Agostino - Commento Gv 42

42

OMELIA 42

(Jn 8,37-47)

Jn 8,37-47


Io sono uscito e vengo da Dio. E non sono venuto da me stesso, ma egli mi ha mandato.

Il Verbo del Padre è venuto a noi, perché il Verbo si è fatto carne per abitare fra noi. E' venuto in quanto uomo, è rimasto in quanto Dio: la divinità di Cristo è la meta del nostro cammino, la sua umanità è la via per raggiungerla. Se egli non si fosse fatto via, mai lo avremmo raggiunto come meta.

(La parola di Dio fa presa in noi, se ci lasciamo prendere.)

1. 1. Nostro Signore non era schiavo sebbene ne rivestisse la forma, ed anche in quella forma era il Signore: (quella sua forma umana era, si, servile, ma sebbene avesse l'aspetto di carne del peccato (Rm 8,3), non era peccatrice). Ebbene, egli promise la libertà ai credenti in lui. I Giudei, pero, orgogliosi della propria libertà, disdegnarono di diventare liberi, pur essendo schiavi del peccato. Dissero che erano liberi perché erano stirpe di Abramo. Nella lettura di oggi abbiamo sentito la risposta che diede loro il Signore. So - disse -che siete stirpe di Abramo, ma cercate di uccidermi perché la mia parola non penetra in voi (Jn 8,37). Riconosco che siete figli di Abramo, ma voi cercate di uccidermi. Riconosco la vostra origine carnale, ma non trovo in voi la fede del cuore. Siete figli di Abramo, ma secondo la carne. Per questo cercate di uccidermi, perché la mia parola non ha presa in voi. Se la mia parola fosse da voi accolta, a sua volta vi accoglierebbe; se vi accogliesse, come pesci rimarreste presi nella rete della fede. Che vuol dire la mia parola non ha presa in voi? Vuol dire che non prende il vostro cuore, perché il vostro cuore non l'accoglie. La parola di Dio è, e così dev'essere per i fedeli, ciò che l'amo è per i pesci: li prende quando questi abboccano. Non si reca danno a coloro che restano presi, dato che vengono presi per la loro salvezza, non per la loro rovina. Ecco perché il Signore disse ai suoi discepoli: Seguitemi e vi faro pescatori di uomini (Mt 4,19). Non erano così i Giudei che pure erano figli di Abramo: uomini iniqui, pur essendo figli di un uomo di Dio. Erano suoi discendenti secondo la carne, ma erano degenerati per il fatto che non imitavano la fede del padre loro.

2. 2. Certamente avete sentito il Signore dire: So che siete figli di Abramo; sentite ora cosa dice più avanti: Io dico ciò che ho veduto presso il Padre mio; e anche voi fate ciò che avete visto fare dal padre vostro (Jn 8,38). Prima aveva detto: So che siete figli di Abramo. Ma che cosa vogliono fare? ciò che egli aveva detto: voi cercate di uccidermi. Questo non l'avevano certo imparato da Abramo. Il Signore, pero, affermando: Io dico ciò che ho veduto presso il Padre mio, vuol far capire che Dio è suo Padre. Cioè, ho veduto la verità, dico la verità, perché sono la verità. Se infatti il Signore dice la verità che ha veduto presso il Padre, ha veduto se stesso, dice se stesso, perché egli stesso è la verità del Padre che ha veduto presso il Padre: egli infatti è il Verbo, il Verbo che è presso il Padre. E allora, quelli, dove hanno veduto il male che fanno e che il Signore rimprovera e condanna? Presso il padre loro. Quando nelle parole che seguono, sentiremo più esplicitamente chi è il padre loro, ci renderemo conto che cosa abbiano veduto presso un tal padre: finora non ha fatto il nome del padre loro. Poco prima egli ha ricordato Abramo, ma a motivo dell'origine carnale, non per la somiglianza della vita. Ora dirà chi è quell'altro loro padre, che non li ha generati né, creandoli, li ha fatti uomini; ma essi tuttavia erano figli suoi in quanto erano malvagi, non in quanto erano uomini; per averlo imitato, non per essere stati da lui creati.

3. 3. Gli replicarono: Il padre nostro è Abramo (Jn 8,39), come a dire: che cosa hai da dire contro Abramo? oppure: provati, se hai il coraggio, a criticare Abramo. Non che il Signore non osasse criticare Abramo, ma perché Abramo era tale non solo da non meritare da parte del Signore alcun rimprovero, ma da meritare anzi ogni encomio; essi pero avevano tutta l'aria di volerlo provocare a parlar male di Abramo e avere così il pretesto per fare ciò che avevano in animo di fare. Il padre nostro è Abramo.

4. 4. Sentiamo come risponde il Signore, lodando Abramo e condannando quelli: Dice loro Gesù: Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora, invece, voi cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità che ho udito da Dio; questo Abramo non lo ha fatto! (Jn 8,39-40). Abramo viene lodato, ed essi sono condannati. Abramo non era certo un omicida. Non vi dico, afferma, che io sono il Signore di Abramo; benché se lo dicessi, direi la verità. In altra circostanza, infatti, disse: Prima che Abramo fosse, io sono (Jn 8,58), tanto che essi volevano lapidarlo; ora non dice questo. Per ora io sono ciò che voi vedete e contemplate, sono soltanto ciò che voi credete, e cioè un uomo: perché volete uccidere un uomo che vi dice ciò che ha udito da Dio, se non perché non siete figli di Abramo? E tuttavia dianzi ha detto: so che siete figli di Abramo. Non contesta la loro origine, ma condanna le loro opere; la loro carne proveniva da Abramo, ma la loro vita no.

