Agostino Salmi 52

SUL SALMO 52

52 Ps 52

ESPOSIZIONE

DISCORSO

I buoni ora gemono.

1. [v 1.] Intraprendo la spiegazione di questo salmo, del quale vi parlerò in conformità di ciò che il Signore mi vorrà suggerire. Sono i fratelli che mi spingono a metterci la volontà e che pregano per la riuscita dell’impresa. Se per la fretta avrò dimenticato qualcosa, la supplirà in voi colui che a me ha concesso la grazia di dirvi quel tanto che mi sarà riuscito. Il titolo del salmo reca: Per la fine, per Melet, intelligenza, per David stesso. Per Melet, come abbiamo trovato nella traduzione dei nomi ebraici, sembra significare: “ per colei che partorisce ”, oppure “ per colei che è nei dolori ”. I fedeli sanno chi in questo mondo partorisce e soffre, perché essi traggono origine proprio da tali dolori. È Cristo che qui in terra partorisce, è Cristo che qui soffre. Il capo è lassù in alto, ma le membra sono quaggiù. E, se non partorisse né soffrisse, non potrebbe dire: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (Ac 9,4) Colui che partoriva allorché Saulo perseguitava, quello stesso fece sì che anche Paolo, una volta convertito, partorisse. Infatti, dopo essere stato illuminato e dopo essere diventato uno di quei membri che aveva perseguitati, diceva, impregnato ormai della loro stessa carità: Figli miei, per i quali continuo a soffrire le doglie del parto, finché Cristo non sia formato in voi (Ga 4,19). Questo salmo si canta, dunque, per i membri di Cristo, per il suo corpo che è la Chiesa (Cf. Col 1,24), per quel solo uomo, cioè per quell’unità, il cui capo è in alto. Ora quest'uomo geme, è nei dolori del parto e soffre. Perché e tra chi, se non perché ha appreso e conosciuto dal suo capo che abbonderà l’iniquità e si raggelerà la carità di molti? Ma se abbonderà l’iniquità e si raggelerà la carità di molti, quale superstite proverà i dolori del parto? Così continua: Colui che avrà perseverato sino alla fine sarà salvo (Mt 24,12 Mt 13). La perseveranza è una grande virtù proprio perché si deve perseverare in mezzo alle molestie, alle tentazioni, ai turbamenti, agli scandali. A nessuno si ordina di sopportare una cosa che piace. Ma dal momento che si dicono - o si cantano - delle cose nei riguardi di questo tale, vediamo di che si tratta. In relazione a quest'uomo sono adesso, nel titolo, rimproverati coloro in mezzo ai quali si ha da gemere e da soffrire; ma alla fine del salmo si manifesta e si esprime la consolazione di colui che soffre e che partorisce. Ascolta, dunque, chi sono coloro in mezzo ai quali noi partoriamo e gemiamo, supposto che noi siamo nel corpo di Cristo, che viviamo sotto il suo capo e che siamo annoverati tra le sue membra.

Motivi del rifiuto di Dio.

2. Ha detto lo stolto in cuor suo: Dio non c'è. Tale è la stirpe degli uomini in mezzo ai quali soffre e geme il corpo di Cristo. Ma se effettivamente questa è la categoria degli uomini ad opera dei quali soffriamo i dolori del parto, essi sono pochi. Secondo il nostro giudizio, sono anzi pochissimi; ed è difficile imbattersi in un uomo che dica in cuor suo: Dio non c'è. E proprio perché son pochi, non hanno il coraggio di parlare in questo modo in mezzo ai molti; quindi dicono in cuor loro ciò che non osano dire con la bocca. Non è, quindi, una gran cosa quella che dobbiamo sopportare; la si trova appena. Poco numerosa è la massa degli uomini che dicono in cuor loro: Dio non c'è. Ma, forse, se prendiamo il testo in un senso alquanto diverso, potremo incontrare in molti ciò, che pensavamo essere solamente in pochi e rari individui, o addirittura in nessuno. Si facciano avanti coloro che vivono nel male! Guardiamo attentamente le azioni dei perversi dei facinorosi, degli scellerati, dei quali certamente grande è la moltitudine: persone che ogni giorno danno esca ai loro peccati e mediante la consuetudine acquisita con le male azioni hanno perduto anche il pudore. Questa folla di uomini è tanto grande che il corpo di Cristo, posto in mezzo ad essi, a malapena osa protestare contro ciò che in nessun modo gli è consentito di accettare; anzi stima gran cosa per sé, se riesce a conservare l’integrità e l’innocenza e a non fare ciò che ormai per abitudine non osa biasimare. Che se lo biasima, più facilmente gli toccherà udire la protesta e il reclamo elevati da coloro che vivono male che non la libera voce di coloro che vivono bene. Ecco chi sono coloro che praticamente dicono in cuor loro: Dio non c'è. Ora io voglio argomentare contro costoro. In che maniera? Essi credono che le loro azioni piacciano a Dio. Il salmo, però, non dice: Qualcuno ritiene, ma: Ha detto lo stolto in cuor suo: Dio non c'è. Essi ritengono che vi sia un Dio, ma un Dio, a cui piaccia la loro condotta. Ma, se da uomo intelligente osservi che è lo stolto a dire in cuor suo: Dio non c'è, e se fai attenzione e con intelligenza soppesi per ogni verso la cosa, ti rendi conto che chi ritiene che piacciano a Dio le cattive azioni dell’uomo, non lo ritiene veramente Dio. Poiché, se è Dio, è giusto; se è giusto, l’ingiustizia non può essergli gradita e l’iniquità dovrà per forza dispiacergli. Orbene tu, credendo che a lui piaccia l’iniquità, neghi che egli sia Dio. Se infatti, Dio è colui cui dispiace l’iniquità, per quanto tu ti sarai voluto immaginare un Dio a cui l’iniquità non dispiaccia, resta sempre vero che di dèi non ce ne sono altri all’infuori di colui al quale l’iniquità dispiace. Per cui, quando tu dici: Dio favorisce le mie scelleratezze, non fai altro che dire: Dio non c'è.

Negatori della divinità di Cristo.

3. [v 2.] Possiamo intendere il nostro testo anche in riferimento a Cristo, nostro signore e nostro capo. Quando egli infatti apparve sulla terra in forma di servo, coloro che lo crocifissero dichiararono: Non è Dio. Dal momento che era Figlio di Dio, era certamente Dio. Ma che cosa dissero coloro che si erano guastati ed erano divenuti abominevoli? Non è Dio. Uccidiamolo! Non è Dio. Nel libro della Sapienza trovi le parole di costoro; ma osserva prima la corruzione che fa dire ad essi in cuor loro: Non è Dio. Infatti, dopo aver premesso il versetto: Ha detto lo stolto in cuor suo: Non è Dio, quasi andando in cerca delle cause per le quali questo stolto abbia potuto pronunziarsi così, il salmo prosegue: Si sono guastati e sono divenuti abominevoli nelle loro ingiustizie. Ascolta questi corrotti. Essi, infatti, così parlarono tra loro, pensando iniquamente. La corruzione comincia dalla malafede; da qui si passa ai costumi depravati, per arrivare poi alla più violenta ingiustizia. Tale è la scala che, in genere, si percorre. Che cosa dissero, dunque, tra sé pensando malamente? Poca cosa e sommersa dal tedio è la nostra vita (Sg 2,1 Sg 2). Da questa errata convinzione procede ciò che anche l’Apostolo notava: Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo (1Co 15,32). Ma nel libro della Sapienza è più ampiamente descritta tale lussuria: Coroniamoci di rose, prima che marciscano; lasciamo ovunque i segni della nostra baldoria. Edopo questa più ampia descrizione della lussuria, che cosa leggiamo? Uccidiamo il povero giusto (Sg 2,8-10); il che significa dire: Non è Dio. Sembravano dolci le loro parole mentre dicevano: Coroniamoci di rose, prima che marciscano. Che cosa c'è di più delicato? che cosa di più tenero? Ti aspetteresti, dopo questa tenerezza, la croce, le spade? Non stupirti! Sono tenere anche le radici delle spine; se le tocchi non ne sei punto, ma da esse nasce ciò che ti pungerà. Orbene, questi sono divenuti corrotti e abominevoli nelle loro ingiustizie. Ha detto lo stolto in cuor suo: Non è Dio. Se è il Figlio di Dio, scenda dalla croce (Mt 27,40). Questo significa dire apertamente: Non è Dio.

