Agostino Salmi 482

SUL SALMO 48

482 Ps 48

ESPOSIZIONE

Discorso 2

166 1. [v 14.] Ieri doveva esser terminato il salmo incominciato, come ricorderà la Carità vostra. Eravamo giunti sino al verso in cui lo Spirito di Dio parla degli uomini che non pensano ad altro se non ai beni secolari e terreni, e non si preoccupano di ciò che accadrà dopo questa vita credendo che non vi sia altra felicità se non nelle ricchezze e negli onori di questo secolo e nel passeggero vigore. Per questo costoro si preoccupano soltanto di avere dopo la loro morte funerali pomposi, di essere seppelliti in sepolcri mirabilmente costruiti, e che i loro nomi siano invocati nelle loro terre dalle loro famiglie. Non si preoccupano, invece, dove risiede lo spirito dopo questa vita, da stolti che non tremano udendo la voce di Cristo che dice: Stolto, questa notte ti sarà tolta la tua vita, e le cose che hai preparato di chi saranno? (Lc 12,20), e non pensano che dopo i quotidiani splendidi banchetti, dopo la porpora e il bisso, quel liceo fu condannato ai tormenti dell’inferno, mentre dopo le sofferenze, le piaghe e la fame, il povero riposa nel seno di Abramo (Cf. Lc 16,19). Non si curano di queste cose, ma si curano soltanto del presente, e pensano soltanto al modo in cui, dopo questa morte, il loro nome, che in cielo è condannato, sarà invocato in terra. Ebbene, parlando di tali uomini lo Spirito Santo dice: Tale la loro via, un inciampo per loro, e poi con la loro bocca loderanno. Così ha detto il Signore Gesù Cristo di coloro che dapprima si avvicinano alla fede purificati dalla parola di Dio e dai riti nel nome di Cristo, onde ricevere la grazia di Dio ed essere battezzati; ma che poi tornano a commettere azioni peggiori di quelle che avevano commesso prima. L’ultimo stato sarà per loro peggiore del primo (2P 2,20), dice l’apostolo Pietro; e il Signore aggiunge: la condizione di quell’uomo sarà peggiore di quanto era la prima (Lc 11,26). Perché? Perché dapprima era apertamente pagano, e poi si è ammantato con un nome cristiano, celando la sua malvagità sotto il velami della religione; sarà peggiore proprio perché è celato, come dice il salmo: E poi con la loro bocca loderanno; cioè tu ascolti il nome di Dio e il nome di Cristo dalle loro labbra ma non lo trovi nel loro cuore. È di costoro che è detto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me (Is 29,13). È fin qui che abbiamo spiegato il salmo.

La vera morte che dobbiamo temere è l'abbandono di Dio.

2. [v 15.] Così cominciano i versi che oggi dobbiamo esaminare e spiegare: Come pecore gettate all’inferno, la morte è il loro pastore. Per chi? Per quelli la cui via è un inciampo per loro. Per chi dunque? Per coloro che pensano soltanto al presente, e non si preoccupano del futuro; per coloro che ritengono sia vita solo questa, che invece dovrebbe essere chiamata morte. Non a torto dunque si dice che son come pecore nell’inferno che hanno la morte per pastore. Che significa che hanno la morte per pastore? La morte è dunque una realtà, oppure un qualche potere? Morte è certo la separazione dell’anima dal corpo; e appunto quello che gli uomini temono è la separazione dell’anima dal corpo; ma la vera morte che gli uomini non temono, è la separazione dell’anima da Dio. E di solito gli uomini, quando temono questa morte che separa l’anima dal corpo, finiscono col cadere in quella che separa l’anima da Dio. Quest’ultima è dunque la morte. In qual senso allora la morte è il loro pastore? Se la vita è Cristo, la morte è il diavolo. Leggiamo infatti in molti passi della Scrittura che Cristo è la vita. La morte invece è il diavolo; non perché esso sia la morte, ma perché da lui viene la morte. Sia che si tratti di quella in cui è caduto Adamo, e che è stata propinata all’uomo per la sua seduzione, sia di questa nella quale l’anima viene separata dal corpo, ambedue hanno per autore colui che per primo cadendo a cagione della superbia, nutrì invidia per chi stava saldo, e abbatté colui che stava in piedi con la morte invisibile, in modo che incombesse [sugli uomini] anche la morte visibile. Appartenendo al diavolo hanno per pastore la morte. Noi, invece, che pensiamo alla futura immortalità, e che portiamo non senza ragione in fronte il segno della croce di Cristo, abbiamo per pastore la Vita. La morte è il pastore degli infedeli, la Vita è il pastore dei fedeli. Se dunque all’inferno vi sono pecore il cui pastore è la morte, nel Cielo vi sono pecore il cui pastore è la Vita. E che dunque? Siamo forse già nel Cielo? Siamo nel Cielo secondo la fede. Se non fossimo nel Cielo come potremmo dire: in alto il cuore? Se non fossimo nel Cielo come potrebbe dire l’apostolo Paolo: Perché la nostra vita è nei Cieli (Ph 3,20)? Con il corpo camminiamo in terra, con il cuore abitiamo nel Cielo. Abitiamo nel Cielo se vi mandiamo qualche cosa che ci trattenga in esso. Nessuno infatti abita con il cuore se non nel luogo cui pensa, e colà ove si volge il suo pensiero, ammassa il suo tesoro. Se ha ammassato il tesoro in terra, il suo cuore non si allontana dalla terra; se ha ammassato il suo tesoro in Cielo, il suo cuore non si allontana dal Cielo, come apertamente dice il Signore: Dove è il tuo tesoro, ivi sarà anche il tuo cuore (Mt 6,21).

