Agostino Salmi 89

SUL SALMO 89

89 Ps 89

ESPOSIZIONE

1. [v 1.] Questo salmo si intitola: Preghiera di Mosè uomo di Dio. Per mezzo di quest’uomo di Dio il Signore diede la legge al suo popolo; per suo mezzo lo liberò dalla schiavitù e lo guidò per quarant’anni nel deserto. Mosè fu dunque ministro del Vecchio Testamento e profeta del Nuovo, poiché tutte queste cose accadevano in mezzo a loro con valore di simbolo, come dice l’Apostolo, ma sono state scritte per correzione di noi, cui è toccato vivere alla fine dei tempi (1Co 10,11). Ebbene, è riferendoci a questo disegno divino compiutosi per mezzo di Mosè, che dobbiamo scorrere il presente salmo che ha preso il titolo dalla sua preghiera.

Mosè ministro di Dio, profeta e scrittore sacro.

2. Dice: Signore, tu sei diventato nostro rifugio di generazione in generazione. Cioè: in ogni generazione, oppure nelle due generazioni: la vecchia e la nuova. Mosè infatti, come accennavo, è stato ministro del Testamento concernente la vecchia generazione, e profeta del Testamento concernente la generazione nuova. Gesù stesso, garante di questo Testamento e sposo nelle nozze concluse con quella generazione, ebbe a dire: Se credeste in Mosè, credereste anche in me; infatti egli ha scritto di me (Jn 5,46). Non che dobbiamo credere che Mosè abbia scritto tale e quale questo salmo, dal momento che non si trova in nessuno dei suoi libri, nei quali sono pur trascritti i suoi cantici. Per cui, se è stato posto nel titolo il nome di un così grande servo di Dio, lo si è fatto per conferire al salmo un significato più profondo, e così accendere l’attenzione di chi lo legge o lo ascolta. Dice dunque: Tu, sei diventato Signore, nostro rifugio di generazione in generazione.

Dio eterno diventa nostro rifugio.

3. [v 2.] In che maniera Dio è diventato nostro rifugio? Cominciando ad essere per noi una cosa che prima non era, cioè un rifugio, mentre, per quanto riguarda lui personalmente, egli esisteva anche prima di essere nostro rifugio. Lo afferma continuando: Prima che ci fossero i monti e che fosse formata la terra e il mondo, dal secolo e fino al secolo tu esisti. Ebbene, tu che esisti da sempre, e prima che noi fossimo e prima che fosse il mondo, ti sei fatto nostro rifugio dal momento in cui noi ci siamo rivolti a te. Non mi sembra che si debbano intendere senza le opportune precisazioni le parole: Prima che ci fossero i monti e che fosse formata la terra, oppure (come recano alcuni codici, variando leggermente l’unica parola greca) prima che fosse plasmata la terra. I monti sono, come è noto, le parti più alte della terra. Ebbene, se Dio esisteva già prima che fosse formata la terra e se è vero che la terra è stata formata da lui, non si aggiunge niente di nuovo quando si menzionano i monti o qualsiasi altra parte della terra. Dio esiste non solo prima della terra ma anche prima del cielo e della terra e prima di tutte le creature corporali e spirituali. Ma, introducendosi una tale distinzione, si è voluto, forse, stabilire una differenza nell’ambito delle creature razionali: in modo che, forse, con il nome di monti si indicassero quelle sublimi creature che sono gli angeli, mentre con il nome di terra si sottolineasse l’idea della meschinità dell’uomo. E perciò, anche se di tutte le cose create è esatto dire che furono fatte o formate, tuttavia, badando alla proprietà dei due termini, occorrerà dire che gli angeli furono fatti. Difatti là dove vengono enumerate le opere compiute dal Signore nel cielo, l’elenco si conclude così: Egli disse e furono fatte; egli comandò e furono create (Ps 148,5). Quando invece si trattò di creare l’uomo quanto al corpo, lo si formò dalla terra. Difatti questa è la parola usata dalla Scrittura dove leggiamo: Dio plasmò, oppure Dio formò, l’uomo con il fango della terra (Gn 2,7). Ebbene, prima che venissero all’esistenza quegli esseri che nel creato sono i più grandi e sublimi (che cosa infatti è superiore alle creature razionali esistenti in cielo?) e prima che fosse plasmata la terra (prima cioè che sulla terra vi fosse chi ti riconosce e ti loda), tu esisti. Ma siccome tutto questo sarebbe poco perché tutte queste cose hanno cominciato a essere o nel tempo o con il tempo, dice: Tu esisti dal secolo e fino al secolo. Usando parole più appropriate, si dovrebbe dire: Dall’eternità e fino all’eternità. Dio infatti non esiste dal secolo, ma da prima del secolo; e neppure esisterà fino al secolo, dato che questo ha una fine mentre Dio è senza fine. Ma la parola greca è ambigua, per cui nelle Scritture il traduttore latino ha posto molte volte o “ secolo ” al posto di “ eternità ” oppure “ eternità ” al posto di “ secolo ”. È molto significativo, comunque, che egli non dica: Tu sei esistito nel secolo; ne: Tu esisterai fino al secolo; ma usa il tempo presente, indicando così che l’essenza di Dio è assolutamente immutabile. In essa non c’è il “ fu ” o il “ sarà ”, ma soltanto “ è ”. Per questo leggiamo: Io sono colui che sono; e: Colui che è mi ha mandato a voi (Ex 3,14). Così pure sta scritto: Tu cambierai le cose, ed esse si cambieranno; ma tu sei sempre lo stesso e i tuoi anni non verranno meno (Ps 101,27-28). Ecco quale eternità si è fatta rifugio per noi, affinché fuggendo da questa mutevolezza temporale, noi possiamo rifugiarci in essa e rimanervi per sempre.

Il libero arbitrio incapace di superare le tentazioni.

4. [v 3.] Ma finché siamo qui in terra, noi viviamo in mezzo a molte e gravi tentazioni, e ci sarebbe da temere che per causa loro noi ci allontaniamo da tale rifugio. Vediamo dunque cosa chiede proseguendo la sua preghiera quest’uomo di Dio. Non distogliere da te l’uomo [sì che scivoli] nell’abiezione. Non permettere cioè che egli, allontanandosi dai tuoi beni eterni e sublimi, finisca col desiderare le cose temporali e gusti solo le cose terrene. Chiede a Dio ciò che Dio stesso ha ordinato. Con parole del tutto simili noi diciamo nella nostra preghiera: Non ci indurre in tentazione (Mt 6,13). Aggiunge poi: E tu hai detto: Convertitevi, figli degli uomini. È come se dicesse: richiedo ciò che tu hai comandato. Così rende gloria alla grazia di lui, in modo che chi si gloria si glori nel Signore (Cf. 1Co 1,31), poiché senza il tuo aiuto, mediante l’arbitrio della nostra volontà non possiamo superare le tentazioni di questa vita. Dice: Non distogliere da te l’uomo [sì che scivoli] nell’abiezione, e tuttavia tu hai detto: Convertitevi, figli degli uomini. Da’ dunque ciò che hai ordinato. Esaudisci la preghiera del supplice e aiuta la fede di chi è volenteroso.

La fugacità del tempo.

5. [v 4.] Perché mille anni dinanzi ai tuoi occhi sono come il giorno di ieri che è già passato. Per questo dobbiamo dirigerci, da questi giorni che passano e scompaiono, al tuo rifugio dove sei tu, l’immutabile. Perché, per quanto ci si possa augurare lungo il tempo di questa vita, mille anni dinanzi ai tuoi occhi sono come il giorno di ieri che è già passato. Fossero almeno come il giorno di domani, che deve ancora venire! Dobbiamo invece considerare come già passate tutte le cose circoscritte entro i limiti del tempo. Per questo l’ideale dell’Apostolo lo portava a considerarle come secondarie, dimenticandole come roba sorpassata, e ciò dobbiamo intendere di tutte le cose temporali. Viceversa, egli si protendeva verso le cose che gli erano davanti (Cf. Ph 3,13) e ciò indica il suo desiderio delle cose eterne. Perché poi nessuno creda che mille anni debbano essere computati dinanzi a Dio come un giorno solo nel senso che i giorni di Dio siano effettivamente di tale durata, mentre con questo modo di dire mira solo a ridicolizzare la lunghezza del tempo, aggiunge: E come una vigilia notturna, la cui durata, come sappiamo, non supera le tre ore. E tuttavia ci sono stati uomini che hanno preteso monopolizzare la scienza dei tempi! Ai suoi discepoli, che desideravano conoscerli, il Signore rispose: Non tocca a voi conoscere i tempi che il Padre ha posto in suo potere (Ac 1,7). Tali uomini hanno circoscritto la durata di questo mondo in seimila anni, come se potessero essere ridotti a sei giorni. Non hanno considerato che quando furono dette le parole: Come un solo giorno, che è passato, non erano trascorsi soltanto mille anni. E soprattutto avrebbe dovuto porli in guardia a non giocare con cose tanto incerte, com’è il tempo, la nota che esso è come una vigilia notturna. Infatti ci potrebbe anche essere una qualche parvenza di verità nell’ipotesi dei sei giorni, per il fatto che in sei giorni Dio all’inizio completò la sua opera; ma non ce n’è alcuna che possano presentare come conforme con l’ipotesi delle sei vigilie, cioè con le diciotto ore che le sei veglie formano.

