Agostino Salmi 101

SUL SALMO 101

101 Ps 101

ESPOSIZIONE

DISCORSO 1

345 Ricchezza e povertà del Figlio di Dio.

1. [v 1.] Abbiamo davanti a noi un povero che prega e non prega in silenzio. Ci è dunque possibile ascoltarlo e vedere chi sia, perché potrebbe anche essere colui di cui l’Apostolo dice : Egli, pur essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché grazie alla sua povertà voi diveniste ricchi (
2Co 8,9). Se dunque è lui, per quale ragione è povero ? È infatti evidente per quale ragione sia ricco. In sostanza, che cosa rende ricchi gli uomini ? A mio avviso, l’oro, l’argento, la proprietà familiare ed i beni terrieri che essi possiedono. Orbene tutte le cose furono fatte per mezzo di lui (Jn 1 Jn 2) : chi è dunque più ricco di colui, per mezzo del quale furono fatte le stesse ricchezze, anche quelle che non sono vere ricchezze ? Per mezzo di lui furono fatte, da un lato, le ricchezze costituite dall’ingegno, dalla memoria, dal costume morale, dalla vita, dalla stessa sanità fisica, dagli organi di senso, dalla struttura delle membra : tutte cose queste che, quando sono integre, rendono ricchi anche i poveri. Per mezzo di lui furono fatte, d’altro lato, anche le ricchezze di maggior valore, cioè la fede, la pietà, la giustizia, la carità, la castità, la rettitudine morale. Nessuno infatti può averle, se non per mezzo di colui che giustifica l’empio (Cf. Rm 4,5). Ecco quanto egli è ricco ! Difatti, chi è il ricco di questi due : chi ha quel che vuole grazie al lavoro fatto da un altro, o chi fa quel che vuole e lo fa avere anche ad un altro ? Ritengo che sia più ricco colui che ha fatto quel che tu hai, non avendo tu quel che ha lui. Ecco quanto egli è ricco ! Ma allora come possiamo cogliere, in uno che è tanto ricco, la verifica di queste parole : Io mangiavo la cenere qual pane, ed alla mia bevanda mescolavo il pianto (Ps 101,10) ? È questa la fine che han fatto le sue grandi ricchezze ? Quanto è eccellente quel che abbiamo nominato prima, altrettanto è spregevole quel che ora leggiamo. Che cosa dobbiamo pensare ? In che modo possiamo insieme combinare questa estrema abiezione con l’altra meravigliosa realtà ? Si tratta di cose troppo lontane tra loro. Non scorgo ancora il povero, di cui stiamo parlando ; forse si tratta di un altro, ma continuiamo a cercare. Difatti, non ci sembra esser lui e certo sorprenderebbe se tu, interrogandolo, non provassi spavento per le sue ricchezze : In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questi era in principio presso Dio. Tutte le cose furono fatte per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto (Jn 1,1-3 Jn 1,14). Colui che disse queste cose era appunto ricco per il fatto che le diceva ; quanto più ricco era dunque colui di cui egli diceva : In principio era il Verbo, e non già un Verbo qualsiasi, ma il Verbo-Dio ; e non già in un luogo qualsiasi, ma presso Dio ; e non già inoperante, ma tale che per lui furono fatte tutte le cose ? Forse egli ha mangiato la cenere qual pane, ed alla sua bevanda ha mescolato il pianto ? C’è proprio pericolo che alle sue ricchezze tanto grandi rechi offesa ed impedimento la nostra povertà. Eppure, bisogna ancora cercare se non sia proprio lui questo povero, dal momento che il Verbo si fece carne ed abitò in mezzo a noi. Bisogna considerare anche la nota invocazione : Io sono tuo servo e figlio della tua ancella (Ps 115,16), e rivolger lo sguardo a quella ancella casta, che è insieme vergine e madre. Difatti, egli assunse la nostra povertà proprio là dove rivestì la natura di schiavo annientando se stesso, perché tu non provassi spavento di fronte alle sue ricchezze ed avessi il coraggio di avvicinarti a lui pur nella tua indigenza. Fu là - ripeto - che egli assunse la natura di schiavo e rivestì la nostra povertà ; fu là che egli rese povero se stesso e noi rese ricchi ! Siamo dunque vicini ormai a intender queste cose di lui. Tuttavia non dobbiamo pronunciare un giudizio avventato. Il parto della Vergine è quel masso che si stacca, non sospinto, dal monte (Da 2,34) ; in esso non ci fu opera di uomo, non ci fu intervento di concupiscenza ; si ebbe soltanto un’accensione di fede, e ne risultò il concepimento del Verbo. Questi poi uscì dal seno materno : lo cantarono i cieli, gli Angeli l’annunziarono ai pastori (Cf. Lc 2,7-14), la stella condusse i Magi ad adorare il re, e Simeone, ispirato dallo Spirito Santo, riconobbe il Dio fatto bambino, sorretto dalle braccia materne. Egli crebbe in età, a livello - s’intende - non della divinità, ma della carne. Di fronte alla sapienza del fanciullo dodicenne quei vecchi ignoranti provarono meraviglia e stupore (Cf. Mt 2,1-12 Lc 2,25-32 Lc 2,46-52). Ma anche se fossero stati veramente dotti, che sarebbe stata la loro dottrina di fronte al Verbo di Dio ? Che sarebbe stata la loro dottrina di fronte alla Sapienza di Dio ? Si direbbe che erano dei periti che sarebbero sicuramente periti, se egli non li avesse sostenuti ! Egli cresce ancora relativamente all’età del suo corpo ; si porta al fiume per essere battezzato ; chi lo battezza, lo riconosce come Dio ed insieme confessa di essere indegno di sciogliergli il legaccio dei calzari (Cf. Jn 1,28). E da allora ottengono la vista i ciechi, si apre l’udito dei sordi, i muti parlano, i lebbrosi sono sanati, i paralitici si consolidano, i malati riprendono le forze, i morti risorgono (Cf. Mc 1,7-11).

