Agostino Salmi 328

328 6. Il primo motivo del nostro giubilo e della nostra lode è perché un grande Dio è il Signore e perché egli è un re più grande che non tutti gli dei. Concediamo pure che esistano degli dèi, al di sopra dei quali si leva nella sua grandezza il nostro Dio: il Dio dinanzi al quale giubiliamo, inneggiamo ed al quale leviamo la lode del cantico. Se ci sono, non ci sono certo per noi. Come dice l’Apostolo: Sebbene ci siano dei cosiddetti dèi sia in cielo sia sulla terra - difatti ci sono molti dèi e molti signori - per noi, tuttavia, c’è un solo Dio, da cui provengono tutte le cose e noi esistiamo per lui, come uno solo è il nostro Signore, Gesù Cristo, ad opera del quale esiste ogni cosa e nel quale siamo noi (1Co 8,5-6). Se dunque, non esistono per noi, per chi esistono? Ascolta un altro salmo: Tutte le divinità dei gentili sono demoni; il nostro Signore ha invece creato i cieli (Gv Sal 95, 5). Lo Spirito Santo, per bocca del profeta, non poteva usare una formula più splendida e più concisa per descriverti il tuo Dio e Signore. Era poca cosa infatti segnalarti che Dio è un essere più terribile che non tutti i demoni. Che c’è di straordinario nell’essere Dio superiore a tutti i demoni? Difatti tutte le divinità dei gentili sono demoni. Ma il tuo Dio dov’è? Il Signore creò i cieli. Il tuo Signore ha creato quel luogo dove i demoni non possono risiedere: il cielo, da cui i demoni furono scacciati. Più sublimi che non i demoni sono i cieli, ma il tuo Signore è più sublime dei cieli, di cui è stato il creatore. Quanto, dunque, sarà più eccelso di tutte le divinità pagane (che sono demoni) quel Dio che è più alto dei cieli da cui decaddero gli angeli divenendo demoni! Eppure, tutte le genti furono per diverso tempo in potere dei demoni. In onore dei demoni si costruirono templi, si eressero altari, si deputarono sacerdoti, si offrirono sacrifizi; accanto a loro si collocarono degli invasati che fungessero da vati. Tutti questi atti di culto tributarono i pagani al demonio, mentre in verità essi non competono se non all’unico grande Dio. I pagani eressero templi ai demoni, come ha templi Dio; i pagani istituirono dei sacerdoti per i demoni come ha sacerdoti Dio; i pagani offrirono sacrifici ai demoni come se ne offrono a Dio. Questo è accaduto perché i demoni volevano apparire dèi. Ma non si sarebbero arrogati tali forme di religione al fine di ingannare la gente, se non avessero saputo che esse erano effettivamente dovute al vero Dio. È infatti, cosa ordinaria che una divinità falsa si arroghi ciò che è realmente dovuto al vero Dio. Vediamo, allora, quale sia il vero tempio di Dio. Lo dice [Paolo]: Il tempio di Dio è santo, e questo siete voi (1Co 3,17). E se noi siamo tempio di Dio, la nostra anima ne è l’altare. E il sacrificio che cosa sarà? È, penso, quello che stiamo compiendo ora. Poniamo infatti la vittima sull’altare quando lodiamo Dio, e il salmo ci istruisce dicendo: Il sacrificio della lode mi glorificherà, e lì sarà la via dove io gli mostrerò la salvezza di Dio (Ps 49,23). Se poi ti interessa conoscere anche il sacerdote, egli è al di sopra dei cieli, e lassù interpella in tuo favore, dopo che qui in terra aveva dato la vita per te (Cf. Rm 8,34). Ottimamente, dunque! Un grande Dio è il Signore. Egli è un re più grande di tutti gli dei. La, parola “ dèi ” riferiscila, questa volta almeno, agli uomini; non si può dire infatti che il Signore sia un re superiore al demoni. Del resto, c’è una testimonianza convincente della Scrittura là dove dice: Dio stette nell’assemblea degli dei, a discernere lì nel mezzo gli dèi (Ps 81,1). Si dà loro il nome di “ dèi ” essendo dèi per partecipazione, non per natura; per la grazia mediante la quale li ha resi liberamente degli dei. Quanto dovrà essere grande quel Dio che rende dèi anche chi non lo è. E che differenza con gli dèi che l’uomo stesso si fabbrica! Quanto è grande il Dio che si forma degli dei, altrettanto sono nullità gli dei plasmati dall’uomo. Il vero Dio rende dèi coloro che credono in lui dando loro il potere di diventare figli di Dio (Cf. Jn 1,12). Egli è il vero Dio perché non è stato fatto Dio da nessuno; quanto a noi, che siamo stati divinizzati da lui, non siamo veri dèi, ma certo siamo superiori a quegli dèi che fabbrica l’uomo. Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo. Hanno bocca, ma non parlano; hanno occhi ma non vedono (Cf. Ps 113 Ps 4-5). A noi almeno il nostro Dio ha dato degli occhi capaci di vedere; ma non per averci dato questi occhi in grado di vedere ci ha costituito dèi. Tale facoltà visiva l’ha data infatti anche alle bestie. Egli ci ha resi dèi in quanto ha illuminato il nostro occhio interiore. Lodiamolo! Inneggiamo a lui e giubiliamo in suo onore! Grande è il Signore! Egli è un re più grande di tutti gli dèi.

