Agostino Salmi 10

SUL SALMO 10

10 Ps 10

ESPOSIZIONE

Salmo antidonatista.

1. [vv 1.2.] Per la fine, salmo di David stesso. Questo titolo non necessita di una nuova spiegazione; abbiamo già infatti spiegato a sufficienza che cosa significhi per la fine. Vediamo dunque il testo stesso del salmo, che mi sembra debba essere cantato contro gli eretici, i quali, sottolineando ed esagerando i peccati di molti membri della Chiesa - quasi che fra loro tutti o quasi tutti fossero giusti - tentano di distoglierci e di strapparci dal seno dell’unica e vera madre Chiesa, affermando che Cristo è presso di loro, e ammonendoci, quasi con un senso di zelo e pietà, a passare dalla loro parte per andare a quel Cristo che essi sostengono di possedere, mentendo. Orbene, è noto che in profezia Cristo, prefigurato allegoricamente con molti nomi, è chiamato anche monte. Dobbiamo dunque rispondere a questi eretici e dir loro: nel Signore confido; perché dunque dite all’anima mia: migra ai monti come il passero? Uno solo è il monte in cui confido; perché dunque mi dite di passare a voi, come se vi fossero più Cristi? Oppure, se voi - nella vostra superbia - vi dite monti, è necessario invero che le piume del passero siano le virtù e i comandamenti di Dio: e proprio questi vietano di volare verso codesti monti e di riporre la speranza negli uomini superbi. Io ho la casa ove riposare, perché confido nel Signore. Infatti anche il passero si è trovato una dimora (Cf. Ps 83,4); e il Signore si è fatto rifugio per il povero (Cf. Ps 9,10). Diciamo dunque con tutta fiducia, in modo da non perdere Cristo mentre lo cerchiamo presso gli eretici: nel Signore confido; perché dunque dite all’anima mia: migra ai monti come il passero?

2. [v 3.] Perché ecco, i peccatori hanno teso l’arco, hanno preparate le loro frecce nella faretra, per saettare i retti di cuore mentre oscura è la luna. Queste sono le forme di terrore di quanti ci minacciano perché passiamo a loro, come da peccatori a giusti. Ecco - dicono - i peccatori hanno teso l’arco: credo significhi le Scritture da cui essi, interpretandole secondo la carne, scagliano come teorie avvelenate. Hanno preparate le frecce nella faretra; cioè hanno preparato nel segreto del loro cuore queste stesse parole che scaglieranno con l’autorità delle Scritture. Per saettare i retti di cuore mentre oscura è la luna; ossia per poter corrompere i buoni costumi con i loro malvagi discorsi (Cf. 1Co 15,33), quando si accorgono che non possono essere scoperti poiché la luce della Chiesa è oscurata dalla moltitudine degli ignoranti e dei carnali. Ma dobbiamo dire contro tutte queste minacce: nel Signore confido.

I vari significati della parola “ luna ”.

