Agostino Salmi 49

SUL SALMO 49

49 Ps 49

ESPOSIZIONE

Discorso al popolo

Un solo Dio.

168 1. [v 1.] Quanto la parola di Dio sia efficace per emendare la nostra vita, per sperare il premio e temere la pena, ciascuno misuri in se stesso, e ponga dinanzi ai propri occhi la sua coscienza senza inganno, e non si illuda in così grave pericolo. Vedete infatti che lo stesso Signore Dio nostro non illude nessuno; se ci consola promettendoci i suoi beni e consolidando la nostra speranza, tuttavia non risparmia coloro che vivono nel male e disprezzano del tutto la sua parola. Ciascuno, finché è tempo, interroghi se stesso, veda dove si trova, onde perseverare nel bene, oppure abbandonare il male. Così infatti si esprime in questo salmo non un uomo qualsiasi oppure un qualsiasi angelo, ma il Dio degli dèi, il Signore ha parlato. E che ha fatto parlando? Ha convocato la terra dal levar del sole fino al tramonto. Chi ha convocato la terra dal levar del sole fino al tramonto è il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. È il Verbo, fatto carne per abitare in noi. Dunque il Signore nostro Gesù Cristo è il Dio degli dèi, poiché per mezzo di lui tutte le cose sono state fatte e senza di lui niente è stato fatto. Il Verbo di Dio, se è Dio, è certamente Dio degli dèi; e il Vangelo mostra che è Dio dicendo: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Jn 1,1). E se tutte le cose per suo mezzo sono state fatte, come successivamente dice, anche gli dèi, se sono stati fatti, per suo mezzo sono stati creati. Uno è infatti il Dio non creato, ed egli solo è veramente Dio. Egli dunque è il solo Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo, unico Dio.

Siamo dèi non per natura ma per grazia.

2. Chi sono dunque gli dèi dei quali Dio è il vero Dio, e dove sono? Dice un altro salmo: Dio si erge nella sinagoga degli dèi; e giudica in mezzo agli dèi. Ancora non sappiamo se alcuni dèi siano riuniti in cielo, e se nella loro assemblea, poiché questo significa nella sinagoga, Dio si erga a giudicarli. Osservate a chi dice, nello stesso salmo, le parole: Io ho detto: siete dèi, e tutti figli dell’Altissimo; ma voi come uomini morirete, e come uno dei principi cadrete (Ps 81,1 Ps 6 Ps 7). È chiaro dunque che ha chiamato dèi gli uomini, deificati per sua grazia, non nati dalla sua sostanza. Giustifica infatti Colui che è giusto per se stesso, non in forza di altri; e deifica Colui che per se stesso è Dio, non perché partecipa alla divinità di qualche altro. E Colui che giustifica anche deifica, perché giustificando ci fa figli di Dio. Dette loro il potere di diventare figli di Dio (Jn 1,12). Se siamo divenuti figli di Dio, siamo anche stati fatti dèi; ma questo per la grazia di chi adotta, non per la natura di chi genera. C’è infatti un unico Figlio di Dio, Dio con il Padre e unico Dio, il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo, che in principio era il Verbo e Verbo presso Dio, e il Verbo era Dio. Gli altri che divengono dèi, lo divengono per sua grazia, non nascono dalla sua sostanza tanto da essere come lui, ma per bontà giungono sino a lui, e sono coeredi con Cristo. Tanto amore è in quell’erede, che ha voluto avere dei compagni con cui dividere l’eredità. Quale uomo avaro vorrà mai dividere con altri la sua eredità? Ma anche se si trovasse uno che vuole comportarsi così, dividerà con altri l’eredità, ed avrà egli stesso meno di quanto avrebbe se la possedesse da solo; invece l’eredità nella quale siamo coeredi con Cristo, non è diminuita dall’abbondanza di coloro che la posseggono, e neppure diventa più piccola per il numero dei coeredi. È tanta per i molti quanto per i pochi, tanta per ognuno quanto per tutti. Dice l’apostolo [Giovanni]: Osservate quale amore ci ha donato Dio, tanto che siamo chiamati figli di Dio e lo siamo. E altrove: Dilettissimi, siamo figli di Dio, e non ancora si è manifestato ciò che saremo. Dunque lo siamo nella speranza, non ancora nella realtà. Ma sappiamo - continua - che quando sarà manifesto, saremo simili a Lui, perché lo vedremo quale Egli è (Jn 3,1 Jn 2). Il Figlio unico è simile a Dio nascendo, noi siamo simili vedendo. Non siamo perciò simili come il Figlio, che è uguale a Colui dal quale è stato generato; perché noi siamo simili, non uguali; egli è simile in quanto è uguale. Abbiamo udito che i giustificati divengono dèi, in quanto sono detti figli di Dio; e con gli dèi che non sono tali, il Dio degli dèi è terribile. Dice infatti un altro salmo: È terribile sopra tutti gli dèi. E aggiunge, come se tu avessi chiesto: quali dèi? Perché tutti gli dèi delle Genti sono demoni (Ps 95,4 Ps 5). È terribile dunque con gli dèi delle Genti, con i demoni; benevolo invece con i figli, con gli dèi che Egli stesso ha fatto. Per questo leggo che ambedue confessano la maestà di Dio; i demoni confessano Cristo, e i fedeli confessano Cristo. Tu sei Cristo il Figlio del Dio vivente, ha detto Pietro (Mt 16,16). Sappiamo chi sei: tu sei il Figlio di Dio, hanno detto i demoni (Mc 5,7 Mc 1,24). Odo una identica confessione, ma non trovo un pari amore; o, meglio, qui trovo l’amore, là il timore. Coloro con i quali è benevolo, sono i figli; coloro con i quali è terribile, non sono i figli. Ha fatto dèi quelli con cui è amabile; ha mostrato che non sono dèi quelli con cui è terribile. I primi divengono dèi, i secondi si ritengono dèi: gli uni li ha fatti dèi la Verità, gli altri li considera dèi l’errore.

Universalità della vocazione e unità della Chiesa.

3. Orbene il Dio degli dèi e Signore ha parlato. Ha parlato in molti modi. Ha parlato per mezzo degli Angeli, per mezzo dei Profeti, per mezzo della sua propria bocca, per mezzo dei suoi Apostoli, per mezzo dei suoi fedeli, per mezzo della nostra umiltà; e quando noi diciamo qualcosa di vero, è Lui che parla. Vedete dunque che parlando in molte forme, in molti modi, attraverso molti canali, attraverso molti strumenti, tuttavia è sempre lui che ovunque fa sentire la sua voce, toccando, correggendo, ispirando; e vedete che cosa ha fatto. Ha parlato e ha convocato la terra. Quale terra? Forse l’Africa per far piacere a coloro che dicono: la Chiesa di Cristo è la setta di Donato? Certamente non ha convocato la sola Africa, ma neppure ha separato l’Africa dal resto. Infatti Colui che ha convocato la terra dal levar del sole fino al tramonto, senza lasciare nessuna parte che non abbia chiamato, ha inserito l’Africa nel suo richiamo. Si rallegri dunque nell’unità, non si inorgoglisca nella separazione. Giustamente diciamo che la voce del Dio degli dèi è giunta anche all’Africa, ma non è rimasta in Africa. Perché, ripeto, ha convocato la terra dal levar del sole fino al tramonto. Non c’è luogo ove possano celarsi nell’ombra della falsità; perché nessuno può nascondersi dal suo calore (Cf. Ps 18,7). Colui che ha convocato la terra, l’ha convocata tutta intera; Colui che ha convocato la terra, ha convocato altrettanta terra quanta ne ha creato. Perché mi sorgono innanzi i falsi Cristi e i falsi profeti? In qual modo tentano di ingannarmi con parole capziose, dicendo: Ecco Cristo è qui, ecco è lì (Mt 24,23)? Non presto orecchio a coloro che mi mostrano fazioni: il Dio degli dèi mi mostra tutto; Colui che ha convocato la terra dal levar del sole fino al tramonto, tutto ha riscattato; ma ha condannato le fazioni dei calunniatori.

Contordia fra i due i due Testamenti.

4. [v 2.] Abbiamo udito che dal levar del sole fino al tramonto la terra è stata chiamata: donde ha cominciato a chiamarla Colui che l’ha convocata? Ascoltate: Da Sion immagine della sua bellezza. Il salmo si accorda perfettamente con il Vangelo che dice: Per tutte le genti, incominciando da Gerusalemme. Ascolta: Per tutte le genti: ha convocato la terra dal levar del sole fino al tramonto. Ascolta ancora: Incominciando da Gerusalemme: da Sion immagine della sua bellezza. Se ne conclude che le parole: Ha convocato la terra dal sole fino al tramonto, si accordano con le parole del Signore che dice: Era necessario che Cristo soffrisse, e risorgesse dai morti nel terzo giorno, e predicasse nel suo nome la penitenza e la remissione dei peccati tra tutte le genti (Lc 24,46 Lc 47). Tutte le genti infatti si trovano tra il levar del sole e il tramonto. E le parole da Sion immagine della sua bellezza, in quanto da Sion è incominciata la bellezza del suo Vangelo e di lì ha cominciato a predicare Colui che era il più bello dei figli degli uomini (Cf. Ps 44,3), concordano con le parole del Signore che dice: Incominciando da Gerusalemme. Le nuove parole concordano con le antiche, e le antiche con le nuove; dicono insieme i due Serafini: Santo, santo, santo il Signore Dio degli eserciti (Is 6,3). Del pari concordano i due Testamenti, i due Testamenti hanno una sola voce; sia ascoltata la voce dei Testamenti che cantano insieme, non la voce dei diseredati che calunniano. Tutto questo ha fatto il Dio degli dèi. Ha convocato la terra dal levar del sole fino al tramonto, cominciando da Sion che camminava nella sua bellezza. Perché ivi erano i discepoli, i quali ricevettero lo Spirito Santo mandato dal cielo nel cinquantesimo giorno dopo la Risurrezione (Cf. Ac 2,4). Da Sion hanno preso le mosse il Vangelo e la sua predicazione, di cui tutto il mondo è stato riempito per la grazia della fede.

Passione e glorificazione di Cristo uomo-Dio.