Un severo giudizio attende i seduttori delle anime.

4. Ma in qual modo tra loro geme il corpo di Cristo? Ebbero a gemere fra loro gli Apostoli che vissero agli inizi e gli immediati discepoli di Cristo; ma con noi che hanno a che fare costoro? In qual modo noi proviamo i dolori del parto in mezzo ad essi? Ancora vi è chi dice: Cristo non è Dio. Lo dicono i pagani che ci sono rimasti; lo dicono ancora i giudei, sparsi in tutto il mondo a testimonianza della loro confusione; e lo sostengono pure molti eretici. Difatti gli ariani dicono: Non è Dio; gli eunomiani dicono: Non è Dio. A ciò si aggiunga, o fratelli, la voce di quei tali di cui ho parlato poc'anzi: di coloro che vivono nel male e non dicono altro se non che: Non è Dio. Quando infatti noi diciamo loro che Cristo verrà come giudice e che ci sarà il giudizio, come affermano categoricamente le Scritture, essi preferiscono porgere l’orecchio al serpente che suggerisce: Tu non morrai (Gentile 3, 4), come disse in paradiso, in netto contrasto con la verità di Dio che aveva decretato e detto espressamente all’uomo: Tu morrai (Gentile 2, 17). Così anche costoro operano il male e si lusingano dicendo: “ Cristo verrà, sì, ma darà a tutti il perdono ”. Prendono per bugiardo colui che disse che avrebbe separato gli empi e li avrebbe radunati alla sinistra, e, mentre avrebbe collocato a destra i giusti, dicendo a questi ultimi: Venite, benedetti del Padre mio; ricevete il regno che è stato preparato per voi fin dall’origine del mondo, agli empi avrebbe detto: Andate nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e gli angeli suoi (Mt 25,34 Mt 41). Come infatti potrà dare a tutti il perdono? Come farà a non condannare nessuno? Per forza debbono concludere che egli ha mentito. Ma questo significa dire: Non è Dio. Sta' attento a non essere tu bugiardo. Tu sei uomo, egli è Dio; Dio è verace, mentre ogni uomo è menzognero (Cf. Ps 115,11). Ma che cosa farai nei confronti di costoro, tu che appartieni al corpo di Cristo? Per ora, separati da essi con il cuore e con la vita. Non imitarli; non renderteli familiari; non dar loro il tuo assenso né la tua approvazione; anzi, cerca di redarguirli. Perché t'incanti a guardare chi dice tali cose? Si sono guastati e son divenuti abominevoli nelle loro ingiustizie; non c'è chi faccia il bene.

Dio agisce anche come causa del nostro agire.

5. [v 3.] Dio dal cielo ha guardato sopra i figli degli uomini, per vedere se c'è chi comprenda e ricerchi Dio. Che significa: Si sono guastati e sono divenuti abominevoli tutti costoro che affermano: Non c'è Dio? Ma come? Non sapeva Dio che costoro erano divenuti tali? O non è vero, piuttosto, che il loro segreto pensiero non si sarebbe manifestato a noi, se egli non lo avesse rivelato? Se dunque lo conosceva, se lo sapeva, perché si dice ora che egli ha guardato dal cielo sopra i figli degli uomini, per vedere se c'è chi comprenda e ricerchi Dio? Vale infatti per uno che ricerca, e non per uno che già conosce, l’espressione: Dio dal cielo ha guardato sopra i figli degli uomini, per vedere se c'è chi comprenda e ricerchi Dio. E, come se avesse trovato ciò che cercava nella sua investigazione, guardando dal cielo dichiara: Tutti hanno fuorviato, tutti sono diventati vanità; non c'è chi faccia il bene, non ce n'è neppure uno. Sorgono qui due questioni piuttosto difficili. Se Dio guarda dal cielo per vedere se c'è qualcuno che lo comprenda e lo ricerchi, subentra nella persona ignorante il pensiero che Dio non conosca tutto. Questa è la prima questione. Qual è l’altra? Se non c'è chi fa il bene, se non ce n'è neppure uno, chi sarà colui che soffre le doglie del parto in mezzo ai malvagi? La prima questione si risolve osservando che spessissimo la Scrittura si esprime come se fosse Dio a fare ciò che fa la creatura per un dono di Dio. Ad esempio: tu usi compassione a un povero. Siccome lo fai per un dono di Dio, si dice che è Dio ad aver misericordia. Quando riconosci quale sia il tuo stato, tu lo riconosci per una illuminazione divina. E allora, quando sei in grado di affermare: Tu, o Signore, darai luce alla mia lampada; o Dio mio, tu illuminerai le mie tenebre (Ps 17,29), è Dio che in un certo qual modo conosce ciò che tu hai conosciuto per suo dono e per suo intervento. Cosa significano, infatti, le parole: Vi tenta il Signore Dio vostro per sapere se lo amate (Dt 13,3)? Cosa vuol dire: Per sapere? Significa che egli, con un suo dono, vi procura tale conoscenza. Nello stesso senso vanno intese queste parole: Dio dal cielo ha guardato sopra i figli degli uomini per vedere se c'è chi comprenda e cerchi Dio. Egli ci assista e ci conceda di poter comunicare a voi quei concetti che egli stesso ha deposti nel nostro cuore. Dice l’Apostolo: Noi abbiamo ricevuto non lo spirito di questo mondo, ma lo Spirito che è da Dio, affinché sappiamo riconoscere le cose che da Dio ci sono state donate (1Co 2,12). Orbene con questo Spirito, grazie al quale conosciamo i doni che Dio ci ha concessi, siamo in grado di discernere tra noi e coloro che non hanno ricevuto di tali doni: noi conosciamo gli altri facendo dei riferimenti con noi stessi. Poiché, se siamo convinti che noi non abbiamo potuto conseguire alcunché di buono, se non per dono e concessione gratuita di colui dal quale deriva ogni bene, nello stesso tempo ci accorgiamo che niente di tutto ciò possono avere coloro ai quali Dio non ha fatto tali doni. Questo nostro discernimento procede dallo Spirito di Dio; e in quanto noi vediamo tutto questo mediante lo Spirito di Dio, diciamo che Dio vede: proprio perché è Dio che fa in modo che noi possiamo vedere. Per questo è stato anche scritto: Lo Spirito scruta ogni cosa, anche la profondità di Dio (1Co 2,10). Non perché colui che tutto sa debba ancora scrutare, ma perché a te è stato donato lo Spirito che ti consente di scrutare. Ciò che tu fai per suo dono si dice che è lui a farlo, in quanto senza di lui tu non saresti in grado di farlo. Ecco, dunque, in che senso si dice che Dio agisce quando invece sei tu ad agire. Per il dono dello Spirito che li rende figli, coloro ai quali è stato dato lo Spirito di Dio guardano sopra i figli degli uomini, per vedere se c'è chi comprenda e cerchi Dio; ma poiché ciò fanno per dono di Dio e mossi dal suo Spirito, si dice che è Dio a fare tutto questo, cioè a guardare e a vedere. Ma, perché sta scritto: Dal cielo, se sono gli uomini a fare ciò? Lo dice l’Apostolo: La nostra vita è nei cieli (Ph 3,20). Con che cosa, infatti, cerchi tu di vedere? Di che cosa disponi per riuscire a comprendere? Non è forse col cuore che tu vedi? Se tutto questo lo fai col cuore, esamina, o cristiano, se hai in alto il cuore. Se hai il cuore in alto, dal cielo guardi verso la terra. E, poiché fai tutto questo grazie al dono di Dio, Dio dal cielo guarda sopra i figli degli uomini. Per quanto era in noi, ci pare che la prima questione sia stata risolta.