Dio non ha rigettato completamente il suo popolo.

7. Il Signore non rigetterà il suo popolo. A lui la lode e il giubilo! Qual è il popolo che non rigetterà? Su questo argomento non ci è lasciata libertà di interpretazione. Abbiamo un intervento dell’Apostolo, il quale ci espone di chi si tratti (Cf. Rm 11,1), vale a dire del popolo giudaico. Fu questo il popolo in mezzo al quale vissero i profeti e i patriarchi, il popolo che si era propagato materialmente dal seme di Abramo. In seno a questo popolo accaddero anticipatamente tutti i sacramenti che contenevano la promessa del nostro Salvatore. Ci fu il tempio con le unzioni e il sacerdozio; figure, passate le quali a guisa di ombre, finalmente sarebbe arrivata la luce stessa. Ecco qual era il popolo di Dio a cui furono inviati i profeti: inviati a loro e nati fra loro. A loro inoltre furono consegnati gli oracoli di Dio con l’obbligo di custodirli. E allora? Forse che tutto quel popolo è stato condannato? Assolutamente no. L’Apostolo chiama quel popolo pianta d’olivo, la cui radice è nei patriarchi. Che se vi spuntarono dei rami secchi, i quali, per essersi spinti troppo in alto per superbia, divennero infruttuosi e furono tagliati via, al loro posto fu innestato l’olivo selvatico a motivo della sua umiltà. Ma cosa dice l’Apostolo, carissimi, per togliere all’oleastro innestato ogni tentazione di superbia? Se tu, dice, strappato dall’oleastro, cui appartenevi per natura, sei stato contro natura innestato nel buon olivo, quanto più coloro che sono della stessa natura saranno innestati al loro tronco di olivo? (Rm 11,16-24) Tu eri dunque un oleastro, ma non persistendo nell’incredulità hai meritato di essere innestato sull’olivo; più facilmente quindi loro, se si ravvederanno, saranno reinseriti in quell’olivo cui appartengono per natura. Così l’Apostolo a proposito degli ebrei. Ecco dunque l’albero. Se alcuni rami si sono spezzati, non però tutti. Poiché, se tutti i rami si fossero spezzati, avremmo forse avuto un Pietro, un Giovanni, un Tommaso, un Matteo, un Andrea, e tutti gli Apostoli? E avremmo avuto un san Paolo, che così parlava e attraverso i suoi frutti ci si palesava quale oliva fosse? Non sono forse giudei tutti costoro? E non erano di quel popolo quei cinquecento fratelli cui apparve il Signore dopo la resurrezione (Cf. 1Co 15,6)? E non lo erano anche quelle svariate migliaia che, alla voce di Pietro, si convertirono al Signore il giorno in cui gli Apostoli, ripieni di Spirito Santo parlarono nella lingua propria di tutte le genti? Si convertirono e con tanta foga, proruppero nella lode a Dio e nell’accusa di loro stessi che, quanti poco prima inferociti avevano versato il sangue del Signore impararono a berne mediante la fede! La conversione di tutte quelle migliaia di persone fu così radicale che li vediamo vendere i propri beni e deporre il ricavato ai piedi degli Apostoli (Cf. Ac 4,4 Ac 34 Ac 35). Un tal gesto non era stato compiuto da quel ricco che ne aveva ricevuto l’invito dal Signore e che se ne andò via pieno di tristezza (Cf. Mt 19,21-22). Ecco, invece, che ora migliaia e migliaia di persone lo compiono con estrema prontezza. Ed erano persone per le cui mani era stato crocifisso il Signore! Si vede che quanto più profonda era stata la ferita del loro cuore, tanto maggiore fu il desiderio con cui ricorsero al medico. Ebbene, tutti costoro erano giudei, ed è di loro che parla il salmo recitato or ora: Il Signore non rigetterà il suo popolo. Vi si appella l’Apostolo, quando tratta di questa materia. Dice: Che diremo dunque, fratelli? Ha, forse, Dio rigettato il suo popolo, già preconosciuto? No, certamente! Anch’io, infatti, sono un israelita della stirpe di Abramo, della tribù di Beniamino. Dio non ha respinto affatto il suo popolo che conobbe già in antecedenza (Rm 11,12). Chiarissimo! Se Dio avesse respinto il suo popolo, non c’era più modo per lui di diventare apostolo, e se non c’era per lui, non c’era neppure per gli altri. Nella persona di costoro, dunque, gli ebrei furono popolo del Signore, non in tutti gli altri. Come sta scritto: Un residuo sarà salvo (Is 10,22 Rm 9,27). Non tutti, dunque; ma, vagliata l’aia, il buon grano venne rimesso nel granaio, mentre la paglia è rimasta di fuori (Cf. Mt 3,12). Quanti ne vedi, di questi Giudei induriti, è paglia che vedi. E dalla paglia che vedi s’è già separata la massa del buon grano, che è stato riposto nel granaio. Vediamo tutt’e due le cose, ma sappiamole distinguere.