5. Quando infatti venne il Signore, perché era venuto per patire, venne nel segreto, e, pur essendo forte in sé, apparve debole nella carne. Era necessario che fosse visto e che non fosse compreso; che fosse disprezzato, per essere ucciso. La bellezza della gloria era nella divinità; ma questa era nascosta nella carne. Infatti, se lo avessero conosciuto, mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria (Cf. 1Co 2,8). Camminò dunque così tra i Giudei, in mezzo ai nemici, nascosto, compiendo miracoli, sopportando persecuzioni, finché non fu inchiodato alla croce; e i Giudei, vedendolo appeso, ancora di più lo disprezzarono, e dicevano crollando la testa dinanzi alla croce: Se è il Figlio di Dio, discenda dalla croce (Mt 27,38 Mt 39). Era dunque occulto il Dio degli dèi, e traeva la voce più per compassione di noi che per manifestare la sua maestà. Donde derivano infatti, se non da noi, queste parole: Dio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Ps 21,2 Mt 27,46) Quando mai il Padre ha abbandonato il Figlio, o il Figlio il Padre? Non è forse un solo Dio, il Figlio e il Padre? Non sono forse verissime le parole: Io e il Padre siamo uno solo (Jn 10,30)? Perché allora disse: Dio, Dio mio, perché mi hai abbandonato, se non perché, nella carne della debolezza, si manifestava la voce del peccatore? Colui che aveva assunto la figura della carne del peccato (Cf. Rm 8,3), perché non avrebbe assunto anche la forma della voce del peccato? Era occulto dunque il Dio degli dèi. Quando camminò tra gli uomini, quando ebbe fame e sete, quando sedette stanco, quando dormì affaticato nel corpo, quando fu catturato, flagellato, trascinato dinanzi al giudice, quando rispose al superbo: Non avresti potere contro di me, se non ti fosse stato dato dall’alto (Jn 19,11); quando fu condotto al sacrificio e non aprì la sua bocca dinanzi al tosatore (Is 53,7), quando fu crocifisso e fu sepolto: sempre occulto era il Dio degli dèi. E che accadde dopo, quando risorse? I discepoli furono stupefatti e dapprima non credettero, finché non lo videro e non lo toccarono (Cf. Lc 24,39). Ma era risorta la carne, perché la carne era morta; la divinità che non, poteva morire, era ancora nascosta nella carne del risorto. Poté esser visto il suo aspetto, si poté toccare le sue membra, palpare le sue cicatrici; ma il Verbo per cui mezzo tutte le cose sono state fatte, chi lo vede? Chi lo tocca? Chi lo palpa? E tuttavia Il Verbo si è fatto carne e ha abitato tra noi (Jn 1,14). E Tommaso che toccava l’uomo, intendeva come poteva Dio. Toccate infatti le sue cicatrici, esclamò: Signor mio e Dio mio (Jn 20,28). Eppure il Signore mostrava lo stesso aspetto, la stessa carne che era stata vista sulla croce, e che poi era stata deposta nel sepolcro. Stette con loro quaranta giorni. Non si mostrò agli empi Giudei; si fece vedere a coloro che avevano creduto in lui prima che fosse crocifisso, per rendere forti, risorgendo, quelli che, crocifisso, aveva lasciato titubanti. Infine, nel quarantesimo giorno, affidando la sua Chiesa, cioè la terra convocata dal levar del sole fino al tramonto, affinché non avessero scuse coloro che vogliono morire nello scisma, ascese al Cielo, dicendo loro: Mi sarete testimoni in Gerusalemme (donde l’immagine della sua bellezza), e in tutta la Giudea e la Samaria, e fino a tutta la terra. Dette queste cose, una nube lo rapì. Lo vedevano coloro che lo conoscevano; lo conoscevano tuttavia nell’umiltà, non ancora nella gloria. E mentre si allontanava da loro per salire in Cielo furono ammoniti da una voce angelica che diceva: A che state guardando, uomini galilei? Questo Gesù che voi vedete salire, così verrà allo stesso modo in cui lo avete visto ascendere al Cielo. Ascese al cielo; ed essi, tornati indietro lieti, restarono nella città secondo il suo comandamento, finché non furono ricolmati dallo Spirito Santo (Cf. Ac 1,3-12). Ma che cosa era stato detto a Tommaso che lo toccava? Poiché hai visto, hai creduto; beati coloro che non vedano e credono (Jn 20,29). Siamo preannunziati noi. Quella terra convocata dal levar del sole fino al tramonto non vede, e crede. È dunque occulto il Dio degli dèi, sia a coloro tra cui camminò, come a coloro dai quali fu crocifisso, a coloro dinanzi ai cui occhi risorse, ed infine a noi che lo crediamo in trono nel Cielo, e non lo abbiamo visto camminare in terra. Ma anche se lo vedessimo, non vedremmo forse quel che videro i Giudei e, [tuttavia], lo crocifissero? È molto di più non vedere Cristo e crederlo Dio, che vederlo come loro e considerarlo soltanto un uomo. Essi infatti, erroneamente pensando, lo uccisero, noi invece, bene credendo, siamo vivificati.

Finché siamo quaggiù, il Signore ci ammonisce e intercede per noi.

6. [v 3.] E allora fratelli? Questo Dio degli dèi, allora ed ora occulto, sarà sempre celato? No certamente; ascolta le parole che seguono: Dio manifestamente verrà. Colui che è venuto occulto, verrà manifesto. È venuto occulto per essere giudicato, verrà manifesto per giudicare; è venuto occulto per stare dinanzi al giudice, verrà manifesto per giudicare anche i giudici: Verrà manifestamente e non tacerà. Ma come? forse ora tace? E donde derivano le cose che diciamo? Donde questi precetti, donde questi comandamenti? Donde risuona questa tromba del terrore? Non tace, e tace; non tace dall’ammonire, tace dal castigare; non tace dal precetto, tace dal giudizio. Tollera infatti i peccatori che ogni giorno compiono cattive azioni, che non si curano 75di Dio, né nella loro coscienza, né in cielo, né in terra; niente di tutto questo gli è nascosto, ovunque tutti ammonisce e, quando punisce qualcuno in terra, si tratta di un ammonimento, non ancora della condanna. Si astiene dunque dal giudicare, è celato in Cielo, ancora intercede per noi; sopporta i peccatori, non mette in atto la sua ira, ma spera nella conversione. Dice altrove: Ho taciuto, forse che sempre tacerò? (Is 42,14) Quando dunque non tacerà, Dio manifestamente verrà. Quale Dio? Il nostro Dio. Dio stesso è Dio nostro; non è Dio, se non è nostro Dio. Infatti gli dèi delle Genti sono demoni; il Dio dei Cristiani è il vero Dio. È lui che verrà, ma manifestamente, non più per farsi deridere, non più per farsi prendere a schiaffi e flagellare; verrà, ma manifestamente, non più per farsi percuotere sulla testa con una canna, non più per farsi crocifiggere, uccidere, seppellire, perché tutte queste cose ha voluto soffrire il Dio occulto. Verrà manifestamente, e non tacerà.

169 Per chi ama, la più grande pena è l'essere separati da Dio.

7. Le parole che seguono insegnano che veramente, Egli verrà per giudicare. Un fuoco gli andrà innanzi (
Ps 96,3). Abbiamo timore? Mutiamo vita, e non temeremo. La paglia tema il fuoco; ma che fa il fuoco all’oro? È ancora in tuo potere far qualcosa, per non sperimentare, senza esserti corretto, ciò che sopravverrà tuo malgrado. Se potessimo infatti fare qualcosa, fratelli, perché non venisse il giorno del Giudizio, credo che neppure in tali condizioni dovremmo vivere nel male. Se non sopravvenisse il fuoco del giorno del Giudizio, e sui peccatori incombesse soltanto la separazione dal volto di Dio, costoro, in qualunque abbondanza di piaceri si trovassero, non vedendo Colui dal quale sono stati creati, essendo separati dalla dolcezza ineffabile del suo volto, pur essendo nell’eternità e nell’impunità del peccato, dovrebbero compiangere se stessi. Ma perché parlo, e a chi parlo? Questa è una pena per coloro che amano, non per coloro che disprezzano. Chi ha in qualche modo incominciato ad assaporare la dolcezza della Sapienza e della Verità, conosce ciò che dico, e sa quanto grande sia la pena di essere anche soltanto separati dal volto di Dio; ma chi non ha ancora gustato quella dolcezza, se non ancora desidera vedere il volto di Dio, tema almeno il fuoco; i supplizi spaventino colui che non è stimolato dai premi. Se per te è vile ciò che Dio promette, trema di fronte alle sue minacce. Viene la dolcezza della sua presenza; e tu non cambi vita, non ti senti ridestato, non sospiri, non desideri; te ne stai avvinto ai tuoi peccati ed ai piaceri della tua carne; raccogli per te la paglia, ma verrà il fuoco. Il fuoco arderà dinanzi a lui. E questa fiamma non sarà come il tuo fuoco: e tuttavia, se tu fossi costretto a mettere la tua mano nel tuo fuoco, faresti certamente tutto ciò che vuole colui che ciò ti minaccia. Se ti dicesse: testimonia contro la testa di tuo padre, testimonia contro le teste dei tuoi figli, perché, se non lo farai, io metto la tua mano nel tuo fuoco: ebbene tu lo faresti affinché non bruci la tua mano, affinché non bruci, per qualche tempo, il tuo membro: eppure non sempre ne sentirai il dolore. Il tuo nemico ti minaccia dunque un così passeggero dolore, e tu fai il male per evitarlo; Dio ti minaccia un eterno male e tu non fai il bene! Le minacce non dovrebbero spingerti a commettere il male; e neppure le minacce dovrebbero impedirti di compiere il bene. Ma dalle minacce di Dio, dalle minacce del fuoco eterno sei trattenuto dal male, e spinto al bene. Perché sei pigro a obbedire, se non perché non credi? Ridesti dunque ciascuno il suo cuore, e veda quale fede ha. Se crediamo nel Giudizio futuro, fratelli, viviamo nel bene. Ora è tempo di misericordia, allora sarà tempo di Giudizio. Nessuno dirà: riportami ai miei primi anni. Anche allora ti pentirai, ma vana sarà la tua conversione; pentiti ora, quando è fruttuoso pentirti; ora devi portare alle radici dell’albero un canestro di concime, il lutto del cuore e delle lacrime, affinché egli non venga e lo sradichi (Cf. Lc 13,8). Perché, quando l’albero sarà sradicato, non resterà che aspettare il fuoco. Anche se ora sono spezzati i rami, di nuovo possono essere innestati; allora ogni albero che non produce frutto buono, sarà tagliato e gettato nel fuoco (Cf. Mt 3,10). Il fuoco arderà dinanzi a lui.

