Agostino Salmi 66

SUL SALMO 66

66 Ps 66

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Dio mistico agricoltore.

1. [v 2.] La vostra Carità ricorda che, in precedenti esposizioni sui salmi, due volte abbiamo esortato la nostra anima a benedire il Signore e a dire con pio canto: Anima mia, benedici il Signore (Ps 102 Ps 1 Ps 103,1). Se dunque in quei salmi abbiamo esortato l'anima nostra a benedire il Signore, giustamente in questo salmo ci si dice: Dio abbia pietà di noi e ci benedica. L'anima nostra benedica il Signore, e Dio benedica noi. Quando Dio ci benedice, noi cresciamo; e quando noi benediciamo il Signore siamo ancora noi a crescere. L'una e l'altra cosa giovano a noi. Non cresce Dio per la nostra benedizione, come non diminuisce per la nostra maledizione. Chi maledice il Signore dannifica se stesso; chi benedice il Signore accresce se stesso. Prima è in noi la benedizione del Signore, e da essa segue che noi possiamo benedire il Signore. Quella è la pioggia, questo è il frutto; e, come tale, viene consegnato a Dio, che da buon agricoltore ci irriga e coltiva. Cantiamo questo salmo con devozione non sterile, con voce non vana, ma con cuore sincero. Apertamente, infatti, Dio Padre è chiamato “ agricoltore ”. Afferma l'Apostolo: Siete l'agricoltura di Dio, siete un edificio di Dio (1Co 3,9). Nelle cose visibili di questo mondo, la vite non è l'edificio, e l'edificio non è la vigna; ma noi siamo vigna del Signore in quanto egli ci coltiva per il frutto; siamo edificio di Dio perché colui che ci coltiva abita in noi. Cosa dice lo stesso Apostolo? Io ho piantato, Apollo ha irrigato; ma Dio ha dato incremento. Dunque, né chi pianta è qualche cosa, né lo è chi irriga; ma Dio, che dà incremento (1Co 3,6 1Co 9). Dunque, chi dà l'incremento è lui. Ma, forse che gli agricoltori sono proprio costoro? Si dice agricoltore colui che pianta e irriga; e l'Apostolo veramente dice: Io ho piantato, Apollo ha irrigato. Ma, se andiamo a chiedergli come abbia fatto questo, l'Apostolo ci risponderà: Non io, ma la grazia di Dio con me (1Co 15,10). Ebbene, ovunque tu ti volga, trovi che Dio è il tuo agricoltore. Operi pure per mezzo degli angeli o dei profeti, o anche per mezzo degli Apostoli; riconosci che il tuo agricoltore è lui. Che cosa siamo dunque noi? Forse operai di questo agricoltore, e questo con forze che egli ci ha somministrate a tal fine e mediante la grazia che ci ha elargita. Egli è colui che coltiva e che dà incremento. L'agricoltore uomo coltiva, sì, la sua vigna, in quanto la ara, la pota e usa tutte le altre premure proprie dell'arte dell'agricoltura; ma non può far piovere sulla sua vigna. E se può irrigarla, come lo può? Certamente è lui che incanala le acque, ma è Dio che riempie la sorgente. E, infine, l'uomo non può dare nella sua vigna incremento ai tralci, non può formare i frutti, non può vegetare i semi, non può regolare i tempi della generazione. Dio, l'Onnipotente, è il nostro agricoltore: stiamo sicuri! Forse qualcuno obietterà: “Tu dici che il nostro agricoltore è Dio; io invece dico che sono agricoltori gli Apostoli; i quali hanno detto: Io ho piantato, Apollo ha irrigato ”. Se ve lo dicessi io, non mi si creda pure. Ma, se ve lo dice Cristo, guai a chi non ci crede! Che cosa dice dunque il Signore? Io sono la vite, voi i tralci, il Padre mio è l'agricoltore (Jn 15,5 Jn 1). Abbia sete dunque la terra! e faccia sentire le parole della sua sete. Perché sta scritto: L'anima mia è per te come terra senz'acqua (Ps 142,6). Dica dunque la nostra terra, diciamo noi stessi, desiderando la pioggia di Dio: Dio abbia pietà di noi e ci benedica.

Dio autore di ogni nostro bene.

2. Illumini il suo volto su di noi. Stavi, forse, per chiedere che significhino le parole: Ci benedica, poiché in molti modi gli uomini vogliono essere benedetti da Dio. Uno vuole essere benedetto avendo la casa piena di beni materiali; un altro desidera essere benedetto nella salute del corpo che vuole senza infermità, mentre l'altro, malato, vuol essere benedetto recuperando la salute. Per un altro, che desidera dei figli ed è rattristato perché non gliene nascono, essere benedetto equivarrebbe ad avere una posterità. Chi potrà elencare i diversi desideri degli uomini che vogliono essere benedetti dal Signore Dio? E chi di noi dirà che non è una benedizione di Dio, quando il campo dà il suo frutto, o quando in casa c'è l'abbondanza di ogni ben di Dio, o quando si possiede la salute del corpo e non si ha paura di perderla, ovvero, se perduta, la si recupera? Anche riguardo alla fecondità delle spose e ai casti desideri di coloro che attendono figli, chi ne è arbitro, se non il Signore Dio? Colui che ha creato ciò che non era, attraverso la riproduzione della prole assicura la continuità a ciò che ha creato. Dio fa tutto questo; tutto questo è Dio che lo dona. Ma è poco se diciamo: “ Tutto questo fa Dio, tutto questo dona Dio ”. Egli solo lo fa, egli solo lo dona. Che cosa succederebbe, infatti, se Dio facesse tutto questo, sì, ma le stesse cose le facesse anche un altro che non è Dio? Dio fa tutto questo, e lo fa lui solo. Senza ragione, dunque, tali cose le si va, talvolta, a domandare agli uomini o ai demoni. Qualunque bene ricevono i nemici di Dio, lo ricevono da lui; e, se anche lo chiedono ad altri, quando lo ricevono, senza saperlo lo ricevono da lui. Come quando sono puniti. Essi credono di essere puniti da altri, ma senza saperlo sono puniti da Dio. Lo stesso quando stanno bene, sono nell'abbondanza, sono salvati o liberati. Anche se non lo sanno e attribuiscono la loro fortuna agli uomini oppure ai demoni o agli angeli, chi loro dispensa ogni bene altri non è se non colui che ha il potere su tutte le cose. Ecco, fratelli, vi abbiamo rivolto questo richiamo affinché, chiunque desidera anche cose terrene, o per venire incontro alle proprie necessità o perché soffre qualche infermità, vada a esporre il proprio desiderio non ad altri, ma solo a colui che è la fonte di ogni bene, il creatore e il ricreatore dell'universo.