Cristo unisce Giudei e pagani.

8. Cosa aggiunge il salmo? Nelle sue mani sono i confini della terra. Noi conosciamo chi sia la pietra angolare. Essa è Cristo. Ora egli non potrebbe essere angolo se non cementasse in sé due pareti, che raggiungono l’angolo provenendo da direzione opposta ma nell’angolo escludono ogni opposizione. I circoncisi provenivano da una direzione, gli incirconcisi da un’altra; ma in Cristo i due popoli hanno fatto la pace, ed egli è divenuto quella pietra di cui dice la Scrittura: La pietra che i costruttori avevano scartata, ecco che è divenuta pietra angolare (Ps 117,22). Se Cristo fa da pietra angolare, non badiamo più alle distanze che intercorrevano tra i due, arrivati da lontano, badiamo piuttosto alla loro vicinanza ora che sono congiunti in Cristo. Tutto si risolve lì; lì dobbiamo vedere come Dio non abbia respinto il suo popolo. Ecco una delle due pareti; e di essa abbiamo già discorso in che senso Dio non abbia respinto il suo popolo. Da quel popolo sono venuti gli Apostoli, come pure tutti quegli israeliti che credettero al Vangelo e depositarono ai piedi degli Apostoli il prezzo dei beni venduti (Cf. Ac 4,34-35). Poveri volontari, ricchi nel Signore. Ecco una delle pareti, dove si è adempiuta (come dicemmo) la promessa che Dio non rigetterà il suo popolo. Vediamo ora l’altra parete. Nelle sue mani sono i confini della terra. Ecco l’altra parete: tutte le genti, poiché nelle sue mani sono i confini della terra. Accorsero infatti anche le genti, e nella loro totalità, verso la pietra angolare e ivi ricevettero il bacio di pace. Vennero da colui che, unico, era in grado di prendere le due cose e farne una sola. Non come gli eretici, i quali prendono ciò che è unito e lo spaccano in due! Sono cose che, a proposito di Cristo Signore, asseriva lo stesso Apostolo: Egli è, dice, la nostra pace; egli delle due cose ne ha fatta una sola (Ep 2,14). Quindi salga a lui il nostro giubilo. E perché? Perché il Signore non ha respinto il suo popolo. E poi? E anche perché nelle sue mani sono i confini della terra, e le sommità dei monti sono cosa sua. Le sommità dei monti sono le dignità terrene. Un tempo queste sommità (intendo le autorità terrene) avversavano la Chiesa, promulgavano leggi contro la Chiesa, e tentarono persino di cancellare dalla faccia della terra il nome cristiano. In seguito però si è adempiuta la profezia secondo la quale lo avrebbero adorato tutti i re della terra (Ps 71,11), e da allora sono divenute realtà anche le parole del nostro salmo, e cioè che sue sono le sommità dei monti.

La tentazione è permessa sapientemente da Dio.