8. E intorno a lui violenta tempesta. Violenta è la tempesta, perché deve spazzare un’aia tanto grande. In questa tempesta si compirà quella vagliatura, nella quale sarà separato dai santi ogni impurità, dai fedeli ogni inganno, dai pii e zelanti della parola di Dio ogni beffardo e superbo. Ora, infatti, come una mistura giace dal levar del sole fino al tramonto. Vediamo dunque in qual modo agirà Colui che verrà, che cosa farà con quella tempesta, quando ci sarà intorno a lui la violenta tempesta. Non v’è dubbio che questa tempesta opererà la separazione. Si tratta di quella separazione che non attesero coloro che, prima di giungere fino alla riva, strapparono le reti (Cf. Lc 5,6). In tale separazione si compie la distinzione dei malvagi e dei buoni. Gli uni sono coloro che ora seguono Cristo, che hanno le spalle libere senza i fardelli degli affanni del secolo, i quali non hanno udito invano le parole: Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto ciò che hai, e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro in Cielo, e vieni, seguimi. A costoro è detto: Sederete sopra dodici troni, per giudicare le dodici tribù di Israele (Mt 19,21 Mt 28). Alcuni, dunque, saranno giudici insieme al Signore; altri invece saranno giudicati, ma saranno posti a destra. Ho proprio ora ricordato la chiarissima testimonianza secondo la quale vi saranno alcuni che giudicheranno insieme con il Signore: sederete sopra dodici troni, per giudicare le dodici tribù di Israele.

Significato di certi numeri.

9. Ma qualcuno dice: sederanno ivi insieme i dodici Apostoli, non di più. Dove sarà dunque l’apostolo Paolo? Forse che egli sarà separato dagli altri? Guardiamoci dal dire questo, guardiamoci anche dal pensarlo in silenzio. Siederà forse al posto di Giuda? Ma la Scrittura divina chiaramente ci ha informato chi fu ordinato apostolo al posto di Giuda: negli Atti degli Apostoli espressamente si nomina Mattia, e non possiamo dubitare di questo (Cf. Ac 1,26). Caduto Giuda, con Mattia fu completato il numero di dodici e siccome tale numero occuperà i dodici troni, l’apostolo Paolo non giudicherà? O forse giudicherà stando in piedi? Non è così; non si comporta in questo modo colui che ricompensa secondo giustizia: non starà certamente in piedi a giudicare colui che ha lavorato più di tutti gli altri (Cf. 1Co 15,10). Senza dubbio proprio il fatto che Paolo è un apostolo in più ci obbliga a pensare e a scrutare più attentamente per quale ragione si parla dei dodici troni. Troviamo infatti nelle Scritture anche altri numeri che indicano una folla. Cinque vergini sono accolte nella camera nuziale, e cinque sono escluse (Cf. Mt 25,10 Mt 12). Intendi come vuoi il senso in cui esse sono vergini: sia nella castità e nell’integrità del cuore, per cui vergine deve essere tutta la Chiesa, alla quale è detto: Vi ho sposato a un solo uomo, per offrirvi a Cristo come vergine casta (2Co 11,2); oppure intendi la verginità riferita a quelle donne che hanno dedicato a Dio anche l’integrità della carne; forse in tante migliaia ve ne sono solo cinque? Ma nel numero cinque si intende la continenza dei cinque sensi della carne. Infatti in molti la corruzione arriva per mezzo degli occhi, in altri attraverso le orecchie, in altri ancora per mezzo di un odore colpevole, in altri per mezzo di un colpevole sapore, in molti infine attraverso l’amplesso adulterino; ebbene, tutti coloro che si sanno frenare da queste cinque porte della corruzione, e tanto se ne astengono da averne gloria nella coscienza, non da aspettarsene lode dagli uomini, sono le cinque vergini sapienti che hanno seco l’olio. Che significa l’olio che esse hanno con sé? Questa è la nostra gloria, la testimonianza della nostra coscienza (Cf. 2Co 1,12). E ancora colui che si tormentava all’inferno, diceva: Ho cinque fratelli (Lc 16,28). In tali fratelli s’intende il popolo dei Giudei posto sotto la legge, poiché il legislatore Mosè scrisse cinque libri. Del pari il Signore risorto ordina di gettare le reti dalla parte destra, e sono tratti su centocinquantatré pesci. E pur essendo tanti, dice l’Evangelista, le reti non si ruppero (Cf. Jn 21,6 Jn 11). Anche prima della Passione, infatti, aveva ordinato di gettare le reti, senza dire però di gettarle a destra o a sinistra; perché, se avesse detto a destra, avrebbe indicato solo i buoni, se avesse detto a sinistra, solo i malvagi. Tacendo invece riguardo alla destra e alla sinistra, sono presi insieme i buoni e i cattivi. E furono tanti i pesci allora catturati che, come attesta la verità del Vangelo, le reti si ruppero (Cf. Lc 5,6). Quella pesca raffigurava questo tempo; le reti rotte significavano le scissioni e le divisioni degli eretici e degli scismatici. Ma ciò che il Signore fece dopo la sua Risurrezione, raffigura ciò che capiterà a noi dopo la nostra risurrezione, in quella moltitudine del Regno dei Cieli, dove non vi sarà alcun malvagio. Pertanto le reti che furono gettate dalla parte destra, rappresentano quelli posti a destra, messi già da parte quelli posti a sinistra. Ebbene, tra coloro che saranno posti a destra vi saranno dunque soltanto centocinquantatré giusti? Sta di fatto che la Scrittura con tale numero significa migliaia di migliaia (Cf. Da 7,10). Leggete l’Apocalisse: secondo quanto ivi si intende, del solo popolo dei Giudei saranno segnati dodici volte dodicimila (Cf. Ap 7,4). Osservate ora il grande numero dei Martiri: limitandoci ad un fatto vicino a noi, soltanto in quel numero che è detto Massa candida, vi sono ben più di centocinquantatré martiri. E infine quei settemila di cui parla il Signore rispondendo ad Elia: Ho lasciato per me settemila uomini che non hanno curvato le ginocchia dinanzi a Baal (1 Re 1R 19,18), superano di gran lunga questo numero dei pesci. Ne consegue che i centocinquantatré pesci non significano soltanto il numero dei santi; ma, senza dubbio, la Scrittura rappresenta con questa cifra l’intero numero dei santi e dei giusti affinché ognuno veda compresi in questi centocinquantatré tutti i chiamati alla risurrezione nella vita eterna. Anche la Legge, infatti, ha dieci comandamenti; ma lo Spirito della grazia, per cui mezzo soltanto la Legge si adempie, è detto settiforme (Cf. Is 11,2 Is 3). Dobbiamo esaminare dunque questo numero, che significato abbiano il dieci e il sette: il dieci nei comandamenti, il sette nella grazia dello Spirito Santo, per cui mezzo i comandamenti si realizzano. Orbene il dieci e il sette concernono tutti coloro che appartengono alla risurrezione, alla destra, al Regno dei Cieli, alla vita eterna; cioè coloro che realizzano la legge per mezzo della grazia dello Spirito, non quasi per opera loro o per proprio merito. Ma il dieci e il sette, se tu conti dall’uno fino al diciassette, aggiungendo tutti i numeri uno dopo l’altro, in modo da aggiungere all’uno il due, e poi il tre e il quattro fino ad ottenere dieci; aggiungendo poi il cinque per fare quindici, il sei per ottenere ventuno, il sette per avere ventotto, l’otto per ottenere trentasei, il nove per ottenere quarantacinque, il dieci per avere cinquantacinque, l’undici per fare sessantasei, il dodici per ottenere settantotto, il tredici per avere novantuno, il quattordici per avere centocinque, il quindici per ottenere centoventi, il sedici per fare centotrentasei, e, infine, il dieci e il sette, si ottiene centocinquantatré: e troverai così che il grande numero di tutti i santi ha rapporto proprio con questo numero dei pochi pesci. Ebbene, allo stesso modo per cui nelle cinque vergini son contenute innumerevoli vergini, allo stesso modo per cui nei cinque fratelli di colui che era tormentato nell’inferno si contano le migliaia del popolo dei Giudei, allo stesso modo per cui nel numero dei centocinquantatré pesci si contano le migliaia di migliaia di santi, così nei dodici troni non sono compresi dodici uomini, ma il grande numero dei perfetti.

10. Ma mi rendo conto che, di conseguenza, voi mi chiedete: allo stesso modo in cui ci hai spiegato perché alle cinque vergini si riferiscono molte vergini, perché a quei cinque fratelli si riferiscono molti Giudei, perché ai centocinquantatré pesci si riferiscono molti perfetti, mostraci perché ai dodici troni si riferiscono non dodici uomini, ma molti di più. Che significato hanno i dodici troni, i quali rappresentano tutti coloro che hanno potuto essere tanto perfetti che è stato loro detto: Sederete sopra dodici troni, per giudicare le dodici tribù di Israele? E perché tutti, ovunque siano, appartengono al numero dodici? Perché, quando diciamo ovunque, ci riferiamo a tutto il mondo; peraltro l’orbe terrestre si compone di quattro parti distinte: Oriente, Occidente, Mezzogiorno e Settentrione; e da tutte queste parti sono chiamati in nome della Trinità, e divenuti perfetti nella fede e nella dottrina della Trinità: ebbene, poiché tre per quattro fa dodici, sapete per quale motivo appartengono a tutto il mondo i santi che sederanno sopra dodici troni per giudicare le dodici tribù di Israele; infatti le dodici tribù di Israele, sono le dodici tribù dell’intero Israele. Siccome giudicheranno da tutto il mondo, così saranno giudicati da tutto il mondo. L’apostolo Paolo, rimproverando i fedeli laici che non deferivano alla Chiesa le loro questioni, ma trascinavano dinanzi al giudice civile coloro con cui avevano liti, disse: Non sapete che giudicheremo gli angeli? (1Co 6,3) Vedete dunque in qual modo si fece giudice; e non solo se stesso, ma anche tutti coloro che rettamente giudicano nella Chiesa.