L'amore attivo è la fonte della nostra vita spirituale.

3. Orbene, coloro per i quali la morte è il pastore, sembrano prosperare nel tempo, mentre i giusti soffrono; perché mai? Perché è ancora notte. Che significa: è ancora notte? Significa che non sono ancora manifesti i meriti dei giusti, mentre si fa un gran parlare della felicità degli empi. Fintanto che l’erba sembra più felice dell’albero, è inverno. Infatti l’erba d’inverno verdeggia, mentre l’albero d’inverno sembra secco; quando il sole diverrà più caldo nel tempo dell’estate, l’albero, che d’inverno appariva secco, si riempie di foglie, germoglia i frutti; l’erba invece inaridisce, e vedrai l’onore dell’albero e l’erba arida. In questo modo anche i giusti sono travagliati, prima che venga l’estate. Perché la vita è nella radice, non appare ancora nei rami. Ma la nostra radice è la carità. Che cosa dice l’Apostolo? Dice che dobbiamo avere in alto la radice, se vogliamo che la Vita sia il nostro pastore, perché la nostra dimora non deve allontanarsi dal Cielo, e in questa terra dobbiamo camminare come morti; per cui moriamo quaggiù per vivere lassù e non già vivere quaggiù per essere morti lassù. Dato che la nostra vita e il nostro cuore non debbono allontanarsi dall’alto, che cosa dice l’Apostolo? Perché siete morti; e aggiunge per scacciare il tuo timore: e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Ecco dov’è la nostra radice. Ma quando apparirà il nostro onore come nelle foglie e nei frutti, l’Apostolo continua e dice: Quando si manifesterà Cristo, vostra vita, allora anche voi, con lui, apparirete nella gloria (Col 3,3 Col 4). E sarà mattino; perché ora non è mattino. Si gonfino ora i superbi e i ricchi di questo secolo, insultino gli empi i buoni, gli infedeli i fedeli, e dicano: a che vi giova l’aver creduto? Che cosa avete di più, avendo Cristo? Rispondano loro i fedeli, se davvero sono fedeli: è notte, non si vede ancora ciò che abbiamo. Non si riposino le loro mani nel compiere opere buone. Per questo altrove è detto: Nel giorno della mia tribolazione ho cercato Dio con le mie mani, di notte, al suo cospetto, e non sono stato deluso (Ps 76,3). Sarà manifesto il nostro travaglio al mattino, e al mattino vi sarà il frutto; per cui coloro che ora soffrono, dopo regneranno; e coloro che ora si vantano e si inorgogliscono, saranno poi vinti. Che cosa segue infatti? Come pecore gettate all’inferno, il loro pastore è la morte. E i giusti domineranno su loro al mattino.

Chi rifiuta qui un dolore salutare, si pentirà inutilmente dopo morte.