Le miserie della condizione mortale.

6. [vv 5.6.] Poi quest’uomo di Dio, o piuttosto lo spirito profetico, sembra in certo qual modo voler promulgare la legge di Dio la quale, scritta con sapienza a noi celata, fissa alla stirpe umana peccatrice e il decorso della vita mortale e le miserie della mortalità. Dice: Come cose che si considerano niente saranno i loro anni. Il mattino passerà come erba; il mattino fiorirà e passerà; la sera cadrà, si irrigidirà e inaridirà. Dunque la felicità che gli eredi del Vecchio Testamento avevano chiesto al Signore loro Dio come un grande bene, nella provvidenza occulta di Dio meritò di essere condizionata dalla legge che Mosè sembra descrivere quando dice: Come cose che si considerano niente saranno i loro anni. Sono infatti un nulla le cose che, prima che giungano, non sono ancora; e una volta giunte, ormai non esistono più. Non vengono infatti per restare, ma per scomparire. Il mattino, cioè le cose di prima, come erba passerà; il mattino fiorirà e passerà. La sera, cioè le cose successive, cadrà, si irrigidirà e inaridirà. Cadrà, nella morte; si irrigidirà, nel cadavere; inaridirà nella polvere. Chi subisce queste vicende se non la carne, sede della dannata concupiscenza degli uomini carnali? Ogni carne è infatti erba; e la gloria dell’uomo è come il fiore dell’erba. L’erba inaridisce, il fiore avvizzisce; ma la parola del Signore resta in eterno (Cf. Is 40,6 Is 8).

7. [v 7.] Proclamando che dal peccato è derivata a noi questa pena, aggiunge subito: Perché noi siamo venuti meno nella tua ira, e nella tua indignazione siamo stati turbati. Siamo venuti meno, per la debolezza; siamo stati turbati, dal timore della morte. Siamo divenuti deboli e abbiamo paura del momento in cui finirà la nostra debolezza. Un altro ti cingerà, diceva il Signore, e ti porterà dove tu non vorresti (Jn 21,18). Anche se si trattava di uno che doveva essere non punito ma coronato col martirio. Del resto anche l’anima del Signore, che volle totalmente riprodurre in se stesso la nostra immagine, divenne triste fino alla morte (Cf. Mt 26 Mt 38); perché il Signore non volle avere altra dipartita da questo mondo, se non la morte (Cf. Ps 67,21).

8. [v 8.] Hai posto le nostre iniquità al tuo cospetto: cioè non vi hai sorvolato. E il nostro secolo nella luce del tuo volto. È sottinteso: Hai posto. Le parole nella luce del tuo volto equivalgono a quelle che ha dette prima: al tuo cospetto; e le parole il nostro secolo equivalgono alle altre: Le nostre iniquità.

La brevità della vita.

9. [vv 9.10.]Perché tutti i nostri giorni sono svaniti, e noi siamo venuti meno nella tua ira. Con queste parole ti dimostra a sufficienza che la nostra mortalità è una condanna. Dice che sono svaniti i giorni, o perché durante tali giorni vengono meno gli uomini in quanto amano le cose che passano, o perché i giorni stessi sono effettivamente divenuti pochi (Cf. Gn 6,3). Il secondo senso mi sembra esplicitato dalle parole che seguono: I nostri anni erano considerati come tela di ragno. I giorni dei nostri anni in se stessi sono settanta anni, ma nei più forti sono ottanta anni; il loro di più è sofferenza e dolore. Queste parole sembrerebbero indicare la brevità e la miseria di questa vita; infatti sono chiamati longevi coloro che in questo mondo raggiungono settanta anni. Alcuni, è vero, sembrano possedere ancora delle forze fino ad ottanta; però, se vivono di più, si moltiplicano i loro stenti e i loro dolori. Moltissimi però anche prima dei settanta anni già sono vecchi e pieni di acciacchi e di malanni; come talvolta si incontrano vecchi che hanno più di ottanta anni e dimostrano di possedere ancora una mirabile vigoria. È meglio quindi ricercare in questi numeri un qualche significato spirituale. Non è infatti aumentata l’ira di Dio contro i figli di Adamo (per la cui colpa il peccato entrò nel mondo e attraverso il peccato anche la morte (Cf. Rm 5,12), che è passata così in tutti gli uomini) per il fatto che ora si vive molto meno di quanto non vivessero gli antichi. Del resto qui è ridicolizzata anche la longevità degli antichi, se le loro migliaia di anni vengono paragonate al giorno di ieri già passato oppure a tre ore. E poi l’uomo viveva a lungo anche quando provocò l’ira di Dio al punto che dovette mandare il diluvio in cui tutti perirono.

Le promesse del Vecchio Testamento e quelle del Nuovo.

10. Ognuno sa che settanta anni sommati a ottanta fanno centocinquanta; e questo libro dei salmi ci mostra con sufficiente chiarezza che il centocinquanta è un numero sacro. Nel suo significato il numero centocinquanta ha lo stesso valore del quindici: numero che si forma con la somma di sette più otto. Il primo di questi numeri poi, per il riferimento all’osservanza del sabato, ci ricorda il Vecchio Testamento, mentre il secondo numero ci ricorda il Nuovo Testamento, a cagione della resurrezione del Signore. Infatti proprio per questo nel tempio ci sono quindici gradini, nei salmi ci sono quindici canti graduali e l’acqua del diluvio superò i monti più alti di quindici cubiti (Cf. Gn 7,20). E se in qualche altro passo si incontra questo numero, è sempre per sottolineare il suo significato sacro. Orbene, egli dice: I nostri anni erano considerati come tela di ragno. Cioè: noi ci affaticavamo in cose corruttibili; ordivamo tele fragili che, come dice il profeta Isaia, non ci coprivano affatto (Cf. Is 59,6). I giorni dei nostri anni in se stessi sono settanta anni: ma nei più forti sono ottanta. Una cosa sono in se stessi; un’altra nei più forti. In se stessi, cioè, negli anni o nei giorni stessi, intendiamo le cose temporali: per questo sono settanta. Nel Vecchio Testamento, infatti, a quanto sembra, erano promesse le cose temporali. Ma se si prendono gli anni non più in se stessi ma nei più forti (cioè non più nelle cose temporali, ma in quelle eterne), sono ottanta anni. Difatti il Nuovo Testamento annuncia la speranza del rinnovamento e della resurrezione che dura per l’eternità. Il loro di più è fatica e dolore. Cioè: chiunque viola questa fede e cerca qualcosa di più trova fatiche e dolori. Tutto questo si potrebbe intendere anche nel senso che, sebbene ci troviamo nel Nuovo Testamento, raffigurato dal numero ottanta, questa nostra vita ha da sostenere in gran copia fatiche e dolori, mentre gemiamo in noi stessi sperando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Noi infatti siamo stati salvati nella speranza, per cui dobbiamo aspettare con pazienza ciò che non vediamo ancora (Cf. Rm 8,23-35). Tutto questo è opera della misericordia di Dio; per cui [il testo] continua dicendo: È sopraggiunta su di noi la mansuetudine e saremo sottoposti a disciplina. Il Signore corregge chi ama, flagella ogni figlio che accoglie (Cf. He 12,6), e a certuni, anche tra i più forti, dà un pungiglione nella carne, che li tormenti affinché non si insuperbiscano della grandezza delle loro rivelazioni, ma la virtù possa diventare perfetta proprio nella debolezza (Cf. 2Co 12,7 2Co 9). Alcuni codici non recano Saremo sottoposti e disciplina, ma saremo ammaestrati: la qual cosa rientra ugualmente nell’ambito della mansuetudine. Nessuno può essere infatti ammaestrato senza fatica e dolore; perché è nella debolezza che la virtù diviene perfetta.

L’ira di Dio e la bramosia di piaceri mondani.