Saranno i perfetti a giudicare tutti gli altri.

11. [v 4.] È manifesto che molti giudicheranno insieme con il Signore, mentre altri sarano giudicati, tuttavia non nello stesso modo, ma ciascuno secondo i meriti. Ebbene, quando il Signore verrà con tutti i suoi Angeli, quando dinanzi a lui si riuniranno tutte le Genti (Cf. Mt 25,31-32), saranno posti tra tutti gli Angeli coloro che saranno stati tanto perfetti da sedere sui dodici troni per giudicare le dodici tribù di Israele. Gli uomini infatti sono stati detti angeli. L’Apostolo dice di se stesso: Come un angelo di Dio mi avete accolto (Ga 4,14). E di Giovanni Battista è detto: Ecco mando il mio angelo dinanzi al tuo volto; egli preparerà la tua via dinanzi a te (Ml 3,1 Mt 11,10). Orbene, quando verrà con tutti gli angeli, avrà con sé anche i santi. Il medesimo Isaia lo dite con chiarezza: Verrà al Giudizio con gli anziani del popolo (Is 3,14). Questi anziani del popolo, questi che ormai sono detti angeli, queste molte migliaia di perfetti provenienti da tutto il mondo, sono chiamati Cielo. Quella invece sarà detta terra, ma feconda. Qual è la terra feconda? È quella che dovrà essere posta a destra, e a cui è detto: Avevo fame, e mi avete dato da mangiare; è veramente terra feconda, con essa si rallegrò l’Apostolo, quando gli mandarono ciò che gli necessitava. Disse infatti: Non perché chiedo il dono, ma cerco il frutto. E ringrazia dicendo: Finalmente è rifiorito il vostro pensiero per me (Ph 4,17 Ph 10). Dice è rifiorito come riferendosi a alberi, che per la sterilità erano come inariditi. Ma proseguiamo, fratelli, ad ascoltare il salmo: che cosa farà il Signore quando verrà nel Giudizio? Chiamerà in alto il cielo. Il cielo, cioè tutti i santi perfetti che dovranno giudicare; li chiamerà in alto, per sedere con lui a giudicare le dodici tribù di Israele. In qual modo chiamerà in alto il cielo, dato che il cielo è sempre in alto? Ma coloro che qui chiama cielo, altrove chiama cieli. Quali cieli? Coloro che narrano la gloria di Dio: infatti i cieli narrano la gloria di Dio. Di costoro è detto: In tutta la terra è uscita la loro voce, e fino ai confini del mondo le loro parole (Ps 18,2 Ps 5). Osservate il Signore che nel Giudizio opera la separazione: Chiamerà in alto il cielo, e la terra per discernere il suo popolo. Da chi, se non dai malvagi? Di questi ultimi non si fa menzione, in quanto sono ormai condannati alla pena. Guarda questi buoni, e distinguili. Chiamerà in alto il cielo, e la terra per discernere il suo popolo. Chiama anche la terra, non però per mischiarla, ma per distinguerla. Dapprima, infatti, ha chiamato tutti insieme, quando il Dio degli dèi ha parlato, e ha convocato la terra dal levar del sole fino al tramonto. Non ancora era operata la distinzione; i servi erano stati mandati a raccogliere invitati per le nozze, ed avevano riunito i buoni e i malvagi (Mt 22,10). Ma quando il Dio degli dèi verrà manifestamente, e non tacerà, allora chiamerà in alto il cielo, perché giudichi con lui. Il cielo è i cieli; la terra è le terre; e così la Chiesa, è le chiese. Chiamerà in alto il cielo, e la terra per discernere il suo popolo. Ormai insieme con il cielo discerne la terra, cioè il cielo insieme con Lui discerne la terra. In qual modo discerne la terra? Ponendo alcuni a destra, altri a sinistra. E che cosa dice alla terra ormai distinta? Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il Regno che è stato preparato per voi sin dall’origine del mondo. Perché ho avuto fame, e mi avete dato da mangiare, con quel che segue. Ma essi risponderanno: Quando ti abbiamo visto affamato? Ed Egli: Ciò che avete fatto a uno dei miei più piccoli, lo avete fatto a me (Mt 25,34-40). Il cielo mostra alla terra i suoi piccoli ormai chiamati in alto, ed esaltati dall’umiltà: ciò che avete fatto a uno dei miei più piccoli, lo avete fatto a me. Orbene chiamerà in alto il cielo, e la terra per discernere il suo popolo.

Fare opere di misericoricordia. Dio è un giusto giudice.

12. [v 5.] Adunate intorno a Lui i suoi giusti. È la voce di Dio e del profeta, che vede il futuro come fosse presente, ed esorta gli angeli a riunire i giusti. Manderà infatti i suoi angeli, ed essi riuniranno dinanzi a lui tutte le genti (Cf. Mt 25,32). Adunate intorno a Lui i suoi giusti. Quali giusti, se non coloro che vivono della fede, e compiono le opere della misericordia? Tali opere infatti sono opere di giustizia. Leggi nel Vangelo: Guardatevi dal compiere la vostra giustizia al cospetto degli uomini, per essere visti da essi. E, come se gli uomini avessero chiesto: Quale giustizia?, egli risponde: Quando compirai le elemosine (Mt 6,1 Mt 2). Le elemosine, dunque, rappresentano le opere di giustizia. Riunite tali suoi giusti; riunite coloro che hanno avuto compassione di chi aveva bisogno, e hanno avuto intelletto a proposito del misero e del povero; riuniteli, il Signore li conserverà e li vivificherà (Ps 40,2 Ps 3). Adunate intorno a Lui i suoi giusti, coloro che collocano la sua alleanza sopra i sacrifici; cioè che pensano alle sue promesse più che alle loro opere. Tali opere sono infatti i sacrifici, come dice Dio: Misericordia voglio, più che sacrificio (Os 6,6 Mt 9,13). Coloro che collocano la sua alleanza sopra i sacrifici.

13. [v 6.] E annunzieranno i cieli la sua giustizia. I cieli di Dio hanno veramente annunziato a noi questa giustizia: gli Evangelisti l’hanno predetta. Per loro mezzo abbiamo ascoltato che alcuni saranno posti a destra, ai quali il Padre di famiglia dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete. Ricevete che cosa? Il Regno. Per quale motivo? Perché Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. Cosa c’è di tanto vile, di tanto terreno, quanto spezzare il pane per chi ha fame? Tanto vale il Regno dei Cieli. Spezza per l’affamato il tuo pane, e conduci nella tua casa il misero senza tetto; se vedi uno ignudo, rivestilo (Is 58,7). Ma forse tu non hai possibilità di spezzare il pane, non hai una casa dove condurlo, non hai una veste con cui coprirlo: dàgli allora un bicchiere d’acqua fresca (Cf. Mt 10,42), deponi due soldi nel tesoro del tempio (Cf. Mc 12,42). Tanto comprò la vedova con due soldi, quanto comprò Pietro abbandonando le reti (Mt 4,20), e quanto comprò Zaccheo dando la metà del suo patrimonio (Cf. Lc 19,8). Il Regno dei Cieli vale tanto quanto tu hai. Annunzieranno i cieli la sua giustizia, perché Dio è il Giudice. È vero giudice, non mette tutti insieme, ma distingue gli uni dagli altri. Perché il Signore sa chi sono i suoi (Cf. 2Tm 2,19). Anche se i chicchi di grano sono nascosti nella paglia, l’agricoltore li conosce. Nessuno abbia timore di essere un chicco di grano nascosto tra la paglia; non sbagliano gli occhi del nostro vagliatore. Non temere che quella tempesta che sarà intorno a lui, ti travolga insieme con la paglia. Sarà certamente una tempesta violenta; tuttavia non porterà via nessun chicco dalla parte del grano a quella della paglia, perché il giudice non è un qualsiasi contadino armato di tridente, ma è il Dio Trinità. E annunzieranno i cieli la sua giustizia, perché Dio è il Giudice. Vadano i cieli, annunzino i cieli, in tutta la terra risuoni la loro voce, e fino ai confini del mondo le loro parole (Cf. Ps 18,5): dica questo corpo: Dai confini della terra a te ho gridato, quando il mio cuore era angustiato (Ps 60,3). Perché ora tutto insieme geme, ma sarà felice quando sarà distinto. Gridi dunque, e dica: non perdere con gli empi la mia anima, e con gli uomini sanguinari la mia vita (Ps 25,9). Non la perderà, perché Dio è il Giudice. Gridi a Lui e dica: Giudicami, Signore, e distingui la mia causa dalla gente non santa (Ps 42,1). Lo dice, ed Egli lo farà; saranno infatti riuniti davanti a lui i suoi giusti. Ha chiamato la terra, per distinguere il suo popolo.

170 Dio gtesso è il premio per i suoi amici.

14. [v 7.] Ascolta, popolo mio, ed io ti parlerò. Colui che verrà e non tacerà, osservate ora in qual modo - se ascoltate - non sarà silenzioso: Ascolta, popolo mio, e io ti parlerò. Infatti se non ascolti, non ti parlerà. Ascolta e ti parlerò. Se non ascolti, anche se parlerò, non parlerò a te. Quand’è dunque che ti parlerò? Se ascolti. E quando ascolti? Se sei il mio popolo. Ebbene, Ascolta, popolo mio; non ascolti se sei un popolo straniero. Ascolta, popolo mio, e ti parlerò; Israele, e testimonierò per te. Israele, ascolta; popolo mio, ascolta. Israele è nome di elezione: Non ti chiamerai - dice - Giacobbe, ma ti chiamerai Israele (
Gn 32,28). Ascolta dunque come Israele, come colui che vede Dio; non vedi ancora nella chiara visione, ma già nella fede. Israele infatti significa colui che vede Dio. Chi ha orecchie per intendere, intenda (Cf. Mt 11,15); e chi ha occhi per vedere, veda. Ascolta, Israele, e testimonierò per te. Ciò che ha chiamato prima: Popolo mio, chiama nelle parole che seguono: Israele. E quanto prima ha espresso dicendo: Ti parlerò, ripete nelle parole successive: Testimonierò per te. Che cosa dirà il Signore Dio nostro al suo popolo? Che cosa testimonierà al suo Israele? Ascoltiamo: Sono Dio, il tuo Dio io sono. Io sono Dio, e sono il tuo Dio. In qual modo Io sono Dio? Nel modo in cui è stato detto a Mosè: Io sono colui che sono (Ex 3,14). In qual modo Io sono il tuo Dio? Io sono il Dio di Abramo, e il Dio di Isacco, e il Dio di Giacobbe. Sono Dio, e sono il tuo Dio; e se anche non fossi il tuo Dio, sono Dio. È bene per me essere Dio, ma è a tuo danno se non sono il tuo Dio. Infatti è detto il tuo Dio, a colui che Dio ha per amico, come al suo servizio, come sua proprietà. Sono Dio, il tuo Dio io sono. Che cosa vuoi di più? Cerchi un premio da Dio, in modo che Dio ti dia qualche cosa, e che sia tuo ciò che egli ti avrà dato? Ecco, lo stesso Dio che donerà, è tuo. Chi è più ricco di lui? Tu cercavi doni, e possiedi lo stesso donatore. Sono Dio, il tuo Dio io sono.

