Agostino Salmi 62

SUL SALMO 62

62 Ps 62

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Il valore dell’argomento profetico.

1. Per certuni che ancora non sono, forse, ben istruiti sul nome di Cristo (poiché a tutt'oggi seguita a raccogliere da ogni parte i suoi fedeli colui che per tutti ha dato il suo sangue) dobbiamo dirvi brevemente delle cose, che quanti ne sono al corrente vorranno ascoltare volentieri, e quanti non le sanno si faranno un dovere d'apprendere. I salmi che cantiamo sono stati detti e scritti sotto l'ispirazione dello Spirito di Dio prima che il Signore nostro Gesù Cristo nascesse dalla vergine Maria. David infatti fu re del popolo dei giudei: quel popolo che, unico, adorava l'unico vero Dio che ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutte le cose che sono nel cielo, nella terra e nel mare, sia quelle che si vedono sia quelle che non si vedono. Gli altri popoli, al contrario, adoravano gli idoli che s'erano fabbricati con le loro mani, o delle creature di Dio, ma non il Creatore stesso. Adoravano cioè il sole o la luna o le stelle o il mare o i monti o gli alberi. Tutte queste cose le ha create Dio, e Dio vuole essere lodato in esse e non che esse siano adorate al posto suo. Orbene, David fu re dei giudei, e dalla sua stirpe è nato il Signore nostro Gesù Cristo (Cf. Rm 1,3), per opera della vergine Maria. Da David, infatti, traeva origine la vergine Maria che partorì Cristo (Cf. Lc 2,7). In quei tempi remoti dunque venivano composti questi salmi nei quali si profetava che Cristo sarebbe venuto dopo molti anni; e per bocca di profeti, che vissero prima che nascesse il nostro Signore Gesù Cristo dalla vergine Maria, venivano predette cose che sarebbero accadute ai nostri tempi. Noi oggi leggiamo e vediamo tali cose già realizzate e molto ci rallegriamo per il fatto che la nostra speranza sia stata preannunziata dai santi, i quali, sebbene allora non ne potessero constatare la realizzazione, tuttavia la prevedevano illuminati dallo Spirito. A noi oggi è dato leggerne il racconto o ascoltarlo dai lettori: di tali cose noi discutiamo e constatiamo che, com'erano contenute nelle Scritture, così si sono effettivamente realizzate in tutto il mondo. Chi non si rallegrerà di questo? Chi non vorrà sperare che accadranno anche le cose che non sono ancora accadute, se tante se ne sono già verificate? Ora infatti, fratelli, voi vedete che tutto il mondo, tutta la terra, tutte le genti, tutte le regioni accorrono al nome di Cristo e credono in Cristo. Sicuramente voi vedete tutto questo, vedete come ovunque sono rovesciate le vanità dei pagani: lo vedete, vi è manifesto. Sono, queste, cose che vi leggiamo solamente dai libri o non piuttosto che si compiono sotto i vostri occhi? Ebbene, tutto quanto vedete oggi realizzarsi dinanzi ai vostri occhi, era stato scritto un immenso numero di anni prima da autori che noi possiamo leggere ora che ci è dato controllare la realtà dei fatti. Ma in questi libri sono scritte anche delle cose che non sono ancora accadute, ad esempio che il Signore nostro Gesù Cristo verrà a giudicare, lui che una prima volta è venuto per essere giudicato. Lui che una volta è venuto nell'umiltà, verrà di nuovo in sublime maestà; lui che è venuto per offrirci un esempio di pazienza, tornerà per giudicare secondo i loro meriti i buoni e i cattivi. Se dunque queste cose che noi speriamo, e cioè che il Cristo verrà in qualità di giudice dei vivi e dei morti, non sono ancora accadute, dobbiamo ammetterle per fede. Vedendo già realizzate le tante cose che erano state preannunziate, abbiamo fede che si compiranno anche quelle poche che restano ancora da compiersi. Sarebbe infatti stolto uno che non volesse credere a quel poco che resta, mentre vede che già si sono compiute tante cose che non esistevano al momento della profezia.

Il Cristo storico e il Cristo mistico.

214 2. Questo salmo si recita nella persona del Signore nostro Gesù Cristo, del capo e delle membra. Difatti quell'unico uomo che nacque da Maria, morì e fu sepolto, ma poi risorse, ascese in cielo e ora siede alla destra del Padre, ove intercede per noi: egli è il nostro capo. Se egli è il capo, noi siamo le membra. Tutta la Chiesa di Cristo, ovunque diffusa, è il suo corpo, ed egli ne è il capo. Non soltanto i fedeli che vivono attualmente, ma anche quelli che vissero prima di noi e che dopo di noi vivranno, tutti, sino alla fine del mondo, appartengono al suo corpo; e di questo corpo è capo colui che ascese in cielo (Cf. Col 1,18). Ecco dunque che conosciamo il capo e il corpo: il capo è Cristo, il corpo siamo noi. Pertanto, se ci capita d'ascoltare la sua voce, dobbiamo intenderla come emessa dal capo e dal corpo: perché, tutto quanto egli ha sofferto, in lui l'abbiamo sofferto anche noi, e tutto quanto noi soffriamo, in noi lo soffre anche lui. Se infatti soffre il capo, si può dire che la mano non soffra? Oppure, se soffre la mano, si può dire che il capo non soffra? Oppure ancora, se è il piede a soffrire, possiamo dire che il capo non soffra? Quando un nostro membro soffre qualche dolore, tutte le membra accorrono per aiutare il membro sofferente. Ebbene, quando il Cristo soffriva, siamo stati noi a soffrire in lui, ma ora egli è asceso al cielo e siede alla destra del Padre. Tuttavia le sofferenze della Chiesa in mezzo alle prove di questo mondo, nelle tentazioni, nelle strettezze, nelle angustie (perché è necessario che, ad ottenere la perfezione, si purifichi nel fuoco come l'oro) è lui stesso a soffrirle. Tutto questo, e cioè che noi abbiamo sofferto in lui, lo proviamo con le parole dell'Apostolo: Se siete morti con Cristo, perché ancora, come viventi, vi occupate di questo mondo? (Col 2,20) E ancora: Il nostro uomo vecchio è stato crocifisso insieme con lui, perché fosse reso inutilizzabile il corpo del peccato (Rm 6,6). Se dunque siamo morti in lui, in lui siamo anche risuscitati. Diceva infatti lo stesso Apostolo: Se siete risorti con Cristo, gustate le cose di lassù, cercate le cose di lassù, ove è Cristo che siede alla destra di Dio (Col 3, l). Noi, dunque, in lui siamo morti e in lui siamo risorti; così come lui in noi muore e in noi risorge (per “ lui ” intendo la compagine del capo e del corpo), per cui giustamente si può dire che la sua voce è anche la nostra, e che la nostra è anche la sua. Ascoltiamo dunque questo salmo e comprendiamo che in esso parla Cristo.

