Agostino Salmi 70

SUL SALMO 70

70 Ps 70

ESPOSIZIONE

DISCORSO 1

245 La gratuità della grazia.

1. La grazia liberatrice di Dio ci si raccomanda in ogni pagina della Scrittura affinché noi ci affidiamo a lei. E di essa si canta in questo salmo, del quale abbiamo cominciato a trattare alla vostra Carità. Ci assista il Signore affinché questa grazia ci sia dato intenderla come si conviene e descriverla conforme richiedono le vostre esigenze. A questo riguardo ci stimolano assai l'amore e il timore di Dio: il timore di Dio, in quanto egli è giusto; l'amore in quanto è misericordioso. Chi potrebbe, infatti, muovergli delle rimostranze (
Sg 12,12), se condannasse l'empio? Quanto è grande, dunque, la sua misericordia allorché giustifica l'empio! Sull'argomento abbiamo letto prima e abbiamo ascoltato l'Apostolo là dove tesse un magnifico elogio della grazia. Egli insisteva nell'inculcare la grazia e per questo i giudei gli erano nemici; essi, infatti, confidavano nella lettera della legge e amavano e si vantavano della loro giustizia quasi fosse una risorsa personale. Di essi dice Paolo: Rendo loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo la scienza (Rm 10,2) E come se gli si chieda cosa significhi “ aver zelo per Dio, ma non secondo la scienza ”, subito aggiunge: Ignorando la giustizia di Dio e volendo stabilire la loro, non si assoggettano alla giustizia di Dio (Rm 10,3). Gloriandosi delle loro opere, si tagliano fuori dalla grazia; falsamente presumendo della loro salute, respingono la medicina. Contro costoro anche il Signore aveva detto: Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori alla penitenza; non hanno bisogno del medico i sani, ma gli ammalati (Mt 9,13 Mt 12). Questa è, dunque, tutta la grande e vera scienza: che l'uomo si renda conto che di per sé non è niente; e tutto ciò che è lo riceve da Dio e per Dio. Dice l'Apostolo: Che cosa hai, che tu non l'abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché ti glori, come se non lo avessi ricevuto? (1Co 4,7) Questa grazia inculcava l'Apostolo; e per questo si inimicò i giudei, che si gloriavano della lettera della legge e della propria giustizia. Lodando, dunque, questa grazia, nel passo che ora è stato letto, così si esprime: Io sono il più piccolo degli Apostoli, né sono degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio (1Co 15,9). Ma per questo ho ottenuto misericordia - dice altrove - perché agivo per ignoranza, non possedendo la fede. E poco dopo: È degna di fede e di ogni adesione questa verità: che, cioè, Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. Forse che prima di lui non c'erano stati peccatori? Che significano, dunque, le parole: Io sono il primo? Significano che egli li supera tutti, non quanto al tempo, ma quanto a malizia. Aggiunge però: Ma io ho ottenuto misericordia, e questo perché Cristo Gesù voleva mostrare in me tutta la sua longanimità, e così ammaestrare coloro che crederanno in lui per la vita eterna (1Tm 1,13 1Tm 1,15-16). Vuol dire: qualsiasi peccatore o perverso, anche se il suo caso fosse disperato, anche se egli fosse giunto all'estremo, tanto da nutrire sentimenti da gladiatore e da ritenersi autorizzato a fare quel che gli pare perché ormai per lui la condanna è sicura, se volgerà lo sguardo all'apostolo Paolo, al quale Dio ha perdonato tanta crudeltà e tanta malizia, non dovrà più disperare della propria salute, purché si converta a Dio. Ebbene, questa grazia Dio ce la raccomanda anche in questo salmo. Esaminiamolo, e vediamo se le cose stiano davvero così, ovvero io mi sia ingannato, immaginando un contenuto diverso da quello reale. Quanto a me, infatti, io sono convinto che esso abbia questo contenuto, anzi che esso traspare quasi in ogni sillaba. Il salmo, cioè, ci vuol inculcare questo: che la grazia di Dio è gratuita; che essa ci libera mentre noi ne siamo immeritevoli; che essa opera non per le nostre risorse, ma per la sua efficacia. Anche se io non ve lo indicassi né vi avessi detto niente prima, chiunque di voi, anche se dotato d'intelligenza mediocre, ascoltando attentamente le parole del salmo, ne ricaverebbe questo stesso significato, e dopo tali parole, anche se prima pensava diversamente, cambierebbe opinione, e si avvererebbe allora ciò che il salmo proclama. Che cosa? Che tutta la nostra speranza deve essere in Dio; che mai dobbiamo fidarci di noi, né attribuire qualcosa alle nostre forze, perché non ci succeda di perdere ciò che abbiamo ricevuto, facendo nostro ciò che invece è del Signore.

L’obbedienza ai genitori. La disobbedienza di Adamo e le sue conseguenze.

2. [v 1.] Il titolo di un salmo è come il cartello posto all'ingresso di una casa, che indica che cosa si fa all'interno. Qui reca: A David stesso, dei figli di Gionadab, e di coloro che per primi furono portati in prigionia. Gionadab fu un tale - ce ne parla il profeta Geremia - che aveva ordinato ai suoi figli di non bere vino e di non abitare in case, ma in tende. I figli rispettarono e osservarono l'ordine del padre, e per questo meritarono di essere benedetti dal Signore (Cf. Jr 35,6-10). Veramente, non era il Signore che aveva dato un tale ordine, ma il loro padre. Essi, però, lo rispettarono come se lo avessero ricevuto dal Signore Dio. Infatti, anche se il Signore non aveva direttamente ordinato che non bevessero vino e che abitassero nelle tende, aveva tuttavia comandato il Signore che i figli obbedissero al padre. In un solo caso infatti il figlio deve ricusarsi d'obbedire al padre, cioè quando il padre gli ordina qualcosa contro il Signore suo Dio. In questo caso, il padre non deve adirarsi, se a lui si antepone Dio. Ma, quando il padre dà un ordine che non è contro Dio, dobbiamo ascoltarlo come se fosse Dio, perché Dio ha ordinato di obbedire al padre. Ebbene, Dio benedisse i figli di Gionadab a cagione della loro obbedienza, e li propose come esempio al suo popolo ribelle, rimproverandolo perché, mentre i figli di Gionadab obbedivano al loro padre, esso non obbediva al suo Dio. Trattando di queste cose con il popolo di Israele, Geremia intendeva prepararlo alla prossima prigionia di Babilonia, e lavorava affinché non si opponesse alla volontà di Dio, e non si attendesse altra cosa all'infuori della prigionia. Sembra, dunque, che il titolo di questo salmo travisi alquanto la verità: difatti, dopo aver detto: Dei figli di Gionadab, aggiunge: E di coloro che per primi furono condotti in cattività. È un problema che nasce non dal fatto che i figli di Gionadab furono fatti prigionieri, ma dalla circostanza che essi, obbedienti al padre loro, venivano contrapposti al popolo che doveva essere portato in prigionia in modo che questo popolo si rendesse conto che veniva condotto in prigionia poiché non era stato obbediente a Dio. A questo si aggiunge che Gionadab significa “ Spontaneo del Signore ”. Che vuol dire: “ Spontaneo del Signore ”? Una persona che obbedisce a Dio volentieri e con piena volontà. Che significa, ripeto: “ Spontaneo del Signore ”? In me sono, o Dio, i voti che ho fatti, e che renderò qual lode a te (Ps 55,12). Che significa: “ spontaneo del Signore ”? Liberamente sacrificherò a te (Ps 53,8). La morale predicata dagli Apostoli ordina al servo di obbedire al suo padrone, anche se uomo, non come un forzato ma di buon grado, in modo che, servendo volentieri, consegua la libertà del cuore. Ebbene, quanto maggiormente non dovrai servire Dio con intera e assoluta e generosa volontà, se questa tua volontà è palese a Dio? Se il servo non ti obbedisce volentieri, tu puoi vedere la sua mano, il suo volto, il suo corpo, ma non puoi vedere il suo cuore; e tuttavia l'Apostolo dice ai servi: Non servite all'occhio (Ep 6,6). Che significa: All'occhio? E che mai? Starà forse il mio padrone a guardare come lo servo, e per questo mi vieni a dire: Non servite all'occhio? Aggiunge l'Apostolo: Comportatevi come servi di Cristo. Il padrone umano non vede, ma Cristo Signore vede. E precisa: Di cuore, con buona volontà (Ep 6,7). Così era Gionadab; cioè, questo significa il suo nome. Chi sono, dunque, coloro che per primi furono portati in cattività? I figli d'Israele furono presi prigionieri in un primo tempo, e poi in un secondo e in un terzo; ma il salmo non parla per costoro o di costoro, quando dice che furono portati prigionieri per primi. Il salmo stesso, esaminato, scrutato, indagato in tutti i suoi versetti, ti parla di un altro argomento, non di costoro, non cioè degli uomini che, non so chi né quando, per l'irrompere dei nemici furono esiliati da Gerusalemme e condotti prigionieri in Babilonia. Che cosa dice dunque il salmo, se non ciò che avete udito dall'Apostolo? Esso ci inculca il pregio della grazia di Dio: ci fa intendere che noi non siamo niente per noi stessi; ci fa intendere che tutto quanto noi siamo, lo siamo per sua misericordia; mentre tutto quanto abbiamo di nostro, è peccato. In che senso siamo, dunque, prigionieri? E perché, menzionando la prigionia, ci si inculca la grazia del liberatore? Ce lo indica lo stesso Apostolo: Secondo l'uomo interiore, mi compiaccio, dice, della legge di Dio; ma nelle mie membra vedo un'altra legge che si oppone alla legge del mio spirito e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Eccoti la tua condizione di prigioniero. Che cosa raccomanda, dunque, questo salmo? Ciò che dice poi lo stesso Apostolo: Me infelice! Chi mi libererà dal corpo di questa morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (Rm 7,22-25). Eperché primi? Abbiamo spiegato, fin qui, perché siamo prigionieri. A quanti mi sembra, anche perché siamo primi nella prigionia è ormai chiaro. In relazione, infatti, con i figli di Gionadab, vediamo che qualsiasi disobbedienza è presentata come colpevole. Ma fu proprio per la disobbedienza che noi fummo fatti prigionieri, in quanto Adamo stesso peccò disobbedendo; e con verità dice l'Apostolo: Tutti muoiono in Adamo, nel quale tutti hanno peccato (Rm 5,12). È, dunque, esatto dire che gli uomini furono presi prigionieri per primi, poiché il primo uomo, tratto dalla terra, è terrestre, mentre il secondo uomo, dal cielo, è celeste; e quale è il terrestre tali sono i terrestri, e quale è il celeste tali sono anche i celesti. Come portammo l'immagine dell'uomo terrestre, così dobbiamo portare l'immagine di quello celeste (1Co 15,47-49). Il primo uomo ci ha fatti prigionieri; il secondo uomo ci ha liberati dalla prigionia. Come, infatti, tutti muoiono in Adamo, così in Cristo tutti saranno vivificati (1Co 15,22). In Adamo si muore a cagione della nascita carnale; in Cristo si è liberati per mezzo della fede del cuore. Non era in tuo potere non nascere da Adamo, ma è in tuo potere credere in Cristo. Se pertanto vorrai appartenere al primo uomo, apparterrai alla prigionia. Ma perché dire: “ Vorrai appartenere ”, oppure: “ Apparterrai ”? Già appartieni alla prigionia. Ebbene, esclama: Chi mi libererà dal corpo di questa morte? (Rm 7,24) Ascoltiamo, adesso, le parole di uno che grida così.

