Agostino Salmi 50

SUL SALMO 50

50 Ps 50

ESPOSIZIONE

Discorso

La nostra vita buona mezzo efficace di emendamento per gli altri.

173 1. Non dobbiamo defraudare l’assiduità di questa folla, ma neppure dobbiamo stancare la sua debolezza. Cerchiamo il silenzio e la quiete, affinché la nostra voce, dopo la fatica di ieri, possa perseverare con un po’ di vigore. È da credere che la vostra Carità sia convenuta oggi più numerosa unicamente allo scopo di pregare per coloro che sono assenti a causa dei loro sentimenti contrari e malvagi. Non parliamo infatti dei Pagani, e neppure dei Giudei, ma dei Cristiani; e neppure di coloro che sono ancora catecumeni, ma di quei molti battezzati, dai quali voi non siete affatto diversi quanto al battesimo, e dai quali tuttavia siete molto differenti quanto al cuore. Come sono infatti numerosi i nostri fratelli che oggi, piangendo, vediamo abbandonarsi alle vanità e alle menzognere follie (Cf. Ps 39,5 Sal Ps 39, qui fino parte del Ps 8 cf. Arelat., serm. CC Ps 103,38 ss.; PL Ps 47), e trascurare ciò a cui sono chiamati! Costoro, se per caso, mentre sono nel circo, per qualche motivo si spaventano, subito si segnano, e portando in fronte quel segno restano lì, nel luogo da cui se ne andrebbero se quel segno avessero nel cuore. Dobbiamo scongiurare la misericordia di Dio affinché doni loro la capacità di condannare queste cose, la volontà per fuggirle, e pietà perché sian loro perdonate. Molto opportunamente, dunque, si è cantato oggi questo salmo di penitenza. Noi parliamo anche insieme a coloro che sono assenti: la vostra memoria sia per loro la nostra voce. Per non trascurare i feriti e gli ammalati, ma per guarirli più facilmente, voi dovete restare sani. Correggete con il rimprovero, consolate con la parola, offrite l’esempio vivendo bene, ed essi saranno assistiti da Colui che ha assistito anche voi. Non è spezzato infatti il ponte della misericordia di Dio per il fatto che voi avete già superato questi pericoli. Per dove voi siete venuti, essi verranno; per dove voi siete passati, essi passeranno. È certamente dannoso, molto pericoloso, anzi micidiale e sicuramente mortale il fatto che essi pecchino consapevolmente. Infatti, in un modo corre alle vanità del mondo colui che disprezza la voce di Cristo ed in un altro modo colui che non sa che cosa deve fuggire. Ma questo salmo ci mostra che non dobbiamo disperare neppure di costoro.

Esempio di David: timore per non cadere, fiducia per risorgere.

2. [vv 1.2.] Dice infatti il suo titolo: Salmo di David stesso, quando andò da lui il profeta Natan, dopo che era stato con Betsabea. Betsabea era una donna sposa di un altro. È con dolore e con tremito che diciamo queste cose, ma tuttavia Dio non vuole che sia taciuto ciò che ha voluto che fosse scritto. Dirò dunque non ciò che voglio, ma ciò che sono obbligato a dire; e dirò, non per esortarvi ad imitare, ma per istruirvi ad aver timore. Conquistato dalla bellezza di questa donna sposa di un altro, il re e profeta David, dalla cui discendenza secondo la carne sarebbe venuto il Signore (Cf. Rm 1,3), commise adulterio con lei. Di tale adulterio non leggiamo nel salmo, ma appare manifesto dal suo titolo; tuttavia nel libro dei Regni chiaramente se ne parla. Ambedue le Scritture sono Canoniche, e senza alcuna esitazione i cristiani debbono credere nell’una e nell’altra. L’adulterio fu commesso ed è stato trascritto. E inoltre David fece in modo che il marito di costei fosse ucciso in guerra; con l’omicidio aggravò l’adulterio. Dopo che tutto questo era accaduto, fu mandato a lui il profeta Natan, inviato dal Signore, per rimproverarlo del suo enorme crimine (Cf. 2S 11 2S 12,1-14).

3. Abbiamo detto da che cosa debbono guardarsi gli uomini; ascoltiamo ora quel che debbono imitare se saranno caduti in peccato. Perché molti vogliono cadere con David, ma non vogliono risorgere con David. Non ti è certo suggerito l’esempio della sua caduta, ma l’esempio del suo risollevarsi, se sarai caduto. Stai attento, se non vuoi cadere. I più piccoli non trovino piacere nella caduta dei più grandi, ma la caduta dei maggiori sia causa di spavento per i piccoli. Per questo è proposto l’esempio, per questo il salmo è stato scritto, per questo nella Chiesa è spesso letto e cantato; lo ascoltino coloro che non sono caduti per non cadere, lo ascoltino coloro che sono caduti per risorgere. La colpa di un così grande uomo non è passata sotto silenzio, anzi è annunziata nella Chiesa. Lo odono coloro che ascoltano male e cercano per sé una difesa ai loro peccati; costoro prestano attenzione al salmo per scusare ciò che si sono preparati a commettere, non per guardarsi da ciò che non hanno ancora commesso, e dicono a se stessi: se lo ha fatto David, perché non lo farò anch’io? Ne consegue che si fa più ingiusta l’anima la quale, peccando perché David peccò, per tale motivo fa peggio di ciò che fece David. Se ne sarò capace dirò tutto questo in modo più chiaro. David non si era proposto di seguire l’esempio di nessuno, come invece fai tu: era caduto nella debolezza della concupiscenza, non nella salvaguardia della santità; tu ti proponi il suo esempio per peccare come se si trattasse di cosa santa; non imiti la sua santità, ma imiti la sua rovina. Ami in David ciò che David odiava in se stesso. Ti prepari a peccare, ti disponi al peccato. Per peccare guardi nel Libro di Dio; ascolti le Scritture di Dio per fare ciò che a Dio è sgradito. Così non fece David; per mezzo del profeta è stato corretto, non è caduto in colpa leggendo il profeta. Altri, invece, ascoltando per la loro salvezza, nella rovina del forte misurano la propria debolezza; e non volendo commettere ciò che Dio condanna, evitano di gettare sguardi audaci; non fissano gli occhi nella bellezza della carne altrui, e neppure si tranquillizzano con maligna semplicità, non dicono: ho guardato con animo buono, benevolmente ho guardato, a lungo ho fissato spinto dalla carità. Si propongono infatti ad esempio la caduta di David, e si rendono conto che quel grande è caduto, perché i piccoli non trascurino di guardare in qual modo possono cadere. Vietano ai loro occhi gli sguardi petulanti, non si uniscono facilmente, non si accompagnano con le donne altrui, non levano con facilità i loro occhi ai balconi e alle terrazze degli altri. Perché da lontano vide David colei dalla quale fu sedotto. La donna era lontana, vicina la concupiscenza. Altrove era ciò che aveva visto, entro di lui il motivo della caduta. Dobbiamo dunque stare attenti a questa debolezza della carne, dobbiamo ricordare le parole dell’Apostolo: Non regni il peccato nel vostro corpo mortale (Rm 6,12). Non ha detto l’Apostolo: non sia, ma: Non regni. Il peccato è dentro di te, quando ne sei dilettato; regna se ad esso acconsenti. Il piacere carnale, soprattutto quando procede verso ciò che è illecito e altrui, deve essere frenato, non lasciato libero; deve essere dominato con il comando, non posto in luogo di comando. Stai tranquillo, se non c’è niente che ti fa vacillare. Ma tu rispondi: io sono forte. Sei forse tu più forte di David?