5. E noi, o carissimi, veniamo dalla stirpe di Abramo, o in qualche modo Abramo è stato nostro padre secondo la carne? E' la carne dei Giudei che trae origine dalla sua carne, non la carne dei Cristiani: noi proveniamo da altre genti, e tuttavia, imitando lui, siamo diventati figli di Abramo. Ascolta l'Apostolo: Ad Abramo e alla sua discendenza furono fatte le promesse. Non dice la Scrittura - continua l'Apostolo -ai discendenti, come si trattasse di molti, ma "e alla tua discendenza", come a uno solo, cioè Cristo. E se appartenete a Cristo, siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa (Ga 3,16 Ga 29). Noi dunque siamo diventati discendenti di Abramo per grazia di Dio. Non tra i discendenti della carne di Abramo Dio scelse a lui degli eredi. Questi li diseredo, quelli li adotto: e dall'albero di ulivo, la cui radice si trova nei patriarchi, taglio i superbi rami naturali innestandovi al loro posto l'umile olivo selvatico (Rm 11,17). E cosi, quando i Giudei si recarono da Giovanni per farsi battezzare, egli si scaglio contro di loro chiamandoli razza di vipere. Appunto perché essi si gloriavano della loro nobile origine, egli li chiamo razza di vipere; non solo razza di uomini, ma di vipere. Egli vedeva la loro figura umana, ma sapeva che dentro avevano il veleno. Essi venivano per cambiar vita, e per questo volevano essere battezzati: e tuttavia Giovanni li apostrofo: Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all'ira che sta per venire? Fate, dunque, frutti degni di penitenza, e non crediate di poter dire dentro di voi: Noi abbiamo per padre Abramo, perché io vi dico che Dio può da queste pietre far sorgere figli ad Abramo (Mt 3,7-9). Se non fate frutti degni di penitenza, non contate sulla vostra origine, perché Dio può condannare voi senza privare Abramo di figli. Egli è in grado di suscitare figli ad Abramo; e diventeranno suoi figli coloro che ne avranno imitato la fede: Dio può da queste pietre far sorgere figli ad Abramo. Siamo noi questi figli: eravamo pietre nei nostri padri, quando adoravamo le pietre al posto di Dio, ed è suscitandoci da tali pietre che Dio ha formato per Abramo una nuova famiglia.

(Un vanto vano e vuoto.)

5. 6. Perché innalzarsi, allora, con vuota e vana iattanza? La smettano di gloriarsi di essere figli di Abramo; hanno sentito ciò che meritavano: Se siete figli di Abramo, dimostratelo con i fatti, non con le parole. Cercate di uccidere me uomo, per ora non dico Figlio di Dio, non dico Dio, non dico il Verbo, perché il Verbo non può morire; dico me uomo, che voi vedete; perché potete uccidere solo ciò che vedete, e offendere ciò che non vedete. Questo, Abramo non lo ha fatto! Voi fate le opere di vostro padre (Jn 8,40-41). E ancora non dice chi è questo loro padre.

1. 7. Vediamo ora che cosa risposero quelli. Cominciarono comunque a rendersi conto che il Signore non parlava della generazione carnale, ma della condotta di vita. E siccome era consuetudine della Scrittura, che essi leggevano, chiamare fornicazione in senso spirituale il fatto che l'anima si assoggettasse come una prostituta ai molti e falsi dèi, così risposero: Noi non siamo nati da fornicazione, noi abbiamo un solo Padre, Dio! (Jn 8,41). Ecco che Abramo non contava più. Sono stati respinti, come meritavano, dalla bocca della verità; perché Abramo serviva soltanto per gloriarsi di essere suoi discendenti, non per imitarne la condotta. Hanno cambiato la risposta, credo in base a questa considerazione: ogni volta che nominiamo Abramo ci dirà: perché non imitate colui del quale vi gloriate di essere discendenti? Noi non possiamo imitare un uomo così santo, così giusto, così innocente, così grande; diciamo che nostro padre è Dio, e vediamo che cosa ci risponde.

2. 8. La falsità ha trovato cosa dire, e la verità non saprà come rispondere? Sentiamo ciò che dicono e ciò che si sentono rispondere. Essi dicono: Noi abbiamo un solo padre, Dio! E Gesù ad essi: Se Dio fosse padre vostro, mi amereste; io, infatti, da Dio sono uscito e vengo, né sono venuto da me stesso, ma è stato lui a mandarmi (Jn 8,42). Dite che Dio è vostro padre, riconoscete me almeno come fratello. Con tutto ciò egli innalzo il cuore di quanti erano in grado d'intendere le sue parole, giungendo a quell'affermazione a lui tanto familiare: Non sono venuto da me stesso, è stato lui a mandarmi, da Dio sono uscito e vengo. Ricordate ciò che siamo soliti ripetere: che è venuto da Dio, e colui da cui procede è venuto con lui. Che Cristo è stato mandato vuol dire che Cristo si è incarnato. La processione del Verbo da Dio è processione eterna: non è soggetto al tempo colui per mezzo del quale il tempo è stato creato. Nessuno dica in cuor suo: prima che il Verbo fosse, come era Dio? Non dire: prima che il Verbo fosse. Mai Dio fu senza il Verbo perché il Verbo è permanente, non transeunte; è Dio, non un suono; per mezzo di lui sono stati creati il cielo e la terra, e non è un suono che è passato assieme alle cose che sono state create sulla terra. Egli procede da Dio come Dio, come uguale a lui, come Figlio unigenito, come Verbo del Padre, ed è venuto a noi perché il Verbo si è fatto carne per abitare fra noi (Jn 1,14). E' venuto in quanto si è fatto uomo, dimora presso il Padre in quanto è Dio. La sua divinità è la meta cui tendiamo, la sua umanità è la via che dobbiamo percorrere. Se egli per noi non si fosse fatto via per cui camminare, mai avremmo potuto pervenire a lui che permane presso il Padre.

9. Perché non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete sentire la mia parola (Jn 8,43). Non potevano comprendere perché non potevano ascoltare. E non potevano ascoltare, perché non volevano correggersi credendo in lui. E questo perché? Voi avete per padre il diavolo (Jn 8,44). Fino a quando continuerete a nominare vostro padre? Fino a quando continuerete a cambiare padre? Ora è Abramo, ora è Dio. Ascoltate dalla bocca del Figlio di Dio, di chi siete figli: Voi avete per padre il diavolo.

(Attenzione al Manicheismo.)

