Agostino Salmi 92

SUL SALMO 92

92 Ps 92

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Esemplarità della settimana genesiaca.

1. Quale sia il titolo di questo salmo, lo abbiamo udito durante la lettura; quanto poi al suo significato, non è difficile comprenderlo se ci si rifà alla sacra Scrittura e precisamente al libro della Genesi. Infatti nel titolo di ogni salmo, come sul frontone di un edificio, si annunzia quello che vi cerchiamo dentro. Il nostro si intitola così: Lode del cantico, per David stesso nel giorno prima del sabato, quando fu fondata la terra. Riandiamo con il pensiero a ciò che Dio fece nei singoli giorni nei quali creò e ordinò l’universo, dal primo giorno fino al sesto, lasciando da parte il settimo che Dio consacrò a se stesso poiché in esso si riposò da tutte le opere che aveva compiute in modo ottimo. Troveremo che nel sesto giorno (di cui si parla, dato che dice prima del sabato) creò tutti gli animali della terra; e successivamente, nello stesso giorno, creò l’uomo a sua immagine e somiglianza. Non è senza ragione che i giorni siano stati ordinati in questo modo, ma è perché secondo un tale ordine dovevano correre i secoli prima del nostro riposo in Dio: precisando che ci riposeremo se avremo compiuto opere buone. Proprio per insegnarci questo, sta scritto che Dio si riposò nel settimo giorno (Cf. Gn 1 Gn 2,1-3), dopo aver compiute tutte le opere in modo quanto mai buono. Non che Dio si fosse stancato, per aver bisogno di riposo, né che adesso abbia cessato di operare, se Cristo nostro Signore dice chiaramente: Mio Padre opera anche ora (Jn 5,17). Diceva queste parole ai Giudei, i quali pensavano di Dio in modo carnale e non comprendevano che Dio opera nella quiete: opera continuamente e sta sempre in riposo. Dunque anche noi, che Dio volle prefigurare in se stesso e nelle sue opere, compiute che avremo tutte le opere buone otterremo il riposo. Come vi è, infatti noto, o fratelli, tutte le opere buone che eseguiamo qui nel mondo, prima del riposo, sono compiute con una certa fatica, mentre quel riposo non è ancora per noi una realtà ma solo una speranza: speranza necessaria, poiché, se ci mancasse, noi verremmo meno nella fatica. Comunque cesserà il tempo delle opere buone e della conseguente fatica. Che cosa c’è di più buono che dare il pane all’affamato? che cosa c’è di più buono di ciò che or ora udivamo quando si leggeva il Vangelo (e l’ammonimento era rivolto a tutti): Chiunque ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha cibo nutra l’affamato (Lc 3,11)? Vestire l’ignudo è opera buona. Ma forse continuerà sempre questa opera? Essa comporta una certa fatica, ma ha la sua consolazione nella speranza del futuro riposo. E poi quanta fatica comporta vestire l’ignudo? L’opera buona non causa grave molestia; la cattiva sì. Chi infatti veste l’ignudo, se ne ha la possibilità, non trova gran difficoltà nel suo ben operare; che, se invece non ne ha la possibilità, gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà (Lc 2,14). Ma chi enumererà le fatiche cui va incontro l’uomo desideroso di spogliare chi è vestito? Comunque tutte queste cose dovranno passare, quando giungeremo a quel riposo nel quale non c’è affamato da cibare né ignudo da vestire. Dato dunque che le opere buone passeranno e che, quando furono portate a termine tutte le opere più eccellenti, era il sesto giorno, per questo il sesto giorno ha la sua sera; il sabato invece non conosce la sera, perché il nostro riposo non avrà fine. “ Sera ” infatti sta per “ fine ”. Come nel sesto giorno Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza, così vediamo che parimenti nella sesta età del mondo è venuto nostro Signore Gesù Cristo, per restituire all’uomo l’immagine di Dio. La prima età del mondo (chiamiamola primo giorno) va da Adamo fino a Noè; la seconda, secondo giorno, da Noè fino ad Abramo; la terza, terzo giorno, da Abramo fino a David; la quarta, quarto giorno, da David fino alla cattività babilonese; la quinta, quinto giorno, dall’esilio in Babilonia fino alla predicazione di Giovanni. La sesta infine è quella che decorre dal tempo della predicazione di Giovanni sino alla fine del mondo. Con la fine del sesto giorno poi arriviamo al riposo. Ora, pertanto, sta trascorrendo il sesto giorno. Ecco perché il titolo del salmo dice: Nel giorno prima del sabato, quando fu fondata la terra. Ascoltiamo ora il salmo. Domandiamogli in che senso si dica fondata la terra, poiché non sembra che sia stata creata proprio in quel giorno né così riferisce la Genesi. Quando dunque la terra viene ad essere fondata? Non sarà quando si realizza ciò che abbiamo letto or ora nell’Apostolo: Purché stiate saldi nella fede, stabili ed immobili (1Co 15,58)? Se ne conclude che, quando tutti i fedeli sparsi in tutta la terra sono stabili nella fede, allora la terra viene ad essere fondata, allora viene creato l’uomo ad immagine di Dio. È questo che simboleggia il sesto giorno della Genesi. Ma in che modo Dio fece tutto questo? In che modo venne fondata la terra? Venne Cristo, e così fu dato alla terra il suo fondamento, perché nessuno può porre altro fondamento all’infuori di quello che è posto e che è Cristo Gesù (1Co 3,11). Di lui dunque canta questo salmo.

321 Le membra di Cristo ne partecipano la bellezza e il vigore.

2. [v 1.]Il Signore ha regnato; si è vestito di bellezza. Il Signore si è vestito di fortezza e si è cinto. Vediamo che egli si è vestito di due cose: di bellezza e di fortezza. Per quale scopo? Per fondare la terra. Continua infatti: Perché ha consolidato l’orbe terraqueo, che non si scuoterà. In che modo lo ha consolidato? Vestendosi di bellezza. Ma non lo avrebbe consolidato se si fosse vestito soltanto di bellezza e non anche di fortezza. Perché si è vestito di bellezza, e perché si è vestito di fortezza? Ha menzionato infatti ambedue le cose: Il Signore ha regnato; si è vestito di bellezza. Il Signore si è vestito di fortezza e si è cinto. Sapete, fratelli, che quando il Signore nostro Gesù Cristo comparve nella carne e cominciò a predicare il Vangelo del regno dei cieli, presso alcuni incontrò favore e sfavore presso altri. Di fronte a lui si divisero infatti le lingue dei Giudei; alcuni dicevano: È buono; e altri: No, ma inganna le folle (
Jn 7,12). Dunque, alcuni parlavano bene di lui, altri lo screditavano, lo infamavano, lo calunniavano e lo ingiuriavano. Si vestì dunque di bellezza per coloro ai quali erano gradite le sue parole, e di fortezza di fronte a coloro ai quali era sgradito. Imita anche tu il tuo Signore, affinché tu possa essere la sua veste. Sii pieno di bellezza per coloro cui sono gradite le tue buone opere, e sii energico di fronte ai tuoi detrattori. Ascolta l’apostolo Paolo e vedi come, imitando il suo Signore, egli si fosse rivestito di bellezza e di fortezza. Siamo, dice, in ogni luogo il buon profumo di Cristo, e in coloro che si salvano e in coloro che si perdono. Coloro cui piace il bene si salvano, mentre si perdono coloro che inventano calunnie contro il bene. Per quanto stava in lui, egli mandava buon profumo, anzi era il buon profumo; guai però a quei miseri che muoiono a causa del buon profumo! Non dice infatti: “ Siamo il buon profumo per gli uni e il cattivo per gli altri ”, ma: Siamo il buon profumo di Cristo in ogni luogo, tanto per coloro che si salvano quanto per coloro che si perdono. E di seguito aggiunge: Per gli uni profumo di vita per la vita; per gli altri profumo di morte per la morte (2Co 2,14-16). In ordine a coloro per i quali era profumo di vita per la vita, si era vestito di bellezza mentre in rapporto agli altri, per i quali era profumo di morte per la morte, si era vestito di fortezza. Potrà anche a te succedere che ti allieti soltanto finché gli uomini ti lodano e fino a quando sono loro gradite le tue buone opere, mentre poi smetti di compierle quando gli uomini ti criticano. Penserai allora che, per esserti imbattuto in chi ti disapprova, tu hai come perduto il frutto del bene compiuto. Facendo così, non resti immobile, non appartieni all’orbe terraqueo che non sarà scosso. Il Signore si è vestito di fortezza e si è cinto. A proposito di questa bellezza e di questa fortezza, l’apostolo Paolo diceva altrove: Mediante le armi della giustizia a destra e a sinistra. Osserva dove sia la bellezza e dove la fortezza! Mediante la gloria e l’ignominia. Nella gloria, la bellezza; nell’ignominia, la fortezza. Presso alcuni veniva esaltato come meritevole d’ogni gloria, presso altri era disprezzato come ignobile. Si presentava ricco di bellezza per coloro cui tornava gradito; ricco di fortezza per coloro cui era sgradito. Continuando poi ad elencare diverse altre cose, alla fine dice: Come chi non ha niente ma tuttavia possiede tutto (2Co 6,7 2Co 8 2Co 10). Possedendo tutto è bello; mancando di tutto è forte. Non c’è quindi da stupirsi se così continua il salmo: Per questo ha consolidato l’orbe terraqueo, il quale non sarà scosso. In che modo quest’orbe terraqueo non sarà scosso? Finiranno i suoi scossoni quando tutti i fedeli crederanno in Cristo e saranno pronti a tutto: a rallegrarsi con coloro che li lodano e ad essere forti di fronte a coloro che li insultano; a non illanguidirsi per le lodi né ad abbattersi per gli improperi.

L’umiltà di Cristo.