3. Ricordo di avere promesso di esporre in questo salmo come la luna rappresenti convenientemente la Chiesa. Due sono le ipotesi probabili sulla luna: ma credo sia impossibile o difficilissimo per l’uomo sapere quale di queste sia la vera. Infatti, quando ci si chiede donde essa tragga la luce, alcuni dicono che la possiede di per sé, ma che una metà soltanto del suo globo risplende, mentre l’altra resta oscura; ma, nel muoversi nella sua orbita la medesima parte che splende a poco a poco si volge verso la terra in modo da poter essere veduta da noi, e perciò appare dapprima come se avesse dei corni. Se, per esempio, fai una palla per metà bianca e metà scura, e hai davanti agli occhi la parte scura, non vedrai niente di bianco; ma se comincerai a girare verso i tuoi occhi la parte bianca, e la girerai a poco a poco, dapprima vedrai dei corni bianchi; poi gradatamente [essa] cresce, fino a che tutta la parte candida è dinanzi ai tuoi occhi e non si vede più niente dell’altra parte scura. E se continui ancora a far girare la palla a poco a poco, comincia ad apparire l’oscurità e a diminuire il candore, finché riappaiono di nuovo i corni e infine tutta la parte bianca scompare dagli occhi e di nuovo si può vedere solo la parte scura. Dicono che questo accade quando la luce della luna sembra crescere sino alla quindicesima luna, e poi di nuovo diminuire fino alla tredicesima e ritornare ai corni, fino a che non appare più nessuna luce nella luna. Secondo questa opinione, la luna allegoricamente simboleggia la Chiesa, poiché la Chiesa risplende nella sua parte spirituale, mentre è oscura nella sua parte carnale; e talvolta la parte spirituale si manifesta agli uomini nelle buone opere; in altri momenti rimane nascosta nella coscienza ed è conosciuta solo da Dio, mentre si manifesta agli uomini soltanto nel corpo. Così accade quando preghiamo col cuore e sembra quasi che non facciamo nulla, mentre ci è ordinato di non tenere i cuori sulla terra, ma di elevarli verso il Signore. Altri poi dicono che la luna non ha luce propria, ma è illuminata dal sole; però, quando è insieme con il sole, volge verso di noi la parte non illuminata, e perciò non vediamo in essa alcuna luce; quando invece comincia ad allontanarsi dal sole, si illumina anche in quella parte che volge verso la terra, e necessariamente comincia dai corni, finché non giunge alla quindicesima luna [che sta] di contro al sole. Allora, infatti, quando il sole tramonta, la luna nasce, in modo che chiunque, avendo visto tramontare il sole, quando comincia a non vederlo più, se si volge ad oriente, vedrà sorgere la luna. A partire da questo momento, quando essa comincia ad avvicinarsi al sole dall’altra parte, rivolge verso di noi quella parte che non è illuminata, finché non riappaiono i corni ed infine non si vede più nulla, perché allora la parte illuminata è volta in alto verso il cielo, mentre verso la terra è volta la parte che il sole non può illuminare. Orbene, anche secondo questa opinione, nella luna si intende la Chiesa, perché non ha luce propria ma è illuminata dall’Unigenito Figlio di Dio, il quale è allegoricamente chiamato Sole in molti passi delle Sacre Scritture. Alcuni eretici, non conoscendo, oppure non essendo in grado di distinguere [questo Sole], tentano di distogliere i sentimenti dei semplici verso questo sole corporeo e visibile, che è luce comune alla carne degli uomini e alle mosche, e riescono così a sovvertire alcuni, i quali, non potendo contemplare con la mente la luce interiore della verità, non si accontentano della semplice fede cattolica che costituisce l’unica salvezza per i piccoli, e con il cui unico latte si può giungere con vigore sicuro alla robustezza del cibo più solido. Quale che sia la vera di queste due opinioni, giustamente si scorge, in senso allegorico, la Chiesa nella luna. Se poi non piacesse esercitare l’animo in queste oscurità, piene più di affanni che di frutti, oppure non ce ne fosse il tempo, ovvero l’animo stesso non ne fosse capace, è sufficiente guardare la luna con occhi semplici e non cercare le cause oscure, ma rendersi conto alla maniera di tutti del suo accrescersi, del suo completarsi e del suo decrescere. La luna, proprio nel suo venir meno per rinnovarsi, mostra anche alla stessa moltitudine incolta l’immagine della Chiesa, nella quale si crede alla risurrezione dei morti.

4. Dobbiamo poi indagare che cosa si intenda in questo salmo con luna oscura, nella quale i peccatori si sono preparati per saettare i retti di cuore. Non soltanto in un modo, infatti, la luna può esser detta oscura: può esser detta oscura quando è al termine del suo corso mensile, e quando il suo fulgore è ottenebrato dalle nubi, e quando, pur piena, si eclissa. Il voler saettare, quando è oscura la luna, i retti di cuore, può invero riferirsi ai persecutori dei martiri; non poteva esser vista la luna nella sua chiarità, ossia la Chiesa: sia per la sua fase iniziale, in quanto non aveva brillato sulla terra in tutta la sua luce e non aveva ancora fugato le tenebre delle superstizioni dei Gentili; sia nel ricoprirsi la terra come di nebbia per le lingue di coloro che bestemmiavano e diffamavano il nome cristiano; sia per le uccisioni degli stessi martiri, e un così copioso spargimento di sangue, come se in tale venir meno e oscuramento, per cui la luna sembrava mostrare insanguinata la sua faccia, i deboli siano stati col terrore stornati dal nome cristiano. E profittando di tale terrore, i peccatori scagliavano le loro parole ingannatrici e sacrileghe per sovvertire anche i retti di cuore. Ci si può infine riferire agli stessi peccatori che la Chiesa contiene, perché allora, colta l’occasione di quest’oscurarsi della luna, essi hanno commesso molte di quelle azioni che ora ci sono rinfacciate come obbrobriose dagli eretici, quando si dice che tali delitti sono stati compiuti dai loro fondatori. Ma in qualsiasi modo si sia svolto quel che è accaduto nel periodo della luna oscura, perché debbo turbarmi per eventi sconosciuti, ora che il nome cattolico è diffuso e celebrato in tutto il mondo? Nel Signore - infatti - confido; e non ascolto coloro che dicono alla mia anima: migra ai monti come il passero. Perché, ecco, i peccatori hanno teso l’arco per saettare i retti di cuore mentre oscura è la luna. Oppure, se ad essi sembra ancora oscura la luna, in quanto vogliono mettere in dubbio quale sia la Chiesa cattolica e tentano di incolparla per i peccati degli uomini carnali che essa contiene in gran numero, che interessa tutto questo a colui che dice con verità: nel Signore confido? Con queste parole ciascuno mostra di essere buon grano, e sosterrà con pazienza la pula sino al tempo della vagliatura.