9. [v 6.] Ma tu, forse, ti preoccupi delle tentazioni in mezzo alle quali vivi. Hai conseguito la grazia così copiosa delle promesse divine, ma ti senti infastidito per gli scandali del mondo. Orbene nemmeno questi scandali potranno farti nulla, essendo la loro misura stabilita dal Signore. Suo infatti è il mare. Il mondo presente è un mare; ma anche il mare fu creato da Dio e i suoi flutti non possono spingersi oltre la spiaggia, là dove Dio fissò loro il confine. Non c’è quindi alcuna tentazione che ecceda la gravità fissata dal Signore. Lascia dunque che vengano le tentazioni e le prove anche più acerbe! Ne uscirai perfezionato, non logorato. Guarda un po’ se non giovino le tentazioni! Senti l’Apostolo. Dio è fedele, e non permetterà che siate tentati al di sopra delle vostre forze; anzi, con la tentazione, vi troverà anche la via di uscita, affinché possiate sopportarla (1Co 10,13). Non dice: “ Dio non permetterà in maniera assoluta che voi siate tentati”. Pertanto evitare la tentazione vorrebbe dire non accettare nemmeno la [conseguente] rifinitura. Ma occorre che tu sia rifinito, e fintantoché vieni rifinito, sei in mano dell’artista. Qualcosa ti toglie, qualcosa ti raddrizza, qualcosa ti squadra, qualcosa ti ripulisce. Ti lavora, insomma, con certi suoi attrezzi (per così dire). Ecco cosa sono gli scandali di questo mondo. L’importante è che tu non cada di mano all’artista. Non ci saranno tentazioni che vadano oltre le tue forze; e quelle che tu hai, Dio le permette per tua utilità perché tu ne tragga profitto. Ascolta, per finire, la conclusione tirata dall’Apostolo: Insieme con la tentazione, egli vi troverà il modo di uscirne, sicché voi la sopportiate. Se dunque ti assale un qualche spavento a causa del mare, non temere. Suo, infatti, è il mare, ed è stato lui a crearlo. Temi scandali da parte dei pagani? Anche loro sono creature di Dio; ed egli non li lascerà infierire oltre il limite che lui conosce essere vantaggioso per te. Non dice, forse, un altro salmo: Tutte le genti che tu hai creato accorreranno e si prostreranno dinanzi a te, Signore (Ps 85,9)? Se dice: Tutte le genti che tu hai creato, è segno evidente che egli ha creato le genti; per cui il salmo può affermare: Suo è il mare ed è stato lui a crearlo; la terraferma l’hanno formata le sue mani. Sii tu una terra riarsa; abbi sete della grazia di Dio! Verrà su di te, dolce, la pioggia e produrrai del frutto. Dio non permetterà che le onde ricoprano i suoi seminati! La terraferma, infatti, l’hanno formata le sue mani. Nuovo motivo di giubilo!

Dio non disprezza nessuna delle sue creature.

10. [v 6.] Abbiamo esposto tanti validi motivi per lodare Dio. E, siccome ciò è pura realtà, tornate col pensiero all’inizio del salmo. Venite, adoriamolo e prostriamoci davanti a lui, e piangiamo al cospetto del Signore che ci ha creati. Avendo egli stesso fatto tante e svariate cose, ecco che noi ne esultiamo. Passatene quindi in rassegna parecchie, eccolo ripetere l’invito. Venite, adoriamolo e prostriamoci davanti a lui, e piangiamo alla presenza del Signore che ci ha creati. Ho ricordato i motivi di lodare Dio; ebbene, non siate pigri, non rimanete lontani con la vita e la condotta. Venite, adoriamolo e prostriamoci davanti a lui. Ma, forse, voi siete in angustia per i vostri peccati, che vi avevano allontanato da Dio. Ecco allora il da farsi: Piangiamo al cospetto del Signore che ci ha creati. Ti arde, per caso, nell’anima il rimorso per il peccato? Spegni con le lacrime il fuoco della colpa: piangi dinanzi al Signore. Piangi sereno dinanzi al Dio che ti ha creato: egli non ripudierà in te l’opera delle sue mani. E non pensare, poi, che riuscirai da solo a rimetterti in sesto. Tu puoi danneggiarti; riparare il danno, non puoi. Per aggiustarti occorre la mano di chi ti aveva formato. Piangiamo dinanzi al Signore che ci ha creati. Versa lacrime dinanzi a lui, confessati, e previeni il suo volto nella confessione. Chi sei, infatti, tu che piangi e ti confessi a lui, se non una sua creatura? Non è di poco valore, agli occhi dell’artefice, un’opera che egli ha fatta, e non alla buona ma a sua immagine e somiglianza. Venite, adoriamolo e prostriamoci dinanzi a lui; e piangiamo al cospetto del Signore, nostro creatore.

Gregge e popolo del Signore.