Dio comunica all’uomo la sua divinità.

6. [v 4.] Che cosa constatiamo noi osservando? Che cosa constata Dio quando si pone a osservare? Che cosa ha da conoscere, dal momento che egli tutto dona? Ascolta che cosa. Tutti hanno fuorviato, tutti sono ormai una vanità: non c'è chi faccia il bene, non ce n'è neppure uno. Qual è, dunque la seconda questione, se non quella di cui poco fa ho parlato? Se non c'è chi faccia il bene, se non ce n'è neppure uno, non resta nessuno che gema tra i malvagi. Aspetta, dice il Signore; non rispondere affrettatamente. Ho concesso agli uomini di operare il bene, ma, insisto, ciò per dono mio non per le loro capacità. Da se stessi, infatti, non sono buoni; e quando fanno il male sono figli degli uomini; quando fanno il bene, sono figli miei. Dio ha trasformato i figli degli uomini in figli di Dio, avendo reso il Figlio di Dio figlio dell’uomo. Osservate di quale partecipazione si tratta. Ci è stata promessa la partecipazione alla divinità; e avrebbe potuto mentire chi ha fatto tale promessa, se egli per primo non si fosse reso partecipe della condizione mortale. Ma il Figlio di Dio si è fatto partecipe della mortalità, affinché l’uomo mortale divenisse partecipe della divinità. Colui che ti ha promesso di dividere con te i suoi beni per primo ha diviso con te i tuoi mali; colui che ti ha promesso la divinità ha manifestato nei tuoi confronti la carità. Togli dunque ciò per cui gli uomini sono figli di Dio, e resterà soltanto ciò per cui essi sono figli degli uomini. Non c'è chi faccia il bene, non ce n'è neppure uno.

Il popolo di Dio vessato dagli empi.

7. [v 5.] Non lo sapranno, forse, tutti coloro che operano ingiustizia, che divorano il mio popolo come pane? Non lo sapranno forse? Forse non sarà loro mostrato? Di', minaccia, parla nella persona di chi partorisce e soffre. Il tuo popolo, infatti, è divorato come pane. È dunque il popolo di Dio che è divorato. Sicuramente non c'è chi faccia il bene, non ce n'è neppure uno. La risposta è secondo la norma che abbiamo già vista. Ma questo popolo che è divorato, questo popolo che soffre per colpa dei malvagi, questo popolo che geme e partorisce in mezzo ai cattivi, è formato da figli degli uomini divenuti ora figli di Dio. Per questo è divorato. Avete disprezzato la risoluzione del misero; perché suo rifugio è il Signore (Ps 13,6). Di solito, per divorare il popolo di Dio, non si tiene in alcun conto che esso è, appunto, il popolo di Dio. Lo deruberò, si dice, e lo spoglierò: se infatti è cristiano, che cosa mi potrà fare? La risposta viene da colui che parla per chi partorisce, e minaccia coloro che divorano, dicendo: Non lo sapranno, forse, tutti coloro che operano ingiustizia? Infatti anche colui che vedeva il ladro e gli si univa e si metteva dalla parte degli adulteri, colui che, stando seduto, sparlava contro il suo fratello, e contro il figlio di sua madre gettava scandalo, diceva in cuor suo: Dio non c'è. Per questo, però, ecco la risposta che riceve: Tutto questo hai tu fatto e io ho taciuto; e tu hai pensato iniquamente che io fossi simile a te; cioè, che io non fossi Dio, in quanto sarei stato somigliante a te. Ma che cosa segue? Ti rimprovererò e ti collocherò in faccia a te stesso (Ps 49,18-21). Così anche nel caso nostro: Io ti rimprovererò e ti collocherò in faccia a te stesso. Non vuoi riconoscerti ora per quello che sei, per rammaricarti del tuo comportamento; lo riconoscerai per piangerne. Dio non mancherà di dimostrare agli empi la loro iniquità. Se così non fosse, chi sarà a dire: Che cosa ci ha giovato la superbia e che cosa ci ha portato il vantarci delle ricchezze? (Sg 5,8) Allora, insomma, tutti quelli che ora non vogliono sapere, sapranno. Non sapranno forse tutti coloro che operano ingiustizia, che divorano il mio popolo come pane? Perché aggiunge il salmo: Come pane? Essi mangiano il mio popolo come pane. Delle varie cose di cui ci nutriamo, ora ne mangiamo l’una, ora l’altra: non sempre mangiamo la stessa specie di legumi, lo stesso tipo di carne o di frutta, ma sempre mangiamo il pane. Che significano dunque le parole: Divorano il mio popolo come pane? Significa che senza tregua, senza pause, divorano coloro che divorano il mio, popolo come pane.

Il culto disinteressato.

8. [vv 6. 7.] Non hanno invocato Dio. Consola chi geme (e lo fa soprattutto rievocandogli certi ricordi), perché questi, imitando i cattivi, che di solito hanno successo, non cominci a provar gusto nel diventare cattivo anche lui. Ciò che ti è stato promesso ti verrà dato senza meno. La speranza degli iniqui è circoscritta al tempo presente, la tua è nel futuro; ma la loro è incerta, la tua è sicura; la loro è falsa, la tua verace. Essi non hanno invocato Dio. Ma costoro - mi chiederete - non pregano forse Dio ogni giorno? No, non pregano Dio. Prestate attenzione. Cercherò di spiegarvelo con l’aiuto di Dio stesso. Dio vuole un culto disinteressato, un amore gratuito, cioè un amore puro. Non vuole essere amato perché dà qualcosa diverso da lui, ma perché dà se medesimo. Chi invoca Dio per diventare ricco, non invoca Dio; invoca ciò che desidera che venga a lui. Che cosa significa, infatti, “ invocare ”, se non chiamare verso di sé? Chiamare a sé, questo è invocare. Quando dici: “ Dio, dammi le ricchezze ”, non vuoi che venga a te Dio; vuoi che vengano a te le ricchezze. Tu invochi, quello che vuoi che venga a te. E se davvero tu invocassi Dio, egli verrebbe a te e sarebbe la tua ricchezza. Ma tu in realtà preferisci avere la cassaforte piena e vuota la coscienza, mentre Dio riempie i cuori, non i forzieri. A che ti servono le ricchezze esteriori, se ti urge internamente la miseria? Orbene, coloro che invocano Dio per ottenere vantaggi temporali, per avere i beni della terra, per la vita presente e per la loro felicità in questo mondo, non invocano Dio.

Timore fondato e timore infondato.