Dottrina donatista.

5. Nel Signore, dunque, confido. Temano quelli che confidano nell’uomo e non possono negare di essere dalla parte di quell’uomo per i cui capelli bianchi giurano, e quando si chiede loro, nel discorso, a quale comunione appartengano, non possono essere riconosciuti se non dichiarano di essere del suo partito. Dimmi che fanno costoro quando sono loro ricordati tanti innumerevoli e quotidiani loro peccati e delitti, di cui questa setta è ricolma? Possono forse dire: nel Signore confido; perché mai dite alla mia anima: migra ai monti come il passero? Infatti non confidano nel Signore coloro che chiamano santi i sacramenti, solo quando sono amministrati da uomini santi; e quando si chiede loro chi siano i santi, si vergognano di dire: siamo noi. Ed anche se essi non si vergognano di dirlo, si vergognano per loro quelli che li ascoltano. È così che costoro obbligano quanti ricevono i sacramenti a riporre la loro speranza in un uomo, nel cui cuore non possono vedere. E maledetto chiunque ripone in un uomo la sua speranza (Cf. Jr 17,5). Che significa infatti dire: ciò che dò io è santo, se non dire: riponi in me la tua speranza? E se tu non sei santo? Mostrami almeno il tuo cuore. E se non lo puoi, come vedrò che sei santo? Dirai forse che sta scritto: dalle loro opere li conoscerete (Mt 7,16)? Vedo certamente opere “meravigliose”: le quotidiane violenze dei Circoncellioni scatenarsi ovunque sotto la guida di vescovi e di presbiteri, e apparire i terribili bastoni di Israele, tutte cose che ogni giorno vedono e sperimentano gli uomini che oggi vivono. Invero i più non hanno visto, e nessuno ora vede, i tempi di Macario, che essi hanno in odio: mentre qualsiasi cattolico che li ha veduti, ha potuto dire, se era un vero servo di Dio: nel Signore confido. E così ancora dice, quando vede nella Chiesa molte cose che non vorrebbe vedere, perché sente di nuotare tuttora in quelle reti piene di pesci buoni e cattivi (Cf. Mt 13,47), finché non giungerà alla sponda del mare dove i malvagi saranno separati dai buoni. Ma che cosa risponderanno costoro se quello che battezzano dirà a qualcuno di loro: in qual modo mi comandi di presumere? Se infatti il merito è di chi dà e di chi riceve, sia di Dio che dà e della mia coscienza che riceve: giacché non mi sono sconosciute queste due cose, la sua bontà e la mia fede. Perché poni te stesso in mezzo, quando di te io non posso conoscere niente di sicuro? Lascia che io dica: nel Signore confido. Infatti, se confido in te, da che cosa traggo la certezza che tu questa notte non hai fatto niente di male? E infine, se vuoi che creda a te, posso forse credere al di fuori di te? Come posso essere certo che coloro con i quali ieri hai comunicato, e oggi comunichi e domani comunicherai, non hanno commesso niente di male in questi tre giorni? Che se ciò che non conosciamo non ha insozzato né te né me, quale motivo c’è perché tu ribattezzi coloro che non hanno conosciuti i tempi del tradimento e dell’odio di Macario? Per quale ragione osi ribattezzare i cristiani che vengono dalla Mesopotamia e che neppure hanno udito il nome di Ceciliano e di Donato, e neghi che siano cristiani? Orbene, se essi sono macchiati da peccati altrui che non conoscono, ti fa colpevole tutto quello che si commette nella vostra setta ogni giorno senza che tu lo sappia, e invano rinfacci ai cattolici i decreti degli imperatori, quando nei vostri accampamenti le bastonature private e gli incendi incrudeliscono in tal modo. Ecco dove sono andati a precipitare coloro che, vedendo i peccatori nella Chiesa cattolica, non sono stati capaci di dire: nel Signore confido, e hanno riposto la loro speranza nell’uomo. Cosa che certamente direbbero, se non fossero essi peccatori, o non fossero tali quali stimavano essere coloro dai quali hanno finto di volersi separare per sacrilega superbia.

