Agostino Salmi 303

SULLO STESSO SALMO 30

303 Ps 30

ESPOSIZIONE II

Discorso 2

Il Corpo Mistico.

1. Rivolgiamo la nostra attenzione al resto del salmo, e riconosciamo noi stessi nelle parole del Profeta. Perché se avremo esaminato noi stessi nel tempo della tribolazione, godremo nel tempo della ricompensa. Avevo fatto notare alla vostra Carità, nell’esporre la prima parte di questo salmo, che è Cristo che parla; né avevo passato sotto silenzio come si debba intendere il Cristo integrale, con il Capo e il Corpo; e avevo confermato questa tesi anche con testimonianze delle Scritture, a mio avviso piuttosto adeguate e abbondanti; e così si era tolto ogni dubbio sul fatto che Cristo sia Capo e Corpo, Sposo e Sposa, Figlio di Dio e Chiesa, Figlio di Dio fattosi figlio dell’uomo per noi, per rendere cioè i figli degli uomini figli di Dio; e così fossero due in una carne sola, per quel grande sacramento, coloro che nei Profeti vengono riconosciuti come due in una sola voce. Precedentemente è stato espresso il ringraziamento dello stesso che dice: hai guardato la mia umiltà, hai salvata dalle angustie l’anima mia, e non mi hai consegnato tra le mani del nemico, hai posto i miei piedi in luogo spazioso; è il ringraziamento dell’uomo liberato dalla tribolazione, delle membra di Cristo liberate dalla sofferenza e dalle insidie. E di nuovo dice: abbi pietà di me, o Signore, perché sono afflitto. Ma nella tribolazione, senza dubbio, vi è angustia; perché allora dice: hai posto i miei piedi in luogo spazioso? Se ancora tribola, come possono essere in luogo spazioso i suoi piedi? Forse ciò dipende dal fatto che una sola è la voce, dato che uno solo è il corpo: ma talune membra vivono in luogo spazioso, mentre altre vivono nell’angustia, cioè alcuni sperimentano la facilità della giustizia, mentre altri soffrono nella tribolazione? Perché, se alcune membra non sentissero una cosa ed altre un’altra, l’Apostolo non direbbe: se soffre un membro tutte le membra soffrono con lui, e se è glorificato un solo membro godono con lui tutte le membra (1Co 12,26). Alcune chiese, ad esempio, godono la pace, altre sono nella tribolazione; per queste che posseggono la pace i piedi sono in luogo spazioso, mentre quelle che sono nella tribolazione patiscono angustie: ma, e questi contrista la tribolazione loro, e quelli consola la pace di questi. Appunto perché vi è un solo Corpo, non vi sono dissensi: infatti solo il dissenso produce la divisione. Al contrario la carità opera l’accordo, l’accordo genera l’unità; l’unità mantiene la carità e la carità conduce alla gloria. Dica dunque con la voce di qualcuno dei suoi membri: abbi pietà di me, o Signore, perché sono afflitto; turbato è nell’ira il mio occhio, l’anima mia e le mie viscere.

La sofferenza della Chiesa.

2. Ricerchiamo donde derivi questa tribolazione, poiché, liberato, il salmista sembrava un momento prima godere per una certa giustizia largamente elargitagli dal dono di Dio, e da qui essersi fatto ampio spazio per i suoi piedi nella pienezza della carità. Donde deriva dunque questa tribolazione se non probabilmente dal fatto che il Signore dice: poiché abbonderà l’iniquità, si raggelerà la carità di molti (Mt 24,12)? La Chiesa, infatti, dapprima sostenuta da un piccolo numero di Santi, come se fossero state gettate le reti, si è moltiplicata e sono stati pescati innumerevoli pesci, dei quali era stato predetto: L’ho annunziato e detto: si sono moltiplicati oltre ogni numero (Ps 39,6); fino al punto quasi da affondare le barche, e da strappare le reti, come si narra riguardo a quella prima pesca (Cf. Lc 5,6), avvenuta prima della Passione del Signore. Da queste moltitudini dunque si sono tanto accumulati che a Pasqua si riempiono le chiese al punto che la ristrettezza delle loro pareti non può contenere la folla di questi. Ma come può [il Salmista] non soffrire riguardo a questa moltitudine, quando vede che riempiono i teatri e gli anfiteatri quegli stessi che poco prima hanno riempito le chiese? che sono immersi nella corruzione quegli stessi che poco prima erano dediti alle lodi di Dio? che bestemmiano Dio quei medesimi che rispondevano Amen, ringraziando Dio? Insista, perseveri, non venga meno anche nella folla copiosa degli iniqui, poiché neppure il grano viene meno tra la moltitudine della paglia fino a quando, dopo la vagliatura, non sarà posto nel granaio ove sarà in società con i santi, onde non soffrire più alcuna impurità della polvere. Perseveri dunque, perché anche il Signore, pur avendo detto: poiché abbonderà l’iniquità si raggelerà la carità di molti (affinché, essendo stata preannunciata questa abbondanza di male, non cadano né vacillino i nostri piedi), ha aggiunto subito che avrebbe sollevato, consolato e consolidato i fedeli, dicendo: chi avrà perseverato fino alla fine questi sarà salvo (Mt 24,13).

Perché si adira la Chiesa.

3. Vedi dunque costui collocato - come a me sembra - nella tribolazione. Invero, dato che è collocato nella tribolazione, quasi dovesse dolersi (la tribolazione infatti comporta un adeguato dolore) si dice adirato nella tribolazione e prorompe: abbi pietà di me, o Signore, perché sono afflitto; turbato è nell’ira il mio occhio. Se stai tribolando perché ti adiri? Si adira per i peccati altrui. Chi non si adirerebbe vedendo che gli uomini confessano Dio con la bocca, e lo negano coi costumi? Chi non si adirerebbe vedendo gli uomini rinunziare al secolo a parole e non a fatti? Chi non si adirerebbe vedendo i fratelli che insidiano i fratelli e non serbano fede al bacio che si scambiano durante i misteri di Dio? E chi può e numerare tutte le ragioni per le quali si adira il Corpo di Cristo, che nell’intimo vive dello Spirito di Cristo, che geme come grano in mezzo alla paglia? A stento infatti appaiono coloro che così gemono, che così si adirano, come a stento si può scorgere il grano quando è trebbiato sull’aia. Chi non sa quante spighe sono state poste, crede che tutto sia paglia; e da ciò che è considerato tutto paglia, ne uscirà poi purificata una grande massa. Per questi dunque, che non appaiono e gemono, si adira colui che altrove dice: lo zelo per la tua casa mi divora (Ps 68,10). E anche in un altro passo, poiché vede molti compiere il male, dice: mi prese tedio per i peccatori che abbandonano la tua legge (Ps 118,53). E ancora, in un altro passo: vidi gli insensati e mi consumavo (Ps 118,158).

L'ira e l'odio.

4. Ma c’è da temere che questa ira giunga a esser tanta da convertirsi in odio. L’ira infatti non è ancora odio; tu ti adiri con tuo figlio, e certo non odi il tuo figlio: conservi l’eredità a colui che ti sente adirato. Anzi, proprio per questo ti adiri, perché non dissipi, vivendo male con costumi corrotti, ciò che tu gli hai riserbato. L’ira, dunque, non è ancora odio: non ancora odiamo coloro con i quali ci adiriamo; ma se questa ira rimarrà e non sarà rapidamente divelta, crescerà e diventerà odio. Proprio perché si sradichi l’ira appena nata, e non si converta, in odio, la Scrittura ci insegna dicendo: non tramonti il sole sulla vostra ira (Ep 4,26). Tu trovi talvolta un fratello che nutre odio e rimprovera un altro che si adira; in lui c’è odio e nell’altro corregge l’ira; ha una trave nel suo occhio e rimprovera la pagliuzza nell’occhio del suo fratello (Cf. Mt 7,3). Ma questa pagliuzza e ramoscello, se non viene presto divelta, diverrà una trave. Peraltro non dice qui: si è spento il mio occhio per l’ira, ma dice: È turbato. Se si fosse già spento si tratterebbe di odio, non più di ira. Osserva perché si è spento l’occhio di chi odia. Dice infatti Giovanni: chi odia il fratello suo è tuttora nelle tenebre (1Jn 2,11). Prima di andare nelle tenebre, l’occhio si è turbato nell’ira; ma dobbiamo stare attenti perché l’ira non si converta in odio e l’occhio non finisca per esser cieco. Qui pertanto il Salmista dice: turbato è per l’ira il mio occhio, l’anima mia e il mio ventre, cioè sono turbate le mie viscere; il ventre sta appunto per viscere. Talvolta infatti ci si può adirare, ma non manifestarlo apertamente, con gli iniqui, i perversi, con coloro che deviano dalla legge e vivono nel male. Quando ci adiriamo e non possiamo farlo apertamente, si turbano le nostre viscere. Tanta infatti è a volte la loro perversità, che non si può neppure correggere.