3. O Dio, in te ho sperato. Signore, che io non sia confuso in eterno! Già sono confuso: che almeno non lo sia in eterno! Come può non essere confuso colui al quale è detto: Quale frutto avete avuto in queste cose, delle quali ora arrossite? (Rm 6,21) Che cosa occorrerà, dunque, fare per non essere confusi in eterno? Avvicinatevi a lui, e siate illuminati! e i vostri volti non arrossiranno (Ps 33,6). Siete confusi in Adamo; allontanatevi da Adamo, avvicinatevi a Cristo, e più non sarete confusi. In te ho sperato, o Signore; che io non sia confuso in eterno! Se in me sono confuso, in te non sia confuso in eterno.

Godere che Dio dispensi a tutti la sua grazia.

4. [v 2.] Nella tua giustizia liberami e mettimi in salvo. Non nella mia giustizia, ma nella tua. Se, infatti, presumessi della mia, sarei uno di coloro ai quali l'Apostolo dice: Non conoscendo la giustizia di Dio e volendo stabilire la loro, non sono sottomessi alla giustizia di Dio (Rm 10,3), Dunque, nella tua giustizia, non nella mia. Qual è mai infatti la mia giustizia? Ho cominciato con la colpa e, se sono giusto, lo sono per la tua giustizia. Sono giusto per la giustizia che tu mi hai data: la quale, se è mia, non cessa d'essere tua, in quanto da te è stata data a me. Credo infatti in colui che giustifica l'empio, affinché la mia fede sia computata a giustizia (Cf. Rm 4,5). In tal modo la giustizia sarà anche mia; ma non mia esclusivamente. Non sarà come se me la fossi data da me stesso, come credevano coloro che si gloriavano d'essere giustificati per la lettera della legge e respingevano la grazia. Sta scritto, infatti, altrove: Giudicami, Signore, secondo la mia giustizia (Ps 7,9). Ma certamente chi diceva queste parole non si gloriava della sua giustizia. Richiama dunque alla mente le parole dell'Apostolo: Che cosa hai che tu non l'abbia ricevuto? (1Co 4,7) E, se dici che tua è la giustizia, ricordati che l'hai ricevuta, e non invidiarla a quanti con te la ricevono. Ricorda quel fariseo. Egli parlava come uno che riconosca di aver ricevuto da Dio i beni che possiede. Ti ringrazio, diceva, perché non sono come gli altri uomini. Ti ringrazio: bene! Perché non sono come gli altri uomini. Ma per qual motivo non lo sei? Non proverai mica piacere ad essere buono per il solo fatto che gli altri sono cattivi? Difatti cosa aggiunge? Ingiusti, ladri, adulteri, come questo pubblicano.Parlare così non è esultare, ma insultare. L'altro, che si sentiva, invece, prigioniero, neppure osava levare gli occhi al cielo; ma percuoteva il suo petto, dicendo: Signore, sii benigno con me, peccatore (Lc 18,11 Lc 13). Sarebbe quindi poco riconoscere che tutto quanto in te c'è di buono deriva da Dio, se tu continuassi a crederti superiore a colui che non ha ancora i tuoi stessi doni e che, forse, quando li avrà ricevuti, ti supererà. Quando Saulo lapidava Stefano (Cf. , Ac 7,59), c'erano numerosissimi cristiani, ed egli li perseguitava! Tuttavia, una volta convertito, egli superò tutti coloro che gli erano avanti. Di', dunque, a Dio ciò che ascolti nel salmo: In te ho sperato, Signore; non sia confuso in eterno! Nella tua giustizia, non nella mia, liberami e mettimi in salvo. China verso di, me il tuo orecchio. Questa è una confessione di umiltà. Chi dice: China verso di me, riconosce di essere a terra, come un malato disteso sul giaciglio alla presenza del medico, che sta in piedi. E osserva cosa dice il malato: China verso di me il tuo orecchio, e salvami.

La sicurezza dell’uomo si fonda sulla grazia di Cristo.

