Agostino Salmi 64

SUL SALMO 64

64 Ps 64

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

L’esilio e la patria.

1. [v 1.] Nel titolo del salmo dobbiamo riconoscere la voce di una santa profezia. Esso reca: Sino alla fine, salmo di David, cantico di Geremia e di Ezechiele, appartenenti al popolo dell'esilio, quando cominciavano ad andarsene. Non a tutti è noto come si svolsero i fatti presso i nostri padri, al tempo dell'esilio di Babilonia; lo conoscono soltanto coloro che con diligenza si dedicano all'approfondimento delle Scritture, ascoltando o leggendo. Il popolo d'Israele cadde prigioniero e dalla città di Gerusalemme fu condotto in schiavitù a Babilonia (Cf. Re 2R 24,25). Ma il santo Geremia aveva profetato che dopo settanta anni il popolo sarebbe ritornato dalla prigionia e avrebbe ricostruito quella Gerusalemme che aveva pianto distrutta dai nemici (Cf. Jr 25,11 Jr 29,10). In quel tempo, mentre il popolo era prigioniero a Babilonia, sorsero dei profeti, e tra questi il profeta Ezechiele. Quel popolo dunque attendeva che si compisse il tempo dei settanta anni, secondo la profezia di Geremia; e difatti, compiuti i settanta anni, il tempio, prima distrutto, fu ricostruito e la maggior parte del popolo poté tornare dalla prigionia. Orbene, se ricordiamo quanto dice l'Apostolo, e cioè: Tutte queste cose accaddero loro come in figura, in realtà esse sono state scritte per noi, cui è toccato vivere alla fine dei tempi (1Co 10,11), dobbiamo anche noi conoscere prima quale sia la nostra prigionia e poi quale la nostra liberazione. Dobbiamo conoscere Babilonia, nella quale ci troviamo prigionieri, e Gerusalemme, al cui ritorno aneliamo. Queste due città, a prendere le parole secondo la lettera, sono effettivamente due città: una delle quali è Gerusalemme, quella che ora non è più abitata dai giudei. Infatti dopo la crocifissione del Signore i giudei furono puniti da Dio con un grande flagello; sradicati da quel luogo ove, nella loro empia libertà, s'erano furiosamente accaniti contro il loro medico, furono dispersi tra le genti, e quella terra venne data ai cristiani. Si è adempiuto ciò che aveva detto loro il Signore: Per questo vi verrà strappato il regno e sarà dato alla gente che farà opere di giustizia (Mt 21,43). È qui da ricordare che, quando vedevano grandi folle andate dietro il Signore che annunziava il regno dei cieli e operava miracoli, i capi di quella città avevano detto: Se lo lasceremo fare, tutti andranno dietro di lui; e verranno i romani e ci toglieranno il tempio e il popolo (Jn 11,48). Per non perdere il tempio uccisero il Signore; in realtà, invece, il regno lo hanno perduto proprio perché lo hanno ucciso. Quella città terrena, comunque fosse, era però l'immagine di un'altra città, quella eterna che è in cielo; e, quando si cominciò a predicare apertamente di questa città di qui la prima era figura, la Gerusalemme-figura venne appunto distrutta. Per questo ora non esiste più il tempio, che era stato fabbricato per prefigurare il futuro corpo del Signore. Noi abbiamo la luce, l'ombra è trascorsa; tuttavia siamo ancora in una certa qual prigionia. Dice l'Apostolo: Finché siamo nel corpo, siamo esuli dal Signore (2Co 5,6).

Gerusalemme e Babilonia nella storia e nella tipologia. Le lettere del Padre pervenute a noi esuli.

2. [v 2.] Osservate i nomi di queste due città: Babilonia e Gerusalemme. Babilonia significa “ confusione ”, Gerusalemme significa “ visione di pace ”. Guardate ora la città della confusione, per comprendere la visione di pace. Sopportate quella, sospirate a questa. Come possono essere riconosciute queste due città? Possiamo forse separarle ora l'una dall'altra? Sono mischiate; anzi, dall'inizio del genere umano avanzano mischiate sino alla fine del mondo. Gerusalemme iniziò con Abele, Babilonia con Caino, anche se gli edifici delle due città sono stati costruiti più tardi. Gerusalemme venne infatti edificata nella terra dei gebusei (e dapprima essa fu chiamata Gebus (Cf. 2S 5,6 Jos 18,28)) dopo che la gente dei gebusei era stata scacciata da quella regione, al tempo in cui il popolo di Dio fu liberato dall'Egitto e condotto nella terra della promessa. Babilonia invece fu fondata nelle più interne regioni della Persia, ed essa per lungo tempo drizzò la testa al di sopra degli altri popoli. Orbene, queste due città furono costruite in determinate epoche come figura delle altre due città, la cui origine risale molto più indietro nel tempo e debbono rimanere in questo mondo sino alla fine dei tempi e poi, alla fine, essere separate. Come possiamo noi conoscerle attualmente, se esse sono mescolate? Ce le mostrerà in chiara luce il Signore, quando porrà gli uni a destra e gli altri a sinistra. Gerusalemme sarà a destra; Babilonia a sinistra. Gerusalemme udrà: Venite, benedetti del Padre mio; ricevete il regno che è stato preparato per voi fin dall'origine del mondo. Babilonia udrà invece: Andate nel fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e gli angeli suoi (Mt 25,34 Mt 41). Possiamo tuttavia, per quanto ci consente il Signore, mettere in risalto alcuni elementi in base ai quali distinguere anche in questo tempo i buoni fedeli, che poi sono i cittadini di Gerusalemme, dai cittadini di Babilonia. A queste due città danno origine due amori: l'amore di Dio è all'origine di Gerusalemme; l'amore del mondo a quella di Babilonia. Chieda dunque ciascuno a se stesso che cosa ami e vedrà di quale città è cittadino. Se scoprirà di essere cittadino di Babilonia, estirpi la cupidigia e faccia fiorire la carità; se invece scoprirà di essere cittadino di Gerusalemme, sopporti la prigionia e speri nella libertà. Infatti molti cittadini della santa madre Gerusalemme un tempo erano prigionieri di desideri di Babilonia e ne contraevano la corruzione; anzi, per tale corruzione essi erano diventati veri e propri cittadini di quella città. Di persone così asservite ve ne sono ancora molte e ve ne saranno in questa terra anche dopo di noi. Ma il Signore, il fondatore di Gerusalemme, sa quali suoi cittadini abbia predestinati: quali, cioè, pur essendo ancora sotto il dominio del diavolo, dovranno essere redenti dal sangue di Cristo. Egli li conosce prima che essi conoscano se medesimi. È con tali significati allegorici che si ha da cantare questo salmo. Nel suo titolo troviamo anche due profeti, Geremia ed Ezechiele. A quel tempo essi erano in prigionia e cantavano alcune cose quando cominciavano ad uscire. Comincia a uscire chi comincia ad amare. E molti escono, sebbene di nascosto; e piedi di coloro che escono sono gli affetti del loro cuore. L'importante è che escano da Babilonia. Che cosa significa “ uscire da Babilonia ”? Significa uscire dalla confusione. In qual modo si esce da Babilonia, cioè dalla confusione? Coloro che dapprima erano confusi e simili l'uno all'altro per i desideri, cominciano a distinguersi per la carità. Ormai sono distinti, non sono più confusi. Anche se col corpo restano ancora mischiati agli altri, tuttavia se ne distinguono per il santo desiderio. Per la mescolanza materiale non sono ancora usciti del tutto ma, per quanto concerne il sentimento del cuore, hanno cominciato ad uscire. Ascoltiamo dunque, fratelli! Ascoltiamo, cantiamo e desideriamo la città cui apparteniamo. Quali gioie saranno il tema del canto che ascolteremo? E come potrà rinascere in noi l'amore per la nostra città, di cui ci eravamo dimenticati nel lungo esilio? Proprio per questo il Padre nostro ci ha inviato delle lettere: Dio ci ha dato le Scritture. Per tali lettere rinasce in noi il desiderio di tornare in patria, come amando il nostro esilio ci eravamo volti verso il nemico, girando le spalle alla patria. Che cosa dunque si canta qui?