Il cristiano tempio di Dio.

6. [v 4.] Dica dunque l’anima cattolica: Nel Signore confido; perché dunque dite alla mia anima: migra ai monti come il passero? Perché, ecco, i peccatori hanno teso l’arco, hanno preparate le loro frecce nella faretra, per saettare i retti di cuore mentre oscura è la luna; e, abbandonando costoro, rivolga la sua parola verso il Signore, e dica: perché hanno distrutto ciò che tu hai fatto perfetto. E questo dica non solo contro costoro, ma contro tutti gli eretici. Perché tutti, per quanto è in loro potere, hanno distrutto la lode che Dio ha tratto perfetta dalla bocca dei fanciulli e dei lattanti (Cf. Ps 8,3), sconvolgendo i piccoli con vane e cavillose questioni, e non consentendo loro di nutrirsi con il latte della fede. Dunque, come se a questa anima fosse detto: perché costoro ti dicono: migra ai monti come il passero? perché ti spaventano quelli che, da parte dei peccatori, hanno teso l’arco per saettare i retti di cuore mentre oscura è la luna?, essa risponde: ecco perché mi spaventano, perché hanno distrutto ciò che tu hai fatto perfetto. E dove hanno fatto questo, se non nelle loro conventicole, dove non nutrono con il latte, ma uccidono con il veleno i piccoli e quanti non conoscono ancora la luce interiore? Ma il giusto che ha fatto? Se Macario, se Ceciliano, vi ha ferito, che vi ha fatto Cristo, il quale ha detto: vi dò la mia pace, lascio a voi la mia pace (Jn 14,27), [pace] che voi, con nefanda discordia, avete violata? Che vi ha fatto Cristo, il quale sopportò il suo traditore con tanta pazienza da dare anche a lui, come agli altri Apostoli, la prima Eucaristia preparata con le sue mani e affidata dalla sua bocca (Cf. Lc 22,19 Lc 21)? Che vi ha fatto Cristo, il quale mandò il suo stesso traditore (Cf. Jn 6,71), che chiamò diavolo (Cf. Jn 12,6) e che, prima ancora di tradire il Signore, non aveva saputo esser fedele neppure nell’amministrare la borsa del Signore (Cf. Mt 10,5), lo mandò, ripeto, insieme con gli altri discepoli a predicare il Regno dei Cieli? E questo proprio per dimostrare che i doni di Dio giungono a chi li accoglie con fede, anche se colui per il cui mezzo li riceve è tale quale fu Giuda.

7. [v 5.] Il Signore è nel suo santo tempio. È proprio così; dice infatti l’Apostolo: santo è il tempio di Dio, che siete voi. Ma chiunque avrà violato il tempio di Dio, Dio lo disperderà (1Co 3,17). Profana il tempio di Dio chi viola l’unità, poiché non sta stretto al capo, da cui tutto il corpo (Cf. Col 2,19), connesso e compaginato dall’azione generale di distribuzione del nutrimento, secondo l’attività conveniente a ciascun membro, opera l’accrescimento del corpo, per l’edificazione di se stesso nella carità (Cf. Ep 4,16). In questo suo santo tempio dimora il Signore; esso consta di molte membra, ciascuna adibita al suo compito e insieme connesse dalla carità in un unico edificio. Viola questo tempio chiunque per voler primeggiare, si separa dalla comunità cattolica. Il Signore è nel suo santo tempio, il Signore ha il suo trono in cielo. Se intendi il giusto per cielo, come per terra intendi il peccatore (al quale è detto: sei terra e in terra tornerai (Gn 3,19)), le parole: il Signore è nel suo santo tempio, ti appariranno ripetute nelle altre: Il Signore ha il suo trono in cielo.