La vita presente è un deserto.

3. [v 1.] Questo salmo ha per titolo: Per David stesso, quando era nel deserto dell'Idumea. Con il nome di “ Idumea ” si intende questo mondo. Gli idumei infatti erano un popolo nomade che adorava gli idoli. Tale Idumea non è presentata come una realtà buona. Se non è considerata un bene, dobbiamo vedere raffigurata in essa la vita presente, durante la quale incontriamo tante sofferenze e fatiche e dove siamo soggetti a tante miserie. E questo è il deserto in cui si soffre atroce la sete: e ora voi udrete precisamente la voce di uno che ha sete nel deserto. Ma se ci riconosceremo nell'assetato, ci riconosceremo anche nel dissetato. Poiché chi in questo mondo ha sete, nel mondo di là sarà ristorato, come dice il Signore: Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati (Mt 5,6). Non dobbiamo dunque, finché siamo in questo mondo, diventare schiavi della sazietà che esso ci offre. Qui dobbiamo aver sete; là saremo rifocillati. Ma, affinché non veniamo meno in questo deserto, Dio ci irrora con la rugiada della sua parola, e non ci lascia inaridire del tutto come meriteremmo se egli esigesse da noi un conto severo. Ci fa, sì, provare la sete ma poi viene ad appagarla. E, per dissetarci, ci irrora con qualche sua grazia. Tuttavia la sete rimane. E che cosa dice a Dio l'anima nostra?

Benefico il sonno fisico, orribile il sonno spirituale.

4. [v 2.]Dio, Dio mio, presso di te veglio fin dall'alba. Che significa “ vegliare ”? Significa “ non dormire ”. E “ dormire ” che cosa significa? C'è un sonno dell'anima e c'è un sonno del corpo. Tutti dobbiamo avere il sonno del corpo, perché, se non si avesse il sonno del corpo, l'uomo non reggerebbe e il corpo verrebbe meno. Il nostro fragile corpo non può infatti sostenere a lungo l'anima perennemente vigile e intenta ad agire. Se l'anima sarà a lungo intenta alle sue azioni, il corpo, fragile e terreno, non la potrà reggere, non riuscirà a sostenerla nel suo perpetuo agire: verrà meno e soccomberà. Per questo, Dio ha accordato al corpo il dono del sonno con il quale vengono ristorate le membra, in modo che possano reggere, l'anima vigile. Quello che dobbiamo evitare è il sonno dell'anima nostra. Brutta cosa è il sonno dell'anima! Tanto brutta quanto bello è il sonno del corpo, con il quale si ristora la salute. Sonno dell'anima è dimenticare Dio; e ogni anima che dimentica il suo Dio dorme. Per questo l'Apostolo si rivolge a certuni che avevano dimenticato il loro Dio e, come in preda al sonno, si abbandonavano ai vaneggiamenti del culto idolatrico. Così infatti si comportano coloro che adorano gli idoli: come coloro che nel sonno vedono fantasmi. Se invece la loro anima si svegliasse, comprenderebbe da chi è stata creata e non adorerebbe ciò che essa stessa si è costruito. Dice dunque l'Apostolo: Sorgi, tu che dormi, e lèvati di tra i morti; e Cristo ti illuminerà (Ep 5,14). Voleva forse l'Apostolo svegliare uno che fosse solo materialmente addormentato? No, svegliava l'anima addormentata spingendola a farsi illuminare da Cristo. Orbene, riferendosi alla veglia dell'anima, questi dice: Dio, Dio mio, presso di te veglio fin dall'alba. Non veglieresti spiritualmente se non fosse sorta la tua luce, la quale ti ha svegliato dal sonno. Perché è Cristo che illumina le anime e le rende deste. Se egli ritirasse la sua luce, esse si addormenterebbero. Per questo a lui è detto in un altro salmo: Illumina i miei occhi, affinché mai mi addormenti nella morte (Ps 12,4). Anche se certe anime, distogliendo da lui lo sguardo, si sono addormentate, la luce è ugualmente presente a loro; solo che esse non la possono vedere perché dormono. È come quando uno dorme di giorno. Il sole è già sorto, il giorno è caldo, ma per quel tale è come se fosse notte: non essendo sveglio, non può vedere che è già spuntato il giorno. Così è [spiritualmente] per alcuni. Cristo è già presente; la verità è stata predicata; ma le loro anime dormono ancora. Ebbene, a costoro voi, se siete svegli, dite ogni giorno: Sorgi, tu che dormi, e lèvati di tra i morti; e Cristo ti illuminerà. Perché la vostra condotta, i vostri costumi debbono in Cristo essere cosa viva desta, affinché li notino gli altri, i pagani che dormono, e al rumore della vostra alacrità si sveglino e, scuotendosi di dosso il sonno, comincino a dire insieme con voi in Cristo: Dio, Dio mio, presso di te veglio fin dall'alba.

Il cristiano è un’anima assetata di Dio.

5. Ha avuto sete di te l'anima mia. Ecco il deserto dell'Idumea. Vedete in qual modo questi abbia sete, ma vedete anche come la sua sete sia buona. Ha avuto sete di te. Ci sono infatti alcuni che hanno sete, ma non di Dio. Chiunque vuole ottenere qualcosa, brucia dal desiderio; tale desiderio è la sete dell'anima. E vedete quanti desideri vi sono nel cuore degli uomini: uno desidera l'oro, un altro desidera l'argento, un altro ancora desidera le proprietà, un altro l'eredità, un altro denari in abbondanza, un altro numerose greggi, un altro una casa grande, un altro la moglie, uno gli onori terreni, e un altro ancora dei figli. Voi sapete di questi desideri e come essi sono nel cuore degli uomini. Tutti gli uomini ardono dal desiderio; ma quanto è difficile trovare uno che dica: Di te l'anima mia ha avuto sete! La gente ha sete del mondo e non si accorge di essere nel deserto dell'Idumea, ove l'anima loro dovrebbe aver sete di Dio. Noi almeno diciamo: Ha avuto sete di te l'anima mia. Diciamolo tutti, poiché, nella concordia di Cristo, tutti siamo una sola anima: un'anima assetata nel deserto dell'Idumea.