3. Una ricerca particolare merita la parola che aggiunge e cioè: Si è cinto. Il cingersi simboleggia le opere. Infatti ci si cinge quando si ha da compiere qualche lavoro. Ma perché non ha detto: cinctus est bensì praecinctus est?In un altro salmo si dice: Cingi la spada al tuo fianco, o fortissimo! I popoli cadranno sotto di te (Ps 44,4 Ps 6) e non si usa il verbo cingere o praecingere, ma accingere. Questo verbo significa porsi al fianco qualcosa di accessorio e cingersene. Per questo dice: Accingere gladium tuum, ossia: “ Attorno alla tua cintura poni anche la spada ”. La spada del Signore, con la quale egli ha sottomesso l’orbe terraqueo distruggendo l’ingiustizia, è lo Spirito di Dio [che opera] mediante la verità della sua parola. Ma perché cingersi della spada attorno al fianco? Trattando un altro salmo abbiamo detto certamente qualcosa in riferimento al cingersi; tuttavia, siccome qui se ne riparla, non dobbiamo sorvolarne la spiegazione. Che significa “ cingere la spada attorno al fianco ”? Nel fianco è simboleggiata la carne. Il Signore non avrebbe sottomesso l’orbe terraqueo se la spada della verità non fosse venuta nella carne. Perché dunque il Signore volle cingersi (lett. praecinctus est) di tali cose? Uno che praecingit se, si cinge nel senso che collocò dinanzi a sé ciò con cui si cinge. Ecco perché nel Vangelo leggiamo: Praecinctus est linteo, ossia si cinse ponendosi dinanzi un panno e lavò i piedi ai suoi discepoli. Cingendosi con un panno compì un gesto di umiltà, e fu per l’umiltà che lavò i piedi ai suoi discepoli. La fortezza sta nell’umiltà, perché ogni superbia è fragile. Per questo, parlando della fortezza, l’Evangelista dice: Praecinctus est (= si è cinto), per lasciare impresso nella mente questo Dio che si cinge, cioè che si umilia a lavare i piedi dei suoi discepoli. Pietro si spaventò vedendo il suo Signore, il suo Maestro (dire “ suo Maestro ” è dire meno che “ suo Signore ”) curvo ai suoi piedi, pronto a lavarglieli e disse: Signore, non mi laverai i piedi! Al che egli rispose: Ciò che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai in seguito. E Pietro: Non mi laverai i piedi in eterno. Gesù replicò: Se io non te li avrò lavati, non avrai parte con me. Pietro, che dapprima si era spaventato vedendo il Signore che gli lavava i piedi, si spaventò ancora di più udendo le parole: Non avrai parte con me. E credendo che il Signore non compiva senza motivo un tale gesto ma perché vi era nascosto un qualche mistero, disse: Signore, non soltanto i piedi, ma anche il capo e tutto il resto. E Gesù: Chi si è lavato una volta, non ha necessità di essere lavato di nuovo, ma è del tutto purificato. Dunque il fatto che Gesù lavava loro i piedi non era in riferimento al sacramento della purificazione, ma era piuttosto un esempio di umiltà. Per questo disse: Ciò che io faccio, ora tu non lo capisci; ma lo capirai in appresso. Vediamo se gli Apostoli lo compresero più tardi. Vediamo se egli indicò loro il significato del suo gesto, e se noi in essa riusciamo a scorgere il Signore cinto di fortezza: perché è nell’umiltà che sta tutta la fortezza. Dopo aver lavato i piedi, si sedette di nuovo e disse: Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite la verità perché lo sono. Ebbene se io, vostro Maestro e Signore, vi ho lavato i piedi, quanto è mai necessario che voi ve li laviate a vicenda (Jn 13,4-15)? Se dunque nell’umiltà sta la fortezza, non temete i superbi. Gli umili sono come la pietra: la pietra è cosa che sta per terra, però è solida. I superbi invece come appaiono? Appaiono come fumo. Quanto più sono alti, tanto più rapidamente svaniscono. Dobbiamo dunque riferire all’umiltà del Signore le parole del salmo: Praecinctus est, il fatto cioè che egli si è cinto. Cinto, come dice il Vangelo, per lavare i piedi ai suoi discepoli.

Il cristiano di fronte agli insulti.

4. Possiamo tuttavia vedere un altro significato nella parola praecingere, cingersi. Abbiamo detto che chi praecingit se, si cinge nel senso che pone dinanzi a sé ciò che si adatta attorno cingendosene. Talvolta coloro che ci ingiuriano lo fanno in nostra assenza, come alle nostre spalle, mentre altre volte ci insultano in faccia. Come fecero con il Signore appeso alla croce: Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce (Mt 27,40). Se uno ti ingiuria mentre sei assente, non hai bisogno di fortezza, perché non odi le sue parole né ti feriscono le sue offese. Se invece ti ingiuria in faccia, hai bisogno di essere forte. Che vuol dire: Hai bisogno di essere forte? Devi sopportare l’offesa! Non credere infatti di essere forte se, udito l’oltraggio, ti lasci vincere dall’ira e assesti un pugno all’offensore. Non è fortezza quella per cui colpisci chi ti insulta; anzi tu stesso sei un vinto dell’ira, ed è il colmo della stoltezza chiamare forte un uomo sconfitto. Lo dice anche la Scrittura: Colui che vince l’ira è più forte di colui che conquista una Città (Pr 16,32). Vale di più - dice - il domatore dell’ira che non il conquistatore di una città. Hai dunque in te stesso un grande antagonista. Se ascoltando un’offesa, ti senti ribollire di rabbia e stai lì lì per restituire male per male, ricorda le parole dell’Apostolo: Non restituite male per male né ingiuria per ingiuria (1P 3,9). Ricordando queste parole, spezzerai la tua ira e ti conserverai nella fortezza. E siccome sei stato offeso in faccia, non alle spalle, ecco che ti sarai cinto (lett. praecinctus) di fortezza.

Buoni e cattivi mescolati in questo mondo.

5. Ascoltiamo il resto! Il salmo è breve. Egli ha consolidato l’orbe terraqueo, che non sarà scosso. Vedete, fratelli, come molti credono in Cristo, come grande è la moltitudine dei fedeli. Tuttavia, quando or ora è stato letto il Vangelo, avete udito che il Signore verrà in mezzo a questa grande folla portando il crivello nella sua mano, e vaglierà la messe raccolta nella sua aia, raccogliendo il grano nel granaio e gettando la paglia nel fuoco inestinguibile (Cf. Mt 3,12). In tutta la terra ci sono i buoni e ci sono i malvagi; i buoni sono il grano, i malvagi la paglia. Viene, in quest’aia, la trebbiatrice e purifica il grano, stritolando la paglia. Qual è dunque l’orbe terraqueo che non sarà scosso?Non si sarebbe così espresso, se non esistesse un altro orbe terraqueo che sarà scosso. Ci sarà dunque un orbe terraqueo che non sarà scosso e un altro che sarà scosso. I buoni che restano saldi nella fede sono un orbe della terra (ciò perché nessuno abbia a dire che i buoni sono in qualche setta solamente!). Del pari i malvagi, che non restano saldi nella fede quando sopravvengono le tribolazioni, si trovano anch’essi per tutto l’orbe della terra. Esiste dunque un orbe della terra immobile e un altro che si muove. Ne parla l’Apostolo. Osserva l’orbe della terra che si muove. Di chi tratta egli mai (scusatemi) quando dice: Al loro gruppo appartengono Imeneo e Fileto, i quali si sono allontanati dalla verità dicendo che la resurrezione si è già compiuta, e hanno sovvertito la fede di alcuni? Appartenevano forse costoro all’orbe che non sarà scosso? No! erano paglia. E diceva l’Apostolo che essi sovvertivano la fede di alcuni, non di tutti. Che se anche avesse detto “ di tutti ”, noi avremmo dovuto intendere le sue parole come riferite a tutti coloro che appartengono alla città di Babilonia, che sarà condannata insieme con il diavolo. Paolo però dice che essi hanno sovvertito la fede di alcuni. Poi, come se qualcuno gli avesse chiesto: “ Chi potrà opporsi loro? ”, così continua: Ma il saldo fondamento di Dio sta fermo. Ecco l’orbe della terra che resta immobile! Esso ha questo sigillo. Quale sigillo ha il fondamento saldo? Il Signore conosce i suoi. Ma quale sigillo hanno costoro? Si allontani dall’ingiustizia chiunque invoca il nome del Signore (2Tm 2,17-19). Si tenga lontano dal peccato, dato che per ora non può allontanarsi dal peccatore; poiché è vero che la paglia sta mescolata al grano, finché non arrivi il giorno della vagliatura. Ma che cosa stiamo dicendo, fratelli? Mirabile è ciò che accade al grano ammucchiato sull’aia: è trebbiato e con questo si separa dalla paglia, ma non si allontana dall’aia finché non lo si trebbia. Quando sarà separato del tutto? Quando verrà il vagliatore. Orbene, finché dura il mondo presente, tutto l’orbe della terra è un’aia. È necessario dunque, se vuoi progredire, che tu viva in mezzo a gente iniqua. Non puoi segregarti dall’ingiusto. Allontanati dall’ingiustizia! Si allontani dall’ingiustizia chiunque invoca il nome del Signore! Così facendo, si troverà nell’orbe della terra che non sarà scosso.

Cristo, Dio eterno, pone il suo trono nell’anima umile.