8. I suoi occhi guardano il povero, poiché il povero si è abbandonato in Lui che si è fatto rifugio per il povero (Cf. Ps 9,10). Quindi tutte le sedizioni e i tumulti [che si scatenano] entro queste reti, prima che siano trascinate a riva, e con le quali ci oltraggiano gli eretici a perdizione loro e a nostro emendamento, si compiono ad opera di questi uomini che rifiutano di essere poveri di Cristo. Ma forse che essi riescono a distogliere gli occhi di Dio da coloro che vogliono essere tali? I suoi occhi guardano il povero. C’è da temere forse che in mezzo alla folla dei ricchi non possa vedere i pochi poveri che nutre custodendoli nel grembo della Chiesa cattolica? Le sue palpebre interrogano i figli degli uomini. Qui, secondo l’interpretazione già nota, intenderei volentieri per figli degli uomini coloro che sono stati rigenerati - dall’uomo vecchio - per mezzo della fede. Infatti costoro sono provati nella ricerca in certi passi oscuri delle Scritture, come negli occhi chiusi di Dio; e di nuovo, in altri passi chiari, come negli occhi aperti di Dio, si illuminano di gioia. E questo frequente chiudersi ed aprirsi nei Santi Libri viene a essere come le palpebre di Dio che interrogano, cioè mettono alla prova, i figli degli uomini, i quali non sono affaticati ma stimolati dall’oscurità delle cose, e non si insuperbiscono, ma si rafforzano nella conoscenza.

9. [v 6.] Il Signore esamina il giusto e l’empio. Che paura abbiamo di essere danneggiati in qualcosa dagli empi, se per caso essi partecipano con noi nei sacramenti con cuore non sincero, dal momento che egli esamina il giusto e l’empio? Ma chi ama l’iniquità odia la sua anima, cioè chi ama l’iniquità non nuoce a colui che crede in Dio e non ripone nell’uomo la sua speranza, ma unicamente alla sua anima.

10. [vv 7.8.] Pioverà lacci sopra i peccatori. Se nelle nubi si scorgono in generale i profeti, sia buoni che cattivi (che sono chiamati anche pseudo-profeti), ebbene gli pseudo-profeti sono ordinati dal Signore in modo che da essi piovano lacci sui peccatori. Nessuno infatti, salvo il peccatore, va a finire nel loro seguito, sia in vista dell’estremo supplizio - se avrà preferito ostinarsi nel peccato - sia per reprimere la superbia - qualora abbia cercato Dio con sforzo più sincero. Se poi per nubi si intendono soltanto i profeti buoni e veraci, è chiaro che Dio fa piovere per mezzo di essi lacci sui peccatori, sebbene, sempre con essi, irrighi anche i pii per farli fruttificare. Per alcuni - dice l’Apostolo - siamo odore di vita per la vita, per altri odore di morte per la morte (2Co 2,16). Inoltre non soltanto i profeti, ma anche tutti coloro che irrigano le anime con la parola di Dio possono essere detti nubi. E quando essi sono male intesi, allora Dio piove lacci sopra i peccatori; quando invece sono intesi bene feconda i petti dei pii e dei fedeli. Ad esempio, riguardo a quel che sta scritto: e saranno due in una carne sola (Gn 2,24), se qualcuno interpreta queste parole nel senso del piacere carnale, piove un laccio sul peccatore; se invece le interpreta come [l’Apostolo] dice: ma io lo dico in ordine al Cristo e alla Chiesa (Ep 5,52), piove pioggia sulla terra fertile. Insomma, dalla stessa nube, cioè dalla divina Scrittura, si compiono l’una e l’altra cosa. Dice del pari il Signore: non ciò che entra nella vostra bocca vi contamina, ma ciò che ne esce (Mt 15,11). Ascolta queste parole il peccatore e prepara la sua gola alla voracità; le ascolta il giusto e si premunisce contro la superstiziosa discriminazione tra i cibi. Anche qui, dunque, dalla stessa nube delle Scritture, a seconda del merito di ciascuno, cade sul peccatore la pioggia dei lacci, e sul giusto la pioggia della fertilità.

La giustizia di Dio.