Utilità del dolore, pericolo della prosperità.

4. Anche con tale esempio ammonisce che nessuno si deve insuperbire nella prosperità. Molti infatti temono le avversità, ma non temono la prosperità. La prosperità è più pericolosa per l’animo, di quanto lo sono le avversità per il corpo. La prosperità dapprima corrompe, affinché le avversità trovino di che frantumare. Fratelli miei, è contro la felicità che si deve più attentamente vigilare. Per questo voi vedete come la parola di Dio sopprime la sicurezza nella nostra felicità. Sta scritto: Servite il Signore nel timore, e esultate a lui con tremore (Ps 2,11). Nell’esultanza, per ringraziarlo; ma nel tremore, per non cadere. Non commise questo peccato David, quando Saul lo perseguitava. Quando il santo David subiva l’ostilità di Saul, quando era tormentato dalle sue persecuzioni, quando fuggiva per vari luoghi per non cadere nelle sue mani (Cf. 1S 24,5 1S 26,9), non desiderò la donna d’altri, e non uccise il marito della donna con cui aveva commesso adulterio. Nella miseria delle sue tribolazioni era tanto più zelante verso Dio quanto più appariva degno di compassione. Utile è dunque la tribolazione; utile è il ferro del medico, quanto la tentazione del diavolo. Divenne sicuro di sé quando ebbe vinto i nemici, quando le angustie vennero meno, e l’orgoglio crebbe. L’efficacia di questo esempio consiste dunque in questo, nell’indurci ad aver timore della felicità. Sta scritto: Ho trovato la tribolazione e il dolore, e ho invocato il nome del Signore (Ps 114,3 Ps 4).

Speranza del perdono.

5. Ma è accaduto; avrò detto tutte queste cose per coloro che non hanno commesso il peccato, affinché veglino e custodiscano la loro integrità, in modo che i piccoli abbiano timore mentre vedono che un grande è caduto. Ma se qualcuno che già è caduto ascolta quanto dico, e serba nella sua coscienza qualcosa di male, volga il suo sguardo alle parole di questo salmo; osservi la grandezza della ferita, ma non disperi della maestà del medico. Il peccato unito alla disperazione, significa la morte certa. Nessuno dica dunque: ho fatto qualcosa di male e ormai sono degno di condanna; Dio non perdona simili colpe; e dunque perché non dovrei aggiungere peccati a peccati? Godrò in questo secolo nel piacere, nella lascivia, nelle passioni nefande; ormai ho perduto la speranza della riparazione, e abbia almeno ciò che vedo, se non posso avere ciò che credo. Orbene, questo salmo, come rende attenti coloro che non sono caduti, così non vuole che siano disperati quelli che sono caduti. Chiunque tu sia che hai peccato e non sai se puoi far penitenza della tua colpa e disperi della tua salvezza, ascolta David che geme. Non è stato mandato a te il profeta Natan, a te è stato mandato lo stesso David. Ascoltalo mentre grida, e grida con lui; ascoltalo mentre geme, e gemi con lui; ascoltalo mentre piange, e alle sue aggiungi le tue lacrime; ascoltalo quando è corretto, e gioisci con lui. Se non hai potuto fare a meno del peccato, non vietarti la speranza del perdono. A questo grande uomo fu mandato il profeta Natan. Osserva l’umiltà del re. Non ha respinto le parole di colui che insegnava, non ha detto: come osi parlare a me che sono il re? Il re altissimo ha ascoltato il profeta; il suo umile popolo ascolti Cristo.

Il Signore ci corregge, ci istruisce, ci perdona.

6. [v 3.] Ascolta dunque queste cose, e di’ con lui: Abbi pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia. Chi scongiura la grande misericordia, confessa una grande miseria. Cerchino la tua piccola misericordia, coloro che hanno peccato senza saperlo. Sta scritto: Abbi pietà di me, secondo la tua grande misericordia. Soccorri alla grave ferita con la tua grande medicina. Grave è ciò che soffro, ma mi affido all’Onnipotente. Dispererei della mia tanto mortale ferita, se non trovassi un così grande medico. Abbi pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia; e secondo l’immensità della tua pietà, cancella la mia iniquità. Le parole: Cancella la mia iniquità equivalgono alle altre: Abbi pietà di me, o Dio. E dicendo: secondo l’immensità della tua pietà, è come se dicesse: secondo la tua grande misericordia. Perché grande è la misericordia e molte sono le misericordie; e dalla tua grande misericordia derivano le tue molte misericordie. Tu osservi coloro che disprezzano per correggerli, osservi coloro che ignorano per istruirli, osservi coloro che confessano per perdonare loro. Ha commesso la colpa senza saperlo? Uno che aveva fatto alcune cose ed aveva commesso molte colpe dice: Ho ottenuto misericordia, perché, ignorando, ho peccato nella mia incredulità (1Tm 1,13). David non potrebbe dire: Ignorando ho peccato. Non ignorava affatto quanto vi fosse di male nell’unirsi con la sposa di un altro, e quanto fosse colpevole uccidere il marito che non sapeva niente e neppure si adirava. Ottengono dunque la misericordia del Signore coloro che hanno peccato senza saperlo; e coloro che sapevano ciò che facevano ottengono non una qualsiasi misericordia, ma una grande misericordia.

Il Signore è nostro medico: andiamo a lui pentiti.

174 7. [v 4.] Più e più lavami della mia ingiustizia. Che significa: Più e più lavami? Significa che sono molto macchiato. Più e più lava i peccati di colui che sa, tu che hai lavato i peccati di colui che non sapeva. Non si deve disperare della tua misericordia. E dal mio peccato purificami. Per quale merito? Se è un medico, offrigli la ricompensa; è Dio, offri il sacrificio. Che cosa darai per essere purificato? Osserva chi è colui che tu invochi. Invochi il giusto: odia i peccati, se è giusto; vendica i peccati, se è giusto; e non puoi togliere al Signore Dio la sua giustizia. Implora dunque la misericordia, ma aspettati la giustizia: è misericordia perdonare al peccatore, è giustizia punire il peccato. E allora? Tu chiedi misericordia, e il peccato resterà impunito? Ti risponda David, ti rispondano coloro che sono caduti, rispondano insieme con David, per meritare misericordia come David, e dicano: Signore, non sarà impunito il mio peccato; conosco la giustizia di Colui del quale imploro la misericordia; non resterà impunito il peccato; ma per questo voglio che tu non mi punisca, perché da me stesso punisco il mio peccato; per questo chiedo che tu lo perdoni, perché da me lo riconosco.