11. [vv 11.12.] Chi conosce il potere della tua ira? chi sa calcolarla mediante il tuo timore? È di pochissimi uomini, dice, conoscere il potere della tua ira, perché con moltissima gente tu ti adiri maggiormente quando li risparmi. Tanto che, quando tu mandi tribolazioni e dolori, questo è segno non della tua ira ma piuttosto della tua mansuetudine. Sono mezzi con cui correggi ed ammaestri coloro che ami, affinché non siano tormentati dalle pene eterne. Così infatti si legge in un altro salmo: Il peccatore ha irritato il Signore; per la grandezza della sua ira non lo ricercherà (Ps 10,4). Ebbene chi conosce, cioè quanti uomini sono in grado di valutare, il potere della tua ira e riescono a calcolarla mediante il tuo timore? Anche qui si sottintende chi sa. Molto difficilmente si trova chi sappia calcolare la tua ira in questo modo, cioè sulla base del timore che incuti. Chi poi potrà arrivare a tanto da comprendere che, se tu sembri risparmiare qualche peccatore contro cui sei maggiormente adirato, è per farlo prosperare nella sua via, affinché poi nell’ultimo giorno riceva pene più grandi? Il potere dell’ira umana, infatti, una volta ucciso il corpo, non può più far niente. Dio invece ha il potere di punire in questa vita e di precipitare nell’inferno dopo la morte del corpo (Cf. Mt 10,28). In realtà quei pochi che sono davvero sapienti intendono la felicità vana e fallace degli empi come un segno più palese dell’ira di Dio. Queste cose non sapeva colui i cui piedi per poco non incespicarono, perché invidiava i peccatori vedendo la loro pace. Lo apprese quando entrò nel santuario di Dio e guardò ai tempi della fine (Cf. Ps 72,2 Ps 3 Ps 17). Ma son pochi coloro che penetrano in tali recessi, sì da apprendere e valutare l’ira di Dio fondandosi sul timore che incute, e da considerare come una pena la prosperità dei malvagi.

La destra di Dio.

313 12. Fa’ conoscere così la tua destra. Questa è infatti la lezione preferita dai codici greci; non come certi codici latini che recano: Fa’ conoscere a me la tua destra. Che significa allora: Fa’ conoscere così la tua destra, se non “ fa’ conoscere il tuo Cristo ”? Di Cristo infatti fu detto: E il braccio del Signore a chi è stato rivelato? (Is 53,1) Fa’ dunque conoscere Cristo, in modo che in lui i tuoi fedeli apprendano veramente a chiederti e a sperare quei premi della fede che non appaiono nel Vecchio Testamento ma sono rivelati nel Nuovo. Che non mettano al primo posto nel loro pensiero né desiderino o amino esageratamente la felicità consistente in beni terreni e temporali, in modo che i loro piedi non abbiano ad inciampare quando vedranno che tale felicità è posseduta anche da coloro che non ti rendono culto, né i loro passi vacillino quando si accorgeranno di non saper calcolare la tua ira. Infatti attraverso la preghiera che qui eleva quest’uomo di Dio ci si fa conoscere il Cristo, e alla luce delle sue sofferenze siamo guidati a ricercare non quei vantaggi che vengono annunciati dal Vecchio Testamento (ove sono le ombre del futuro) ma i beni eterni. Per destra di Dio si potrebbe anche intendere quella destra, dove Dio collocherà i suoi giusti separandoli dagli empi. Difatti anche questa destra di Dio si manifesta quando egli flagella ogni figlio che accoglie (Cf. Mt 25,32-33) e non lo lascia prosperare nei suoi peccati adirandosi ancora di più contro di lui. È sua mansuetudine se lo flagella con la sinistra, per collocarlo infine alla sua destra dopo averlo fatto ravvedere (Cf. He 12,6). Quanto alle parole che recano molti codici: Fammi conoscere la tua destra, possono essere riferite all’uno e all’altra, cioè tanto a Cristo quanto alla felicità eterna. Dio infatti non ha una destra di natura corporea, come nemmeno la sua ira è un moto passionale.

13. Aggiunge poi: E, mediante la sapienza, coloro che sono prigionieri di cuore, mentre altri codici recano, non prigionieri, ma eruditi. La parola greca suona nei due casi quasi alla stessa maniera e differisce appena in una sola sillaba. Comunque, eruditi nella sapienza sono coloro che mettono, come sta scritto, il piede nei suoi ceppi (Si 6,25) (non il piede del corpo, è chiaro, ma il piede del cuore) e che sono legati dai suoi vincoli come da catene d’oro: cioè coloro che non s’allontanano dalla via di Dio né fuggono da lui. Cosicché qualunque lezione si preferisca, rimane sempre salva la dottrina insegnataci dalla verità. Chi poi siano questi prigionieri o eruditi di cuore mediante la sapienza, Dio lo ha palesato nel Nuovo Testamento. Sono quei tali che hanno disprezzato ogni cosa per la fede, detestata dalla empietà dei giudei e dei gentili, e hanno tollerato di essere privati di quei beni che, al tempo del Vecchio Testamento, erano ritenuti, da coloro che giudicavano secondo la carne, come promesse di grande valore.

La preghiera del martire non esprime impazienza.

14. [v 13.] E siccome si sono fatti conoscere come gente che disprezzava le cose umane e con le loro sofferenze attestavano che occorreva aspirare a beni eterni (difatti sono stati chiamati “ testimoni ” o, con parola greca, “ martiri ”), per questo hanno subito moltissime e durissime sofferenze temporali. A tutto questo volge lo sguardo quest’uomo di Dio (o meglio lo spirito profetico rappresentato da Mosè) e dice: Volgiti, Signore! Fino a quando? Sii arrendevole con i tuoi servi. È la voce di coloro, o a favore di coloro, che, sopportando molte pene perché perseguitati da questo mondo, ci si presentano come aventi il cuore imprigionato dalla sapienza: persone che, anche se oppresse da tanti mali, non abbandonano Dio per volgersi ai beni di questo mondo. In un altro passo delle Scritture si dice: Fino a quando distogli la tua faccia da me? (Ps 12,1) Similmente qui dice: Volgiti, Signore! Fino a quando? A questo proposito, quei tali che in modo assai carnale attribuiscono a Dio la forma del corpo umano, debbono sapere che Dio non distoglie né rivolge il suo volto con un movimento simile ai movimenti del nostro corpo. Costoro dovrebbero ricordare le parole che questo stesso salmo conteneva più sopra: Tu hai posto le nostre iniquità al tuo cospetto, e il nostro secolo nella luce del tuo volto (Ps 89,8). Ebbene, come può dire qui: Volgiti (cioè sii propizio), quasi che, adirato, avesse distolto il suo volto, se là fa intendere che si adira senza distogliere il suo volto dalle colpe e dalla vita di coloro contro i quali si adira, ma anzi le tiene dinanzi a sé, nella luce del suo volto? Quanto all’espressione: Fino a quando, è parola della giustizia che prega, non dell’impazienza indignata. Molto bene poi è stato posto: Sii arrendevole! là dove altri hanno tradotto alla lettera: Consenti di scongiurare. Colui infatti che ha tradotto: Sii arrendevole! ha evitato ogni ambiguità, perché il verbo “ scongiurare ” è generico e il soggetto di deprecatur potrebbe essere tanto colui che scongiura quanto colui che è scongiurato. Infatti si dice deprecor te e deprecor a te, vale a dire: “ ti scongiuro ” e “ sono scongiurato da te ”.

Il giorno eterno formi l’oggetto dei nostri desideri.

15. [vv 14.15.] Anticipando poi nella speranza i beni futuri e considerandoli come già attuali, dice: Siamo ricolmi fin dal mattino della tua misericordia. Nelle fatiche e sofferenze della notte, è stata accesa per noi la profezia, come lampada che arde in luogo oscuro, finché non splenda il giorno e la stella del mattino non sorga nei nostri cuori (Cf. 2P 1,19). Sono infatti beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Cf- Mt 5,8 Mt 6). Allora i giusti saranno colmati di quella felicità di cui hanno fame e sete, ora che camminano nella fede e sono esuli dal Signore (Cf. 2Co 5,6). Per questo leggiamo anche: Mi ricolmerai di letizia con il tuo volto (Ps 15,11). Al mattino saranno alla tua presenza e contempleranno (Cf. Ps 5,5); e così saranno saziati, come altri hanno tradotto: Siamo stati saziati al mattino della tua misericordia, e come altrove leggiamo: Sarò saziato quando si manifesterà la tua gloria (Ps 16,15). Per questo è detto: Mostraci il Padre e ci basta; e del pari il Signore medesimo diceva: Mostrerò a lui me stesso (Jn 14,8 Jn 21). Finché tutto questo non accadrà, nessun bene ci basta, né deve bastarci, perché il nostro desiderio non ha da fermarsi sulla via, mentre deve protendersi verso la meta finale finché non vi giunga. Siamo ricolmi fin dal mattino della tua misericordia; e abbiamo esultato e ci siamo rallegrati in tutti i nostri giorni. Quel giorno è il giorno senza fine. Sono un tutt’uno quei giorni; per questo saziano. Non cedono infatti il posto a quelli che vengono dopo, là dove non c’è nulla che ancora non esista per non essere ancora venuto, e niente c’è che non esista più per essersene già andato. Esistono tutti insieme, perché tutti sono un giorno solo che sta fermo e non passa. Questa è l’eternità. E sono questi i giorni dei quali sta scritto: Qual è l’uomo che ama la vita e desidera vedere i giorni buoni? (Ps 33,13) Questi giorni sono chiamati altrove anni, là dove si dice a Dio: Tu sei sempre lo stesso e i tuoi anni non verranno meno. Non sono infatti anni che non contano niente oppure giorni che sono passati come ombra (Ps 101,28 Ps 12). Sono giorni che durano, il cui numero scongiurava di conoscere colui che diceva: Fammi conoscere, Signore, la mia fine (giungendo alla quale starò fermo e non cercherò niente altro) e il numero dei miei giorni che è.Un numero appunto che è, non uno che non è. Infatti questi giorni, dei quali diceva più avanti: Ecco hai fatto vecchi i miei giorni (Ps 38,5-6), non sono, perché non stanno fermi, non restano, ma scorrono e si succedono con estrema rapidità. Né si trova in essi un’ora nella quale possiamo sostare senza che ne sia già trascorsa una parte, mentre un’altra parte non stia per venire: un’ora, insomma, che stia ferma e duri. Per contro, non vengono meno quegli anni e quei giorni nei quali saremo anche noi indefettibili, anzi, esenti da logorio, saremo ogni giorno ristorati. Arda la nostra anima dal desiderio di quei giorni; ne abbia una sete ardente e tormentosa, affinché possiamo essere lassù ricolmati, saziati, e poter dire lassù ciò che qui preannunziamo: Siamo saziati fin dal mattino della tua misericordia, e abbiamo esultato, e ci siamo rallegrati in tutti i nostri giorni. Ci siamo allietati per i giorni nei quali ci hai umiliati, per gli anni nei quali abbiamo visto miserie.