Sion è la patria che speriamo.

3. [v 2.] A te conviene l'inno, o Dio, in Sion. La nostra patria è Sion; Sion altro non è che Gerusalemme. Dovete conoscere il significato di questi nomi. Come Gerusalemme significa “ visione di pace ”, così Sion significa “ speculazione ”. Visione dunque e contemplazione. Un non so quale grande spettacolo ci è promesso: esso sarà Dio stesso, che ha fondato la città. Oh, città bella e splendente, che ha un fondatore ancor più bello! A te conviene l'inno, o Dio, dice. Ma dove? In Sion. A Babilonia non ti conviene. Infatti chiunque avrà cominciato a rinnovarsi, già con il cuore canta in Gerusalemme, come dice l'Apostolo: La nostra vita è nei cieli (Ph 3,20). E, sebbene camminiamo ancora nella carne, noi non viviamo secondo la carne (2Co 10,3). Con il desiderio noi ormai siamo lassù. In quella terra abbiamo già inviato la nostra speranza, quasi un'ancora, per non naufragare turbati in questo mare. Quando una nave è ancorata, noi diciamo che è ormai in porto. È vero infatti che ondeggia ancora; ma in un certo qual modo essa è già in terra malgrado i venti e malgrado le tempeste. Così, contro le tentazioni di questo nostro esilio, la nostra speranza, ancorata in quella città di Gerusalemme, fa in modo che noi non ci infrangiamo contro gli scogli. Chiunque pertanto canta animato da questa speranza, canta già in porto; per cui può dire: A te conviene l'inno, o Dio, in Sion. In Sion, non in Babilonia. Ma non sei ancora in Babilonia? Sì! - risponde l'uomo che ama, il cittadino di quella patria - Sono in Babilonia, ma con la carne; non col cuore. Ho detto come due cose quando ho affermato che sono in Babilonia con la carne ma non vi sono con il cuore. La mia voce, pertanto, non si leva da Babilonia, perché non canto con la carne, ma con il cuore. Anche i cittadini di Babilonia odono le mie labbra emettere dei suoni, ma il canto del cuore lo ode soltanto il fondatore di Gerusalemme. Per questo, esortando i cittadini a cantare canti d'amore e di desiderio di ritornare in quella bellissima città, “visione di pace ”, l'Apostolo scriveva: Cantando e inneggiando nei vostri cuori al Signore (Ep 5,19 Ep 5,12). Che significano le parole: Cantando nei vostri cuori? Significa che non dovete cantare in quanto siete in Babilonia, ma in quanto abitate lassù. Orbene, a te conviene l'inno, o Dio, in Sion. In Sion a te conviene l'inno, non in Babilonia. Coloro che cantano in Babilonia e sono cittadini di Babilonia, anche se cantano un inno a Dio, non lo cantano come conviene. Ascolta la voce della Scrittura: Non è bella la lode nella bocca del peccatore (Si 15,9). A te conviene l'inno, o Dio, in Sion.

221 Facciamo di noi stessi un sacrifizio al Signore.

4. E a te sarà sciolto il voto in Gerusalemme. Qui facciamo i voti, ed è bene che ivi li sciogliamo. Ma chi sono coloro che fanno il voto e non lo sciolgono? Coloro che non perseverano sino alla fine nel voto che hanno fatto. Per questo dice un altro salmo: Fate voti e scioglieteli al Signore Dio vostro (
Ps 75,12). E a te sarà sciolto il voto in Gerusalemme. Perché ivi nella resurrezione dei giusti saremo tutti interi, cioè integri. Ivi sarà sciolto tutto intero il nostro voto; non riguarderà solo l'anima ma anche la carne, ormai non più corruttibile, perché non sarà più in Babilonia ma sarà stata mutata in corpo celeste. L'Apostolo descrive il mutamento che ci è promesso: Tutti risorgeremo, ma non per tutti ci sarà un cambiamento. Ma, riguardo a coloro che muteranno, dice: In un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti, cioè integri, e anche noi saremo cambiati. Continuando dice in che cosa consisterà quel mutamento: Bisogna infatti che questo corpo corruttibile si rivesta d'incorruttibilità, e questo corpo mortale si rivesta d'immortalità. E, quando questo corpo corruttibile si sarà rivestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale si sarà rivestito d'immortalità, allora si realizzerà la parola che sta scritta: La morte è stata assorbita nella vittoria. Dove è, morte, il tuo aculeo? (1Co 15,51-55) Ora infatti, pur esperimentando in noi le primizie della nostra spiritualizzazione che ci fanno desiderare Gerusalemme, tuttavia molte brame, la cui radice è nella carne corruttibile, insorgono contro di noi: brame che non insorgeranno più quando la morte sarà assorbita nella vittoria. Allora regnerà la pace e sarà finita la guerra. E se regnerà la pace, trionferà quella città che è chiamata “visione di pace ”. Non vi sarà allora nessuna, ostilità da parte della morte. Ora invece, quanto abbiamo da lottare contro la morte! Da lei derivano le attrattive della carne, che ci suggeriscono anche molte cose illecite: ad esse, è vero, non cediamo, ma per non, cedere dobbiamo combattere. Infatti in un primo tempo la concupiscenza della carne era la nostra guida e noi la seguivamo; e quando in un secondo momento le si voleva opporre resistenza, essa ci trascinava. Più tardi, da quando cioè ricevemmo la grazia, la concupiscenza ha cessato di guidarci e di trascinarci, ma continua ancora a combattere contro di noi. Finita anche la lotta, ci sarà la vittoria. Per adesso intanto, anche se ti aggredisce, fa' in modo che non ti vinca; dopo, quando la morte sarà assorbita nella vittoria, cesserà anche di combattere.. Che cosa è detto a questo proposito? Ultima nemica, sarà distrutta la morte (1Co 15,26). Scioglierò il mio voto. Quale voto? L'olocausto. Si ha l'olocausto quando il fuoco brucia tutto. L'olocausto è il sacrificio ove tutto viene consumato:  infatti significa “ tutto intero ”  “ incendio ”, per cui olocausto significa “ tutto incendiato ”. E allora questo fuoco divino infiammi noi, figli di Gerusalemme! Cominciamo ad ardere del fuoco della carità, finché tutto quanto abbiamo di mortale non sia consumato e tutto quanto era ostile a noi salga in sacrificio al Signore. Non diversamente da come è detto altrove: Sii benigno, o Signore, nella tua buona volontà con Sion, affinché siano costruite le mura di Gerusalemme. Allora accetterai il sacrificio di giustizia, le offerte e gli olocausti! (Ps 50,20 Ps 21) A te, o Dio, conviene l'inno, in Sion; e a te sarà sciolto il voto in Gerusalemme. Cerchiamo di scoprire se nel testo non ci venga indicato anche il re di quella città, cioè il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo. Cantiamo dunque finché non troviamo parole più chiare. Potrei peraltro già anticiparvi che è proprio a lui che si dice: A te conviene l'inno, o Dio, in Sion; e a te sarà sciolto il voto in Gerusalemme. Ma, se così dicessi, si crederebbe più a me che alla Scrittura; e perciò probabilmente non si crederebbe neppure a me. Ascoltiamo quanto segue.