8. [v 5.] Perché riconosco la mia iniquità, e il mio peccato è sempre dinanzi a me. Non ho gettato dietro le mie spalle ciò che ho fatto, non guardo gli altri dimenticandomi di me, non cerco di togliere la pagliuzza dall’occhio del mio fratello, mentre una trave è nell’occhio mio (Cf.
Mt 7,3); il mio peccato è dinanzi a me, non dietro a me. Era infatti dietro di me quando mi fu mandato il profeta, che mi propose la parabola della pecora del povero. Disse infatti a David il profeta Natan: C’era un ricco che aveva molte pecore; e un povero suo vicino possedeva una sola pecorella che nutriva nel suo seno e con il suo cibo. Venne un ospite dal ricco: egli non tolse niente dal suo gregge, desiderò la pecora del suo vicino povero e quella uccise per il suo ospite: di che cosa è degno costui? E David adirato proferì la sua sentenza. Chiaramente il re, che non si rendeva conto del tranello tesogli, dichiarò che il ricco era degno di morte, e che doveva restituire il quadruplo della pecora rubata (2 Sam 2S 12,2-6). Condanna severissima e giustissima. Ma il suo peccato non era ancora al suo cospetto, era dietro le sue spalle ciò che aveva fatto; non ancora riconosceva la sua iniquità, e perciò non perdonava quella altrui. Ma il profeta, inviato a tale scopo, tolse il peccato da dietro la sua schiena, e lo pose innanzi ai suoi occhi, affinché vedesse che aveva irrogato contro se stesso quella tanto severa sentenza. Per tagliare e sanare la ferita del suo cuore, trasformò in ferro la lingua di lui. Ciò fece il Signore ai Giudei, quando costoro gli portarono la donna adultera, e gli tesero un laccio per tentarlo, finendo col cadere essi stessi nel tranello teso. Dissero: Questa donna è stata colta in adulterio; Mosè ordina di lapidare donne di tal genere; tu che pensi di costei? Tentarono cioè di catturare la Sapienza di Dio in una duplice trappola: se avesse ordinato di ucciderla avrebbe perduto la fama di mansueto; mentre, se avesse ordinato di liberarla, avrebbero potuto calunniarlo come violatore della legge. Rispose perciò senza dire: uccidetela, e neppure: liberatela, ma dicendo: Chi sa di essere senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei. Giusta è la legge che ordina di uccidere l’adultera; ma questa legge giusta abbia ministri innocenti. Voi che accusate colei che conducete, guardate anche chi siete voi. Quelli, udite tali parole, uno dopo l’altro se ne andarono. Restò l’adultera e il Signore, restò colei che era ferita e il medico, restò la grande miseria e la grande misericordia. Coloro che l’avevano condotta si vergognarono, ma non chiesero perdono; colei che era stata condotta mostrò di essere confusa, e fu sanata. Disse a lei il Signore: Donna, nessuno ti ha condannato? E lei: Nessuno, Signore. E lui: Neppure io ti condannerò; va’, e d’ora innanzi non peccare più (Cf. Jn 8,4-11). Forse che Cristo agì contro la sua legge? Infatti il Padre suo non aveva dato la Legge senza il Figlio. Se il cielo e la terra e tutte le cose che in essi stanno sono stati fatti per mezzo di lui, in qual modo può essere stata scritta la Legge senza il Verbo di Dio? Dio non opera dunque contro la sua legge, poiché neppure l’imperatore opera contro le sue leggi, quando concede indulgenze ai rei confessi. Mosè è il ministro della legge, ma Cristo è il promulgatore della legge; Mosè lapida come giudice; Cristo manifesta indulgenza come re. Dio dunque ha avuto pietà della donna per la sua grande misericordia, come qui il salmista prega, come chiede, come esclama e geme; cosa che non vollero fare coloro che presentavano al Signore l’adultera: riconobbero alle parole del medico le loro ferite, ma non chiesero la medicina al medico. Così sono molti che non si vergognano di peccare, ma si vergognano di farne penitenza. O incredibile follia! Non ti vergogni della ferita, e ti vergogni della fasciatura della ferita? Non è forse essa più fetida e putrida quando è nuda? Affidati dunque al medico, convertiti, esclama: Riconosco la mia iniquità e il mio peccato è sempre dinanzi a me.

Solo Cristo è senza peccato.

9. [v 6.] Contro te solo ho peccato, e ho fatto il male davanti a te. Non era forse al cospetto degli uomini la donna altrui con cui aveva commesso adulterio, e il marito ucciso? Forse che non sapevano tutti ciò che aveva fatto David? Che significano le parole: Contro te solo ho peccato, e ho fatto il male davanti a te? Perché solo tu sei senza peccato. Punisce con giustizia solo Colui che in sé non ha niente che meriti punizione; rimprovera con giustizia solo Colui che in sé non ha niente degno di rimprovero. Dice David: Contro te solo ho peccato, e ho fatto il male davanti a te; affinché tu sia giustificato nelle tue parole, e tu vinca quando sei giudicato. Fratelli, è difficile capire a chi dice queste parole. Certamente parla con Dio, eppure è manifesto che Dio Padre non è giudicato. Che significa dunque: Contro te solo ho peccato, e ho fatto il male davanti a te, affinché tu sia giustificato nelle tue parole, e tu vinca quando sei giudicato? Vede che nel futuro il giudice deve essere giudicato, che il giusto deve essere giudicato dai peccatori, e che proprio in questo vince, perché non ci sarà in lui niente da giudicare. Unico fra gli uomini, infatti, solo l’Uomo-Dio ha potuto dire: Se avete trovato in me il peccato, ditelo (Cf. Jn 8,46). Ma forse c’era in lui qualcosa che era nascosto agli uomini, ed essi non trovavano ciò che era in lui, ma che non era manifesto? Altrove dice: Ecco viene il principe del mondo, cioè l’acuto indagatore di tutti i peccatori; ecco viene il principe di questo mondo, il principe della morte, che punisce con la morte i peccatori; perché è per l’invidia del diavolo che la morte è entrata nel mondo (Cf. Sg 2,24). Ecco - dice nell’approssimarsi della Passione - viene il principe di questo mondo e in me non troverà niente, nessun peccato, niente che sia degno di morte, niente che sia meritevole di condanna. E, come se qualcuno gli avesse detto: Perché dunque morirai? continua, e dice: Ma perché tutti sappiano che io faccio la volontà del Padre mio, alzatevi, usciamo di qui (Jn 14,30 Jn 31). Patisco, dice, incolpevole per i colpevoli, per fare degni della mia vita coloro per i quali senza colpa alcuna subisco la morte che ad essi compete. Orbene, è a questi che non ha nessun peccato che dice ora il profeta David: Contro te solo ho peccato, e ho fatto il male davanti a te; affinché tu sia giustificato nelle tue parole, e tu vinca quando sei giudicato. Perché tu vinci tutti gli uomini, tutti i giudici, e colui che si crede giusto è ingiusto al tuo cospetto; soltanto tu giustamente giudichi, tu che ingiustamente sei giudicato, che hai il potere di dare la tua vita, e hai il potere di riprenderla di nuovo (Jn 10,18). È dunque mentre sei giudicato, che tu vinci. Superi tutti gli uomini perché sei più che gli uomini, perché essi per tuo mezzo sono stati fatti.