I beni materiali concessi ai buoni e ai cattivi. Labilità dei beni materiali. La formica di Dio.

228 3. Ma, altri sono i doni che Dio dà anche ai suoi nemici, ed altri quelli che serba in esclusiva ai suoi amici. Quali sono i doni che dà anche ai nemici? Quelli che ho già enumerati. Infatti, non sono soltanto i buoni che hanno le case piene dell'occorrente alla vita, o sono salvati o guariti dalle malattie; né essi soltanto hanno figli, denaro e tutti gli altri beni che permettono di vivere agiatamente in questa vita temporale e passeggera. Queste cose le hanno anche i cattivi, mentre possono mancare, talvolta, ai buoni. Mancano però, talvolta, anche ai malvagi, e non di rado mancano più a questi che non a quelli; mentre, a volte, quelli ne abbondano più di questi. Dio ha voluto che i beni temporali fossero distribuiti variamente fra tutti: perché, se li avesse dati soltanto ai buoni, avrebbe potuto farsi strada nei cattivi l'idea che, in tanto si deve onorare Dio, in quanto ci si guadagna; per contro, se li avesse dati soltanto ai malvagi, certi buoni avrebbero nella loro debolezza temuto di convertirsi, per non perdere tali beni. Esistono, infatti, anime ancora deboli e poco preparate alle esigenze del regno di Dio; e Dio, nostro agricoltore, deve cibare anche costoro. Infatti l'albero che ora resiste gagliardamente ai turbini della tempesta, appena spuntò da terra, era un filo d'erba. E il nostro agricoltore sa non soltanto potare e diradare gli alberi robusti, ma anche proteggere le piantine nate di recente. Per questo, fratelli diletti, se - come avevo cominciato a dirvi - tali beni fossero dati soltanto ai buoni, tutti, pur di riceverli, vorrebbero convertirsi a Dio. Viceversa, se fossero dati soltanto ai malvagi, i deboli avrebbero timore, convertendosi, di perdere ciò che posseggono soltanto i cattivi. Sono dati dunque indistintamente ai buoni e ai cattivi. Ed ancora, se fossero tolti soltanto ai buoni, identico come sopra sarebbe il timore dei deboli e non si convertirebbero a Dio. Se per contro fossero tolti soltanto ai malvagi, ci si potrebbe lusingare che questa sola sia la pena con cui essi vengono puniti. Quando dunque Dio dà ai buoni certi beni, è per consolarli nel pellegrinaggio; quando li dà ai malvagi, è per ammonire i buoni a desiderare altre cose, che non si posseggono in comune con i malvagi. E ancora, quando egli vuole, toglie ai buoni tali beni, e ciò fa perché essi controllino le loro forze e scoprano, coloro che prima forse ignoravano se stessi, se sono in grado di dire: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come al Signore è piaciuto, così è successo. Sia benedetto il nome del Signore! Ecco un'anima che seppe benedire il Signore, e, nutrita con pioggia abbondante, diede frutti di benedizione. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto! Ha tolto il dono accordato, ma non il donatore. Benedetta l'anima dell'uomo semplice! Non sta attaccata alle cose terrene né giace a terra con le ali invischiate, ma, spiegando tutto lo splendore delle virtù nelle due ali del duplice amore, esulta nell'aria libera. Vede esserle stato tolto ciò che calpestava, non ciò su cui s’appoggiava, e tranquilla dice: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come al Signore è piaciuto, così è stato fatto. Sia benedetto il nome del Signore (Jb 1,21)! Ha dato e ha tolto; colui che ha dato resta, anche se ha tolto ciò che aveva dato. Sia benedetto il suo nome! Per questo, dunque, tali cose sono tolte ai buoni. Ma qualche debole potrebbe forse ragionare così: “Quando io disporrò di tanta virtù, quanta ne aveva il santo Giobbe?” Tu ammiri il vigore dell'albero, perché sei una pianta nata ora. L'albero così grande che tu ammiri e sotto i cui rami e sotto la cui ombra trovi refrigerio, a suo tempo era anch'esso uno stelo. Temi tu che ti siano tolte queste cose, quando sarai in tali condizioni? Osserva che sono tolte anche ai cattivi. Perché rimandi ancora la tua conversione? Ciò che temi di perdere da buono, forse lo perderai anche se rimarrai cattivo. Solo che, se lo perderai da buono, avrai al tuo fianco, come consolatore, colui che te lo ha tolto. Il forziere si sarà vuotato dell'oro, ma il cuore sarà ancora pieno di fede. All'esterno potrai essere povero, ma nell'intimo sei ricco: porti con te ricchezze che non perderai, anche se tu uscissi nudo dal naufragio. Se è vero che, anche da cattivo, puoi perdere i tuoi beni, non sarebbe meglio che la disgrazia ti capitasse da buono? È vero infatti che anche ai malvagi succedono i guai. Ma c'è in più un danno - e gravissimo - che capita solo a costoro: se vuota