Opera della mano dell’artefice divino.

16. [v 16.] Ma ora, mentre siamo ancora in questi giorni malaugurati, diciamo quanto segue: Guarda i tuoi servi e le tue opere. I tuoi servi, essi stessi sono tua opera: e non solo in quanto sono uomini ma anche perché sono tuoi servi, e come tali possono eseguire i tuoi comandi. Siamo infatti sue creature, non soltanto in Adamo ma anche in quanto siamo stati creati in Cristo Gesù, per le opere buone che Dio ha preparato affinché camminiamo in esse (Cf. Ep 2,10). Perché è Dio che opera in noi e il volere e l’operare conforme alla buona volontà (Cf. Ph 2,13). E governa i loro figli, affinché siano quei retti di cuore verso i quali Dio è buono. Buono è infatti il Dio di Israele, ma con i retti di cuore. Non con quanti assomigliano a colui i cui piedi vacillarono perché, scorgendo la pace dei peccatori, stava per provar disgusto di Dio, quasi che egli non conoscesse queste cose, non se ne curasse e si disinteressasse del governo del genere umano (Cf Ps 72,1-14).

La carità fine della legge e compendio delle virtù

17. [v 17.] E lo splendore del Signore Dio nostro sia sopra di noi. Al riguardo è detto altrove: È impressa in noi la luce del tuo volto, Signore (Ps 4,7). E dirigi in noi le opere delle nostre mani: in modo che non le compiamo per ottenerne una ricompensa terrena, poiché allora queste opere non sarebbero rette ma distorte. Molti codici concludono qui questo salmo, ma in altri si legge un ultimo verso: E dirigi l’opera delle nostre mani. I più attenti e dotti contrassegnano questo verso con una stella, che chiamano asterisco: un segno con cui indicano le frasi che si incontrano in ebraico oppure in altre traduzioni greche, mentre non si trovano nella traduzione dei Settanta. Se vogliamo spiegare questo verso, mi sembra che il suo contenuto miri a sottolineare come tutte le nostre opere buone si riducano ad un’unica opera, quella della carità. Difatti la pienezza della legge è la carità (Cf. Rm 13,10). Ora, nel versetto precedente aveva detto: E dirigi in noi le opere delle nostre mani; in quest’ultimo versetto non ripete: Dirigi le opere, ma dice: Dirigi l’opera delle nostre mani. Come se volesse cioè mostrare con l’ultimo verso che le varie opere si riducono ad un’opera sola e sono dirette a questa sola opera. Le opere infatti sono rette quando si dirigono ad un unico fine: e fine del comandamento è la carità che sgorga da cuore puro, da buona coscienza (Cf. 1Tm 1,5) e da fede verace. Unica è dunque l’opera nella quale sono racchiuse tutte le altre: la fede che opera per mezzo dell’amore (Cf. Ga 5,6). Non diversamente il Signore dice nel Vangelo: Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che Dio ha mandato (Jn 6,29). Ebbene, ricordiamo, concludendo, come in questo salmo sono con ogni chiarezza distinte la vita vecchia e la vita nuova, la vita mortale e quella vitale, gli anni che non contano niente e i giorni nei quali è la pienezza della misericordia e della vera gioia. Vi si descrivono cioè, e in maniera assai esplicita, il castigo del primo uomo e il regno del secondo. Che se nel titolo di questo salmo è stato posto il nome di Mosè, uomo di Dio, credo che lo si sia fatto per mostrare a quanti studiano le Scritture con animo pio e retta intenzione, che anche quella legge di Dio che fu data per mezzo di Mosè e nella quale Dio sembrerebbe promettere per le buone opere soltanto (o quasi soltanto) premi d’ordine temporale, senza alcun dubbio contiene sotto il suo velo un qualcos’altro che questo salmo mira ad evidenziare. Quando poi tutti saranno passati a Cristo, sarà tolto il velo (Cf. 2Co 3,16) e gli occhi di ognuno saranno illuminati affinché possano vedere le meraviglie della legge di Dio. E questo sarà ancora un dono di colui al quale diciamo: Togli il velo dai miei occhi, e considererò le meraviglie della tua legge (Ps 118,18).

SUL SALMO 90

90 Ps 90

ESPOSIZIONE

DISCORSO 1

Cristo è nostro modello, ma non delle opere della divinità.

314 1. Questo è il salmo dal quale il diavolo prese lo spunto per tentare il nostro Signore Gesù Cristo. Ascoltiamolo, dunque, e lasciamoci istruire per essere in grado di resistere al tentatore: non fidandoci di noi ma di colui che fu tentato per primo affinché noi non fossimo vinti dalla tentazione. La tentazione non era affatto necessaria a lui; fu solo un ammaestramento per noi. Occorre però che noi prestiamo attenzione alle risposte che egli diede al diavolo, imparando a rispondere anche noi alla stessa maniera quando ci si presentano le stesse tentazioni. In tal modo entriamo per la porta, come avete udito dalla lettura del Vangelo. Che significa infatti entrare per la porta? Entrare per Cristo. Egli stesso diceva infatti: Io sono la porta (Jn 10,7). E che vuol dire “ entrare per Cristo ”? Vuol dire imitare le vie di Cristo. Ma in che cosa imiteremo le vie di Cristo? Forse nello splendore che è proprio a lui, Dio incarnato? O che forse lui ci esorta (o esige da noi) a compiere miracoli uguali a quelli che egli ha fatti? O non è più vero che il nostro Signore Gesù Cristo governa tutto il mondo insieme con il Padre, ora e sempre? E se esige che l’uomo sia suo imitatore, lo chiama forse con questo a governare insieme con lui il cielo e la terra e tutte le cose che sono nel cielo e nella terra, o ad essere anche lui il creatore che dia l’essere a tutte le cose, come tutte le cose furono fatte per mezzo di Cristo? Non a queste opere, che egli compì all’inizio (e delle quali sta, scritto: Tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui (Jn 1,3)), ti invita il Signore nostro Gesù Cristo, Dio e Salvatore nostro; e neppure [ti invita] a compiere certe opere che egli ha compiute in terra. Non ti dice, ad esempio: non sarai mio discepolo se non camminerai sopra il mare (Cf. Mt 14,25), oppure se non risusciterai un morto da quattro giorni (Cf. Jn 11,38-44), o se non aprirai gli occhi a un cieco nato (Cf. Jn 9,1-41). Non ti dice questo. Che significa allora entrare per la porta? Imparate da me che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29). Significa che tu devi badare a ricopiare da lui ciò che egli è divenuto per te. Di miracoli, infatti, ne ha operati anche quando non era nato da Maria. Chi mai, infatti, li avrebbe operati se non colui del quale è detto: Egli solo compie grandi meraviglie (Ps 71,18)? Cioè: anche coloro che operarono prodigi prima della sua venuta poterono farli grazie alla sua potenza. Così Elia: se risuscitò il morto, lo fece per la potenza di Cristo (Cf. Re 1R 17,22). Altrimenti Pietro sarebbe superiore a Cristo, poiché a Cristo per fare alzare quel tale infermo fu necessario usare la voce (Cf. Jn 5,5-9), mentre quando passava Pietro gli si recavano dei malati perché li coprisse soltanto con la sua ombra (Cf. Ac 5,15). Pietro sarebbe dunque più potente di Cristo? Chi sarà tanto pazzo da affermare questo? Perché allora tanta potenza in Pietro? Perché in Pietro c’è Cristo. Per questo diceva il Signore: Tutti coloro che sono venuti sono ladri e rapinatori (Jn 10,8). Cioè, tali sono tutti coloro che sono venuti di loro volontà, senza essere stati mandati da me; tutti coloro che sono venuti senza di me e nei quali io non ero e che io non ho autorizzati ad entrare. Orbene tutti i miracoli che sono stati fatti sia prima sia dopo Cristo li ha compiuti il Signore: lui che ne operò anche direttamente e di persona. Non ti esorta quindi a compiere i miracoli, dato che egli stesso ne ha fatti anche prima di assumere la carne umana. Ma a che cosa ti esorta? Ti esorta ad imitare ciò che non avrebbe potuto fare se non si fosse fatto uomo. Avrebbe forse potuto subire le sofferenze se non fosse stato uomo? Se non fosse stato uomo non avrebbe potuto né morire né essere crocifisso né essere umiliato. Ebbene anche tu, quando ti piombano addosso le tribolazioni di questo mondo (è il diavolo che le suscita, sia apertamente per mezzo degli uomini sia in modo occulto come fece con Giobbe), sii forte, sii tollerante! Abiterai nell’aiuto dell’Altissimo, come dice questo salmo. Che se, invece, ti allontanerai dall’aiuto dell’Altissimo, non essendo in grado di sostenerti da solo, cadrai.