La mirabile conversione del mondo pagano.

5. [v 3.] Dice: Esaudisci la mia preghiera; a te verrà ogni carne. Sappiamo che il Signore dice di aver potere su ogni carne (Cf. Jn 17,2). Comincia quindi ad apparire manifesto chi sia quel re a cui si dice: A te verrà ogni carne. Dice: A te verrà ogni carne. Perché verrà a lui ogni carne? Perché ha assunto la carne. E dove andrà ogni carne? Egli prese le primizie della carne dal seno della Vergine (una volta assunte queste primizie il resto venire di conseguenza) per offrire un olocausto completo. Ma chi è ogni carne? Ogni uomo. In che senso “ ogni uomo ”? È stato forse profetizzato che tutti gli uomini crederanno in Cristo? O andranno a lui anche gli empi, che numerosi saranno condannati? Non muoiono forse, ogni giorno, nella loro infedeltà molti che non credono? In quale senso dobbiamo dunque intendere le parole: A te verrà ogni carne? Ha detto ogni carne, per dire uomini di ogni categoria. Si verrà a te da ogni categoria di persone. E che significa “ da ogni categoria di persone ”? Sono venuti, forse, a Cristo i poveri e non sono venuti i ricchi? Sono venuti, forse, i plebei e non sono venuti i nobili? Sono venuti gli ignoranti e non i dotti? Sono venuti gli uomini e non le donne? Sono venuti i padroni e non i servi? Sono venuti i vecchi e non i giovani? Oppure i giovani e non gli adolescenti? Oppure, ancora, gli adolescenti e non i fanciulli? Oppure sono venuti i fanciulli e non sono stati portati anche i bambini? Infine, sono forse venuti i giudei (giudei erano gli Apostoli e giudei erano quelle migliaia che dapprima lo tradirono ma poi credettero in lui) e non sono venuti i greci? Oppure sono venuti i greci e non sono venuti i romani? Sono venuti i romani e non sono venuti i barbari? Chi potrà contare tutte le genti che vengono a colui al quale è detto: A te verrà ogni carne? Esaudisci la mia preghiera; a te verrà ogni carne.

Cristo, re e sacerdote, soggioga il mondo in peccato. Il simbolismo del velo di Mosè.