è la loro casa, più vuota è la loro coscienza. Quando è un cattivo a perdere i suoi beni, all'esterno non ha più nulla da possedere e all'interno nulla in cui trovare pace. Fugge da dove ha subito il danno, da dove ostentava agli occhi degli uomini le sue ricchezze, vantandosene: ormai infatti agli occhi degli uomini non può più vantarsi. Vorrebbe forse allora rientrare dentro se stesso, ma non vi troverà nulla. Non ha imitato la formica; non ha raccolto il grano mentre era estate (Cf. Pr 6,6 Pr 30,25). In che senso dico: “ Mentre era estate ”? Quando la vita era tranquilla, quando godeva la prosperità di questo mondo, quando era libero da preoccupazioni, quando da tutti era detto felice, allora era la sua estate. Se avesse udito la parola di Dio, avrebbe imitato la formica: avrebbe raccolto il grano e lo avrebbe nascosto all'interno. Sarebbe poi venuta la prova della tribolazione, sarebbe giunto l'inverno del torpore, la tempesta della paura, il freddo della tristezza (o per qualche disgrazia, o per malferma salute, o per la perdita di qualcuno dei propri cari, per disonore e umiliazione; questo infatti è l'inverno). Allora la formica sarebbe potuta tornare a ciò che aveva raccolto d'estate; e dentro di sé, nel suo segreto, ove nessuno la vede, si sarebbe mantenuta con le fatiche dell'estate. Quando tali cose raccoglieva d'estate, tutti la vedevano; quando di esse si nutre d'inverno, nessuno la vede. Che significa questo? Osserva la formica di Dio! Si alza al mattino, corre alla Chiesa di Dio, prega, ascolta la lettura, canta inni, medita su ciò che ha udito, lo ripensa dentro di sé, ripone nel suo intimo il grano che ha raccolto sull'aia. Coloro che ascoltano saggiamente le cose che vi vengo dicendo si comportano proprio così. E tutti li vedono andare in chiesa, tornare dalla chiesa, ascoltare il sermone, udire la lettura, procurarsi il libro, aprirlo e leggerlo. Sono, queste, cose che, mentre si fanno, tutti le vedono. È la formica che stentando compie il suo viaggio, carica del granello che immagazzina sotto gli occhi dei curiosi. Ad un certo momento, viene l'inverno (e per chi non viene?): capita un rovescio di fortuna o la perdita di una persona cara. La gente ha forse compassione del malcapitato e lo compiange. Non sa infatti che cosa abbia quella formica nel suo intimo per nutrirsi. Diranno allora gli estranei: “Che disgraziato quel tale cui è capitato questo! Poveretto l'altro cui è successo quest'altro! Come vuoi che si faccia coraggio? Come è ridotto! ”. Chi parla così si misura su se stesso; lo compatisce pensando alle sue forze, e proprio per questo sbaglia: perché, cioè, vuole applicare a uno che non conosce la misura con cui valuta se stesso. Lo vedi danneggiato, umiliato, o colpito da una perdita: che cosa ne concluderai? “Costui ha fatto certamente del male, e per questo gli è andata così... ”. Sia questo il pensiero, questo il sentimento dei miei nemici! Tu sei all'oscuro di tutto, o uomo! Anzi, tu sei un nemico di te stesso, tu che durante l'estate non ti preoccupi di raccogliere ciò che costui ha raccolto. Ora nel suo intimo la formica si nutre delle fatiche dell'estate; e tu potevi vederla mentre raccoglieva, anche se non, puoi vederla ora mentre si nutre. Tutte queste cose, o fratelli, per quanto Dio ci ha dato, per quanto si è degnato di suggerire e ispirare alla nostra debolezza e alla nostra umiltà, e per quanto abbiamo potuto ricevere nelle nostre limitate capacità, abbiamo dette per spiegarvi perché Dio conceda i beni materiali ai buoni e ai malvagi, e perché li tolga tanto ai buoni che ai malvagi. Se, quindi, te li ha dati, non insuperbirti; se te li toglie, non disperarti. Temi che te li tolga quando sei fra i buoni? Pensa che li può togliere anche a chi è cattivo. È meglio per te che tu perda da buono i beni avuti da Dio, ma conservi Dio stesso. Così anche al cattivo vorremmo rivolgere la nostra esortazione. Tu hai sofferto un danno o una perdita (e chi non ne subisce?). Ti ha colpito una sciagura o una calamità impensata (di ciò è pieno il mondo, e gli esempi abbondano ogni giorno). Ebbene, io ti parlo mentre siamo d'estate, mentre c'è tanto grano da raccogliere. Guarda la formica, o pigro! (Cf. Pr 6,6) Raccogli d'estate finché puoi; l'inverno non ti permetterà più di raccogliere, potrai soltanto mangiare ciò che avrai raccolto. Quanti si trovano in tribolazioni tali che loro non permettono né di leggere né di ascoltare; anzi, nemmeno si lasciano entrare da loro quei tali che potrebbero consolarli! La formica è tappata nella sua buca: costaterà se d'estate ha raccolto qualcosa a cui attingere d'inverno.