La resurrezione della carne. Il composto umano dopo la morte.

6. Dice: Ha avuto sete di te l'anima mia; in molte maniere di te ha avuto sete anche la mia carne. Poca cosa è che abbia avuto sete la mia anima; ha avuto sete anche la mia carne. Che l'anima abbia sete di Dio, va bene; ma com'è che anche la carne ha avuto la stessa sete? Poiché, veramente, quando il corpo ha sete ha sete di acqua; come quando l'anima ha sete ha sete della fonte della sapienza, alla quale si inebrieranno le nostre anime, conforme a quanto sta scritto in un altro salmo: Si inebrieranno nell'abbondanza della tua casa e tu li abbevererai nel torrente delle tue delizie (Ps 35,9). Dobbiamo dunque aver sete della sapienza, dobbiamo aver sete della giustizia. E di ciò ci sazieremo, per quanto ne siamo capaci, al termine di questa vita, quando raggiungeremo ciò che Dio ci ha promesso, cioè l'uguaglianza con gli angeli (Cf. Lc 20,36). Gli angeli non provano la sete che proviamo noi, non provano la fame che noi conosciamo, ma sono sazi di verità, di luce, di sapienza immortale. Per questo sono beati. E dalla loro sede beata, cioè da quella città, la Gerusalemme celeste, verso la quale noi ora siamo incamminati, essi attendono noi esuli. Hanno compassione di noi, e per ordine del Signore ci aiutano a tornare a quella patria che abbiamo con essi comune, per saziarci insieme con loro alla fonte di verità e di eternità che il Signore ci ha preparata. Allo stato attuale, dunque, l'anima nostra ha sete. Ma di che cosa ha sete anche la nostra carne? Quale è anzi la sua sete in più modi sperimentata? Dice infatti: In più modi ha avuto sete di te anche la mia carne. Se lo dice, è perché anche alla nostra carne è promessa la resurrezione. Come alla nostra anima è promessa la beatitudine, così alla carne nostra è promessa la resurrezione. Sì, la resurrezione della carne ci è stata promessa. Ascoltate e imparate; e tenete a mente quale sia la speranza dei cristiani e per qual motivo noi siamo diventati cristiani. Non siamo infatti cristiani per cercare la felicità terrena che molti posseggono, anche i delinquenti e gli scellerati. Per un'altra felicità noi siamo cristiani: per una felicità che otterremo quando sarà finita completamente la vicenda di questo mondo. Ebbene, sì, ci è promessa la resurrezione della carne: e il significato di tale resurrezione promessaci è che questa carne che ora noi portiamo alla fine risorgerà. Non vi sembri incredibile. Se Dio ci ha creati, quando non eravamo, non potrà ricomporre una carne che già esisteva? Non vi sembri dunque incredibile, anche se vedete imputridire i morti, anche se li vedete ridotti a polvere e cenere; anche se un cadavere viene bruciato, oppure se i cani lo dilaniano, non per questo dovrete credere che esso non risorgerà. Tutti i corpi che, per essersi o disgregati o marciti, sono divenuti minutissime particelle, per Dio sono integri. Ritornano infatti in quegli elementi del mondo donde dapprima erano venuti quando l'uomo venne creato. Noi non vediamo tali elementi primordiali; Dio tuttavia, nella maniera che egli conosce, li rintraccerà, così come, prima che noi fossimo, ci ha formati conforme alla sua sapienza. Orbene, la resurrezione della carne che ci è promessa è tale che, pur risorgendo con la stessa carne che ora portiamo, la carne però non avrà più quella corruttibilità che ora possiede. Ora infatti, fragili e corruttibili come siamo, se non mangiassimo ci sentiremmo stanchi e avremmo fame; se non bevessimo, verremmo meno e avremmo sete. Se rimaniamo svegli per molto tempo, ci stanchiamo e dobbiamo dormire; e quando siamo stanchi di dormire ci svegliamo. Se mangiamo e beviamo troppo, anche se mangiamo e beviamo per ristorarci, questo esagerato protrarsi della refezione diviene causa di debolezza. Se stiamo molto tempo in piedi, ci stanchiamo e ci dobbiamo mettere seduti; ma anche di stare troppo a lungo seduti ci stanchiamo e dobbiamo alzarci. Osservate inoltre come per la nostra carne non si dia alcuna stabilità. L'infanzia se ne vola passando nella fanciullezza; tu cerchi l'infanzia ed essa non c'è più, perché già al suo posto c'è la fanciullezza. Ma questa in un attimo vola nell'adolescenza; cerchi la fanciullezza e non la trovi. L'adolescente diventa giovane; cerchi l'adolescente e non c'è più. Il giovane diventa vecchio; cerchi il giovane e non c'è. Il vecchio muore: cerchi il vecchio e non lo trovi più. La nostra vita, nelle sue varie età, non si arresta; e dovunque c'è fatica, dovunque stanchezza, dovunque deterioramento. Mirando però alla speranza della resurrezione che Dio ci ha promessa, in tutte queste fasi del nostro decadere noi abbiamo sete di quella incorruttibilità; e così la nostra carne ha sete di Dio in molte maniere. In questa Idumea, in questo deserto, siccome in molti modi si soffre, così in molti modi si ha sete. In molti modi ci si stanca, e in molti modi si ha sete di quella incorruttibilità che non conosce stanchezza.

Dio è il cibo delle anime.

7. Tuttavia, fratelli miei, il cristiano, se è buono e fedele, ha sete di Dio in questo mondo, nella sua stessa carne. Se egli ha bisogno di pane, di acqua, di vino, di denaro, di una cavalcatura, deve chiedere tutto questo a Dio e non ai demoni o agli idoli o a non so quale potere di questo mondo. Vi sono infatti alcuni i quali, quando soffrono la fame (dico della fame fisica), abbandonano Dio e pregano Mercurio, oppure Giove o colei che chiamano la Celeste o qualche altro simile demone perché provveda ai loro bisogni. La loro carne non ha sete di Dio. Coloro invece che hanno davvero sete di Dio, debbono sentirla sempre e dovunque, nell'anima e nella carne, poiché Dio, come dà all'anima il suo pane, cioè, la parola della verità, così dà anche alla carne ciò che le è necessario: poiché Dio ha fatto sia l'anima, che il corpo. Per la tua carne preghi i demoni. Forse che Dio ti ha creato l'anima e i demoni hanno fatto la tua carne? Chi ha fatto l'anima ha fatto anche il corpo; e colui che ha fatto ambedue le cose, ambedue le cose nutre. Abbiano dunque, l'una e l'altra, sete di Dio, e nella loro molteplice fatica siano ristorate con un unico intervento di lui.