4. Credo che ormai sia chiaro questo verso, dato ciò che abbiamo detto prima: Li domineranno al mattino i giusti. Sopporta la notte, desidera il mattino. Non credere che la notte abbia la vita, e non abbia la vita il mattino. Vive forse chi dorme e non vive chi si alza? Non è forse colui che dorme più simile alla morte? Chi sono coloro che dormono? Sono coloro che l’apostolo Paolo sveglia, sempre che vogliano svegliarsi. Dice infatti ad alcuni: Sorgi tu che dormi, risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà (Ep 5,14). Coloro che sono illuminati da Cristo, già vegliano, ma non ancora è manifesto il frutto delle loro veglie; al mattino apparirà, cioè, quando i chiaroscuri di questo secolo saranno passati. Tali incertezze sono infatti la notte; non ti sembrano quasi tenebre? Quello fa il male: vive, prospera, spaventa gli altri, è onorato; un altro fa il bene: è rimproverato, ingiuriato, accusato, si travaglia ed è spaventato; è come essere nelle tenebre. Ma nella radice è il vigore, il frutto, la ricchezza; la vita non è ancora nei rami, ma la radice non è inaridita; sembra inaridire, ma viene la sua stagione, si veste del suo onore, e si feconda nei suoi frutti. Allora coloro che - come sta scritto - non dobbiamo invidiare (che dice infatti di loro il salmo? Che come erba subito inaridiscono, e come fiore di prato subito cadranno (Ps 36,1 Ps 2)), costoro cadranno, quando vedranno alla destra i santi che hanno insultato mentre soffrivano, e si diranno pronti alla penitenza, ma è una penitenza tarda e infruttuosa. Coloro che non hanno voluto pentirsi ora, si pentiranno allora senza frutto. Che cosa diranno nella loro ormai inutile penitenza? Diranno: Questi sono coloro che un tempo noi abbiamo schernito, e che abbiamo ritenuti degni di insulti (Sg 5,3 Sg 4). Dico queste parole traendole dal libro della Sapienza; chi è solito ascoltarle le conosce. Sono le parole che diranno nel futuro i malvagi, quando vedranno il Giudice, e scorgeranno tutti i fedeli posti alla sua destra e tutti i suoi santi che giudicano con lui; questo avranno a dire, e le loro parole riferisce la Scrittura: Questi sono coloro che un tempo noi abbiamo schernito, e abbiamo ritenuti degni di insulto; noi insensati, che stimavamo follia la loro vita. Quando infatti uno comincia a vivere per Dio, a disprezzare il mondo, a non voler vendicare le ingiurie che subisce, a rifiutare le ricchezze, a non cercare quaggiù la felicità terrena, insomma a disprezzare tutto, a pensare soltanto a Dio e a non abbandonare la via di Cristo, non solo i pagani dicono che è impazzito, ma, ciò di cui maggiormente dobbiamo dolerci, poiché nell’intimo molti dormono e non vogliono svegliarsi, sono anche i suoi, anche i cristiani a dirgli: perché soffri? Fratelli miei, per quale motivo crediamo che si dica all’uomo che vive secondo la via di Cristo: perché soffri? Noi abbiamo orrore dei Giudei, perché dissero al Signore Gesù Cristo: Sei indemoniato (Jn 8,48); e quando sentiamo leggere il Vangelo, ci battiamo il petto. Scellerato è quanto dissero i Giudei a Cristo: Sei indemoniato; ebbene tu, cristiano, quando vedi il diavolo scacciato dal cuore dell’uomo in cui ora abita Cristo e gli chiedi perché soffre, ti sembra che egli sia indemoniato? Del Signore stesso fu detto che era impazzito, quando diceva parole che essi non comprendevano; gli dissero: È pazzo, è indemoniato; e tuttavia alcuni che si erano svegliati dal sonno dicevano: Non sono queste parole di un indemoniato (Jn 10,20 Jn 21). Così anche ora, fratelli, fintanto che queste parole sono udite dalle Genti e da coloro che abitano il mondo, dai nati dalla terra e dai figli degli uomini, dal ricco o dal povero, cioè da coloro che appartengono ad Adamo e da coloro che appartengono a Cristo, alcuni dicono: È indemoniato, e altri dicono: Non sono queste parole di un indemoniato. Alcuni, insomma, seguono la via del secolo, e odono per un momento tali parole; gli altri invece non le ascoltano invano, ma fanno quanto è detto: Con le orecchie ascoltate, voi che abitate il mondo. E pur così facendo, incerto è il frutto; ma coloro che agiscono male, e scelgono la via del secolo, la morte è il loro pastore; coloro che invece scelgono la via di Dio, la vita è il loro pastore. Questa stessa Vita verrà per giudicare e per condannare con il loro pastore coloro ai quali è detto: Andate nel fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e gli angeli suoi. Quelli invece che furono insultati, e che furono derisi perché credevano, udranno dalla stessa vita, che per loro è il Pastore, le parole: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il Regno che è stato preparato per voi sin dall’origine del mondo (Mt 25,41 Mt 34). Ne consegue che i giusti domineranno su di loro, non ora, ma al mattino. Nessuno dica: perché sono cristiano? A nessuno comando, almeno comandi agli ingiusti. Non ti affrettare: dominerai, ma al mattino. E il loro aiuto invecchierà nell’inferno, dopo la loro gloria. Ora hanno la gloria, nell’inferno invecchieranno. Che cos’è il loro aiuto? È l’aiuto del denaro, l’aiuto degli amici, l’aiuto del loro vigore. Ma quando l’uomo sarà morto, in quel giorno periranno tutti i suoi pensieri (Cf. Ps 145,4). Per quanta gloria sembrava avere tra gli uomini quando viveva, avrà altrettanta vecchiaia e corruzione in mezzo ai supplizi, nell’inferno, quando sarà morto.