3. 10. Qui bisogna guardarsi dall'eresia dei manichei, la quale sostiene l'esistenza di un principio cattivo e di una razza tenebrosa che, con i suoi capi, ha osato combattere contro Dio; contro questa razza nemica che intendeva distruggere il suo regno, Dio invio - dicono ancora i manichei -i principi della luce da lui generati; quella razza tenebrosa fu sconfitta ma da essa ebbe origine il diavolo. E da essa - dicono - trae origine anche la nostra carne. E' in questo senso che essi interpretano le parole del Signore: Voi avete per padre il diavolo; voi siete malvagi per natura, in quanto discendete da quella razza tenebrosa e ostile a Dio. E così essi cadono nell'errore, diventano ciechi, da se stessi si fanno gente tenebrosa, in quanto credono il falso contro colui che li ha creati. Infatti tutta la natura è buona; viziata è la natura dell'uomo, ma per sua cattiva volontà. Ciò che Dio ha creato non può essere cattivo, e neppure l'uomo, se non lo diventa di sua volontà. Certo, pero, che il Creatore è il Creatore, e la creatura resta la creatura: la creatura non può essere uguagliata al Creatore. Distinguete colui che creo da ciò che creo. Non si può confondere il tavolo con il falegname, né la colonna con lo scultore: anche se il falegname che ha fatto il tavolo non ha creato il legno. Il Signore nostro Dio, invece, che è onnipotente, per mezzo del Verbo fece quanto fece; non aveva niente per fare le cose che fece, e tuttavia le fece. Furon fatte perché volle, furon fatte perché diede l'ordine; ma le cose fatte non sono da paragonare a chi le ha fatte. Se cerchi qualcosa da paragonare al Creatore, non trovi che il Figlio unico. Perché dunque i Giudei erano figli del diavolo? Perché lo imitavano, non perché fossero nati da lui. Ascoltate come solitamente si esprime la Scrittura. Dice il profeta ai Giudei: Tuo padre era un Amorreo, tua madre una Hittita (Ez 16,3). Gli Amorrei erano un popolo da cui non provenivano affatto i Giudei; e gli Hittiti erano popolazioni a sé, completamente estranee ai Giudei. Siccome, pero, gli Amorrei e gli Hittiti erano empi, e i Giudei imitavano le loro forme di empietà, li avevano come padri, non perché fossero nati da loro, ma perché, seguendone i costumi, ne condividevano la condanna. Forse vi domanderete quale è allora l'origine del diavolo. Egli ha la stessa origine degli altri angeli. Se non che gli altri angeli rimasero nell'obbedienza, mentre questo, per la sua disobbedienza e superbia, decadde e da angelo divento diavolo.

1. 11. Ma ascoltate ora che cosa dice il Signore: Voi avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro (Jn 8,44). Ecco perché siete suoi figli, perché avete gli stessi suoi desideri, non perché siete nati da lui. Quali sono i suoi desideri? Egli è stato omicida fin da principio. Ecco cosa significa volete fare i desideri del padre vostro; voi cercate di uccidere me, che sono un uomo che vi dico la verità. Anche il diavolo ebbe invidia dell'uomo e lo uccise. Essendo infatti invidioso dell'uomo, in forma di serpente si rivolse alla donna, e, mediante la donna, avveleno anche l'uomo. Essi morirono per aver ascoltato il diavolo (Gn 3,1). E non l'avrebbero ascoltato se avessero dato ascolto al Signore; l'uomo, che si trovava tra chi lo aveva creato e l'angelo decaduto, avrebbe dovuto obbedire al Creatore, non all'impostore. Dunque egli è stato omicida fin da principio (Jn 8,44). Considerate in che senso egli era omicida. Il diavolo vien detto omicida non perché si sia presentato all'uomo armato di spada e corazzato di acciaio, ma perché semino in lui una parola perversa e così lo uccise. Non credere dunque di poter sfuggire all'accusa di omicidio quando spingi tuo fratello al male: se lo induci al male, tu lo uccidi. E affinché ti renda conto che in tal modo lo uccidi, ascolta il salmo: I figli degli uomini hanno lance e frecce per denti, e per lingua una spada affilata (Ps 56,5). Voi dunque volete compiere i desideri del padre vostro; per questo infierite nella carne, non potendo farlo nello spirito. Egli è stato omicida fin da principio: si, perché è stato omicida nei confronti del primo uomo; cioè appena fu possibile compiere un omicidio, appena fu creato l'uomo; perché non avrebbe potuto uccidere l'uomo, se l'uomo non fosse esistito. Quindi egli è stato omicida fin da principio. E per qual motivo è stato omicida? E non stette fermo nella verità. Dunque egli era nella verità, ma non vi si mantenne e cadde. E perché non si mantenne nella verità? Perché in lui non è la verità. La verità non è in lui, come invece è in Cristo, che è la stessa verità. Se fosse rimasto nella verità, egli sarebbe rimasto in Cristo; ma non stette fermo nella verità, perché in lui non è la verità.

2. 12. Quando dice menzogna, parla del suo, perché egli è menzognero e padre di menzogna. Che significa questo? Avete ascoltato le parole del Vangelo, le avete considerate attentamente: le ripeto, affinché sappiate bene cosa dovete respingere. Il Signore dice del diavolo ciò che di lui doveva dire. E' vero che egli era omicida fin da principio, perché uccise il primo uomo, e non stette fermo nella verità perché dalla verità defeziono. Quando dice menzogna - continua il Signore parlando del diavolo -parla del suo, perché egli è menzognero e padre di menzogna. Al sentir queste parole, taluni hanno creduto che il diavolo avesse un padre, e si sono chiesti chi potesse essere il padre del diavolo. Il detestabile errore dei manichei trova qui un appiglio per ingannare gli sprovveduti. I manichei infatti dicono: tu ritieni che il diavolo sia stato un angelo che defeziono; il peccato dunque, come voi dite, ha avuto origine da lui; ma chi era suo padre? Noi rispondiamo: Chi di noi ha mai detto che il diavolo ha un padre? Essi replicano: Lo dice il Signore quando, come riferisce il Vangelo, parlando del diavolo, afferma: Egli è stato omicida fin da principio, e non stette fermo nella verità; perché in lui non è la verità. Quando dice menzogna, parla del suo, perché egli è menzognero e padre di menzogna (Jn 8,44).

(Abbracciare la verità per raggiungere la libertà.)