11. [v 7.]Egli, infatti, è il Signore nostro Dio. E noi che cosa siamo, affinché possiamo prostrarci senza paura dinanzi a lui e piangere? Noi siamo il popolo del suo pascolo e le pecore delle sue mani. Vedi con quanta abilità ha invertito l’ordine delle parole per nulla curando la proprietà delle locuzioni. L’ha fatto perché noi comprendessimo che pecore e popoli sono la stessa cosa. Non dice: “ Pecore del suo pascolo ”, né “ Popolo delle sue mani ”, come sarebbe sembrato più logico, poiché le pecore hanno attinenza con i pascoli; ma dice: Popolo del pascolo. Dicendo: Popolo del suo pascolo, se ne conclude che il popolo sono le pecore. Proprio così: popolo e pecore si identificano. D’altra parte però, siccome noi abbiamo nei nostri greggi delle pecore comprate, non fatte da noi (mentre il salmista aveva detto più sopra: Prostriamoci davanti a colui che ci ha fatti), per questo dice ora, e con verità: Noi, pecore delle sue mani. Fra gli uomini non c’è alcuno che sappia fabbricare delle pecore. Le pecore, noi le possiamo comprare, regalare, ritrovare, ricondurre al gregge, o magari, anche rubarle; ma crearle non lo possiamo. Il Signore, invece, ci ha creati, e per questo noi siamo popolo del suo pascolo e pecore delle sue mani. Siamo pecore, in quanto egli si è degnato renderci tali con la sua grazia. Per queste pecore c’è una lode anche nel Cantico dei Cantici, ove si elogiano alcuni perfetti, qualificati come denti della sposa, cioè della santa Chiesa. I tuoi denti, dice, sono come un gregge di pecore tosate che risalgono dal bagno; esse partoriscono sempre gemelli, né fra loro c’è chi sia sterile (Ct 4,2 Ct 6,5). Chi sono i tuoi denti? Coloro per bocca dei quali tu parli. Sono, infatti, denti della Chiesa coloro per bocca dei quali la Chiesa parla. Come sono questi tuoi denti? Come un gregge di pecore tosate. Perché tosate? Perché hanno deposto ogni peso mondano. Non erano, forse, pecore tosate quei tali di cui vi parlavo poc’anzi? Coloro, cioè, che il comando aveva, per così dire, tosati? Aveva detto il Signore: Va’, vendi ogni tuo avere, dallo ai poveri e ne avrai un tesoro nei cieli; e poi vieni e seguimi (Mt 19,21). Essi misero in pratica il precetto, si lasciarono tosare e partirono. Siccome poi credettero in Cristo e furono battezzati, cosa se ne dice? Risalgono dal bagno. Cioè: risalivano da dove erano stati purificati. Ognuna di loro partorisce gemelli. Chi sono questi gemelli? Sono quei due ben noti precetti nei quali si compendia tutta la legge e i profeti. Ebbene noi siamo il popolo del suo pascolo e le pecore delle sue mani.

329 12. [v 8.] Dunque, oggi se ascolterete la sua voce. O mio popolo, popolo di Dio! Dio apostrofa il suo popolo, e non soltanto quella porzione che non respingerà, ma tutt’intero il suo popolo. La profezia dall’angolo rivolge la parola a tutte e due le pareti (Cf. Ep 2,20): parla, in Cristo, tanto al popolo giudaico quanto al popolo pagano. Se ascolterete oggi la voce di lui, non indurite i vostri cuori. Una volta, in passato, ascoltaste la sua voce tramite Mosè e induriste il vostro cuore. Parlava per bocca di un araldo, quando voi induriste il vostro cuore. Ora vi parla lui direttamente: siano, almeno adesso, arrendevoli i vostri cuori! Colui che un tempo inviava araldi a precederlo si è degnato venire di persona. Colui che parlava per bocca dei profeti, parla ora con la sua propria bocca. Se pertanto oggi ne ascolterete la voce, non indurite i vostri cuori.

Le vicende del tempo dell’Esodo dense di ammaestramenti per noi.