5. [v 11.] Poiché è venuta meno nel dolore la mia vita, e i miei anni nei gemiti. È venuta meno - dice - nel dolore la mia vita. E l’Apostolo: Ora sì viviamo, se voi rimanete saldi nel Signore (1Th 3,8). Tutti coloro che sono perfetti, in forza del Vangelo e della grazia di Dio, non vivono qui se non per gli altri; poiché la loro vita in questo secolo non è più loro necessaria. Ma poiché la loro dedizione è necessaria agli altri, avviene in essi quanto dice il medesimo Apostolo: Bramo dissolvermi ed essere con Cristo, cosa di gran lunga migliore; ma il rimanere nella carne è necessario per voi (Ph 1,23 Ph 24). Ma quando uno vede che dalla sua dedizione, dalle sue fatiche, dalla sua predicazione, gli uomini non traggono profitto, la vita dell’uomo si debilita per l’indigenza. Indigenza e fame veramente penose, poiché, in certo modo, la Chiesa si nutre di coloro che noi guadagnamo al Signore. In che senso si nutre? Perché li assorbe nel suo Corpo. Infatti tutto ciò che noi mangiamo lo assorbiamo nel nostro corpo. Così opera la Chiesa per mezzo dei santi: ha fame di coloro che vuole guadagnare e quando in qualche modo li ha guadagnati, in un certo senso si nutre per essi. Pietro rappresentava la Chiesa, quando a lui discese dal Cielo la grande piastra piena di ogni specie di animali quadrupedi, di serpenti e di uccelli, nei quali generi erano raffigurate tutte le genti. Il Signore prefigurava la Chiesa, che avrebbe divorato tutte le genti incorporandole a sé; disse dunque a Pietro: Uccidi e mangia (Ac 10,13). O Chiesa (cioè Pietro, perché sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa (Cf. Mt 16,18)), uccidi e mangia; prima uccidi e poi mangia: uccidi ciò che essi sono e trasformali in ciò che tu sei. Quando dunque è predicato il Vangelo e colui che lo predica vede che gli uomini non ne traggono profitto, come può il predicatore non gridare: poiché nel dolore è venuta meno la mia anima, e gli anni miei nei gemiti. Indebolito è nella necessità il mio vigore, e le mie ossa si sono turbate? Questi anni nostri che qui trascorriamo sono in mezzo ai gemiti. Perché? Perché ha abbondato l’ingiustizia e si è raggelata la carità di molti. Nei gemiti, non nelle voci chiare; quando la Chiesa vede molti precipitare nel male, reprime in se stessa i suoi gemiti e dice a Dio: non ti è nascosto il mio gemito (Ps 37,10). Queste parole sono dette in un altro salmo ma ben si adattano anche qui, esse significano: anche se il mio gemito è nascosto agli uomini, a te non è nascosto. Indebolito è nella necessità il mio vigore, e le mie ossa si sono turbate. Di questa necessità già abbiamo parlato: nelle ossa si intendono gli intrepidi della Chiesa, i quali, anche se non sono scossi dalle persecuzioni degli estranei, sono tuttavia turbati dalle ingiustizie dei fratelli.

La cattiva condotta di molti cristiani.

6. [v 12.] Sono divenuto l’obbrobrio di tutti i miei nemici; e soprattutto dei miei vicini, e motivo di timore per chi mi conosce. Son divenuto l’obbrobrio di tutti i miei nemici: chi sono i nemici della Chiesa? I Pagani, i Giudei? Peggio di tutti vivono i cattivi cristiani. Vuoi vedere in che modo vivono peggio di tutti, i cattivi cristiani? Di loro parla il profeta Ezechiele, paragonandoli ai tralci inutili (Ez 15,2). Supponi che i pagani siano gli alberi selvatici che stanno fuori della Chiesa: di essi si può fare ancora qualche cosa; allo stesso modo per cui dagli alberi atti a esser lavorati si trae il legno adatto per l’artigiano, e, anche se è nodoso, ricurvo e con spessa corteccia, tuttavia scortecciato, lavorato con l’ascia e spianato, può servire a qualche costruzione utile all’uomo. Ma con i rami già tagliati e ormai secchi, gli artigiani non possono far niente; son buoni soltanto per il fuoco. Fate attenzione, fratelli. Mentre all’albero selvatico si preferisce ovunque il ramo ancora attaccato alla vite, in quanto il ramo dà frutti, mentre non ne dà l’albero selvatico, tuttavia, quando il tralcio è tagliato dalla vite, se lo si paragona all’albero selvatico si comprende che questo è migliore, perché da esso l’artigiano può trarre qualcosa, mentre si cerca il ramo secco soltanto per il fuoco. Orbene, osservando la moltitudine di coloro che vivono male nella Chiesa, per tutti i miei nemici - dice - sono divenuto un obbrobrio. Peggiori, dice, son coloro che vivon male nei miei sacramenti, di coloro che ad essi non si sono mai accostati. Perché non dovremmo dirlo chiaramente nella nostra lingua, almeno quando esponiamo il salmo? E se forse in altri tempi non oseremmo dirlo, che almeno la necessità dell’esposizione arrechi la libertà di correggere. Sono l’obbrobrio - dice - di tutti i miei nemici. Di costoro afferma l’apostolo Pietro: La loro condizione ultima è divenuta peggiore della prima; meglio infatti sarebbe stato per loro non conoscere la via della giustizia piuttosto che, dopo averla conosciuta, ritrarsi indietro dal santo comandamento che a loro è stato dato. Dicendo: meglio sarebbe stato per loro non conoscere la via della giustizia, non reputò forse che sono migliori i nemici che stanno fuori, di quelli che dentro vivono male, e per i quali è oppressa e rattristata la Chiesa? Meglio - dice - sarebbe stato per loro non conoscere la via della giustizia piuttosto che, dopo averla conosciuta, ritrarsi indietro dal santo comandamento che a loro è stato dato. Osserva infine a quale orribile cosa li ha paragonati: Si è verificato per loro il detto del verace proverbio: il cane tornò al suo vomito (2P 2,20-22). Orbene siccome di gente siffatta sono piene le chiese, non è forse con grande verità che qui dicono quei pochi, o meglio nella voce di pochi dice la stessa Chiesa: per tutti i miei nemici sono divenuto un obbrobrio, e soprattutto per i miei vicini; e motivo di timore per chi mi conosce? Sono diventato troppo obbrobrioso per i miei vicini, cioè per coloro che già si avvicinavano a me per credere; ossia i miei vicini si sono troppo spaventati di fronte alla malvagia vita dei cattivi e falsi cristiani. Avete mai pensato, fratelli miei, quanti vorrebbero essere cristiani, ma sono scandalizzati dai cattivi costumi cristiani? Questi sono appunto i vicini che già si accostavano, ma ad essi noi siamo apparsi un obbrobrio troppo grande!