1. 13. Ascolta e intendi bene; non ti mando lontano, da queste medesime parole potrai intendere bene. Il Signore dice che il diavolo è il padre della menzogna. Che significa questo? Ascolta, rifletti su queste parole e intendile bene. Non chiunque mentisce, quindi, è padre della menzogna. Se infatti tu hai ascoltato da un altro una menzogna e l'hai proferita, tu sei un mentitore in quanto hai detto una menzogna, pero non sei il padre di quella menzogna, perché l'hai ricevuta da un altro. Il diavolo, invece, è mentitore da se stesso; egli stesso ha generato la sua menzogna, non l'ha ricevuta da altri. Così come il Padre ha generato il Figlio che è la verità, il diavolo, dopo la sua caduta, ha generato quasi come figlia la menzogna. Detto questo, riprendi a meditare le parole del Signore; renditi conto, o anima cattolica, di ciò che hai udito, poni attenzione a quanto egli dice. Egli - egli chi? il diavolo -è stato omicida fin da principio. Lo sappiamo, uccise Adamo. E non stette fermo nella verità. Lo sappiamo, defeziono dalla verità. Perché in lui non è la verità. E' vero, allontanandosi dalla verità, si è privato della verità. Quando egli proferisce menzogna parla del suo. Non prende da altri ciò che dice. Quando egli proferisce menzogna parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna. E' mentitore e padre della menzogna. Forse anche tu sei mentitore perché dici menzogne, ma non sei il padre della menzogna. Se infatti ciò che dici l'hai ricevuto dal diavolo e in lui hai creduto, sei menzognero non padre di menzogna; il diavolo, invece, che non ha ricevuto da altri la menzogna, con cui uccide l'uomo come fa il serpente con il veleno, è padre della menzogna così come Dio è Padre della verità. Tenetevi lontani dal padre della menzogna, correte verso il Padre della verità; abbracciate la verità onde poter giungere alla libertà.

2. 14. Quei Giudei dunque avevano visto presso il padre loro ciò che dicevano: cosa avevano visto, se non la menzogna? Il Signore invece aveva visto presso suo Padre ciò che andava dicendo: e che cosa aveva visto se non se stesso? che cosa, se non il Verbo del Padre e quindi l'eterna verità del Padre, eterna insieme al Padre? Egli - dunque -era stato omicida fin da principio, e non stette fermo nella verità, perché la verità non è in lui; quando dice menzogna, parla del suo, perché egli è mentitore. E non solo è mentitore, ma è suo padre; cioè è padre della stessa menzogna che dice, perché egli stesso ha generato la sua menzogna. E a me voi non credete perché dico la verità. Chi di voi può convincermi di peccato? (Jn 8,45-46), mentre invece lo posso io nei riguardi vostri e di vostro padre. Se vi dico la verità, perché non mi credete? Non mi credete perché siete figli del diavolo.

3. 15. Chi è da Dio, ascolta le parole di Dio; e voi non le ascoltate perché non siete da Dio (Jn 8,47). Ancora una volta non state a considerare la natura, ma il peccato. Costoro sono da Dio e non sono da Dio: come natura sono da Dio, come peccato non sono da Dio. Fate attenzione, vi supplico: nel Vangelo trovate la medicina contro gli errori velenosi e nefasti degli eretici. E' da queste parole che i manichei colgono pretesto per dire: Vedete, ci sono due nature, una buona e una cattiva: Lo dice il Signore. Che cosa dice? Voi non ascoltate perché non siete da Dio. Questo dice il Signore. Tu, mi si domanda, che cosa dici di fronte a questo? Ascolta che cosa dico. Gli uomini sono da Dio e non sono da Dio: quanto alla natura sono da Dio, quanto al peccato non sono da Dio. La natura, che in quanto è stata creata da Dio è buona, pecco deliberatamente cedendo alle suggestioni del diavolo e si è viziata; per questo cerca il medico, perché è malata. E' questo che io dico. Ti sembra impossibile che siano da Dio e insieme non siano da Dio: renditi conto che non è impossibile. Sono da Dio e non sono da Dio, allo stesso modo che sono e non sono figli di Abramo. Sta scritto qui nel Vangelo, c'è poco da dire. Ascolta il Signore stesso, che ha detto loro: So che siete figli di Abramo. Forse che il Signore può mentire? Certo che no. Allora è vero quanto dice il Signore? E' vero. Allora è vero che i Giudei erano figli di Abramo? E' vero. Ebbene, ascolta come il Signore neghi cio; egli che aveva detto: Siete figli di Abramo, ora afferma il contrario: Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora, invece, voi cercate di uccidere me che sono un uomo che vi ho detto la verità che ho udito da Dio; questo, Abramo non lo ha fatto! Voi fate le opere del padre vostro, cioè del diavolo. Sicché, erano o non erano figli di Abramo? Il Signore ha dimostrato che lo erano e non lo erano: erano figli di Abramo quanto all'origine carnale, e insieme non lo erano a causa del peccato proveniente dalla tentazione del diavolo. E altrettanto dicasi nei confronti del Signore Dio nostro: essi erano da lui, e non erano da lui. In che senso erano da lui? Perché egli creo l'uomo dal quale essi erano nati. In che senso ancora erano da lui? In quanto egli è il creatore della natura, il creatore del corpo e dell'anima. In che senso, allora, non erano da lui? In quanto per loro colpa si erano pervertiti: non erano da lui perché, imitando il diavolo, erano diventati figli del diavolo.

16. Il Signore Iddio è venuto dunque all'uomo peccatore. Hai sentito due termini: uomo e peccatore. In quanto uomo egli è da Dio, in quanto peccatore non è da Dio. La natura e il peccato sono due cose distinte: riconosci la natura per lodare il creatore, riconosci il peccato per invocare il medico. Il Signore, dicendo: Chi è da Dio, ascolta le parole di Dio: e voi non le ascoltate perché non siete da Dio, non suppone vari ordini di meriti naturali, non avendo trovato, ad eccezione della sua anima e del suo corpo, un'altra natura umana che non fosse viziata dal peccato; ma siccome sapeva già chi erano quelli che avrebbero creduto, disse che questi erano da Dio, perché sarebbero rinati da Dio in virtù dell'adozione della rigenerazione. Ad essi si riferisce dicendo: Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Ciò che segue: e voi non ascoltate perché non siete da Dio, si riferisce a coloro che, oltre ad essere contaminati dal peccato (male comune a tutti), egli già sapeva che non avrebbero creduto, con quella fede che sola avrebbe potuto liberarli dai vincoli del peccato. perciò sapeva già che coloro ai quali rivolgeva tali parole, sarebbero rimasti fermi in ciò che erano divenuti imitando il diavolo, cioè sarebbero morti nei loro peccati e nell'empietà che li rendeva a lui somiglianti; e non sarebbero giunti alla rigenerazione, in virtù della quale sarebbero diventati figli di Dio, nascendo da quel Dio, che li aveva creati uomini. Il Signore ha parlato così tenendo conto di questa predestinazione; non perché avesse trovato qualche uomo che secondo la rigenerazione fosse già da Dio, o che secondo la natura non fosse più da Dio.