Necessità della fortezza.

2. Molta gente è forte nel subire persecuzioni quando si tratta di uomini che vedono infuriare apertamente contro di loro. Credono che, se la persecuzione è palese e proviene da uomini, allora imitano la passione di Cristo; se invece la persecuzione che li tormenta è occulta e proviene dal diavolo, temono di non essere incoronati da Cristo. Se imiti Cristo non temere! Infatti anche quando il diavolo tentò il Signore, là nel deserto non c’era nessun uomo, lo tentò occultamente, ma fu vinto lo stesso. Come fu vinto quando volle infierire palesemente (Cf. Mt 4,1-11). Fa’ anche tu così se vuoi entrare per la porta. Facciamo così quando il nemico ci tenta di nascosto, quando vuol saggiarci danneggiandoci nella salute con la febbre, con le malattie, con le sofferenze del corpo, come quelle che sopportò Giobbe. Giobbe non vedeva il diavolo ma conosceva il potere di Dio. Sapeva che il diavolo non avrebbe potuto far niente contro di lui, se non gli fosse stato permesso da colui che detiene il sommo potere; e dava tutta la gloria a Dio negando ogni potere al diavolo. Quando il diavolo gli tolse ogni cosa disse: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto (Jb 1,21). Non disse: Il Signore ha dato, il diavolo ha tolto, perché il diavolo non avrebbe potuto togliergli niente se non avesse avuto il permesso dal Signore. E il Signore aveva permesso tutto questo per mettere alla prova l’uomo e perché il diavolo fosse sconfitto. Anche quando il diavolo lo coprì di piaghe, ciò accadde perché il Signore lo permise. Fu coperto dalla testa fino ai piedi dalla putredine e dai vermi, ma nemmeno allora Giobbe attribuì un qualche potere al diavolo. E quando la sua moglie, l’unico familiare che il diavolo gli aveva lasciato perché fosse sua alleata e non perché consolasse il marito, gli disse: Di’ qualche parola contro Dio e muori, [Giobbe] le rispose: Hai parlato come una donna stupida! Se abbiamo ricevuto i beni dalla mano del Signore, non sopporteremo il male? (Jb 2,9-10)

L’aiuto divino è accordato agli umili.

3. [vv 1.2.] Orbene chi imita Cristo al punto di sopportare tutte le molestie di questo mondo, chi ripone la sua speranza in Dio e non si lascia sedurre dalle lusinghe del mondo né spaventare dalle sue minacce, costui è l’uomo che abita nell’aiuto dell’Altissimo e che dimorerà nella protezione del Dio del cielo, come avete udito e cantato nel salmo, dato che il salmo comincia proprio con queste parole. Quanto alle parole con le quali il diavolo tentò il Signore, le riconoscerete quando giungeremo a parlarne: infatti vi sono ben note. Dirà al Signore: Tu sei il mio protettore e il mio rifugio, o mio Dio. Chi dice queste parole al Signore? Colui che abita nell’aiuto dell’Altissimo. E chi è che abita nell’aiuto dell’Altissimo? Colui che non fonda la sua abitazione sulle proprie risorse. Chi è, ripeto, colui che abita nell’aiuto dell’Altissimo? Colui che non è superbo, come lo furono quei tali che mangiarono per divenire come dèi e perdettero la prerogativa ricevuta di uomini immortali. Vollero abitare nelle loro risorse, non nell’aiuto dell’Altissimo. Ascoltarono il suggerimento del serpente e disprezzarono il comandamento di Dio. Col risultato che videro realizzate in loro le minacce di Dio, non le promesse del diavolo (Cf. Gn 3,5).

Il seguace di Cristo s’aspetti derisioni e insulti.

4. [v 3.] Ebbene di’ anche tu queste parole: Spererò in lui perché egli mi libererà. Non sarò io a liberarmi. Guarda un po’ se t’insegni altra cosa, all’infuori della necessità che ci incombe di non riporre la nostra speranza né in noi stessi né in qualsiasi uomo. Da che cosa ti libererà? Dalla trappola dei cacciatori e dalla parola dura. Dalla trappola dei cacciatori: è una grande liberazione. Ma che cosa c’è di grande nell’essere liberati dalla parola dura? Sta di fatto però che molti sono caduti nella trappola dei cacciatori a causa della parola dura. A che cosa mi riferisco? Il diavolo tende dei lacci, e i suoi angeli come cacciatori tendono anche essi dei lacci; ma gli uomini che camminano in Cristo passano lontano da tali lacci. Il diavolo non osa tendere trappole [a chi è] in Cristo; le tende nei dintorni della via, non sulla via. Sia dunque la tua via Cristo e non cadrai nella trappola del diavolo. La trappola è tesa per chi si allontana dalla via. Da un lato e dall’altro il diavolo pone lacci, da un lato e dall’altro pone delle trappole; e tu cammini fra le insidie. Vuoi camminare sicuro? Non deviare né a destra né a sinistra. Sia la tua via colui che per te si è fatto via (Cf. Jn 14,6), per condurti a sé per mezzo di se medesimo. Così non avrai timore dei lacci dei cacciatori. Ma che vuol dire: Ti libera dalla parola dura? È assodato che il diavolo ha fatto cadere molti nella trappola per mezzo della parola dura. Ad esempio: coloro che vogliono essere cristiani restando in mezzo ai pagani subiscono i motteggi dei pagani; e allora, se si vergognano di fronte a chi li insulta e per colpa delle parole dure abbandonano la via, cadono nei lacci dei cacciatori. Ma che cosa ti farà la parola dura? Niente, tu rispondi. Non ti farà dunque neppure nulla il laccio in cui il nemico ti fa cadere per mezzo della parola dura? Ricorda come si fa ordinariamente quando si va a caccia con la rete. Per catturare gli uccelli il cacciatore tende la rete da un capo all’altro della siepe e poi getta delle pietre contro la siepe. Quelle pietre non fanno alcun male agli uccelli. Quando mai infatti avrà colpito un uccello colui che getta pietre contro la siepe? Ma l’uccello impaurito dall’innocuo rumore delle pietre cade nella rete. Così gli uomini, temendo le inutili ed innocue parole di coloro che li insultano e vergognandosi dei loro motteggi insulsi, cadono nei lacci dei cacciatori e sono catturati dal diavolo. Ma perché, fratelli, non dovrei dirvi una cosa di cui non è proprio il caso di tacere, una cosa che Dio mi obbliga a dire? Prendetelo come volete: Dio mi costringe a parlare; e se non parlassi, cadrei anch’io nei lacci dei cacciatori. Se infatti avessi paura delle dicerie della gente e non parlassi anch’io, per colpa della parola dura cadrei nei lacci dei cacciatori, io che vi esorto a non temere le parole degli uomini. Che cosa debbo dunque dirvi? Debbo dirvi che, come il cristiano che ascoltando dai pagani delle parole dure si vergogna [della sua fede], cade nella trappola dei cacciatori, così tra i cristiani coloro che cercano di essere più diligenti e più buoni subiranno beffe da parte degli altri cristiani. E che gioverebbe, fratelli, trovare finalmente una città ove non ci siano pagani? In tale città certo nessuno insulta il cristiano per il fatto d’essere tale, dato che non c’è nessun pagano. Se però vi saranno molti cristiani che vivono nel male, colui che vorrà vivere bene tra costoro, cioè essere sobrio tra gli ubriaconi, essere casto tra i fornicatori, rendere sincero culto a Dio pur vivendo in mezzo a quelli che consultano gli indovini, senza lui stesso ricorrere a tali empietà; frequentare soltanto la chiesa in mezzo a gente solita frequentare le insulsaggini del teatro; costui trova in mezzo agli stessi cristiani della gente che lo deride e ha da subire delle parole dure. Gli diranno: Tu sei grande! tu sei giusto! Tu sei un altro Elia, un altro Pietro; tu sei venuto dal cielo! Così lo insultano. Da qualunque parte si volga, da un lato e dall’altro ascolta parole dure. Se si lasciasse intimorire e si allontanasse dalla via di Cristo, cadrebbe nelle trappole dei cacciatori. Ma in qual modo non si allontanerà dalla via il cristiano, pur ascoltando quelle parole? E che cosa significa “non allontanarsi dalla via ”? Egli dunque ascolta delle parole offensive; orbene, in che cosa troverà conforto, al segno da non preoccuparsene, da non allontanarsi dalla via e da entrare per la porta? Dica in tali frangenti: Ma quali parole ascolto io che sono un servo e un peccatore? Anche al mio Signore fu detto: Tu sei un indemoniato (Jn 8,48). Ecco avete ascoltato una parola dura detta contro il Signore. Non era necessario al Signore udire questo insulto; fu solo per insegnarti come debba comportarti di fronte alle parole dure, in modo da non cadere nei lacci dei cacciatori.