9. E quindi, cosa segue a proposito di costoro? Hanno tremato di paura per ciò che non era da temere: C'è forse da temere per la perdita delle ricchezze? Non vi è ragione di temere, eppure si teme. Vi è da temere, invece, di fronte alla perdita della saggezza ma al contrario tale perdita non spaventa. Sta' a sentire! E riconosci e comprendi di chi si tratti. A un individuo, ad esempio è stata affidata in custodia una borsa. Egli, che non ha intenzione di restituirla, la ritiene come sua; non crede che gli possa essere ripresa, anzi già la considera sua proprietà, e quindi si rifiuta di renderla. Guardi bene, costui, ciò che teme di perdere e ciò che non si cura di avere. Sono in ballo il denaro e la coscienza; il danno maggiore, e quindi da temersi di più, riguarda la cosa di maggior pregio. Ma tu, pur di conservare l’oro ti rovini la coscienza! Subisci un danno ben più grande mentre ti rallegri per il denaro. Sì, hai temuto là dove non c'era da temere. Restituisci il denaro! E dico poco: Restituisci! Getta via il denaro, pur di non perdere l’onestà. Tu, invece, hai avuto paura di restituire il denaro e non ti sei preoccupato di perdere la buona coscienza. I martiri non solo non si appropriarono del denaro altrui, ma disprezzarono tutto per non perdere la loro fede; e poco fu per loro perdere il denaro quando furono inviati in esilio; perdettero anche la vita quando furono perseguitati. Persero la vita per ritrovarla nella vita eterna (Cf. Mt 10,39). Essi dunque hanno avuto timore là dove c'era da averne. Ma coloro che hanno detto a Cristo: Non è Dio, temettero là dove non c'era da temere. Dissero infatti: Se lo lasceremo libero, verranno i romani e ci toglieranno il tempio e il regno (Jn 11,48). Quanto è stolto e scriteriato chi dice in cuor suo: Non è Dio! Hai avuto timore di perdere la terra, e hai perduto il cielo! Hai avuto timore che venissero i romani e ti privassero del tempio e del regno; ma avrebbero potuto, forse, strapparti Dio? Che ti resta dunque da fare? Che cosa ti resta, se non confessare che hai voluto possedere e, possedendo male, hai perduto? Uccidendo il Cristo, hai perduto il tempio e il popolo. Hai preferito uccidere Cristo piuttosto che rimaner privo del santuario; ed hai perduto il santuario e il popolo e Cristo. Con paura uccisero Cristo; ma donde nasceva questa paura? Temevano perché Dio ha disperso le ossa di coloro che piacciono agli uomini. Smaniosi di piacere agli uomini, ebbero timore di perdere il luogo santo. Ma Cristo, cioè colui del quale essi avevano detto: Non è Dio, preferì essere sgradito a uomini siffatti; preferì essere sgradito ai figli degli uomini, non ai figli di Dio. Per questo le ossa di costoro sono state disperse mentre nessuno spezzò le ossa di lui. Sono stati confusi, perché Dio li ha disprezzati. In verità, fratelli, per quanto li riguarda essi hanno subìto uno smacco tremendo. I giudei non sono più nel luogo ove crocifissero il Signore, che appunto crocifissero per non perdere quel luogo e il regno. Dio, dunque, li ha umiliati; ma proprio umiliandoli, li ha invitati a convertirsi. Riconoscano ora Cristo; e dicano che è Dio colui che avevano detto non essere Dio. Ritornino all’eredità paterna, all’eredità di Abramo, di Isacco e di Giacobbe! Entrino con essi in possesso della vita eterna dopo aver perduto la vita terrena. Ma tutto questo in che modo? Diventando, da figli degli uomini, figli di Dio. Infatti finché staranno fermi e rifiuteranno [quel ritorno], non c'è chi faccia il bene, non ce n'è neppure uno; sono rimasti confusi, perché Dio li ha disprezzati. E, come volgendosi ad essi, dice: Chi darà da Sion la salvezza a Israele? O stolti! Chi è colui che beffate, insultate, schiaffeggiate, coprite di sputi, coronate di spine, sollevate sulla croce? Chi è costui? Chi darà da Sion la salvezza a Israele? Non, forse, colui del quale avete detto: Non è Dio? Questo avverrà quando Dio rovescerà la prigionia del suo popolo. Perché capace di rovesciare la prigionia del suo popolo non c’è altri se non colui che ha voluto essere prigioniero nelle vostre mani. Ma chi riuscirà a capire tutto questo? Esulterà Giacobbe, e si rallegrerà Israele. Colui che è veramente Giacobbe e colui che è veramente Israele (quel minore, cioè, del quale il maggiore divenne servo (Cf. 23)) questi esulterà, perché potrà conoscere.

SUL SALMO 53

53 Ps 53

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Saul e David, nella storia e nella tipologia.

1. [vv 1. 2.] Il titolo di questo salmo è piuttosto lungo; ma, a ben comprenderlo, reca un frutto copioso. E siccome il salmo è breve, potremo trattenerci a discuterne il titolo, rifacendoci, poi, nella rapidità con cui spiegheremo il salmo. Dal titolo, infatti dipende il senso di ogni versetto che si canta. Quando uno capisce che cosa è inciso sul frontone di una casa, entra sicuro e non si smarrirà quando sarà entrato, poiché già sulla porta è indicato come comportarsi per non sbagliare una volta entrati nell’interno. Dice, dunque, il titolo del salmo: Per la fine; negli inni; intelligenza, per David stesso, quando vennero gli zifei e dissero a Saul: Non è, forse, David nascosto presso di noi? Sappiamo perfettamente che Saul perseguitava quel sant'uomo di David; sappiamo che Saul raffigura allegoricamente quel regno temporale che dice relazione non con la vita ma con la morte; e ci ricordiamo di aver sottolineato tutto questo alla vostra Carità. Inoltre, dovete sapere e ricordarvi che, David stesso raffigura Cristo, o meglio il corpo di Cristo. Chi sono, allora, gli zifei? Zif era un villaggio, i cui abitanti erano gli zifei e nella loro regione si era nascosto David quando Saul voleva trovarlo e ucciderlo. Orbene questi zifei, quando vennero a conoscenza di ciò, lo denunziarono al re che lo perseguitava e dissero: Non è, forse, David nascosto presso, di noi? (Cf. 1S 23,14 1S 15 1S 19) Tale denunzia non arrecò loro, alcun giovamento né portò alcun danno a David. Da essa risulta chiaro, senza dubbio, che il loro animo era malevolo, ma Saul neppure dopo la loro denunzia poté catturare David. David, invece, quando gli fu data l’occasione di uccidere Saul, incontrandolo indifeso in una grotta di quella regione lo risparmiò e non fece ciò che facilmente avrebbe potuto (Cf. , 4-8): esattamente il contrario di Saul, il quale cercava di fare ciò che non poteva. Quanto agli zifei, vedano pure altri chi fossero costoro; noi cerchiamo di vedere qual sorta di persone ci descriva il salmo, prendendo lo spunto da loro.