5. [v 3.] Sii per me un Dio protettore. Non mi raggiungano i dardi del nemico, poiché io non posso proteggermi da me. È poco: Sii per me protettore; egli aggiunge: Sii per me un luogo difeso per salvarmi. Sii per me un luogo difeso; cioè, sii tu il luogo fortificato ove io mi rifugi. Perché mai fuggivi da lui, o Adamo, e ti nascondevi tra gli alberi del, paradiso? Perché avevi paura della presenza di colui vicino al quale eri solito allietarti? (Cf. Gn 3,8) Te ne eri allontanato ed eri perduto. Da allora sei prigioniero; ed ecco ti si viene a trovare; non sei abbandonato. Sono abbandonate le novantanove pecore sui monti, e si cerca la pecora smarrita; ed ecco, della pecora smarrita si dice: Era morto, ed è risuscitato; si era smarrito ed è stato ritrovato (Lc 15,4 Lc 24). Ecco, Dio stesso è divenuto il luogo del tuo rifugio, egli che prima ti incuteva timore e ti spingeva a fuggire. Un luogo difeso - dice - sii tu per me, affinché io possa salvarmi. Non sarò salvo se non in te. Se tu non sarai il mio riposo, la mia malattia non potrà essere guarita. Sollevami dalla terra; fa' che io mi posi in te, in modo che ascenda a un luogo veramente munito. Quale luogo potrà essere più difeso? Quando ti sarai rifugiato in quel luogo, dimmi, quali avversari temerai? Chi potrà tenderti insidie o giungere sino a te? Di un tale che si trovava sulla cima di un monte, si narra che, mentre passava l'imperatore, gli abbia gridato: “ Io me ne infischio di te ”; e che l'imperatore, guardandolo, gli abbia risposto: “ E io di te ”. Aveva disprezzato l'imperatore, pur vedendolo con le insegne del suo potere e accompagnato da un potente esercito. Perché? Perché era in un luogo difeso. Se è sicuro un uomo quando è sulla cima di un monte, quanto sarai sicuro tu, se starai con colui che ha fatto il cielo e la terra? Ebbene: Sii per me un Dio protettore e un luogo difeso per salvarmi. Se io mi sceglierò un altro luogo, non potrò raggiungere la salvezza. Scegliti pure, o uomo, se lo trovi un luogo più difeso. Ma per fuggire da lui, non c'è altro luogo se non lui. Se vuoi sfuggire lui adirato, rifugiati in lui placato. Perché la mia fermezza e il mio rifugio sei tu. Che vuol dire: Tu sei la mia fermezza? Se sono fermo e stabile, lo sono in te e per te. Infatti, tu sei la mia fermezza e il mio rifugio. Per poter diventare forte con te, quando in me mi sento debole, mi rifugerò in te. La grazia di Cristo ti rende fermo e immobile contro tutte le tentazioni del nemico. Tuttavia rimane ancora l'umana debolezza; rimane ancora l'antica originaria schiavitù; rimane ancora la legge delle membra che si oppone alla legge dello spirito e che vuole trascinarci prigionieri nella legge del peccato (Cf. Rm 7,23). Il corpo che si corrompe seguita ancora ad appesantire l’anima (Cf. Sg 9,15). Per fermo che tu sia ad opera della grazia di Dio, finché ancora porti il corpo terreno, in cui è depositato il tesoro di Dio, c'è sempre da temere qualcosa da tale vaso d'argilla (Cf. 2Co 4,7). Ebbene la mia fermezza sei tu, perché io possa in questo mondo essere forte contro tutte le tentazioni. Anche se sono molte e mi turbano, tu sarai il mio rifugio. Riconoscerò dinnanzi a te la mia debolezza: perché, veramente io sono timoroso come una lepre, pur essendo pieno di spine come un riccio. Proprio come è detto in un altro salmo: La pietra è il rifugio per i ricci e per le lepri (Ps 103,18). La quale pietra è, poi, Cristo (Cf. 1Co 10,4).

Dio nostra fortezza contro gli assalti del male.

6. [v 4.] Dio mio, liberami dalla mano del peccatore. Chiama genericamente peccatori coloro in mezzo ai quali soffre colui che così invoca Dio. Egli sa che fra poco verrà liberato dalla prigionia; intanto eccolo gridare: Oh, uomo infelice che sono io! Chi mi libererà dal corpo di questa morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (Rm 7,24 Rm 25). Il nemico lo abbiamo dentro, ed è quella legge delle membra [di cui parla Paolo], e anche fuori ci sono dei nemici. A chi gridi? A Dio: al quale anche noi abbiamo gridato: Dai miei peccati nascosti purificami, o Signore; e da quelli degli altri assolvi il tuo servo (Ps 18,13-14). Dicendo, dunque: Salvami, chiedi d'essere liberato dalla tua infermità interiore, cioè dalla tua iniquità: da quella malattia che ti rende prigioniero e per la quale appartieni al primo uomo e gridi in mezzo al gruppo dei primi prigionieri. Ma, salvato dalla tua iniquità, bada a non gravarti delle iniquità degli altri, tra cui è necessario che tu viva sino alla fine di questa vita. “ Fino a quando ”? mi chiedo. Per te finisce con la morte, ma per la Chiesa finirà solo alla fine del mondo. Perciò, quest'unico uomo, l'unità di Cristo, grida con tali parole. È indubitato che i molti fedeli passati all'altro mondo sono già in quella pace che Dio dona agli spiriti fedeli; ma delle membra di Cristo sono ancora quaggiù in terra: alcune ci vivono attualmente, altre vi nasceranno più tardi. Dunque, sino alla fine del mondo ci sarà, sulla terra, quest'uomo che a gran voce supplica d'essere liberato dai suoi peccati e dalla legge delle membra che si oppone alla legge dello spirito. Lo stesso poi grida in mezzo ai peccati degli altri, tra i quali deve vivere sino alla fine. Due però sono i tipi di peccatori: coloro che hanno ricevuto la legge e coloro che non l'hanno ricevuta. I pagani non hanno ricevuto la legge, i giudei e i cristiani invece l'hanno ricevuta. Quindi il nome di peccatore è generico: indica o il trasgressore della legge, se l'ha ricevuta, o soltanto l'uomo che, senza la legge (poiché non l'ha ricevuta), si comporta da iniquo. Di ambedue le specie di peccatori parla l'Apostolo quando dice: Coloro che senza legge hanno peccato, senza legge periranno; mentre coloro che hanno peccato nella legge, saranno giudicati per mezzo della legge (Rm 2,12). Quanto a te, che gemi in mezzo ad ambedue le categorie di peccatori, di' a Dio ciò che ascolti nel salmo: O mio Dio, liberami dalla mano del peccatore. Di quale peccatore? Dalla mano di colui che trasgredisce la legge e dell'iniquo. È certamente iniquo anche chi trasgredisce la legge; non può, infatti, non essere iniquo chi viola la legge. Ma, se chi viola la legge è iniquo, non ogni iniquo è tale perché viola la legge. Dice l'Apostolo: Dove non c'è legge, non c'è prevaricazione (Rm 4,15). Coloro, dunque, che non hanno ricevuto la legge possono, sì, essere detti iniqui, ma non possono essere accusati di prevaricazione. Comunque, tanto gli uni che gli altri saranno giudicati secondo i loro meriti. Ma io, che per mezzo della tua grazia voglio essere liberato dalla prigionia, grido a te: Liberami dalla mano del peccatore. Che vuol dire “ dalla sua mano”? Dal suo potere, affinché non mi costringa a consentire al male per mezzo delle sue sevizie, né mi lusinghi a commettere iniquità tendendomi insidie. Dalla mano di colui che viola la legge e dell'iniquo. Muovigli una obiezione e digli: “ Perché chiedi d'essere liberato dalla mano di chi trasgredisce la legge e dell'iniquo?” Non consentire a lui; e, se incrudelisce, sii paziente e sopportalo. Ma chi potrà sopportarlo se non interviene colui che è, per noi, il luogo fortificato? Mi chiedi dunque perché dico: Liberami dalla mano di chi viola la legge e dell'iniquo? Lo fo perché in me non trovo modo d'essere paziente, mentre lo trovo in te, che doni la pazienza.

246 Dio nostra speranza.

7. [vv 5.6.] Il salmista stesso dà tale motivazione. Dice: Tu sei la mia pazienza. Se Dio è la mia pazienza, con ragione aggiunge: O Signore, tu sei la mia speranza fin dalla mia giovinezza. Che dire? Sarà la mia pazienza perché è la mia speranza; o non piuttosto sarà la mia speranza perché è mia pazienza? Dice l'Apostolo: La tribolazione genera la pazienza, la pazienza la costanza e questa la speranza che non delude (
Rm 5,3-5). Giustamente in te ho sperato, o Signore; che io non sia confuso in eterno! (Ps 70,1) Signore, mia speranza fin dalla mia giovinezza. È dunque, Dio, la tua speranza solamente a cominciare dalla tua giovinezza? Non lo è anche fin dalla tua adolescenza e dalla tua infanzia? Certamente, risponde. Non credere che io abbia detto: Tu sei la mia speranza fin dalla mia giovinezza, come se Dio nulla abbia fatto per me durante la mia infanzia e la mia adolescenza. Ascolta quel che segue: In te ho trovato la forza fin dal seno materno. Ascolta ancora: Dal ventre della mia madre tu sei il mio protettore. Perché, dunque, fin dalla mia giovinezza, se non perché è da tale epoca che io ho cominciato a sperare in te? Prima io non speravo in te, sebbene tu fossi il mio protettore che mi conducevi salvo fino al tempo in cui appresi a sperare in te. Ma dalla mia giovinezza io ho cominciato a sperare in te: da quando, cioè, tu mi hai armato contro il diavolo, affinché nei ranghi del tuo esercito, munito di fede, carità, speranza e di tutti gli altri doni, combattessi contro i tuoi nemici invisibili. Da allora fui in grado di ascoltare le parole dell'Apostolo: Non dobbiamo combattere contro la carne e il sangue, ma contro i principati, e le potestà, e i reggitori del mondo di queste tenebre, contro gli spiriti della malvagità (Ep 6,12). È, dunque, giovane colui che combatte contro tutti questi nemici, ma sebbene sia giovane cade, se la sua speranza non sarà colui al quale grida: Signore, tu sei la mia speranza fin dalla mia giovinezza.