Cristo nostro rifugio.

5. [v 4.] Tra le sue scapole ti farà trovare dell’ombra e sotto le sue ali spererai. Dice così perché tu non abbia a trovare in te la tua protezione, perché tu non creda di poterti proteggere da solo. Lui ti proteggerà e libererà. Ti libererà dalla trappola dei cacciatori e dalla parola dura. Tra le sue scapole ti farà trovare dell’ombra. Puoi intendere che ti coprirà con la schiena e con il petto, dato che le scapole sono presso la testa. Ma poiché dice: Sotto le sue ali spererai, è manifesto che, proteggendoti lui con le sue ali aperte, tu verrai a trovarti tra le scapole di Dio, e sarai nel mezzo mentre le ali di Dio ti staranno da una parte e dall’altra. In tal modo non temerai che alcuno possa farti del male. Cerca soltanto di non allontanarti da lì, dove nessun nemico osa avvicinarsi. Se la gallina protegge i suoi pulcini sotto le sue ali, quanto più sicuro sarai tu sotto le ali di Dio contro il diavolo e i suoi angeli, i quali, essendo potestà dell’aria, volano attorno come avvoltoi per rapire il debole pulcino? Non senza motivo fu fatto un paragone fra la gallina e la stessa Sapienza di Dio. È lo stesso Cristo nostro Signore e Salvatore che si paragona alla gallina dicendo: Gerusalemme, Gerusalemme, quante volte ho voluto riunire i tuoi figli come fa la gallina con i suoi pulcini e non hai voluto? (Mt 23,37) Gerusalemme non lo volle: vogliamolo noi. Gerusalemme, fuggendo lontano dalle ali della gallina, venne rapita dalle potestà aeree, perché si fidava delle sue forze mentre era debole. Noi invece confessando la nostra debolezza rifugiamoci sotto le ali di Dio, che sarà per noi come la gallina che protegge i suoi pulcini. Non è infatti ingiurioso chiamarlo gallina. Guardate, fratelli, gli altri uccelli! Molti di essi covano e riscaldano i loro pulcini sotto i nostri occhi; ma nessuno si abbassa tanto alla debolezza dei propri piccoli quanto la gallina. Stia attenta la vostra Carità! Se vediamo le rondini, i passeri, le cicogne volare al di fuori del loro nido, non sappiamo se abbiano figli. Invece riconosciamo subito se la gallina ha figli: appare dal tono della sua voce, dalla rilassatezza delle penne. Tutta si trasforma per adeguarsi ai suoi pulcini. Essendo deboli, anch’essa si fa debole. Ebbene siccome noi eravamo deboli, la Sapienza di Dio si fece debole. Il Verbo si fece carne e abitò tra noi (Cf. Jn 1,14) perché noi potessimo sperare sotto le sue ali.

Cristo distingue fra peccatore e peccatore.

6. [v 5.] [Come] con uno scudo ti circonderà la sua verità. Ciò che sono le ali è lo scudo, dato che in realtà non si tratta né di ali né di scudo. Se si trattasse realmente di qualcuna di queste cose, come potrebbero le ali essere scudo o lo scudo essere ali? Ma siccome di Dio si possono dire tutte queste cose allegoricamente e in senso figurato, per questo si può dire che è ali ed è scudo. Se Cristo fosse realmente una pietra non sarebbe leone; e se fosse un leone, non sarebbe agnello; mentre è leone (Cf. Ap 5,5), agnello (Cf. Jn 1,29), pietra (Cf. Ac 4,10-11 Ps 117,22), vitello e tante altre cose, perché in realtà non è né pietra né leone né agnello né vitello. È soltanto Gesù Cristo, Salvatore di tutti gli uomini. Gli altri titoli contengono similitudini, non realtà. Dice: La sua verità ti circonderà. La sua verità è come uno scudo che non permette si mescolino coloro che sperano in se stessi con coloro che sperano in Dio. Gli uni e gli altri sono peccatori, ma ecco da un lato il peccatore che in se stesso è arrogante, non confessa i suoi peccati, anzi dice: Se i miei peccati dispiacessero a Dio egli non mi lascerebbe in vita. Dall’altro lato invece c’è colui che non osava levare in alto gli occhi ma batteva il suo petto e diceva: Signore, sii benevolo con me peccatore (Lc 18,13). Peccatore l’uno, peccatore l’altro; ma il primo schernisce, l’altro piange; quello disprezza Dio, questo confessa i propri peccati. Senza dubbio la verità di Dio, che non usa preferenze con nessuno, distingue tra colui che si pente e colui che si difende; distingue tra l’umile e il superbo, tra chi spera in se stesso e chi spera in Dio. Ne consegue che la sua verità come con uno scudo ti circonderà.

315 Diversa la responsabilità in coloro che cedono al persecutore.

7. [vv 5.6.]Non avrai timore del terrore notturno né della freccia che vola di giorno, né dello spauracchio che circola nelle tenebre né della rovina né del demonio di mezzogiorno. Alle due affermazioni antecedenti rispondono le due successive. Dice: Non avrai timore del terrore notturno, né della freccia che vola di giorno. In corrispondenza a “ terrore notturno ” asserisce: Non [avrai timore] dello spauracchio che circola nelle tenebre; e in corrispondenza a “ la freccia che vola di giorno ” dice: Non [avrai timore] della rovina né del demonio di mezzogiorno. Che cosa dobbiamo temere di notte, e che cosa dobbiamo temere di giorno? Quando uno pecca per ignoranza è come se peccasse di notte; quando invece pecca consapevolmente, è come se peccasse di giorno. I due primi casi sono dunque più leggeri; gli altri due, essendo delle ricadute, sono più gravi. State attenti, in modo che io possa, se il Signore mi aiuterà, spiegarvi chiaramente di che si tratta. La questione è oscura, e grande sarà il frutto se riuscirete a intenderla. Ha chiamato “ terrore notturno ” la tentazione (tentazione lieve) che capita agli ignoranti; e “ freccia che vola di giorno ” la tentazione (lieve anch’essa) che assale coloro che sanno. Quali sono le tentazioni lievi? Quelle che non incombono, non urgono in modo da spingerci prepotentemente al peccato, ma se schivate se ne vanno rapidamente. Considera però le stesse cose, divenute ormai più gravi. Si leva un persecutore che con la violenza terrorizza gli ignoranti, cioè coloro che non sono ancora saldi nella fede né sanno che sono cristiani proprio per sperare nella vita futura. Cominciando a spaventarsi di fronte ai mali temporali loro minacciati, costoro crederanno che Cristo li abbia abbandonati e che sono cristiani senza un perché. Non sanno infatti - come ho detto - che, se sono cristiani, lo sono per calpestare i beni presenti e sperare quelli futuri. Sono stati sorpresi dallo spauracchio che circola nelle tenebre e vengono catturati. Ma ci sono altri che sanno benissimo di essere chiamati alla speranza di beni futuri; sanno che quanto Dio mi ha promesso non è di questa terra né di questa vita; sanno che occorre sopportare tutte queste tentazioni per ricevere ed entrare in possesso di ciò che Dio ci ha promesso per l’eternità. Sanno tutte queste cose; ma quando il persecutore comincia a sferrare più violenti i suoi attacchi, ad usare minacce, supplizi, torture, allora essi cedono. Trattandosi di persone istruite, è come se cadessero di giorno.

La storia delle persecuzioni cristiane.