6. [v 4.]Le parole degli iniqui hanno prevalso su di noi e alle nostre empietà tu sarai propizio. Che significa: Le parole degli iniqui hanno prevalso su di noi e alle nostre iniquità tu sarai propizio? Essendo nati in questa terra, vi abbiamo trovato degli empi e ne abbiamo ascoltato le parole. Potessi spiegare quanto sento! Mi aiuti l'amorosa attenzione della vostra Carità! Ogni uomo, ovunque nasca, apprende la lingua della nazione, provincia o città ove nasce; non solo, ma ne immedesima i costumi e la vita. Che cosa potrebbe fare un fanciullo, nato tra i pagani, per non adorare la pietra, se quel culto gli è stato insegnato dai suoi genitori? Già le prime parole che ascoltava vi si riferivano, e l'errore venne da lui succhiato con il latte materno. E poiché coloro che gli parlavano erano già grandi, mentre lui, il fanciullo che imparava a parlare, era appena un bambino, come avrebbe potuto una creatura così piccina non seguire l'autorità dei più grandi e non considerare buono ciò che essi lodavano? Ebbene i gentili, quando più tardi si sono convertiti a Cristo, han ricordato le empietà dei loro antenati e andavano dicendo ciò che diceva lo stesso profeta Geremia: Davvero i nostri padri hanno adorato la menzogna: la vanità che ad essi non ha giovato (Jr 16,19). Dicevano così e rinunziavano alle dottrine e ai sacrilegi dei loro padri. Rimaneva però sempre vero che l'essere stati imbevuti di tali dottrine e di tali sacrilegi era dipeso dall'insistenza di coloro che, come erano superiori in età, così erano considerati superiori anche in autorità. Per cui l'uomo, ormai desideroso di tornare a Gerusalemme da Babilonia in cui si trovava, non può non riconoscere che le parole degli iniqui hanno prevalso sopra di noi. Ci hanno guidato maestri cresciuti nel male e ci hanno resi cittadini di Babilonia. Abbiamo abbandonato il Creatore e abbiamo adorato la creatura; abbiamo abbandonato colui dal quale siamo stati fatti e abbiamo adorato ciò che noi stessi abbiamo fatto. Ecco come le parole degli iniqui hanno prevalso sopra di noi. Tuttavia non sono riusciti a schiacciarci. Perché? Tu sarai propizio alle nostre empietà. Stia bene attenta la vostra Carità! Le parole: Tu sarai propizio alle nostre empietà, non si possono dire se non di un sacerdote che offre qualcosa con cui l'empietà sia espiata e perdonata. Infatti si dice che si propizia una empietà quando il Signore diviene propizio verso tale empietà. E come si fa a rendere Dio propizio verso le empietà, ottenere cioè che le perdoni e conceda venia? Per ottenere perdono dal Signore si compie la propiziazione con qualche sacrificio. Esiste dunque, mandato dal Signore Dio, un misterioso nostro sacerdote. Egli prese da noi la vittima da offrire al Signore, prese ciò che noi abbiamo chiamato le sante primizie della carne dal seno della Vergine. Questo l'olocausto che egli offrì a Dio, quando stese le sue mani sulla croce per dire: Si levi la mia preghiera come incenso al tuo cospetto; il levarsi delle mie mani sia quale sacrificio vespertino (Ps 140,2). Come voi sapete, era sera quando il Signore fu sospeso alla croce (Cf. Mt 27,46); e da quel momento le nostre empietà sono state espiate. Altrimenti ci avrebbero assorbiti. Le parole degli iniqui avevano prevalso su di noi; ci avevano guidato i predicatori di Giove, di Saturno, di Mercurio. Le parole degli iniqui hanno prevalso su di noi. Ma tu che farai? Alle nostre empietà tu sarai propizio. Tu sacerdote, tu vittima, tu sacrificatore, tu sacrificio. Egli è il sacerdote che ora è entrato al di là del velo e, solo fra tutti coloro che hanno portato la carne, intercede per noi (Cf. He 6,19 He 20). Prefigurando ciò, in quel primo popolo e in quel primo tempio, il solo sacerdote entrava nel Santo dei Santi, mentre tutto il popolo restava fuori. E colui che, solo, era entrato al di là del velo, offriva il sacrificio per il popolo che stava fuori (Cf. He 9,7). Se s’intende bene, lo spirito vivifica; se non si comprende, la lettera uccide. Quando or ora sono state lette le parole dell'Apostolo, avete udito: La lettera uccide, ma lo spirito vivifica (2Co 3,6). I giudei non compresero ciò che allora si compiva in quel popolo, e neppure ora lo intendono. Di costoro, infatti, è detto: Quando si legge Mosè, un velo è posto sopra il loro cuore (2Co 3,5) (“ velo ” è uguale a “ figura ”); e solo quando si toglierà il simbolo, apparirà anche a loro la verità. Ma quando sarà tolto il velo? Ascolta l'Apostolo: Quando poi passerai al Signore, sarà tolto il velo (2Co 3,16). Finché dunque non passano al Signore, finché leggono Mosè, hanno un velo sopra il cuore. In ordine a questo mistero, il volta di Mosè splendeva allora in maniera che non potevano guardare in faccia a lui i figli di Israele (2Co 3,13) (l'avete udito ora quando è stato letto), e un velo era tra il volto di Mosè che parlava e il popolo che ascoltava le sue parole. Essendoci quel velo, udivano le parole ma non vedevano il volto di Mosè. Che cosa dice l'Apostolo? Per cui i figli di Israele non potevano mirare la faccia di Mosè. E aggiunge: Non riuscirono a vederla sino alla fine (2Co 3,7). Che significa: Sino alla fine? Fino a comprendervi il Cristo. Dice infatti ancora l'Apostolo: Fine della legge è Cristo, a giustificazione di ogni credente (Rm 10,4). Sulla faccia di Mosè c'era uno splendore ma era in un volto carnale e mortale; e quindi poteva forse essere senza limiti di tempo o addirittura eterno? Sopraggiungendo la morte, sicuramente tale splendore sarebbe scomparso. Ma lo splendore della gloria del nostro benedetto Signore, Gesù Cristo, è eterno. Il primo era un simbolo transitorio; ciò che quella immagine simboleggiava è invece la verità. Dunque i giudei leggono i loro libri sacri ma non intendono Cristo; non spingono il loro zelo sino alla fine. Il velo frapposto vieta loro di vedere l'intimo splendore. Tu invece vedi, sotto il velo, il Cristo. Dice lo stesso nostro Signore Gesù Cristo: Se credeste in Mosè, credereste anche a me; di me infatti egli ha scritto (Jn 5,46). Quanto a noi, perdonati i nostri peccati e le nostre empietà grazie a quel sacrificio vespertino, passiamo al Signore e il velo c'è tolto, tanto è `Vero che, quando il Signore fu crocifisso, il velo del tempio si squarciò (Cf. Mt 27,51). Esaudisci la mia preghiera; a te verrà ogni carne. Le parole degli iniqui hanno prevalso su di noi; e le nostre empietà tu perdonerai.

L’unità cattolica costituisce il corpo di Cristo.

7. [vv 5.6.]Beato colui che hai eletto e assunto! Chi è stato eletto e assunto da lui? Qualche uomo particolare eletto dal Salvatore nostro Gesù Cristo? O forse egli stesso secondo la carne (per la quale è veramente uomo) è stato eletto e assunto? Ne seguirebbe che come Verbo di Dio egli era in principio (come dice l'Evangelista: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio); dopo aver assunto la carne, il Figlio di Dio (infatti il Verbo di Dio, di cui è pure detto: Tutte le cose per suo mezzo sono state fatte, e niente è stato fatto senza di lui (Jn 1,1-3), è anche Figlio di Dio) è divenuto nostro sacerdote. Sarebbero quindi rivolte a lui le parole: Beato colui che hai eletto e assunto! Sarebbe cioè beato l'uomo del quale ti sei rivestito, che ha cominciato a vivere nel tempo, che è nato da una donna e che in un certo modo è il tempio di colui che sempre è e sempre è stato. Ma ecco forse un senso migliore di quelle parole: Cristo stesso ha assunto un “ beato ”, di cui non si specifica il nome e di cui si parla al singolare e non al plurale. Uno solo infatti è stato assunto dal Cristo, in quanto egli assume l'unità; non assume gli scismi, non assume le eresie. Scismatici ed eretici sono divenuti molteplicità; non sono quell'uno che possa essere assunto. Coloro invece che restano nell'unità di Cristo e sono le sue membra, formano, per così dire, un solo uomo, del quale così dice l'Apostolo: Finché non giungiamo tutti alla conoscenza del Figlio di Dio, all'uomo perfetto, nella misura dell'età della pienezza di Cristo (Ep 4,13). Ne consegue che un solo uomo è assunto, e di quest'unico uomo il capo è Cristo, poiché capo dell'uomo è Cristo (1Co 11,3). Ecco chi è quell'uomo beato che non procede secondo il consiglio degli empi (Ps 1,1), e non fa tutte le altre cose che in quel salmo sono dette. Ecco l'uomo che viene assunto. Non è un estraneo a noi: noi facciamo parte delle sue membra; siamo retti da un solo capo; tutti viviamo di un solo spirito, tutti desideriamo una sola patria. Vediamo dunque come quanto si dice a Cristo competa anche a noi e si dica anche di noi. Interroghiamo la nostra coscienza, scrutiamo il grado del nostro amore. Se questo amore è ancora piccolo, se è appena nato (forse in qualcuno spunta proprio ora!), con grande cura estirpiamo le spine che gli crescono attorno, cioè le preoccupazioni mondane, in modo che crescendo non soffochino il santo germoglio. Beato colui che hai eletto e assunto! Stiamo in lui e saremo assunti; rimaniamo in lui e saremo eletti.