183 Le ricchezze dei mondani sono caduche.

2. Se ci chiediamo che cosa significhi la parola zifei, troviamo che significa “ fiorenti ”. Questi ignoti “ fiorenti ” erano, dunque, nemici del santo David: “ fiorenti ”, nemici di uno che stava nascosto. Occorrerà poterli identificare con qualche porzione del genere umano, se vogliamo intendere il salmo. Dapprima troviamo chi sia quel David nascosto, poi troveremo i suoi avversari fiorenti. Osserva David nascosto: Siete morti, dice l’Apostolo ai membri di Cristo, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Questi che ora sono nascosti, quando saranno fiorenti? Continua l’Apostolo: Quando apparirà Cristo, vostra vita, allora anche voi apparirete con lui nella gloria (
Col 3,3 Col 4). Quando questi saranno fiorenti, allora gli zifei inaridiranno. Notate, infatti, a quale fiore è paragonata la loro gloria: Ogni carne è erba, e ogni gloria della carne è come fiore d'erba. Quale è la sua fine? L'erba è inaridita e il fiore è caduto. Dove sarà, allora, David? Nota ciò che segue: Ma la parola del Signore rimane in eterno (Is 40,6 Is 8). Si tratta, dunque, di due classi di uomini, che voi dovete distinguere e tra cui dovete scegliere. Che cosa ti gioverebbe, infatti, averli potuti identificare, se poi tu fossi pigro nella scelta? E la possibilità di scegliere esiste solo in questa vita; verrà il tempo in cui questa possibilità non ti sarà più concessa, poiché Dio non differirà più oltre la sua sentenza. Chi sono, dunque, questi fiorenti zifei, se non la stirpe di quel Doec idumeo, del quale già abbiamo parlato alla vostra Carità pochi giorni or sono e del quale è detto: Ecco l’uomo che non ha posto in Dio la sua fiducia, ma ha sperato nella moltitudine delle sue ricchezze e si è inorgoglito nella sua vanità (PT 51,9)? Sono questi i fiorenti figli del secolo, che ora dal Vangelo avete udito essere, nella loro stirpe, più astuti dei figli della luce. Ti danno infatti, costoro, l’impressione che vogliano effettivamente provvedere al futuro: dove, però, neanche sanno se potranno giungere. Avete udito cosa fece al suo padrone quell’amministratore che voleva procurarsi una certa agiatezza con i beni del suo signore e perciò aveva fatto doni ai debitori di lui, affinché essi lo accogliessero nel caso fosse stato allontanato dal suo ufficio di amministratore. Sebbene avesse ingannato il suo padrone, questi tuttavia lodò il suo modo di agire, non per il danno subìto, ma per l’ingegnosità di lui. Ebbene, quanto più noi (secondo l’esortazione del nostro Signore Gesù Cristo) dobbiamo attirarci amicizie per mezzo dell’iniquo mammona (Cf. Lc 16,8-9)? La parola “mammona” significa ricchezze. Ma le nostre ricchezze sono là dove è la nostra casa eterna, nel cielo. Quanto agli altri, coloro cioè che non conoscono altra fioritura se non quella temporale e non intendono procurarsi, con i loro beni, amici per l’eternità, costoro non hanno la nozione della vera ricchezza e pertanto chiamano ricchezza gli stessi averi materiali. Solo questi beni, infatti, destinati a fiorire per un giorno, come il fieno, sono dagli iniqui stimati ricchezza. Costoro sono gli zifei, nemici di David, che fioriscono in questo mondo.

La prosperità dei cattivi non scandalizzi i buoni.

3. Talvolta anche i figli della luce, nella loro debolezza, guardano a costoro e si sentono vacillare i piedi vedendo i malvagi prosperare nella felicità; e dicono tra sé: “ A che cosa mi giova la giustizia? Che vantaggi mi procura il fatto che servo Dio, che rispetto i suoi comandamenti, che non opprimo, non derubo, non faccio del male a nessuno e do in prestito nei limiti del possibile? Ecco: io faccio tutte queste cose, e ho tanto da soffrire mentre loro godono ogni prosperità ”. Ma come? anche tu vuoi essere uno zifeo? Essi fioriscono nel mondo ma inaridiranno nel giorno del giudizio, e, dopo essere inariditi, saranno gettati nel fuoco eterno. Vuoi che capiti così anche a te? Non sai che cosa ti ha promesso colui che è venuto a te? Quale mostra di valori ti ha fornito in se stesso? Se il fiore degli zifei fosse desiderabile forse che il Signore stesso non avrebbe cercato di fiorire in questo mondo? A lui non mancava certo la possibilità di star bene! Invece egli preferì tenersi nascosto in mezzo agli zifei e dire a Ponzio Pilato che lo interrogava (quasi che anche lui fosse un fiore degli zifei) ed aveva sospetti sul suo regno: Il mio regno non è, di questo mondo (Ps 18,36). Dunque, egli qui in terra si nascondeva; e tutti i buoni sono quaggiù nascosti, perché il loro bene è nell’intimo, è celato, è nel cuore, dove è la fede, dove è la carità la speranza e ogni loro tesoro. Forse che questi beni son roba appariscente agli occhi del mondo? Tali beni sono nascosti, e altrettanto nascosta ne è la ricompensa. Ma, la gloria del mondo è, dunque, splendente? Splende per un momento; non splenderà per sempre. È un'erba che cresce d'inverno e verdeggia fino all’estate. Non alligni, dunque, nell’animo nostro, quell’atteggiamento che abbiamo trovato in un altro salmo. Mi riferisco a quel tale che confessa d'aver vacillato, d'esser quasi caduto. I suoi passi, mai allontanatisi dalla via di Dio, stavano per diventare insicuri al veder fiorire la felicità degli iniqui. In seguito, però conobbe ciò che Dio riserba loro alla fine, e che cosa ha promesso ai giusti che soffrono colui che non può ingannare. Rendendo allora grazie per questa conoscenza, dice: Quanto è buono il Dio d'Israele con i retti di cuore! Perché dice questo? Perché per poco i miei piedi non hanno inciampato. Per qual motivo? Per invidia verso i peccatori, vedendo la pace dei malvagi. Ma, i suoi passi divennero sicuri dopo che ebbe meditato sulla sorte che attende l’uomo alla fine. Nello stesso salmo, infatti, poco più avanti dice: È un tormento ai miei occhi. Cioè, mi è sorta nel cuore una grande questione: come mai gli uomini fanno il male e fioriscono nel mondo, mentre molti altri compiono il bene e in questa terra soffrono? Tale questione è grande dinanzi ai miei occhi, è difficile a sciogliersi. È un tormento per me, dice, finché io non entri nel santuario di Dio e non consideri la sorte finale di ognuno (Ps 72,1-17). Quale sarà questa sorte finale? Quale, se non quella che ci è stata già preannunziata nel Vangelo? Quando sarà venuto il Figlio dell’uomo si riuniranno dinanzi a lui tutte le genti; ed egli le separerà, come il pastore separa le pecore dai caproni: le pecore porrà a destra i caproni a sinistra (Mt 25,31-33). Ecco che quei tali zifei saranno separati; e alla separazione seguirà il fuoco. Dov'è il fiore di coloro che allora staranno a sinistra? Non gemeranno forse allora? Non saranno tormentati da tardivo pentimento e diranno: A che cosa ci ha giovato la superbia? A che cosa ci ha portato il vantarci delle ricchezze? Tutto è passato come un'ombra (Salp 5: 8). O zifei che state a sinistra, troppo tardi vi pentite d'aver fiorito nell’ombra! Perché non avete riconosciuto David, mentre era nascosto tra voi e voi lo denunziavate? Se vi foste corretti allora, non sarebbe stato senza frutto il vostro dolore. Perché c'è un dolore che dà frutti e un dolore che non ne dà. È dolore fruttuoso quando ti accusi, quando disapprovi i tuoi costumi malvagi e, dopo averli disapprovati, li combatti; quando rinunzi ai costumi che hai condannati e, dopo tale rinunzia, li muti, spogliandoti dell’uomo vecchio e rivestendoti del nuovo, preferendo l’obbrobrio di Cristo al fiore degli zifei. Ebbene, tu che possiedi nel segreto il tuo bene e stai celato in mezzo agli zifei, nascondendo la promessa della tua ricompensa, se ti capita qualche dignità del secolo non insuperbirtene perché, se andrai orgoglioso di tale dignità, cadrai come il fiore degli zifei. Vedi come si comportò, a questo riguardo, una santa donna, nata in seno all’antico popolo giudaico: Ester. Era sposa del re straniero, quando il suo popolo si trovò in tale pericolo che ella dovette scongiurare il re per salvare i suoi concittadini. Cominciò a pregare, e in questa preghiera confessò che tutte le insegne regali di cui era adorna erano per lei come stracci immondi (Cf. . Est 4,16). Se tanto possono delle donne, non lo potranno gli uomini? E se a tanto poté elevarsi una donna giudea, non lo potrà la Chiesa cristiana? Questo, dunque, dirò alla vostra Carità: Se avete ricchezze in abbondanza, non vi attaccate il cuore (Ps 61,11). Anche se esse abbondano, anche se ti sorride la prosperità del secolo, non fidarti del mare, neppure quando è in bonaccia. Se le ricchezze affluiscono e abbondano, calpestale e aggrappati al tuo Dio. Perché, se le terrai sotto i piedi e ti terrai aggrappato a lui, non cadrai quando ti verranno sottratte. Che non ti capiti, per colpa dei malvagi pensieri (pensieri tutt'altro che cristiani!) ciò che sta scritto in un altro salmo, in cui, dopo essersi parlato del fiore di questi zifei, si esce in questa espressione: Troppo profondi sono i tuoi disegni. Ripeto: Troppo profondi sono i tuoi disegni (dice), e l’uomo imprudente non li conoscerà e lo stolto non li capirà. Che cosa non capirà? Che germogliano i peccatori come l’erba, e tutti i malfattori vogliono emergere ma poi saranno sterminati in perpetuo (Ps 91,6-8). Incantati dal fiorire dei malvagi, costoro si son detti: “ Ecco, i malvagi fioriscono, quindi Dio ama i malvagi ”; e, allettati dal momentaneo fiorire degli ingiusti, si sono volti, anche loro, verso l’ingiustizia, ma per finire nella perdizione. E questa perdizione non sarà temporanea, come la fioritura degli empi, ma eterna. Perché tutto questo? Perché l’uomo privo di senno non conoscerà e lo stolto non capirà. Egli, infatti, non entra nel santuario di Dio per comprendere il destino ultimo degli uomini. D'altra parte, bisogna, pur dire che è piuttosto difficile questo “ intelletto ” con cui si apre il nostro salmo; come è anche difficile capire perché mai David si sia nascosto in mezzo agli zifei, senza rallegrarsi per il fiorire degli zifei, preferendo anzi, essere umile tra costoro e conseguire la gloria occulta che gli era tenuta in serbo presso Dio. Che cosa si attribuisce a David nel titolo del “salmo? In vista della fine, negli inni: cioè nelle lodi. Quali lodi? Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Come al Signore è piaciuto così è successo Sia benedetto il nome del Signore! (Jb 1,21) Appariva inaridito, dopo aver perduto ogni sostanza? Niente affatto. Erano cadute le foglie, ma la radice viveva. Orbene: In vista della fine, negli inni. E che significa: Intelligenza, per David stesso? “ Intelligenza ” si contrappone alle altre parole: L'uomo, privo di senno non conoscerà e lo stolto, non capirà. Intelligenza, per David stesso, quando vennero gli zifei e dissero a Saul: Non è, forse, David nascosto presso di noi? Sia nascosto presso di voi, ma non fiorisca come voi. E ora ascoltane la voce.