13. [v 9.] Ma perché dici: Non indurite i vostri cuori? Perché voi ricordate cosa erano soliti fare i vostri padri. Non indurite i vostri cuori, come in quella, ben nota, irritazione, come nel giorno della tentazione nel deserto. Voi, fratelli, certamente ricorderete le vicende. Il popolo tentò Dio, e Dio gli diede delle lezioni salutari. A guisa di un espertissimo cavaliere, Dio lo guidò nel deserto con le briglie delle leggi e dei precetti. Anche se era come un puledro indomito, Dio non lo abbandonò: non gli fece mancare non solo i benefici della vita presente, ma nemmeno la severità con cui ravvedersi. Ebbene, non indurite i vostri cuori come durante l’irritazione, come nel giorno della tentazione nel deserto, quando i vostri padri mi misero alla prova (Cf. Ex 16,2-3 Ex 17,2-7). Che costoro non siano i vostri padri. Non imitateli! Vostri padri lo sono stati, è vero, ma se voi non li imiterete, non saranno più vostri padri: anche se, appunto, per essere voi nati da loro, essi vi sono padri. E se delle genti verranno dall’estremità della terra, come dice Geremia: Verranno a te genti dai confini della terra e diranno: Veramente i nostri padri hanno adorato degli dèi bugiardi: delle statue che non possono recare alcun aiuto (Jr 16,19)...: se, dunque, delle genti ripudiando i loro idoli ricorreranno al Dio di Israele, sarà mai possibile che quando queste saranno accorse al vero Dio, si staccheranno da lui i figli di Israele? Sarà possibile che gl’israeliti abbandonino il Dio che li ha liberati dall’Egitto, guidati nell’attraversare il mar Rosso, dove sommerse i nemici lanciati al loro inseguimento (Cf. Ex 14,21-31), che li condusse fuori dal deserto, li cibò con la manna, mai dimenticando la sferza che li inducesse al ravvedimento, mai sottraendo i benefizi della sua misericordia? Ivi mi tentarono i vostri padri, ma esperimentarono e videro le mie opere. Per la durata di quarant’anni videro le mie opere e per quarant’anni mi irritarono. Io per mezzo di Mosè operavo prodigi dinanzi al loro sguardo, ed essi indurivano sempre di più il loro cuore (Cf. Ex 16,13-35).

Il mistero del numero quaranta.

14. [v 10.]Per quarant’anni fui accanto a questa generazione. Che significa: Fui accanto? Mi resi presente mediante segni e prodigi. E questo non per un giorno o due, ma per quarant’anni io fui accanto a questa generazione e dissi: Costoro nel loro cuore vanno sempre errando. Quaranta anni è lo stesso che sempre. Il numero quaranta indica la totalità del tempo, quasi che i secoli abbiano a completarsi entro quel numero. Per questo motivo il Signore digiunò quaranta giorni; per quaranta giorni fu tentato nel deserto (Cf. Mt 4,1-11) e per quaranta giorni rimase con i discepoli dopo la resurrezione (Cf. Ac 1,3). Con i primi quaranta giorni ci dà l’esempio della vita provata, con i secondi ci assicura la consolazione, perché, se siamo tentati, dobbiamo anche senza dubbio essere consolati. È infatti necessario che il corpo di Cristo, cioè la Chiesa, subisca delle prove in questo mondo; ma non le mancherà il consolatore, colui cioè che diceva: Ecco, io sarò con voi sino alla fine del mondo (Mt 28,20). E dissi: Costoro errano sempre nel loro cuore. Sono stato quarant’anni con loro, per mettere in evidenza di che indole fosse la gente che mi provoca all’ira di continuo, sino alla fine del mondo. Poiché con quei “ quarant’anni ” ha voluto designare tutta la durata del mondo.

Il nuovo popolo di Dio.

15. [v 11.] E allora? Non ci sarà chi entri nel riposo di Elio in loro vece? Sono stati riprovati coloro che disprezzarono la misericordia di Dio e resistettero a Dio con durezza di cuore. Respinti costoro, forse che verrà a mancare a Dio un suo popolo? E non sarà più vero che Dio è in grado di suscitare dei figli ad Abramo, traendoli anche dalle pietre (Mt 3,9)? Ecco qua. Io dissi: Costoro nel loro cuore vanno sempre errando; essi non hanno conosciuto le mie vie, e io nella mia ira ho giurato loro che non entreranno nella mia pace. Nella mia ira io ho giurato loro che non entreranno nella mia pace. Grande spavento! Abbiamo cominciato con la gioia, ma il salmo si chiude prospettandoci un grande timore: Nella mia ira io ho giurato: Essi non entreranno nella mia pace. È gran cosa che Dio parli; molto più è il fatto che giuri. Se giura un uomo, temi giustamente che, per non mancare al giuramento, egli traduca in atto anche ciò che ripugnerebbe alla sua volontà. Quanto più se giura Dio, che non può giurare sconsideratamente! Il giuramento vuol significare conferma. E per chi giura Dio? Per se stesso: non c’è infatti un essere superiore a lui, in nome del quale possa giurare (Cf. He 6,13). Ricorrendo a se stesso conferma le sue promesse; ricorrendo a se stesso conferma le sue minacce. Nessuno dica in cuor suo: “ Ciò che Dio promette è vero, ma ciò che minaccia è falso ”. Come è vero ciò che promette, così è sicuro ciò che minaccia. Se osserverai i suoi comandamenti avrai la pace, la felicità, l’eternità, l’immortalità. Come sei certo di questo, così devi essere convinto che, se non ti curerai dei suoi comandamenti, incorrerai nella morte, nei tormenti del fuoco eterno, e sarai dannato insieme col diavolo. Egli giurò loro, nella sua ira, che non sarebbero entrati nella sua pace. Ma occorrerà pure che qualcuno vi entri, in questa pace del Signore, poiché non è una ricompensa fatta per nessuno. Rigettati dunque gli altri, vi entreremo noi. Alcuni rami si sono spezzati per dissomiglianza [di costumi] e per mancanza di fede; noi vi saremo inseriti mediante la fede e l’umiltà (Cf. Rm 11,19-20). Entriamo, dunque, nella pace del Signore! Ma, come vi sono entrati tutti coloro che vi sono entrati, cioè coloro che erano stati prescelti e che non opposero resistenza indurendo il loro cuore? Vi sono entrati perché è vero che Dio non rigetterà il suo popolo (Ps 94,3).