7. [v 12.] Son divenuto motivo di timore per chi mi conosce. Cosa c’è tanto da temere? Dice: motivo di timore sono diventato per chi mi conosce. Che c’è tanto da temere per l’uomo quanto il vedere molti dai quali si sperava bene, vivere male e giacere in molteplici azioni disoneste? Perciò teme che siano di tal genere coloro che credeva buoni, e sospetta male di quasi tutti i buoni. Quale uomo? E come è caduto? Come è stato trovato in quella turpitudine, in quel delitto, in quella cattiva azione? E credi che non siano tutti così? Questo è il timore di quelli che mi conoscono, cosicché, anche per coloro che ci conoscono, il più delle volte siamo in sospetto. E se non ti consolasse ciò che sei, se sei qualcosa, non crederesti che esista un altro simile. La coscienza, quale che sia, consola l’uomo, in modo che l’uomo che vive bene dica a se stesso: o tu che ora temi che tutti siano così, sei tu tale? Risponderà la coscienza: non sono così. Ebbene, se non lo sei, sei forse il solo? Stai attento che non sia peggiore questa superbia di quella malvagità. Non dire quindi che tu sei il solo. Infatti anche Elia, un tempo, scoraggiato per la moltitudine degli empi disse: Hanno ucciso i tuoi profeti, hanno rovesciato i tuoi altari, ed io sono rimasto solo e reclamano la mia vita. Ma che gli risponde l’oracolo divino? Mi sono riservato settemila uomini, che non hanno piegato le ginocchia davanti a Baal (1 Re 1R 19,10 Rm 11,3 Rm 4). Dunque, fratelli, di fronte a tutti questi scandali, uno solo è il rimedio, non pensare male del tuo fratello. Con umiltà sforzati di essere quello che vorresti che fosse lui, e non penserai che egli è quello che tu non sei. Ma tuttavia ci sia pure un certo timore nei confronti di coloro che si conoscono ed anche di quelli che si conoscono bene.

L'oscurità delle profezie.

8. Coloro che mi vedevano sono fuggiti via da me. Era da perdonarsi se fossero fuggiti lontano da me coloro che non mi vedevano: ma anche coloro che mi vedevano sono fuggiti via da me. Ma se quelli che non mi vedevano sono fuggiti fuori da me (e non dovremmo dire che sono fuggiti fuori, perché prima non erano dentro; infatti se fossero stati dentro avrebbero visto me, cioè avrebbero conosciuto il Corpo di Cristo, avrebbero conosciute le membra di Cristo, avrebbero conosciuta l’unità di Cristo), molto più degno di pianto, molto più intollerabile è il fatto che molti che mi hanno visto sono fuggiti fuori da me, ossia che coloro che hanno conosciuto che cosa sia la Chiesa, sono usciti fuori ed hanno fondato eresie e scismi, contro la Chiesa. Ad esempio trovi oggi un uomo che è nato nella setta di Donato, non sa che cosa sia la Chiesa, è fedele alla setta in cui è nato: non strappi a lui un’abitudine che ha succhiato insieme con il latte della nutrice. Ma dammi, dammi uno che ogni giorno si nutre delle Scritture, che legge, che predica: è possibile che quivi non veda: chiedi a me, e ti darò le genti in tua eredità, e in tuo possesso i confini della terra (Ps 2,8)? È possibile che quivi non legga: si ricorderanno, e si convertiranno al Signore tutti i confini della terra e adoreranno al suo cospetto tutte le stirpi delle Genti (Ps 21,28)? Se qui scorgi l’unità di tutto il mondo, perché fuggi fuori, non solo patendo tu stesso la cecità, ma anche provocandola agli altri? Quelli che mi vedevano, cioè che sapevano che cosa sia la Chiesa, che già la contemplavano nelle Scritture, sono fuggiti fuori da me. Credete infatti, fratelli miei, che tutti coloro che hanno fondato eresie nelle diverse parti del mondo non sapessero dalle Scritture divine che è stata profetizzata la diffusione della Chiesa in tutto il mondo? Con ragione dico alla vostra Carità: certamente siamo tutti cristiani, o almeno tutti siamo detti cristiani e tutti ci segnamo con il segno di Cristo; più velatamente i Profeti hanno parlato di Cristo che della Chiesa, penso perché vedevano in spirito che contro la Chiesa gli uomini avrebbero fondato sette, e, mentre intorno a Cristo non avrebbero dovuto sostenere tante lotte, a motivo della Chiesa avrebbero suscitato grandi contese. Perciò riguardo a quello per cui si sarebbero accese le più grandi liti, più chiaramente è stato predetto e più apertamente è stato profetato, perché valga a condanna di coloro che hanno visto e se ne sono fuggiti fuori.

9. Ricorderò un solo fatto a titolo di esempio. Abramo fu nostro padre, non per la propagazione della carne, ma per la imitazione della fede; nella sua giustizia piacendo a Dio per la fede ebbe il figlio Isacco, che gli era stato promesso, dalla sterile moglie Sara mentre era già nella vecchiaia (Cf. Gn 21,2); quando gli fu comandato di immolare a Dio quel figlio stesso, non esitò, non fece obiezioni, e neppure discusse l’ordine di Dio né giudicò malvagio ciò che il Bene Sommo aveva potuto ordinargli. Condusse perciò il figlio suo per immolarlo, gli caricò sulle spalle la legna per il sacrificio, giunse nel luogo prescelto, levò la destra per colpirlo, e si fermò solo perché glielo vietò colui per il cui ordine aveva alzato il braccio (Cf. Gn 22,3): colui che per obbedienza era stato pronto a uccidere, per obbedienza risparmiò la vita; sempre obbediente, mai esitante; e tuttavia, per compiere il sacrificio e non andarsene senza aver versato il sangue, trovato un ariete impigliato con le corna nella siepe, quello immolò e fu compiuto il sacrificio. Indaga che cosa significa tutto questo: avvolta nei misteri sta la figura di Cristo. Infine, per farla apparire si discute e perché si manifesti si esamina, in modo che quanto è nascosto sia rivelato. Isacco, figlio unico diletto, è figura del Figlio di Dio, e porta su di sé la legna, come Cristo ha portato sulle spalle la croce (Cf. Jn 19,17). Quindi anche lo stesso ariete raffigura Cristo. Che significa infatti essere impigliato con le corna, se non essere, in un certo qual modo, crocifisso? È dunque questa una figura di Cristo. E subito doveva essere predicata la Chiesa, poiché, preannunziato il Capo, doveva essere annunziato anche il Corpo: ha cominciato lo Spirito di Dio, ha cominciato Dio a voler annunziare la Chiesa ad Abramo, e ne fece apparire la figura. In senso figurato annunziava Cristo, e in modo aperto annunziò la Chiesa; dice infatti ad Abramo: poiché hai obbedito alla mia voce e non hai risparmiato il tuo figlio diletto per causa mia, benedicendo ti benedirò, e moltiplicando moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo, come la sabbia del mare, e saranno benedette nel tuo nome tutte le genti della terra (Gn 22,16 Gn 17). E quasi ovunque Cristo è annunziato dai Profeti [avvolto] come nell’involucro del mistero, mentre la Chiesa è preannunziata apertamente; in modo che la vedano anche coloro che si porranno contro di lei, e si adempia in essi la malvagità che è profetizzata in questo salmo: coloro che mi vedevano sono fuggiti fuori da me. Da noi sono usciti ma non erano dei nostri (1Jn 2,19); questo ha detto di loro l’apostolo Giovanni.

10. [v 13.] Sono stato dimenticato, come se fossi morto, dal cuore.Sono stato dimenticato, sono caduto in oblio, si sono scordati di me coloro che mi avevano visto; si sono dimenticati di me, se ne sono talmente dimenticati che sono come morto dal loro cuore. Sono stato dimenticato come se fossi morto dal [loro] cuore; sono divenuto come un vaso spezzato. Che vuol dire sono divenuto come un vaso spezzato? Vuol dire che si affaticava senza giovare a nessuno: si è accorto di essere come un vaso che non giova a niente, e quindi si è considerato quasi un vaso spezzato.

Confidare solo in Dio anche in mezzo agli scandali.