I doni di Dio esigono gratitudine perenne.

8. In te il mio canto sempre. Non canterò dunque solo dal giorno in cui ho cominciato a sperare in te fino ad ora? No! Sempre. Che significa: Sempre? Non soltanto nel tempo della fede, ma anche nel tempo della visione. Ora, finché siamo nel corpo, siamo esuli dal Signore; camminiamo infatti nella fede e non nella visione (Cf. 2Co 5,6 2Co 7). Verrà il tempo in cui vedremo ciò che ora crediamo senza vederlo. Vedendo ciò che forma l'oggetto della nostra fede, noi ci allieteremo, mentre gli empi, vedendo ciò che non hanno creduto, saranno confusi. Allora possederemo nella realtà le cose che oggi speriamo. Poiché la speranza di cose che si vedono non è speranza. Ma, se speriamo ciò che non vediamo, con pazienza lo aspettiamo (Cf. Rm 8,24). Ora, dunque, gemi; ora corri verso il luogo del rifugio per essere salvo; ora, mentre sei in mezzo alle infermità, ti raccomandi al medico. Che cosa farai, quando avrai ricevuto la perfetta salute? Che cosa farai, quando sarai divenuto uguale agli angeli di Dio (Cf. Mt 22,30)? Dimenticherai forse allora la grazia in virtù della quale sei stato liberato? Certo no. In te il mio canto sempre.

La via angusta del cristiano.

9. [v 7.] Come un prodigio son divenuto per molti. Siamo nel tempo della speranza, nel tempo del gemito, nel tempo dell'umiltà, del dolore e della debolezza: nel tempo in cui si è prigionieri e si grida. Orbene, che cosa accade in questo tempo? Come un prodigio sono divenuto per molti. Perché come un prodigio? Perché mi insultano coloro che mi credono un prodigio? Perché credo in ciò che non vedo. Essi, infatti, ripongono la felicità in cose che vedono. Eccoli tripudiare perché possono bere, darsi alla lussuria, alla sfrenatezza, all'avarizia, ad ammassare ricchezze, magari rubando, ad accumulare onorificenze mondane, a intonacare splendidamente le loro case di fango. Essi si rallegrano di tutte queste cose. Io invece cammino su una via diversa: disprezzo tutte le cose presenti, e del mondo temo anche la prosperità, sicuro solo delle promesse di Dio. Essi dicono: Mangiamo e beviamo, poiché domani morremo (1Co 15,32). Che cosa dici? Ripetilo. Mangiamo - dici - e beviamo. Avanti! che cosa hai aggiunto dopo? Domani morremo. Mi spaventi, non mi incanti. Effettivamente con le parole che hai dette alla fine mi hai tanto intimorito che non posso essere d'accordo con te. Domani morremo, hai detto. Eppure prima mi avevi invitato a mangiare e a bere. Avevi detto: Mangiamo e beviamo, ma poi avevi aggiunto: Domani morremo. Ascolta, invece, le mie parole: “ Digiuniamo, piuttosto, e preghiamo: domani infatti morremo ”. Seguendo questa via stretta e angusta, come un prodigio sono divenuto per molti; ma tu sei valido aiuto. Assistimi, o Signore Gesù! Dimmi, ti prego: “ Non venir meno nella via stretta! Io vi sono passato per primo: io che sono la stessa via (Cf. Jn 14,6), io che guido, e verso di me guido, e a me conduco ”. Anche se, dunque, io per molti sono diventato come un prodigio, tuttavia non avrò timore, perché tu sei valido aiuto.

10. [v 8.] Si riempia la mia bocca di lode cantando un inno alla tua gloria; tutto il giorno alla tua magnificenza. Che significa: Tutto il giorno? Senza interruzione. Nelle prosperità perché tu mi consoli; nelle avversità perché mi correggi. Prima che io fossi perché tu mi hai fatto; ora che sono perché mi hai salvato. Dopo aver peccato perché mi hai perdonato; una volta convertito perché mi hai aiutato; e quando avrò perseverato perché mi avrai incoronato. Perciò veramente si riempia di lode la mia bocca cantando un inno alla tua gloria; tutto il giorno alla tua magnificenza.

Immedesimarsi con la sorte di Cristo.

11. [v 9.] Non mi respingere nel tempo della vecchiaia. Tu, mia speranza fin dalla mia giovinezza, non mi respingere nel tempo della vecchiaia. Cos'è mai questo tempo della vecchiaia? Allorquando verrà meno la mia forza, non mi abbandonare. Ti risponde qui Dio: “ Oh, venga meno per davvero la tua forza, affinché in te resti la forza mia e tu possa dire con l'Apostolo: Quando sono debole, allora sono forte (2Co 12,10) ”. Non temere di essere abbandonato alla tua debolezza, quando giungerà la vecchiaia. E che vorresti? Il Signore tuo non era forse debole, quando pendeva dalla croce? Dinanzi a lui, come dinanzi a un uomo privo di forza, catturato e sopraffatto [dagli avversari], non scossero forse il capo quei superforti, quei tori robusti, che dicevano: Se è il Figlio di Dio, scenda dalla croce (Mt 27,39 Mt 40)? Forse che, per essere debole, venne abbandonato?... Lui che preferì non scendere dalla croce perché non sembrasse, manifestando la sua potenza, cedere a coloro che l'insultavano! Che cosa ti ha insegnato, mentre pendeva dalla croce e non ne scendeva? Non, forse, la pazienza di fronte agli insulti, e che tu devi essere forte nel tuo Dio? Forse è proprio nella persona di lui che si dice: Come un prodigio sono divenuto per molti, e tu mi sei valido aiuto. Lo si dice nella sua persona secondo la sua debolezza, non secondo la sua onnipotenza; secondo la natura umana che s'è assunto per trasformarla in sé, non secondo la natura con cui è disceso a noi. È divenuto, infatti, un prodigio per molti. E, forse, quella era la sua vecchiaia; perché “ vecchiaia ” ha una certa rispondenza con “ vecchiume ”, e l'Apostolo dice: Il nostro uomo vecchio è stato crocifisso insieme con lui (Rm 6,6). Se in lui c'era il nostro uomo vecchio, c'era anche la vecchiaia; perché vecchio è [lo stesso che] vecchiaia. Tuttavia, perché vere sono le parole: Si rinnoverà la tua giovinezza come quella dell'aquila (Ps 102,5), ecco che egli risorge il terzo giorno, e a noi promette la resurrezione alla fine del mondo. Già è andato avanti il capo; le membra lo seguiranno. Perché temi che ti abbandoni, che ti respinga nel tempo della vecchiaia, quando verrà meno la tua forza? Anzi, proprio allora sarà in te la sua forza, quando verrà meno la tua.

Cristo abbandonato da Dio.

12. [vv 10.11.] Per qual motivo dico tutto questo? Perché contro di me hanno parlato i miei nemici, e coloro che tendevano insidie alla mia vita si sono riuniti a consiglio dicendo: Dio lo ha abbandonato; perseguitatelo e catturatelo, perché non c'è chi lo liberi. Tutto questo è stato detto di Cristo. Lui, che nella potenza infinita della sua divinità, per la quale è uguale al Padre, aveva risuscitato i morti, di colpo divenne debole nelle mani dei nemici; e, come se fosse incapace di difendersi, venne catturato. Come sarebbe stato catturato, se essi per primi nel loro cuore non avessero detto: Dio lo ha abbandonato? Difatti, così suonano anche le parole gridate da lui sulla croce: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Ps 21,2) Diremo dunque che Dio effettivamente abbandonò Cristo, mentre Dio era nel Cristo al fine di riconciliare a sé il mondo? (Cf. 2Co 5,19) mentre sappiamo che Cristo è Dio, e, sebbene nato dai giudei secondo la carne, egli è al di sopra di ogni cosa Dio benedetto nei secoli? (Cf. Rm 9,5) Dio lo avrà dunque abbandonato? Non sia mai! Quella era la nostra voce, la voce del nostro uomo vecchio, quello che è stato crocifisso insieme con lui. Egli, infatti, aveva ricevuto il corpo dalla nostra umanità invecchiata, in quanto Maria discendeva da Adamo. Ebbene, ciò che essi credevano, egli lo disse dalla croce, esclamando: Perché mi hai abbandonato? (Mt 27,46) Perché costoro mi considerano abbandonato alla loro malvagità? Che cosa vuol dire: Mi considerano abbandonato alla loro malvagità? Se essi avessero conosciuto [chi io fossi], mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria (Cf. 1Co 2,8). Perseguitatelo e catturatelo. Tuttavia, fratelli, con un riferimento più accessibile, possiamo pensare che tutte queste parole vengano pronunziate dalle membra di Cristo, e sentire in esse la nostra stessa voce. Egli infatti ha potuto pronunciarle in quanto era nostro rappresentante: non quindi per la sua potenza e maestà, ma per quello che era diventato per noi; non come nostro creatore, ma come partecipe della nostra umanità.