Il peccato originale.

10. [v 7.] Contro te solo ho peccato, e ho fatto il male davanti a te; affinché tu sia giustificato nelle tue parole e tu vinca quando sei giudicato. Ecco che nell’iniquità sono stato concepito. È come se si dicesse: sono vinti coloro che hanno fatto ciò che hai fatto anche tu, David; non è infatti piccolo male o lieve peccato l’adulterio e l’omicidio; ma che è di quelli che da quando son nati dal ventre della loro madre non hanno fatto niente di simile? anche ad essi imputi qualche peccato, in modo che egli vinca tutti quando comincerà ad essere giudicato? David riassume in sé il genere umano, ha presente le catene di ognuno, considera la radice della morte, fa attenzione all’origine del male, e dice: Ecco che nell’iniquità sono stato concepito. Forse che David era nato da un adulterio e non da Iesse, uomo giusto, e dalla moglie di lui (Cf. 1S 16,18)? Perché dice di essere stato concepito nell’iniquità, se non perché deriva tale iniquità da Adamo? Anche la stessa catena della morte si è generata insieme con l’iniquità. Nessuno nasce se non trascinando seco la pena, e traendo con sé ciò che ha meritato la pena. Anche in un altro passo il profeta dice: Nessuno è puro al tuo cospetto, neppure il bambino che ha un solo giorno di vita sulla terra (Jb 14,4 = LXX). Sappiamo, infatti, che con il battesimo di Cristo sono lavati i peccati, e che il battesimo di Cristo è efficace per ottenere il perdono dei peccati. Se i fanciulli sono assolutamente innocenti, perché le madri corrono alla chiesa con i loro piccoli deboli? Che cosa si lava con quel battesimo, che cosa si perdona con quella remissione? Io vedo l’innocente piuttosto piangere che adirarsi. Che cosa lava il battesimo? che cosa scioglie quella grazia? Scioglie la radice del peccato. Questo direbbe, se potesse parlarti, quel bambino; e se avesse già l’intelligenza che aveva David, ti risponderebbe: Perché guardi a me che sono un fanciullo? Non vedi certo i miei delitti; ma io nella iniquità sono stato concepito (Cf. 2S 12,21), e nei peccati mia madre mi ha nutrito in seno. Cristo è nato al di fuori di questo vincolo della concupiscenza carnale, senza intervento dell’uomo, dalla Vergine che aveva concepito in virtù dello Spirito Santo. Non si può dire che egli è stato concepito nell’iniquità; non si può dire che nei peccati nel suo seno lo ha nutrito la Madre sua, alla quale fu detto: Lo Spirito Santo discenderà su di te, e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà (Lc 1,35). Però gli uomini sono concepiti nell’iniquità e sono nutriti nei peccati in seno alla madre, non perché sia peccato l’unione coniugale; ma perché ciò che si compie, si compie invero con la carne soggetta alla pena. Infatti la pena della carne è la morte, e sempre alla carne è unita la condizione mortale. Per questo l’Apostolo non chiamò morituro il corpo, ma morto: Il corpo certamente è morto per il peccato; ma lo spirito è vita per la giustizia (Rm 8,10). In qual modo, dunque, può nascere senza la catena del peccato ciò che è concepito e generato dal corpo morto a causa del peccato? Questa casta opera non comporta colpa nel coniuge, ma l’origine del peccato trascina con sé la pena dovuta. Il marito, infatti, in quanto è marito, non cessa per questo di essere mortale, oppure deriva la sua mortalità da qualche altra cosa che non sia il peccato. Era mortale anche il Signore, ma non per il peccato; aveva assunto il nostro castigo, e perciò ha cancellato la nostra colpa. Giustamente in Adamo tutti sono morti, ma in Cristo tutti sono vivificati (Cf. 1Co 15,22). Dice l’Apostolo: Per un solo uomo il peccato è entrato in questo mondo, e per il peccato la morte, e così in tutti gli uomini si è diffusa, perché in lui tutti hanno peccato (Rm 5,12). Chiara è la sentenza: In Adamo, dice l’Apostolo, tutti hanno peccato. Ha potuto essere innocente solo il fanciullo che non è nato dall’opera di Adamo.

Il Signore colpisce per sradicare il peccato.