11. Fuoco e zolfo e vento di tempesta è la porzione della loro coppa. Questa è la pena e la sorte di coloro a motivo dei quali si bestemmia il nome di Dio; in modo che dapprima sono devastati dal fuoco della loro concupiscenza, poi sono gettati fuori dalla comunità dei beati per il fetore delle loro cattive opere e infine trascinati a forza e sommersi, scontano indicibili pene. Perché questa è la porzione della loro coppa. Del pari, per i giusti, come inebriante ed eccellente è il tuo calice (Cf. Ps 22,5)! S’inebriano infatti dell’abbondanza della tua casa (Cf. Ps 35,9). Credo pertanto che si parli di coppa perché non riteniamo che la divina provvidenza compia qualcosa che eccede l’equità e la misura, anche negli stessi supplizi inflitti ai peccatori. E, come per rendere ragione del motivo per cui così accade, aggiunge: perché giusto è il Signore, ed ha amato le giustizie. Usa il plurale non senza scopo, affinché, dato che sta parlando degli uomini, si comprenda che usa la parola “giustizia” per giusti: infatti, essendo molti i giusti, sembra quasi che vi siano molte giustizie, sebbene una sola sia la giustizia, quella di Dio, della quale tutti partecipano. È come se un volto fosse visto in molti specchi: ciò che in esso è unico, diventa molteplice a causa di quei molti specchi. Per questa ragione torna di nuovo al singolare, col dire: il suo volto ha visto l’equità. Forse è detto il suo volto ha visto l’equità come per dire: l’equità si vede nel suo volto, cioè nella sua conoscenza; il volto di Dio è infatti la potenza con la quale si fa conoscere da chi ne è degno. O senza dubbio [è detto]: il suo volto ha visto l’equità, perché non si dà a conoscere al malvagi, ma ai buoni: e proprio questa è l’equità.

12. Ma se qualcuno vuol vedere la Sinagoga nella luna, riferisca allora tutto il salmo alla Passione del Signore, e dica dei Giudei: perché hanno distrutto ciò che hai fatto perfetto, e dica del Signore stesso: ma il giusto che ha fatto?; Lui, che essi accusavano come distruttore della legge; i cui comandamenti avevano distrutto vivendo nel male, disprezzandoli e istituendo i loro, tanto che lo stesso Signore, parlando, secondo il suo solito, come uomo, dice: nel Signore confido; in qual modo dite all’anima mia: migra ai monti come il passero?, e questo a motivo delle minacce di coloro che volevano catturarlo e crocifiggerlo. Non è infatti assurdo vedere nell’espressione nella luna oscura la Sinagoga piena di peccatori, dal momento che i peccatori volevano saettare i retti di cuore, cioè coloro che avevano creduto in Cristo. Al Signore convengono anche le parole: Il Signore nel suo santo tempio, il Signore ha il suo trono nel cielo, cioè il Verbo risiede nell’uomo, eppure lo stesso Figlio dell’uomo siede in cielo. I suoi occhi guardano il povero: o quello che ha assunto in quanto Dio, oppure quello per il quale ha sofferto come uomo. Le sue palpebre esaminano i figli degli uomini. Possiamo scorgere nel chiudersi e nell’aprirsi degli occhi, cui probabilmente si riferisce la parola palpebre, la sua morte e la sua risurrezione, con cui ha messo alla prova i figli degli uomini suoi discepoli; spaventandoli con la passione e allietandoli con la risurrezione. Il Signore esamina il giusto e l’empio, governando già dal cielo la Chiesa. Ma chi ama l’iniquità odia la sua anima. Che cosa questo significhi è spiegato da quanto segue; infatti le parole: pioverà lacci sopra i peccatori, debbono essere interpretate secondo la precedente spiegazione, e così tutto il resto sino alla fine del salmo.

SUL SALMO 11

11 Ps 11

ESPOSIZIONE

1. [v 1.] Per la fine, sull’ottavo, salmo di David. Nel sesto salmo si è detto che l’ottavo può essere interpretato come il giorno del giudizio. Si può anche riferire sull’ottavo alla vita eterna, che sarà donata ai santi dopo questa epoca che si svolge in sette giorni.

2. [v 2.] Salvami, o Signore, perché il santo manca, cioè non si trova, come ci esprimiamo quando diciamo: manca il grano, oppure: manca il denaro. Perché sono venute meno le verità da parte dei figli degli uomini. Una sola è la verità, dalla quale sono illuminate le anime sante; ma poiché molte sono le anime, si può dire che in esse sono molte verità, come da un solo volto si riflettono negli specchi molte immagini.