Dio salva e giudica.

4. [v 3.] Dio, salvami nel tuo nome e giudicami con la tua potenza. Dica questo la Chiesa, mentre è nascosta in mezzo agli zifei. Questo dica il corpo dei cristiani, che tiene celata la bontà dei suoi costumi e in segreto spera la ricompensa dei suoi meriti. Dica: Dio, nel tuo nome salvami e nella tua potenza giudicami. Sei venuto, o Cristo: sei apparso umile, sei stato disprezzato, flagellato, crocifisso, ucciso; ma nel terzo, giorno sei risorto, nel quarantesimo giorno sei asceso in cielo, siedi alla destra del Padre e nessuno ti vede più. Di lassù hai mandato il tuo Spirito, ricevuto da quanti ne erano degni: i quali, colmi del tuo amore, annunziarono alle nazioni per tutto il mondo la grandezza delle tue stesse umiliazioni. Vedo il tuo nome giganteggiare al di sopra degli uomini, ma tu ci fosti annunziato come un uomo debole. Anche il Dottore delle genti diceva di non voler sapere in mezzo a noi altro che Gesù Cristo e questi crocifisso (Cf. 1Co 2,2): affinché scegliessimo la sua ignominia piuttosto che la gloria dei fiorenti zifei. Ciononostante, che cosa dice di lui? Certo, egli fu crocifisso nella sua debolezza, vive però per la potenza di Dio (2Co 13,4). Venne, dunque, rivestito di debolezza perché potesse morire (per giudicare verrà, invece, nella potenza di Dio!), ma è stato attraverso la debolezza della croce che il suo nome ha conseguito la gloria. Chiunque non avrà creduto nel nome divenuto glorioso attraverso la debolezza si spaventerà dinanzi al giudice quando verrà nella potenza. Quando verrà da forte colui che un tempo era debole, non ci getti a sinistra col ventilabro! Ci salvi nel suo nome, e ci giudichi nella sua potenza! Ma potrà esserci un uomo tanto temerario da desiderare il giudizio e da dire a Dio: Giudicami? Non si dice agli uomini come maledizione: “ Ti giudichi Dio ”? Si tratta certamente di una maledizione, se egli giudica nella sua potenza senza averti prima salvato nel suo nome. Quando, invece, ti avrà prima salvato nel suo nome, successivamente mediante la potenza ti giudicherà a salvezza. Sta', dunque, sicuro: quel giudizio non sarà per te punizione, ma solo separazione. Anche in un altro salmo così sta scritto: Giudicami, Dio, e difendi la mia causa dalla gente non santa (Ps 42, l). Che significa: Giudicarmi? Significa: Separarmi dagli zifei in mezzo ai quali sono nascosto. Io ho sopportato la loro floridezza; sbocci ormai il mio fiore. Il loro fiore era temporale e cade quando lo stelo inaridisce. Invece che cosa sarà del mio fiore? Piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri della dimora del nostro Dio (Ps 91,14). C'è, dunque, un fiore anche per noi, un fiore che non cadrà ma sarà come la foglia di quell’albero piantato presso le acque, del quale è detto: E la sua foglia non cadrà (Ps 1,3). Orbene: Dio, salvami nel tuo nome, e nella tua potenza giudicami!

Preghiera esaudita e non esaudita.