11. [v 14.] Perché ho udito l’ingiuria di molti che mi dimorano attorno. Molti abitano attorno a me, ed ogni giorno mi ingiuriano. Quanto male dicono contro i cattivi cristiani, e tali maledizioni ricadono su tutti i cristiani! Dice forse, colui che maledice o che rimprovera i cristiani: ecco cosa fanno i cristiani non buoni? No, dice: ecco che cosa fanno i cristiani; non separa, non distingue. Tuttavia dicono queste cose coloro che abitano attorno, che cioè girano intorno ma non entrano. Perché girano intorno ma non entrano? Perché amano la ruota del tempo; non entrano nella verità perché non amano l’eternità; sono dediti alle faccende temporali quasi fossero legati ad una ruota, e di essi altrove è detto: poni i loro principi come una ruota (Ps 82,14); e ancora: vanno intorno gli empi (Ps 11,9). Riunendosi essi contro di me hanno tenuto consiglio per prendere l’anima mia. Che vuol dire hanno tenuto consiglio per prendere l’anima mia? Perché io acconsenta alla loro malvagità. Infatti, per coloro che maledicono e non entrano, è poco non entrare: con le loro calunnie vogliono fare uscire da qui anche gli altri. Se ti fecero uscire dalla Chiesa, hanno preso la tua anima, hanno cioè ottenuto il tuo consenso: e tu ti troverai vagante e non nella tua dimora.

12. [v 15.] Ma io, tra tutti questi obbrobri, tra questi scandali, tra questi mali, tra queste seduzioni - esternamente iniquità e all’interno perversità -, avendo posto mente a uomini giusti e avendone cercati, e non avendo trovato chi imitare, che cosa ho fatto? Quale decisione ho preso? Ma io in te ho sperato, o Signore. Niente di più salutare, niente di più sicuro. Tu volevi imitare non so chi, ed hai trovato uno tutt’altro che buono; lascia perdere questa imitazione. Ne hai cercato un altro, e non so perché ti è dispiaciuto; un terzo ne hai cercato e anche quello non ti è piaciuto; forse perché questo e quell’altro non ti piacciono perirai anche tu? Non rivolgere dunque la tua speranza negli uomini, perché è maledetto chiunque ripone la sua speranza nell’uomo (Cf. Jr 17,5). Se guardi ancora all’uomo, se cerchi ancora di imitarlo, di dipendere da lui, ancora vuoi essere nutrito con il latte; e diventerai come un fanciullo sempre attaccato alle mammelle, come sono chiamati i bambini che a lungo succhiano, il che è sconveniente. Perché, nutrirsi con il latte come volendo alimentarsi attraverso un altro corpo, è la stessa cosa che vivere per mezzo di un altro uomo. Sii invece all’altezza di sedere a mensa, e di qui prendi ciò che egli ha preso, o che forse non ha preso. Forse a tuo vantaggio sei incappato in un male, che tu credevi un bene, così come nel seno materno hai trovato qualcosa di amaro, e da tale amarezza sei stato respinto, sì da essere condotto a cercare un cibo più solido. Appunto così fanno le nutrici con i fanciulli troppo attaccati alle mammelle, ponendo qualcosa di amaro sui loro capezzoli: disgustati da ciò i piccoli si allontanano dal seno e desiderano la mensa. Dica dunque: ma io in te ho sperato, o Signore; ho detto: tu sei il mio Dio. Tu sei il mio Dio; se ne vada Donato, se ne vada Ceciliano, né quello né questo sono il mio Dio. Non cammino nel nome di un uomo, mi tengo al nome di Cristo. Ascolta Paolo stesso che dice: forse che Paolo è stato crocifisso per voi, oppure siete stati battezzati in nome di Paolo? (1Co 1,13) Perirei se fossi del partito di Paolo: e come potrei non morire se fossi della setta di Donato? Si allontanino dunque i nomi umani, i delitti umani, le finzioni umane. In te, o Signore, ho sperato; ho detto: tu sei il mio Dio. Non un uomo qualunque, ma tu sei il mio Dio. Un altro può venire meno, un altro può progredire; il mio Dio non viene meno né si accresce; non ha di che perfezionarsi il Perfetto, né ha modo di venir meno l’Eterno. Ho detto al Signore: tu sei il mio Dio.

Gratuità della grazia.

13. [v 16.] Nelle tue mani sono le mie sorti. Non nelle mani degli uomini, ma nelle tue mani. Quali sono queste sorti? E perché sorti? Sentendo infatti il nome di sorti, non dobbiamo pensare ai sortilegi. La sorte infatti non è qualcosa di male; ma è cosa che nel dubbio umano indica la volontà divina. Infatti gli Apostoli tirarono a sorte, quando Giuda, dopo aver tradito il Signore, si uccise e, come di lui sta scritto, se ne andò al luogo da lui scelto. Si cominciò allora a cercare chi poteva essere nominato al suo posto. Due discepoli furono eletti secondo il giudizio umano, e uno dei due eletto secondo il giudizio divino; si consultò Dio riguardo ai due per sapere chi voleva tra essi, e cadde la sorte sopra Mattia (Ac 1,26). Che significa dunque nelle tue mani sono le mie sorti? Chiama sorti, a quanto credo, la grazia nella quale siamo salvati. Perché chiama la grazia di Dio con il nome di sorte? Perché nella sorte non c’è elezione, ma la volontà di Dio. Infatti quando si dice: questi fa, quest’altro non fa, si considerano i meriti: e dove si considerano i meriti c’è una scelta, non la sorte. Ma poiché Dio non ha trovato nessun nostro merito, per la sorte della sua volontà ci ha fatti salvi, perché lo ha voluto, non perché ne eravamo degni. Questa è la sorte. A ragione quella tunica del Signore tessuta dall’alto in basso (Cf. Jn 19,23), che significa l’eternità dell’amore, fu tirata a sorte perché non poteva essere divisa dai persecutori; e in coloro che la ebbero in sorte prefigurò quelli che appaiono conseguire la sorte dei santi. Dalla grazia siete stati salvati per la fede, e questo non da voi (ecco la sorte); e questo non da voi, ma è dono di Dio. Non per le opere (quasi che voi aveste agito così bene da meritarvi di giungere a questo) non per le opere, affinché nessuno si inorgoglisca. Ma noi siamo fattura di lui, creati in Gesù Cristo in vista delle opere buone (Ep 2,8-10). Questa sorte, in qualche modo celata, è la volontà di Dio; nel genere umano vi è una sorte, che procede dalla occulta volontà di Dio, presso il quale non vi è iniquità (Cf. Rm 9,14). Egli infatti non guarda alle persone, ma la occulta giustizia di lui è per te la sorte.

14. Presti dunque ascolto la vostra Carità, ed osservate come tutto questo sia confermato dall’apostolo Pietro. Quando quel Simon mago battezzato da Filippo si unì a lui, credendo ai miracoli divini compiuti al suo cospetto, vennero gli Apostoli a Samaria, dove appunto anche quel mago aveva creduto e dove era stato battezzato; e gli Apostoli imposero le mani sugli uomini battezzati, e questi ricevettero lo Spirito Santo e cominciarono a parlare le lingue. Simone, meravigliato e stupefatto da tanto divino miracolo, per cui mediante l’imposizione di mani umane lo Spirito Santo era disceso e aveva ricolmato gli uomini, desiderò non questa grazia ma questo potere, e non per essere liberato, ma per essere esaltato. Non appena si manifestò questo desiderio e riempirono il suo cuore la superbia, l’empietà diabolica e l’orgoglio degno di essere abbattuto, disse agli Apostoli: Quanto denaro volete ricevere da me, affinché anche per l’imposizione delle mie mani gli uomini ricevano lo Spirito Santo? Colui che ricercava i beni terreni, che abitava all’esterno [della Chiesa], credette di poter comprare con il denaro il dono di Dio. Egli che ritenne di poter comprare col denaro lo Spirito Santo, stimò avidi anche gli Apostoli, così come egli stesso era empio e superbo. Subito Pietro gli rispose: il tuo denaro vada in perdizione con te, poiché hai creduto di poter comprare con il denaro il dono di Dio. Non c’è per te parte né sorte in questa fede (Ac 8,13-21); tu non hai cioè niente a che fare con questa grazia che tutti noi riceviamo gratuitamente, dato che tu pensi di comprare con denaro ciò che è dato gratuitamente. Perché data gratuitamente è chiamata sorte: non c’è per te parte né sorte in questa fede. Ho detto queste cose affinché non siamo presi da timore per il fatto che qui si dice: nelle tue mani sono le mie sorti. Che cosa sono dunque queste sorti? L’eredità della Chiesa. Fin dove giunge l’eredità della Chiesa? E tra quali confini è delimitata? Fino a tutti i confini: ti darò le genti in tua eredità, e in tuo possesso i confini della terra (Ps 2,8). Non mi prometta dunque l’uomo non so quale particella: Dio mio, nelle tue mani sono le mie sorti. Basti ormai alla Carità vostra: quanto resta lo completeremo domani nel Nome di Dio e con il Suo aiuto.