6. [v 2.] Preparato è il tuo trono, Dio, sin da quel tempo. Che significa da quel tempo? Significa “ fin da allora ”. È come se dicesse: Vuoi sapere qual è il trono di Dio? e dove siede Dio? Egli ha sede nei suoi santi. Vuoi essere sede di Dio? Prepara nel tuo cuore un luogo ove possa sedersi. Cos’è infatti la sede di Dio se non il luogo dove Dio abita? E dove abita, se non nel suo tempio? E qual è il suo tempio? È costruito forse con pareti di muratura? No certamente! Sarà, per caso, suo tempio questo mondo, che è così grande, che lo diresti degno di contenere Dio? Il mondo non è in grado di contenere colui dal quale fu fatto. Chi è dunque che lo contiene? L’anima in pace, l’anima giusta, essa lo ospita. Eccovi, o fratelli, una cosa straordinaria! Dio è, senza dubbio, un essere immenso. Eppure è pesante per i forti, leggero per i deboli. Chi ho chiamato forti? I superbi, coloro che presumono delle proprie forze. La debolezza dell’umile è una forza ben maggiore! Ascolta l’Apostolo. Dice: Quando sono debole, allora sono forte (2Co 12,10). Questo è quanto ho ricordato sopra: cioè che il Signore si cinse di fortezza quando diede quell’esempio di umiltà. Ecco dunque qual è la sede di Dio. E di essa altrove dice il Profeta: Su chi riposerà il mio Spirito? Evidentemente lo Spirito di Dio non riposa se non nella sede di Dio! Ascolta pertanto com’egli descriva questa sede. Forse ti aspettavi la descrizione di un palazzo di marmo, con atri e saloni spaziosi, con soffitti alti e splendenti. Ascolta quale abitazione Dio si prepara! Su chi si riposerà il mio Spirito? Sopra l’umile e il pacifico e colui che ha timore delle mie parole (Is 66,2). Ecco, se tu sei umile e pacifico, in te abita Dio. Dio è eccelso; ma non abiterà in te, se tu cercherai di essere eccelso. Tu vorresti essere alto affinché egli abitasse in te. Tutt’altro! Sii umile, trema di fronte alle sue parole, e Dio abiterà in te. Egli non si preoccupa se la casa è tremante; c’è lui che la consolida. Il tuo trono, Dio, è preparato fin da quel tempo. Da quel tempo vuol dire “ fin da allora ”. È infatti un’indicazione di tempo. Fin da allora: da quando? Chissà? forse dal giorno prima del sabato (Ps 92,1) (forse da quel tempo), dato che così ci indica il titolo del salmo. Nel sesto giorno infatti, cioè nella sesta età del mondo, venne nella carne il Signore. Da quel tempo è dunque “ da quando apparve come uomo ”; da quel tempo è “ dal seno della madre ”. Che dice un altro salmo? Nello splendore dei santi fin dal grembo materno. Nello splendore dei santi: cioè, affinché i santi siano illuminati e possano vedere Dio nella carne, e in tal modo, purificato il loro cuore, possano vederlo nella divinità. Nello splendore dei santi, fin dal grembo materno. Ma cosa dice dopo? Affinché tu non pensi che Cristo abbia cominciato ad esistere con la nascita, aggiunge: Prima della stella del mattino ti ho generato. Dopo aver detto: Nello splendore dei santi, fin dal grembo materno, aggiunge immediatamente: Prima della stella del mattino ti ho generato (Ps 109,3); cioè ti ho generato prima di tutto ciò che viene illuminato. In tal modo non penserai certamente che Cristo abbia cominciato ad esistere dal giorno in cui nacque, come fu di Adamo, Abramo e David. Nella “ stella del mattino ” vuol indicare simbolicamente tutte le stelle e nelle stelle le varie età del mondo, dato che Dio pose le stelle come segnali dello scorrere del tempo (Cf. Gn 1,14). Da questo ti risulterà evidente che Cristo è nato prima di tutti i tempi. E allora, se lui è nato prima di tutti i tempi, non potrà mai dirsi nato nel tempo. I tempi sono creatura di Dio; e siccome tutte le cose sono state create per mezzo di lui (Cf. Jn 1,3), anche i tempi sono stati fatti per mezzo di lui. Tuttavia le parole: Prima della stella del mattino io ti ho generato, potrebbero essere un richiamo alla Sapienza e significare: Io ti ho generato prima di ogni spirito che è illuminato. Intenda la vostra Carità! Aveva detto: Fin dal grembo materno, ma aggiunge subito: Prima della stella del mattino ti ho generato. Vuole in questa maniera salvaguardare la nostra fede, impedire cioè che nei riguardi di Cristo noi pensiamo che la sua esistenza sia cominciata con la sua concezione nel grembo della Vergine. Lo stesso vale per il salmo che stiamo commentando. Aveva detto: Fino da quel tempo, e questo ci faceva pensare a un certo tempo, al giorno prima del sabato, alla sesta età del mondo, in cui venne il nostro Signore Gesù Cristo, nascendo secondo la carne. Ma colui che si è degnato farsi uomo per noi era Dio ed esisteva, non soltanto prima di Abramo, ma anche prima del cielo e della terra. Come lui stesso ebbe a dire: Io sono prima di Abramo (Jn 8,58). Né solo prima di Abramo, ma anche prima di Adamo. E non solo prima di Adamo, ma anche prima degli angeli, prima del cielo e della terra. Infatti tutte le cose furono create per mezzo di lui. Insomma il salmista vuol impedire che tu, avendo in mente il giorno della nascita del Signore, ritenga che egli abbia cominciato ad esistere solo dal giorno in cui nacque; e per questo sottolinea: O Dio, la tua sede è preparata. Ma chi è questo Dio? Tu sei fin dal secolo, cioè fin dall’eternità. Così infatti reca il testo greco: .  però significa talvolta “ secolo ” e talvolta “ eternità ”. Se ne conclude che tu, che sembri nato solo da “ un certo tempo ”, esisti fin dall’eternità. Non si pensi dunque alla sua nascita umana, ma all’eternità divina. La sua opera in terra, comunque, è cominciata da quando nacque e si fece grande: lo avete udito nel Vangelo. Allora scelse i discepoli, li colmò [dello Spirito Santo] ed essi cominciarono a predicare. Forse è proprio di questo che si parla nel seguito.

La furia delle persecuzioni non intimorisce l’anima fedele.

7. [vv 3.4.] I fiumi hanno elevato le loro voci. Quali sono questi fiumi che hanno elevato le loro voci? Noi non le abbiamo udite. Non le abbiamo udite né quando nacque il Signore né quando fu battezzato né durante la passione. Mai abbiamo udito parlare i fiumi. Leggete il Vangelo e non troverete che i fiumi abbiano parlato. Eppure è poco dire che abbiano parlato. Essi, a detta del salmo, hanno elevato le loro voci. Non hanno dunque solamente parlato, ma hanno parlato con voce forte, possente, alta. Ebbene, quali sono i fiumi che hanno parlato? Abbiamo detto che nel Vangelo non c’è scritto niente; eppure è nel Vangelo che dobbiamo cercare. Poiché, se certe cose non le troviamo nel Vangelo, dove le troveremo? Io potrei inventarmele; ma in tal caso sarei un inetto spacciatore di frottole e non un fedele amministratore [della parola di Dio]. Indaghiamo nel Vangelo e cerchiamo insieme quali siano i fiumi che hanno elevato le loro voci. Sta scritto nel Vangelo che Gesù stava in piedi e gridava. Che cosa gridava? Ecco intanto gridare la stessa sorgente dei fiumi, la stessa fonte della vita da cui dovevano scorrere i fiumi. Ha elevato per primo la sua voce. E che cosa gridava Gesù, stando in piedi? Chi crede in me, come dice la Scrittura, scaturiranno dal suo ventre torrenti di acqua viva. L’Evangelista aggiunge: Diceva questo riferendosi allo Spirito che avrebbero dovuto ricevere coloro che avrebbero creduto in lui. Ma lo Spirito non era stato ancora donato, perché Gesù non era stato ancora glorificato (Jn 7,37-39). Quando però Gesù fu glorificato con la resurrezione e con l’ascensione ai cieli, come ben sapete, fratelli, passati dieci giorni dalla sua ascensione (perché si compisse un certo sacramento) inviò il suo Spirito Santo e ricolmò [di doni] i suoi discepoli (Ac 2,4). Questo Spirito è il gran fiume che ha ricolmato molti fiumi. Di questo fiume dice un altro salmo: L’impeto del fiume allieta la città di Dio (Ps 45,5). Scaturirono dunque fiumi d’acque copiose dal seno dei discepoli, quando essi ricevettero lo Spirito Santo. Essi stessi divennero fiumi quando ebbero ricevuto lo Spirito Santo. In che senso questi fiumi elevarono le loro voci? E perché le elevarono? Perché prima avevano avuto timore. Pietro non era un fiume quando, di fronte alle parole di quella servetta, negò per tre volte Cristo dicendo: Non conosco quest’uomo (Cf. Mt 26,69-74). In quella circostanza ebbe timore e mentì; non levò dunque la voce: non era un fiume. Ricevuto che ebbero lo Spirito Santo, furono convocati dai Giudei, i quali proibirono loro categoricamente di parlare e insegnare nel nome di Gesù. Ecco allora Pietro e Giovanni rispondere: Giudicate voi, al cospetto di Dio, se sia giusto obbedire a voi piuttosto che a Dio. Non possiamo infatti non parlare di ciò che abbiamo visto ed udito (Ac 4,19-20). Fu allora che elevarono i fiumi la loro voce, con voci di molte acque. A questo elevarsi della voce si riferisce anche il passo ove è detto: Si presentò Pietro con gli undici e levando la voce disse loro: Uomini della Giudea (Ac 2,14), con quel che segue. Egli annunziò Cristo con grande coraggio e senza paura. Dunque elevarono i fiumi la loro voce, con voci- di molte acque. Quando gli Apostoli furono dimessi dall’assemblea dei Giudei, tornarono dai loro [amici] e raccontarono gli ordini ricevuti dagli anziani e dai sacerdoti. Ascoltandoli, levarono tutti la loro voce unanime al Signore e dissero: Signore, tu sei colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi (Ac 4,23-24), con quel che segue. Anche costoro erano diventati fiumi che elevavano la loro voce. Impressionante è il sollevarsi delle onde marine. Quando quei discepoli levarono la loro voce, molti credettero e molti ricevettero lo Spirito Santo e, da pochi fiumi che erano stati, cominciarono a far sentire la loro voce come fiumi numerosi. Per questo continua: A causa delle voci di molte acque, impressionante è il sollevarsi delle onde marine, cioè di quel mare che è il mondo. Quando Cristo cominciò ad essere annunziato da tante voci, il mare cominciò ad agitarsi: cominciarono a divenire sempre più frequenti le persecuzioni. Quando dunque i fiumi elevarono la loro voce con voci di molte acque, allora [divennero] impressionanti i cavalloni del mare. I cavalloni sono il gonfiarsi del mare e si hanno quando il mare è infuriato. Ma si sollevino pure le onde quanto vogliono, ruggisca pure il mare quanto vuole! Ci potranno essere dei cavalloni veramente impressionanti: furiose potranno essere le minacce e le persecuzioni, ma osserva le parole che seguono: Mirabile in alto è il Signore. Si calmi dunque il mare, si plachi! Si dia la pace ai cristiani! Il mare era sconvolto: ondeggiava paurosamente la navicella. La navicella è la Chiesa; il mare è il mondo. È venuto il Signore; ha camminato sopra il mare e ha placato i flutti (Cf. Mt 14,24-25). In qual modo il Signore ha camminato sopra il mare? Camminando sulle teste di queste gigantesche onde spumeggianti. I potenti e i re della terra hanno creduto e si sono sottomessi a Cristo. Non spaventiamoci dunque, se è impressionante il sollevarsi delle onde marine. Mirabile in alto è il Signore.