215 Il deserto della vita presente.

8. [v 3.] Ma quando l'anima nostra e (nelle sue svariate forme) anche la nostra carne hanno sete, e non di chiunque ma di te, Signore (cioè del nostro Dio), dove si trovano ad aver sete? Nella terra deserta e senza via e senz'acqua. Abbiamo detto trattarsi di questo mondo: questa è l'Idumea, questo è il deserto dell'Idumea, donde il salmo ha preso il titolo. Nella terra deserta. È poco dire deserta, cioè dove non abita alcun uomo; essa è per di più senza via e senz'acqua. Vi fosse almeno una via in quel deserto! O almeno un uomo in cui imbattersi, un uomo che sapesse la via per uscirne! Non incontra un uomo che lo consoli; non vede una via, anzi non ce n'è assolutamente. Deve fermarsi. E vi fosse almeno un po' d'acqua! Non potendo uscire dal deserto, potrebbe almeno ristorarsi. Brutto il deserto! orribile e spaventoso! Ma Dio ha avuto misericordia di noi e ha aperto per noi una via nel deserto: il Signore nostro Gesù Cristo (Cf.
Jn 14 Jn 6). E ci ha procurato una consolazione nel deserto: i predicatori della sua parola. Ci ha offerto dell'acqua nel deserto, ricolmando di Spirito Santo i suoi predicatori affinché si formasse in essi una fonte di acqua che sale fino alla vita eterna (Cf. Jn 4,14). Ecco, noi abbiamo tutto, ma tutto questo non è roba del deserto. E se il salmo ha sottolineato fin dall'inizio le caratteristiche del deserto, l'ha fatto affinché tu, persuaso del male in cui ti trovi, quando incontri in tale deserto una qualche consolazione o compagni di viaggio o tracce di sentiero o sorgenti di acqua, non attribuisca tutto questo al deserto, ma a colui che s'è degnato venirti incontro nel deserto.

Dio ci ha amati prima che noi ci volgessimo a lui.

9. Così nel santuario sono apparso davanti a te, per vedere la tua potenza e la tua gloria. Antecedentemente aveva avuto sete di te la mia anima, e così la mia carne, la quale anzi era assetata in molte maniere. Questo quand'ero nel deserto, nella terra senza strada e senz'acqua. Dopo, io sono apparso davanti a te nel santuario per vedere la tua potenza e la tua gloria. Se uno non comincia a soffrire la sete nel deserto, cioè nel male in cui si trova, mai perverrà a quel bene che è Dio. Ma dice: Sono apparso davanti a te nel santuario. Trovarsi nel santuario è già una grande consolazione. Sono apparso davanti a te: che cosa significa? Mi ti son lasciato vedere. Avendomi tu visto, io posso ora vedere te. Sono apparso davanti a te per vedere. Non dice: Sono comparso davanti a te perché tu mi vedessi; ma: Sono apparso davanti a te affinché io potessi vedere la tua potenza e la tua gloria. Come dice l'Apostolo: Ma ora, conoscendo Dio, o meglio essendo conosciuti da Dio (Ga 4,9)... Voi prima siete apparsi dinanzi a Dio, affinché, in un secondo momento, Dio potesse apparire a voi. Per vedere la tua potenza e la tua gloria. A dire il vero, in questo deserto, cioè tra lo squallore di questa terra, se l'uomo pretendesse di trovare mezzi di salvezza forniti dallo stesso deserto, mai riuscirebbe a vedere la potenza del Signore e la sua gloria. Rimarrebbe a morire di sete, e non troverebbe né strada né consolazione né acqua che gli permettano di sopravvivere nel deserto. Se invece uno si eleverà verso Dio e dal più profondo di se stesso gli dirà: La mia anima e la mia carne, in molti modi, hanno avuto sete di te (Ps 62,2) (e questo per non chiedere ad altri fuori che a Dio ciò che è necessario allo spirito e anche alla carne, e per non dimenticare la resurrezione della carne che Dio ci ha promessa), se uno dunque saprà elevarsi in questa maniera, conoscerà non piccole consolazioni.

Attraverso la consolazione Dio ci prepara alla felicità eterna.

10. O fratelli, la nostra carne, finché resta mortale e fragile, cioè prima della resurrezione, dispone di alcuni mezzi di sostentamento: il pane, l'acqua, le frutta, il vino, l'olio. Se tutti questi alimenti e queste risorse ci venissero a mancare, non potremmo certo sopravvivere; invece, grazie ad essi, noi viviamo, sebbene non abbiamo ancora ricevuto nel nostro corpo quella perfetta salute che lo libererà da ogni angustia e da ogni indigenza. Così è per l'anima nostra. Finché è unita alla carne e rimane quaggiù fra le tentazioni e i pericoli di questo mondo, è ancora debole; ma trova anch'essa di che sostenersi: l'incoraggiamento della parola, la gioia della preghiera, le soddisfazioni della predicazione. Ecco il nutrimento della nostra anima, come quell'altro lo era del corpo. Ma quando la nostra carne sarà risorta, non avrà più bisogno di alimenti, vivendo ormai nella sua dimora e nella sua condizione di incorruttibilità. Così anche la nostra anima. Essa avrà allora il suo cibo: il Verbo stesso di Dio, per il quale tutte le cose sono state create (Cf. Jn 1,3). Nell'attesa ringraziamo Dio che non ci abbandona in questo deserto ma ci dona quello che è necessario sia al corpo sia all'anima. E quando da buon educatore ci invia qualche difficoltà, lo fa per stimolarci ad amarlo di più, per impedire che una specie di corpulenza ci deteriori lo spirito e ci faccia dimenticare di lui. Talvolta ci toglie il necessario e ci strapazza: lo fa perché ci ricordiamo che egli è padre e signore, e questo non soltanto quando ci accarezza ma anche quando ci castiga. In tal modo egli ci prepara al possesso dell'eredità incorruttibile e magnifica che ci ha promesso. Fa' il caso che tu abbia intenzione di lasciare a tuo figlio una coppa o l'unica tua stanzuccia o un qualsiasi mobile di casa. Tu lo istruisci perché non se ne disfaccia, e lo castighi anche col flagello perché impari a vivere e non perda nulla di ciò che fu tuo. Anche se sai che lui pure un giorno dovrà lasciare quella eredità come adesso fai tu. Ebbene, non vuoi tu che il Padre nostro ci istruisca anche flagellandoci, anche con le sofferenze e con le tribolazioni, egli che ci darà un'eredità che mai passa? Poiché la nostra eredità sarà Dio stesso, che si donerà a noi affinché noi lo possediamo e siamo da lui posseduti in eterno.