SULLO STESSO SALMO 30

304 Ps 30

ESPOSIZIONE II

Discorso 3

1. Ciò che resta del salmo, cui abbiamo già dedicato due sermoni, è poco più che la terza parte, e pensiamo di dover oggi soddisfare il nostro debito. Chiedo quindi alla Carità vostra di concederci volentieri di non trattenerci a lungo sulle sue espressioni più facili, onde poterci soffermare su quelle cose che è necessario spiegare. Sono infatti molte le cose che si presentano spontaneamente all’animo dei fedeli, molte sono quelle che hanno bisogno solo di una breve esortazione; ma ve ne sono alcune, certamente più rare, sulle quali c’è da sudare perché possano essere comprese. Orbene, affinché il tempo sia sufficiente alle nostre e alle vostre forze, vedete quanto chiare son queste cose e con noi ancor meglio intendetele, e in esse lodate con noi il Signore. E se il salmo prega, pregate; se geme, gemete; se ringrazia, gioite; se spera, sperate; se teme, temete. Perché tutte le cose che qui sono state scritte sono il nostro specchio.

Pregare per i nemici.

2. [v 16.] Liberami dalle mani dei miei nemici e da quelli che mi perseguitano. Diciamolo e ciascuno così dica dei suoi nemici. È cosa buona, e dobbiamo pregare affinché Dio ci liberi dalle mani dei nostri nemici. Ma dobbiamo capire che vi sono nemici per i quali dobbiamo pregare, e altri contro i quali dobbiamo pregare. I nostri nemici di questa terra, quali che siano, non devono essere odiati; quando un uomo vuole del male a colui che gli fa del male, ambedue diventano malvagi. Ma piuttosto il buono ami anche colui dal quale soffre il male, e così almeno uno solo sarà il malvagio. Il diavolo e i suoi angeli, ecco i nemici contro i quali dobbiamo pregare: costoro invidiano a noi il Regno dei Cieli, costoro non vogliono che noi ascendiamo là da dove essi sono stati scacciati: preghiamo che da costoro sia liberata la nostra anima. Infatti anche quando sono degli uomini ad accanirsi contro di noi, è perché son divenuti loro strumenti. Per questo l’apostolo Paolo, ammonendoci su quanto dobbiamo essere prudenti contro i nemici, dice ai servi di Dio che subivano tribolazioni, cioè violenze, ingiustizie, e inimicizie da parte degli uomini: Non dovete lottare contro la carne e il sangue, ossia contro gli uomini, ma contro i principi e le potestà e i reggitori dei mondo (Ep 6,12). Di quale mondo? Del cielo e della terra? Niente affatto. Il reggitore di questo mondo altri non è che il Creatore. Allora che cosa chiama mondo? Quelli che amano il mondo. Infatti continua e spiega: quando dico del mondo, intendo di queste tenebre. Ma di quali tenebre se non dell’infedeltà e dell’empietà? Infatti anche agli infedeli e agli empi, divenuti fedeli e pii, così si rivolge l’Apostolo stesso: foste un tempo tenebre, ma ora siete luce nel Signore (Ep 5 Ep 8). Il vostro combattimento dunque, egli dice, si svolge contro gli spiriti della malvagità che sono nei cieli, contro il diavolo e gli angeli suoi (Ep 6,12): non vedete i vostri nemici eppure li vincete. Liberami dalle mani dei miei nemici; e da coloro che mi perseguitano.

Lo scandalo dei cattivi cristiani.

3. [v 17.] Fa’ risplendere il tuo volto sopra il tuo servo, salvami nella tua misericordia. Quanti della Carità vostra eran presenti all’esposizione di ieri, ricorderanno che dicevamo che perseguitano la Chiesa soprattutto quei cristiani che non vogliono vivere bene. È proprio per causa loro che la Chiesa è ricoperta di vergogna e patisce dissensioni; quando sono rimproverati, quando non è loro permesso di vivere male, quando con loro si discute, rimuginano cose cattive nel loro cuore e cercano l’occasione di effettuarle. Fra costoro geme il Salmista, e, se vogliamo, siamo anche noi; perché essi sono molti, e in mezzo alla loro massa a stento sono visibili i buoni, come il grano sull’aia, di cui, quando sarà stato purificato, saranno riempiti i granai del Signore (Cf. Mt 3,12 Lc 3,17). Dunque, gemendo tra costoro dice: Fa’ risplendere il tuo volto sopra il tuo servo. Sembra infatti che ci sia una certa confusione, dato che tutti si dicono cristiani, sia quelli che vivono bene sia quelli che vivono male: tutti sono contrassegnati da un unico carattere, tutti accedono ad uno stesso altare, tutti sono lavati dallo stesso battesimo, tutti pronunziano la medesima “orazione domenicale”, tutti prendono parte alla celebrazione degli stessi misteri. Come potranno distinguersi coloro che gemono e coloro per i quali si geme, se il Signore non farà risplendere la sua faccia sul suo servo? Che significa dunque: fa’ risplendere il tuo volto sopra il tuo servo? Sia manifesto che a te appartengo, e non possa dire anche il cristiano empio di essere tuo; perché solo così non avrò detto invano le parole di quel salmo: giudicami, o Dio, e distingui la mia causa dalla gente non santa (Ps 42,1). Ciò che dice là: distingui la mia causa, dice anche qui: fa’ risplendere il tuo volto sopra il tuo servo. E tuttavia, per evitare egli stesso di insuperbirsi, e quasi non sembri giustificarsi, continua dicendo: salvami nella tua misericordia, cioè salvami non nella mia giustizia, non per i miei meriti, ma nella tua misericordia; non perché io ne sono degno, ma perché tu sei misericordioso. Non mi ascoltare secondo la severità del giudice, ma secondo la grande misericordia della tua bontà. Salvami nella tua misericordia.

Come invocare Dio.