3. [v 3.] Cose vane ciascuno ha detto al suo prossimo. È necessario intendere nel prossimo ogni uomo, perché non vi è nessuno al quale si possa far del male: e l’amore del prossimo non può operare il male (Cf. Rm 13,10). Labbra ingannatrici, nel cuore e nel cuore, hanno parlato male. Dicendo due volte nel cuore e nel cuore, indica il cuore doppio.

4. [v 4.] Disperda il Signore tutte le labbra ingannatrici. Ha detto tutte, affinché nessuno creda di essere eccettuato, come dice l’Apostolo: in ogni anima d’uomo operante il male, i Giudei per primi e poi i Greci (Rm 2,9). Lingua orgogliosa, cioè lingua superba.

5. [v 5.] Essi hanno detto: magnificheremo la nostra lingua, le nostre labbra sono con noi, chi è nostro Signore? Sono indicati qui i superbi e gli ipocriti, che ripongono la speranza nelle loro parole per ingannare gli uomini, e non sono soggetti a Dio.

Cristo salvatore dei poveri.

6. [v 6.] Per l’afflizione dei miseri e il gemito dei poveri, ora mi leverò, ha detto il Signore. Così infatti il Signore stesso ha avuto, nel Vangelo, compassione del suo popolo perché non aveva una guida mentre poteva egregiamente obbedire. Per questo nel Vangelo è detto anche: la messe è molta, ma pochi gli operai (Mt 9,37). Dobbiamo intendere queste parole come dette dalla persona di Dio Padre, il quale, a cagione dei miseri e dei poveri, cioè a cagione dei bisognosi per la miseria e la povertà dei beni spirituali, si è degnato di mandare il Figlio suo. Da qui prende inizio il discorso della montagna secondo il Vangelo di Matteo, quando dice: beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3). Porrò nella salvezza: non ha detto che cosa porrà; ma nella salvezza si deve intendere in Cristo, come leggiamo: perché hanno visto i miei occhi la tua salvezza (Lc 2,30). E perciò si intende che ha posto in lui ciò che è necessario per togliere la miseria dei poveri e consolare il gemito dei bisognosi. Con fermezza spererò in lui, secondo quanto si legge nel Vangelo: insegnava loro come uno che ha autorità, non come i loro scribi (Mt 7,29).

I vari gradi della beatitudine.

7. [v 7.] Le parole del Signore sono parole pure. Questa è figura del profeta stesso. Le parole del Signore sono parole pure: pure, dice, cioè senza essere corrotte dalla simulazione. Infatti molti predicano la verità in modo non puro, perché la vendono al prezzo dei vantaggi di questo secolo: di questi dice l’Apostolo che annunziavano Cristo in modo impuro (Cf. Ph 1,17). Argento affinato nel fuoco della terra. Le stesse parole del Signore furono provate dai peccatori nelle tribolazioni. Purificato sette volte; per mezzo del timore di Dio; della pietà, della scienza, della fortezza, del consiglio, dell’intelletto e della sapienza (Cf. Is 11,2). Sono infatti sette i gradi delle beatitudini che il Signore espose nel discorso tenuto sul monte, secondo Matteo: beati i poveri di spirito, beati i miti, beati coloro che piangono, beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, beati i misericordiosi, beati i puri di cuore, beati i pacifici (Mt 5,3-9). Possiamo renderci conto che tutto quel lungo discorso è fondato su queste sette sentenze: infatti l’ottava, nella quale è detto: beati coloro che subiscono persecuzioni per la giustizia, significa appunto quel fuoco con il quale si prova l’argento sette volte. E al termine del discorso è detto: insegnava loro come uno che ha autorità, non come i loro scribi (Mt 7,29); tali parole si riconnettono a quanto si dice in questo salmo: con fermezza opererò in lui.

8. [v 8.] Tu, o Signore, ci salverai e ci custodirai da questa generazione e per sempre: qui come miseri e poveri, là come potenti e ricchi.