Credere nella divinità di Cristo.

11. Lasciamoci dunque vedere da Dio nel santuario, affinché egli si manifesti a noi; manifestiamoci a lui nel santo desiderio, affinché egli si manifesti a noi nella potenza e nella gloria del Figlio di Dio. A molti infatti non si è ancora manifestato. Siano nel santuario affinché si manifesti anche a loro! Molti credono che il Cristo sia stato soltanto un uomo. Sentono predicare che egli è nato fra gli uomini, che è stato crocifisso e morì, che ha camminato in terra, ha mangiato e bevuto, e ha fatto tutte le altre cose che sono tipiche degli uomini; per cui credono che egli sia stato tale e quale gli altri uomini. Ma voi avete ora udito, quando è stato letto il Vangelo, in qual modo egli abbia sottolineato la sua maestà: Io e il Padre siamo una cosa sola (Jn 10,30). Ecco quanta maestà (uguale a quella del Padre) è discesa nella carne per soccorrere la nostra debolezza! Ecco quanto siamo stati amati da Dio, prima che noi lo amassimo! Se prima che noi amassimo Dio, siamo stati amati da lui al punto che egli per amore nostro ha fatto diventare uomo il Figlio suo, uguale a lui, che cosa non serberà a noi ora che lo amiamo? Tuttavia molti ritengono cosa da poco l'essere il Figlio di Dio apparso sulla terra. Dipende dal fatto che essi non sono nel santuario e non si è loro manifestata la potenza e la gloria di lui. Essi, cioè, non hanno ancora santificato il proprio cuore, in modo da comprendere l'eccellenza del suo potere e da ringraziare Dio che, essendo immenso, si è talmente abbassato da nascere e morire per gli uomini. È per questo che non è dato loro vedere la sua gloria e la sua potenza.

È dono di Dio se possiamo lodarlo.

12. [v 4.]Perché migliore è la sua misericordia al di sopra delle vite. Molte sono le vite umane, ma Dio una sola vita promette; e non ce la dà per i nostri meriti ma per la sua misericordia. Che cosa infatti abbiamo noi compiuto di bene, da meritarla? Oppure, quali buone azioni avevamo noi premesse, per le quali Dio avesse a darci la sua grazia? Ha trovato atti di giustizia da incoronare o non piuttosto delitti da perdonare? Veramente, se avesse voluto punire i delitti che invece ha perdonati, non sarebbe stato ingiusto. Cosa c'è infatti di così giusto quanto punire il peccatore? Orbene, se è giusto che il peccatore venga punito, fu un tratto della sua misericordia non punire il peccatore ma giustificarlo: fare del peccatore un giusto e dell'empio un pio. Dunque, la misericordia di lui è migliore delle vite. Di quali vite? Di quelle che gli uomini si sono scelte. Uno si sceglie la vita del commerciante, un altro la vita del contadino, un altro ancora la vita del banchiere e un altro la vita militare; uno sceglie questa, uno sceglie quella. Diverse sono le vite, ma la tua misericordia è migliore delle vite nostre. Migliore è ciò che tu dài a chi s'è ravveduto, che non quello che scelgono per sé i malvagi. Tu doni una sola vita, che però è da preferirsi a tutte le nostre vite, quali che siano quelle che noi possiamo scegliere in questo mondo. Perché la tua misericordia è migliore delle vite, le mie labbra ti loderanno. Non ti loderebbero le mie labbra se la tua misericordia non mi avesse preceduto. Ti lodo per un tuo dono; la mia lode è dovuta alla tua misericordia. Io non avrei potuto lodare Dio, se egli non mi avesse dato di poterlo lodare. Perché la tua misericordia è migliore delle vite, le mie labbra ti loderanno.

Preghiera e opere buone.

216 13. [v 5.]Così ti benedirò nella mia vita, e nel nome tuo leverò le mie mani. Così ti benedirò nella mia vita. Nella vita che tu mi hai donata: non in quella che io mi sono scelta tra le molte vite, conformandomi al mondo insieme con gli altri, ma in quella che tu nella tua misericordia mi hai dato perché io potessi lodarti. Così ti benedirò nella mia vita. Che significa: Così? Significa: Attribuendo alla tua misericordia e non ai miei meriti la mia vita nella quale ti lodo. E nel nome tuo leverò le mie mani. Leva dunque le mani nella preghiera! Ha levato per noi il Signore le sue mani sulla croce; le sue mani si sono aperte per noi. Ma queste sue mani si aprirono sulla croce, affinché le nostre fossero protese ad opere buone, dal momento che la sua croce ci ha ottenuto misericordia. Ecco, egli levò le mani e offrì per noi se stesso in sacrificio a Dio, e per mezzo di tale sacrificio sono stati cancellati tutti i nostri peccati. Eleviamo anche noi le nostre mani a Dio nella preghiera; e le nostre mani levate a Dio non resteranno deluse, se si saranno applicate alle opere buone. Che fa infatti colui che eleva le mani? Perché ci si comanda di pregare Dio elevando le mani? Dice infatti l'Apostolo: Levando le mani pure, senza ira né alterco (1Tm 2,8). Il motivo di tale atteggiamento è perché, mentre levi le mani a Dio, abbia a ricordarti delle tue opere. Pensa infatti che le stesse mani che innalzi a Dio per ottenere ciò che vuoi, devi impiegarle nel compiere opere buone, affinché non si vergognino quando si dovranno sollevare a Dio. Nel nome tuo leverò le mie mani. Sono queste le preghiere che eleviamo mentre siamo qui in questa Idumea, in questo deserto, in questa terra senza acqua e senza via, ove per noi Cristo è la via (Cf. Jn 14,6), ma non è una via di questa terra. Nel tuo nome leverò le mie mani.

Cosa chiedere nella preghiera.