247 13. [v 12.]Signore Dio mio, non allontanarti da me. Così è: Dio non sta affatto lontano. Perché il Signore è vicino a coloro che hanno il cuore contrito (Ps 33,19). O mio Dio, accorri in mio aiuto.

Nella prova non ribelliamoci a Dio. Riprovevole la vendetta contro i nemici.

14. [v 13.]Siano confusi e vengano meno coloro che provocano l'anima mia. Che cosa desidera? Che siano confusi e vengano meno. Perché lo desidera? Perché provocano l'anima mia. Che significa: Provocano l'anima mia? La provocano come ad una rissa. Sono detti, infatti, provocatori coloro che suscitano risse. Se dunque è così, stiamo in guardia contro coloro che provocano la nostra anima. Che significa: Provocano la nostra anima? Dapprima ci provocano a resistere a Dio e poi, una volta caduti nel male, a provare disgusto di Dio. Finché, infatti, sei nella rettitudine, Dio ti appare buono, poiché il Dio di Israele è buono con i retti di cuore (Cf. Ps 72,2). Ma quand'è che sei retto? Vuoi saperlo? Quando fai il bene e, facendo il bene, cerchi il beneplacito di Dio, e quando, dovendo soffrire del male, lo soffri senza ribellarti a Dio. State attenti a quanto vi ho detto, fratelli, e siate cauti con coloro che provocano le vostre anime! Tutti coloro, infatti, che si agitano per rendervi pesanti le tristezze e le tribolazioni, hanno come fine quello di suscitare in voi, nelle sofferenze che subite, un disgusto per Dio e farvi uscire di bocca questi lamenti: “ Perché tutto questo? Che cosa ho fatto? ” “ Dunque... tu non hai fatto niente di male! tu sei giusto; e Dio sarebbe l'ingiusto?” Replichi: “Riconosco di essere peccatore; lungi da me proclamarmi giusto! Ma quanto peccatore? Forse quanto quel tale, a cui va bene ogni cosa? Forse quanto Gaio o Seio? Io conosco i suoi delitti, conosco le sue ingiustizie; e da tali eccessi, io, sebbene peccatore, sono ben lontano. Tuttavia, vedo che lui prospera nell'agiatezza e nel benessere, mentre io ho da subire tante sofferenze! Non dico dunque: O Dio, ma che cosa ti ho fatto? nel senso che non abbia fatto assolutamente niente di male, ma nel senso che non ho fatto tanto male da essere degno di subire tutte queste tribolazioni ”. Ti ripeto: “ Sarai, dunque, giusto tu e Dio sarà l'ingiusto? ” Infelice, sta attento! La tua anima è provocata. “ Io - ribatte - non ho detto di essere giusto ”. “ Ma, cosa dici allora? ” “ Sono peccatore, sì, ma non ho commesso tanti peccati da meritare tante tribolazioni ”. Veramente in questo caso tu non dici a Dio: “ Io sono giusto, mentre tu sei ingiusto ”. Gli dici però: “ Io sono ingiusto, ma tu sei ancor più ingiusto di me ”. Ecco, la tua anima ha ingaggiato una lotta; è ormai in guerra. Chi è che guerreggia? E contro chi? La tua anima contro Dio; colei che fu creata contro colui che l'ha creata. Per il solo fatto che osi alzare la voce contro di lui, sei ingrato. Torna, dunque, a confessare la tua debolezza; implora la mano del medico. Non ti sembrino felici coloro che prosperano per un istante nel mondo. Tu sei castigato, essi sono risparmiati; pensa però che a te, figlio castigato e corretto, è riservata l'eredità. Torna, dunque, torna, prevaricatore, al tuo cuore (Cf. Is 46,8). Non sia in subbuglio la tua anima. Troppo più potente di te è colui al quale hai dichiarato guerra. Quanto più grandi sono le pietre che avrai scagliate contro il cielo, tanto più fortemente la loro caduta ti schiaccerà. Torna piuttosto indietro e riconosci il tuo stato. È Dio colui che ti è sgradito: arrossisci! Sii tu sgradito a te stesso. Non faresti niente di buono, se egli non fosse buono; e niente di male soffriresti, se egli non fosse giusto. Orbene, presta attenzione alle parole: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come al Signore è piaciuto, così è stato fatto. Sia benedetto il nome del Signore! (Jb 1,21) Erano ingiusti coloro che, sani, sedevano presso Giobbe roso dalla cancrena (Cf. Jb 2,13); e tuttavia egli, da persona accetta a Dio, era flagellato, mentre costoro, che dovevano essere puniti, erano risparmiati. Qualunque tribolazione ti capiti, e qualunque insulto ti colpisca, non lasciare che la tua anima si agiti e pensi alla lotta. E non dico soltanto della lotta contro Dio, ma neppure contro coloro che fanno del male. Che se, al contrario, nutrirai odio per chi t'offende, sia pure contro degli uomini, fatto sta che la tua anima è in guerra. Invece, quanto a Dio, ringrazialo; e, quanto ai nemici, prega per loro! Forse infatti è una preghiera per loro questa che hai udita: Siano confusi e vengano meno coloro che provocano l'anima mia. Siano confusi e vengano meno! Essi presumono esageratamente della loro giustizia. Siano dunque confusi! Ad essi è utile conoscere i propri peccati, in modo che siano confusi e vengano meno, perché male presumevano delle loro forze. Venuti meno, diranno: Quando sono debole, allora sono veramente forte! (2Co 12,10) E diranno ancora, allorché saran venuti meno: Non mi respingere nel tempo della vecchiaia. Augura, dunque, loro un bene quando augura che siano confusi per le loro colpe e vengano meno le loro forze perverse. Una volta venuti meno e confusi, cercheranno chi veramente li illumini nella confusione e li ristori nella debolezza. Osserva, infatti, cosa segue: Siano coperti di confusione e di rossore coloro che pensano di farmi del male. Confusione e rossore. Confusione per la cattiva coscienza, rossore che renda delicata la stessa coscienza. Accada questo in loro, e saranno buoni. Non ti sembri crudele. Voglia il cielo che sia esaudito a loro vantaggio! Sembrava crudele anche Stefano, quando con la bocca ardente scagliava quelle parole: O duri di cervice, o incirconcisi di cuore e di orecchie, voi sempre resistete allo Spirito Santo! (Ac 7,51) Come è ardente quest'ira, e quanto è violenta contro i nemici! Ti sembrerebbe che la sua anima sia in piena lotta. Niente affatto! Egli cercava la loro salvezza; e con le sue parole incatenava coloro che, come pazzi, erano in preda a follia crudele. Osserva da vicino come non fosse in preda all'ira la sua anima: né soltanto contro Dio, ma neppure contro i persecutori. Egli diceva: Signore Gesù, accogli il mio spirito (Ac 7,58). Non era urtato con Gesù, anzi era lapidato a cagione della sua parola. Non era, quindi, adirata contro Dio la sua anima. Inoltre diceva: Signore, non imputare loro questo delitto (Ac 7,59). Vedi come la sua anima non era adirata neppure contro i nemici. Siano coperti di confusione e di rossore coloro che pensano di farmi del male. Questo, infatti, cercano tutti coloro che mi perseguitano: cercano di farmi del male. Il male cercava quella donna, quando suggeriva: Di' qualcosa contro Dio e muori (). E anche la sposa di Tobia, quando diceva al marito: Dove sono le tue giustizie? (Tb 2,14) Questo diceva affinché si sdegnasse contro Dio che lo aveva reso cieco; e se un tale sdegno avesse attecchito nell'anima di lui, questa si sarebbe trovata in stato di guerra.

Dio è da lodarsi per averci creati e salvati.