4. [v 18.] Signore, che io non sia confuso perché ti ho invocato. Fa valere una forte ragione: che io non sia confuso perché ti ho invocato. Vuoi tu che sia confuso colui che ti ha invocato? Vuoi che si dica: dov’è Colui dal quale tanto si è ripromesso? Ma chi, anche tra gli stessi empi, non invoca Dio? A meno dunque che non dica in un certo modo personale: ti ho invocato, in modo che l’invocazione non possa essere comune a molti, in nessun modo, per il solo fatto di invocare, potrebbe osare di attendersi un tale favore. Infatti potrebbe rispondergli il Signore nel suo pensiero: perché mi chiedi di non essere confuso? Per quale ragione? Perché mi hai invocato? Forse che ogni giorno gli uomini non mi invocano, magari per realizzare gli adulteri che bramano? Forse che ogni giorno gli uomini non mi invocano affinché muoiano coloro dai quali aspettano l’eredità? Forse che ogni giorno non mi invocano gli uomini che tramano una frode, per poterla compiere con esito felice? Bell’argomento per ottenere una grande ricompensa, il dire: che io non sia confuso perché ti ho invocato! Certo, anche quelli invocano, ma non invocano Te. Tu invochi Dio, quando chiami Dio in te. Perché questo è invocarlo, chiamarlo in te, in certo modo invitarlo nella casa del tuo cuore. Ma non oseresti invitare un così grande Capo di casa, se tu non sapessi di avergli preparato l’accoglienza. Infatti, se il Signore ti dicesse: ecco, mi hai invocato, vengo da te, ma dove entrare? Sopporterò tanta sporcizia della tua coscienza? Se tu invitassi in casa tua il mio servo, non ti preoccuperesti forse prima di ripulirla? Mi invochi nel tuo cuore, ed esso è pieno di rapine. Il cuore dove Dio è invocato, è pieno di bestemmie, pieno di pensieri impuri, pieno di frodi, pieno di desideri malvagi, e tu mi invochi! Di costoro infatti, che cosa dice il salmo in un altro passo? Non hanno invocato il Signore (Ps 13,5 Ps 52,6). L’hanno certo invocato, e tuttavia non lo hanno affatto invocato. Questo sia detto di sfuggita, dato che è sorta la questione in che modo possa esigere tanta ricompensa l’uomo che adduce un solo merito, dicendo perché ti ho invocato. La questione è sorta perché vediamo che Dio è invocato da moltissimi malvagi; non si può dunque passare oltre. Dico allora in breve all’uomo avaro: invochi Dio? Perché invochi Dio? Perché mi dia guadagno. Invochi dunque il guadagno, non Dio. Poiché non puoi ottenere questo guadagno che brami tramite il tuo servo, tramite il tuo fattore, tramite il tuo cliente, il tuo amico, il tuo compagno, allora invochi Dio e fai Iddio ministro del tuo guadagno; per te Dio vale poco. Vuoi invocare Dio? Invocalo gratuitamente. O avaro, è forse poco per te, se ti viene a riempire lo stesso Dio? Se Dio viene a te senza oro, senza argento, tu non lo vuoi? Che cosa dunque può bastarti delle cose che Dio ha fatto, se Dio stesso non ti basta? Dunque a ragione questi prega: che io non sia confuso, perché ti ho invocato. Invocate il Signore, fratelli, se non volete essere confusi. Questi teme quella confusione della quale ha parlato poco prima in questo salmo: in te, o Signore, ho sperato; che io non sia confuso in eterno (Ps 30,2). Infatti, affinché sappiate che teme questa confusione, che cosa aggiunge, dopo aver detto: che io non sia confuso in eterno, perché ti ho invocato? Arrossiscano gli empi, e siano trascinati all’inferno. Si tratta dunque della confusione eterna.

Il disprezzo verso Cristo.

5. [v 19.] Ammutoliscano le labbra ingannatrici, che proferiscono iniquità contro il giusto con superbia e disprezzo. Questo giusto è Cristo: molte labbra proferiscono iniquità contro di Lui con superbia e disprezzo. Perché con superbia e disprezzo? Perché è apparso degno di disprezzo ai superbi Colui che è venuto tanto umile. Non vuoi che sia disprezzato da coloro che amano gli onori Colui che ha ricevuto tante offese? Non vuoi che sia disprezzato da coloro che tengono in gran conto questa vita Colui che è morto? Non vuoi che sia disprezzato da coloro che ritengono come un’infamia la morte in croce Colui che è stato crocifisso? Non vuoi che sia disprezzato dai ricchi Colui che condusse vita povera nel mondo, pur essendo il Creatore del mondo? Tutti gli uomini che amano queste cose, - che Cristo non volle avere, perché voleva mostrare non possedendole, che erano da disprezzarsi, non già perché non avesse il potere di possederle, - tutti coloro che amano queste cose disprezzano Lui. E chiunque tra i suoi servi vorrà seguire le sue orme, camminando anche lui in quella umiltà nella quale ha appreso che camminò il suo Signore, è disprezzato in Cristo, come membro di Cristo; e quando son disprezzati il Capo e le membra è disprezzato il Cristo totale: poiché il Giusto totale è Capo e Corpo. Ed è necessario che sia disprezzato dagli empi e dai superbi il Cristo totale, affinché si compia in essi quanto qui è detto: ammutoliscano le labbra ingannatrici, che proferiscono iniquità contro il giusto con superbia e disprezzo. Quando saranno rese mute queste labbra? In questo secolo? No di certo. Ogni giorno gridano contro i cristiani, soprattutto contro gli umili; ogni giorno bestemmiano, ogni giorno latrano; così accrescono con le loro lingue i tormenti, la sete che soffriranno all’inferno quando desidereranno invano una goccia d’acqua (Cf. Lc 16 Lc Lc 24). Non sono dunque rese mute ora le labbra di costoro. Quando lo saranno? Quando le loro iniquità si volgeranno contro di essi, come è detto nel libro della Sapienza: allora si ergeranno i giusti con grande sicurezza contro coloro che li afflissero. Allora quelli diranno: questi sono coloro che un tempo avemmo a scherno e come oggetto di ingiuria. In qual modo sono annoverati tra i figli di Dio e la loro sorte è tra i santi? Noi insensati, consideravamo folle la loro vita (Sg 5,1-5). Allora saranno rese mute le labbra di coloro che proferiscono iniquità contro il giusto, con superbia e disprezzo. Infatti molti ora ci dicono: dov’è il vostro Dio? Chi adorate? Che cosa vedete? Credete e soffrite: è certo che soffrite, ma incerto è ciò in cui sperate. Quando diverrà certo ciò in cui speriamo, diverranno mute le labbra ingannatrici.

6. [v 20.] Osserva quindi quanto segue, per quale ragione cioè diverranno mute le labbra ingannatrici che proferiscono iniquità contro il giusto, con superbia e disprezzo. Questi che qui geme osserva e vede interiormente nello spirito i beni di Dio, vede questi beni che solo nel segreto si scorgono, ma che non sono scorti dagli empi. Perciò li vede proferire iniquità contro il giusto con superbia e disprezzo, perché essi sono capaci di vedere i beni di questo secolo ma non sanno neppure pensare i beni del secolo futuro. Ma per raccomandare i beni stessi del secolo futuro agli uomini, ai quali ordina di sopportare, non di amare, i beni presenti, ha esclamato e aggiunto: quanto è grande l’abbondanza della tua dolcezza, o Signore! Se a questo punto l’uomo empio dicesse: dov’è questa abbondanza di dolcezza? Gli risponderei: in qual modo posso mostrare l’abbondanza di questa dolcezza a te che hai perduto il palato per la febbre dell’iniquità? Se tu non conoscessi il miele, non potresti esclamare quanto è buono il suo sapore senza averlo gustato. Non hai il palato del cuore per gustare questi beni: che posso fare per te? In che modo te li mostrerò? Non vi è cui possa dire: gustate e vedete quanto è soave il Signore (Ps 33,9). Quanto è grande l’abbondanza della tua dolcezza, o Signore, che hai nascosta per coloro che ti temono! Che significa: hai per loro nascosta? L’hai riserbata per loro, non l’hai negata loro, in modo che soltanto essi vi pervengano (il bene è infatti appunto ciò che non può essere comune ai giusti e agli empi), e vi pervengano temendo. Finché infatti continuano a temere, non ancora vi sono pervenuti: ma credono di giungervi, e cominciano dal timore. Niente infatti è più dolce della immortalità della Sapienza, ma l’inizio della Sapienza è il timore del Signore (Cf. Pr 1,7 Ps 110,10). Che hai nascosta per coloro che ti temono.

Non vergognarsi di Cristo.