Dio luce degli uomini.

4. Ecco però che Dio ci dà la sua benedizione. Ma perché ci benedice? Quale benedizione chiede questa voce esclamando: Ci benedica Dio? Chiede la benedizione che egli riserva ai suoi amici, quella che dà soltanto ai buoni. Non desiderare, quasi fosse una gran cosa, ciò che ricevono anche i malvagi. Perché è buono Dio concede anche questi doni: lui che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Cf. Mt 5,45). Che cosa di particolare darà dunque ai buoni? Che cosa di particolare darà ai giusti? Illumini il suo volto su di noi. Tu che fai splendere il volto del sole sui buoni e sui malvagi fa' risplendere il tuo volto su di noi. La luce del sole la vedono, insieme agli animali, tanto i buoni quanto i cattivi; ma... beati i puri di cuore, perché vedranno Dio! (Cf. Mt 5,8) Illumini il suo volto su di noi. Due sono le interpretazioni; e tutte e due dobbiamo riferire. Illumina, dice, il tuo volto su di noi; cioè, mostraci il tuo volto. Non è che Dio illumini il suo volto solo a sprazzi, come se talvolta fosse senza luce; ma illuminalo su di noi, cioè, fa' sì che quanto ci era nascosto divenga manifesto, e ciò che esisteva ma per noi era celato, ci sia rivelato, cioè appaia in piena luce. Potrebbe anche significare: “ Illumina su di noi la tua immagine ”. Come se dicesse: Illumina il tuo volto che è in noi. Hai impresso in noi il tuo Volto: ci hai fatti a tua immagine e somiglianza (Cf. Gn 1,26), hai fatto di noi come delle tue monete. La tua immagine non deve però restare nelle tenebre; invia un raggio della tua sapienza, che dissipi le nostre tenebre si che rifulga in noi la tua immagine. Fa' che noi ci riconosciamo tua immagine e ascoltiamo quanto è detto nel Cantico dei Cantici: Se non avrai conosciuto te stessa, o bella tra le donne (Ct 1,7). È detto alla Chiesa: Se non avrai conosciuto te stessa. Che significano queste parole? Se non avrai conosciuto che sei fatta a immagine di Dio. O preziosa anima cristiana, riscattata dal sangue dell'Agnello immacolato, renditi conto di quanto vali! Pensa che cosa è stato pagato per te. Diciamo dunque col più vivo desiderio: Illumini il suo volto su di noi. Noi portiamo il suo volto. Come si parla di volti dell'imperatore, così vi è davvero, in qualche modo, il volto sacro di Dio in quella sua immagine che siamo noi. Solo che gli empi non riconoscono in sé l'immagine di Dio. E che cosa dovranno dire costoro, affinché sia illuminato il volto di Dio su di essi? Tu illuminerai la mia lampada, Signore; Dio mio, illuminerai le mie tenebre (Ps 17,29). Io sono nelle tenebre dei peccati. Fa' sì che, con un raggio della tua sapienza, si dissipino le mie tenebre e si manifesti il tuo volto. E se, per mia colpa, questo tuo volto apparirà alquanto deforme, sia restaurato da te ciò che da te era stato formato. Illumini dunque il suo volto su di noi.

Cristo via, verità e vita.

5. [v 3.] Affinché conosciamo in terra la tua via. In terra, cioè qui in questa vita, conosciamo la tua via. Che significa: La tua via? Quella che conduce a te. Cerchiamo di conoscere la meta dove andiamo e la via per la quale vi andiamo. Son due cose che ci resteranno impossibili finché saremo nelle tenebre. Tu sei lontano da noi esuli; ma ci hai aperto la via per la quale dobbiamo tornare a te. Conosciamo in terra la tua via. Abbiamo espresso il desiderio di conoscere in terra la tua via. Quale mai sarà? È naturale una simile domanda, ma la via non avremmo mai potuto impararla da noi stessi. Possiamo però conoscerla dal Vangelo: Io sono la via, dice il Signore. Ha detto Cristo: Io sono la via. Ma hai forse paura di sbagliare? Cristo ha soggiunto: E la verità. Chi sbaglia se è nella verità? (Se ci si allontana dalla verità, allora sì che si sbaglia!). Ebbene, Cristo è la verità, Cristo è la via. Cammina! Temi forse di morire prima di arrivare? Io sono la vita! Io sono - dice - la via, la verità, la vita (Jn 14,6). È come se dicesse: Perché hai timore? Tu cammini in me; tu ti muovi verso me, tu riposi in me. Quando dunque dice: Conosciamo in terra la tua via, cosa vuol farci intendere se non che conosciamo in terra il suo Cristo? Ma ci risponda lo stesso salmo! affinché non crediate necessario ricorrere ad altre Scritture per prendervi la testimonianza, quasi che qui mancasse. Ripetendo la frase, rende esplicito il suo pensiero: Affinché conosciamo in terra la tua via. E, come se tu gli chiedessi: “ Ma, in quale terra ” e “ quale via ”?, egli aggiunge: In tutte le genti la tua salvezza. In quale terra cerchi? Ascolta! In tutte le genti. Quale via cerchi? Ascolta! La tua salvezza. Non è forse Cristo la salvezza di Dio? E che cosa disse il vecchio Simeone, quel vecchio, ripeto, del Vangelo che, sebbene pieno di anni, lo si lasciava in vita fino all'infanzia del Verbo? Accolse dunque, quel vecchio, nelle sue mani il Verbo di Dio, divenuto bambino. Come infatti colui che si era degnato di stare nel seno della madre avrebbe potuto ricusare di stare tra le mani del vecchio? Era stato nel seno della Vergine, e ora stava nelle mani del vecchio; e quel bambino, così fragile tanto nel seno materno quanto nelle mani del vecchio, era venuto a dare a noi la solidità, essendo l'autore di tutte le cose, non esclusa la madre. Egli venne umile, meschino e rivestito di debolezza: la quale debolezza si sarebbe però un giorno cambiata, perché, se è stato crocifisso per la debolezza, ora vive per la potenza di Dio (2Co 13,4), come dice l'Apostolo. Era dunque nelle mani del vecchio. E che cosa disse quel vecchio? Che cosa disse lieto di morire, dopo aver contemplato, stretto fra le sue mani, colui dal quale e nel quale era la sua salvezza? Disse: Ormai lascia, o Signore, che il tuo servo se ne vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza (Lc 2,29 Lc 30). Ebbene: Ci benedica Dio, e abbia pietà di noi; illumini il suo volto su di noi, affinché conosciamo in terra la sua via.In quale terra? In tutte le genti. E quale via? La tua salvezza.