11. [v 8.] Ecco che tu hai amato la verità; e mi hai manifestato le cose incerte e occulte della tua sapienza. Hai amato la verità, cioè non hai lasciati impuniti i peccati neanche a coloro ai quali hai perdonato. Hai amato la verità: hai elargito la misericordia, proprio per conservare anche la verità. Tu perdoni a chi confessa, certamente gli perdoni, ma è lui a punire se stesso; così si conserva la misericordia e la verità; la misericordia perché l’uomo è liberato; la verità perché il peccato è punito. Ecco che tu hai amato la verità; mi hai manifestato le cose incerte e occulte della tua sapienza. Quali occulte? Quali incerte? Che Dio perdona anche peccati così grandi. Niente è tanto occulto, niente è tanto incerto. I Niniviti fecero penitenza di fronte all’incerto. Dissero infatti, sia pure dopo le minacce del profeta, sia pure dopo aver udito quella voce: Tre giorni, e Ninive sarà devastata; dissero tra sé che bisognava chiedere misericordia, dissero tra sé discutendo: Chissà se Dio non piegherà in meglio la sua sentenza e avrà pietà? Manifestarono l’incertezza, dicendo: Chissà? Nell’incertezza si pentirono, e meritarono una misericordia certa; si prostrarono in lacrime, in digiuni, nel cilicio e nella cenere si prostrarono, gemettero, piansero, e Dio li risparmiò (Cf. Jn 3,4-10). Restò in piedi Ninive, oppure Ninive fu distrutta? Certamente una cosa appare agli uomini, e un’altra cosa appare a Dio. Quanto a me credo che sia stato compiuto ciò che il profeta aveva predetto. Guarda che cosa fu Ninive e constata che è stata distrutta, distrutta nel male, edificata nel bene, come Saulo persecutore fu distrutto, e fu edificato Paolo predicatore (Cf. Ac 9,4). Chi non direbbe che questa città, nella quale ora siamo, è stata felicemente distrutta, se tutti gli insensati, abbandonate le loro sciocchezze, corressero col cuore contrito alla Chiesa per invocare la misericordia di Dio sui loro atti trascorsi? Non diremmo forse: Dov’è quella Cartagine? Poiché non è ciò che era, è stata distrutta; ma poiché è ciò che non era, è stata ricostruita. Così è detto a Geremia: Ecco darò a te il potere di sradicare, di scavare, di rovesciare, di disperdere, e di nuovo di edificare e di piantare (Jr 1,10). Da qui derivano quelle parole del Signore: Io percuoterò, e io sanerò (Dt 32,39). Percuote la putredine del delitto, risana il dolore della ferita. Fanno così i medici quando tagliano, percuotono e risanano; si armano per colpire, portano il ferro, e vengono per curare. Ma poiché grandissimi erano i peccati dei Niniviti, essi dissero: Chi sa? Questa incertezza rivelò Dio al servo suo David. Avendo egli detto, mentre in piedi stava il profeta e lo rimproverava: Ho peccato, subito udì dire dal profeta, cioè dallo Spirito di Dio che era nel profeta: Il tuo peccato ti è stato rimesso (2 Sam 2S 12,13). Cioè ha manifestato a lui le cose incerte e occulte della sua sapienza.

Sii umile.

12. [v 9.] Continua: Aspergimi con l’issopo e sarò mondo. Sappiamo che l’issopo è una umile erba, però dotata di poteri medicamentosi; si dice che abbia le sue radici infisse nella pietra. Perciò, nel mistero, è assunta a similitudine della purificazione del cuore. Poni anche tu le radici dell’amore nella tua pietra: sii umile nell’umile Dio tuo, per essere sublime nel Dio tuo glorificato. Aspergiti di issopo, e l’umiltà di Cristo ti purificherà. Non disprezzare l’erba, stai attento alla potenza del medicamento. Dirò anche qualcosa che siamo soliti udire dai medici, oppure esperimentare negli ammalati. Dicono che l’issopo è capace di purificare i polmoni. Nel polmone di solito si colloca la superbia: esso infatti si gonfia, ivi c’è l’anelito. A proposito di Saulo persecutore, come di Saulo superbo, si diceva che andava a catturare i Cristiani spirando strage (Cf. Ac 9,1): anelava le stragi, anelava il sangue, perché il suo polmone non era ancora stato purificato. Ascolta che cosa dice qui l’umiliato, perché è stato punficato con l’issopo: Aspergimi con l’issopo e sarò mondo; mi laverai, cioè mi purificherai, e sarò più bianco della neve. Dice il profeta: Anche se i vostri peccati fossero come porpora, come neve li sbiancherò (Is 1,18). Con chi è purificato, Cristo prepara per sé una veste senza macchia né ruga (Cf. Ep 5,27). Infatti la sua veste sul monte, che brillò come neve candida (Cf. Mt 17,2), significava la Chiesa purificata da ogni macchia di peccato.

Riconoscersi per quel che siamo.

175 13. [v 10.] Ma da dove appare l’umiltà dell’issopo? Ascolta le parole che seguono: Darai al mio udito esultanza e letizia, ed esulteranno le ossa umiliate. Dice: Darai al mio udito esultanza e letizia; godrò udendoti, non parlando contro di te. Hai peccato, perché ti difendi? Vuoi parlare: sopporta, ascolta, cedi alle divine parole, se non vuoi essere turbato e non vuoi esser ferito maggiormente; il peccato è stato commesso, non difenderlo, sia espresso nella confessione, non nella difesa. Se ti fai difensore del tuo peccato, sei vinto; non è innocente il tuo patrono, non ti è utile la tua difesa. Chi sei tu per poterti difendere? Tu sei capace soltanto ad accusarti. Non dire: non ho fatto niente, oppure: che cosa di grande ho fatto? oppure ancora: ma anche altri lo hanno fatto. Se, commettendo il peccato, dici di non aver fatto niente, non sarai niente, e niente riceverai; Dio è pronto a darti indulgenza, ma tu chiudi la porta contro di te; egli è pronto a dare, non opporgli l’ostacolo della difesa, ma apri il seno della confessione. Darai al mio udito esultanza e letizia. Mi dia egli stesso i mezzi per dire ciò che sento. Sono più felici coloro che ascoltano di coloro che parlano. Infatti chi apprende, è umile; chi invece insegna, si affatica per non essere superbo, per evitare che si insinui il sentimento malvagio di piacere; si sforza di non dispiacere a Dio mentre vuole piacere agli uomini. Grande è il tremito che è nell’insegnante, fratelli miei, grande è il tremito nostro in queste nostre parole. Date credito al nostro cuore per ciò che di noi non potete vedere; sia mite con noi, sia benigno con noi colui che sa con quanto grande timore io vi parlo. Ma quando sentiamo che egli stesso ci suggerisce e ci insegna nell’intimo qualcosa, siamo sicuri, e tranquilli gioiamo; siamo infatti sotto il maestro, cerchiamo la gloria di lui, lodiamo lui che insegna; la sua verità ci rallegra nell’intimo, ove nessuno fa o ode strepito; ivi questi ha detto essere la sua letizia e la sua esultanza. Dice: Porgerai al mio udito l’esultanza e la letizia. E proprio perché è umile ode. Colui che ode, che veramente ode e ode bene, ascolta umilmente; perché la gloria risiede in colui dal quale ascolta ciò che ascolta. Dopo aver detto: Porgerai al mio udito l’esultanza e la letizia; subito manifesta che cosa produce tale ascolto; esulteranno le ossa umiliate. Sono umiliate le ossa: le ossa di colui che ascolta non hanno fasto, non hanno quell’orgoglio che a fatica può vincere colui che parla. Per questo quel grande umile, di cui nessun nato di donna fu più grande (Cf. Mt 11,11), colui che tanto si umiliò da dirsi indegno di sciogliere i lacci dei calzari del suo Signore (Cf. Mc 1,7), quel Giovanni Battista che dava gloria al suo Maestro e perciò al suo amico, mentre era ritenuto Cristo e poteva perciò insuperbirsi e inorgoglirsi di ciò (non certo lui aveva detto di essere Cristo; ma avrebbe potuto accettare l’errore degli uomini che così credevano, e volevano attribuirgli tale onore (Cf. Lc 3,15); ma respinse il falso onore per trovare la vera gloria; ebbene: guarda l’umiltà di colui che ascolta), dunque egli dice: Chi ha la sposa, è lo sposo; ma l’amico dello sposo sta in piedi e lo ascolta. Si fa colui che sta in piedi e ascolta, non colui che cade e parla. Dice: Sta in piedi e lo ascolta. Avete udito dell’ascolto; ma dove sono l’esultanza e la letizia? Aggiunge subito dopo: sta in piedi e lo ascolta, e gode e si rallegra per la voce dello sposo (Jn 3,29). Darai al mio udito esultanza e letizia, ed esulteranno le ossa umiliate.