15. [v 14.] Ebbene, se nessuno per mezzo di tribolazioni ti ha né incitato né costretto a lamentarti di Dio perché ti fa soffrire e neppure a odiare gli uomini che ti infliggono sofferenze, allora la tua anima non è in subbuglio; allora puoi dire tranquillo quanto segue: Ma io spererò sempre in te, e aggiungerò lodi a tutte le tue lodi. Che significano queste parole? Deve farci riflettere la frase: Aggiungerò lodi a tutte le tue lodi. Sarai, forse, in grado di rendere più perfetta la lode di Dio? C'è qualcosa che puoi aggiungere ad essa? Se essa è già tutta la lode, che cosa aggiungerai tu? Dio è lodato in tutte le sue opere buone, in ogni sua creatura, nella disposizione di tutte le cose, nel governo e nella successione dei secoli, nell'ordine dei tempi, nell'altezza del cielo, nella fecondità della terra, nell'ampiezza del mare, nel potere germinativo delle creature, quante ovunque ne nascono; e poi, riguardo agli stessi figli degli uomini, nel dare loro la legge, nel liberare il popolo eletto dalla schiavitù degli egiziani e in tutta la serie delle sue gesta meravigliose. Tuttavia egli non era ancora lodato per aver risuscitato la carne alla vita eterna. Dunque, la lode che si aggiunge sta nella resurrezione del Signore nostro Gesù Cristo. E se comprenderemo bene queste parole del salmo, scopriremo in esse la voce di lui: una lode che supera tutte quelle passate. Cosa dico mai? Tu, forse, sei un peccatore timoroso che la tua anima fosse provocata alla ribellione. Tu speravi solo da Dio la liberazione da quella prigionia antica, e non presumevi della tua giustizia ma della grazia di lui (quella grazia che viene lodata in questo salmo). Ebbene, potrai tu aggiungere qualcosa a tutte le lodi di Dio? Lo aggiungerò, dice [per te il salmo]. Vediamo che cosa aggiunga. Ammettiamo pure che la tua lode sia completa e che nulla assolutamente le manchi, poiché in realtà nulla le mancherebbe anche se Dio condannasse tutti i peccatori. Non mancherebbe, infatti, d'essere una gran lode per Iddio la stessa giustizia per la quale sono condannati i peccatori; che anzi sarebbe una lode veramente grande. Tu creasti l'uomo, gli desti il libero arbitrio, lo collocasti nel paradiso, gli imponesti il comandamento, gli annunziasti, come pena giustissima, la morte se avesse violato tale comandamento. Niente omettesti di fare e nessuno potrebbe esigere di più da te. Nonostante tutto, però, l'uomo peccò: il genere umano è diventato come una massa di peccatori che scaturisce da peccatori (Cf. Gn 2,3). Ebbene, se tu condannassi questa massa di peccatori, potrebbe forse qualcuno rinfacciarti d'aver agito ingiustamente? Saresti certamente giusto anche così, e totale sarebbe, anche in questo caso, la tua lode. Ma, poiché tu hai liberato il peccatore giustificando l'empio, io aggiungerò lode a tutte le tue lodi.

Dio è da lodarsi nell’afflizione e nella prosperità.

16. [v 15.]La mia bocca narrerà la tua giustizia, non la mia. In questo modo aggiungerò lode a tutte le tue lodi, perché anche il fatto che io sia giusto (se lo sono) lo debbo alla tua giustizia che è in me, non alla mia: perché sei tu che giustifichi l'empio (Cf. Rm 4,5). La mia bocca narrerà la tua giustizia; per tutto il giorno la tua salvezza. Che significano le parole: La tua salvezza? La salvezza è opera del Signore (Cf. Ps 3,9). Nessuno attribuisca a se stesso il fatto di essere salvo! La salvezza è opera del Signore. Nessuno può salvarsi da se stesso: chi opera la salvezza è il Signore, e vana è la salvezza dell'uomo (Cf. Ps 59,13). Per tutto il giorno la tua salvezza: cioè in ogni tempo. Ti capita qualcosa di avverso? Annunzia la salvezza del Signore. Le cose ti vanno bene? Annunzia la salvezza del Signore. Se l'annunzierai nelle prosperità, per tacerla nelle avversità, non saranno vere le parole: Per tutto il giorno. Il giorno è infatti tutto intero se abbraccia anche la notte. Quando diciamo, ad esempio: “ Trenta giorni sono passati ”, non intendiamo forse parlare anche delle notti? Forse che nello stesso nome di “ giorno ” non includiamo anche la notte? Che cosa si diceva nel Genesi? Si fece sera e si fece mattino: un giorno (Gn 1,5). Quindi, il giorno tutto intero comprende anche la notte: perché la notte serve al giorno, non il giorno alla notte. Tutto quel che operi nella tua carne mortale deve servire alla giustizia. Tutto quanto fai per obbedire al comandamento di Dio, non farlo per dei vantaggi materiali, se non vuoi che il giorno serva alla notte. Di', dunque, per tutto il giorno la lode di Dio: cioè, nelle prosperità come nelle avversità. La prosperità sarebbe il giorno; le avversità la notte. Di' tutto il giorno la lode a Dio, se non vuoi aver cantato invano: Benedirò il Signore in ogni tempo, sempre avrò sul labbro la sua lode (Ps 33,2). Quando erano salvi i figli, il gregge, la famiglia, ogni sua ricchezza, Giobbe lodava Dio: era il giorno. Sopravvennero le sciagure, ebbero inizio le privazioni, si esaurirono le riserve possedute, perirono coloro per i quali esse erano conservate: era la notte. Guarda, tuttavia, come Giobbe lodi Dio tutto il giorno. Forse che, trascorso il tempo diurno in cui si rallegrava e venuto per lui come il tramonto della luce, cioè della prosperità, egli smise di lodare Dio? Non era, forse, giorno nel suo cuore, se ne scaturivano quelle fulgide parole: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come al Signore è piaciuto, così è accaduto. Sia benedetto il nome del Signore (Jb 1,21)? Questo però era soltanto l'ora vespertina; più tardi sopraggiunse la notte fonda, le tenebre più dense, il dolore del corpo, la putredine, i vermi. Ma neppure in questa putredine, in questa notte, egli cessò di lodare Dio con la voce, mentre nell'intimo esultava nella luce. La moglie lo spingeva alla bestemmia e provocava la sua anima alla rivolta. Ebbene, a questa sciagurata che, come un fantasma notturno, lo induceva al male, egli disse: Hai parlato come una donna sciocca. Figlia della notte per davvero! Se dalla mano del Signore abbiamo ricevuto le cose buone, non accetteremo le cattive? (Jb 2,10) Lo abbiamo lodato di giorno; cesseremo di lodarlo di notte? Per tutto il giorno, cioè compresa la notte, canteremo la tua salvezza.

Non è colpevole dedicarsi ad attività commerciali.