I beni della città celeste. L’incanto della giustizia.

8. E che cosa ci darà? Dice: Abiterà nei tuoi atri: negli atri cioè di quella Gerusalemme cui levano il canto coloro che cominciano a uscire da Babilonia. Abiterà nei tuoi atri. Saremo colmati dei beni della tua casa. Quali sono i beni della casa di Dio? Fratelli, immaginiamoci una casa ricca. Di quali e quanti beni non sarà colma? Quanta roba, quanti vasi d'oro e d'argento, quanti domestici, quanti giumenti ed altri animali! E nella stessa casa, a dilettare lo sguardo, quante pitture, marmi, soffitti, colonne, sale, camere! Sono, tutte queste, cose che si desiderano, ma finché siamo ancora nella confusione di Babilonia. Butta via tutti questi desideri, o cittadino di Gerusalemme: buttali via! Se vuoi tornare in patria, non trovare piacere nella prigionia. E se tu hai già cominciato ad uscirne, non volgerti indietro, non fermarti per via! Non mancano anche ora nemici che vorrebbero convincerti a restare in prigionia e in esilio; ma non prevalgano su di te le parole degli iniqui. Desidera la casa di Dio, desidera i beni di quella casa; non aspettarti però ricchezze del genere di quelle che ordinariamente vorresti avere in casa tua o nella casa del tuo vicino o in quella del tuo patrono. Sono di tutt'altra specie le ricchezze di quella casa. Dovremmo noi spender tempo a descriverle? Ce le indichi quello stesso che, uscendo da Babilonia, canta: Saremo colmati dei beni della tua casa.Quali sono questi beni? Avevamo forse già rivolto il nostro cuore all'oro, all'argento e ad altri metalli preziosi. Non cercare tali cose: esse schiacciano, non sollevano. Già fin d'ora dobbiamo pensare ai beni di Gerusalemme, ai beni della casa del Signore, ai beni del tempio del Signore; poiché casa del Signore è lo stesso che tempio del Signore. Saremo colmati dei beni della tua casa: il tuo santo tempio, mirabile nella giustizia.Ecco i beni di quella casa' Non dice: Il tuo santo tempio è mirabile per le colonne, mirabile per i marmi, mirabile per i tetti coperti d'oro; ma dice: Mirabile nella giustizia. Con gli occhi del corpo riesci a vedere i marmi e l'oro; nell'intimo c'è un occhio che ti consente di vedere la bellezza della giustizia. Ripeto: nell'intimo c'è un occhio capace di vedere la bellezza della giustizia. Se la giustizia non avesse alcuna bellezza, perché si amerebbe un vecchio giusto? Che cosa presenta nel corpo che dia piacere agli occhi? Le sue membra sono curve, la fronte è solcata da rughe, il capo è imbiancato. Debole e pieno di acciacchi, mai smette di lamentarsi. Ai tuoi occhi non offre certo uno spettacolo piacevole questo vecchio decrepito; ma ne darà forse al tuo orecchio con le parole, col canto? Anche se da adolescente ha cantato bene, con l'età tutto è cessato. E potrà recar piacere al tuo orecchio il suono delle sue parole, quando lui, cadutigli i denti, riesce a stento a pronunziare tutt'intere le sillabe? Nonostante tutto, però, se egli è un uomo giusto, se non desidera le cose altrui, se dona ai poveri ciò che ha, se ci esorta al bene, se retto è il suo giudizio e integra la sua fede, se per la vera fede egli è pronto a sacrificare le sue membra (non importa se sono consunte dagli anni, mentre importa ricordare che molti hanno subito il martirio da vecchi), noi un tal vecchio lo amiamo. Ma perché lo amiamo? Che pregio o attrattiva vediamo in lui, con gli occhi della carne? Nulla. Esiste dunque una bellezza della giustizia, che noi riusciamo a vedere con l'occhio del cuore, che amiamo e per la quale ci entusiasmiamo. È questa la bellezza che certuni amarono moltissimo nei martiri, proprio mentre le loro membra venivano dilaniate dalle belve. Quando il sangue insozzava ogni cosa, quando le viscere uscivano dal corpo squarciato dalle belve, gli occhi non avevano se non di che inorridire. Eppure, di fronte a tale spettacolo, in quelle membra dilaniate e insozzate di sangue c'era qualcosa che ispirava amore. E cosa poteva mai essere se non l'intemerata bellezza della giustizia? Questi sono i beni della casa di Dio: di questi beni preparati a saziarti. Ma perché tu possa saziartene quando vi sarai giunto, è necessario che tu ne abbia fame e sete mentre sei in esilio. Ne devi essere assetato, affamato, perché essi saranno i beni di Dio. Ascolta il re cui queste cose sono dette, colui che è venuto a ricuperarti e si è fatto per te Via (Cf. Jn 14,6). Che cosa dice? Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati (Mt 5,6)! Il tuo santo tempio, mirabile nella giustizia! E non pensate, fratelli, che questo tempio sia fuori di voi. Amate la giustizia e sarete voi il tempio di Dio.

Mare infido è questo mondo. Non rompiamo la rete dell’unica fede.