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OMELIA 43

(Jn 8,48-59)

Jn 8,48-59


Gesù e Abramo.

Chi potrà spiegare l'esultanza di Abramo, che da lontano vide il giorno di Cristo? Se gioirono quelli ai quali il Cristo apri gli occhi della carne, quale non dovette essere il gaudio di colui che vide con gli occhi del cuore la luce ineffabile, il Verbo che è presso il Padre, la sapienza indefettibile?

1. 1. Nel passo del santo Vangelo, letto oggi, colui che è potenza c'insegna la pazienza. Che siamo noi infatti? Servi di fronte al Signore, peccatori di fronte al Giusto, creature di fronte al Creatore. Se siamo cattivi, lo siamo da noi; se in qualche misura siamo buoni, lo siamo da lui e per grazia sua. Niente cerca l'uomo quanto la potenza, e in Cristo Signore trova grande potenza; ma per giungere alla potenza del Signore, l'uomo deve prima imitare la sua pazienza. Chi di noi sopporterebbe pazientemente un insulto come questo: Sei indemoniato? E questo fu detto a colui che non solo salvava gli uomini, ma comandava anche ai demoni.

2. 2. Delle due accuse rivoltegli dai Giudei: Si, abbiamo ragione di dire che sei un samaritano e un indemoniato (Jn 8,48), una la respinse, l'altra no. Rispose infatti: Io non sono un indemoniato (Jn 8,49). Non disse: non sono un samaritano; eppure due erano state le accuse. Benché non abbia reso maledizione per maledizione, né respinto l'insulto con un altro insulto, tuttavia si limito a respingere un'accusa senza respingere l'altra. E ciò non senza motivo, o fratelli. Samaritano infatti vuol dire custode: e il Signore sapeva di essere il nostro custode. Infatti non chiude occhio né dorme il custode d'Israele (Ps 120,4), e se Dio non custodisce la città, invano vegliano le guardie (Ps 126 Ps 1). Colui che è il nostro creatore è anche il nostro custode. Se egli ha il compito di redimerci, non avrà quello di custodirci? Se volete poi approfondire il mistero per cui egli non si difese dall'accusa di essere un samaritano, richiamate la famosa parabola che narra di quell'uomo che mentre scendeva da Gerusalemme a Gerico incappo nei ladroni, i quali, dopo averlo gravemente ferito, lo abbandonarono sulla strada mezzo morto. Passo il sacerdote e non si curo di lui; passo il levita e ando oltre; finalmente passo un samaritano, colui che è il nostro custode. Egli si accosto al ferito, ne ebbe misericordia, si comporto come prossimo di colui che non considero un estraneo (Lc 10,30-37). Ecco perché il Signore respinse l'accusa di indemoniato, ma non quella di samaritano.

3. 3. Di fronte a un tale insulto, in difesa della sua gloria disse soltanto questo: Ma onoro mio Padre, e voi mi oltraggiate (Jn 8,49). Cioè, io non rivendico il mio onore, per non sembrarvi arrogante; so a chi devo rendere onore. Se voi mi conosceste, mi rendereste onore così come io onoro il Padre. Io faccio il mio dovere, voi invece non lo fate.

4. 4. Io peraltro - aggiunge -non cerco la mia gloria; c'è chi la cerca e giudica (Jn 8,50). Di chi intende parlare, se non del Padre? In altra occasione aveva detto: Il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio (Jn 5,22), mentre qui dice: Io non cerco la mia gloria; c'è chi la cerca e giudica. Se è il Padre che giudica, in che senso non giudica nessuno ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio?

5. 5. Per risolvere questa difficoltà, tenete presente un'espressione analoga a questa. Sta scritto: Dio non tenta nessuno (Jc 1,13); e sta scritto altresi: Il Signore Dio vostro vi tenta, per sapere se lo amate (Dt 13,3). Come vedete, anche qui vi è una difficoltà. Come si può dire che Dio non tenta nessuno e che il Signore Dio vostro vi tenta per sapere se lo amate? così pure sta scritto: Non c'è timore nella carità, ma la carità perfetta scaccia ogni timore (1Jn 4,18), mentre altrove è scritto: Il casto timore del Signore rimane per i secoli dei secoli (Ps 18,10). Anche questa è una difficoltà. Com'è possibile infatti che la carità perfetta scacci ogni timore, se il timore casto del Signore permane nei secoli dei secoli?

6. Ci rendiamo conto che esistono due tipi di tentazione: una che inganna, l'altra che mette alla prova. Secondo la tentazione che inganna, Dio non tenta nessuno; secondo quella che mette alla prova, il Signore vostro Dio vi tenta, per sapere se lo amate. Ma qui nasce un'altra difficoltà: come può tentare per sapere, colui che sa già tutto prima di tentare? Non è dunque che Dio non sappia: ma si dice per sapere intendendo "per far sapere a noi". Espressioni simili usiamo anche nei nostri discorsi, e si trovano anche nei maestri di eloquenza. A proposito del nostro modo di parlare noi diciamo, ad esempio, che una fossa è cieca, non perché abbia perduto gli occhi ma perché essendo nascosta ci impedisce di vederla. Prendiamo un esempio anche dagli autori classici: Virgilio dice che i lupini sono tristi (Virgilio, Georg. 1,75), cioè amari; non perché siano tristi, ma perché a gustarli contristano, cioè rendono tristi. Espressioni simili si trovano anche nella Scrittura. Lo studioso di tali questioni non fa fatica a risolverle. Dunque il Signore vostro Dio vi tenta, per sapere, cioè per farvi sapere, se lo amate. Giobbe non si conosceva, Dio pero lo conosceva. Permise che fosse tentato, e così potesse conoscere se stesso.

(Timore servile e timore casto.)