14. [v 6.] E che cosa dirò, quando eleverò le mie mani nel tuo nome? Che cosa chiederò? Animo, fratelli! Quando elevate le mani, sappiate cosa chiedere; perché è all'Onnipotente che vi rivolgete. Chiedete qualcosa di grande; non le cose che chiedono coloro che non hanno ancora la fede. Osservate le cose che vengono date anche agli empi. Ti vien voglia di chiedere al tuo Dio la ricchezza? Ma forse che egli non la dona anche agli scellerati che non credono in lui? E ti sembrerà grande la cosa che vai a chiedergli, se egli l'accorda anche ai malvagi? Oh, non ti dispiaccia sentire che le cose donate da Dio anche ai malvagi sono tanto frivole che appunto possono essere donate anche a costoro. Anzi, è proprio per questo che vengono date anche ai malvagi, perché a te non sembrino grandi. Vengono tutti da Dio i doni terreni, certamente, ma osservate come quelli accordati ai cattivi non abbiano grande valore. È ben altro ciò che serba a noi. Pensiamo pure alle cose che dona ai malvagi, ma per farci un'idea di ciò che tiene in serbo per i buoni. Ecco delle cose che Dio dà ai malvagi. Egli dona loro la luce: e la vedono i buoni ed i cattivi. Dona loro la pioggia che cade sulla terra: e da essa quante cose buone nascono! Tutto ciò è dato ai cattivi e ai buoni, come dice il Vangelo: Dio fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi; e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5,45). Naturalmente questi doni che vengono dalla pioggia o dal sole, li potremo chiedere al Signore, quando ne abbiamo necessità. Senza dubbio! ma non dobbiamo contentarci di queste cose sole, che sono date tanto ai buoni che ai cattivi. Che cosa dunque chiederemo, quando solleviamo a Dio le mani? Nel modo come ha potuto ce lo ha detto questo salmo. Che significano le parole: Nel modo come ha potuto? Entro i limiti consentiti alla parola umana rivolta ad orecchi umani. Tutte queste cose sono, infatti, espresse con parole umane e attraverso similitudini accessibili a tutti, anche agli spiriti deboli, anche ai piccoli. Che cosa ha detto? Che cosa ha chiesto? Dice: Nel nome tuo leverò le mie mani. E che cosa riceverà? Come di grasso e di pinguedine si ricolmi l'anima mia. Credete, fratelli miei, che questa anima desiderasse la pinguedine della carne? Non avrà certamente desiderato come cosa di valore che gli fossero uccisi pingui arieti e porci grassi; e neppure avrà desiderato andare in qualche osteria per trovarvi vivande succulente con cui saziarsi. Se così credessimo, dimostreremmo d'essere proprio al livello di simile esegesi. Dobbiamo dunque ritenere che si tratta di realtà spirituali. L'anima nostra ha una certa sua pinguedine: dona sazietà il nutrimento della sapienza, quando è in abbondanza. Le anime che mancano di questa sapienza intristiscono e finiscono per diventare tanto deboli che presto si stancano di ogni opera buona. Perché rapidamente si stancano delle opere buone? Perché la loro sazietà non è completa né cola qual grasso. Ascolta come l'Apostolo parli dell'anima pingue e insegni in qual modo si debba operare il bene. Che cosa dice? Dio ama chi dona con letizia (2Co 9,7). L'anima pingue, come potrebbe esserlo se non fosse saziata dal Signore? E tuttavia, se qui è così pingue, quanto più non lo sarà nel secolo futuro, quando Dio stesso ci nutrirà? Mentre siamo in questo esilio, non possiamo neppure dire che cosa saremo di là. E forse, già in questa vita, quando leviamo le mani a Dio, gli presentiamo il desiderio di quella stessa sovrabbondanza e pinguedine da cui sarem saziati che ogni nostra indigenza scomparirà e non avremo più alcun desiderio. Allora infatti avremo tutto quanto desideriamo quaggiù, tutto quanto quaggiù amiamo sommamente. Già morti sono i nostri padri; Dio invece vive. Non ci è stato possibile avere per sempre i nostri padri qui sulla terra; là invece, nella nostra patria, avremo sempre vivo l'unico nostro Padre. Non possiamo essere per sempre sulla terra; è necessario che altri nascano, e per questo nascono i figli dei cittadini di questo mondo, per prendere il posto dei loro genitori. Ogni bambino che nasce dice al suo antenato: Cosa fai tu qui? È questa una necessità: coloro che vengono dopo, coloro che nascono, han da prendere il posto di coloro che li hanno preceduti. Lassù vivremo invece tutti ugualmente. Non vi sarà chi succede, poiché non vi sarà alcuno che muoia. Quale sarà quella patria? Ami tu le ricchezze? Dio stesso sarà la tua ricchezza. Ami una fonte pura? Che cosa sarà più limpido di quella sapienza? Che cosa più splendido? Qualunque cosa tu possa qui amare, al suo posto avrai, lassù, colui che ha fatto ogni cosa. Come di grasso e di pinguedine si ricolmi l'anima mia; e le labbra dell'esultanza loderanno il tuo nome. In questo deserto eleverò nel tuo nome le mie mani. Si ricolmi l'anima mia come di grasso e di pinguedine; e le labbra dell'esultanza loderanno il tuo nome. Ora è tempo di pregare, poiché è il tempo della sete. Quando sarà cessata la sete, cesserà anche la preghiera e le succederà la lode: E le labbra dell'esultanza loderanno il tuo nome.

La vita con Dio.