7. L’hai elargita con pienezza a coloro che sperano in te al cospetto dei figli degli uomini. Non dice: l’hai elargita con pienezza al cospetto dei figli degli uomini, ma: a coloro che sperano in te al cospetto dei figli degli uomini. Cioè: hai elargito con pienezza la tua dolcezza a coloro che sperano in te al cospetto dei figli degli uomini. In questo modo si esprime il Signore: chi mi avrà rinnegato al cospetto degli uomini, anche io lo rinnegherò al cospetto del Padre mio (Mt 10,35). Dunque, se speri nel Signore, spera in lui al cospetto degli uomini, perché per caso tu non nasconda la tua stessa speranza nel tuo cuore e tema di confessarla quando ti si rinfaccia come un delitto il tuo essere cristiano. Ma a chi ora si rinfaccia l’essere cristiano? Tanto pochi sono rimasti i non cristiani che piuttosto si rimprovera loro di non esserlo, più di quanto essi osino rinfacciare ad altri di esserlo. Tuttavia vi dico, fratelli miei; cominci chiunque qui mi ascolta a vivere da cristiano, e vedrà che ciò gli sarà rinfacciato dai cristiani stessi, che sono tali di nome ma non per la vita e per i costumi. Nessuno avverte questo, se non chi lo ha sperimentato. Dunque intendi, considera ciò che ascolti. Vuoi vivere da cristiano? Vuoi seguire le vestigia del tuo Signore? Se ti è rinfacciato e tu ti vergogni, vergognandoti le abbandoni: hai perduto la via. Ti sembra di aver creduto con il cuore alla giustizia, ma l’hai perduta; poiché per la salvezza è necessaria la confessione con le labbra (Cf. Rm 10,10). Se perciò vuoi camminare per la via del Signore, spera in Dio anche al cospetto degli uomini, cioè non vergognarti della tua speranza. Come vive nel tuo cuore, così abiti sulla tua bocca; perché non senza motivo Cristo ha voluto imprimere il suo segno sulla nostra fronte, come nella sede del pudore, perché il Cristiano non si vergogni degli obbrobri di Cristo. Se avrai fatto questo al cospetto degli uomini, cioè se non avrai arrossito davanti agli uomini, e al cospetto dei figli degli uomini non avrai negato Cristo né con la bocca né con i fatti, spera che anche per te sia pronta la dolcezza di Dio.

La Chiesa. tenda di Dio.

8. [v 21.] Che cosa segue? Li nasconderai nel segreto del tuo volto. Qual luogo è questo? Non ha detto: li nasconderai nel tuo cielo; non ha detto: li nasconderai in paradiso; non ha detto: li nasconderai nel seno di Abramo. Infatti per molti fedeli i luoghi dove staranno in futuro i santi sono indicati nelle Sacre Scritture. Sia stimato poco tutto quanto è all’infuori di Dio! Colui che ci protegge nel luogo di questa vita, sia egli stesso il nostro luogo dopo questa vita; poiché questo già prima il salmo stesso dice a Lui: sii per me un Dio protettore, e un luogo di rifugio (Ps 30,3). Saremo dunque nascosti nel volto di Dio. Aspettate di sentire da me quale rifugio vi sia nel volto di Dio? Purificate il vostro cuore, in modo che Egli stesso lo illumini, ed entri Colui che invocate. Sii la sua casa, ed egli sarà la tua; che egli abiti in te, e tu abiterai in lui. Se in questa vita lo avrai accolto nel tuo cuore, egli dopo questa vita ti accoglierà nel suo volto. Li nasconderai, dice. Dove? Nel segreto del tuo volto. Dal turbamento degli uomini. Colà non saranno turbati poiché saranno nascosti; non si turbano nel segreto del tuo volto. Credi che ci sia qualcuno tanto beato in questo mondo che, quando avrà cominciato a udire le ingiurie degli uomini per il fatto che serve Cristo, fugga con il cuore a Dio e cominci a nutrire speranza nella sua dolcezza e dal turbamento degli uomini dei quali ode le offese, entri nel volto di Dio con la sua coscienza? Certo che vi entra, ma se ha ciò con cui entrare, cioè se la sua stessa coscienza non è appesantita, se non costituisce per lui un fardello troppo grande per la porta stretta. Li nasconderai - dunque - nel segreto del tuo volto, dal turbamento degli uomini. Li proteggerai nel tuo tabernacolo dalla contraddizione delle lingue. Un giorno li nasconderai nel segreto del tuo volto dal turbamento degli uomini, in modo che in essi, da allora in poi, non vi possa più essere turbamento umano; ma, intanto, mentre sono pellegrini in questo secolo, poiché coloro che ti servono soffrono molte lingue di contraddittori, che cosa fai per loro? Li proteggerai nel tuo tabernacolo. Che cosa è il tabernacolo? È la Chiesa di questo tempo: è detta tabernacolo perché è ancora pellegrina in questa terra. La tenda è infatti l’abitazione dei soldati inviati in spedizione. Queste tende si chiamano tabernacoli; mentre la casa non è un tabernacolo. Combatti come un pellegrino durante la spedizione affinché, dopo esserti messo in salvo nel tabernacolo, tu possa essere accolto, glorioso, nella casa. Sarà infatti in Cielo la tua casa eterna, se ora vivrai bene in questo tabernacolo. Li proteggerai dunque in questo tabernacolo dalla contraddizione delle lingue. Molte sono le lingue che contraddicono; risuonano diverse eresie, diversi scismi; molte lingue contraddicono la vera dottrina. Ebbene, tu corri al tabernacolo di Dio, tienti stretto alla Chiesa cattolica, non allontanarti dalla norma della verità, e sarai protetto nel tabernacolo dalle contraddizioni delle lingue.

L'immensa misericordia divina.

9. [v 22.] Benedetto il Signore, perché ha reso mirabile la sua misericordia nella città che sta attorno. Qual è la città che sta attorno? Il Popolo di Dio si trovava nella sola Giudea, quasi nel mezzo del mondo, e lì si elevavano lodi a Dio e gli venivano offerti i sacrifici, i profeti non cessavano di cantare gli eventi futuri che ora noi vediamo adempiersi; questo popolo era come posto in mezzo alle genti. Il Profeta osserva e vede in tutte le genti la futura Chiesa di Dio; e poiché tutte le genti erano intorno da ogni parte e tenevano come in mezzo a loro la sola gente dei Giudei, queste genti circostanti le ha chiamate città che sta attorno. Tu hai reso mirabile, o Signore, la tua misericordia nella città di Gerusalemme; qui Cristo ha subito la Passione, qui è risorto, qui è asceso in cielo, qui ha compiuto molti miracoli; ma più grande è la tua lode perché hai innalzata la tua misericordia nella città che sta attorno, cioè hai diffuso la tua misericordia tra tutte le genti. Non hai racchiuso il tuo unguento in quella città di Gerusalemme come in un vaso, ma, quasi che il vaso si sia spezzato, l’unguento si è diffuso in tutto il mondo onde si adempisse quanto è detto nelle Sacre Scritture: Unguento diffuso è il tuo nome (Ct 1,2). Così hai innalzata la tua misericordia nella città che sta attorno. Egli infatti è asceso alla destra del Padre, dopo dieci giorni ha mandato lo Spirito Santo; i discepoli sono stati ricolmati dello Spirito Santo e hanno cominciato a predicare i grandi fatti di Cristo (Cf. Ac 1,9); e sono stati lapidati, uccisi, posti in fuga (Cf. Ac 8,1). E cacciati da lì, unico luogo dove stavano, quasi legni ardenti di fuoco divino, hanno riempito tutta la selva del mondo, incendiandola con l’ardore dello Spirito e con la luce della Verità: così il Signore ha reso mirabile la sua misericordia nella città che sta attorno.