Il cristiano è un esule che cantando si muove verso la patria.

6. [v 4.] Che cosa viene appresso? È conosciuta sulla terra la via di Dio, tra tutte le genti è nota la salvezza di Dio; e allora? Confessino a te i popoli, o Dio; confessino a te - ripete - tutti i popoli. Si leva un eretico e dice: “ Io ho il mio popolo in Africa ”. Da un'altra parte replica un altro: “ E io ho il mio popolo in Galazia ”. Tu in Africa, lui in Galazia; io cerco colui che ha il popolo ovunque. A queste parole voi, com'era naturale, vi siete permessi delle grida di gioia, in quanto avete udito: Confessino a te i popoli, o Dio. Ma ascoltate il verso seguente e come non si parli in esso soltanto di una parte: Confessino a te tutti i popoli. Percorrete la vostra strada insieme con tutte le genti, insieme con tutti i popoli, o figli della pace, o figli dell'unica Chiesa cattolica! Camminate sulla via e, camminando, cantate! Così fanno i viandanti per dimenticare la stanchezza. Cantate anche voi lungo il cammino! Vi scongiuro in nome di colui che è la via: cantate lungo la via, cantate un cantico nuovo! Nessuno, percorrendo tale via, canti canzoni vecchie! Cantate inni d'amore alla vostra patria; e nessuno canti roba vecchia! Nuova è la via; nuovo è il viandante: sia nuovo il canto! Ascolta l'Apostolo che ti esorta a questo nuovo canto: Se dunque in Cristo vi è una nuova creatura, quel che era vecchio è passato; ecco è divenuto nuovo (2Co 5,17). Cantate il cantico nuovo lungo la via che avete conosciuta in terra. In quale terra? In tutte le genti. Il cantico nuovo non appartiene ad una fazione. Chi canta in una fazione, canta una canzone vecchia: qualunque cosa canti, canta roba vecchia, come è vecchio l'uomo che canta; è diviso, quindi è carnale, e in quanto carnale, è vecchio. Sarà nuovo solo in quanto sarà spirituale. Osserva che cosa dice l'Apostolo: Non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma come a uomini carnali. E come prova che essi sono carnali? Quando uno dice: Io sono di Paolo; e l'altro: Io sono di Apollo, non siete forse carnali? (1Co 3,1 1Co 4) Se dunque sei nella via sicura, canta in spirito il cantico nuovo. Come cantano i viandanti: i quali per lo più cantano di notte. Sono circondati da ogni parte da rumori paurosi; o meglio, non è il fragore a circondarli, quanto piuttosto il silenzio. E, quanto più è profondo il silenzio, tanto più sono paurose le cose che li circondano. Si canta insomma anche per paura degli assassini. Quanto più sicuro canti tu in Cristo! Non vi sono ladroni in questa via; solo abbandonando la via, ti imbatterai nel ladrone. Canta sicuro - ripeto - il nuovo cantico nella via che hai conosciuto in terra, cioè, in tutte le genti. Ricordati che questo cantico nuovo non può cantarlo con te colui che vuole essere nello scisma. Dice: Cantate al Signore il cantico nuovo; e aggiunge: Cantate al Signore, tutta la terra (Ps 95, l). Confessino a te i popoli, o Dio. Hanno trovato la tua via; ti confessino, dunque! Lo stesso canto è confessione: è riconoscimento dei tuoi peccati e della potenza di Dio. Confessa la tua colpevolezza, confessa la grazia di Dio! Accusa te stesso, glorifica lui! I rimproveri siano per te, la lode per lui, in modo che egli, venendo, trovi che tu ti sei già punito, e quindi ti si mostri come salvatore. Perché temete di dar gloria a Dio, voi che avete trovato questa via in tutte le genti? Perché temete di glorificarlo e di cantare, nella vostra confessione, il cantico nuovo, insieme con tutta la terra, in tutta la terra, nella pace cattolica? Temi di fare a Dio la tua confessione, per paura che egli ti condanni come reo confesso? Se non facendo la tua confessione pensi di restare occulto quando confesserai sarà a tua condanna. Temi di confessare, tu che, anche se non confessi, non puoi restare nascosto!... Per questo tuo mutismo, anzi, tu sarai condannato, mentre invece se ti fossi aperto alla confessione, saresti potuto sfuggire alla condanna. Confessino a te i popoli, o Dio; confessino a te tutti i popoli.