La vera gioia del cristiano.

5. [v 16.] Ma Dio riscatterà l’anima mia. Vedete la voce di colui che spera nel futuro: Ma Dio riscatterà l’anima mia. Forse è ancora la voce di colui che vuole essere liberato dalla tribolazione. Qualcuno è in carcere, e dice: Dio riscatterà l’anima mia; qualche altro è avvinto in catene e dice: Dio riscatterà l’anima mia; e che cosa dice chi corre pericolo in mare, è sbattuto dai flutti e dalla violenza della tempesta? Dice: Dio riscatterà l’anima mia. Vogliono essere liberati per questa vita. Non è di tal genere la voce di colui che parla qui. Ascolta quanto segue: Dio riscatterà l’anima mia dalla mano dell’inferno, quando mi accoglierà. Parla di questa redenzione, che Cristo già mostra in sé. È disceso infatti all’inferno, ed è asceso al cielo. Ciò che abbiamo visto nel Capo, troviamo nel Corpo. Perché ciò che crediamo nel Capo ci è stato annunziato da coloro che lo hanno visto; e per mezzo di loro noi vediamo e siamo tutti un solo Corpo (Cf. 1Co 12,12 Rm 12,5). Ma forse sono migliori quelli che videro, e peggiori siamo noi ai quali è stato annunziato? Non così dice la vita stessa, il nostro stesso Pastore. Egli rimprovera infatti quel suo discepolo che dubitava, e che era desideroso di toccare le sue cicatrici; e dopo averle toccate esclamò dicendo: Signor mio e Dio mio. Il Signore, allora, di fronte al dubbio del discepolo, e vedendo che il mondo intero avrebbe creduto, disse: Poiché hai visto, hai creduto; beati coloro che non vedono e credono (Jn 20,28 Jn 29). Ma Dio riscatterà l’anima mia dalla mano dell’inferno, quando mi accoglierà. E qui in terra, cosa c’è allora? Travaglio, angustia, tribolazione, tentazione: niente altro devi sperare. E dov’è la gioia? Nella speranza futura. Dice infatti l’Apostolo: Sempre lieti. In mezzo a tante tribolazioni, sempre lieti e sempre tristi; sempre lieti perché egli stesso ha detto: Sembrando tristi, ma sempre lieti. La nostra tristezza sembra; la gioia nostra non sembra, è: perché è certa nella speranza. Perché la nostra tristezza sembra? Perché passa come un sogno, e i giusti domineranno al mattino. La Carità vostra sa infatti che colui che parla del sogno aggiunge sempre il sembra. Dice: mi sembrava di sedere, mi sembrava di parlare, mi sembrava di mangiare, mi sembrava di andare a cavallo, mi sembrava di discutere; tutto sembra perché quando si sarà svegliato, non trova più ciò che vedeva. Mi sembra di aver trovato un tesoro, dice il mendicante. Se non ci fosse il “sembra”, non sarebbe un mendicante, ma poiché c’è il “sembra”, è un mendicante. Ne consegue che ora per chi apre gli occhi alle gioie del secolo e chiude il cuore, passa il suo “sembra”, e viene la sua verità. Il loro “sembra” è la felicità del secolo, la loro verità è la condanna. Invece il nostro “sembra” è la tristezza; perché “non sembra” la gioia. Non dice infatti l’Apostolo: Sembrando lieti, ma sempre tristi; oppure: sembrando tristi e sembrando lieti; dice invece: Sembrando tristi, ma sempre lieti. Continua: Come chi ha bisogno; qui invece del sembra ha posto il come. E prosegue: ma molto ricchi. E mentre così diceva, l’Apostolo non possedeva niente: tutte le sue cose aveva abbandonato, non aveva alcuna ricchezza. E che cosa dice ancora? Sembrando non possedere niente; e il niente che possedeva l’Apostolo era il suo “sembra”. Aggiunge: Ed ogni cosa possedendo (2Co 6,10); non ha detto qui sembrando. Sembrava aver bisogno; ma non sembrava essere molto ricco; lo era veramente. Sembrava non aver niente; ma non sembrava possedere tutte le cose, le possedeva davvero. In qual modo possedeva davvero ogni cosa? Perché si teneva stretto al Creatore di tutte le cose. Ma tuttavia Dio riscatterà l’anima mia dalla mano dell’inferno, quando mi accoglierà.