Ci teniamo stretti a colui che ha vinto il mondo.

8. [v 5.] Le tue testimonianze sono divenute oltremodo degne di credito. Più di quanto non fossero impressionanti i cavalloni del mare. Veramente mirabile era il Signore sulle loro Sommità. Le tue testimonianze sono divenute oltremodo degne di credito. Le tue testimonianze, poiché era stato lui a dire anticipatamente: Vi dico queste cose perché abbiate pace in me, mentre nel mondo subirete tribolazioni (Jn 16,33). Cioè: siccome il mondo vi farà soffrire tribolazioni, per questo vi dico queste cose. Cominciarono a soffrire e sentirono avverarsi in loro la parola del Signore e così divennero ancora più forti. Infatti, vedendo avverarsi in loro i tormenti che Cristo aveva preannunziati, speravano che si sarebbe compiuta in loro anche la promessa della corona. Per questo, se impressionante era il sollevarsi delle onde del mare, mirabile in alto era il Signore. Abbiate pace in me, aveva detto il Signore, mentre nel mondo subirete tribolazioni. Che faremo dunque? Il mare si agita, le onde si sollevano e infuriano rabbiosamente; e su di noi si riversano le sciagure. Ci perderemo d’animo? Non sia mai! Mirabile in alto è il Signore. Per questo dunque, dopo aver detto: Abbiate pace in me, mentre nel mondo subirete tribolazioni (come se gli avessero chiesto: Credi tu che il mondo non ci schiaccerà e distruggerà?), immediatamente aggiunge: Però allietatevi, perché io ho vinto il mondo. Orbene, se egli dice: Io ho vinto il mondo, tenetevi stretti a colui che ha vinto il mondo, che ha vinto il mare. Allietatevi in lui, perché mirabile in alto è il Signore, e perché le tue testimonianze sono degne di ogni credito. E attraverso tutte queste vicende che cosa si è ottenuto? Alla tua dimora, Signore, si addice la santificazione. Alla tua dimora, a tutta la tua dimora. Non alla dimora che si trova o qui o là o da quell’altra parte, ma a tutta la tua casa, che si estende in tutto il mondo. Perché in tutto il mondo? Perché egli saldamente regge l’orbe della terra, che non sarà scosso (Cf. Ps 95,10). La casa del Signore sarà resistente; e si estenderà per tutto l’orbe terraqueo. Molti cadranno, però quella casa resterà in piedi. Molti si turberanno, ma quella casa non sarà scossa. Alla tua dimora, Signore, si addice la santificazione. Forse per un po’ di tempo solamente? No di certo! Per la lunghezza dei giorni.

SUL SALMO 93

93 Ps 93

ESPOSIZIONE

DISCORSO

Dio ha cura del creato ed esige la vera innocenza.

1. Come abbiamo prestato la massima attenzione alla lettura del salmo, così stiamo attenti ora che il Signore ci rivela i misteri che si è degnato occultarvi. Se infatti nelle sacre Scritture ci sono dei sacramenti che vengono a noi celati, non è perché li si voglia sottrarre al nostro intelletto, ma per svelarli soltanto a chi bussa (Cf. Mt 7,7). Ebbene, se busserete con sentimenti di pietà e con sincera carità di cuore, ve li rivelerà colui che vede il motivo per cui bussate. Tutti noi sappiamo come molta gente (voglia il cielo che noi non siamo di quel numero!) mormori contro la pazienza di Dio e si rattristi perché egli lascia vivere gli iniqui e gli empi; e non solo li lascia vivere, ma li fa anche disporre di ampi poteri. Succede anzi, e questo è ancora peggiore, che il più delle volte i cattivi abbiano la meglio sui buoni e non di rado riescano a opprimerli. I malvagi se la godono, mentre i buoni soffrono; i malvagi son pieni di boria, i buoni sono umiliati. Osservando tra gli uomini cose di questo genere (e ce ne sono in abbondanza), gli impazienti e le anime deboli si allontanano dal retto cammino pensando che non valga la pena essere buoni. Dio distoglie, dicono, o sembra distogliere, il suo sguardo dalle opere buone compiute dai giusti che lo servono fedelmente, mentre accontenta i cattivi in tutto, ciò che vagheggiano. Orbene questi deboli, credendo che sia inutile vivere bene, sono talora sollecitati ad imitare la condotta dei cattivi che vedono fiorire in mezzo alla prosperità; ovvero, come succede ad altri, se temono di fare il male, è solo perché son privi di coraggio o deboli di animo e temono cattive conseguenze da parte della legge dello Stato. Non evitano il male per amore della giustizia ma, per dirla proprio francamente, perché temono d’essere disapprovati dalla gente o fra la gente. Costoro, se si astengono dal commettere il male, non rifuggono dal pensarlo. E tra i loro ragionamenti perversi, al primo posto come origine di ogni altra malizia, c’è quella empietà che li porta a concludere che Dio trascuri né si occupi delle cose umane, o che non faccia distinzione fra i buoni ed i cattivi, ovvero (pensiero ancor più funesto!) che egli ce l’abbia con i buoni e favorisca i cattivi. Chi pensa così, anche se non causa alcun male al prossimo, ne fa moltissimo a se stesso: è empio contro se stesso e, sebbene la sua malizia non raggiunga Dio, tuttavia uccide la sua anima. Coloro che nutrono tali pensieri non nuocciono agli uomini, poiché appunto sono timidi; tuttavia i loro omicidi, i loro adulteri, i loro inganni e le loro rapine Dio li vede e li punisce nel loro pensiero. Egli conosce i desideri del loro cuore, avendo un occhio che non si ferma all’esterno come chi è ostacolato dalla carne, ma penetra nella volontà. Orbene, quando gente simile si imbatte in qualche occasione cattiva, non diventa cattiva in quel momento ma si palesa per quel che è. Non ti manifesta una malizia che nasce proprio nel momento in cui te la scopre; ti fa soltanto comprendere ciò che teneva racchiuso nell’intimo! Cose del genere erano assai frequenti alcuni anni fa e, potremmo dire, fino a ieri; e le hanno osservate anche gli ingegni più tardi. Ci fu qui da noi, per un certo tempo, una famiglia potentissima, della quale Dio si servì per flagellare l’umanità ed effettivamente il genere umano ne subì i flagelli: supponendo che gli uomini abbiano saputo riconoscere in ciò il flagello del Padre e abbiano concepito timore per il Giudice e la sua sentenza. Quando dunque era in auge tra noi questa grande famiglia, molti ne gemevano, mormoravano, criticavano, maledicevano, bestemmiavano. Ma come sono mutevoli gli uomini! e quanti sono coloro che per giusto giudizio di Dio vengono abbandonati ai desideri del loro cuore (Cf. Rm 1,24)! Gente che prima criticava aspramente quella casa, eccola passare poi dalla sua parte; anzi, ci fu chi, a causa di questi tali, ebbe a subire angherie quali essi stessi fino a poco tempo prima si lamentavano di ricevere dagli altri. Buono quindi è colui che, anche potendo fare il male, se ne astiene; di lui sta scritto: Poté peccare e non peccò, poté fare il male e non lo fece. Chi è costui e lo loderemo? Ha infatti operato meraviglie nella sua vita (Si 31,10 Si 9). La Scrittura parla qui dei potenti che non compiono il male. In fatto di volontà, viceversa, il lupo vorrebbe nuocere tanto quanto vuol nuocere il leone. I danni che causano non sono, è vero, gli stessi, ma la voglia è identica. Ecco il leone: egli non soltanto non si cura dei cani e dei loro latrati, ma li mette in fuga, si appressa all’ovile e, ridotti al silenzio i cani, porta via tutto quello che può. Il lupo, al contrario, non si azzarda ad entrare nell’ovile se intorno ci sono dei cani che abbaiano. Ebbene, se fu solo la paura dei cani che gli impedì di rubare la preda, forse che per questo se ne tornò indietro più innocente [del leone]? Ecco pertanto l’innocenza che Dio ci insegna: essa non consiste nell’astenersi dal male per timore della pena ma per amore della giustizia. Allora si ha davvero l’innocente libero e autentico. Chi si astiene dal male per timore non è innocente, anche se non reca danno reale a colui che vorrebbe danneggiare. Anche se non nuoce ad alcuno con cattive azioni, nuoce (e come!) a se stesso a causa dei suoi desideri cattivi. Ascolta dalla Scrittura com’egli danneggi se stesso. Chi ama l’ingiustizia, dice, odia la propria anima (Ps 10,6). E veramente si sbagliano di grosso quei tali che pensano che la loro ingiustizia reca, sì, del danno agli altri ma non nuoce a loro stessi. Se la malizia di uno si volge contro un altro, ne potrà ferire il corpo, gli potrà danneggiare i beni, devastare la villa, strappare via gli schiavi, rubargli l’oro, l’argento o altri oggetti. Questo potrà ottenere la malizia quand’è rivolta contro terzi. Ebbene, potrà la tua cattiveria danneggiare il corpo del tuo prossimo, e non danneggiare la tua anima?

Lo scandalo derivante dalla prosperità degli empi.