222 9. Ascoltaci, o Dio, nostro salvatore. Ora è manifesto chi chiami Dio. Salvatore propriamente è il Signore Gesù Cristo. È manifesto ora in modo inequivocabile di chi aveva detto: Verrà a te ogni carne. Ascoltaci, o Dio, nostro salvatore. Quell'unico uomo che è assunto per essere tempio di Dio è uno solo e insieme molti. Essendo uno solo, ha potuto dire: Ascolta, o Dio, la mia preghiera (Ps 64,3); ma, siccome questo uno consta di molti, ora può dire: Ascoltaci, o Dio, nostro salvatore. Vedi come ora lo si denunzi con estrema chiarezza: Ascolta, o Dio, nostro salvatore; speranza di tutti i confini della terra e anche lontano nel mare. Ecco perché gli si diceva: Verrà a te ogni carne. Effettivamente si va a lui da ogni parte. Speranza di tutti i confini della terra: non speranza di un solo angolo; non speranza della sola Giudea o della sola Africa o della sola Pannonia; non speranza dell'oriente o dell'occidente; ma speranza di tutti i confini della terra e anche lontano nel mare. Esattamente: Di tutti i confini della terra. E poi anche lontano, nel mare; anzi, proprio perché nel mare, per questo si dice lontano. Il mare, infatti, è figura del mondo presente, amaro di salsedine, turbato da tempeste, ove gli uomini, con le loro cupidigie perverse e disordinate, divengono come i pesci che si divorano a vicenda. Guardate questo mare cattivo, questo mare amaro, crudele con i suoi flutti! Guardate di quali uomini sia pieno. Ecco uno che desidera l'eredità: cosa pensate che aspetti, se non la morte di un altro? Uno desidera guadagnare: come ci riuscirà se non danneggiando il suo prossimo? Quanti desiderano innalzarsi con la caduta dei loro simili! Quanti agognano che gli altri vendano i propri beni, per poterli acquistare! Oh, come ci si opprime a vicenda e nei limiti del possibile ci si sbrana! E quando il pesce più grande avrà divorato il più piccolo, a sua volta sarà divorato da uno più grande di lui. O pesce malvagio, vuoi far tua preda il pesce più piccolo? Diverrai preda di uno più grande! Sono, questi, fatti di ogni giorno; fatti che accadono sotto i nostri occhi. Inorridiamo alla loro vista. Non comportiamoci così, fratelli, perché egli è la speranza di tutti i confini della terra. E, se non fosse la speranza anche lontano nel mare, il Signore non direbbe ai suoi discepoli: Vi farò pescatori di uomini (Mt 4,19). Infatti proprio nel mare noi siamo stati catturati dalle reti della fede: rallegriamoci perché nuotiamo ancora dentro tali reti. Il mare mugghia paurosamente con le sue tempeste, ma le reti che ci hanno catturato saranno tratte a riva. La riva è là dove il mare finisce: giungere alla riva è giungere alla fine del mondo. Frattanto, o fratelli, mentre siamo ancora racchiusi nelle reti, viviamo bene: non usciamo fuori rompendo le reti. Molti hanno spezzato le reti, hanno fatto scismi, e sono usciti fuori dicendo che non potevano tollerare che dentro le reti ci fossero anche pesci cattivi. Così loro stessi sono diventati più cattivi di coloro che dicevano di non poter tollerare. Quelle reti infatti hanno catturato pesci buoni e pesci cattivi. Lo dice il Signore: Il regno dei cieli è simile a una rete gettata in mare, che raccoglie pesci di ogni genere. Quando essa fu piena, l'hanno tratta a riva, e sedendo sulla riva hanno messo i pesci buoni in ceste e i cattivi hanno gettato fuori. Così accadrà, disse, alla fine del mondo. Ha indicato la riva, ha indicato l'estremità del mare. Usciranno gli angeli e separeranno i malvagi di tra mezzo ai giusti e li getteranno nella fornace di fuoco: ivi sarà pianto e stridore di denti (Mt 13,47-50). Ebbene, cittadini di Gerusalemme, che siete entro le reti e siete pesci buoni, sopportate i malvagi! Non spezzate le reti! Siete in mare con loro, ma non sarete con loro nelle ceste. Egli è infatti la speranza dei confini della terra, ed egli stesso è la speranza anche lontano, nel mare. Lontano, perché anche nel mare.

10. [v 7.]Preparando i monti nella sua fortezza: non nella loro fortezza. Ha preparato infatti dei grandi predicatori, e li ha chiamati monti: umili in sé, eccelsi in lui. Preparando i monti nella sua fortezza. Che cosa dice uno di tali monti? In noi stessi abbiamo recato la sentenza di morte, perché non riponiamo la fiducia in noi stessi, ma in Dio che risuscita i morti (2Co 1,9). Chi ripone la fiducia in sé e non in Cristo, non appartiene a questi monti che egli prepara nella sua fortezza. Preparando i monti nella sua fortezza, circondato di potenza. Intendo cosa voglia dire potenza; ma che significa circondato? Quanti fanno di Cristo il loro centro, lo circondano, cioè lo cingono da ogni parte. Noi tutti possediamo il Cristo: è un nostro patrimonio comune; per questo egli è nel mezzo. Noi tutti che crediamo in lui lo attorniamo da ogni parte e, poiché la nostra fede non deriva dalle nostre forze ma dalla sua potenza, per questo egli è circondato di potenza: della sua potenza, non della nostra forza.

Persecuzioni causa di conversioni.

11. [v 8.]Tu che sconvolgi il fondo del mare. Anche questo è avvenuto e lo si vede. Egli, nella sua fortezza, si preparò dei monti e li mandò a predicare. La sua potenza fece sì che dei credenti lo circondassero; e il mare si è agitato. Il mondo s'è turbato e ha cominciato a perseguitare i suoi santi. Cinto di potenza, tu che sconvolgi il fondo del mare. Non ha detto: “Tu che sconvolgi il mare ”, ma: il fondo del mare. Il fondo del mare è il cuore degli empi. È risaputo che ogni moto che si levi dal fondo supera in violenza ogni altro; come pure si sa che il fondo contiene ogni cosa. Non diversamente, tutto quello che per mezzo della lingua, della mano o di altre potenze, fu messo in opera allo scopo di perseguitare la Chiesa, traeva origine dal fondo. Se nel cuore non vi fosse stata, e non vi fosse, una radice da cui proviene il male, non ci sarebbero state tante violenze contro Cristo. Ma Dio ha scosso il fondo forse anche per vuotare il fondo. Infatti, nel caso di certi peccatori, egli ha svuotato il mare fino al fondo e l'ha trasformato in deserto. Questo dice un altro salmo: Egli trasforma il mare in terra arida (Ps 65,6). Tutti gli empi e i pagani che hanno creduto, prima erano mare ma poi sono divenuti terra; dapprima erano sterili per la salsedine, poi sono divenuti fecondi in frutti di giustizia. Tu sconvolgi il fondo del mare: chi sopporterà il fragore dei suoi flutti? Che significano le parole: Chi sopporterà? Quale uomo sarà in grado di reggere al fragore dei flutti del mare, cioè agli ordini dei superbi del secolo? Eppure vi si regge: ma come? Perché c'è colui che prepara i monti nella sua fortezza. Dicendo dunque: Chi sopporterà? vuol dire: Noi non potremmo sopportare da noi stessi quelle persecuzioni, se egli non ce ne desse la forza. Tu sconvolgi il fondo del mare; chi sopporterà il fragore dei suoi flutti?