Il Signore non ci ha promesso le gioie terrene, ma quelle eternie.

6. [v 17.] E che ne è di quanti vogliono prosperare qui? Tu vedrai un uomo malvagio che prospera e forse vacilleranno i tuoi piedi, e dirai nell’anima tua: Dio, io conosco le azioni di quest’uomo, so quali delitti ha compiuto, ed ecco che prospera, spaventa gli altri, domina, si inorgoglisce, non gli fa male la testa, e niente nella sua casa è soggetto a danno. Avrai timore perché hai creduto, e forse il tuo cuore dirà: Me infelice! Penso di aver creduto senza motivo, Dio non si occupa delle cose umane. Orbene, Dio ci sveglia; e che cosa dice? Non temere quando diviene ricco l’uomo. Perché infatti avevi timore, vedendo che l’uomo era divenuto ricco? Temevi di aver creduto senza motivo, di aver perduto la fatica della tua fede, e la speranza della tua conversione; perché probabilmente hai avuto la possibilità di fare un guadagno con la frode, e avresti potuto, se tu lo avessi fatto, essere ricco e non più essere in angustia; ma, conoscendo le minacce di Dio, hai evitato la frode e disprezzato il guadagno. Ebbene ora vedi che un altro ha fatto un guadagno con la frode e non ha subito nessun danno; hai dunque paura a essere buono. Non temere - ti dice lo Spirito di Dio - quando diviene ricco l’uomo. Vuoi avere gli occhi solo per guardare il presente? Colui che risorse promise i beni futuri, non promise la pace in questa terra e la tranquillità in questa vita. Ogni uomo cerca la pace; cerca una buona cosa, ma non la cerca nel posto dove è. Non c’è pace in questa vita; nel Cielo ci è promesso ciò che cerchiamo in terra; nel secolo futuro ci è promesso ciò che andiamo cercando in questo secolo.