2. È questa una dottrina semplice e conforme a verità. Essa insegna agli uomini l’amore per la giustizia in quanto tale e li sprona a rendersi accetti a Dio con la pratica di tale virtù. Essi debbono convincersi che la loro anima è stata inondata da Dio con una luce intelligibile, affinché essi possano eseguire opere di giustizia e antepongano questa luce di sapienza a tutte le cose che sogliono amarsi nel mondo. Tuttavia contro questa dottrina c’è chi ha da protestare e, anche se le proteste non si pronunziano con la voce, c’è chi se ne rode in fondo al cuore. E cosa dicono costoro? “ Ma, sarà vero che con la buona condotta mi renderò accetto a Dio? Sarà vero che egli, si compiace dei giusti, quando vediamo che sotto di lui i cattivi prosperano così rigogliosamente? Commettono tante iniquità, e niente di male capita mai a loro! ” Che se una qualche sciagura loro succede, e tu ti provi a far osservare ai tuoi interlocutori: “ Ecco, veramente quel tizio ha fatto molto male, ma guarda come ne è stato ricompensato; guarda qual risultato ne ha conseguito ”, cosa ti rispondono? Subito il loro pensiero vola ai giusti cui sono capitate delle sciagure e, ribattendo le nostre osservazioni, insistono: “ Se a quel malvagio il male è successo perché è stato cattivo, perché è accaduto a quell’altro che è vissuto sempre giustamente? Ha fatto tante elemosine, ha compiuto tante opere buone nella Chiesa. Perché doveva capitargli una tal sorte? Perché finire come quell’altro che ha compiuto tante scelleratezze? ”. Dicendo così, mostrano che, se non compiono il male, dipende dal solo fatto che o non lo possono fare o non ne hanno il coraggio. In effetti, ciò che il loro cuore desidera, lo palesa la loro lingua. Anzi, anche se la lingua per paura tacesse, Dio vedrebbe ugualmente ciò che nel suo intimo pensa quell’uomo: lui che vede anche ciò che è nascosto agli uomini. Ebbene, il presente salmo intende curare questi pensieri degli uomini, siano occulti o siano manifesti, mediante parole o atti. Supposto evidentemente che ci si voglia far curare! Lo ascoltino dunque e ne siano risanati! Volesse il cielo che in tutta la folla convenuta fra le pareti di questo tempio e intenta ad ascoltare dalla mia bocca la parola di Dio, non vi siano ferite di questo genere che debbano essere risanate! Oh, se davvero non ve ne fosse nessuna! Tuttavia non parleremmo ugualmente invano, anche se non vi fossero tra voi tali ferite. Lasciatevi arricchire spiritualmente in modo da poter giovare anche agli altri, quando avranno modo di ascoltarvi. È infatti mia convinzione che ogni cristiano possa incontrarsi in gente che ragiona come si diceva sopra. Ebbene, se egli è un buon fedele, se crede con fede retta in Dio e la sua speranza è rivolta al futuro (cioè non è riposta in beni della terra né limitata alla vita presente), se non ascolta infruttuosamente l’invito di elevare in alto il suo cuore, di fronte a tali contestatori piange e insieme irride. Egli in fondo al suo cuore dice: “ Dio sa bene quello che fa. Noi non possiamo conoscere i suoi disegni né perché per un certo tempo lasci briglia sciolta ai cattivi e perché, temporaneamente, i buoni abbiano a soffrire. A me tuttavia basta sapere che tanto le sofferenze dei buoni quanto i successi dei cattivi sono di breve durata ”. Chi ragiona così è tranquillo: sopporta con pazienza le molteplici prosperità dei cattivi e parimenti le tribolazioni dei buoni. Tutto sopporta, finché il mondo presente non giunga alla fine e scompaia l’iniquità. Un uomo di tale sorta è già beato: Dio gli ha insegnato la sua legge e l’ha sottratto ai giorni del male, quando al peccatore viene scavata la fossa. Chi invece non ha ancora raggiunto tale maturità, ascolti dalla nostra bocca ciò che è volontà del Signore. E che il Signore, il quale meglio di ogni altro vede la ferita che ha da curare, gli dica in cuore molte altre parole!

I giorni della settimana e l’opera che Dio compì in ciascuno.

3. [v 1.] Il salmo reca questo titolo, cioè questa iscrizione: Salmo per David stesso, nel quarto giorno della settimana. Questo salmo insegnerà ai giusti la pazienza in mezzo alle tribolazioni. Contro il prosperare degli empi, esso effettivamente ci insegna la pazienza, costruendone in noi l’edificio. È questo il contenuto del salmo dall’inizio alla fine. Perché allora menzionare nel titolo il quarto giorno della settimana? Il primo giorno della settimana è la domenica; il secondo giorno è la feria seconda che, con linguaggio profano, si chiama giorno della Luna; il terzo è la feria terza, chiamato anche giorno di Marte. Il quarto giorno della settimana corrisponde quindi alla feria quarta, che i pagani chiamano giorno di Mercurio. Ci sono anzi molti cristiani che lo chiamano così, anche se la cosa a noi non piace e vorremmo che si correggessero di questo errore e non lo chiamassero in tal modo. Hanno infatti anche i cristiani una loro terminologia da usare; e siccome si tratta di nomi che non sono in voga presso tutte le genti (ci sono tanti e tanti popoli che li chiamano diversamente), per questo sarebbe meglio che sulle labbra di un cristiano non risuonasse se non una terminologia ecclesiastica. Tuttavia, se qualcuno spinto dalla consuetudine si lascerà sfuggire dalla bocca quei nomi che col cuore riprova, sappia che tutti quei nomi con cui si designano le stelle sono nomi portati da uomini e che non è vero che le stelle cominciarono a brillare nel cielo quando nacquero quegli uomini, ma c’erano anche prima di loro. Essi furono uomini di grandi risorse e superiori agli altri in ordine alla vita presente e, avendo recato agli uomini mortali benefizi transitori, non certo validi in ordine alla vita eterna ma utili per il benessere temporale, per questo divennero cari agli uomini e furono loro tributati onori divini. Insomma, certi uomini profani dell’antichità, ingannati e bramosi d’ingannare, al fine di adulare coloro da cui avevano ricevuto un qualche benefizio proporzionato al loro amore mondano, additavano loro le stelle del cielo e dicevano che una era la stella di Tizio e l’altra di Caio. La gente poi, che a tali cose non aveva badato e che non aveva controllato come le stelle in parola esistessero prima ancora che tali personaggi nascessero, si lasciò ingannare e ci credette. Così ebbe origine questa falsa credenza, che il diavolo confermò ma Cristo ha dimostrato assolutamente infondata. Secondo il nostro modo di parlare, quindi, il quarto giorno della settimana è il quarto giorno dopo la domenica. Voglia ora badare la vostra Carità al significato di questo titolo! In esso è contenuto un mistero grande e profondo. A differenza infatti di molte parti del medesimo salmo, che sono chiare ed ovvie nei termini e nel contenuto ed è facile comprenderle, il titolo del presente salmo (bisogna riconoscerlo) contiene non poche difficoltà. Ci assisterà il Signore, affinché dissipi le nubi e si faccia sereno, in modo che voi possiate intendere il salmo e già dallo scritto posto sulla soglia riusciate a comprenderlo. Sulla soglia di questo salmo c’è dunque questa iscrizione: Salmo, per David stesso, nel quarto giorno della settimana.Il titolo è posto sul limitare [della casa]; è fissato sugli stipiti. La gente, prima di entrare in una casa, vuol sempre conoscere la dicitura che la descriva. E allora andiamo con la mente alla sacra Scrittura, al libro della Genesi, e ripensiamo cosa fu creato nel primo giorno. Troviamo che fu creata la luce. Cosa fu creato nel secondo giorno e troviamo il firmamento; nel terzo la comparsa della terra e del mare e la separazione delle acque, per cui la massa acquatica ebbe il nome di mare, mentre la parte rimasta asciutta fu chiamata terra. Nel quarto giorno Dio fece i luminari che pose in cielo (Cf. Gn 1,3-19): e il sole a presiedere il giorno, la luna e le stelle a presiedere la notte (Cf. Ps 135,8-9). Questo è ciò che Dio fece nel giorno quarto. Perché mai, allora, un salmo che mira ad insegnare la pazienza di fronte ai successi dei malvagi e alle tribolazioni dei giusti deve intitolarsi in riferimento al quarto giorno? Ecco le parole che Paolo apostolo rivolgeva a dei fedeli, santi e confermati in Cristo: Fate ogni cosa senza mormorare o litigare. Siate irreprensibili, sinceri, figli di Dio esenti da macchie, vivendo in mezzo ad una generazione traviata e maligna. Voi dovete risplendere in mezzo a loro come luminari posti sul mondo, possedendo la parola della vita (Ph 2,14 Ph 16). Dai luminari si prende l’esempio per ricordare ai santi che debbono vivere senza ribellioni in mezzo a una generazione di traviati e maligni.

Adorare gli astri è da insensati.

4. Non si deve peraltro credere che ai luminari del cielo si debba prestare un culto religioso o, li si debba adorare per il fatto che da loro a volte si prende una qualche immagine per indicare i santi. Spieghiamolo immediatamente nel nome di Cristo, notando quanto sia illogico voler adorare il sole o la luna o le stelle o il cielo, perché da loro è stata desunta l’immagine per indicare i santi. Molti oggetti sono stati scelti dagli autori ispirati per raffigurare i santi, eppure nessuno li adora. Se infatti volessi adorare tutto quello che simboleggia i santi, dovresti adorare i monti e i colli, dato che sta scritto: I monti esultarono come arieti, e i colli come agnelli (Ps 113,4). Tu ti riferisci ai santi; io mi riferirò a Cristo stesso. Se è scritto: Ha vinto il leone della tribù di Giuda (Ap 5,5), perché non adori il leone? E adora anche la pietra, dato che sta scritto: La pietra poi era Cristo (1Co 10,4). Se dunque tu non adori questi esseri terreni che raffigurano Cristo anche se da essi sono state desunte certe immagini, qualunque sia la creatura che sia stata presa a simboleggiare i santi, tu devi ricordarti che si tratta di un’immagine e riservare al Creatore la tua adorazione. Il nostro Signore Gesù Cristo è stato chiamato “ sole ” (Cf. Sg 5,6); ma sarà forse questo sole che insieme con noi vedono anche gli animali più insignificanti? Egli è la luce di cui sta scritto: Era la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Jn 1,9). La luce materiale non illumina soltanto gli uomini, ma anche i quadrupedi, gli armenti e ogni sorta di animali. Al contrario la luce che illumina tutti gli uomini brilla nel cuore e illumina solo chi ha l’intelletto.

Gli astri modello di equilibrio e di imperturbabilità.