SUL SALMO 95

95 Ps 95

ESPOSIZIONE

DISCORSO

Pietre viventi del tempio di Dio.

1. [v 1.] Severo, mio signore e fratello, non vuole ancora appagare la nostra gioia facendoci udire il discorso che egli ci deve. Dico “deve” poiché lui stesso si riconosce nostro debitore; difatti, in qualunque Chiesa egli è passato, il Signore vi ha sparso della gioia mediante la sua parola. Tanto più dunque meriterebbe di essere allietata questa nostra chiesa, da dove il Signore lo ha fatto conoscere alle altre! Ma se lui non accetta, cosa dovremo noi fare se non adattarci al suo volere? Comunque vi ho detto, fratelli, che egli intende rimandare il suo discorso ad altra circostanza, non privarvene del tutto. Ricordatevi dunque che egli è in debito con voi, e non perdonateglielo se non quando l’avrà soddisfatto. E ora stia attenta la vostra Carità! A proposito di questo salmo, vi diremo con l’aiuto del Signore delle cose che voi certamente conoscete; ma la meditazione della verità è sempre dolce. Quando se ne recitava il titolo, forse alcuni sono rimasti sorpresi. Reca, infatti, il titolo di questo salmo: Quando veniva edificata la casa, dopo la prigionia; e dopo un titolo di questo genere voi vi attendevate forse che nel testo del salmo ci fosse la descrizione di pietre tagliate sui monti, del trasporto dei massi, di fondamenta che si scavavano, di travi che si disponevano, di colonne che si drizzavano. E invece niente di tutto questo si canta nel salmo. Per cui, se il suo contenuto è diverso, dovrà dirsi che il salmo non si accorda con il suo titolo, e una cosa reca sul frontespizio ed un’altra nel testo? Tutt’altro! Non ci sono divergenze; occorrono soltanto persone in grado di capire. Poiché, effettivamente, parla della costruzione di una casa. Oh, comprendano dunque ciò che hanno cantato, tutte le pietre di tale edificio! La casa di Dio non viene infatti edificata in quel luogo dove la costruì Salomone (Cf. Re 1R 6,1), il costruttore di quel tempio di cui avete ora sentito cosa disse il Signore. I discepoli guardavano stupefatti le pietre del tempio e la mole gigantesca dell’edificio, e questa loro ammirazione e stupore comunicarono al Signore. Al che il Signore rispose: Ve lo dico in verità: Non rimarrà, di tutto questo, pietra su pietra, ma tutto sarà distrutto (Mt 24,1-2). Non è dunque questa la casa che viene costruita. Anzi, notate bene dove essa sia costruita e come non lo sia in un luogo soltanto o soltanto in una qualche parte. Così infatti si apre il salmo:

L’estendersi prodigioso della religione cristiana.