6. 7. Che dire dei due generi di timore? C'è il timore servile e il timore casto: uno è il timore di colui che teme il castigo, l'altro di chi teme di perdere la giustizia. Il timore del castigo è il timore servile. E' una gran cosa temere il castigo? Questo timore ce l'ha anche lo schiavo più iniquo, anche il ladrone più crudele. Non è gran cosa temere il castigo, ma è gran cosa amare la giustizia. Chi dunque ama la giustizia, non teme nulla? Teme, si, ma non tanto di incorrere nel castigo, quanto piuttosto di perdere la giustizia (1Jn 4,18). Siatene convinti, fratelli, e in base a questo rendetevi conto di ciò che amate. Qualcuno di voi ama il denaro. Riusciro a trovare qualcuno che non lo ama? Ebbene, proprio perché egli ama riuscirà a capire quanto dico. Egli teme un danno. Perché teme un danno? Perché ama il denaro. Quanto più lo ama tanto più teme di perderlo. Cosi, se uno ama la giustizia, paventa piuttosto un danno morale, teme la perdita della giustizia più di quanto tu non tema la perdita del denaro. Ecco il timore casto, quel timore che permane nei secoli dei secoli: la carità non lo elimina né lo caccia via, ma, anzi, lo accoglie, lo custodisce e se lo tiene stretto come un compagno fedele. Siamo in cammino verso il Signore, finché lo vedremo faccia a faccia. Il timore casto ci custodisce presso di lui; non ci reca turbamento, ma ci rassicura. La donna adultera teme che venga suo marito, la donna casta teme che suo marito se ne vada.

7. 8. Sicché, secondo un tipo di tentazione Dio non tenta nessuno, mentre secondo un altro, il Signore Dio vostro vi tenta. Secondo un certo timore, non esiste timore nella carità, ma la carità perfetta scaccia il timore; secondo un altro genere, il timore casto del Signore permane nei secoli dei secoli. Cosi, secondo un certo giudizio, il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio; secondo un altro giudizio, Io - disse il Signore -non cerco la mia gloria; c'è chi la cerca e giudica.

8. 9. Vediamo di risolvere questa difficoltà con le sue stesse parole. Nel Vangelo si parla di giudizio penale: Chi non crede, è già giudicato (Jn 3,18); e in un altro passo: Viene l'ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quelli che bene operarono per una risurrezione di vita, quelli che male operarono per una risurrezione di giudizio (Jn 5,13). Vedete che dice giudizio invece di condanna e di pena? Tuttavia se giudizio si dovesse prendere sempre nel senso di condanna, direbbe il salmo: Giudicami, o Dio? In quel caso giudizio significa afflizione, qui invece distinzione. Quale distinzione? Lo dice colui che ha detto: Giudicami, o Dio. Lo dice proseguendo: e distingui la mia causa - dice -da gente non santa (Ps 42,1). Ora, nel senso in cui è detto giudicami, Dio, e distingui la mia causa da gente non santa, Cristo Signore dice ora: Io non cerco la mia gloria; c'è chi la cerca e giudica. In che senso c'è chi la cerca e giudica? E' il Padre che discerne e separa la mia gloria dalla vostra. Voi vi gloriate secondo il mondo; non cerco questa gloria io che dico al Padre: Padre, glorificami con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse (Jn 17,5). Quale gloria? E' una gloria che si distingue dalla gonfiatura degli uomini. In questo senso giudica il Padre. Che significa giudica? Significa distingue. Che cosa distingue? La gloria di suo Figlio dalla gloria degli uomini; e in tal senso è detto: Ti unse Dio, il tuo Dio, con olio di letizia sopra i tuoi compagni (Ps 44,8). Infatti, sebbene si sia fatto uomo, non per questo deve essere messo sul nostro piano. Noi siamo uomini con il peccato, egli è senza peccato: noi siamo uomini che ereditiamo da Adamo la morte e la colpa, egli ha preso dalla Vergine la carne mortale, ma non l'iniquità. Inoltre, noi non siamo nati perché lo abbiamo voluto, né viviamo quanto vogliamo, né moriamo come vogliamo. Egli, invece, prima di nascere scelse la donna dalla quale doveva nascere; appena nato, si fece adorare dai magi; crebbe come ogni altro bambino, si rivelava Dio nei suoi miracoli e uomo nella sua debolezza Finalmente scelse tra i vari tipi di morte la crocifissione, affinché sulla fronte dei fedeli fosse posto il segno della croce e il cristiano potesse dire: Non sia mai che io mi glori d'altro fuorché della croce di nostro Signore Gesù Cristo (Ga 6,14). Sulla croce abbandono il suo corpo quando volle, e se ne ando; rimase nel sepolcro quanto volle, e quando volle si levo dal sepolcro come da un letto. Quindi, o fratelli, anche secondo la forma di servo (chi infatti potrà penetrare e proferire in modo adeguato le parole: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio? (Jn 1,1)), anche secondo questa forma di servo, ripeto, c'è molta distanza tra la gloria di Cristo e la gloria degli altri uomini. Parlava di questa gloria quando si senti chiamare indemoniato: Io non cerco la mia gloria: c'è chi la cerca e giudica (Jn 8,50).

9. 10. E tu, o Signore, che dici di te stesso? In verità, in verità vi dico: chi osserva la mia parola non vedrà la morte in eterno (Jn 8,51). Voi dite che io sono un indemoniato e io vi chiamo alla vita: custodite la mia parola e non morirete. Lo sentivano dire: Chi osserva la mia parola non vedrà la morte in eterno e si infuriavano, perché erano già morti di quella morte che avrebbero dovuto evitare. Gli dissero i Giudei: Questa volta sappiamo che sei un indemoniato! Abramo è morto, anche i profeti; e tu dici: chi osserva la mia parola non gusterà la morte in eterno (Jn 8,52). Notate come si esprime la Scrittura: non vedrà, cioè non gusterà la morte: vedrà la morte, gusterà la morte. Chi può vedere, chi può gustare la morte? Che occhi possiede l'uomo per vedere quando muore? Quando la morte viene, chiude anche gli occhi perché non vedano nulla; in che senso allora dice: non vedrà la morte? Ed inoltre, con quale palato, con quale bocca si gusta la morte, per distinguerne il sapore? Se la morte priva di tutti i sensi, che rimarrà nel palato? Quindi dice vedrà e gusterà nel senso di una piena esperienza.