9. [v 9.] Gli empi girano all’intorno, cioè nell’avidità delle cose terrene, che gira come una ruota ripetendo il giro dei sette giorni; e non giunge perciò all’ottavo, cioè all’eterno, al quale è dedicato il titolo di questo salmo. Dice così anche Salomone: il re saggio infatti disperde gli empi, e gira su di essi la ruota dei mali (Pr 20,26 sec. LXX). Secondo la tua sublimità hai moltiplicato i figli degli uomini. Perché c’è anche nelle cose temporali una moltiplicazione che allontana dall’unità di Dio; donde il corpo che si corrompe appesantisce l’anima e la dimora terrena deprime la mente che pensa molte cose (Cf. Sg 9,15). Si moltiplicano invece i giusti secondo la sublimità di Dio, quando andranno di virtù in virtù (Cf. Ps 83,8).

SUL SALMO 12

12 Ps 12

ESPOSIZIONE

I puri di cuore vedranno Dio.

1. [v 1.] Per la fine, salmo di David. Fine della legge è Cristo a giustificazione di ogni credente (Rm 10,4). Fino a quando, o Signore, ti dimenticherai completamente di me? Fino a quando cioè ritarderai da me la comprensione spirituale di Cristo, che è Sapienza di Dio e giusto fine di ogni anelito dell’anima? Fino a quando volgerai da me il tuo volto? Come Dio non dimentica, così non distoglie il suo volto: ma la Scrittura si esprime secondo il nostro costume. Si dice che Dio distoglie il suo volto quando non si fa conoscere dall’anima che non ha ancora puro l’occhio della mente.

2. [v 2.] Fino a quando porrò propositi nella mia anima? Non c’è bisogno di porre propositi, se non nelle avversità. Dunque: Fino a quando porrò propositi nella mia anima è come dire: fino a quando sarò nelle avversità? Oppure, si può invero intendere come risposta, in modo che il senso sia questo: Tanto a lungo, o Signore, tu ti dimenticherai completamente di me, e tanto a lungo distoglierai da me il tuo volto, finché io ponga un proposito nella mia anima. Cosicché, se ciascuno non pone nell’anima sua il proposito di praticare in modo perfetto la misericordia, il Signore non lo dirigerà al fine, né gli darà la piena conoscenza di Sé, che consiste nel vedere faccia a faccia. Dolore nel mio cuore durante il giorno? È sottinteso: fino a quando porrò? E durante il giorno indica la durata, per cui s’intende il giorno al posto del tempo: chiunque desidera spogliarsi di questo tempo prova dolore nel cuore, supplicando di ascendere all’eterno e di non soffrire il giorno umano.

3. [v 3.] Fino a quando prevarrà su di me il mio nemico?, ossia il diavolo o l’abitudine carnale.

4. [v 4.] Guardami ed esaudiscimi, o Signore Dio mio. Guardami si riferisce alle parole dette prima: fino a quando distoglierai da me il tuo volto. Esaudiscimi, invece, alle parole: fino a quando ti dimenticherai completamente di me. Illumina i miei occhi, affinché mai mi addormenti nella morte: dobbiamo riferire queste parole agli occhi del cuore, in modo che non si chiudano nel dolce venir meno del peccato.

5. [v 5.] Affinché mai dica il mio nemico: ho vinto contro di lui. Dobbiamo temere l’insulto del diavolo. Coloro che mi tormentano esulteranno, se avrò vacillato. Parla del diavolo e degli angeli suoi. Costoro non esaltarono per Giobbe il giusto, quando lo tormentavano, perché egli non vacillò (Cf. Jb 1,22), cioè non si scostò dalla stabilità della sua fede.

6. [v 6.] Ma io ho sperato nella tua misericordia. Il fatto che l’uomo non vacilla e resta fermo in Dio, non deve attribuirlo a sé, affinché, mentre si gloria di non essere stato mosso, non lo faccia vacillare la superbia stessa. Esulterà il mio cuore nella tua Salvezza: cioè in Cristo, nella Sapienza di Dio. Canterò al Signore che mi ha colmato di beni; di beni spirituali, che non hanno attinenza con il giorno umano. E inneggerò al nome del Signore Altissimo, cioè con gioia rendo grazie e faccio un uso ordinato del mio corpo: questo è appunto il cantico spirituale dell’anima. Se poi c’è da rilevare qualche differenza [tra i termini], è detto: canterò nel cuore e inneggerò con le opere al Signore, cosa che Egli solo vede. Però al nome del Signore, che si manifesta agli uomini, non già per utilità di Lui, ma per la nostra.


Agostino Salmi 10