12. [vv 8.9.]Si turberanno le genti. Il turbarsi sarà la prima reazione; ma quei monti, preparati nella fortezza di Cristo, si sono forse turbati anch'essi? Si è turbato il mare e si è scagliato contro i monti. Il mare è stato domato, i monti sono rimasti saldi nella loro mole. Si turberanno le genti e avranno timore tutti. Ecco, già tutti temono. Prima si erano turbati, adesso tutti temono. I cristiani non hanno temuto e sono ormai temuti. Tutti coloro che li perseguitavano ora li temono. Ha vinto colui che è stato cinto di potenza; e in tanti sono ormai venuti a lui, che gli altri, nella loro esiguità, ormai temono. E temeranno tutti coloro che abitano i confini della terra per i tuoi miracoli. Infatti gli Apostoli compirono miracoli; e tutti i confini della terra hanno temuto ed hanno creduto.

Fuggire le lusinghe della prosperità, resistere nelle avversità.

13. Troverai gioia nelle uscite del mattino e della sera: cioè, renderai gioiose le uscite del mattino e della sera. Che cosa ci è promesso già in questa vita? Troverai gioia nelle uscite del mattino e della sera. Si può uscire di mattina; e si può uscire di sera. Mattino rappresenta la prosperità terrena; sera, le tribolazioni del mondo. Stia attenta la vostra Carità e badi bene a non lasciarsi corrompere dalle prosperità né abbattere dalle avversità. Infatti in questi due modi viene tentata l'anima umana. Per “ mattino ” si intende, dunque, la prosperità: difatti il mattino è lieto, essendo passata la tristezza della notte. Le tenebre della sera sono invece tristi; e perciò il Signore offrì il suo sacrificio vespertino quando per il mondo era ormai giunta - per così dire - la sera. Nessuno tema dunque la sera; nessuno si lasci corrompere dal mattino. Ecco, un non so chi è venuto a prometterti un affare di gran tornaconto, a patto che tu faccia del male. È mattino! Ti aspetta un'immensa ricchezza: per te è sorto il mattino. Non lasciarti corrompere e avrai conseguita un'uscita per il mattino: un'uscita mediante la quale sfuggi alla cattura. Infatti la promessa del guadagno è come l'esca nella trappola: tu vi sei stretto da ogni lato e non hai dove uscire; sei preso nella rete. Ma il Signore tuo Dio ti dà un'uscita, perché tu non sia preso dal guadagno, quando ti dice nel cuore: Io sono la tua ricchezza. Non curarti di ciò che promette il mondo, ma di ciò che promette il Creatore del mondo! Sta attento a ciò che Dio ti promette se osserverai la giustizia; e disprezza ciò che ti promette l'uomo per allontanarti dalla giustizia. Non curarti dunque di ciò che il mondo promette! Considera piuttosto ciò che promette il Creatore del mondo; e avrai un'uscita al mattino, nelle parole del Signore che dice: Che cosa giova all'uomo guadagnare tutto il mondo, se soffre danno nella sua anima? (Mt 16,26) Ma colui che non ha potuto corromperti né trascinarti al male con promesse di guadagno, ti minaccerà, diventerà tuo nemico e comincerà a dirti: “ Se non farai questo, ti farò vedere io che di cosa sono capace; tu avrai in me un nemico ”. Prima, quando ti prometteva un guadagno, era mattino per te; ormai comincia a farsi sera. Egli ti si è stizzito. Ma colui che ti ha concesso un'uscita al mattino, te la concederà anche per la sera. Come illuminato dalla luce del Signore, hai disprezzato il mattino del mondo, così disprezzane la sera, traendo forza dalla passione del Signore. Di' alla tua anima: Che cosa potrà farmi costui peggio di quello che ha sofferto per me il mio Signore? Mi terrò stretto alla giustizia; non consentirò all'ingiustizia. Incrudelisca pure contro la carne: si spezzerà la rete, e io volerò al mio Signore, che mi dice: Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima (Mt 10,28). E, anche riguardo al corpo, ci ha dato la sicurezza dicendo: Un solo capello del vostro capo non andrà perduto (Lc 21,18). In modo mirabile qui è stato detto: Troverai gioia nelle uscite del mattino e della sera. Perché, se tu non trovassi gioia nell'uscita, non faresti alcuno sforzo per uscire. Cacceresti la testa nella rete del guadagno promesso, se non trovassi gioia nella promessa del Salvatore. E ancora: non avresti il coraggio di resistere al tentatore e a colui che ti spaventa se non ti desse gioia colui che per primo ha sofferto per te, affinché tu avessi un'uscita. Troverai gioia nelle uscite del mattino e della sera.

La Chiesa una e molteplice.

14. [v 10.] Hai visitato la terra e l'hai inebriata. In qual modo ha inebriato la terra? Quanto è eccellente il tuo calice inebriante! (Ps 22,5) Hai visitato la terra e l'hai inebriata: hai mandato le tue nubi, è venuta la pioggia della predicazione della verità, e la terra si è inebriata. L'hai colmata di ogni ricchezza. In che modo l'hai colmata di ogni ricchezza? Il fiume di Dio è ricolmo di acqua. Che cosa è il fiume di Dio? È il popolo di Dio. Venne per primo ricolmato un popolo, attraverso il quale è stato poi irrigato il resto della terra. Ascolta uno che promette l'acqua! Se qualcuno ha sete, venga e beva. Dal ventre di chi crede in me scorreranno fiumi di acqua viva (Jn 7,37 Jn 38). Sono molti fiumi ed è un solo fiume, poiché a causa dell'unità i molti sono uno solo. Molte sono le chiese e una sola è la Chiesa; molti i fedeli e una sola la sposa di Cristo. In tal senso molti sono i fiumi e uno solo è il fiume. Molti israeliti credettero e furono ripieni di Spirito Santo. Dalla Giudea si sparsero tra le genti e cominciarono a predicare la verità: e dal fiume di Dio, che era ricolmo di acqua, tutta la terra è stata irrigata. Hai preparato il loro cibo, perché così è la tua preparazione. Non perché se lo fossero meritato gli uomini, ai quali tu avevi perdonato i loro peccati e che altro non avevano se non demeriti; ma perché tu, nella tua misericordia (perché così è la tua preparazione!), hai in questo modo preparato loro il cibo.

La sapienza cristiana partecipata agli incipienti e ai perfetti.