La confessione salutare.

7. [vv 5.6.] E poiché questa confessione non conduce al supplizio, continua e dice: Si allietino ed esultino le genti. Se piangono dinanzi all'uomo gli assassini rei confessi, si allietino dinanzi a Dio i fedeli confessi. Quando chi giudica è un uomo, succede che la confessione venga estorta al malfattore attraverso la paura dei tormenti, anzi talvolta, sebbene la paura venga a ricacciare in gola le parole, tuttavia il dolore le fa uscire. Ecco il colpevole piangere in mezzo alle torture, ma siccome teme di essere ucciso confessando, sopporta il dolore finché può. E quando alla fine sarà stato vinto dal dolore, egli pronuncia con la sua bocca la propria sentenza di morte. Mai dunque è lieto, mai esulta. Prima di confessare è straziato dai ferri; quando ha confessato, viene condannato e il carnefice lo porta via. Dovunque è un disgraziato. Ma si allietino ed esultino le genti. Per che cosa? Per la loro confessione. Perché? Perché è buono colui al quale ci si confessa. Egli chiede la confessione per liberare l'umile; per questo condanna chi non si confessa, perché è superbo, ed egli punisce i superbi. Sii pure triste prima di confessare; ma, quando hai confessato, esulta: ormai sei sulla via della guarigione. La tua coscienza era piena di marciume, era gonfia di pustole; ti tormentava, non ti lasciava riposare. Il medico usa l'unguento della parola, talvolta anche taglia; usa il bisturi salutare della tribolazione con cui vuol emendarti. Riconosci la mano del medico: confessa, e nella confessione esca fuori e scorra via ogni impurità; e poi esulta, allietati: ciò che resta facilmente sarà guarito. Confessino a te i popoli, o Dio, confessino a te tutti i popoli. E siccome confessano, si allietino ed esultino le genti: perché tu giudichi i popoli con equità. Nessuno ti inganna. Si allieti di fronte al giudice colui che dianzi aveva temuto il giudizio. Se ha previsto e prevenuto con la confessione l'apparire del giudice (Cf. Ps 94,2), quando questi verrà, giudicherà i popoli secondo giustizia. A che cosa potrà approdare l'astuzia dell'accusatore là dove testimone è la coscienza, là dove sarai tu solo e la tua causa, e dove il giudice non cerca testimoni? Ti ha mandato un avvocato. Per amore di lui e ricorrendo alla sua mediazione, confessa! Presentagli la tua causa: egli è il difensore del pentito, è colui che chiede perdono per chi confessa ed insieme è il giudice dell'innocente. E potrai seriamente temere per la tua causa, se il tuo avvocato sarà anche il tuo giudice? Si allietino, dunque, ed esultino le genti, perché tu giudichi i popoli con equità. Ma potranno temere che il loro giudizio sarà sfavorevole. Oh, si lascino correggere, si lascino dirigere da colui che scruta l'animo di quelli che dovrà giudicare. Si correggano in vita, se non vogliono temere quando saranno giudicati. Osserva quanto è detto in un altro salmo: O Dio, nel nome tuo salvami, e nella tua potenza giudicami (Ps 53,3). Che cosa vuol dire? Se prima, nel tuo nome, non mi salvi, debbo temere quando nella tua potenza mi giudicherai. Ma, se prima mi salvi nel tuo nome, come farò a temere quando mi giudicherà nella potenza colui che mi ha salvato nel suo nome? Del pari, anche qui è detto: Confessino a te tutti i popoli. E affinché non pensiate vi sia qualcosa da temere nella confessione, aggiunge: Si allietino ed esultino le genti. Perché si allietino ed esultino? Perché tu giudichi i popoli con equità. Nessuno viene a comprarti perché tu ci sia avverso, nessuno ti corrompe, nessuno ti inganna. Sii dunque sicuro! Ma che cosa sarà della tua causa? Nessuno corrompe Dio: la cosa è manifesta; ma forse proprio per questo c'è maggiormente da temere, perché non può essere in alcun modo corrotto. Come potrai, allora, essere sicuro? Puoi esserlo per ciò che è stato detto: O Dio, nel nome tuo salvami e nella tua potenza giudicami; e per ciò che si dice ora: Si allietino ed esultino le genti, perché tu giudichi i popoli con equità. E affinché i colpevoli non rimangano atterriti, aggiunge: E le genti in terra dirigerai. Malvagie erano le genti, e tortuose e perverse. A causa della loro malvagità, della loro corruzione e della loro perversità temevano la venuta del giudice. È venuta la sua mano e si è stesa misericordiosamente sovra i popoli; ora essi sono guidati e possono camminare sulla retta via. Perché dovrebbero temere il giudice venturo, se prima ne hanno accolto i richiami? Si affidino alle sue mani! Egli stesso in terra dirige le genti. Le genti sono sulla giusta direzione, camminano nella fede, esultano in lui, compiono opere buone; e se talora, dato che navigano sul mare, attraverso piccolissimi fori entrasse dell'acqua e, attraverso qualche fessura, penetrasse nella stiva, la si tolga via mediante le opere buone, affinché, aggiungendosi acqua ad acqua, la quantità imbarcata non diventi tale e tanta da affondare la nave. Ogni giorno ci si alleggerisca [delle colpe] mediante il digiuno, la preghiera, l'elemosina; si ripeta con cuore puro: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12). Se potrai dire così, cammina pure sicuro, esulta nella via, canta nella via. Non temere il giudice! tu che, quando ancora non avevi la fede, hai trovato in lui il salvatore. Ti ha cercato, quando eri empio, per riscattarti; ora che sei riscattato ti lascerà perire? E le genti in terra dirigerai.