167 7. [vv 17.18.] Non temere quando diviene ricco l’uomo; e quando si moltiplica la gloria della sua casa. Perché ci invita a non temere? Perché quando morirà non porterà seco ogni cosa. Tu lo vedi vivo, immaginalo morto. Vedi che cosa ha qui, pensa a che cosa porterà seco. Che cosa porta con sé? Possiede molto oro, molto argento, molti poderi, molti schiavi: muore, tutte quelle cose restano, e non sa a chi. Perché, anche se le lascia a chi vuole, non le conserva per chi vuole. Molti infatti si sono presi le cose che non erano state loro lasciate, e molti hanno perduto le cose che avevano avuto in eredità. Insomma tutte quelle cose restano, e che cosa porta con sé? Forse qualcuno dice: porta con sé il sudario in cui è avvolto, e ciò che per lui viene speso per costruire un prezioso sepolcro di marmo, e per incidere la lapide. Io vi dico che neppure questo porta con sé. Poiché tutte queste cose son profuse a uno che non sente. Se tu adorni un uomo che dorme e non veglia, tutte le cose che gli dài le ha con sé sul letto; vesti adornate sono distese sul corpo del dormiente, e magari egli in sogno si vede avvolto in poveri panni. Ciò che sente è per lui più importante di ciò di cui non si accorge. Anche se non sarà così quando si sarà svegliato, tuttavia nel sonno contava di più per lui ciò che vedeva nel sogno, di ciò che non sentiva. Dicano pure gli uomini tra loro: si facciano doni alla mia morte; per qual motivo lascio ricchi i miei eredi? Essi avranno molto del mio, abbia anch’io nel mio corpo qualcosa del mio. Che cosa avrà dunque, fratelli, il corpo morto? Che cosa avrà una carne che imputridisce? Che cosa avrà una carne che non sente? Se qualche cosa ha avuto quel ricco, la cui lingua era secca (Cf. Lc 16,24), allora l’uomo ha qualcosa del suo. Fratelli, leggiamo forse nel Vangelo che quel ricco stava in mezzo al fuoco rivestito di abiti di seta e di bisso? Forse quale era a mensa nei banchetti, tale era anche all’infemo? Aveva sete, desiderava una goccia d’acqua, e ivi non ve n’era alcuna. L’uomo dunque non tiene seco ogni cosa, né quel che porta la sepoltura lo porta con sé il morto. Dove vi sono i sensi, lì c’è l’uomo; dove non ci sono i sensi, non c’è l’uomo. Giace l’involucro che conteneva l’uomo, la casa che aveva l’uomo per abitante. Chiamiamo casa il corpo, e spirito l’abitante della casa. Lo spinto è tormentato all’inferno; che cosa gli giova il fatto che il corpo giaccia in mezzo ai profumi e agli aromi, avvolto in preziosi sudari? È come se il padrone di casa fosse mandato in esilio e tu adornassi le pareti della casa. Egli in esilio soffre, viene meno per la fame, appena ha una piccola cella dove prendere sonno, e tu dici che costui è felice perché la sua casa è ben adornata. Chi non crederà che tu scherzi, oppure che tu sia impazzito? Tu adorni il corpo, ma lo spirito si tormenta. Da’ dunque qualcosa allo spirito, e avrai dato qualcosa al morto. Ma che cosa gli darai, dato che, quando ha desiderato una goccia d’acqua, non ha potuto averla? Perché qui ha trascurato di mandare innanzi a sé qualcosa. Perché ha trascurato? Perché questa loro via è inciampo per essi. Ha creduto che fosse vita soltanto quella presente, ha pensato soltanto a farsi seppellire avvolto in preziose vesti. Ma a lui è stata tolta l’anima, come dice il Signore: Stolto, questa notte ti sarà tolta l’anima e le cose che hai preparato di chi saranno? (Lc 12,20) In lui si è adempiuto ciò che dice questo salmo: non temere quando diviene ricco l’uomo, e quando si moltiplica la gloria della sua casa; perché quando morirà non porterà seco ogni cosa, né insieme con lui discenderà la sua gloria.

Il ricco epulone pasceva il corpo, ma avvelenava l’anima.

8. [v 19.] Perché la sua anima nella vita di lui sarà benedetta. Intenda bene la Carità vostra: Perché la sua anima nella vita di lui sarà benedetta. Durante la sua vita ha fatto del bene a se stesso. Questo dicono tutti, ma dicono il falso. La benedizione discende dall’intenzione di chi loda, non dalla verità. Che cosa dici infatti? Dici che costui ha mangiato e bevuto, che ha fatto ciò che ha voluto, che ha banchettato splendidamente, e perciò si è procurato del bene? Io dico invece: egli si è fatto del male. Non lo dico io, ma lo dice Cristo: egli si è fatto del male. Infatti quel ricco, quando banchettava ogni giorno splendidamente, si riteneva che facesse il suo bene; ma quando invece ha cominciato a bruciare nell’inferno, allora si scoprì che era male ciò che era considerato bene. Ciò che aveva mangiato sulla terra, ora lo digeriva all’inferno. Mi riferisco al male, fratelli, di cui si nutriva. Mangiava con la bocca della carne preziosi manicaretti, e con la bocca del cuore mangiava l’ingiustizia. Ciò che sulla terra mangiava con la bocca del cuore, poi all’inferno digeriva in mezzo ai supplizi. E mentre aveva mangiato nel tempo, in eterno digeriva nel male. Si mangia dunque l’ingiustizia? Forse qualcuno dirà: ma di che cosa stiamo parlando? si mangia l’iniquità? Non sono io a dirlo, ascolta la Scrittura: Come l’uva acerba è aceto per i denti, e come il fumo lo è per gli occhi, così l’iniquità è per chi la mangia (Pr 10,26). Perché chi ha mangiato l’ingiustizia, cioè chi volentieri ha usato dell’ingiustizia, non potrà nutrirsi di giustizia. La giustizia è pane. E che cosa è il pane? Io sono il pane vivo che dal Cielo sono disceso (Jn 6,41). Egli è il pane del nostro cuore. Se uno mangia con la bocca del corpo l’uva acerba, i suoi denti rabbrividiscono e stridono, ed egli diventa quasi incapace a mangiare il pane: non gli resta allora che lodare ciò che vede, senza poterlo mangiare. Così accade a chi si è abituato all’ingiustizia e si nutre nel cuore con i peccati: ecco che non può più mangiare il pane, loda la parola di Dio, ma non la mette in atto. Perché? Perché appena avrà cominciato a farlo, ecco che ne prova fatica; allo stesso modo in cui noi sentiamo i denti doloranti, dopo aver mangiato l’uva acerba, se appena tentiamo di mangiare il pane. Ma che cosa fanno coloro i cui denti hanno rabbrividito? Si astengono per un po’ di tempo dal mangiare l’uva acerba, e allora i denti torneranno alla loro fermezza, e potranno mangiare il pane. Così anche noi lodiamo la giustizia; ma se vogliamo nutrircene, asteniamoci dalle iniquità; e nascerà allora nel cuore, non soltanto il piacere di lodare la giustizia, ma anche la facilità nel nutrircene. Se il cristiano dice: Dio sa che cos’è che mi dà gioia, ma non posso farlo; ebbene, vuol dire che costui ha i denti messi male, perché troppo a lungo si è nutrito di ingiustizia. Si mangia dunque anche la giustizia? Se non si mangiasse, il Signore non direbbe: Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia (Mt 5,6). Ebbene: la sua anima nella vita di lui sarà benedetta, cioè nella vita sarà benedetta, ma nella morte sarà tormentata.