14. [v 11.] Distogli il tuo volto dai miei peccati e cancella tutte le mie iniquità. Ormai, infatti, esultano le ossa umiliate, orinai sono purificato dall’issopo, ormai sono divenuto umile. Distogli il tuo volto, non da me, ma dai miei peccati. Altrove, pregando, dice: Non distogliere il tuo volto da me (Ps 26,9). Colui che non vuole che il volto di Dio sia distolto da lui, vuole che sia distolto dai suoi peccati il volto di Dio. Perché Dio vede il peccato da cui non distoglie lo sguardo; e, se lo vede, se ne rende conto. Distogli il tuo volto dai miei peccati, e cancella tutte le mie iniquità. Si preoccupa molto per quel grande peccato; e di più spera: vuole che siano cancellate tutte le sue iniquità; si affida alla mano del medico, a quella grande misericordia che ha invocato al principio del salmo: cancella tutte le mie iniquità. Dio distoglie il suo volto, e in questo modo cancella; distogliendo il suo volto cancella i peccati, guardandoli li trascrive. Hai udito che distogliendo il volto Dio cancella i peccati; ascolta ora che cosa fa Dio guardando. Ma il volto del Signore è su coloro che compiono il male, per disperdere dalla terra la loro memoria (Ps 33,17): non distruggendo i loro peccati. Ma questi che cosa prega? Dice: Distogli il tuo volto dai miei peccati. Buona è la sua preghiera. Egli infatti non distoglie il volto dai suoi peccati, in quanto dice: Perché riconosco il mio peccato (Ps 50,5). Giustamente preghi, e bene preghi Dio affinché distolga il suo volto dal tuo peccato, se tu da esso non distogli il tuo sguardo; ma se getti il tuo peccato dietro le spalle, Dio su di esso porrà i suoi occhi. Poni tu il tuo peccato dinanzi al tuo volto, se vuoi che da esso Dio distolga il suo sguardo; e così sicuro prega, e Dio ti esaudirà.

Il Signore punisce in terra per non punire nell'eternità.

15. [v 12.] Un cuore puro crea in me, Dio. Dicendo crea, non ha voluto dire forma in me qualcosa di nuovo. Ma poiché pregava, pentendosi, colui che aveva commesso qualcosa per cui era più innocente prima di commetterlo, mostra in che senso ha detto: Crea. E uno spirito retto rinnova nelle mie viscere. A causa di ciò che ho commesso - dice - si è invecchiata e curvata la rettitudine del mio spirito. Dice infatti in un altro salmo: Hanno curvato l’anima mia (Ps 56,7). Quando un uomo si china alle terrene concupiscenze, in un certo qual modo si curva; mentre, quando si innalza alle cose sublimi, retto diventa il suo cuore, tanto che con lui Dio è benigno. Quanto è buono, infatti, il Dio di Israele con i retti di cuore (Ps 72,1)! Fratelli, ascoltate. Talvolta Dio punisce in questo secolo il peccato di colui cui perdona nel secolo futuro. Anche allo stesso David infatti, cui era già stato detto per mezzo del profeta: Il tuo peccato ti è rimesso (2 Sam 2S 12,13), capitarono tutte quelle sciagure che Dio gli aveva minacciato a causa del suo peccato. Ecco che suo figlio Assalonne scatenò contro di lui una cruenta guerra, e in molte circostanze umiliò suo padre (Cf. 2S 15,10). David camminava nel dolore, nei triboli della sua umiliazione, tanto soggetto a Dio da attribuire a lui ogni cosa giusta, e da confessare di non soffrire niente di immeritato, ormai possedendo il cuore retto che non era sgradito a Dio. Pazientemente ascoltava le ingiurie e le dure maledizioni che contro il suo volto scagliava uno dei soldati della parte avversa, che combattevano insieme con il suo empio figlio. E mentre costui gettava le sue maledizioni contro il re, uno dei compagni di David voleva, adirato, andargli addosso e colpirlo; ma David glielo vietò. E in qual modo glielo vietò? Dicendo: Dio lo ha mandato per maledirmi (2 Sam 2S 16,5 2S 10). Riconoscendo la sua colpa, ha abbracciato la sua pena, cercando la gloria non sua; lodando il Signore in ciò che aveva di buono, lodando il Signore in ciò che soffriva, benedicendo il Signore in ogni tempo, avendo sempre sulla sua bocca la lode di lui (Cf. Ps 33,2). Così sono tutti i retti di cuore; non questi perversi che si credono retti e stimano perverso Dio. Costoro si rallegrano quando fanno qualcosa di male, e, quando subiscono qualche sciagura, bestemmiano; per di più, quando si trovano nelle tribolazioni e nel castigo, dicono con il loro cuore distorto: Dio, che cosa ti ho fatto? Veramente non hanno fatto niente a Dio, perché tutto hanno fatto a se stessi. E uno spirito retto rinnova nelle mie viscere.

16. [v 13.] Non mi scacciare dal tuo volto. Distogli il tuo volto dai miei peccati; e non mi scacciare dal tuo volto. Invoca il volto di Colui il cui volto teme. Non mi scacciare dal tuo volto; e non togliere via da me il tuo Spirito Santo. Perché in chi confessa c’è lo Spirito Santo. Già compete al dono dello Spirito Santo il fatto che ti dispiace ciò che hai compiuto. I peccati piacciono allo spirito immondo, dispiacciono allo Spirito Santo. Sebbene tu ancora stia scongiurando il perdono, tuttavia, da un altro lato, poiché ti è sgradito il male che hai commesso, sei già unito a Dio; infatti anche a te dispiace ciò che è sgradito a Lui. Siete ormai in due impegnati a vincere la tua febbre; tu e il medico. Non può, insomma, un uomo derivare da se medesimo la confessione del peccato e la sua punizione; non può accadere, senza il dono dello Spirito Santo, che qualcuno si adiri e si dispiaccia con se medesimo. Non dice: dammi il tuo Spirito Santo, ma: Non mi togliere. E non togliere via da me il tuo Spirito Santo.

Immutabilità della fede.