(Due tipi di tentazione.) (La vera morte.)

10. 11. Queste cose il Signore le diceva a gente che doveva ovviamente morire, allorché lui stesso stava per morire, poiché anche per il Signore ci fu l'epilogo della morte (Ps 67,21), come dice il salmo. Parlando dunque a dei morituri, egli che pure sarebbe morto, cosa voleva intendere dicendo: Chi osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno? che egli vedeva un'altra morte dalla quale era venuto a liberarci: la morte seconda, la morte eterna, la morte dell'inferno, la morte della dannazione assieme al diavolo e ai suoi angeli. Quella è la vera morte, perché questa non è che una emigrazione. In che consiste questa morte? Nell'abbandonare il corpo, nel deporre un pesante fardello; sempre che l'uomo non sia carico di un altro fardello che lo faccia precipitare nell'inferno. E' a questa morte che il Signore alludeva quando disse: Chi osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno.

1. 12. Non dobbiamo temere questa morte corporale, ma quella eterna. E la cosa più grave è che molti, temendo esageratamente questa, hanno finito per cadere in quella. A taluni fu intimato: Adorate gli idoli altrimenti sarete uccisi; o come disse Nabucodonosor: Se non lo farete sarete gettati nella fornace ardente (Da 3,15). Molti si spaventarono e adorarono gli idoli: non volevano morire, e sono morti; temendo quella morte dalla quale non si può sfuggire, sono caduti in quell'altra morte che potevano felicemente evitare, se non avessero, i miseri, temuto questa che è inevitabile. Sei nato uomo, dovrai morire. Dove andrai per non morire? Che farai per non morire? Il tuo Signore volontariamente si degno di morire per consolarti nella tua morte inevitabile. Guardando Cristo morto, ti ribellerai alla morte? Dovrai morire, non c'è scampo. Sarà oggi, sarà domani, accadrà: è un debito che devi pagare. Che fa uno che ha paura? fugge, si nasconde per non farsi trovare dal nemico; riuscirà a evitare la morte? Riuscirà solo a morire un poco più tardi. Non riesce a liberarsi dal debito, chiede solo una dilazione. Ma, per quanto riesca a rimandare il pagamento, giungerà la scadenza. Temiamo dunque quella morte che temevano quei tre giovani, i quali dissero al sovrano: Dio è abbastanza potente per liberarci anche da queste fiamme (Da 3,17-18); ma ancorché - e qui c'era il timore di quella morte che ora il Signore minaccia -, ma ancorché egli non voglia liberarci apertamente, può in segreto darci la corona. Così il Signore, per formare i martiri, egli che sarebbe stato il capo dei martiri, disse: Non vogliate temere coloro che uccidono il corpo, e, oltre a cio, non possono fare di più. In che senso non possono fare di più, se, dopo aver ucciso il corpo, possono far dilaniare il cadavere dalle belve e farlo sbranare dagli avvoltoi? Pare che alla crudeltà rimanga qualcosa da fare. Ma contro chi? Contro chi ha già lasciato la terra. Il corpo è ancora li, ma è privo di sensi. L'abitazione giace al suolo, ma il suo abitatore se n'è andato. Oltre a cio, quindi, non possono fare di più; non possono far più niente ad uno che non sente più niente. Temete piuttosto colui che può far perire e anima e corpo nella geenna (Mt 10,28 Lc 12,4-5). Ecco di quale morte parlava il Signore, quando diceva: Chi osserverà la mia parola, non vedrà la morte in eterno. Osserviamo dunque, o fratelli, la sua parola mediante la fede; così giungeremo alla visione e conseguiremo la perfetta libertà.

2. 13. Quei tali allora si sdegnarono (erano morti e predestinati alla morte eterna) e risposero in modo insolente: Ora sappiamo che sei un indemoniato! Abramo è morto e anche i profeti (Jn 8,52). Ma di questa morte, di cui il Signore intende parlare, non è morto né Abramo né i profeti. Morirono infatti, ma son vivi; a differenza di costoro che, sebbene vivi, son morti. In altra occasione, infatti, rispondendo alle obiezioni dei sadducei, il medesimo Signore rispose cosi: Circa la risurrezione dei morti non avete letto ciò che il Signore disse a Mosè dal roveto: Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe? Non è il Dio dei morti ma dei vivi! (Mt 22,31-32 Es Mt 3,6). Se dunque essi vivono, procuriamo di vivere in modo tale da poter vivere con loro dopo la nostra morte. Chi pretendi di essere?, replicarono i Giudei, tu che dici: Chi osserva la mia parola non vedrà la morte in eterno?, sai infatti benissimo che anche Abramo e i profeti sono morti.

14. Rispose Gesù: Se io glorifico me stesso, la mia gloria è nulla; è il Padre mio che mi glorifica (Jn 8,54). Questo disse in risposta alla loro domanda: Chi pretendi di essere? Egli attribuisce la sua gloria al Padre dal quale ha l'essere Dio. Talvolta gli ariani prendono spunto anche da queste parole per calunniare la nostra fede, dicendo: Vedete, il Padre è più grande; tanto è vero che glorifica il Figlio. O eretico, non hai letto che altrove il Figlio stesso dichiara di glorificare il Padre (Jn 17,4)? Se dunque il Padre glorifica il Figlio e il Figlio glorifica il Padre, lascia la tua ostinazione, riconosci la loro uguaglianza ed emenda la tua perversità.

(Manichei e marcioniti.)

. 15. Egli disse: E' il Padre mio che mi glorifica; lui, di cui voi dite: è Dio nostro, e non lo avete conosciuto (Jn 8,54-55). Vedete, fratelli miei, come Padre di Cristo sia appunto quel Dio che fu annunziato anche ai Giudei. Dico questo perché alcuni eretici sostengono che il Dio annunziato nell'Antico Testamento non è il Padre di Cristo, ma non so quale principe degli angeli perversi. Così dicono i manichei e i marcioniti. Ci sono forse altri eretici, che non meritano di essere ricordati o che in questo momento non ricordo: pero non sono mancati altri che hanno sostenuto questo. Fate dunque attenzione, per sapere come rispondere a costoro. Cristo Signore chiamo suo Padre colui che essi chiamavano loro Dio, pero senza conoscerlo: se infatti lo avessero conosciuto avrebbero accolto suo Figlio. Io invece lo conosco, dice il Signore. Ad essi che giudicavano secondo la carne, poté sembrare presuntuosa l'affermazione: Io invece lo conosco. Guardate pero che cosa segue: E se dicessi che non lo conosco sarei, come voi, un mentitore. Non deve succedere che, per evitare la taccia di presuntuosi, si abbandoni la verità. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. In quanto Figlio, egli proferiva la parola del Padre: ed egli stesso era il Verbo del Padre che parlava agli uomini.