2. Cantate al Signore un cantico nuovo; cantate al Signore, voi, terra tutta! Se tutta la terra canta un cantico nuovo, mentre canta viene sorgendo l’edificio. Lo stesso cantare anzi è un costruire, purché non si canti il cantico vecchio. Il cantico vecchio lo canta la cupidigia carnale; il cantico nuovo lo canta la carità divina. Se canti mosso da cupidigia, qualunque cosa canti il tuo canto è vecchio. Risuonassero pure sulla tua bocca le parole del cantico nuovo, se tu sei peccatore non è bella la lode sulle tue labbra (Cf. Si 15,9). È meglio essere rinnovati e tacere anziché cantare rimanendo ancora vecchi. Se infatti tu sei divenuto un uomo nuovo, il tuo tacere non permette, è vero, che la tua voce giunga agli orecchi degli uomini, ma il tuo cuore eleva interiormente il cantico nuovo, che giunge all’orecchio di Dio che ti ha rinnovato. Tu ami e, anche se stai zitto, l’amore è già una voce che sale a Dio. L’amore è il cantico nuovo. Ascolta come esso sia il nuovo cantico. Lo dice il Signore: Io vi do un comando nuovo: quello di amarvi a vicenda (Jn 13,34). Orbene, tutta la terra canta il cantico nuovo e in questo modo si viene costruendo la casa; per cui tutta la terra è casa di Dio. Se tutta la terra è casa di Dio, chi non è in comunione con tutta la terra è un ammasso di rovine, non è una casa. È un rudere antico, ben simboleggiato da quel tempio dell’antichità, abbattuto perché era vecchio e perché al suo posto potesse sorgere quello nuovo. E in che modo crolla ciò che è vecchio? Lo diceva Gesù: Ve lo dico in verità: Non resterà pietra su pietra, ma tutto sarà abbattuto. Cristo è la pietra e, come dice l’Apostolo, quanti siete stati battezzati nel Cristo vi siete rivestiti di Cristo (Ga 3,27). Se chi viene battezzato nel Cristo si riveste di Cristo, chi è che pone una pietra sopra l’altra pietra, se non colui che conferisce il battesimo a chi è già battezzato? Ma non spaventatevi! Non resterà pietra su pietra, senza che sia abbattuta. Nella nuova fabbrica (quella che si costruisce al termine della prigionia) le pietre vengono così raccolte e, mediante la carità, così strette nell’unità che non si collocano l’una sopra l’altra ma tutte insieme formano un’unica pietra. Non vi stupite! È un effetto del cantico nuovo. È un effetto di quel rinnovamento che è frutto della carità. A una tale conformazione ci pressa l’Apostolo e, dopo averci stretti in tale unità, così ci cementa: Sopportatevi gli uni gli altri nella carità! Sforzatevi di conservare l’unità dello spirito mediante il vincolo della pace (Ep 4,2 Ep 3). Dove c’è l’unità dello Spirito lì unica è la pietra: un’unica pietra, fatta di molte. In che maniera, da molte che erano queste pietre possono diventare una sola? Sopportandosi a vicenda nell’amore. La casa del Signore nostro Dio sta dunque in costruzione e cresce continuamente. È un fatto, una realtà. A ciò mirano le nostre parole, le letture, la predicazione del Vangelo per tutta la terra. L’edificio è, tuttavia, ancora in costruzione; e, per quanto sia diventata grande questa nostra casa, fino ad abbracciare tante genti, non le ha ancora accolte tutte. Dilatandosi ne ha abbracciate molte, ma è sua missione estendersi a tutte. Orbene, ecco fra quelli stessi che si gloriano d’essere persone di casa, levarsi qualche contestatore che dice: “ Ormai sta decrescendo ”. La Chiesa invece cresce e crescerà finché non abbiano creduto tutte le genti che ancora non credono. Sicché nessuno potrà dire: “Ma crederanno davvero anche quei di quella lingua? Crederanno anche i barbari? ”. E che altro significato aveva, se non questo, il fatto che lo Spirito Santo apparve in lingue di fuoco (Cf. Ac 2,3)? Non voleva forse indicare che non ci sarebbe stata durezza di lingua che non si sarebbe disciolta dinanzi a quel fuoco? E difatti non sono poche le nazioni barbare che hanno abbracciato la fede di Cristo. Anche là dove non si è ancora esteso l’impero di Roma, già Cristo vi regna. Ciò che è stato finora impenetrabile a chi combatte con le armi s’è aperto a chi combatte con il legno. Il Signore, infatti, domina mediante il legno [della croce]. E chi è che combatte con il legno? Cristo: il quale con la sua croce assoggettò i re e, dopo averli resi suoi sudditi, scolpì loro in fronte la sua croce. Ed essi se ne gloriano, poiché in essa è la loro salvezza. Ecco la realtà. Intanto la casa cresce e si viene alzando la fabbrica. Per conoscere altre cose, ascoltate il resto del salmo. Vedrete chi sono gli operai e i costruttori della casa. Cantate al Signore un cantico nuovo; cantate al Signore, voi, terra tutta!


Agostino Salmi 328