5. [v 4.] O Dio, esaudisci la mia preghiera; ascolta le parole della mia bocca. Giungano alle tue orecchie le parole della mia bocca, perché io non desidero da te il fiore degli zifei. Ascolta le parole della mia bocca: pensa tu ad ascoltarmi, perché gli zifei, anche se giunge ai loro orecchi la mia preghiera, non la odono perché non sono in grado di capire. Essi trovano la loro gioia nelle cose del mondo e non sanno desiderare i beni eterni. Giunga a te la mia preghiera, che guizza come saetta dal desiderio che nutro per i tuoi beni eterni. Io la innalzo al tuo orecchio: aiutala, affinché ti raggiunga e non venga meno a metà della sua corsa, né ricada a terra o vada perduta. Anche se per ora non mi vedo arrivare i beni che chiedo, sono tranquillo, perché so che verranno più tardi. Si narra di un tale che, gravato da colpe, si mise a pregare Dio ma non venne esaudito. Questo, però, tornò a suo bene. Desideri terreni lo avevano spinto a pregare; in preda alle tribolazioni di questo mondo, aveva desiderato che esse avessero fine e tornasse quella prosperità che è come il fiore dell’erba. Ed era uscito in quelle parole: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? È la parola stessa di Cristo: quella che lui diceva in nome dei suoi membri. Ti ho fatto intendere la voce dei miei delitti, diceva, ho gridato tutto il giorno e non mi hai esaudito; tutta la notte, e non fu a mia confusione (Ps 21,2 Ps 3). Cioè: io gridavo anche di notte e tu non mi esaudivi; tuttavia, anche questi tuoi dinieghi nell’esaudirmi non erano per confondermi ma per rendermi più saggio: perché io capissi ciò che ti avrei dovuto chiedere. Ti pregavo, infatti, per delle cose che, se le avessi ricevute, sarebbe stato a mio danno. Chiedi le ricchezze, o uomo? Quanti uomini sono stati rovinati dalle loro ricchezze! Come fai a sapere che le ricchezze ti gioveranno? Moltissimi poveri, che se ne stavano tranquilli e sicuri nell’ombra, una volta divenuti ricchi e quando il loro fasto cominciò a splendere, furono preda dei più forti. Quant'era meglio che fossero rimasti nascosti e ignorati, invece di diventare oggetto dell’altrui cupidigia, non per quello che erano ma per quello che possedevano! Orbene, fratelli, vi ammoniamo e vi esortiamo nel Signore a non fissarvi su delle richieste particolari quando pregate per gli affari di questo mondo, ma chiedete quanto Dio sa che vi convenga. Voi ignorate completamente ciò che vi è utile. Talvolta ciò che credete possa giovarvi vi danneggia; e ciò che credete vi danneggi, invece, vi giova. Voi siete ammalati; non spetta a voi suggerire al medico le medicine che egli ha intenzione di prescrivervi. Se il dottore delle genti, l’apostolo Paolo, dice: Non sappiamo domandare quello che conviene (Rm 8,26), quanto meno lo sappiamo noi! Egli stesso, senza dubbio, credeva di pregare con saggezza quando chiedeva d'essere liberato dal pungiglione della carne, dall’angelo di satana che lo trafiggeva perché non si inorgoglisse della grandezza delle sue rivelazioni. Ma che cosa si sentì rispondere dal Signore? Ottenne forse ciò che voleva? No! Sarebbe accaduto ciò che a lui era più utile. Quale fu, dunque, la risposta del Signore? Dice l’Apostolo: Tre volte pregai il Signore perché lo allontanasse da me, ma egli mi ha risposto: Ti basti la mia grazia, perché la virtù diviene perfetta attraverso la debolezza (2Co 12,7-9). Sono stato io ad applicare la medicina sulla tua ferita; io so quando l’ho messa e so quando dovrò ritirarla. Non si allontani, l’ammalato, dalle mani del medico; non dia consigli al medico. Tutte le cose di questo mondo sono così. Sono tribolazioni? Se la tua religiosità è genuina, sai che Dio conosce ciò che giova al bene di ciascuno. Sono prosperità? Sta' bene in guardia, affinché esse non corrompano il tuo animo e non ti allontanino da colui che te le ha donate. Proprio come dice il nostro autore, da persona veramente intelligente: O Dio, esaudisci la mia preghiera! Ascolta le parole della mia bocca.

6. [v 5.] Perché gli stranieri si sono sollevati contro di me. Quali stranieri? Non era forse David giudeo della tribù di Giuda? Ma anche il villaggio di Zif, che apparteneva alla tribù di Giuda, era territorio giudaico. In che senso, dunque, erano stranieri? Non per la città, non per la tribù, non per la parentela, ma per il loro “ fiorire ”. Vuoi conoscere questi stranieri? In un altro salmo sono detti figli stranieri quei tali la cui bocca dice delle cose insulse e la cui destra è destra d'ingiustizia. E descrive poi il fiore - i costumi - di questi zifei: I loro figli sono come piante novelle, gagliarde nella loro giovinezza; le loro figlie sono agghindate e adorne a somiglianza del tempio; le loro dispense, piene, traboccanti di questo e di quello; le loro pecore sono feconde, moltiplicano i loro parti; i loro bovi son grassi; non c'è breccia nel muro che cinge le loro dimore, non c'è passaggio; nessun grido nelle loro piazze. Osserva questi zifei; squadra bene questi individui, destinati a fiorire solo per breve tempo. Costoro cantano: Beato il popolo cui appartengono queste cose. Sono davvero figli stranieri! Ma tu che dici, tu che sei nascosto in mezzo agli zifei? Beato il popolo il cui Dio è il Signore (Ps 143,7-15). Da questo sentimento nasce la preghiera rivolta al Signore: Ascolta le parole della mia bocca, perché gli stranieri si sono levati contro di me.

Nella prova si scoprono i veri e i falsi cristiani.

7. E i potenti hanno attentato alla mia vita. Miei fratelli, coloro che ripongono speranza nei beni della terra, tutti d'accordo hanno trovato un nuovo sistema per far scomparire la stirpe dei santi e di quanti non sperano nelle cose di questo mondo. Oh! certamente le due categorie di persone nascono insieme e vivono insieme, ma sono terribilmente in contrasto tra di loro: l’una pone la speranza soltanto nelle cose del mondo e nella felicità temporale; l’altra, invece, pone con fermezza la sua speranza nel Signore Dio suo. Ebbene, anche se questi zifei sono d'accordo, noni credere troppo alla loro volontà di concordia: è perché mancano le tentazioni. Quando sopraggiungerà una qualche tentazione e qualcuno di loro sarà rimproverato per il suo fiorire mondano, non ti dico che si metterà in urto con il vescovo, ma non vorrà neppure avvicinarsi alla chiesa, temendo che gli tocchi perdere qualcosa della sua erba. Perché ho detto queste cose, fratelli? Voi mi state ascoltando volentieri nel nome di Cristo e in qualche modo, certo, comprendete tutti a che cosa mi riferisco, se acclamate alle mie parole; e certamente non applaudireste se non aveste capito. Bene! Questa vostra comprensione deve, però, essere fruttuosa. E sarà la tentazione a comprovare il vostro profitto. Non deve accadere che, dopo esservi dichiarati nostri, di fronte alla prova siate trovati, in realtà, stranieri, e si abbia a dire di voi: Gli stranieri si sono levati contro di me e i potenti hanno attentato alla mia vita; e nemmeno quello che segue: Non hanno posto Dio dinanzi a sé. Come, infatti, potrà avere Dio dinanzi a sé colui che si preoccupa soltanto degli interessi terreni? Egli pensa al modo di accumulare denaro sopra denaro, di moltiplicare i greggi, di riempire le dispense, sì da poter dire all’anima sua: Ecco, tu possiedi molti beni: rallegrati, banchetta, saziati! Pone, forse, Dio al suo cospetto colui che così si gloria e splende come fiore degli zifei, e al quale il Signore dice: Stolto! (cioè uomo privo d'intelligenza e di saggezza) questa notte morrai; e di chi saranno tutte queste cose che hai preparate? (Lc 12,20) Non hanno posto Dio dinanzi a sé.

184 La coscienza è l’intimo gaudio dei buoni.

8. [v 6.] Ecco, Dio mi aiuta. E coloro in mezzo ai quali sono nascosto non lo sanno. Se, al contrario, avessero anche loro Dio dinanzi a sé, comprenderebbero come Dio mi aiuti. Tutti i santi sono aiutati da Dio, ma nell’intimo, dove nessuno vede. Come la cattiva coscienza è una grande tortura per gli empi, così la buona coscienza è la grande gioia dei giusti. Dice l’Apostolo: Questa è la nostra gloria: la testimonianza della buona coscienza (
2Co 1,12). È una gloria tutta interiore quella che prova il salmista, una gloria che non si manifesta nello splendore esterno degli zifei, se egli afferma: Ecco, Dio mi aiuta. Oh, senza dubbio! Sebbene siano lontane, nel futuro, le cose che egli mi promette, oggi per me è dolce e presente il suo aiuto. Nella gioia del mio cuore oggi trovo che, effettivamente, senza alcun motivo certa gente si chiede: Chi ci mostrerà il bene? In noi, infatti si riflette l’impronta luminosa del tuo volto, o Signore; tu hai infuso la gioia nel mio cuore (Ps 4,6 Ps 7). Non nella mia vigna, non nel mio gregge, non nella mia coppa non sulla mia mensa, ma nel mio cuore. Dio mi aiuta. In qual modo t’aiuta? Il Signore è il sostegno della mia vita.