8. Ma perché dice: “ A mezzogiorno ”? Si riferisce alla persecuzione divenuta furiosa: chiama mezzogiorno l’apice del suo infuriare. Cerchi la vostra Carità di seguirmi mentre io provo tutto questo attraverso le Scritture. Un giorno il Signore si mise a parlare di un seminatore che uscì per seminare la semente, e una parte di essa cadde per la via, un’altra parte nella terra rocciosa e un’altra tra le spine; poi si degnò spiegarci il significato della parabola. Riferendosi alla terra rocciosa, diceva: Sono questi coloro che ascoltano la parola e per un momento si rallegrano ascoltandola; ma di fronte alla tribolazione sollevatasi per la parola subito si scandalizzano. Che cosa aveva detto prima dei semi caduti tra i sassi? Aveva detto che al sorgere del sole essi erano inariditi perché non avevano profonda radice. Orbene qui sono raffigurati coloro che per un momento si allietano ascoltando la parola ma poi inaridiscono quando si scatena la persecuzione a cagione della parola. Perché inaridiscono? Perché non avevano una radice ben fissa (
Mt 13,3-23). E che cos’è la radice? La carità. Dice infatti l’Apostolo: Siate radicati e fondati nella carità (Ep 3,17). Come la radice di tutti i mali è la cupidigia (Cf. 1Tm 6,10), Così la radice di tutti i beni è la carità. Voi sapete tutto questo e spesso lo si ripete; ma perché ho voluto ricordarlo qui? Perché comprendiate il salmo e intendiate che, se si parla di demonio del mezzogiorno, è in riferimento all’accanirsi della persecuzione violenta. Così infatti dice il Signore: Sorto il sole l’erba inaridì, perché non aveva radice. E per spiegarci cosa significasse l’erba inaridita a causa del sole diceva che, scatenatasi la persecuzione, quei tali non ressero perché non avevano profonda radice. È giusto quindi vedere nel demonio di mezzogiorno, di cui il nostro salmo, la persecuzione violenta. Lasciatemi ricordare qui, o fratelli, alcuni tratti delle antiche persecuzioni, da cui il Signore ha liberato la sua Chiesa. Si degni di stare attenta la vostra Carità! In un primo tempo gli imperatori e i re di questo mondo credettero di poter cancellare dalla terra, con le persecuzioni, il nome di Cristo e il nome dei cristiani, e ordinarono che venisse ucciso chiunque si professasse cristiano. Chi non volle subire la morte negò di essere cristiano, pur sapendo il male che faceva; e così fu raggiunto dalla freccia che vola di giorno. Chi invece non si preoccupò della vita presente ma con sicurezza sperò in quella futura, schivò la freccia che volava di giorno e confessò di essere cristiano. Colpito a morte nella carne, fu liberato nello spirito. Nel riposo presso Dio cominciò ad attendere anche la redenzione del suo corpo nella resurrezione dei morti: e così scampò da quella tentazione, cioè dalla freccia che vola di giorno. Minacciavano: Chiunque si confesserà cristiano venga ucciso! Era, diciamo così, la freccia che vola di giorno. Non era ancora il demonio di mezzogiorno, non era l’incendio, d’una persecuzione furibonda, capace di turbare gravemente anche i più forti. Ascoltate, infatti, che cosa accadde più tardi. I nemici, vedendo che molti correvano al martirio e che quanto più si accresceva il numero dei martiri tanto più si diffondeva la fede in Cristo, dissero tra loro: Se uccideremo le tante migliaia di fedeli che credono in questo nome, stermineremo, il genere umano: uccidendo tutti, sulla terra non ci resterà quasi più nessuno. Cominciava ad ardere il sole; cominciava a divampare l’incendio. Ascoltate che cosa decretarono. Prima avevano ordinato: Chiunque si professerà cristiano venga ucciso! In seguito ordinarono: Chiunque si professerà cristiano sia torturato, e sia torturato tanto a lungo finché non negherà di essere cristiano! (Cf. Apol. 2, 13 19). Paragonate la freccia che vola di giorno con il demonio di mezzogiorno. Che cosa era la freccia che vola di giorno? “ Chiunque si professi cristiano venga ucciso ”. Quale fedele, data la celerità della morte, non era in grado di schivare quella freccia? Il diavolo di mezzogiorno era invece: “ Chiunque si professi cristiano non venga ucciso, ma lo si torturi finché non abbia rinnegato la sua fede. Se invece la rinnega sia rilasciato ”. In realtà molti, pur non volendo rinnegare, non resistevano ai tormenti, poiché li si torturava finché non avessero rinnegato. In ambedue i casi occorreva essere perseveranti nel non rinnegare Cristo; e a gente così disposta cosa poteva fare la spada, che uccide in un attimo il corpo e lascia volare l’anima a Dio? Lo stesso risultato avrebbero conseguito anche le torture prolungate: ma chi sarebbe stato capace di resistere a così grandi e prolungati tormenti? Difatti molti cedettero: e credo che a cedere furono proprio coloro che riponevano la loro speranza in se stessi, che non abitavano nell’aiuto dell’Altissimo e nella protezione del Dio del cielo; coloro che non dicevano al Signore: Tu sei il mio sostegno; coloro che non speravano sotto l’ombra delle sue ali, ma confidavano troppo nelle loro forze. Dio li respingeva, per mostrare loro che è lui che protegge, che regola le prove e permette che ognuno ne abbia solo quel tanto che può sopportare.

Defezioni fra i notabili e i perfetti nella Chiesa.

9. [v 7.] Molti, dunque, caddero per colpa del demonio di mezzogiorno. Volete sapere quanti? Ascoltate le parole che seguono: Cadranno dal tuo fianco mille, e diecimila dalla tua destra: ma a te non si avvicinerà. A chi sono rivolte queste parole? A chi, fratelli, se non al Signore Gesù Cristo? Perché il Signore Gesù non è soltanto lui persona, ma lo è anche in quanto presente in noi. Ricordatevi quelle parole: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (Ac 9,4) Nessuno lo toccava, eppure diceva: Perché tu mi perseguiti? Così dicendo, non si identificava con noi? Quando diceva: Chi ha fatto questo ad uno dei miei piccoli, lo ha fatto a me (Mt 25,40), non si considerava in noi? Non sono separate tra loro le membra: il capo e il corpo. Chi sono il capo e il corpo? Il Salvatore e la Chiesa. In che senso dunque è detto: Cadranno dal tuo fianco mille e diecimila dalla tua destra? Cadranno a causa del demonio di mezzogiorno. Fratelli, è veramente spaventoso cadere dal fianco di Cristo, cadere dalla destra di Cristo! Come si cade dal suo fianco? E perché quelli dal fianco, mentre gli altri dalla destra? Perché poi sono mille quei che cadono dal fianco, e diecimila quelli che cadono dalla destra? Che significa “ mille dal fianco ”? Notate come i mille che cadono dal fianco sono meno dei diecimila che cadono dalla destra. Chi sono costoro? Nel nome di Cristo, fra breve tutto vi sarà chiaro e manifesto. Cristo promise ad alcuni che avrebbero giudicato insieme con lui: tali gli Apostoli, che abbandonarono tutto e lo seguirono. Un giorno disse Pietro al Signore: Ecco noi abbiamo abbandonato tutto e ti abbiamo seguito. Al che egli promise loro: Sederete sopra dodici troni per giudicare le dodici tribù d’Israele (Mt 19,27-28). Non crediate che il Signore abbia fatto questa promessa soltanto ai Dodici. Dove sederebbe infatti l’Apostolo Paolo, che lavorò più di tutti gli altri (Cf. 1Co 15,10). Se sui troni avessero a sedere soltanto i Dodici? Egli è, appunto, il tredicesimo. E se è vero che fra i Dodici uno, Giuda, decadde, sappiamo che al posto del traditore Giuda venne ordinato Mattia. Leggiamo tutto questo negli Atti degli Apostoli (Cf. Ac 1,15-26). Tutti e dodici i troni sono dunque occupati. Non sederà, dunque, in trono colui che lavorò più di tutti? Oppure i dodici troni stanno ad indicare la perfezione del tribunale? Saranno infatti mille, eppure sederanno su dodici troni. Ma come puoi provarmi - dirà qualcuno - che anche Paolo sarà tra i giudici? Ascolta le sue parole: Non sapete che giudicheremo gli angeli? (1Co 6,3) Dice: Giudicheremo, senz’ombra di dubbio ma con assoluta certezza. Egli era sicuro di poter annoverare se stesso tra coloro che avrebbero giudicato insieme con Cristo. Se ne conclude che a giudicare ci saranno insieme con Cristo i principi della Chiesa, i perfetti. A costoro diceva il Signore: Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutti i tuoi beni e dalli ai poveri (Mt 19,21). Che significa: Vuoi essere perfetto? Significa: Vuoi giudicare insieme con me e non essere giudicato? Quel giovane se ne andò rattristato; ma molti fecero ciò che diceva il Signore e molti lo fanno anche ora. Ebbene, costoro giudicheranno insieme con lui. Ma molti che si ripromettono d’essere giudici insieme con Cristo perché abbandonano tutti i loro beni e seguono Cristo presumono troppo di se stessi; sono pieni di orgoglio e di superbia (solo Dio può conoscere questi vizi), e così non riescono ad evitare il demonio di mezzogiorno, cioè la caduta, quando arde l’incendio di una persecuzione particolarmente violenta. Nei tempi passati ci fu molta gente di tal fatta: avevano distribuito tutti i loro beni ai poveri e già si ripromettevano di sedere a fianco di Cristo per giudicare i popoli, ma quando prese ad infuriare il fuoco della persecuzione (era quello il demonio meridiano), essi vennero meno in mezzo ai tormenti e rinnegarono Cristo. Questi sono coloro che cadono dal suo fianco. Caddero mentre credevano d’assidersi al fianco di Cristo per giudicare il mondo.