Le sofferenze di quaggiù sono un nulla in confronto alla gloria.

9. Ti confesserà, quando gli farai del bene. State attenti e nutritevi, si imprima nei vostri cuori; mangiate, guardate costoro e cercate di non essere come loro: guardatevi da tali parole. Ti confesserà, quando gli farai del bene. Fratelli, quanto sono numerosi i cristiani che rendono grazie a Dio, quando capita loro di fare un guadagno! Questo significa: Ti confesserà quando gli farai del bene; ti loderà, e dirà: davvero tu sei il Dio mio. Mi ha liberato dal carcere, lo loderò. Gli capita un guadagno, lo confessa; riceve un’eredità, lo confessa; subisce un danno, ed ecco che bestemmia. Che figlio sei, se ti è sgradito il padre quando ti corregge? Ti correggerebbe forse, se tu non gli fossi sgradito? Oppure penserebbe a correggerti, se tu gli fossi tanto sgradito da odiarti? Rendi grazie dunque a Colui che ti corregge, se vuoi ricevere l’eredità da Dio che ti corregge. Ti puoi infatti ravvedere quando sei corretto. Ma molto ti corregge, perché grande è ciò che devi ricevere. Se paragoni infatti le correzioni che subisci con ciò che riceverai, troverai che tali correzioni non sono niente. Proprio questo dice l’apostolo Paolo: Invero ciò che al presente è il leggero peso della nostra tribolazione, prepara per noi una misura eterna di gloria oltremodo incredibile. Ma quando? Aggiunge l’Apostolo: Non mirando noi alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; non alle cose temporali, ma alle cose eterne. Perché le cose che si vedono sono temporali, quelle che non si vedono, eterne (2Co 4,17 2Co 18). E ancora: Le sofferenze di, questo tempo non sono paragonabili alla futura gloria che sarà rivelata in noi (Rm 8,18). E cos’è dunque ciò che soffri? Ti concedo che tu soffra sempre. Da quando sei nato, attraverso tutte le tue età fino alla vecchiaia, fino a quando morirai, pensa pure di patire ciò che ha patito Giobbe; ciò che egli ha sofferto per un certo numero di giorni, qualcuno lo soffra pure fin dalla stessa infanzia; ma ciò che soffri passa, finisce; ciò che riceverai, invece, non avrà fine. Non voglio che tu paragoni la pena con il premio: paragona i tempi con l’eternità, se lo puoi.

Incoerenza dei cristiani.