17. Perché non ho conosciuto gli affari. Canterò - dice - per tutto il giorno la tua salvezza, perché non ho conosciuto gli affari. Quali sono questi affari? Mi ascoltino i mercanti, e mutino vita. Se finora sono stati mercanti, non lo siano più. Non ricordino più ciò che sono stati: se ne dimentichino! Anzi, se il commerciare è peccato, non lo approvino, non lo lodino; lo disapprovino piuttosto, lo condannino e cambino vita. Non è vero, forse, o mercante, che per non so quale avidità di guadagno, quando subisci un danno, tu bestemmi? Allora, certo, non si realizzano in te le parole: Per tutto il giorno la tua lode. A volte, nel prezzo delle cose che vendi, tu non soltanto mentisci, ma giuri anche il falso; e potrà essere allora nella tua bocca per tutto il giorno la lode di Dio? Tutt'altro! Essendo tu cristiano, per tua colpa è bestemmiato il nome di Dio (Cf. Rm 2,24), tanto che si dice: Ecco come sono fatti i cristiani! Dunque, se costui può lodare Dio per tutto il giorno per non aver conosciuto gli affari, si ravvedano i cristiani e abbandonino il commercio. Ma, ecco levarsi un mercante e dirmi: “ Io prendo da lontano le merci e le reco in quei luoghi dove esse non si trovano. Per aver di che vivere, chiedo un normale compenso del mio lavoro, e vendo più caro di quanto ho comprato. Come potrei vivere altrimenti? E poi, non sta scritto: L'operaio merita la sua mercede (Lc 10,7)? ”. “ Ma ne van di mezzo menzogne e spergiuri ”. “ Questo è colpa mia, non del commercio in se stesso. Infatti, se volessi, potrei esercitare la mia professione senza commettere tali colpe. Non è giusto che io, commerciante, riversi sul commercio la mia colpa: mentisco, sì, ma sono io che mentisco, non il commercio. Potrei infatti dire: A tanto ho comprato e a tanto voglio vendere; se ti piace, compra. Udendo la verità, il compratore non ne sarebbe respinto, anzi piuttosto tutti accorrerebbero, invogliati dalla mia schiettezza più che non dalla stessa merce. Esortami dunque - dice - affinché non mentisca e non spergiuri; ma non pretendere che io abbandoni il commercio, con cui tiro avanti la vita. Del resto, distogliendomi da una tale occupazione, a quale altra mi vorresti indirizzare? Forse a un mestiere? Ebbene, farò il calzolaio; farò calzari per gli uomini. Ma, non sono forse bugiardi anche i calzolai? Non sono forse anch'essi spergiuri? Quando qualcuno ha ordinato loro delle scarpe, se ricevono da altri il denaro non smettono forse il lavoro di prima e cominciano a lavorare per questi ultimi, ingannando colui al quale avevano promesso di terminare in breve tempo il lavoro? Non dicono, forse, spesso: Le faccio oggi; le finisco oggi? E non commettono forse tante frodi nella stessa confezione delle scarpe? Fanno una cosa e ne dicono un'altra. In tutto questo, però, ad essere malvagi sono loro, non il mestiere che esercitano. Cattivi, dunque, sono tutti gli artigiani, quando non hanno il timore di Dio; e, o per guadagno, o per timore di un danno, o perché temono la miseria, dicono menzogne e spergiurano. Nemmeno in costoro, dunque, è continua la lode di Dio. Perché, dunque, mi vuoi allontanare dal commercio? Forse perché diventi agricoltore, e... brontoli contro Dio, quando mi manda le tempeste, o, nel timore della grandine, vada a consultare l'astrologo e a chiedergli cosa poter fare contro il cielo? Ovvero perché desideri che i poveri abbiano fame, in modo che io possa vendere quanto ho conservato? A questo mi spingi? Che se tu [vescovo] mi osservi: Ma i buoni agricoltori non fanno queste cose!, io ti rispondo che neppure i buoni commercianti le fanno. E che? Allora dovrà essere un male anche l'aver figli, poiché talvolta, quando han male di testa, certe madri, perverse ed infedeli, ricorrono a fatture sacrileghe e ad incantesimi! Il peccato sta negli uomini, non nelle cose ”. Tutto questo potrebbe obiettarmi il mercante. “ Cerca, dunque, o vescovo, un senso più esatto secondo cui intendere gli affari di cui si legge nel salterio! Eviterai così di prendere degli abbagli, e non mi impedirai di esercitare il commercio! Insegnami, piuttosto, in che modo io debba vivere; e, se mi insegnerai bene, sarà un bene per me. Comunque, una cosa io so: cioè che, se sarò cattivo, non lo sarò per colpa degli affari a cui mi dedico, ma per la mia cattiveria”. Il ragionamento fila a meraviglia, né gli si possono muovere obiezioni.

Chi è l’affarista riprovato da Dio.

18. Cerchiamo, dunque, di capire che cosa ha chiamato “ affari”: quegli affari che, per non averli conosciuti, egli loda Dio tutto il giorno. Il termine “ affare ” (o “ negozio ”) in greco deriva da “ agire ” e in latino da “ negare l'ozio ”; ma, sia che venga da “ agire ” o da “ mancanza di quiete ”, vediamo un po' in che cosa consista. Gli affaristi sono persone immerse nei loro traffici: essi fanno assegnamento sulla loro attività, magnificano le loro opere, e così non giungono alla grazia di Dio. Tali affaristi sono agli antipodi di quella grazia che loda qui il salmo: quella grazia che, a detta del salmo, fa sì che nessuno si glori delle sue opere. A questo proposito, si pensi al passo della Scrittura ove si legge: I medici non risusciteranno i morti (Ps 87,11). Ma, forse che, per il fatto che la Scrittura dice così, gli uomini dovranno rinunziare alla medicina? Che vogliono dire allora queste parole? Sotto il nome di “ medici ” occorre vedere i superbi, coloro che promettono la salute agli uomini, mentre dare la salute appartiene al Signore. Come, dunque, ci mettono in guardia contro i medici (cioè contro coloro che, superbi, promettono la salute) queste parole: Per tutto il giorno la tua salute, così ci premuniscono contro gli affaristi (cioè contro coloro che si rallegrano delle loro gesta e delle loro opere) le parole: La mia bocca narrerà la tua giustizia. La tua, non la mia. Ma, chi sono questi affaristi, cioè questi tipi che si compiacciono delle loro azioni? Sono coloro che, ignorando la giustizia di Dio e volendo stabilire la loro propria, non si sottomettono alla giustizia di Dio (Cf. Rm 10,3). Giustamente si usa proprio il nome di “ negozio ”, perché precisamente si nega l'ozio. E che gran male è negare l'ozio? Molto opportunamente il Signore cacciò dal tempio i profanatori, dicendo loro: Sta scritto che la mia casa si chiamerà casa della preghiera; voi invece l'avete fatta diventare un luogo di affari (Mt 21,13). Voi, cioè, avete fiducia nelle vostre opere, e per questo non cercate la quiete né siete in grado di udire la Scrittura che, contro la vostra inquietudine e il vostro affanno, vi dice: State quieti, e vedete che io sono il Signore (Ps 45,1 l). Che significano le parole: State quieti, e vedete che io sono il Signore, se non “ sappiate che è Dio che opera in voi ”, e “ non inorgoglitevi delle vostre opere ”? Perché non ascoltare la voce di colui che dice: Venite a me, tutti voi che faticate e siete affannati, e io vi ristorerò? E, ancora: Prendete su di voi il mio giogo, e imparate da me, che sono mite ed umile di cuore; e troverete la pace per le vostre anime (Mt 11,28 Mt 29)”. È, questa, la pace che qui si elogia contro coloro che si danno agli affari. È questa la pace che si inculca contro coloro che odiano la quiete e si immergono nell'attività, vantandosi delle opere che compiono, incapaci di trovare riposo in Dio. Costoro sono tanto più lontani dalla grazia quanto più si inorgogliscono delle loro opere.

248 La lettera della legge uccide, non salva. L’episodio, del paralitico di Bethesda. Il compito della legge: preparare il Salvatore.