15. [vv 7.8.]Se mi sono ricordato di te nel mio letto, nelle ore mattutine meditavo su di te, perché sei divenuto il mio soccorso. Chiama suo letto la sua pace. Quando si è in pace, ci si ricordi di Dio; quando si è tranquilli, non ci sia, tale quiete, motivo di rilassatezza che ci faccia dimenticare Dio. Chi si ricorda di Dio quando è in pace, penserà a Dio anche nella sua attività. Col nome di “ ore mattutine ”, infatti, egli intende le sue azioni, perché ogni uomo comincia ad agire di mattina. Che dice dunque? Se mi sono ricordato di te nel mio letto, anche nelle mie ore mattutine meditavo su di te. Se ne conclude che, se non mi fossi ricordato di te nel mio letto, neppure di mattina avrei meditato su di te. Chi non pensa a Dio quando è libero dalle attività, come potrà pensarvi quando in tali attività è immerso? Chi invece si ricorda di lui quando è nella quiete, su di lui mediterà anche quando agisce, in modo da non venir meno nell'attività. Che cosa pertanto aggiunge? E nelle ore mattutine meditavo su di te, perché sei divenuto il mio soccorso. Se infatti Dio non ci sorregge nelle nostre buone opere, queste non potrebbero essere compiute da noi. E noi dobbiamo compiere opere degne della nostra condizione, cioè come chi è nella luce, poiché noi operiamo dietro l'esempio di Cristo. Chiunque opera il male, opera di notte, non alla luce del giorno, come dice l'Apostolo: Coloro che si inebriano, si inebriano di notte; e coloro che dormono, dormono di notte; noi invece, che siamo del giorno, siamo sobrii. Ci esorta a camminare onestamente come chi appartiene al “ giorno ”: Come di giorno - dice - camminiamo onestamente (Rm 13,13). E di nuovo aggiunge: Voi siete figli della luce, e figli del giorno; noi non siamo figli della notte né delle tenebre (1Th 5,5 1Th 8). Chi sono i figli della notte e delle tenebre? Coloro che operano il male. Sono tanto figli della notte che hanno timore di far vedere ciò che compiono; e le sconcezze che operano pubblicamente, le compiono di fronte a tutti perché molti come loro le compiono; quanto invece a quelle che solo pochi compiono, le compiono di nascosto. E chi tali cose compie in pubblico, anche se si trova alla luce del sole, è certamente nelle tenebre del cuore. Nessuno dunque opera alla luce, se non chi opera in Cristo. Ma chi si ricorda di Cristo quando è in quiete, su di lui medita in ogni suo atto; e Cristo sarà per lui il soccorso nella buona opera, e non permetterà che egli si stanchi a causa della sua debolezza. Se mi sono ricordato di te nel mio letto, nelle ore mattutine meditavo su di te, perché sei divenuto il mio soccorso.

Rimaniamo piccoli se ci piace essere grandi.

16. E all'ombra delle tue ali esulterò. Assaporo la gioia delle opere buone, perché sopra di me è la protezione delle tue ali. Se tu non mi proteggessi, dato che sono un pulcino, il falco mi rapirebbe. Dice infatti, in un passo della Scrittura, lo stesso nostro Signore rivolto a Gerusalemme, cioè a quella città dove fu crocifisso: Gerusalemme, Gerusalemme, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la gallina i suoi pulcini, e non hai voluto! (Mt 23,37) Noi siamo piccoli; ci protegga, dunque, Dio sotto l'ombra delle sue ali. E che dire di quando saremo divenuti più grandi? È bene per noi che egli ci protegga anche allora: in modo che noi rimaniamo sempre pulcini sotto colui che è più grande di noi. E sempre egli rimarrà più grande di noi, per quanto noi cresciamo. Nessuno dica: “Mi protegga finché sono piccolo”, come se un giorno si possa giungere a una tale grandezza da poter essere sufficienti a noi stessi. Senza la protezione di Dio, non sei nulla. Ci piaccia stare costantemente sotto la sua protezione, poiché saremo veramente grandi in lui, se rimaniamo sempre piccoli sotto di lui. E all'ombra delle tue ali esulterò.

Le persecuzioni dei cattivi e la protezione divina.

17. [v 9.]L'anima mia si è stretta a te. Osservate l'uomo desideroso di Dio, assetato di lui. Vedete come gli sta unito. Nasca anche in voi questo sentimento. Se già vi germoglia, sia irrigato, e cresca e giunga a un vigore tale che possiate anche voi dire con tutto il cuore: A te si è stretta l'anima mia. Con quale glutine gli si tiene stretta? Col glutine della carità. Abbi la carità, e sia essa il glutine che unisce l'anima tua a Dio. Non da pari a pari con Dio, ma dietro a Dio: in modo che egli ti preceda e tu lo segua. Chi vuol precedere Dio, vuoi vivere secondo il proprio arbitrio e non si adegua ai comandamenti di Dio. Per questo fu respinto anche Pietro quando volle dare dei suggerimenti a Cristo che si accingeva a soffrire per noi. Pietro era ancora debole e ignorava i vantaggi che avrebbe tratto il genere umano dal sangue di Cristo, allorché il Signore, che era venuto per redimerci e per dare in riscatto per noi il suo sangue, cominciò ad annunziare la sua passione. Pietro fu spaventato al pensiero che il Signore dovesse morire: quel Signore che egli voleva avesse sempre a vivere nel modo in cui allora lo vedeva. Misurava le cose con gli occhi della carne, e quindi nutriva per il Signore un affetto carnale. Gli disse perciò: Non sia mai, Signore! questo non ti accadrà. E il Signore: Va' dietro a me, satana; tu non conosci le cose che sono di Dio, ma quelle che sono degli uomini (Mt 22 Mt 23). Perché: Le cose che sono degli uomini? Tu vorresti precedermi; ma Va' dietro di me, cioè seguimi, onde poter dire, seguendo Cristo: Si è stretta l'anima mia dietro di te. Giustamente vi si aggiunge: Mi ha accolto la tua destra. Si è stretta dietro di te l'anima mia; e mi ha accolto la tua destra. È questa un'espressione che dice Cristo in noi: cioè nell'umanità che egli s'era assunta per noi e che offriva per noi. Questo stesso dice la Chiesa in Cristo; lo dice nel suo capo, poiché anch'essa ha sofferto quaggiù grandi persecuzioni, e anche ora sporadicamente ne soffre. Chi infatti, appartenendo a Cristo, non è scosso da molteplici tentazioni? Chi non subisce ogni giorno gli assalti del diavolo e dei suoi angeli, volti a pervertire le anime con desideri o con suggestioni, con promesse di guadagno, o con la paura di qualche danno, con la promessa della vita o con il terrore della morte, con l'inimicizia o l'amicizia di qualche potente? Con tutti i mezzi il diavolo ci tormenta per farci cadere. Noi viviamo nelle persecuzioni, noi abbiamo nemici in continuo assalto: il diavolo e i suoi angeli; ma non abbiamo timore. Il diavolo e i suoi angeli sono come falchi; ma finché noi saremo sotto le ali di quella gallina, il diavolo non ci potrà mai toccare: perché la gallina che ci protegge è forte. S'è resa debole per amore nostro; ma, in se stessa, è forte. È infatti il Signore nostro Gesù Cristo, la sapienza stessa di Dio. Anche la Chiesa dice dunque così: A te si è stretta l'anima mia; mi ha accolto la tua destra.

I giudei puniti da Dio ad opera dei romani.