L'unica cosa gradita a Dio è un amore totale.

15. [v 8.] Vediamo ora che cosa chiede all’uomo. Il nostro Dio, l’imperatore e re nostro, quale tributo ci impone, dato che ha voluto essere il nostro re e ha voluto che noi siamo la sua provincia? Ascoltiamo le sue imposizioni. Non tremi il povero di fronte alla imposizione di Dio; perché ciò che Dio impone di dare a lui, egli stesso che impone, per primo lo dona: voi dovete essere soltanto devoti. Dio non chiede ciò che non ha dato, e a tutti ha dato ciò che chiede. Che cosa chiede insomma? Ascoltiamo: Non ti rimprovererò per i tuoi sacrifici. Non li dirò: perché non mi hai immolato un grasso toro? Perché non hai scelto dal tuo gregge un buon caprone? Perché quell’ariete cammina nella tua mandria e non viene deposto sul mio altare? Non ti dirò: guarda i tuoi campi e la tua corte, e le tue pareti, cercando che cosa dare a me. Non ti rimprovererò per i tuoi sacrifici. E allora? Non accetti i miei sacrifici? Poiché i tuoi olocausti sono sempre al mio cospetto. Si tratta degli olocausti di cui si parla in un altro salmo: Se tu avessi voluto il sacrificio, ora certamente lo avrei dato: gli olocausti non ti sono graditi. E di nuovo, volgendosi a sé: Sacrificio a Dio è lo spirito contrito; Dio non disprezza il cuore affranto e umiliato. Quali sono dunque gli olocausti che non disprezza? Quali sono gli olocausti che sono sempre al suo cospetto? Aggiunge: Mostrati benigno, o Signore, nella tua buona volontà, verso Sion, siano ricostruite le mura di Gerusalemme; allora accetterai il sacrificio di giustizia, le oblazioni e gli olocausti (Ps 50,18-21). Dice che Dio accetterà alcuni olocausti. Ma che cos’è l’olocausto? È ciò che è completamente bruciato col fuoco;  significa incendio,  significa tutto; quindi olocausto è ciò che è completamente consumato col fuoco. Vi è un certo fuoco della carità ardente: l’anima si infiammi di carità, e questa carità pieghi le membra al suo servizio, non permetta loro di obbedire alla cupidigia, affinché tutto intero arda del fuoco dell’amore divino colui che vuole offrire un olocausto a Dio. Tali tuoi olocausti sono sempre al mio cospetto.

16. [v 9.] Forse Israele ancora non comprende quali suoi olocausti ha sempre al suo cospetto, e ancora pensa ai buoi, alle pecore, ai caproni. Non pensi così: Non prenderò dalla tua casa i vitelli. Ho parlato degli olocausti; e già con l’animo e con il pensiero tu correvi ai greggi terreni, donde scegliere per me qualche pingue animale. Ebbene: Non prenderò dalla tua casa i vitelli. Preannunzia così il Nuovo Testamento, nel quale tutti quei sacrifici antichi hanno avuto fine. Tali sacrifici preannunziavano infatti allora il futuro sacrificio, nel cui sangue saremmo stati mondati. Non prenderò dalla tua casa i vitelli, e neppure i caproni dai tuoi greggi.

17. [v 10.] Perché mie sono tutte le bestie della selva. A che scopo chiederti ciò che io ho creato? Ciò che io ti ho dato in possesso, è forse più tuo che mio, dato che io l’ho creato? Perché mie sono tutte le bestie della selva. Ma forse Israele dice: sono bestie di Dio quelle belve che io non chiudo nella mia corte, che non lego alla mia mangiatoia; mentre il bue, la pecora e il caprone sono miei. Le bestie sui monti e i buoi. Sono mie quelle bestie che tu non possiedi, e sono mie queste che tu possiedi. Infatti, se tu sei il mio servo, tutto ciò che possiedi è mio. Non è forse patrimonio del Signore ciò che il servo si è procurato, e non sarà patrimonio del Signore ciò che il Signore stesso ha creato per il servo? Orbene, mie sono le bestie della selva che tu non hai catturato; mie sono anche le bestie dei monti che a te appartengono, e i buoi che sono nella tua mangiatoia: tutte le cose sono mie, perché io le ho create.

Non ha bisogno di nulla perché tutto è da lui.

18. [v 11.] Conosco tutti gli uccelli del cielo. In qual modo li conosce? Li ha soppesati, li ha numerati. Chi di noi conosce tutti gli uccelli del cielo? Ma anche se Dio avesse dato a qualcuno notizia di tutti gli uccelli del cielo, non li conoscerebbe come lui, che li ha fatti conoscere all’uomo. Una cosa è la conoscenza di Dio, un’altra la conoscenza dell’uomo; del pari una cosa è la proprietà di Dio, un’altra la proprietà dell’uomo; cioè, altro è il possedere di Dio, altro è il possedere dell’uomo. Perché ciò che tu possiedi non è del tutto in tuo potere; non sta in tuo potere quanto debba vivere il tuo bove, o che non perisca, o che non debba pascolare. Presso Colui che ha la perfetta proprietà, si trova la suprema e segreta conoscenza. Riconosciamo questo a Dio, lodandolo. Non osiamo neppur chiedere: in qual modo conosce Dio? Fratelli, non aspettatevi dunque da me che io vi spieghi in qual modo Dio conosce; questo solo vi dico: non conosce come l’uomo, non conosce come l’angelo; non oso dire in qual modo conosce, perché non posso neppure saperlo. Tuttavia una cosa so, che Dio conosceva ciò che avrebbe creato, prima che esistessero tutti gli uccelli del cielo. Che cosa è questa conoscenza? O uomo, tu hai cominciato a vedere gli uccelli dopo essere stato creato, dopo aver ricevuto il senso della vista. Tali uccelli sono nati dalle acque alla parola di Dio, che diceva: le acque producano uccelli (Gn 1,20). Donde Dio conosceva ciò che ordinava alle acque di produrre? Certamente conosceva ciò che creava, e lo conosceva prima ancora di crearlo. Tanto grande dunque è la conoscenza di Dio, che in lui vi sono in un certo ineffabile modo le cose prima ancora di essere create; e come può aspettar di ricevere da te ciò che aveva prima ancora di crearlo? Conosco tutti gli uccelli del cielo, che tu certo non mi puoi dare. Ciò che tu ti prepari ad immolare per me, io già tutto ho conosciuto, e non l’ho conosciuto perché l’ho fatto, ma per crearlo. E la bellezza del campo è con me. La bellezza del campo, cioè l’abbondanza di tutto ciò che nasce nella terra, è con me, dice. In qual modo è con lui? È con lui forse prima ancora di esistere? Con lui erano tutte le cose future, e con lui sono tutte le cose passate; e le cose future sono con lui in tal modo da non annullare le cose passate. Con lui sono tutte le cose costituite nel Verbo, in una certa conoscenza della ineffabile Sapienza di Dio, e tutte le cose sono il Verbo stesso. In qual modo è con lui la bellezza del campo, dato che egli è ovunque, e che egli stesso ha detto: Riempio il cielo e la terra (Jr 23,24)? Che cosa non è con lui, dato che di lui è detto: Se salirò nel cielo, tu ivi sei, e se discenderò all’inferno tu sei là (Ps 138,8)? Con lui è tutto; ma non è con lui in modo da subire l’influenza di qualcuna delle cose che ha creato, oppure da sentire il bisogno di loro. Con te è infatti la colonna presso la quale stai in piedi, e, quando sei stanco, ad essa ti appoggi. Sei privo quindi di ciò che è con te, mentre non è privo Dio del campo che è con lui. Con lui è il campo, con lui è la bellezza della terra, con lui è la bellezza del cielo, con lui tutti gli uccelli, perché egli è ovunque. E perché tutte le cose sono presso di lui? Perché tutte le cose, prima di esistere e prima di essere create, gli erano note.

Con l’incarnazione non ha perduto le ricchezze della divinità.

19. [v 12.] Chi potrà spiegare, chi potrà illustrare ciò che a lui è detto in un altro salmo: Perché non hai bisogno dei miei beni (Ps 15,2)? Non ha detto di aver bisogno da noi di qualcosa di necessario. Se avessi fame, non lo direi a te. Non avrà fame, non avrà sete, neppure si affaticherà o dormirà Colui che custodisce Israele (Ps 120,4). Ma ecco che parlo secondo la tua natura carnale; dato che tu, se non mangi, soffri la fame, forse pensi che anche Dio abbia fame tanto da dover mangiare. Anche se avesse fame, non lo direbbe a te; tutte le cose sono dinanzi a lui, e donde vuole prende ciò che gli è necessario. Tali parole sono dette per convincere l’intelligenza dei piccoli, non perché Dio faccia sapere di aver fame. Tuttavia, a cagion nostra il Dio degli dèi si è degnato anche di aver fame. È venuto per aver fame e per nutrire, è venuto per aver sete e per dare da bere, è venuto per rivestirsi della condizione mortale e per rivestire dell’immortalità, è venuto povero per farci ricchi. Non ha perduto infatti le sue ricchezze assumendo la nostra povertà, perché in lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza (Cf. Col 2,3). Se avessi fame non lo direi a te. Mio è infatti l’universo e la sua pienezza. Non affaticarti dunque a cercare qualcosa da darmi, senza fatica io ho ciò che voglio.