19. Ci sono codici in cui leggiamo: Perché non ho conosciuto la letteratura. Dove alcuni hanno affari, altri recano letteratura. È difficile trovare come possano mettersi d'accordo le due lezioni; tuttavia la diversità di traduzione ci aiuta, forse, a scoprire il vero significato; non certo deve farci supporre l'errore. Vediamo, dunque, come possiamo intendere la parola letteratura, per non offendere i grammatici, come poco fa stava per succedere con i commercianti: poiché certamente anche il grammatico, nell'esercizio della sua professione, può vivere onestamente, senza spergiurare e senza mentire. Cerchiamo, dunque, quale sia questa letteratura ignorata dal salmista, nella cui bocca per tutto il giorno c'è la lode di Dio. È una certa letteratura propria dei giudei; e a costoro dobbiamo riferire il nostro testo per comprendere quanto vi si dice. Già prima, quando indagavamo sui commercianti, a proposito di atti e di opere, ci siamo imbattuti in un genere di commercio detestabile: quello cui si riferisce l'Apostolo quando dice: Ignorando la giustizia di Dio, e volendo stabilire la loro, essi non si sottomettono alla giustizia di Dio (
Rm 10,3). È la giustizia contro la quale si scaglia l'Apostolo stesso: Non dalle opere [si può essere giustificati], affinché nessuno se ne insuperbisca. Come, dunque, dovremo comportarci? Non dovremo forse operare più il bene? Certo che lo dovremo compiere; ma con le forze che Dio ci somministra. Noi, infatti, siamo sua opera, creati in Gesù Cristo al fine di compiere il bene (Ep 2,9 Ep 10). Abbiamo incontrato, però, nella precedente spiegazione, alcuni “ commercianti ” che si gloriavano della loro attività e si inorgoglivano del negozio che nega l'ozio: lavoratori inquieti piuttostoché buoni, se è vero che buoni operatori sono coloro nei quali è Dio che opera. Allo stesso modo incontriamo ora una non so quale letteratura dannosa, e questo precisamente presso i giudei. Mi assista il Signore affinché possa spiegare a parole ciò che egli si è degnato farmi vedere con la mente. La superbia portava i giudei a presumere delle loro forze e della giustizia delle loro opere. Essi si gloriavano della legge, in quanto essi l'avevano ricevuta a differenza di tutte le genti che non l'avevano ricevuta; e, in questa stessa legge, non si gloriavano della grazia [che vi era rinchiusa] ma della lettera. La legge, infatti, senza la grazia, è soltanto lettera; serve a convincere l'uomo della sua colpevolezza, ma non è in grado di salvare. Che cosa dice, infatti, l'Apostolo? Se fosse stata data una legge capace di vivificare, senza dubbio la giustizia deriverebbe dalla legge; ma, la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, affinché dalla fede in Gesù Cristo fosse data ai credenti la promessa (Ga 3,21 Ga 22). Di questa lettera dice in un altro passo: La lettera uccide, lo spirito vivifica (2Co 3,6). Hai solo la lettera, se sei violatore della legge; e a causa della lettera e della circoncisione, tu divieni (dice ancora) prevaricatore della, legge. E non è, allora, giusto che si canti e si dica: Liberami dalla mano di colui che trasgredisce la legge e dell'ingiusto? Tu hai la lettera, ma non l'adempi. Perché? Perché tu predichi di non rubare, eppure rubi; dici di non commettere adulterio e lo commetti; hai in odio gli idoli e commetti sacrilegio. Il nome di Dio, infatti, è per vostra colpa bestemmiato fra le genti, come sta scritto (Rm 2,21-27). Che cosa, dunque, ti ha giovato la lettera di una legge che tu non metti in pratica? Ma perché non l'adempi? Perché ti fidi troppo di te. Perché non l'adempi? Perché sei un [cattivo] affarista e sopravvaluti le tue opere. Non ti rendi conto che è necessaria la grazia di Dio soccorritore per adempiere il precetto di Dio legislatore. Ecco, Dio ti comanda: pròvati a mettere in pratica quanto comanda! Tu cominci ad agire fidandoti delle tue forze, e cadi: e la lettera rimane sopra di te per punirti, e non per salvarti. È verissima la sentenza: La legge venne data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo (Jn 1,17). Mosè scrisse i cinque libri; ma la folla che giaceva sotto quei cinque portici ché circondavano la piscina era una folla di malati che non potevano essere curati (Cf. Jn 5,2). Osserva come la lettera abbia il compito di convincere i colpevoli, non di salvare i peccatori. In quei cinque portici (che nell'immagine sono i cinque libri) i malati prendevano coscienza della loro malattia, non ne venivano guariti. Che cosa risanava invece in quel luogo l'ammalato? Il movimento dell'acqua. Quando era in movimento l'acqua della piscina, un ammalato vi scendeva e veniva risanato: uno solo perché ci vuole l'unità. Chiunque altro fosse sceso in quell'acqua in movimento non era risanato. Come non veder sottolineata in questa vicenda l'unità del corpo che leva la sua voce fino dagli estremi confini della terra? Nessun altro infermo veniva guarito, finché l'acqua non fosse stata messa di nuovo in movimento. Il movimento dell'acqua della piscina significava, dunque, il turbamento del popolo giudaico alla venuta del Signore Gesù Cristo: era, infatti, cosa risaputa che l'acqua della piscina veniva mossa per la discesa di un angelo. Orbene, l'acqua circondata dai cinque portici raffigurava la gente giudaica circondata dalla legge. Sotto i portici giacevano numerosi ammalati, che soltanto nell'acqua turbata e messa in movimento erano risanati. Venne il Signore, e l'acqua fu turbata. Egli fu crocifisso. Il malato deve scendere, lui pure, in basso, se vuol essere risanato. Che significa: Scenda in basso? Si umilii. Ne consegue che tutti voi, che amate la lettera senza la grazia, resterete sotto i portici: sarete malati, né mai vi alzerete dal vostro giaciglio recuperando la salute; e questo proprio perché vi fidate della lettera. Se, infatti, fosse stata data una legge capace di vivificare, senza dubbio la giustizia deriverebbe dalla legge (Ga 3,21). Ma vi è stata data una legge che vi rende colpevoli, affinché, divenuti colpevoli, abbiate timore e, temendo, chiediate perdono e non presumiate più delle vostre forze, e non vi inorgogliate più della lettera. Ed è figura di questo anche il fatto di Eliseo, quando egli, accingendosi a risuscitare quel morto, cominciò col mandare avanti a sé, per mezzo del servo, il suo bastone. Era morto il figlio della vedova che lo ospitava; e, quando gli fu annunziata questa sventura, egli dette il bastone al servo e gli disse: Va, ponilo sopra il morto (2 Re 2R 4,29). Il profeta non sapeva, forse, che cosa volesse fare? Il servo arrivò per primo a casa, pose il bastone sopra il morto, ma il morto non risuscitò. Se, infatti, fosse stata data una legge capace di vivificare, sarebbe senza dubbio dalla legge che deriverebbe la giustizia. Non vivificò la legge mandata per mezzo del servo; e tuttavia a mandare il suo bastone per mezzo del servo fu colui che, poi, seguendo il servo, ridiede la vita. Il fanciullo non era risorto, ma poi venne Eliseo che raffigurava il Signore. Venne, cioè, di persona colui che prima aveva mandato il servo con il bastone, cioè con la legge. Venne al cadavere disteso sul letto e pose il suo corpo su quello di lui. Il morto era un fanciullo, Eliseo invece era un giovane; però, per adattarsi alle dimensioni del morto, egli contrasse e ridusse, in un certo qual modo, la sua statura di giovane e divenne piccolo. E quando il vivo si adeguò al morto, questo morto risorse. Cioè, il Signore agendo di persona conseguì quell'effetto che il bastone non era stato in grado di conseguire: la grazia fece ciò che non aveva potuto fare la lettera. Orbene, coloro che sono rimasti attaccati al bastone si gloriano della lettera; e per questo non sono vivificati. Ma, quanto a me, io voglio gloriarmi della tua grazia. Dice l'Apostolo: Lungi da me il gloriarmi d'altro che non sia la croce del Signore nostro Gesù Cristo (Ga 6,14): d'altro che non sia colui che, vivo, si è adeguato a me morto, affinché io risorgessi e non vivessi più io, ma vivesse in me Cristo (Cf. Ga 2,20). Gloriandomi di tale grazia, io non ho conosciuto la letteratura; cioè, con tutto il cuore ho disapprovato gli uomini che si fidano della lettera e si allontanano dalla grazia.

La carità adempie le opere della legge. L’uomo ha di suo soltanto il peccato.

20. [v 16.] Ben a ragione continua: Entrerò nella potenza del Signore. Non nella mia potenza, ma in quella del Signore. Essi, infatti, ritenendosi potenti, si sono gloriati della lettera e così non hanno riconosciuto la grazia, che era congiunta con la lettera. Perché, se la legge venne data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo. Venne, infatti, lui stesso ad adempiere la legge; e ci donò la carità, per la quale si compie la legge. Difatti la pienezza della legge è la carità (Rm 13,10). Igiudei, al contrario, rimasero privi della carità, e non conseguirono lo Spirito della grazia; difatti, la carità di Dio viene diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,5). In tal modo essi sono rimasti a gloriarsi della lettera; ma, poiché la lettera uccide, mentre lo Spirito vivifica, io che non ho conosciuto la letteratura entrerò nella potenza del Signore. Così il verso successivo conferma e completa l'affermazione precedente; anzi, la imprime fortemente nel cuore degli uomini, escludendo in maniera assoluta qualsiasi altro significato. O Signore, io mi ricorderò della giustizia che tu solo hai. Oh, bello questo: Tu solo! Vi chiedo: Perché ha aggiunto quel Tu solo? Sarebbe bastato dire: Mi ricorderò della tua giustizia. Ma egli dice: Tu solo; e ottimamente, perché io non pensi che ci sia anche una mia giustizia. Che cosa, infatti, hai tu che non l'abbia ricevuto? E, se lo hai ricevuto, perché ti glori come se non lo avessi ricevuto? (1Co 4,7) La tua giustizia sola mi libera; di mio non ho altro se non i peccati. Che io non mi glori, dunque, delle mie forze! Che io non resti attaccato alla lettera! Disapprovi anzi la letteratura, cioè gli uomini che si gloriano della lettera e confidano stoltamente, da pazzi, nelle loro forze. Che io disapprovi gente di tal fatta; e che mi sia dato di entrare nella potenza del Signore, e in tal modo essere potente proprio quando sono debole. Venga in me, cioè, il Signore con la sua potenza, mentre io mi ricorderò della giustizia che tu solo possiedi.


Agostino Salmi 70