15. [v 11] Irriga i suoi solchi. Si aprano prima i solchi che saranno poi irrigati: si apra la durezza del nostro cuore mediante il vomere della parola di Dio. Irriga i suoi solchi, moltiplica le sue generazioni. Son realtà che vediamo. Uno crede e subito, dietro a lui, ne credono altri, e dopo questi, altri ancora. Nessuno, una volta divenuto cattolico, si contenta di conquistare un solo uomo. Proprio come si moltiplica il seme: pochi chicchi vengono gettati e campi interi si riempiono di messi. Irriga i suoi solchi; moltiplica le sue generazioni. Delle sue gocce si allieterà quando nascerà. Cioè: prima che abbia la capacità di ricevere tutta la massa delle acque, quando nascerà, si allieterà delle sue gocce, cioè per l'acqua opportunamente dosata. Infatti dalla pienezza dei sacramenti si lascia cadere qualche goccia anche su chi è ancora piccolo e debole e non potrebbe contenere la pienezza della verità. Ascolta come alcune di tali gocce vengano somministrate a dei piccoli appena nati e ancora incapaci di intendere, appunto perché nati da poco. Dice l'Apostolo: Non vi ho potuto parlare come a uomini spirituali ma come a uomini carnali, come a dei piccoli in Cristo (1Co 3, l). Dicendo: Piccoli in Cristo, li dice già nati, ma non ancora capaci di intendere la pienezza di quella sapienza, della quale dice: Di sapienza parliamo tra i perfetti (1Co 2,6). Si rallegri il cristiano ancora bambino per le gocce di quell'acqua, finché non si sviluppi e cresca. Divenuto grande, riceverà tutta la sapienza, così come da bambino occorreva nutrirlo con il latte perché divenisse capace di cibo solido. Tuttavia in principio bisognerà sempre ridurre in forma di latte quel cibo che non si è in grado di ricevere. Delle sue gocce si allieterà, quando nascerà.

223 Le stagioni nel campo del Signore.

16. [v 12.]Benedirai la corona dell'anno della tua bontà. Ora si semina; ciò che è seminato cresce e diverrà messe. Ma il nemico ha seminato la zizzania sopra il seme, e in mezzo ai buoni sono nati i malvagi: i falsi cristiani che hanno con gli altri simile il gambo ma non simile il frutto. Infatti sono chiamate zizzania quelle piante che, appena spuntate, assomigliano al frumento; come il loglio, l'avena e tutte le altre che all'inizio hanno lo stelo simile a quello del grano. Per questo, a proposito della seminagione della zizzania, dice il Signore: È venuto il nemico e vi ha seminato sopra la zizzania; ma quando la pianta è cresciuta e ha fatto il frutto, allora è apparsa la zizzania (
Mt 13,25 Mt 26). Orbene, è venuto il nemico e ha seminato sopra la zizzania. Ma che cosa ne è derivato al grano? Il grano non viene soffocato dalla zizzania; anzi, sopportando la zizzania, cresce il frutto del frumento. Il Signore stesso così disse a certi operai che volevano sradicare la zizzania: Lasciateli crescere ambedue fino alla mietitura. Che non succeda che, mentre volete sradicare la zizzania, voi sradichiate insieme anche il grano. Al tempo della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete dapprima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il frumento invece riponetelo nel granaio (Mt 13,30). Ecco la fine dell'anno, la mietitura del mondo. Benedirai la corona dell'anno della tua bontà. Quando odi parlare di corona, subito ti raffiguri il trionfo della vittoria. Vinci il diavolo e avrai la corona. Benedirai la corona dell'anno della tua bontà. Di nuovo sottolinea la bontà di Dio, perché nessuno si glori dei propri meriti.

Il seme della Parola sparso fra i giudei e fra le genti.

17. [v 13.]E i tuoi campi si riempiranno d'abbondanza. Ingrasseranno le terre del deserto e i colli si cingeranno di esultanza. I campi, i colli, le terre del deserto, sono sempre gli uomini. Sono “ campi ” per la loro uguaglianza; infatti è per l'uguaglianza che sono detti campi i popoli giusti. Li si chiama “ colli ” per la loro elevatezza: poiché Dio innalza a sé coloro che si umiliano. Terre del deserto sono tutti i popoli pagani. Perché “ terre del deserto ”? Perché erano abbandonati: nessun profeta era stato mandato loro, ed essi erano come un deserto dove non passa uomo. Alle genti non era stata inviata alcuna parola di Dio: al solo popolo di Israele avevano predicato i profeti. Venne il Signore; e in mezzo allo stesso popolo dei giudei ci fu del grano, persone che credettero. Disse infatti una volta Gesù ai discepoli: Voi dite che la mietitura è lontana; guardate e vedete che i campi biancheggiano per le messi! (Jn 4,35) Vi è stata dunque una prima mietitura; ve ne sarà una seconda alla fine del mondo. Una prima mietitura è già stata fatta tra i giudei, ai quali furono mandati i profeti affinché annunciassero l'avvento del Signore. Per questo il Signore poteva dire ai suoi discepoli: Guardate i campi biancheggianti per le messi! ove, chiaramente, si riferiva ai campi della Giudea. E aggiungeva: Altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro (Jn 4,38). Avevano lavorato i profeti per seminare e voi con la falce siete subentrati nel loro lavoro. È stata fatta dunque una prima mietitura; e con il grano che allora fu purificato, è stato seminato tutto il mondo, affinché nasca l'altra messe che sarà mietuta alla fine. Sopra questa seconda messe è stata seminata la zizzania. È qui che ora si fatica. Allo stesso modo che nella prima messe faticarono i profeti finché non venne il Signore, così in questa seconda messe hanno faticato gli Apostoli e faticano tutti i predicatori della verità finché alla fine il Signore non manderà nella messe i suoi angeli. Dunque prima c'era il deserto; ma s'impingueranno le terre del deserto. Ecco! dove i profeti non si erano fatti sentire, è stato accolto il Signore dei profeti. S'impingueranno le terre del deserto e i colli si cingeranno di esultanza.

18. [v 14.] Gli arieti delle greggi si sono rivestiti. Dobbiamo sottintendere che si sono rivestiti di esultanza. Gli arieti si rivestono di quella esultanza di cui si cingono i colli. Difatti gli stessi che là sono colli, qui sono arieti. Sono colli per la grazia più cospicua, sono arieti perché sono duci di greggi. Orbene, questi arieti, cioè gli Apostoli, si sono rivestiti di esultanza. Si rallegrano per i loro frutti. Non hanno faticato inutilmente, non hanno predicato senza successo. Gli arieti delle greggi si sono rivestiti; e le valli abbonderanno di grano. Cioè: anche i popoli umili porteranno molto frutto. Grideranno. Abbonderanno di grano perché sapranno gridare. E che cosa grideranno? Intoneranno un inno. Una cosa è gridare contro Dio, un'altra cantare un inno; una cosa è urlare parole sacrileghe, un'altra prorompere nella lode di Dio. Se gridi nella bestemmia, produci spine; se spieghi la voce nell'inno, abbondi di grano.


Agostino Salmi 64