Defezioni fra i Cristiani comuni.

10. Vi dirò anche chi siano coloro che cadono dalla sua destra. Sapete che quando apparirà quel tribunale dove insieme con Cristo sederanno a giudicare coloro che hanno voluto essere perfetti (e sono stati perfetti davvero, radicati e fondati nella carità, per cui non si sono inariditi per l’ardore del sole né per gli assalti del demonio di mezzogiorno), allora, a quanto dice il Signore, si riuniranno dinanzi a lui tutte le genti, ed egli li dividerà gli uni dagli altri come il pastore divide le pecore dai caproni. Porrà le pecore a destra e i caproni a sinistra, e saranno giudicati. Saranno molti quelli che giudicheranno, ma meno di quelli che staranno dinanzi al tribunale: i primi saranno come mille, gli altri come diecimila. Che cosa dirà allora a quelli che saranno a destra? Ho avuto fame, e mi avete dato da mangiare; sono stato esule e mi avete accolto (Mt 25,32-35). È chiaro che così dirà a quelli che in questo mondo posseggono beni onde poter compiere tali opere di umana solidarietà. Tuttavia, anche questi regneranno con quei primi: quelli come soldati, questi come semplici cittadini che li provvedono di viveri (Aug., In Gv. Ev. tr. 13, 17, 11-14; 122, 3, 29-30), in quanto in quel regno i soldati e i cittadini saranno sotto lo stesso imperatore. Il soldato è forte, il cittadino è fedele. Il soldato, uomo forte, combatte con le sue preghiere contro il diavolo; il cittadino devoto rifornisce di viveri i soldati. Comprenda la vostra Carità! Coloro che sono posti alla destra udranno alla fine: Venite, benedetti del Padre mio! Ricevete il regno che è stato preparato per voi fin dall’origine del mondo (Mt 25,34). Molti, dunque, erano coloro che, quando divampava il fuoco della persecuzione e infieriva il demonio di mezzogiorno, si ripromettevano di sedere a fianco di Cristo per giudicare, ma non tutti costoro riuscirono a sostenere gli ardori e così caddero dal suo fianco. Accanto a loro c’erano poi degli altri, che non si ripromettevano di sedere sul trono e di farla da giudici, ma speravano solo di essere alla destra grazie alle loro elemosine. Anche questi speravano d’essere tra coloro ai quali Cristo dirà: Venite, benedetti del Padre mio! Ricevete il regno che è stato preparato per voi fin dall’origine del mondo. Orbene, se caddero molti fra coloro che speravano di giudicare, molti di più ne caddero fra coloro che speravano semplicemente di potersi trovare alla destra; e per questo si dice a Cristo: Cadranno dal tuo fianco mille, e diecimila dalla tua destra. Ma ce ne saranno anche molti che non si saranno spaventati delle persecuzioni e con i quali Cristo forma un solo uomo in quanto sono suoi membri. Per questo dice: Ma a te non si avvicinerà. Sono forse rivolte solo al capo le parole: Non si avvicinerà?Certamente no! Non si avvicinerà neppure a Pietro neppure a Paolo; a nessuno degli Apostoli si avvicinerà e a nessuno dei martiri che non sono venuti meno nelle torture. In che senso, dunque, dice: Non si avvicinerà, se essi sono stati così torturati? La tortura si è avvicinata sì alla carne, ma non è giunta al luogo dove ha sede la fede. Insomma, la fede di costoro era ben al riparo dal terrore dei carnefici. Torturino pure! Il terrore non si avvicinerà. Torturino pure i persecutori! I martiri se la rideranno dei tormenti, sperando in colui che per primo ha vinto perché poi vincessero tutti gli altri. Ma chi sono coloro che vincono se non coloro che non presumono di se stessi? Intenda la vostra Carità! Per giungere a questa conclusione il salmista ha detto tutto quanto precede. Dirà al Signore: Tu sei il mio sostegno e il mio rifugio; e: Io spererò in lui, perché egli mi libererà dalla trappola dei cacciatori. Egli mi libererà, non sarò io a liberare me stesso. Tra le sue scapole ti proteggerà. Ma quando? Quando spererai sotto le sue ali. Come con uno scudo ti circonderà la sua verità. Ebbene, siccome tu ti sei affidato a lui e in lui hai riposto tutta la tua speranza, che cosa aggiunge? Non avrai timore del terrore notturno, né della freccia che vola di giorno, né dello spauracchio che circola nelle tenebre, né della rovina né del demonio di mezzogiorno (Ps 90,2-6). Chi è che non avrà timore? Chi non confida in sé ma in Cristo. Coloro invece che si fidano di se stessi, anche se già speravano di trovarsi a fianco di Cristo per giudicare, anche se già credevano di essere alla destra di Cristo (come se già egli dicesse loro: Venite, benedetti del Padre mio! Ricevete il regno che è stato preparato per voi fin dall’origine del mondo), quando è sopraggiunto il demonio di mezzogiorno (cioè è divampato l’incendio della persecuzione terribile nella sua violenza) molti sono caduti perdendo la speranza di giudicare; e di costoro è detto: Cadranno dal tuo fianco mille. Molti altri poi sono precipitati dalla speranza di ottenere il premio delle loro generose prestazioni, e di costoro è detto: E diecimila dalla tua destra. Ma a te, cioè al capo e al corpo, non si avvicineranno né la rovina né il demonio di mezzogiorno: perché il Signore conosce i suoi (Cf. 2Tm 2,19).

Le pene di chi si ostina nel male.

11. [v 8.] Pur tuttavia guarderai con i tuoi occhi e vedrai la ricompensa dei peccatori. Che significano queste parole? Perché dice pur tuttavia? Si riferisce agli empi cui fu consentito di insuperbire contro i tuoi servi e di perseguitarli. Resteranno dunque impuniti gli empi che hanno perseguitato i tuoi servi? No, non saranno impuniti: anche se tu hai permesso ogni cosa e sebbene per l’opera degli empi i tuoi saranno stati maggiormente coronati. Pur tuttavia guarderai con i tuoi occhi, e vedrai la ricompensa dei peccatori. Sarà loro reso il male che hanno inteso compiere, non il bene che si è compiuto a loro insaputa. Occorre però che abbiamo gli occhi della fede, per vedere come i malvagi, se sono nella prosperità, lo sono per breve tempo e poi piangeranno in eterno. A coloro cui per un qualche tempo vien dato il potere sui servi di Dio, sarà detto: Andate nel fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e gli angeli suoi! (Mt 25,41) Ma se qualcuno ha occhi (come ha detto: Guarderai con i tuoi occhi), non gli sembrerà una cosa da poco poter vedere l’empio che prospera in questo mondo, e con la fede rendersi conto (è sempre questione di occhi!) di ciò che egli soffrirà alla fine se non si sarà ravveduto. Perché coloro che oggi vogliono tuonare saranno poi fulminati. Pur tuttavia guarderai con i tuoi occhi e vedrai la ricompensa dei peccatori.

Dio nostro rifugio.

316 12. [vv 9-12.] Perché tu, Signore, sei la mia speranza. Eccolo giunto a spiegare perché non cada di fronte alla rovina e al demonio di mezzogiorno. Perché tu, Signore, sei la mia speranza. Hai collocato il tuo rifugio assai in allo. In che senso il tuo rifugio è in alto? Molti immaginano che Dio sia un rifugio in cui ci si possa riparare dalle burrasche di questo mondo. Viceversa, il nostro rifugio, cioè Dio, è in alto e in luogo molto nascosto: là ti riparerai per sfuggire all’ira ventura. Nell’intimo e molto in alto hai collocato il tuo rifugio. Non si avvicinerà a te il male né il flagello si accosterà alla tua tenda, perché ha comandato ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie. Con le mani ti solleveranno affinché tu non urti mai col piede nella pietra. Sono queste le parole che il diavolo disse al Signore Gesù Cristo quando lo tentò. Siccome però debbono essere esaminate con molta accuratezza, per non stancarvi rimandiamo il loro commento a domani, dato che anche domani debbo parlarvi. A motivo della nostra stanchezza riprenderemo dunque domani il nostro discorso da questo passo del salmo. In tal modo eviteremo d’essere precipitosi nella spiegazione né ci succederà che, per voler sciogliere rapidamente queste oscure questioni, non riusciamo a farvele capire.


Agostino Salmi 89