17. [v 14.] Rendimi la gioia della tua salvezza. Rendimi ciò che avevo, ciò che ho perduto peccando. Rendimi la gioia della tua salvezza; cioè del tuo Cristo. Chi ha potuto infatti guarire senza di lui? Prima di nascere da Maria, in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Cf. Jn 1,1); e come i santi Patriarchi credevano al disegno futuro dell’assunzione della carne, così noi crediamo in esso già realizzato. I tempi sono mutati, non la fede. Rendimi la gioia della tua salvezza; e confermami nello spirito principale. Alcuni hanno inteso qui che si parli dello stesso Dio-Trinità, eccettuando l’assunzione della carne; poiché sta scritto: Dio è Spirito (Jn 4,24). Poiché non è corpo, e tuttavia è, sembra che non possa esser altro che Spirito. Alcuni dunque intendono che qui si intenda la Trinità: nello spirito retto il Figlio, nello spirito santo lo Spirito Santo, nello spirito principale il Padre. Sia che sia così, sia che abbia voluto intendere per spirito retto quello dell’uomo stesso, dicendo: Uno spirito retto rinnova nelle mie viscere, che io ho curvato e ho distorto peccando, in modo che lo stesso Spirito Santo sia lo spirito principale, che non vuole che gli sia tolto, e nel quale vuole essere confermato: nessuna delle interpretazioni è da ritenersi eretica.

18. [v 15.] Ma osservate che cosa aggiunge: Nello spirito principale confermami. Perché confermami? Perché mi hai perdonato, perché sono sicuro che non mi sarà imputato ciò che mi hai donato, e perciò sono sicuro e, confermato in questa grazia, non sarò ingrato. Che farò dunque? Insegnerò agli iniqui le tue vie. Insegnerò agli iniqui, io che ero ingiusto; cioè io, che sono stato ingiusto, ma non lo sono più, perché non mi è stato tolto lo Spirito Santo e sono stato rafforzato nello spirito principale, insegnerò agli iniqui le tue vie. Quali vie insegnerai agli iniqui? E gli empi a te si convertiranno. Se il peccato di David è da attribuirsi all’empietà, non disperino di se stessi gli empi, poiché Dio perdona all’empio: ma se a lui si convertono, se apprendono le sue vie. Se invece la colpa di David non è da attribuirsi all’empietà, poiché propriamente empietà significa apostatare da Dio, non adorare l’unico Dio, o non averlo mai adorato, oppure abbandonare colui che si adorava, per il cumulo dei peccati valgono le parole: E gli empi a te si convertiranno. Tanto piena è la ricchezza della misericordia, che nessuno di quelli che a te si convertono deve disperare, non soltanto i peccatori di qualsiasi genere, ma neppure gli empi. E gli empi a te si convertiranno. Perché? Perché, credendo in Colui che giustifica l’empio, la loro fede sarà computata a giustizia (Cf. Rm 4,5).

Corruzione attuale della carne. Ferma speranza di salvezza.

19. [v 16.] Liberami dai sangui, o Dio, Dio della mia salvezza. Il traduttore latino si serve di una parola poco latina per esprimere la forza della parola nel greco. Sappiamo tutti infatti che in latino non si dice “sangui” al maschile e neppure “sangui” al neutro; tuttavia, poiché il greco si esprime al plurale, non senza motivo, dato che così si legge nella originaria lingua ebraica, il pio traduttore ha preferito esprimersi poco latinamente, piuttosto che perdere la forza dell’originale. Perché dunque ha detto al plurale: dai sangui? Ha voluto intendere nei molti sangui, cioè nell’origine della carne del peccato, i molti peccati. L’Apostolo, guardando a tali peccati che derivano dalla corruzione della carne e del sangue, dice: La carne e il sangue non possederanno il Regno di Dio (1Co 15,50). Peraltro, secondo la verace fede dello stesso Apostolo, questa carne risorgerà e meriterà essa stessa l’incorruttibilità, come appunto egli dice: È necessario che questo corruttibile si rivesta di incorruttibilità, e che questo mortale si rivesta di immortalità (1Co 15,53). Orbene, poiché questa corruzione deriva dal peccato, i peccati sono chiamati con il suo nome; allo stesso modo per cui si chiama lingua quella striscia di carne, quel membro che si muove nella bocca, quando articoliamo le parole, e si chiama lingua ciò che per mezzo della lingua si dice, per cui diciamo che una è la lingua greca, e l’altra la latina; mentre la carne non è diversa, ma è diverso il suono che essa produce. Allo stesso modo, dunque, in cui si dice lingua l’espressione che per mezzo della lingua si formula, così si dice sangue l’ingiustizia che per mezzo del sangue si compie. Orbene, constatando le sue numerose iniquità, dice precedentemente: E tutte le mie iniquità cancella (Ps 50,11); e attribuendo tali iniquità alla corruzione della carne e del sangue aggiunge: Liberami dai sangui. Cioè liberami dalle iniquità, purificami da ogni corruzione. Desidera infatti l’incorruttibilità colui che dice: Liberami dai sangui; perché la carne e il sangue non possederanno il Regno di Dio, né la corruzione l’incorruttibilità. Liberami dai sangui, o Dio, Dio della mia salvezza. Mostra così che quando in questo corpo ci sarà la salute perfetta, in esso non ci sarà più la corruzione che ora si chiama col nome di carne e sangue; tale condizione sarà infatti la perfetta sanità del corpo. Come può dirsi ora sano ciò che cade, ciò che ha bisogno, ciò che sempre si trova nella condizione di aver fame e sete? Queste cose allora più non saranno; perché il cibo è per il ventre, e il ventre è per il cibo (Cf. 1Co 6,13). Dio, invece, porrà fine a questo e a quello. Sarà resa perfetta da Dio la forma del corpo, assorbita la morte nella vittoria (Cf. 1Co 15,54), senza più alcuna traccia di corruzione, senza che più possa sopraggiungere alcun mancamento, senza esser soggetta a mutare con il tempo, né ad esser stancata da alcuna fatica tanto da doversi ristorare con alimenti o da doversi nutrire con il cibo. Ma non saremo senza cibo e senza bevanda; lo stesso Dio nostro sarà il nostro cibo e la nostra bevanda. Solo questo cibo ristora e non viene meno. Liberami dai sangui, o Dio, Dio della mia salvezza. Perché già ora siamo in tale salvezza. Ascolta l’Apostolo: Nella speranza siamo stati salvati. E nota che egli parlava della stessa salvezza del corpo: in noi medesimi - dice - gemiamo aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo. Perché nella speranza siamo stati salvati. Ma la speranza che si vede non è speranza; chi spera in ciò che vede? Ma se speriamo in ciò che non vediamo, con pazienza lo aspettiamo (Rm 8,23 Rm 25). Chi avrà perseverato fino alla fine, cioè nella vera pazienza, egli sarà salvo (Cf. Mt 10,22 Mt 24,13), e questa è la salute che non ancora abbiamo ma che avremo. Non ancora è nella realtà, ma la speranza è sicura. Ed esulterà la mia lingua per la tua giustizia.