20. [v 13.] Perché dunque ancora pensi ai tuoi greggi? Mangerò forse la carne dei tori, o berrò il sangue dei montoni? Avete udito che cosa non chiede a noi, colui che vuole imporci non so quale tributo. Se stavate ancora pensando a tali cose, distoglietene il vostro pensiero; e non pensate di offrire niente di simile a Dio. Se tu hai un toro grasso, uccidilo per i poveri; mangino essi la carne dei tori, anche se non bevono il sangue dei montoni. Se farai così, te lo ascriverà a tuo merito Colui che ha detto: Se avessi fame non lo direi a te, e ti dirà: Ho avuto fame, e mi hai dato da mangiare (Mt 25,35). Mangerò forse la carne dei tori, o berrò il sangue dei montoni?

171 Offriamo quanto Egli ci ha donato.

21. [v 14.] Di’ dunque: Signore Dio nostro, che cosa imponi al tuo popolo, al tuo Israele? Immola a Dio un sacrificio di lode. Diciamogli anche noi: In me sono, o Dio, i voti di lode che ti renderò (
Ps 55,12). Avevo temuto che tu mi imponessi qualcosa che fosse al di fuori di me, che si trovasse nella mia corte, e che magari già mi era stato rubato da un ladro. Che cosa mi imponi invece? Immola a Dio un sacrificio di lode. Rientrerò in me stesso, per trovare di che offrirti; rientrerò in me, e in me troverò il sacrificio di lode; la mia coscienza sia il tuo altare. Immola a Dio un sacrificio di lode. Possiamo stare tranquilli, non dobbiamo andare in Arabia a cercare l’incenso, non dobbiamo scuotere i sacchi dell’avaro commerciante: Dio chiede a noi un sacrificio di lode. Zaccheo possedeva questo sacrificio di lode nel suo patrimonio, lo aveva la vedova nella sua borsa, lo aveva non so quale povero forestiero nel suo doglio; l’altro non aveva mente né nel patrimonio, né nella borsa, né nel doglio, ma aveva tutto nel suo animo: la salvezza per la casa di Zaccheo (Cf. Lc 19,8). È più quanto offrì quella vedova di quanto offrì questo ricco (Cf. Mc 12,42); offrendo il bicchiere d’acqua fresca (Cf. Mt 10,42), non perderà la sua mercede; ma si dà anche la pace in terra per gli uomini di buona volontà (Cf. Lc 2,14). Immola a Dio un sacrificio di lode. O sacrificio gratuito, dato per grazia! Perchée non ho certo comprato ciò che offro, ma sei tu che me lo hai donato; infatti neppure questo io avrei. Immola a Dio un sacrificio di lode. È questa l’offerta del sacrificio della lode, rendere grazie a Colui dal quale tu hai tutto quanto possiedi di buono, e la misericordia ti perdona tutto quanto di tuo hai di male. Immola a Dio; un sacrificio di lode, e rendi all’Altissimo le tue preghiere. A questo profumo il Signore si allieta. Rendi all’Altissimo le tue preghiere.

Tribolazioni terrene e felicità eterna.

22. [v 15.] E invocami nel giorno della tua tribolazione, e io ti libererò e tu mi glorificherai. Perché non devi fidarti delle tue forze; i tuoi aiuti sono ingannevoli. Invocami nel giorno della tribolazione: ti libererò, e tu mi glorificherai. Per questo ho permesso che venisse per te il giorno della tribolazione; perché, forse, se tu non l’avessi conosciuta, non mi invocheresti; ma siccome soffri mi invochi; siccome mi invochi io ti salverò; siccome ti salverò, tu mi glorificherai e non ti allontanerai più da me. Un tale, intorpiditosi e raffreddatosi dal fervore della preghiera, disse: Ho trovato la tribolazione e il dolore, e ho invocato il nome del Signore (Ps 114,3 Ps 4). Trovò che la tribolazione era come qualcosa di utile; imputridiva nel marcio dei suoi peccati, ormai era rimasto senza sentimenti, e trovò la tribolazione come una cauterizzazione e un taglio. Ho trovato - dice - la tribolazione e il dolore, e ho invocato il nome del Signore. Certamente, fratelli, le tribolazioni sono conosciute da tutti. Ecco quelle che abbondano nel genere umano: uno piange il danno subito, un altro versa lacrime per qualche lutto crudele; un altro è triste perché è esule dalla patria, desidera tornare e ritiene intollerabile l’esilio; un altro ha avuto la vigna colpita dalla grandine, ed egli guarda le sue fatiche, e vede che tutta la sua opera è stata vana. Quand’è che l’uomo non si rattrista? Sopporta inimicizia da parte dell’amico. Quale miseria maggiore di questa nel genere umano? Tutti conoscono simili sofferenze, e si dolgono, e queste sono vere tribolazioni. In tali tribolazioni invocano il Signore, e fanno bene. Invochino Dio; Lui solo può insegnarci a sopportare, o guarire questo male. Egli sa che non possiamo essere tentati oltre la misura delle nostre forze (Cf. 1Co 10,13). Invochiamo Dio anche in queste tribolazioni; ma queste sono le tribolazioni che vengono esse stesse a cercarci, come sta scritto in un altro salmo: Aiuto nelle tribolazioni che pesantemente ci sono capitate (Ps 45,2). C’è infatti una tribolazione che noi stessi dobbiamo trovare. Ci capitino pure quelle tribolazioni; ce n’è una che dobbiamo cercare e trovare noi stessi. Di che cosa si tratta? Non parlo di quello che in questo mondo è detto felicità, l’abbondanza dei beni temporali: non si tratta in tal caso di una tribolazione, ma di un sollievo alla nostra sofferenza. Di che sofferenza si tratta dunque? Di quella connessa con il nostro esilio. Il fatto stesso che non siamo ancora con Dio, il fatto che viviamo qui in mezzo alle tentazioni e alle persecuzioni, e non possiamo vivere senza timore, ecco la nostra tribolazione. Non è questa infatti la sicurezza che ci è stata promessa. Chi non proverà questa tribolazione connessa al suo esilio, non pensa al ritorno in patria. Ecco la tribolazione, fratelli. Certamente compiamo ora opere buone, quando porgiamo il pane a chi è affamato, quando accogliamo in casa l’esule: anche qui vi è tribolazione. Troviamo infatti miseri verso cui esercitare la nostra misericordia; e la miseria di costoro ci fa compassionevoli. Quanto meglio sarebbe essere già là dove non troverai affamati da nutrire, ove non troverai esuli da accogliere, non ignudi da vestire, non ammalati da visitare, non litiganti da riappacificare! Tutte le cose infatti sono colà eccelse, vere, sante, eterne. Lassù il nostro pane è la giustizia, la nostra bevanda è la sapienza, la nostra veste è l’immortalità, la nostra casa è eterna in cielo, l’eternità è la nostra consistenza. Forse che lassù ci coglie la malattia? Forse che lassù la stanchezza ci spinge a dormire? Non vi è morte, non vi è lite: ivi è pace, quiete, gioia, giustizia. Nessun nemico vi entra, nessun amico viene meno. Quale pace è lassù! Se pensiamo a questo, e guardiamo ove siamo, e ove ci ha promesso che saremo Colui che non sa mentire, dalla sua stessa promessa ci rendiamo conto in quale tribolazione viviamo. Nessuno trova tale tribolazione, se non chi l’avrà cercata. Sei sano, guarda la tua miseria; con facilità, infatti, chi si ammala si rende conto della sua miseria; ebbene, quando sei sano renditi conto che sei misero, perché non sei ancora con Dio. Ho trovato la tribolazione e il dolore, e ho invocato il nome del Signore (Ps 114,3 Ps 4). Immola - dunque - a Dio un sacrificio di lode. Loda Colui che promette, loda Colui che ti chiama, loda Colui che esorta, loda Colui che aiuta; e renditi conto della tribolazione nella quale sei posto. Invocalo, sarai liberato, lo glorificherai, resterai in lui.

Fede ed opere.

23. [v 16.] Ma state attenti a ciò che segue, fratelli miei. Un tale infatti, poiché Dio gli aveva detto: Immola a Dio un sacrificio di lode, e in questo modo gli aveva imposto una sorta di tributo, dopo aver riflettuto tra sé, diceva: mi alzerò ogni giorno, mi recherò alla chiesa, dirò un inno al mattino e un altro alla sera, e il terzo e il quarto nella mia casa: così io sacrifico ogni giorno un sacrificio di lode e lo offro al mio Dio. Certamente fai bene se così fai; ma stai attento a non esser troppo sicuro perché, mentre fai questo, non avvenga per caso che la tua lingua benedica Dio, e la tua vita lo maledica. O popolo mio, ti dice il Signore Dio degli dèi che ha parlato chiamando la terra dal levar del sole fino al tramonto, anche se ancora sei posto in mezzo alla zizzania, ebbene immola un sacrificio di lode al tuo Dio, e rendigli le tue preghiere; ma stai attento a non vivere male, mentre canti bene. Perché dico questo? Al peccatore dice Dio: perché parli delle mie giustizia, e rechi alla tua bocca la mia alleanza? Osservate, fratelli, con quanto tremore diciamo queste cose. Noi assumiamo l’alleanza di Dio nel nostro parlare, e predichiamo a voi la sapienza e le giustizie di Dio. E che cosa dice Dio al peccatore? Perché tu parli delle mie giustizie? Vieta dunque ai peccatori di predicare? E perché allora sta scritto: fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno (Mt 23,3)? E perché sta scritto: Sia per verità, sia per pretesto Cristo sarà annunziato (Ph 1,18)? Ma queste cose sono dette affinché non abbiano timore coloro che ascoltano, chiunque sia colui che parla loro; non perché stiano tranquilli coloro che dicono buone cose e operano il male. Quanto a voi dunque, fratelli, state sicuri: se udite cose buone, avete ascoltato Dio, chiunque sia il tramite per cui mezzo le avete udite. Ma Dio non lascia andare senza correggerli coloro che parlano, affinché non si addormentino tranquilli nella loro cattiva vita per il solo fatto che parlano, e dicano a se stessi: Dio non ci perderà, perché per nostra bocca vuole che siano dette tante buone cose al suo popolo. Al contrario, chiunque tu sia che parli, e chiunque tu sia che vuoi essere udito, prima di tutto ascolta ciò che dici, ascolta te stesso; e di’ a tua volta ciò che un tale dice in un altro salmo: Ascolterò ciò che dice in me il Signore Dio, perché parlerà di pace al suo popolo (Ps 84,9). E chi sono dunque io, che non ascolto ciò che Dio dice in me, e voglio che altri ascoltino ciò che per mio mezzo dice? Prima di tutto ascolterò, soprattutto ascolterò ciò che il Signore Iddio dice in me, perché parlerà di pace al popolo suo. Ascolterò e castigherò il mio corpo, lo ridurrò in schiavitù per evitare che sia trovato riprovevole, mentre predico agli altri (Cf. 1Co 9,27). Perché parli delle mie giustizie? Perché parli di ciò che non ti giova? Lo esorta ad ascoltare se stesso, non a rinunziare alla predicazione, ma a diventare obbediente. Ma tu perché rechi alla tua bocca la mia alleanza?