Cristo povero della povertà delle sue membra.

2. Naturalmente, in rapporto a quel Verbo, per mezzo del quale furono fatte tutte le cose, riconosco già in lui la povertà di ricchezze : ma quanto è ancora lontano dalla cenere e dal pianto mescolato alla bevanda ? Sono ancora esitante nel dire che è lui, eppure lo voglio. Ci trovo, infatti, alcuni elementi che mi spingono ad esitare. È lui e non è lui ! Egli già vive nella natura di schiavo, porta la fragilità della carne mortale, è appunto venuto per morire ; eppure non si riesce ancora a individuarlo in questa sua indigenza. Io mangiavo la cenere qual pane, ed alla mia bevanda mescolavo il pianto (Cf. Mt 11,5). Provi dunque ad aggiungere altra povertà alla sua povertà, ed assuma, assimilandolo, il corpo della nostra bassezza (Ps 101,10) : sia egli il nostro capo, noi le sue membra e vivano queste due parti in una carne sola. Sappiamo infatti che, non appena volle farsi povero, nell’atto di prendere la natura di schiavo (Cf. Ph 3,21), egli lasciò il Padre ; dato poi che è nato dalla Vergine, lasci anche la madre e si unisca alla sua sposa e vivano i due in una carne sola (Cf. Ph 2,7). Sarà così che i due si uniranno anche in una voce sola : nessuna meraviglia allora se in quell’unica voce sentiremo anche la nostra voce : Io mangiavo la cenere qual pane, ed alla mia bevanda mescolavo il pianto (Cf. Ep 5,31-32). Il fatto è che egli si è degnato di prenderci come membra. Ora tra le sue membra ci sono anche dei penitenti che non sono né esclusi né separati dalla sua Chiesa ; né questa sarebbe del resto divenuta sua sposa se non in forza di quell’altra voce : Fate penitenza, perché il regno dei cieli è già vicino (Mt 3,2). Ed allora dobbiamo ascoltare quale sia la preghiera del capo e del corpo (Cf. Ep 4,15), dello sposo e della sposa (Cf. Jn 3,29), di Cristo e della Chiesa, che formano entrambi una cosa sola. Il Verbo e la carne - si badi - non formano una cosa sola ; il Padre e il Verbo invece formano una cosa sola, e così pure Cristo e la Chiesa, in quanto costituiscono entrambi un uomo perfetto nella struttura della pienezza di lui : fino a che tutti arriviamo all’unità della fede e alla conoscenza del Figlio di Dio, raggiungendo l’uomo perfetto, il modulo di statura della pienezza del Cristo (Ep 4,13). Ma fino a che a ciò non arriviamo, resta il fatto della nostra povertà, rimangono ancora il travaglio ed il pianto. E ringraziamone la sua misericordia. Donde derivano al Verbo, per mezzo del quale furono fatte tutte le cose, il travaglio ed il pianto ? Se si è degnato di partecipare alla nostra morte, non ci comunicherà la sua vita ? Egli ci ha risollevato ad una grande speranza, e con questa grande speranza effondiamo il nostro pianto. Il pianto esprime tristezza, ma c’è anche il pianto che esprime letizia. Penso che Sara, già sterile, pianse di gioia quando divenne madre : anche noi, grazie al tuo timore, abbiamo concepito e partorito lo spirito della salvezza (Cf. Is 26,18). Dobbiamo dunque ascoltare Cristo, che è povero in noi e con noi e per noi. Il titolo stesso del salmo ci parla infatti di un povero. Tenete presente, infine, che solo in via d’ipotesi io ho stabilito chi sia questo povero : ora ascoltiamo la sua preghiera e vediamo di riconoscere la persona. Se ho posto questa premessa, l’ho fatto per evitare eventuali errori, quando si ascolteranno dei particolari che siano incompatibili con la realtà del Cristo-Capo : in questi casi, bisogna ricordare che essi si riferiscono alla debolezza del corpo e riconoscere nel capo la voce delle membra. Il titolo suona dunque così : Orazione di un bisognoso, che, essendo in preda all’affanno, effuse la sua preghiera dinanzi al Signore. Questi è appunto quel povero, che in altro salmo dice : Dai confini della terra ti ho invocato, allorché il mio cuore era in preda all’affanno (Ps 60,3). Costui è ancora quel povero, perché è lo stesso Cristo che nel testo del Profeta ha detto di essere, ad un tempo, lo sposo e la sposa : (Il Signore) mi ha recinto come sposo di una corona e mi ha adornato come sposa di monili (Is 61,10). Se ha detto di essere sia lo sposo che la sposa, non è forse da spiegare perché è sposo in ragione del capo ed è sposa in ragione del suo corpo ? Una sola è dunque la voce, perché una sola è la carne. Dobbiamo allora ascoltare o, meglio, dobbiamo riconoscere noi stessi in queste sue parole. Chè se avvertissimo di essere fuori dal corpo, dovremmo procurare di esserci dentro !