La grazia di Dio è pioggia fecondatrice.

8. [vv 6.7.] Esulta, si rallegra, esorta; gli stessi versetti ripete esortandoci. Te lodino i popoli, Dio; te lodino tutti i popoli! La terra ha dato il suo frutto. Quale frutto? Lodino te tutti i popoli! Era terra, ed era piena di spine. Si è avvicinata la mano di colui che sradica, si è avvicinata la voce della sua maestà e della sua misericordia; e la terra ha cominciato a lodare. Ormai la terra dà il suo frutto. Darebbe il suo frutto se prima non fosse stata irrigata? Darebbe il suo frutto, se non fosse venuta prima dall'alto la misericordia di Dio? Ma tu dici: “Leggetemi che la terra ha dato il suo frutto perché irrigata dalla pioggia”. Ascolta il Signore in atto di mandare la pioggia: Fate penitenza! Si è avvicinato il regno dei cieli (Mt 3,2). Piove, e la pioggia ha il fragore del tuono: incute terrore. Abbi paura del tuono e di cui lo manda; raccogli invece la pioggia. Ecco! dopo aver sentito la voce di Dio che tuona e fa piovere, dopo quella voce, apriamo il Vangelo e vediamo qualche episodio. Una meretrice, che in città aveva una pessima fama, fece un giorno irruzione in una casa altrui. Non vi era stata invitata dal padrone, ma era stata chiamata dall'invitato: non con la voce, ma con la grazia. Era malata e sapeva che in quella casa c'era un posto per lei, poiché sapeva che là, tra i commensali, c'era il suo medico. Eccola entrare, questa peccatrice! Non osa avvicinarsi se non ai piedi. Piange presso i piedi, li bagna con le lagrime, li asciuga con i capelli, li unge con il profumo (Cf. Lc 7,37 Lc 38). Perché ti stupisci? La terra ha dato il suo frutto. È, questo, un fatto accaduto quando il Signore mandava direttamente la pioggia attraverso la sua bocca. E, come questo, ce ne sono tanti altri che leggiamo nel Vangelo. Inviando poi la pioggia attraverso le sue nubi, cioè attraverso gli Apostoli che hanno annunciato la verità, più copiosamente la terra ha dato il suo frutto; e questa messe ha ormai riempito il mondo intero.

229 La benedizione di Dio e la sua efficacia.

9. [v 8.] Osserva come prosegue: Ci benedica Dio, il nostro Dio! Dio ci benedica! Ci benedica come già ho detto. Ci benedica tante e tante volte: moltiplichi le sue benedizioni. Noti bene la vostra Carità come il primo frutto della terra, quello che ha preceduto tutti gli altri, maturò in tempi remoti a Gerusalemme. Lì ebbe origine la Chiesa: ivi discese lo Spirito Santo e ricolmò i santi riuniti insieme, sicché poterono compiere miracoli e parlare le lingue di tutte le nazioni (Cf.
Ac 2,1-4). Essi furono pieni dello Spirito di Dio, e quanti si trovavano in quei paraggi si convertirono. Non solo, ma pieni di timore, accogliendo la pioggia divina, diedero nella confessione un frutto talmente grande, che mettevano in comune ogni loro proprietà per distribuirne ai poveri. Nessuno diceva di avere qualcosa come sua proprietà personale, ma tutte le cose erano in comune tra tutti, e avevano una sola anima e un solo cuore in Dio (Cf. Ac 4,32). Veniva, così, donato loro il sangue del Signore che essi avevano versato: era loro donato in forma di perdono, che il Signore accordava loro, ed essi poterono bere salutarmente ciò che prima avevano versato. Grande frutto fu raccolto in quel luogo! La terra ha dato il suo frutto: un grande frutto, un ottimo frutto. Ma, forse che solo quella terra doveva dare il suo frutto? Ci benedica Dio, il nostro Dio; ci benedica Dio! Ci benedica ancora! La benedizione, infatti, in via ordinaria ricorre soprattutto e particolarmente là dove si tratta di fecondità. Ne abbiamo la prova nel Genesi. Osserva le opere di Dio. Dio fece la luce e divise la luce dalle tenebre, chiamando la luce giorno e le tenebre notte. Ma non è scritto: Dio benedisse la luce. Infatti è sempre la stessa luce che va e torna, determinando la successione dei giorni e delle notti. Chiamò cielo il firmamento tra le acque e le acque, ma non sta scritto: Benedisse il cielo. Separò il mare dall'asciutto, e dette ad ambedue un nome: chiamò l'asciutto terra, e mare la massa delle acque; e neppure qui sta scritto: Dio benedisse. Giunse poi alle cose che dovevano recare in sé il seme della fecondità e dovevano trarre origine dalle acque. Tali cose posseggono la massima capacità di riprodursi e Dio le benedisse dicendo: Crescete e moltiplicatevi, e riempite le acque del mare; e gli uccelli si moltiplichino al di sopra della terra. Parimenti quando ogni cosa sottomise all'uomo, che aveva fatto a sua immagine, sta scritto: E Dio li benedisse dicendo: Crescete e moltiplicatevi e riempite la faccia della terra (Cf. Gn 1). Quindi, la benedizione esplica propriamente la sua efficacia nel settore della fecondità, come quando si tratta di riempire la faccia della terra. Ascolta anche in questo salmo: Ci benedica Dio, il nostro Dio; ci benedica Dio! Quale l'efficacia di questa benedizione? E lo temano tutti i confini della terra. Dunque, fratelli miei, Dio ci ha benedetti tanto abbondantemente, nel nome di Cristo, che i suoi figli riempiono oggi tutta la faccia della terra. Dico di quei figli che sono stati adottati nel suo regno e sono coeredi del Figlio suo unigenito. Egli lo aveva generato unico, ma non ha voluto che rimanesse solo. Lo ha generato unico, ripeto, ma non ha voluto che restasse solo. Gli ha dato dei fratelli: non generandoli, certo, ma adottandoli e facendoli suoi coeredi. Cominciò col rendere lui partecipe della nostra mortalità, affinché noi credessimo di poter diventare partecipi della sua divinità.