Dio castiga perché ama.

24. [v 17.] Invero tu odi la disciplina. Odi la disciplina. Quando perdono tu canti e lodi; quando castigo tu mormori; come se io fossi il tuo Dio quando perdono, e non lo fossi quando castigo. Io invece rimprovero e castigo coloro che amo (Cf. Ap 3,19). Tu invero odi la disciplina; e hai gettato le mie parole dietro le tue spalle. Getti dietro le tue spalle le parole che vengono dette per tuo mezzo. E hai gettato le mie parole dietro le tue spalle, dove tu non le vedi, ma dove ti pesano. E hai gettato le mie parole dietro le tue spalle.

Correzione del prossimo.

25. [v 18.] Se vedi un ladro, tu corri con lui, e con gli adulteri ti metti d’accordo. E non venire a dirmi: non ho commesso il furto, non ho compiuto adulterio. E che hai fatto se ti è stato gradito colui che lo ha commesso? Non hai forse concorso al suo reato con il tuo consenso? Non ti sei forse messo d’accordo con colui che lo ha compiuto, se lo hai lodato? Perché questo, fratelli, significa correre con il ladro, e mettersi d’accordo con l’adultero: ché anche se non commetti la colpa, ma lodi ciò che accade, sei mallevadore del reato; perché il peccatore è lodato nelle passioni della sua anima ed è benedetto colui che compie iniquità (Ps 9,3). Tu non fai il male, ma lodi chi lo fa. Ti sembra questa una piccola colpa? E con gli adulteri ti metti d’accordo.

26. [v 19.] La tua bocca ha abbondato di malizia, e la tua lingua ha abbracciato l’inganno. Parla della malizia e dell’inganno, fratelli, di quegli uomini che, per adulazione, sebbene sappiano quanto siano malvagie le cose che ascoltano, per evitare di offendere coloro che le dicono, non solo non li rimproverano, ma tacendo acconsentono. E non si limitano a non dire: hai fatto male; dicono anzi: hai fatto bene; eppure sanno benissimo che si tratta di un male. La loro bocca abbonda di malizia, e la loro lingua ha abbracciato l’inganno. L’inganno consiste in una certa frode nelle parole: nel dire una cosa, e pensarne un’altra. Non dice: la tua lingua ha accettato l’inganno, oppure ha compiuto l’inganno; ma per sottolineare a te un certo compiacimento nella stessa cattiva azione, ha detto che la lingua ha abbracciato l’inganno. È poco quel che fai, ma ne provi anche piacere; hai pronta la lode, ma entro di te ne ridi. Perdi così l’uomo che incautamente manifesta i suoi vizi, e non sa se sono tali; tu che lo sai non gli dici: dove ti precipiti? Se tu lo vedessi camminare incautamente nelle tenebre, in un luogo ove tu sai che vi è un pozzo, e tu tacessi, che saresti? Non saresti considerato un nemico della sua vita? E tuttavia, se cadesse nel pozzo, non morirebbe nell’anima, ma nel corpo. Ebbene, egli si precipita nei suoi vizi, parla con te delle sue cattive azioni; tu sai che esse sono malvagie e le lodi, e dentro di te ne ridi. Oh, se si convertisse finalmente a Dio colui che tu deridi e che non hai voluto correggere, ti direbbe: Siano confusi coloro che mi dicono: Bravo, bravo! (Cf. Ps 39,16) E la tua lingua ha abbracciato l’inganno.

172 Lo scandalo. Opera materna della Chiesa.

27. [v 20.] Stando seduto parlavi contro il tuo fratello. Le parole stando seduto, sono in rapporto con quanto ha detto prima: ha abbracciato. Infatti chi agisce stando in piedi o di passaggio, non opera con piacere; chi invece per tale scopo si mette a sedere, quanta cura ripone nel fare! Stando seduto parlavi contro il tuo fratello; operavi cioè diligentemente questa malvagia denigrazione, perché la compivi stando seduto; volevi occupartene a fondo, te ne stavi avvinto al tuo male, accarezzavi il tuo inganno. Stando seduto parlavi contro il tuo fratello; e contro il figlio di tua madre gettavi scandalo. Chi è il figlio della madre? Non è forse il fratello? Si tratta dunque di una ripetizione di quanto aveva detto prima: tuo fratello. Oppure ha suggerito alla nostra intelligenza una qualche distinzione? Certamente, fratelli, credo che dobbiamo operare una distinzione. Ad esempio, il fratello parla contro il fratello quando, come pieno di autorità e dotto e istruito di qualche valore, denigra il fratello suo che magari è ben istruito e ottimamente si comporta; ma se un altro debole ascolta, getta scandalo contro di lui denigrando il fratello. Infatti, quando i buoni sono denigrati da coloro che appaiono dotati di qualche istruzione, sono colpiti da scandalo i deboli che ancora sono incapaci di giudicare. Per questo quel debole è detto figlio della madre, ma non ancora del padre, perché ha ancora bisogno del latte, e si tiene stretto alle mammelle. È ancora tenuto nel seno della Madre Chiesa, non è in grado di accostarsi al solido cibo della mensa del padre suo, ma prende il suo vitto dal petto della madre, incapace di giudicare, perché è ancora animale e carnale. L’uomo spirituale infatti giudica di ogni cosa; ma l’uomo animale non intende le cose che sono dello Spirito di Dio, perché per lui sono stoltezza (
1Co 2,15 1Co 14). A costoro l’Apostolo dice: Non ho potuto parlarvi come a uomini spirituali, ma come a uomini carnali; come a bambini in Cristo vi ho dato da bere il latte, non il cibo; infatti non avreste potuto nutrirvene, e neppure ora lo potete (1Co 3,1 1Co 2). Sono stato cioè madre per voi, allo stesso modo in cui in un altro passo si dice: Mi sono fatto piccolo in mezzo a voi, come nutrice che alimenta i suoi figli (1Th 2,7). Non come nutrice che nutre i figli degli altri, ma come nutrice che alimenta i suoi figli. Vi sono infatti delle madri, che, dopo aver partorito, danno i loro figli alle nutrici; costoro che hanno partorito non alimentano i loro figli, perché li hanno affidati da nutrire; e quelle che li nutrono, non alimentano i loro figli, ma i figli altrui; questi invece, egli stesso aveva partorito, ed egli stesso nutriva i figli, non affidava a nessuna nutrice quel che aveva partorito. Ha detto infatti: Voi che di nuovo partorisco finché Cristo si sia formato in voi (Ga 4,19). Li alimentava e li allattava. Ma c’erano invece alcuni che atteggiandosi a dotti e spirituali denigravano Paolo. È vero, dicono alcuni, che le lettere sono severe e forti, ma la presenza di persona è debole, e la parola degna di disprezzo (2Co 10,10), riferisce l’Apostolo in una sua lettera riportando quanto dicevano certi suoi detrattori. Sedevano e parlavano contro il loro fratello, e gettavano scandalo contro il figlio della loro madre che aveva bisogno di essere allattato. Giustamente fecero in modo che di nuovo li partorisse per la stessa madre. E contro il figlio di tua madre gettavi scandalo.

Dispiacersi del proprio male per piacere a Dio.

28. [v 21.] Hai fatto questo e ho taciuto (per i nn. 28-30 cf. . serm. 133 - CC 103, p. 545 ss). Per questo verrà il Signore Dio nostro, e non tacerà. Ma ora, Hai fatto questo e ho taciuto. Che significa: ho taciuto? Significa che ho soprasseduto alla vendetta, ho rimandato la mia severità, ho prolungato la mia pazienza nei tuoi confronti, ho aspettato a lungo il tuo pentimento. Hai fatto questo e ho taciuto. Ma mentre io aspettavo che tu ti pentissi, secondo le parole dell’Apostolo, Tu, invece, seguendo la durezza del tuo animo e il cuore impenitente, accumuli per te l’ira per il giorno dell’ira e della rivelazione dei giusto giudizio di Dio (Rm 2,5). Hai creduto empiamente che fossi simile a te. Per te è poco che le tue cattive azioni ti siano gradite: credi che esse siano gradite anche a me. Poiché non sopporti il Dio vendicatore, vuoi che sia tuo complice, vuoi che divida con te la tua preda, come un giudice corrotto. Hai creduto empiamente che fossi simile a te, mentre tu non vuoi essere somigliante a me. Sta scritto: Siate perfetti come il vostro Padre che è nei cieli, che fa sorgere il suo sole sopra i buoni e i malvagi (Mt 5,48 Mt 45). Tu non hai voluto imitare Lui che elargisce doni anche ai malvagi, perché stando seduto, denigri anche i buoni. Hai creduto ampiamente che fossi simile a te. Ti rimprovererò. Quando Dio verrà manifestamente, il nostro Dio, e non tacerà (Ps 49,3), io ti rimprovererò. E che cosa ti farò rimproverandoti? Che cosa ti farò? Ora tu non ti vedi; io farò in modo che tu ti veda. Perché, se tu ti vedessi, saresti sgradito a te stesso, e amabile a me; ma, poiché non rendendoti conto del tuo stato ti compiaci con te stesso, sarai sgradito a me e a te; a me, quando sarai giudicato; a te, quando brucerai nell’inferno. Che cosa ti farò dunque? Porrò te stesso dinanzi al tuo volto. Perché vuoi essere nascosto a te stesso? Volgi le spalle a te medesimo, non ti vedi; io farò in modo che tu ti veda. Ciò che ti sei gettato dietro le spalle, io porrò dinanzi al tuo volto, e tu vedrai la tua scelleratezza, non per correggerti, ma per vergognarti. Ebbene, poiché dice queste cose, fratelli, deve ormai disperarsi colui che le ascolta? Forse che quella città alla quale fu detto: Ancora tre giorni, e Ninive sarà distrutta, non fu capace in quei tre giorni di convertirsi, di pregare, di piangere, e di meritarsi il perdono dalla pena incombente (Jon 3,4-10)? Ascoltino dunque coloro che sono in tali condizioni, mentre è concesso ascoltare anche Colui che tace. Perché verrà, e non tacerà, e rimprovererà, quando non ci sarà più modo di correggersi. Porrò te stesso - dice - dinanzi al tuo volto. Ebbene fai tu ora, chiunque tu sia in tali condizioni, ciò che Dio minaccia di fare a te. Togli te stesso dalle tue spalle, dove non vuoi vedere, dove nascondi le tue cattive azioni, e poni te stesso dinanzi al tuo volto. Presentati al tribunale della tua mente, sii tu il giudice di te stesso, ti tormenti il timore, prorompa finalmente da te la confessione, e grida al Dio tuo: Perché io riconosco la mia ingiustizia, e il mio peccato è sempre dinanzi a me (Ps 50,5). Ciò che era dietro a te, sia davanti a te, se non vuoi che sia poi Dio giudice a mettere te davanti a te stesso, e tu non abbia più dove fuggire da te stesso.