10. [v 23.] Io ho detto nella mia estasi. Si ricordi il titolo del salmo, poiché si tratta di quell’estasi. Osservate cosa dice: io ho detto nella mia estasi: sono stato rigettato dalla vista dei tuoi occhi. L’ho detto nel mio timore, cioè l’ho detto nella mia estasi. Si è accorto di essere spaventato nell’intimo, per non so quale grande sofferenza, come non ne mancano; sente il suo cuore pavido e trepidante, e dice: sono stato rigettato dalla vista dei tuoi occhi. Se fossi al tuo cospetto non avrei tanto timore; se tu mi guardassi, non tremerei così. Ma, siccome in un altro salmo dice: se dicevo: il mio piede si è smosso, la tua misericordia, o Signore, mi aiutava (Ps 93,18), anche qui, subito dopo dice: perciò tu hai esaudita la voce della mia preghiera. Poiché ho confessato e ho detto: sono stato rigettato dalla vista dei tuoi occhi, né mi sono levato in superbia, ma ho accusato il mio cuore e nella mia sofferenza tremando ti ho invocato, tu hai esaudito la mia preghiera. Si è adempiuto quindi ciò che ho ricordato dell’altro salmo. Infatti quanto è detto qui: io ho detto nella mia estasi: sono stato rigettato dalla vista dei tuoi occhi, è detto in quell’altro salmo: se dicevo: il mio piede si è smosso. E quanto dice in quel salmo: la tua misericordia, o Signore, mi aiutava, è detto così in questo: perciò tu hai esaudita, o Signore, la voce della mia preghiera. Osserva tutto questo in Pietro: vede il Signore che cammina sulle acque e lo crede un fantasma. Il Signore grida: sono io, non temere. Pietro confida e dice: Se sei tu, ordinami di venire a te sulle acque; così avrò la prova che sei tu, se grazie alla tua parola potrò fare ciò che tu puoi. Gli risponde Gesù: vieni. La parola di chi comanda diviene il potere di chi ascolta. Vieni, dice. E Pietro discese [dalla barca]; cominciò a camminare; camminava intrepido, perché sperava in lui; ma vedendo il forte vento ebbe paura. Io ho detto nella mia estasi: sono stato rigettato, dalla vista dei tuoi occhi. E mentre cominciava ad affondare, gridò: Signore, perisco. Gesù allora, porgendogli la mano, lo rialzò dicendo: Uomo di poca fede, perché hai dubitato? (Cf. Mt 14,26-32) Io ho detto infatti nel mio timore: sono stato rigettato dalla vista dei tuoi occhi: e, come se già stessi per annegare in mare, hai esaudito, Signore, la voce della mia preghiera. Ma l’hai esaudita, quando gridavo a te. Il grido rivolto a Dio non viene dalla voce, ma dal cuore. Molti tacendo con le labbra hanno gridato con il cuore; molti altri, pur gridando con la bocca, niente sono riusciti ad ottenere perché il loro cuore era rivolto altrove. Se gridi, grida dunque al di dentro, dove Dio ode. Quando gridavo - dice - a te, hai esaudita la voce della mia preghiera.

11. [v 24.] Ormai già esperto che cosa ci ammonisce? Amate il Signore, o voi tutti suoi santi. È come se dicesse: Credete a me, l’ho sperimentato; ho sofferto tribolazioni, l’ho invocato e non sono stato ingannato, ho sperato in Dio e non sono stato confuso; Egli ha illuminati i miei pensieri, ha posto fine alla mia trepidazione. Amate il Signore, o voi tutti suoi santi. Cioè, amate il Signore voi che non amate il mondo, voi tutti suoi santi. Infatti a chi dirò di amare il Signore? A chi ancora ama l’anfiteatro? A chi dirò di amare il Signore? A chi ancora ama i mimi, i pantomimi; a chi ancora ama l’ubriachezza, a chi ancora ama il fasto del secolo, e tutte le vanità e le follie mendaci? A costoro dirò: impara a non amare, per apprendere ad amare; distogliti per convertirti; svuotati, per essere riempito. Amate il Signore, voi tutti suoi santi.

Il premio della sofferenza.

12. Perché il Signore ricerca la verità. Sapete che ora appaiono molti malvagi; sapete che ora si inorgogliscono nelle loro vanità; ma il Signore ricerca la verità. E ripagherà coloro che insuperbiscono a oltranza. Sopportate finché soffrite, tollerate finché siete nell’indigenza: è necessario infatti che il Signore, ricercando la verità, ripaghi coloro che a oltranza insuperbiscono. Mi chiederai senz’altro: Quando ripagherà? Quando vuole. Sii certo che ripagherà: non dubitare della retribuzione, ma non osare dar consiglio a Dio riguardo al tempo. Non v’è dubbio che ricercherà la verità, e ripagherà coloro che insuperbiscono ad oltranza. Ripagherà alcuni anche qui, ed abbiamo visto e saputo che ripaga. Infatti, quando coloro che temono Dio sono umiliati, se per caso avevano prima brillato per qualche dignità terrena, pure umiliati non sono caduti, perché non hanno escluso Dio dal loro cuore; Dio è la loro grandezza. Giobbe sembrava umiliato per la perdita delle sue ricchezze, per la perdita dei suoi figli, per la perdita delle cose che conservava e di coloro per i quali le conservava; rimase senza eredità e, ciò che è ben più triste, senza eredi (Cf. Jb 1), rimase con la sola moglie, non sua consolatrice, ma piuttosto aiutante del diavolo (Cf. Jb 2,9). Sembrava umiliato: guarda se era caduto in miseria, eppure vedi se non era nel segreto del volto di Dio. Nudo - diceva - sono uscito dal seno della madre mia, e nudo ritornerò alla terra; il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come al Signore è piaciuto così è stato fatto; benedetto sia il Nome del Signore (Jb 1,21). Donde derivano queste gemme di lode a Dio? Lo vedete di fuori povero, nell’intimo è ricco. Queste gemme di lode a Dio uscirebbero forse dalla sua bocca, se egli non avesse un tesoro in cuore? Voi che volete essere ricchi, desiderate queste ricchezze, che non potreste perdere neppure in un naufragio. Quando dunque tali uomini sono umiliati, non considerateli miseri. Vi sbagliereste, poiché non sapete ciò che hanno dentro. Li giudicate secondo il metro di voi che amate il mondo, e, se tali cose perdete, restate infelici. Assolutamente non pensate così: essi hanno dentro di che gioire. Nel loro intimo è il loro Signore, nel loro intimo è il loro Pastore e il loro Consolatore. Cadono malamente coloro che ripongono in questo secolo la loro speranza. Quando vien tolto ciò che all’esterno splendeva, nell’intimo non resta altro se non il fumo della cattiva coscienza. Non hanno quindi di che consolarsi, non hanno di che uscire fuori, non hanno di che rientrare in sé, abbandonati dalla pompa del secolo, vuoti di grazia spirituale, davvero umiliati senza scampo. E molti Dio ripaga così, anche in questo tempo, ma non tutti. Se non ripagasse così nessuno, sembrerebbe quasi che la divina Provvidenza non vegliasse; se con tutti facesse così non conserverebbe la sua divina pazienza. Ma tu, o cristiano, hai imparato a soffrire, non a ripagare con la vendetta. Cristiano, vuoi vendicarti? Non si è ancora vendicato Cristo: forse che tu hai sofferto ingiurie da un malvagio ed Egli non ne ha patite? Forse che Egli non ha sofferto a cagion tua per primo, Egli che non aveva alcuna ragione di soffrire? Perché in te la tribolazione è la fornace dell’orefice (sempre che tu sia oro, e non paglia), affinché tu sia purificato dalle scorie, non ridotto in cenere.

13. [v 25.] Amate il Signore, o voi tutti suoi santi; perché il Signore ricerca la verità e ripagherà coloro che insuperbiscono ad oltranza. Ma, quando li ripagherà? Oh, se li ripagasse ora! Ora io li vorrei vedere umiliati e prostrati. Ascoltate quel che segue: comportatevi virilmente. Non lasciate andare spossate nelle tribolazioni le vostre mani, e non vacillino le vostre ginocchia. Comportatevi virilmente, e si rafforzi il vostro cuore. Si faccia forza il vostro cuore per sostenere e sopportare tutti i mali di questo secolo. Ma chi sono coloro ai quali così dice il profeta: comportatevi virilmente e si rafforzi il vostro cuore? Forse coloro che amano il mondo? No. Ascoltate a chi si rivolge: o voi tutti che sperate nel Signore.


Agostino Salmi 303