20. [v 17.] Signore, aprirai le mie labbra, e la mia bocca annunzierà la tua lode. La tua lode, perché sono stato creato; la tua lode, perché peccando non sono stato abbandonato; la tua lode, perché sono stato esortato a confessare; la tua lode, perché per essere nella pace sono stato purificato. Aprirai le mie labbra e la mia bocca annunzierà la tua lode.

176 Il sacrificio interiore.

21. [vv 18.19.] Perché, se tu avessi voluto un sacrificio, certamente te lo avrei offerto. David viveva nel tempo in cui si offrivano a Dio i sacrifici degli animali immolati, ma vedeva questi tempi futuri. Forse che non ci riconosciamo in queste parole? Quei sacrifici erano figure, e preannunziavano l’unico sacrificio di salvezza. Ma neppure noi siamo stati lasciati senza sacrificio da offrire a Dio. Ascolta infatti che cosa dice colui che si preoccupa per il suo peccato, e vuole che gli sia perdonato il male che ha fatto: Se tu avessi voluto - dice - un sacrificio, certamente te lo avrei offerto. Ma tu non gradisci gli olocausti. Non offriremo dunque niente? Andremo così a Dio? E in qual modo lo placheremo? Offri: certamente hai in te di che offrire. Non preparare doni al di fuori di te, ma di’: In me sono, o Dio, i tuoi voti di lode che ti renderò (
Ps 55,12). Non cercare al di fuori di te un animale da immolare, hai in te di che sacrificare. Sacrificio a Dio è lo spirito contrito; Dio non disprezza il cuore contrito e umiliato. Disprezza piuttosto il toro, il caprone, l’ariete; non è più tempo di fare queste offerte. Si offrirono quando indicavano qualcosa, quando promettevano qualcosa; ma, giunte le cose promesse, le promesse sono state abolite. Dio non disprezza il cuore contrito e umiliato. Sapete che Dio è altissimo; se tu ti innalzerai, egli si allontanerà da te; se tu ti umilierai, egli si avvicinerà a te.

22. [v 20.] Osservate chi sia costui: David sembrava pregare da solo, e voi vedete qui la nostra immagine e il tipo della Chiesa. Mostrati benigno, Signore, nella tua bontà, verso Sion. Agisci con bontà verso questa Sion. Chi è Sion? È la città santa. Quale è la città santa? È la città che è posta sopra il monte e che non può restare nascosta (Cf. Mt 5,14). Sion sta contemplando, perché vede qualcosa che spera. Sion significa infatti contemplazione, e Gerusalemme visione di pace. Riconoscetevi dunque in Sion e in Gerusalemme, e sicuri aspettate la futura speranza, se siete in pace con Dio. E siano edificate le mura di Gerusalemme. Sii benigno, o Signore, nella tua bontà, verso Sion, e siano edificate le mura di Gerusalemme. Non si attribuisca Sion alcun suo merito; tu con lei sii benigno. Siano edificate le mura di Gerusalemme. Siano costruite le fortezze della nostra immortalità, nella fede, nella speranza e nella carità.

23. [v 21.] Allora accetterai il sacrificio di giustizia. Ora, invece, accetti il sacrificio per l’iniquità, lo spirito contrito e il cuore umiliato; allora accetterai il sacrificio di giustizia: soltanto la lode. Beati infatti coloro che abitano nella tua dimora: nei secoli dei secoli ti loderanno (Ps 83,5); questo è il sacrificio di giustizia. Le oblazioni e gli olocausti. Che cosa sono gli olocausti? Le offerte che sono tutte intere consumate dal fuoco. Quando l’animale tutto intero veniva posto sull’altare per essere consumato dal fuoco, era chiamato olocausto. Ci prenda tutti interi il divino fuoco, e di noi tutti interi si impadronisca quel fervore. Quale fervore? Non c’è chi si nasconda dal suo calore (Ps 18,7). Quale fervore? Quello di cui così dice l’Apostolo: Ferventi nello spirito (Rm 12,11). Non soltanto la nostra anima sia presa da quel divino fuoco della sapienza, ma anche il nostro corpo, affinché in esso si meriti l’immortalità; si innalzi così l’olocausto, affinché la morte sia assorbita nella vittoria (Cf. 1Co 15,54). Le oblazioni e gli olocausti. Allora porranno sul tuo altare i vitelli. Perché i vitelli? E cosa sceglierà da quell’altare? L’innocenza dell’età novella, o il collo libero dal giogo della legge?

Adoperarsi alla conversione dei peccatori. Doveri dei genitori.

24. Abbiamo portato a termine nel nome di Cristo il salmo, anche se forse non come abbiamo voluto, ma tuttavia come abbiamo potuto. Ci resta poco da dirvi, fratelli, a cagione dei molti mali in mezzo ai quali viviamo. Vivendo in mezzo alle vicende umane, non possiamo infatti abbandonare le cose terrene. Dobbiamo vivere con pazienza tra i malvagi; perché, quando anche noi eravamo malvagi, con pazienza sono vissuti i buoni tra noi. Non dimenticando ciò che siamo stati, non dispereremo di coloro che sono tuttora ciò che noi fummo. Malgrado ogni difficoltà, fratelli carissimi, in mezzo a una così grande molteplicità di costumi e a tanta detestabile corruzione, governate le vostre case, dirigete i vostri figli, reggete le vostre famiglie. Come a noi incombe l’obbligo di parlarvi nella chiesa, così a voi incombe il dovere di comportarvi nelle vostre case in modo da poter rendere buona ragione di coloro che vi sono sottomessi. Dio ama la disciplina. È infatti perversa e falsa innocenza, lasciare abbandonate le briglie ai peccati. In modo quanto mai inutile e dannoso il figlio profitta della dolcezza del padre, per sentire poi la severità di Dio; e non da solo sentirà tale severità, ma insieme con il troppo tenero suo padre. Ma come? Se egli non pecca, e non fa ciò che compie il figlio, non deve per questo tenere lontano il figlio dalla malvagità? Oppure deve forse comportarsi in modo che il figlio creda che anche il padre farebbe ciò che egli fa se non fosse invecchiato? Il peccato che non ti è sgradito nel tuo figlio, allieta anche te; non è la cupidigia che ti ha abbandonato, ma l’età. Ebbene, fratelli miei, abbiate fedelissima cura dei vostri figli, dei quali vi siete fatti garanti al battesimo. Ma forse il figlio malvagio trascura gli ammonimenti del padre, il suo rimprovero e la sua severità; quanto a te adempi i tuoi obblighi: Dio da lui esigerà i suoi.



Agostino Salmi 50