(Abramo vide ed esulto.)

2. 16. Abramo, il padre vostro, esulto al pensiero di vedere il mio giorno; lo vide e ne gioi (Jn 8,56). Magnifica testimonianza resa ad Abramo, dal discendente di Abramo, dal creatore di Abramo. Abramo esulto - dice -al pensiero di vedere il mio giorno. Non ebbe timore, ma esulto nella speranza di vedere. Era in lui la carità che caccia via il timore (cf. 1Jn 4,18). Non dice che esulto perché lo vide; ma che esulto nella speranza di vederlo. Credendo in lui, esulto nella speranza, in attesa di poterlo vedere mediante l'intelligenza. E vide. Cosa poteva, o cosa doveva dire di più il Signore Gesù Cristo? Lo vide e ne gioi. Chi potrà esprimere questo gaudio, o fratelli miei? Se tanto gioirono coloro ai quali il Signore apri gli occhi della carne, quale fu il gaudio di chi poté vedere con gli occhi del cuore la luce ineffabile, il Verbo che permane, lo splendore che rifulge nelle anime fedeli, la sapienza indefettibile, colui che come Dio dimora presso il Padre e che, senza abbandonare il seno del Padre, sarebbe venuto un giorno nella carne? Tutto questo vide Abramo. Quanto all'espressione il mio giorno, può riferirsi sia al giorno temporale del Signore in cui egli sarebbe venuto nella carne, sia al giorno del Signore che non ha aurora e non conosce tramonto,. Ma io sono certo che il padre Abramo conosceva l'uno e l'altro giorno. E come lo provo? Dobbiamo contentarci della testimonianza di nostro Signore Gesù Cristo. Credo sia molto difficile, se non impossibile, precisare in che senso Abramo esulto al pensiero di vedere il giorno di Cristo, e in che senso vide e ne gioi. Ammettiamo pure l'ipotesi che non si riesca a trovare un passo dove risulti chiaro; dovremo concludere che la Verità ha mentito? Noi crediamo alla Verità, e non dubitiamo minimamente dei meriti di Abramo; tuttavia ascoltate un particolare che mi viene in mente ora. Quando il padre Abramo mando il suo servo a cercare moglie per suo figlio Isacco, gli fece giurare che avrebbe compiuto fedelmente la missione con piena consapevolezza. Si trattava infatti di una cosa importante, come era quella di procurare una sposa al discendente di Abramo. Ma affinché il servo si rendesse conto di quanto aveva appreso Abramo, di non desiderare cioè nipoti secondo la carne né di preoccuparsi della sua discendenza carnale, disse al servo nell'atto di congedarlo: Metti la tua mano sotto il mio fianco, e giura per il Dio del cielo (Gn 24,2-3). Che relazione c'è tra il Dio del cielo e il fianco di Abramo? Subito scorgete qui un mistero: per mezzo del fianco si intende la discendenza. Cosa voleva dunque significare quel giuramento, se non che dalla discendenza di Abramo sarebbe venuto nella carne il Dio del cielo? Gli stolti rimproverano Abramo per aver detto: Metti la tua mano sotto il mio fianco. Coloro che criticano l'azione di Abramo sono quelli stessi che criticano la carne di Cristo. Invece noi, o fratelli, se riteniamo degna di venerazione la carne di Cristo non possiamo disprezzare il fianco di Abramo, ma consideriamo quel gesto come una profezia. E infatti Abramo era profeta. Profeta di chi? Profeta della sua discendenza e del suo Signore. Dicendo: Metti la tua mano sotto il mio fianco, si riferi alla sua discendenza; aggiungendo: e giura per il Dio del cielo, si riferi al suo Signore.

1. 17. Adirati i Giudei risposero: Non hai ancora cinquant'anni, e hai veduto Abramo? E il Signore: In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, io sono (Jn 8,57-58). Pesa le parole e intendi il mistero. Prima che Abramo fosse: fosse si riferisce alla creatura umana; sono si riferisce alla divina essenza. Fosse, perché Abramo era una creatura. Non disse il Signore: Prima che Abramo esistesse, io ero; ma disse: Prima che Abramo fosse fatto - e non poté esser fatto se non per mezzo di me -, io sono. Neppure disse: Prima che Abramo fosse fatto, io sono stato fatto. In principio - infatti -Dio fece il cielo e la terra; e in principio era il Verbo. Quindi, prima che Abramo fosse, io sono. Riconoscete il Creatore, non confondetelo con la creatura. Colui che parlava era discendente di Abramo; ma perché potesse chiamare Abramo all'esistenza, doveva esistere prima di lui.

2. 18. Crebbe il loro furore come se apertamente il Signore avesse insultato Abramo. L'affermazione, infatti, di Cristo Signore: Prima che Abramo fosse fatto, io sono, per loro suono come bestemmia. Presero, allora, dei sassi per tirarglieli. Tanta durezza a che cosa poteva ricorrere se non ai sassi, ad essi somiglianti? Ma Gesù reagi come uomo, secondo la sua forma di servo, secondo la sua umiltà come chi avrebbe dovuto patire, morire e redimerci con il suo sangue; non come colui che è, cioè non come Verbo che era in principio, e Verbo presso Dio. Quando dunque quelli presero i sassi per tirarglieli, che meraviglia se la terra immediatamente si fosse aperta per inghiottirli, sicché, invece dei sassi, avessero trovato l'inferno? ciò non sarebbe costato molto a Dio, ma era sua intenzione manifestare piuttosto la pazienza che la potenza. Gesù, dunque, si nascose, per non essere lapidato. Come uomo si difende dai sassi, allontanandosi; ma guai a coloro dai quali Dio si allontana perché hanno il cuore di sasso!


Agostino - Commento Gv 42