9. [v 7.] Fa' ricadere il male sui miei nemici. Per quanto ora verdeggino, per quanto fioriscano, sono destinati al fuoco. Nella tua potenza disperdili. Essi ora gioiscono e germogliano come erba. Rifletti, e non essere tu stesso così insensato e stolto da andare in perdizione per l’eternità per esserti preoccupato di queste cose (Cf. Ps 91,7-8). Fa' ricadere il male sui miei nemici. Infatti, se tu apparterrai alla stirpe di David, Dio nella sua potenza disperderà costoro, non te. Essi fioriscono della felicità del mondo, ma periranno per la potenza di Dio. E non come fioriscono, così periranno: fioriscono infatti, per breve tempo, ma periranno in eterno; fioriscono per dei beni falsi, periranno in mezzo a tormenti veri. Nella tua potenza disperdili, cioè, disperdi coloro che nella tua condiscendenza hai sopportati.

Amare e lodare Dio disinteressatamente.

10. [v 8.] Spontaneamente sacrificherò a te. Nessuno può comprendere questo bene del cuore ascoltando le parole di un altro; deve gustarlo personalmente. Che cosa significa: Spontaneamente sacrificherò a te? Voglio dirne qualcosa: capisca chi può e come può; chi non può, creda, e preghi onde riuscire a comprendere. E che? dovremmo, forse, trascurare questo versetto, dispensandoci d'inculcarvelo? No. Ne parlerò alla vostra Carità poiché l’amore di Dio mi spinge vigorosamente a dirvi qualcosa al riguardo; e rendo grazie a Dio perché mi ascoltate attentamente. Se vedessi che mi state a sentire annoiati, mio malgrado tacerei di questo versetto: senza tacere, tuttavia, nel mio cuore, per quanto il Signore si degna concedermi. Venga, dunque, sulle labbra ciò che è custodito nella mente. Diciamo come possiamo che cosa significa: Spontaneamente sacrificherò a te. Di quale sacrificio si tratta, fratelli? Che cosa sarà degno d'essere offerto al Signore per la sua misericordia? Cercherò le vittime nel gregge delle pecore? sceglierò un ariete? prenderò qualche toro nell’armento? porterò l’incenso dalla terra dei sabei? Che cosa farò? Che cosa offrirò, se non ciò che egli dice: Mi onorerà il sacrificio della lode (Ps 49,23)? Perché dice Spontaneamente? Perché gratuitamente amo colui che lodo. Lodo Dio e mi allieto nella stessa lode. Mi rallegro lodandolo; non arrossisco, per averlo lodato. Non come viene lodato dagli appassionati delle vanità teatrali l’auriga o il cacciatore, o un qualsiasi istrione; né come questi esaltati invitano gli altri, e li esortano affinché anche loro acclamino; e molte volte, dopo che tutti lo hanno acclamato, devono poi arrossire perché il loro idolo è sconfitto. Non così è il nostro Dio. È con un atto della volontà che lo si loda; come lo si ama in virtù della carità. Sia, dunque, amato e lodato gratuitamente. Che significa “ gratuitamente ”? Significa amarlo e lodarlo per se stesso, non per qualcosa di estraneo a lui. Se lodi Dio affinché egli ti dia qualcos'altro, non ami più gratuitamente Dio. Ti rincrescerebbe se tua moglie ti amasse per le ricchezze e se, diventato tu per caso povero, lei pensasse all’adulterio. Ebbene, tu che vuoi essere amato gratuitamente da tua moglie, amerai Dio per qualcosa di estraneo a lui? Quale premio riceverai da Dio, o avaro? Non ti serba la terra, ma se stesso, colui che ha fatto il cielo e la terra. Spontaneamente sacrificherò a te: non per necessità. Se lodi Dio per motivi estranei a lui, lo lodi per necessità. E, se tu avessi ciò che ami, non lo loderesti più. Osserva quanto dico. Tu lodi Dio, ad esempio, perché ti dia più denaro. Se tu potessi ottenere tale denaro da altri che non da Dio, loderesti, forse, Dio? Ebbene, se lodi Dio in vista del denaro, non sacrifichi spontaneamente a Dio, ma gli sacrifichi per necessità, perché ami un qualcosa che è al di fuori di lui. Ecco perché è detto: Spontaneamente sacrificherò a te. Disprezza tutto il resto, guarda a lui! Ricorda che le stesse cose che egli ti ha donate sono buone per la bontà del donatore. Senza dubbio, è lui che dà questi beni temporali e ad alcuni li dona a loro vantaggio, mentre ad altri a loro danno, secondo l’altezza e l’imperscrutabilità dei suoi giudizi. Di fronte all’abisso di questi giudizi l’Apostolo, spaventato, diceva: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio! Quanto imperscrutabili sono i suoi giudizi, e sconosciute le sue vie! Chi conoscerà infatti le sue vie, o chi comprenderà i suoi disegni? (Rm 11,53 Rm 34) Egli sa quando dare e a chi dare, quando togliere e a chi togliere. Quanto a te, chiedi nel tempo ciò che ti giova nel futuro: chiedi ciò che ti sia d'aiuto per l’eternità. Ma lui, amalo gratuitamente: perché da lui non puoi avere niente di meglio che lui stesso. Se trovi qualcosa di meglio, oh, allora chiedilo pure! Spontaneamente sacrificherò a te. Perché spontaneamente? Perché gratuitamente. E che cosa significa “ gratuitamente ”? Loderò il tuo nome, Signore, perché è buono: per niente altro, se non perché esso è buono. Dice forse: “Loderò il tuo nome, Signore, perché mi doni fertili poderi, perché mi dài oro e argento, perché mi dài grandi ricchezze, molto denaro, una elevatissima dignità ”? No. Perché allora? Perché buono è il tuo nome. Non trovo niente di meglio che il tuo nome; perciò loderò il tuo nome, Signore, perché è buono.

La tribolazione affina i cuori.

11. [v 9.] Perché mi hai liberato da ogni tribolazione. Nella tribolazione ho capito che è buono il tuo nome. Se fossi riuscito a capire questo prima che venisse la prova, non avrei forse creduto alla necessità della medesima; ma la tribolazione mi fu mandata come richiamo, e questo richiamo mi ha portato a lodarti. Non mi sarei, infatti, reso conto della mia condizione se non mi fosse stata mostrata in modo convincente la mia debolezza. Orbene, da tutte le tribolazioni tu mi hai liberato. E sopra i miei nemici ha guardato il mio occhio: il mio, occhio ha guardato sopra quei tali zifei. Nel profondo del mio cuore sono andato oltre il loro, fiorire e sono giunto a te, e di qui ho guardato al di sopra di loro e ho visto che ogni carne è erba, e ogni gloria dell’uomo è come fiore di erba (Is 40,6). O, come è detto altrove: Ho visto l’empio esaltarsi ed elevarsi come i cedri del Libano; sono passato, ed ecco non era più. Perché Non era più? Perché tu eri passato oltre. Che cosa significa: “ Eri passato oltre ”? Significa che non hai udito senza utilità le parole “ in alto il cuore! ”. Significa che non sei rimasto in terra a imputridire, ma hai sollevato la tua anima verso Dio. Significa che sei passato oltre i cedri del Libano e, da quell’altezza, hai guardato. Ed ecco non era più. Lo hai cercato, e non si è trovato il suo posto (Ps 36,35 Ps 36). Ormai non c'è più fatica dinanzi a te: tu sei entrato nel santuario di Dio, ed hai compreso i nuovissimi (la sorte ultima) (Ps 72,16 Ps 17). Così anche il salmista conclude: E sopra i miei nemici ha guardato il mio occhio. È questo, o fratelli, ciò che anche voi dovete realizzare nel vostro animo. Innalzate i vostri cuori! Acuite lo sguardo del vostro spirito, e imparate ad amare gratuitamente Dio e a disprezzare il mondo presente. Imparate a offrire spontaneamente a Dio il sacrificio della lode, affinché, trascendendo il fiore dell’erba, possiate guardare al di sopra dei vostri nemici.


Agostino Salmi 52