Prevenire il giudizio del Signore. La verità delle Scritture. Il pericolo delle lodi .

10. Siamo consapevoli di quel che valiamo. Tante cose erano state annunziate, e tutte sono ora manifeste. Il Vangelo corre per tutto il mondo; ogni attività umana dà oggi testimonianza; si adempiono tutte le cose che erano state predette nelle Scritture. Come fino ad oggi ogni cosa si è compiuta, così si realizzeranno quelle che restano. Temiamo il giorno del giudizio; verrà il Signore (Cf. Ac 1,11 He 10,37). Colui che è venuto umile, verrà glorioso; colui che è venuto per essere giudicato, verrà per giudicare. Riconosciamolo umile, per non aver paura di lui potente; accogliamolo umile per desiderarlo glorioso. Per coloro infatti che lo desiderano, egli verrà benigno; e a desiderarlo sono coloro che hanno conservato la fede in lui e hanno praticato i suoi comandamenti. Peraltro, anche se noi non volessimo, egli verrà. Desideriamo dunque che venga colui che verrà anche se noi non volessimo. Come ne desideriamo la venuta? Vivendo bene, comportandoci bene. Non dilettiamoci delle cose passate, non siamo schiavi delle cose presenti. Non chiudiamo l'orecchio con la coda (come l'aspide); non premiamolo contro la terra. Che le cose passate non costituiscano una remora, quando si tratta di ascoltarlo; né le presenti ci avviluppino impedendoci di meditare le realtà future. Protendiamoci verso le cose che ci stanno davanti e dimentichiamo quelle che sono passate (Cf. Ph 3,13). E se qualcosa ora soffriamo, se gemiamo e sospiriamo, se diciamo delle parole o ne ascoltiamo (comprendendone, magari, solo una parte od anche niente) possiamo stare tranquilli: ne comprenderemo e ne godremo nella resurrezione dei giusti. Si rinnoverà la nostra giovinezza come quella dell'aquila (Cf. ,,5). Solo che noi ci decidiamo a liberarci del nostro vecchiume spezzandolo sopra quella pietra che è Cristo (Cf. Ps 136,9 1Co 10,4). Fratelli, siano vere quelle cose che si dicono del serpente e dell'aquila o siano invece una leggenda degli uomini anziché la verità, tuttavia nelle Scritture c'è sempre la verità e non è senza motivo che le Scritture ci riferiscono tali cose. Mettiamo quindi in pratica ciò che tali immagini significano, e non ci affatichiamo a cercare se corrispondano o meno a verità. Comportati in modo che la tua giovinezza possa essere rinnovata come quella dell'aquila. E sappi che essa non potrà rinnovarsi se la tua vecchiaia non sarà stata stritolata sulla pietra. Tu, cioè, senza l'aiuto della pietra, senza l'aiuto di Cristo, non potrai essere rinnovato. Non esser poi sordo alla parola di Dio, per le attrattive della vita passata! Non lasciarti prendere e tener prigioniero dalle cose presenti, tanto da dire: “ Non ho tempo di leggere, non ho tempo di ascoltare ”. Questo significherebbe schiacciare l'orecchio contro la terra. Non essere così. Sii invece l'opposto: cioè, dimentica il passato e protenditi verso il futuro; e schiaccia il tuo vecchiume contro la pietra. Quanto alle similitudini che ti si adducono, se le troverai nelle Scritture ritienile per vere; se invece riscontrerai che è solo la voce popolare a diffonderle, non crederci troppo. La verità sarà forse così, o forse sarà anche diversa. L'importante è che tu ne tragga profitto e che l'esempio addotto ti giovi per la salvezza. Non ti convince questa similitudine? Deciditi per un'altra; basta che operi il bene; e aspetta fiducioso il regno di Dio, se non vuoi che la tua preghiera sia in contrasto con te stesso. Tu, o cristiano, dici: Venga il tuo regno (Mt 6,10). Ti grida: “ Ecco che vengo ”, e non hai timore? Spesso lo abbiamo detto alla vostra Carità: non serve a niente annunziare la verità, se nell'annunzio il cuore non s'accorda con la lingua, e a nulla serve ascoltare la verità se all'ascolto non segue il frutto. Da questo luogo elevato noi vi rivolgiamo la parola, ma il Signore sa come per il timore siamo sotto i vostri piedi, il Signore che è benigno con gli umili. Egli sa come le voci di coloro che ci lodano non ci facciano tanto piacere quanto la devozione dei fedeli e le virtù dei buoni. Soltanto il vostro progresso ci dà gioia, mentre le lodi di cui mi circondate sono un pericolo, e non dei più leggeri. Tutto questo ben sa colui che ci può liberare da tutti i pericoli, colui che noi preghiamo affinché si degni conoscere e coronare me e voi nel suo regno, dopo averci salvati da ogni tentazione.


Agostino Salmi 66