La vera lode consiste nel viver bene e darne gloria a Dio.

29. [v 22.] Intendete queste cose, voi che vi dimenticate di Dio. Vedete che grida, non tace, non risparmia. Ti eri dimenticato del Signore, non pensavi alla tua vita malvagia. Intendi tu, che ti sei dimenticato del Signore. Affinché mai vi rapisca come leone e non vi sia chi vi salva. Che significano le parole: Come leone? Come il forte, come il potente, come colui al quale nessuno può resistere. Questo indica dicendo leone. La similitudine è usata sia per la lode, che per la condanna. Anche il diavolo è detto leone: Il vostro nemico - sta scritto - come leone ruggente va in giro cercando chi divorare (1P 5,8). Forse perché il diavolo è chiamato leone a cagione della sua immensa crudeltà, Cristo non può esser chiamato leone a cagione della sua immensa forza? E non ricordi le parole: Ha vinto il leone della tribù di Giuda (Ap 5,5)? Stia ancora un poco attenta la Carità vostra, non è molto ciò che rimane; vi scongiuro di scuotere la stanchezza, perché è presente Colui che vi ha dato fino a questo momento le forze. Poco fa aveva detto, come avete udito, quasi imponendoci l’obbligo di lodarlo: Immola a Dio un sacrificio di lode, e rendi all’Altissimo le tue preghiere. Poi ha detto: Ma al peccatore dice Dio: Perché parli delle mie giustizie e porti alla tua bocca la mia alleanza? (Ps 49,14 Ps 16) È come se gli dicesse: a niente ti giovano le tue lodi; io ho imposto il sacrificio della lode a coloro che vivono bene, perché ad essi giova lodarmi; ma a te, anche se mi lodi, a niente ti giova, e allora perché mi lodi? Non è preziosa la lode nella bocca del peccatore (Cf. Si 15,9). Infine conclude come rivolgendosi ad ambedue, rimproverando i malvagi che dimenticano Dio, e dice: Intendete queste cose voi che vi dimenticate di Dio, affinché mai vi rapisca come leone e non vi sia chi vi salva.

30. [v 23.] Il sacrificio di lode mi glorificherà. In qual modo il sacrificio di lode mi glorificherà? Certamente il sacrificio della lode non giova in nulla ai malvagi, i quali portano alla bocca la tua alleanza, e compiono cose degne di condanna che sono sgradite ai tuoi occhi. Ma ecco - aggiunge - dico anche a costoro: Il sacrificio di lode mi glorificherà. Tu credevi che ormai il sacrificio della lode non giovasse; loda, e ti gioverà. Infatti, se vivi male e dici cose buone, non ancora lodi; ma di nuovo, anche quando avrai cominciato a vivere bene, se attribuisci al tuo merito la tua buona condotta, non ancora lodi. Non voglio che tu sia il ladrone che insulta la croce del Signore (Cf. Lc 23,39); ma neppure voglio che tu sia colui che nel tempio vanta i suoi meriti, e nasconde le sue ferite (Cf. Lc 18,11). Se sei ingiusto e perseveri in tale ingiustizia, non ti dico che non ti gioverà la lode, ma ti dico che non mi lodi affatto, perché non considero lode la tua parola. Ma di nuovo, se sembri essere giusto (infatti non v’è giusto che non sia umile e pio), e ti avanzerai gonfio della tua giustizia, disprezzando gli altri cui tu ti paragoni, e ti inorgoglisci gloriandoti dei tuoi meriti, non mi lodi. Insomma non mi loda colui che vive male e neppure mi loda colui che vive bene come se suo ne fosse il merito. Forse quel Fariseo non attribuiva a suo merito la sua condizione, allorché diceva: Ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini? Costui ringraziava Dio per il fatto che aveva in sé il bene. Anche se dunque qualcosa di buono è in te, ed anche se tu capisci che ciò che hai di buono non deriva da te stesso, ma lo hai ricevuto da Dio, tuttavia, se per tale motivo ti inorgoglisci al di sopra di chi non possiede tale bene, lo tieni gelosamente per te, e non ancora mi renderai lode. Prima di tutto, dunque, abbandona la cattiva via che segui, comincia a vivere bene; comprendi che non potrai correggerti se non per il dono di Dio; infatti dal Signore son guidati i passi dell’uomo (Cf. Ps 36,23). Quando avrai capito tutto questo, aiuta anche gli altri, affinché divengano ciò che tu sei; perché anche tu eri ciò che essi sono. Aiutali quanto puoi, e non disperare; perché Dio non è ricco solo per te. Concludendo, non loda colui che, vivendo male, offende il Signore; non lo loda colui che, pur avendo cominciato a vivere bene, crede che tale vita buona sia suo merito, non un dono ricevuto da Dio; e neppure lo loda colui che, pur sapendo di aver ricevuto da Dio di che vivere bene, tuttavia vuole che Dio sia ricco solo per lui. Orbene, colui che diceva: Ti ringrazio, Dio, perché non sono come gli altri uomini, ingiusti, rapinatori, adulteri, come questo pubblicano, non aveva forse in sé di che dire anche: Dona a questo pubblicano ciò che mi hai donato, aggiungi a me ciò che non ancora mi hai dato? Costui ruttava come se fosse sazio; non diceva: ma io sono misero e povero (Ps 69,6), come diceva invece quel Pubblicano: Signore, sii benevolo con me che sono peccatore. Ne consegue che è stato maggiormente giustificato il Pubblicano che non il Fariseo (Cf. Lc 18,11-14). Ascoltate dunque voi che vivete bene, ascoltate voi che vivete male: Il sacrificio di lode mi glorificherà. Nessuno può offrirmi questo sacrificio della lode, e nello stesso tempo esser malvagio. Io non dico: non offra tale sacrificio il malvagio, ma dico: nessuno che è malvagio mi fa tale sacrificio. Perché chi mi loda è buono, perché, se loda, vive anche bene; perché se loda, non loda soltanto con la lingua, ma anche con la vita conferma ciò che dice con la lingua.

Gratuità della grazia.

31. Il sacrificio di lode mi glorificherà; e ivi è la via nella quale a lui mostrerò la salvezza di Dio. Nel sacrificio della lode è la via, nella quale a lui mostrerò la salvezza di Dio. Che cosa è la salvezza di Dio? È Cristo Gesù. E in qual modo ci è mostrato Cristo nel sacrificio della lode? Perché Cristo viene a noi con la grazia. Ecco che cosa dice l’Apostolo: Ormai non più io vivo, ma vive in me Cristo; e quel che vivo nella carne, vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me (Ga 2,20). Riconoscano dunque i peccatori che non avrebbero bisogno del medico, se fossero sani (Cf. Mt 9,12). Cristo infatti è morto per gli empi (Cf. Rm 5,6). Allorché essi riconoscono le loro empietà, dapprima imitano quel Pubblicano che dice: Signore, sii benigno con me che sono un peccatore; mostrano le ferite, implorano il medico; e, poiché non lodano se stessi, ma se stessi rimproverano in modo che, chi si gloria, non in sé, ma nel Signore si glori (1Co 1,31), riconoscono il motivo dell’avvento di Cristo, il quale per questo è venuto, per salvare i peccatori. Sta scritto: Perché Gesù Cristo è venuto in questo mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo (1Tm 1,15). Ecco perché l’Apostolo medesimo rimprovera quei Giudei che si gloriavano delle loro opere, e dice loro che non appartengono alla grazia in quanto ritenevano di aver diritto ad una ricompensa per i loro meriti e le loro opere (Cf. Ga 5,4). Chi invece sa di appartenere alla grazia, che è Cristo, e che è di Cristo, sa di aver bisogno della grazia. Se si chiama grazia, è data gratuitamente; e se è data gratuitamente, nessun tuo merito l’ha preceduta, affinché essa ti fosse data. Infatti, se i tuoi meriti l’avessero preceduta, la ricompensa non sarebbe data secondo la grazia, ma sarebbe data perché dovuta (Cf. Rm 4,4). Ne consegue che, se dici che i tuoi meriti sono venuti prima, vuoi lodare te stesso, non Dio; e perciò non riconosci il Cristo, che è venuto con la grazia di Dio. Volgi dunque lo sguardo ai tuoi pretesi meriti, e renditi conto che essi sono malvagi, tanto che niente altro a te sarebbe dovuto se non il supplizio, e non il premio. E quando avrai visto che cosa ti sarebbe dovuto per il tuo merito, riconosci che cosa ti è donato per la grazia; e glorifica Dio con il sacrificio della lode. Perché ivi è la via, nella quale conoscerai Cristo salvezza di Dio.


Agostino Salmi 49