5. Voglia la vostra Carità comprendere a chi siano rivolte le parole dell’Apostolo: In mezzo a una generazione traviata e perversa (cioè a degli iniqui) voi dovete risplendere come luminari del mondo, avendo la parola della vita (Ph 2,15-16). Ci ha in certo qual modo avvisati sul come intendere questo salmo e come penetrarne il titolo. I santi posseggono la parola della vita e, avendo in cielo la loro dimora, non si lasciano impressionare dalle molte iniquità che si compiono sulla terra. Sono come gli astri del cielo che si muovono di giorno e di notte, percorrendo ciascuno la sua orbita e senza allontanarsi dal corso che debbono seguire. Anche se si commettono tanti delitti, le stelle del cielo, fisse lassù nel firmamento, non cambiano rotta ma continuano il loro moto nell’ambito loro stabilito e determinato dal Creatore. Allo stesso modo debbono comportarsi i santi. Occorre però che abbiano il cuore fisso in cielo, che non ascoltino inutilmente né ripetano bugiardamente che hanno il cuore in alto; occorre che imitino colui che diceva: La nostra dimora è nel cielo (Ph 3,20). Vivendo nel cielo e pensando a cose di cielo (come sta scritto: Dov’è il tuo tesoro, ivi è anche il tuo cuore (Mt 6,21)), attraverso questi pensieri celesti divengono anche pazienti. Percorrono la loro strada e di tutto quello che si combina qui sulla terra non si dànno pensiero, come non se ne curano gli astri del cielo, i quali, pur vedendo i mali orribili che avvengono in terra, ad altro non badano se non a distribuire i giorni e le notti. Ma sarà, credo, cosa facile per i buoni sopportare le malvagità dei cattivi, quando queste non li toccano direttamente. Occorre però che, come sanno pazientare di fronte al male causato a terzi, così sopportino il male causato a loro stessi. Non è bene che essi siano pazienti e tolleranti quando il male colpisce gli altri, mentre perdono la pazienza quando il male si riversa su loro stessi. Chi perde la pazienza cade dal cielo. Chi invece ha fisso in cielo il suo cuore, lascia che la propria terra (= il corpo) subisca tribolazioni sulla terra. Quante cose inventano gli uomini a proposito delle stelle! eppure le stelle sopportano tutto con pazienza. Allo stesso modo i giusti debbono sopportare con pazienza tutte le calunnie lanciate contro di loro. Quello stesso di cui vi parlavo or ora, e cioè che uno dia ad un astro il nome di Mercurio, a un altro il nome di Saturno o di Giove, è tutto un’ingiuria che si fa alle stelle. Ebbene? Di fronte a tante ingiurie, forse che le stelle si imbizzarriscono e interrompono il loro corso? Ugualmente deve comportarsi l’uomo che, trovandosi in mezzo a una generazione traviata e perversa, ha con sé la parola di Dio: dev’essere come un astro che splende nel cielo. E quanti ce ne sono che, pur volendo onorare il sole, dicono fandonie nei suoi riguardi! Coloro che dicono: “ Cristo è il sole ”, dicono il falso nei riguardi del sole. E il sole sa che Cristo è il suo padrone e il suo creatore; e se potesse adirarsi, si adirerebbe più contro chi l’onora falsamente, che contro colui che lo offende. Difatti, per un servo coscienzioso, l’offesa maggiore che possa recarglisi è quella lanciata contro il suo padrone. Quante falsità dicono certuni nei confronti degli astri! Eppure essi sopportano, lasciano correre né si turbano minimamente. Perché? Perché sono in cielo. Ma il cielo cos’è? Ecco un’altra cosa su cui non vogliamo sorvolare. Quando la gente vede oscurarsi la luna, quante frottole inventa, fino a dire che sono gli stregoni a spiccarla dal cielo; mentre in realtà si tratta di un disegno di Dio che in periodi determinati essa subisca delle fasi di decrescenza. Ma la luna, essendo in cielo, non si cura delle frottole degli uomini. E che vuol dire essere in cielo? Essere nel firmamento del cielo. Se pertanto uno ha fisso il cuore in quel firmamento che è il libro di Dio, non si angustia per gli altri problemi.

La Parola di Dio è luce per l’uomo viatore.

6. Nel cielo, cioè nel firmamento, possiamo vedere raffigurato il libro della legge. Per cui in un passo della Scrittura si legge: Egli stende il cielo come una pelle (Ps 103,2). Se si distende come una pelle, è come un libro che si apre per leggervi. Una volta però che sia trascorso il tempo, non occorre più leggere. In tanto infatti si legge il libro della legge, in quanto non si è ancora arrivati a quella sapienza che riempie il cuore e la mente di chi la contempla. Allora non ci sarà più bisogno che si legga alcunché. Mentre infatti si fa la lettura, si odono sillabe che colpiscono il nostro orecchio e passano; la luce della verità, al contrario, non viene mai meno, ma è fissa e inebria in maniera permanente il cuore di chi la contempla. Di lei si dice: Saranno inebriati dall’abbondanza della tua casa, e col torrente delle tue delizie li disseterai, poiché presso di te, Signore, è la fonte della vita. E osserva questa fonte. Dice: Nella tua luce vedremo la luce (Ps 35,9 Ps 10). La lettura è necessaria nella vita presente, finché parzialmente conosciamo e parzialmente profetiamo (come dice l’Apostolo); ma quando giungerà ciò che è perfetto, verrà escluso ciò che è parziale (1Co 13,9). Quando saremo in quella città che è la Gerusalemme celeste, dove vivono gli angeli, non occorrerà che ci si legga il Vangelo o gli scritti apostolici. Da quella città noi siamo ora lontani come degli esuli e in quanto esuli noi gemiamo. (Naturalmente geme chi si sente esiliato, mentre è del tutto disamorato della patria chi nell’esilio si sente a suo agio). Orbene lassù, dove vivono gli angeli, ci si ciba della parola di Dio. La quale parola, per risuonare in maniera comprensibile a noi che siamo nel tempo, si è fatta carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi (Cf. Jn 1,14). Però anche la legge scritta è per noi un firmamento e, se il nostro cuore è stabilizzato in essa, non viene scosso dalle iniquità degli uomini. Per questo è detto: Egli stende il cielo come una pelle (Ps 103,2). E dell’epoca quando non ci sarà più la necessità dei libri, cosa sta scritto? Il cielo sarà ripiegato come un libro (Is 34,4). Pertanto, se uno ha il cuore in alto, questo stesso suo cuore è un luminare che splende in cielo e che le tenebre non riescono ad oscurare. Le tenebre (che poi sono le iniquità) sono in basso e non sono di natura immutabile. L’abbiamo ricordato anche ieri. Chi oggi è tenebra, può diventare luce domani, se lo vuole. Coloro che, quando sono entrati qui, erano tenebre, possono, se lo vogliono, cambiarsi immediatamente in luce. Ce lo dice con termini quanto mai espliciti l’Apostolo, affinché nessuno pensi che il peccato sia un male naturale e che quindi ogni cambiamento sia impossibile. Dice: Un tempo voi eravate tenebre, ora invece siete luce nel Signore. Camminate come figli della luce (Ep 5,8). Luce nel Signore, dice; quindi non in voi stessi. Tieni dunque il tuo cuore nel libro! Se il tuo cuore è nel libro, è nel firmamento del cielo; e se è nel cielo, di lassù faccia risplendere la sua luce e non subirà turbamenti per le malvagità che succedono nelle regioni inferiori. Non che il cuore possa essere fin d’ora fisicamente nel cielo; ma vi deve essere per il modo di vivere. Come sta scritto: La nostra vita è nel cielo (Ph 3,20). Non puoi farti un’idea di quella città celeste, perché ancora non la vedi. Ma vuoi lo stesso nutrire pensieri di cielo? Pensa al libro di Dio. Ascolta il salmo: Egli mediterà giorno e notte sulla legge del Signore (Ps 1,1-2). Già prima ne aveva parlato: Beato l’uomo che non segue le massime degli empi né si pone sulla via dei peccatori né siede sulla cattedra pestilenziale, ma ha la sua volontà nella legge del Signore. Ecco un luminare posto in cielo! Egli medita giorno e notte sulla legge del Signore. Vuole, un tal uomo, sopportare con pazienza ogni male? Non scenda dal cielo, e mediti giorno e notte sulla legge del Signore. Insomma, il suo cuore dev’essere in cielo; e se sarà veramente in cielo il suo cuore, tutto il male che giorno per giorno succede sulla terra, tutte le fortune che godono i malvagi, tutte le tribolazioni a cui sono soggetti i buoni, per lui che giorno e notte medita nella legge del Signore, tutte queste cose non rappresentano nulla. Egli sopporta tutto e, ammaestrato da Dio, vivrà felice. Ma come si collocherà nel firmamento del cielo? Questo firmamento è la legge di Dio. Beato l’uomo che tu, Signore, ammaestri e al quale insegni la tua legge, per renderlo mite nei giorni del male, finché al peccatore si viene scavando la fossa (Ps 93,12-13). Osservate dunque i luminari del cielo. Essi hanno il loro moto, che li porta a tramontare e a sorgere di nuovo; percorrono le loro orbite, separano il giorno dalla notte, segnano il susseguirsi degli anni e delle stagioni. E mentre in terra succede una infinità di guai, essi conservano su in cielo la loro imperturbabilità. Cosa quindi vorrà insegnarci il Signore? Sentiamolo dal salmo.

Il Signore è longanime, ma alla fine giudicherà con giustizia.