10. Ti confesserà, quando gli farai del bene. Non siate come costui, fratelli; rendetevi conto del motivo per cui diciamo queste cose, per cui cantiamo, spieghiamo, fatichiamo; non fate così. I vostri affari vi mettono alla prova: talvolta in un vostro affare ascoltate la verità, e la trascurate; ebbene bestemmiate la Chiesa. Perché? Perché siete cristiani. Stando così le cose, io mi metto dalla parte di Donato; voglio essere pagano. Perché? Perché tu hai azzannato il pane e ti dolgono i denti. Quando vedevi quel pane lo lodavi; hai cominciato a mangiarlo e i denti ti dolgono, cioè, quando ascoltavi la parola di Dio con noi la lodavi; ma quando ti è detto: fa’ così, tu bestemmi. Non comportarti in questo modo. Di’ invece: buono è questo pane, ma io non lo posso mangiare. Al contrario, ora se con gli occhi lo vedi, lo lodi; ma quando cominci a morderlo con i denti, dici: questo pane è cattivo, e chi è quello che lo ha fatto? Finisci così col confessare Dio quando Dio ti fa del bene, e mentisci quando canti: Benedirò il Signore in ogni tempo, sempre la sua lode nella mia bocca (Ps 33,2). Si esige dal tuo cuore il canto delle tue labbra; nella chiesa hai cantato: Benedirò il Signore in ogni tempo. Perché in ogni tempo? Se in ogni tempo guadagni, in ogni tempo lo benedici; se però talvolta subisci un danno, non lo benedici, ma lo bestemmi. Sei sicuro di benedirlo in ogni tempo, sei sicuro che la sua lode sia sempre sulla tua bocca? Sarai tale e quale colui che è descritto ora dal salmo: Ti confesserà, quando gli farai dei bene.

Immagine di Dio scolpita nell’anima.

11. [vv 20.21.] Entrerà nel novero della stirpe dei suoi padri; cioè imiterà i suoi padri. Infatti, coloro che ora sono ingiusti hanno fratelli, hanno padri. Gli iniqui di un tempo sono i padri degli iniqui di oggi; e coloro che sono ingiusti oggi, sono padri degli ingiusti di domani, allo stesso modo in cui gli antichi giusti, padri dei giusti, sono padri dei giusti di oggi, e coloro che lo sono oggi sono padri di quelli che lo saranno nel futuro. Lo Spirito Santo ha voluto dimostrare che non è malvagia la giustizia, anche se contro di essa si mormora; ma quelli che lo fanno hanno un proprio padre dall’origine fino alla discendenza dei padri. Adamo generò due figli, in uno era l’ingiustizia, nell’altro la giustizia: l’ingiustizia in Caino, la giustizia in Abele. L’ingiustizia sembrò vincere sopra la giustizia, perché l’ingiusto Caino uccise di notte il giusto Abele (Cf. Gn 4,8); ma sarà così anche al mattino? Al contrario al mattino su loro domineranno i giusti (Ps 48,15). Verrà il mattino, e apparirà dove è Abele e dove è Caino. E così sarà per tutti coloro che vivono secondo Caino, e per tutti coloro che vivono secondo Abele fino alla fine del tempo. Entrerà nel novero della stirpe dei suoi padri: in eterno non vedrà la luce. Mentre era qui, era nelle tenebre, si rallegrava dei falsi beni e non amava quelli veri, e perciò di qui andrà all’inferno; dalle tenebre dei sogni passerà alle tenebre dei supplizi. Dunque in eterno non vedrà la luce. Ma perché? Ciò che ha detto a metà del salmo, lo ripete alla fine: l’uomo pur essendo in onore, non ha capito; si è messo alla pari dei giumenti insensati e si è fatto simile ad essi. Ma voi, fratelli, considerate che siete stati fatti uomini a immagine e somiglianza di Dio (Cf. Gn 1,26). L’immagine di Dio è nell’intimo, non è nel corpo; non è nelle orecchie che vedete, negli occhi, nelle narici, nel palato, nelle mani o nei piedi; ma tuttavia c’è. Dov’è l’intelletto, dov’è la mente, dov’è la ragione che ricerca la verità, dove è la fede, dove è la vostra speranza, dove la vostra carità, ivi Dio ha la sua immagine; e ivi voi comprendete e vedete che tutte queste cose passano, come dice in un altro salmo: Sebbene nell’immagine cammini l’uomo, tuttavia vanamente si turba: accumula e non sa per chi raccoglie (Ps 38,7). Non turbatevi dunque: poiché quali che siano queste cose terrene, esse sono transitorie, se voi siete uomini posti in onore e avete intelligenza. Infatti, se siete uomini posti in onore e non comprendete, vi metterete alla pari degli animali insensati, e diverrete simili a loro.


Agostino Salmi 482