18. [v 10.]Ma quelli invano hanno cercato l'anima mia. Che male mi hanno arrecato coloro che cercavano di perdere l'anima mia? Oh, se avessero cercato l'anima mia per credere insieme con me! Invece hanno cercato l'anima mia per rovinarmi. Con quale risultato? Non sarebbero certo riusciti a sottrarmi il glutine col quale l'anima mia è unita a te. Chi infatti ci separerà dalla carità di Cristo? La tribolazione, la sofferenza, la persecuzione, la fame, la nudità, la spada? (Rm 8,35) La tua destra mi ha accolto. Ebbene, per quel glutine e per la tua potentissima destra, invano hanno cercato l'anima mia. Queste parole potrebbero essere riferite a tutti coloro che in passato, in varie epoche, hanno perseguitato la Chiesa, come pure a quelli che lo vorrebbero fare oggi; ma esse convengono soprattutto ai giudei, i quali cercarono di far fuori il Cristo, perseguitandolo nella persona del nostro capo che crocifissero e in quella dei suoi discepoli contro i quali si accanirono in seguito. Hanno cercato l'anima mia. Scenderanno nel più profondo della terra. Non vollero perdere la terra, e per questo crocifissero Cristo. Così precipitarono nel più profondo della terra. Che cos'è il più profondo della terra? Sono le terrene cupidigie. È meglio camminare da vivi sopra la terra, che sprofondare sotto terra per il desiderio. Chiunque infatti con il rischio di perdersi desidera le cose terrene è sotto la terra. Avendo preferito a se stesso la terra, ha come posto la terra sopra di sé, e se stesso sotto la terra. È il caso dei giudei. Temendo di perdere la terra e vedendo che grandi folle andavano dietro al nostro Signore Gesù Cristo, in quanto operava miracoli, come ragionarono? Se lo lasceremo vivo, verranno i romani e ci toglieranno il tempio e il popolo (Jn 11,48). Ebbero paura di perdere la terra, e precipitarono sotto la terra: accadde loro ciò che temevano. Vollero uccidere Cristo per non perdere la terra; in realtà hanno perduto la terra proprio in quanto hanno ucciso Cristo. Ucciso Cristo, essi furono colpiti da grandi calamità e da persecuzioni. Il Signore stesso, del resto, aveva loro predetto: Vi sarà tolto il regno e sarà dato a un popolo che pratichi la giustizia (Mt 21,43). Vennero gli imperatori romani e altri sovrani del mondo pagano e li vinsero, scacciandoli dallo stesso luogo ove essi avevano crocifisso Cristo. Quella regione è oggi piena di cristiani che lodano il Cristo; non vi è più nessun giudeo; è stata abbandonata dai nemici di Cristo ed è ricolma di devoti del Cristo. Ecco come per mano dei romani hanno perduto il tempio, per avere ucciso Cristo: essi che lo uccisero proprio perché i romani non togliessero loro il tempio. Ebbene: Scenderanno nel più profondo della terra.

217 19. [v 11.]Saranno consegnati in mano alla spada. Anche questo è loro visibilmente accaduto; furono sopraffatti dalla violenza dei nemici. Saranno preda delle volpi. Chiama volpi i re pagani che regnavano quando fu debellata la Giudea. Ascoltate per sapere e rendervi conto di come possa chiamarli volpi. Il Signore stesso ebbe a chiamare volpe il re Erode, quando disse: Andate e dite a quella volpe (Lc 13,32). Osservate, state attenti, fratelli miei! Non vollero avere per re Cristo, e così divennero preda delle volpi. Quando infatti il procuratore Pilato, legato in Giudea, uccise Cristo a seguito delle grida dei giudei, disse loro: Crocifiggerò io il vostro re? Era detto re dei giudei ed era veramente il loro re. Ma essi, respingendo Cristo, dissero: Noi non abbiamo altro re che Cesare (Jn 19,15). Respinsero l'agnello, si scelsero la volpe; giustamente sono divenuti preda delle volpi.

Cristo nostro re.

20. [v 12.]Il re invece. La contrapposizione è dovuta al fatto che essi preferirono la volpe, e non vollero il re. Il re invece, cioè il vero re, secondo il titolo che fu scritto sul cartello, quando fu crocifisso. Pilato infatti fece porre questo cartello sopra la sua testa: Re dei giudei, e lo fece scrivere in lingua ebraica, greca e latina, in modo che tutti coloro che passavano leggessero la gloria del re e la vergogna dei giudei, i quali, respingendo il vero re, avevano preferito la volpe, cioè Cesare. Il re invece si rallegrerà in Dio. Costoro sono divenuti preda delle volpi; Il re invece si rallegrerà in Dio. Colui che essi credevano di avere sconfitto crocifiggendolo, una volta crocifisso sborsò il prezzo e si acquistò tutto il mondo. Il re invece si rallegrerà in Dio; sarà lodato chiunque giura in lui. Perché: Sarà lodato chiunque giura in lui? Perché si è scelto Cristo, non la volpe: quel Cristo che, mentre i giudei lo insultavano, dava se stesso per riscattarci. Noi dunque apparteniamo a colui che ci ha redenti, che per noi ha vinto il mondo, non con truppe armate ma con la croce da tutti derisa. Il re invece si rallegrerà in Dio; sarà lodato chiunque giura in lui. Chi giura in lui? Chi gli dona la propria vita, chi a lui si vota e mantiene il voto, chi diventa cristiano. Questo significano le parole: Sarà lodato chiunque giura in lui: poiché chiusa è la bocca di coloro che proferiscono iniquità. Quante iniquità hanno detto i giudei? Quante cose malvagie hanno detto, non soltanto i giudei ma anche tutti coloro che, in nome degli idoli, hanno perseguitato i cristiani? Quando infierivano contro i cristiani, credevano di poterli sterminare; in realtà, mentre essi credevano di poter eliminare i cristiani, è successo che i cristiani sono cresciuti e i persecutori sono finiti. Chiusa è la bocca di coloro che proferiscono iniquità. Nessuno osa ora pubblicamente parlare contro Cristo; ormai tutti temono Cristo: perché chiusa è la bocca di coloro che proferiscono iniquità. Quando egli era agnello, vestito di forme fragili e mortali, anche le volpi osavano levarsi contro l'Agnello. Ora che il Leone della tribù di Giuda ha trionfato (Cf. Ap 5,5), le volpi si sono zittite: perché chiusa è la bocca di coloro che proferiscono iniquità.


Agostino Salmi 62