7. Dio delle vendette è il Signore; il Dio delle vendette ha operato con vigore. Credi tu che egli non si vendichi? Se ne vendica certamente, lui che è il Dio delle vendette. Che significa il Dio delle vendette? Che è un Dio che si vendica. Tu brontoli, a volte, perché Dio non si vendica dei malvagi. Non protestare! se ti interessa non far parte di coloro che sentiranno la sua vendetta. Uno ruba e seguita a vivere; e tu te la prendi con Dio perché non fa morire chi ti ha derubato. Ebbene, ammesso anche che oggi tu non commetti furti, sta’ attento e vedi se, pur non commettendone più oggi, non ne abbia commessi in passato. Se oggi sei “ giorno ”, ripensa a quando eri “ notte ”; se oggi sei un astro del cielo, ricorda che sei fatto di terra. Potresti scoprire che in passato anche tu sei stato un ladro e così aver suscitato le ire di qualche altro per il fatto che, pur essendo tu un ladro, ti si lasciava vivere e non morivi. Se pertanto, quando tu compivi opere cattive, fosti lasciato in vita affinché cessassi di compierne, non pretendere, ora che sei passato [all’altra sponda], che la misericordia di Dio tagli ogni ponte. Non sai che per la stessa strada dove sei passato tu, dovranno passare molti altri? E tu te ne staresti ora a brontolare, se fosse stato ascoltato da Dio colui che prima aveva elevato proteste contro di te? Eppure anche così tu seguiti a desiderare che Dio si vendichi dei cattivi: ad esempio, che il ladro muoia sull’atto stesso di rubare; e te la prendi con Dio perché non fa morire questo ladro. Provati un po’ a mettere su una bilancia esatta un ladro e un bestemmiatore. Poiché, anche ammesso (come tu dici) che non sei un ladro, per il fatto che ti ribelli a Dio sei certamente un blasfemo. E se il ladro approfitta del sonno della gente per trafugare qualcosa, tu tratti Dio come uno che dorme e che quindi non è in grado di vederlo. Orbene, se tu vuoi che il ladro controlli meglio la sua mano, comincia prima tu col tenere a posto la lingua. Se vuoi che l’altro sia padrone del suo cuore e non nuoccia al suo simile, rettifica prima tu il tuo stesso cuore nei riguardi di Dio: affinché non succeda che, mentre tu auspichi la vendetta di Dio, venendo questa per davvero, non si riversi in primo luogo su di te. Dio infatti verrà. Verrà e giudicherà coloro che persisteranno nella loro malizia, che saranno stati ingrati di fronte alla larghezza della sua misericordia, ingrati verso la sua pazienza, che si saranno accumulati dell’ira per il giorno della vendetta, quando sarà effettuato manifestamente il giusto giudizio di Dio, il quale ricompenserà ciascuno secondo il proprio operato (Cf. Rm 2,4-6). Infatti il Signore è il Dio delle vendette e, proprio perché Dio delle vendette, egli agisce con vigore. Nemmeno quando parlava qui sulla terra egli risparmiò alcuno. Pur essendo il Signore, egli era coperto di una carne debole ma nel parlare era estremamente deciso. Non ebbe riguardi per la dignità dei capi del giudaismo: e quante cose non disse contro di loro! E le disse con estrema franchezza. È di lui infatti che sta detto nei salmi: Considerando la miseria degli indigenti e il gemito dei poveri, subito mi leverò, dice il Signore (Ps 11,6). Chi sono questi poveri, questi bisognosi? Coloro che non hanno altra speranza se non in Dio, in colui cioè che, solo, non delude le nostre speranze. Comprendete bene, fratelli, chi siano questi poveri e questi bisognosi. Quando nella Scrittura si elogiano i poveri, non pare si riferisca a quei poveri che effettivamente non posseggono nulla. Potrai infatti imbatterti in un povero che, quando riceve una qualche ingiuria subito pensa al suo signore, a colui che forse lo ospita in casa; a quel tale di cui è inquilino o colono o cliente. Dice che quell’ingiuria è per lui intollerabile, in quanto si riversa sul suo padrone. Il suo cuore è attaccato a un uomo, la sua speranza riposa sull’uomo: è una cenere che spera nella cenere. Al contrario, non mancano persone benestanti, al colmo degli onori temporali, le quali non ripongono la loro speranza né nel denaro né sui fondi che posseggono né nella loro famiglia né nello splendore delle loro cariche transitorie. La ripongono invece completamente in colui al quale nessuno succede sul trono, in colui che non può morire, come non può né ingannare né ingannarsi. Ebbene costoro, anche se all’apparenza posseggono molti beni di questo mondo, per il fatto che li amministrano bene e ci sostentano i bisognosi, sono da annoverarsi fra i poveri del Signore. Essi si rendono conto dei pericoli a cui li espone la vita presente, si sentono pellegrini in questo mondo, e in mezzo all’abbondanza delle loro ricchezze si comportano come il pellegrino nella casa che l’ospita: vi si ferma di passaggio, non se la compra per sempre. E allora che cosa fa il Signore? Considerando la miseria degli indigenti e il gemito dei poveri, mi leverò (dice il Signore) e li porrò nella fonte della salvezza. Fonte della salvezza è il nostro Salvatore, e in lui l’autore del salmo voleva che fosse riposta la speranza di tutti i poveri e i bisognosi. Difatti come prosegue? In lui io agirò con fiducia. Che significa: Agirò con fiducia? Significa che non avrà paura né cederà di fronte ai vizi e alle brame illecite degli uomini. È un medico veramente coscienzioso, con in mano una lama salutare, quella della sua parola. Egli apre ogni piaga. Così era stato preconizzato e descritto dai profeti, e così fu realmente. Parlando sul monte diceva: Beati i poveri di spirito, poiché di loro è il regno dei cieli. E ancora: Beati coloro che subiscono persecuzioni per amore della giustizia. E sempre nel medesimo discorso: A loro infatti appartiene il regno dei cieli. Volendoli poi rendere luminari (capaci cioè di sopportare con pazienza tutti i mali passeggeri della vita presente), diceva: Sarete beati quando vi perseguiteranno e vi lanceranno ogni sorta di ingiurie. Godete ed esultate, poiché grande è la vostra ricompensa nel cielo (Mt 5,3 Mt 10-12). Successivamente, andando avanti nel discorso e cominciando ad insegnare, sebbene lì intorno ci fosse una gran folla, disse ai suoi discepoli tante cose che colpivano in pieno viso i farisei e i giudei. Costoro godevano come di una preminenza nell’interpretazione dell’intera Scrittura, si ritenevano giusti o quasi, o almeno davano l’impressione di ritenercisi; e la gente del popolo, ossequiente, riconosceva questi loro privilegi. Ebbene, Gesù non risparmiò nemmeno costoro ma disse francamente: Quando pregate, non comportatevi come gli ipocriti. Essi amano pregare in piedi nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per essere notati dalla gente (Mt 6,5), e tante cose simili. Colpì tutti; non si lasciò intimorire da alcuno. E al termine del suo discorso, la narrazione evangelica conclude con questa precisazione: Quando Gesù ebbe terminato il suo dire, le turbe ne ammiravano la dottrina, poiché egli insegnava come uno che avesse autorità, e non come i loro scribi e i farisei (Mt 7,28-29). Quante cose disse, dunque, colui di cui sta scritto che insegnava come uno che ha autorità! Quante volte disse: Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! (Mt 23,13-14) E tante altre minacce lanciate loro in faccia! Non ebbe paura di nessuno. Perché? Perché è il Dio delle vendette. Non risparmiava loro parole aspre per poterli risparmiare nel giorno del giudizio: poiché, se non avessero voluto accogliere la medicina delle sue parole, sarebbero incorsi senza scampo nella sentenza del giudice. Perché? Perché è scritto: Dio delle vendette è il Signore; il Dio delle vendette agisce con vigore, cioè non risparmia nessuno con le parole. E se non risparmiò nessuno quando si accingeva a subire la morte, volete che risparmi qualcuno quando da giudice emetterà la sentenza? Lui che nella sua vita umile non ebbe paura di alcuno, avrà paura di qualcuno quando verrà nella gloria? Dal coraggio con cui ha agito in passato rifletti a come agirà alla fine del mondo. Non brontolare quindi contro Dio, quasi che egli usi dei riguardi verso i cattivi. Cerca piuttosto d’essere buono tu stesso: in modo che, anche se Dio non vorrà risparmiarti la sferza durante la vita attuale, ti usi poi misericordia nel giudizio. Dio delle vendette è il Signore; il Dio delle vendette agisce con vigore.

Dio perdona agli umili, e castiga severamente i superbi.

