardinali: oriente, occidente, aquilone, mezzogiorno, come in più luoghi ricorda la Sacra Scrittura, corrispondono alle lettere che compongono il nome "Adam". In greco, di fatti, i

. quattro punti cardinali vengono chiamati: , , , . Mettendo questi quattro vocaboli in colonna e riunendo le loro iniziali, si ha il nome "Adam". Questo fu raffigurato anche nell'arca di Noè, nella quale erano stati raccolti tutti gli animali, simbolo di tutte le genti; in Abramo, al quale più esplicitamente fu detto: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti; in Davide, in uno dei cui salmi (per non citarne che uno) abbiamo ora cantato: Sorgi, o Dio, giudica la terra; perché avrai in eredità tutte le genti. A quale Dio si può dire: Sorgi!, se non a colui che s'era addormentato? Sorgi, o Dio, giudica la terra. Come a dire: Dormivi, e sei stato giudicato dalla terra; sorgi a giudicare la terra. E qual è la estensione di questa profezia? Perché tu avrai in eredità tutte le genti.

5. 15. Nella quinta età, - corrispondente alla quinta anfora, - Daniele vede una pietra che, staccatasi dalla montagna senza intervento della mano dell'uomo, riduce in frantumi tutti i regni della terra; e cresce, quella pietra, fino a diventare una grande montagna che occupa tutta la terra (Da 2,34-35). Cosa c'è di più chiaro di questa profezia, o fratelli miei? La pietra che si stacca dalla montagna, è la pietra che, scartata dai costruttori, è diventata pietra d'angolo (Ps 117,22). Da quale montagna si è staccata, se non dal popolo dei Giudei, dai quali nostro Signore Gesù Cristo è nato secondo la carne? E si è distaccata senza intervento d'uomo, perché Cristo è nato da una Vergine, senza amplesso coniugale. La montagna dalla quale si è staccato, non occupava tutta la terra: infatti, il regno dei Giudei non si estendeva a tutte le genti. Il regno di Cristo, invece, vediamo che occupa tutta la terra.

. 16. Alla sesta età appartiene Giovanni Battista, il più grande tra i nati di donna, di cui fu detto che era più che profeta (Mt 11,9). In che modo egli mostro che Cristo è stato inviato a tutte le genti? Fu quando i Giudei si presentarono a lui per farsi battezzare, ed egli disse, affinché non s'insuperbissero per il nome di Abramo: Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire dall'ira che sta per venire? Fate, dunque, un frutto degno di penitenza (Mt 3,7-8); cioè, siate umili. Parlava infatti a dei superbi. E di che cosa erano superbi? Non dei frutti prodotti per aver imitato il padre Abramo, bensi della discendenza da lui secondo la carne. Ma cosa dice loro Giovanni?

. Non crediate di poter dire: Noi abbiamo per padre Abramo; perché Dio da queste pietre può far sorgere figli ad Abramo (Mt 3,9). Chiama "pietre" tutte le genti, non perché avessero la solidità che aveva la "pietra" scartata dai costruttori, ma a motivo della stupidità e durezza derivanti dalla loro stoltezza; infatti erano diventati simili a ciò che adoravano: adoravano simulacri, come loro insensati. Perché insensati? Perché un salmo dice: Siano come loro quelli che li fabbricano, e tutti quelli che in essi confidano (Ps 113,8). A quelli invece che si son messi ad adorare Dio, cosa dice il Signore? Siate figli del Padre vostro che è nei cieli, il quale fa levare il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5,45). Pertanto, se l'uomo diventa simile a ciò che adora, che significato hanno le parole: Dio può da queste pietre far sorgere figli ad Abramo? Domandiamocelo e vedremo che è avvenuto proprio questo. Noi infatti proveniamo dalle nazioni pagane; ma da esse non saremmo usciti, se Dio non avesse dalle pietre fatto sorgere figli ad Abramo. Siamo diventati figli di Abramo imitandone la fede, e non per essere nati da lui secondo la carne. E mentre i Giudei avendo degenerato, furono diseredati, noi invece, avendo imitato Abramo nella fede, siamo stati adottati. Quindi, o fratelli, la profezia della sesta anfora si riferiva anch'essa a tutte le genti; e perciò il particolare delle anfore che contenevano da due o tre metrete, si riferisce a tutte le genti.

6. 17. Come si dimostra che queste due o tre metrete si riferiscono a tutte le genti? Intenzionalmente, credo, l'evangelista riferisce il particolare delle "due o tre metrete" per indicarci un significato misterioso. Quali sono queste due metrete? La circoncisione e l'incirconcisione. La Scrittura menziona questi due gruppi etnici; e quando dice circoncisione e incirconcisione (Col 3,11), non lascia fuori nessuna parte del genere umano; in queste due classificazioni son comprese tutte le genti: ecco le due metrete. Di queste due pareti provenienti da direzione opposta, Cristo si è fatto pietra angolare (cf. Ep 2,14-20) per unirle e pacificarle in se stesso. Vediamo ora in che modo anche le tre metrete si riferiscono a tutte le genti. Tre erano i figli di Noè, per mezzo dei quali si riprodusse il genere umano (Gn 5,31). Ecco perché il Signore dice: Il regno dei cieli è come il lievito, che una donna ha preso e ha nascosto in tre misure di farina, perché tutto fermentasse (Lc 13,21). Chi è questa donna, se non la carne del Signore? Che cosa è il lievito, se non il Vangelo? Che cosa sono le tre misure, se non la totalità delle genti, rappresentata dai tre figli di Noè? Quindi, le sei anfore che contenevano ciascuna due o tre metrete, sono le sei epoche della storia, contenenti la profezia che si riferisce a tutte le genti, classificate in due gruppi etnici, i Giudei e i Greci, come è solito fare l'Apostolo (Rm 2,9 1Co 1,24); oppure in tre, per via dei figli di Noè. La profezia, dunque, ha una portata universale. Appunto perché si estende a tutte le genti, la profezia è chiamata "metreta", misura, nel senso che le dà l'Apostolo quando scrive ai Corinzi: Abbiamo ottenuto la misura che consiste nell'esser giunti fino a voi (2Co 10,13). Così si esprime mentre egli è intento ad evangelizzare le genti: secondo la misura che consiste nell'esser giunti fino a voi.


Agostino - Commento Gv 8