8. [v 2.] Il Cristo agì coraggiosamente, ma essi non sopportarono il suo coraggio. Era venuto nell’umiltà, si era rivestito di carne mortale ed era venuto a morire: non a fare ciò che fanno i peccatori, ma a soffrire ciò che avrebbero da soffrire i peccatori. Ebbene, essendo venuto a questo scopo, quando lo videro agire con tanto coraggio e non se la sentirono più di sopportare la franchezza delle sue parole, cosa gli fecero? Lo presero, lo flagellarono, lo svillaneggiarono, lo schiaffeggiarono, lo copersero di sputi, lo coronarono di spine, lo appesero alla croce e finalmente lo uccisero. Egli comunque agì coraggiosamente. Con quali conseguenze? Dice: Lèvati in alto, tu che giudichi la terra! Credi forse che, se l’hanno catturato umile, lo tratterranno ora che è nella gloria? Credi che, se quand’era mortale lo sottoposero a giudizio, sfuggiranno al giudizio di chi è immortale? Cosa dice allora? Lèvati in alto, tu che hai agito con coraggio! Gli empi non tollerarono la franchezza del tuo parlare e credettero di avere compiuto una impresa notevole quando ti presero e ti crocifissero. Ti avrebbero dovuto accogliere mediante la fede, ma essi ti accolsero con la persecuzione. Ebbene, tu che in mezzo agli iniqui ti comportasti con grande coraggio e non avesti paura di nessuno, superata la passione lèvati in alto, cioè risorgi e ascendi al cielo. E così anche la Chiesa: soffra con pazienza le tribolazioni che con pazienza ha tollerate il suo Capo! Lèvati in alto, tu che giudichi la terra! rendi ai superbi la mercede loro dovuta. Oh sì, fratelli! egli pagherà ciascuno. Cosa significano infatti le parole: Lèvati in alto, tu che giudichi la terra; rendi ai superbi la mercede loro dovuta?È profezia di uno che predice, non audacia di uno che voglia dettar legge. Difatti, non perché il profeta aveva detto: Lèvati, tu che giudichi la terra, Cristo risorse da morte e salì al cielo, sottomettendosi al profeta; ma poiché il Cristo avrebbe compiuto tutto questo, per questo il profeta poté predirlo. Insomma, Cristo fece quello che fece non perché il profeta l’aveva predetto, ma il profeta lo predisse perché Cristo l’avrebbe fatto. Egli, il profeta, in spirito vede Cristo nella sua condizione umile, abietta e, riscontrando che egli non ha paura di nessuno, che non risparmia a nessuno le sue rampogne, afferma: Egli agisce coraggiosamente. Poi vede come costui che agiva con coraggio venga catturato, crocifisso, umiliato; lo vede risorgere e ascendere al cielo, e sa che egli tornerà a giudicare coloro che gli inflissero tanti tormenti. Per questo esclama: Lèvati in alto, tu che giudichi la terra rendi ai superbi la mercede dovuta! Egli ripagherà i superbi, non gli umili. Chi sono i superbi? Coloro che, non contenti di fare il male, pretendono di scusare le loro malefatte. Tanto è vero che, anche fra i Giudei che avevano crocifisso il Cristo, a seguito dei miracoli avvenuti più tardi, molti se ne convertirono e ottennero il perdono d’aver sparso il sangue di Cristo. Avevano mani sacrileghe, bagnate ancora del sangue di Cristo; ma le lavò colui del quale essi avevano versato il sangue. Coloro che s’erano accaniti contro il suo corpo mortale e visibile furono aggregati a quel corpo che è la Chiesa. Versarono il sangue, prezzo del loro riscatto, e di quel sangue bevvero: e molti si convertirono (Ac 4,4). Di fronte ai molti miracoli compiuti dagli Apostoli, diverse migliaia di persone abbracciarono la fede in uno stesso giorno; e tanto si avvicinarono che presero a vendere i loro beni e a portarne il ricavato ai piedi degli Apostoli, e a ciascuno era distribuito ciò di cui abbisognava, e tutti avevano un’anima sola e un solo cuore protesi verso Dio. Questo fra coloro che avevano crocifisso il Signore! Ma perché non fu fatto loro scontare il delitto commesso? Perché era stato detto: Rendi la dovuta mercede ai superbi, mentre essi non vollero rimanere superbi. Vedendo compiersi dei miracoli nel nome di quel Cristo che essi pensavano di avere eliminato per sempre, si impressionarono e vollero udire da Pietro in nome di chi venissero compiuti tali miracoli. I servi infatti, cioè gli Apostoli, non vollero arrogarsi la potenza del loro Signore né pretesero di ascrivere a se stessi ciò che egli compiva per loro mezzo. Diedero quindi, questi servi, onore al loro Signore e dissero che le meraviglie operate agli occhi della gente erano compiute nel nome di quel Gesù che essi avevano crocifisso. Quanti li udirono divennero umili, si pentirono e, scossi spiritualmente, confessarono il loro peccato. Chiedendo poi consiglio, dissero: Cosa dobbiamo fare dunque? Non disperano della salute; ricercano la medicina. E Pietro rispose loro: Fate penitenza e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome del Signore nostro Gesù Cristo (Ac 2,37-38). Se si pentirono, è segno che erano umili, e per questo non fu loro inflitto il castigo dovuto. Nota infatti le parole del nostro salmo: Sorgi, tu che giudichi la terra; rendi ai superbi la mercede loro dovuta. Ma quei convertiti non erano nel numero dei superbi. Per loro valeva l’invocazione del Signore sospeso in croce: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34). Sorgi, tu che giudichi la terra; rendi ai superbi la mercede loro dovuta. Dio dunque ripagherà come merita il peccatore? Sì certamente, ma se rimarrà nella sua superbia.

Non indurirsi nel male, abusando della pazienza divina.

9. [vv 3.4.] Ma quando verrà a dare questa ricompensa? Frattanto i cattivi trionfano, cantano vittoria, bestemmiano e commettono ogni sorta di mali. Ti sgomenta? Indaga con religioso rispetto, non protestare con superbia! Ti senti frastornato? Il salmo ha compassione di te e viene ad aiutarti nella ricerca. Non che [l’autore] non sappia come stiano le cose, ma viene a ricercare insieme con te una cosa a lui nota, affinché in lui tu trovi ciò che non conoscevi. È come quando uno vuol consolare una persona: se non partecipa al suo dolore, non riuscirà mai a sollevarla. Prima si accomuna al suo dolore, poi la rincuora con parole di conforto. Se al contrario le si avvicinasse ridendosela del lutto che l’ha colpita, certo non eseguirebbe il monito dell’Apostolo letto or ora: Godere con chi gode, piangere con chi piange (Rm 12,15). Affinché dunque quel tale, afflitto, possa godere con te, tu prima piangi con lui. Ti rattristi con lui al fine di ridargli coraggio. Allo stesso modo fa il salmo o, meglio, lo Spirito di Dio. Pur sapendo ogni cosa, ti si pone accanto nella ricerca e dice parole che potrebbero essere tue. O Signore, fino a quando i peccatori si glorieranno? Essi contestano e dicono parole inique. Fino a quando parleranno così tutti coloro che commettono ingiustizie? Non parlano forse contro Dio coloro che dicono: “ Ma che giova il vivere così? ” Che risponderai? Essi continuano: “ Ma Dio si cura veramente delle nostre azioni? ”. Infatti essi vivono e credono che Dio non conosca le loro opere! Osserva il male che loro capita. Se le loro opere fossero note a una guardia, li acciufferebbe e, se cercano di sfuggire alle guardie, è per non essere messi immediatamente in prigione. All’occhio di Dio nessuno può sottrarsi, poiché egli penetra non soltanto entro le mura d’una stanza ma persino nell’intimo del tuo cuore. Sono anche loro convinti che nulla sfugge a Dio e, siccome fanno il male e ne sono consapevoli, quando vedono che Dio, nonostante che sappia tutto, li lascia vivere (mentre non vivrebbero se certe cose le sapesse la guardia civica), ragionano così: “ Queste cose debbono piacere a Dio! Se infatti le nostre marachelle gli dispiacessero sul serio - come dispiacciono ai giudici, ai re, agli imperatori, ai magistrati - forse che, come cerchiamo di sottrarci agli occhi di questi indagatori, potremmo sfuggire all’occhio di Dio? Quindi il male deve piacere a Dio! ” C’è un altro salmo in cui al peccatore si dice: Tu commettevi tali colpe, e io tacevo. Tu allora pensasti una cosa empia, cioè che io fossi simile a te. Che vuol dire: Simile a te? Che come a te piace il male da te compiuto, così piacesse anche a me. E lo minaccia per l’avvenire: Ti redarguirò (Ps 49,21). Colui che aveva detto: Io tacevo, non tacerà. Dicendo: Tu commettevi tali colpe e io tacevo; tu pensasti allora una cosa empia, che cioè io fossi simile a te, mostra che non tace. Dio non tace quando noi parliamo, non tace quando il lettore legge; non tace quando il salmo echeggia queste parole. Sono tutte voci di Dio che si spandono sulla terra. In che senso allora tace e in che senso non tace? Non tace con la parola; tace perché non si vendica. Che vuol dire, pertanto: Tu commettevi tali colpe, e io tacevo? Tu commettevi queste e quelle colpe, e io non ti punivo. E tu pensasti allora una cosa empia, che cioè io fossi simile a te. Del silenzio della vendetta, cioè della sospensione della sua pena, è detto in 92 un altro passo: Ho taciuto; ma forse che starò zitto per sempre? (Is 42,14) Fino a quando, Signore, i peccatori se ne andranno orgogliosi? Essi contestano e proferiscono parole inique. Fino a quando parleranno tutti coloro che operano l’iniquità? Ed elenca tutte le varie opere. Contestano e proferiscono parole inique. Che vuol dire: Contestano? Hanno da fare obiezioni alle parole del giusto. Ecco appressarsi una persona giusta e dire [all’empio]: “ Non commettere l’iniquità! ” “ Perché? ” “ Per non morire ”. Replicano: “ Macché! Ne ho fatte tante; com’è che non muoio? Quel tale praticava la giustizia, ed è morto. Perché? Io viceversa ho commesso dei peccati e Dio non mi ha spazzato via. Perché? Veramente: quella persona ha osservato la giustizia; perché Dio l’ha punita così? perché ha da tribolare in quella maniera? ” Ecco cosa vuol dire contestano. Hanno da ridire. Siccome li si risparmia, traggono argomento dalla pazienza di Dio per protestare contro di lui. Dio li risparmia per un fine; essi, sentendosi lasciati vivi, contestano per un altro. Per quale fine Dio li sopporti lo dice l’Apostolo descrivendo il piano della misericordia di Dio. Scrive: Tu che commetti tali peccati, credi che sfuggirai al giudizio di Dio? O non piuttosto disprezzi la ricchezza della sua benignità e pazienza? Non sai che la pazienza di Dio mira a condurti al ravvedimento? Tu invece (cioè il contestatore che dice: “ Se la mia condotta non piacesse a Dio, non mi risparmierebbe ”. Vedi cosa si procura. Ascolta l’Apostolo!), tu invece assecondando la durezza del tuo cuore impenitente, ti accumuli dell’ira per il giorno della vendetta e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno la mercede in conformità delle sue opere (Rm 2,3-6). Dio ti usa più longanimità; tu commetti più colpe. Ci sarà dunque da parte sua un tesoro di misericordia infinita per coloro che non hanno disprezzato la sua misericordia; ma per te il tuo tesoro sarà un tesoro d’ira. Quel po’ di colpa che vi riponi ogni giorno, alla fine diverrà un mucchio grande: ve la riponi a pezzetti, la ritroverai divenuta un masso enorme. Non lusingarti dicendo che i tuoi peccati di ogni giorno sono peccati piccoli: con piccolissime gocce si formano i fiumi.

10. [vv 5.6.] Quali sono le opere compiute da coloro che contestano e parlano empiamente perché, pur commettendo il male, li si risparmia? O Signore, essi hanno umiliato il tuo popolo; cioè tutti coloro che vivono nella giustizia, contro i quali i perversi vogliono sfogare la propria superbia. O Signore, essi hanno umiliato il tuo popolo: hanno oppresso la tua eredità. Hanno ucciso la vedova e i pupilli; hanno messo a morte il proselito, cioè il pellegrino, il forestiero, l’ospite. Ecco chi chiama proselito. Tutte queste espressioni sono chiare, e non c’è bisogno di fermarvisi.


Agostino Salmi 92