Continue le tribolazioni e la preghiera del Corpo di Cristo.

3. [vv 2.3.] Ascolta, o Signore, la mia preghiera, e il mio grido giunga fino a te. C’è identità di contenuto tra il primo concetto : Ascolta, o Signore, la mia preghiera, e il secondo : Il mio grido giunga fino a te. La ripetizione denota l’intensità d’affetto in colui che eleva la supplica. Non distogliere il tuo volto da me. Ma quando Dio ha distolto il suo volto dal Figlio, e quando il Padre l’ha distolto dal Cristo ? Ciò è in ragione della povertà delle membra : Non distogliere il tuo volto da me ; in qualunque giorno in cui sia angustiato, volgi il tuo orecchio verso di me. Quaggiù sono infatti angustiato, ma tu sei lassù : se mi innalzo, tu ti allontani ; se invece mi abbasso, tu ti volgi ad ascoltarmi. Ma che significano le parole : In qualunque giorno in cui sia angustiato ? Forse ora chi supplica non è angustiato ? E si esprimerebbe così, se non fosse angustiato ? Basterebbe dunque dire : “ Volgi il tuo orecchio verso di me, perché sono angustiato ”. Le parole : In qualunque giorno in cui sia angustiato, volgi il tuo orecchio verso di me, si comprendono alla luce dell’unità del corpo : se soffre un solo membro, soffrono con esso tutte le membra (Cf. 1Co 12,26). Sei tu oggi angustiato, anch’io sono angustiato ; domani un altro è angustiato, anch’io sono angustiato ; dopo questa generazione altri uomini, i posteri dei posteri, sono angustiati, anch’io sono angustiato ; insomma, sino alla fine del mondo, per quanti appartenenti al mio corpo sono angustiati, anch’io sono angustiato. Perciò in qualunque giorno in cui sia angustiato, volgi il tuo orecchio verso di me ; in qualunque giorno ti abbia invocato, esaudiscimi subito. Ancora identità di concetti. Ecco che già ti invoco, ma tu, in qualunque giorno ti abbia invocato, esaudiscimi subito. Pregò Pietro, pregò Paolo, pregarono gli altri Apostoli ; pregarono i fedeli di quell’epoca, pregarono i fedeli dell’epoca successiva, hanno pregato i fedeli dell’epoca dei martiri, pregano i fedeli della nostra epoca, pregheranno i fedeli dell’epoca posteriore alla nostra : in qualunque giorno ti abbia invocato, esaudiscimi subito. Esaudiscimi subito, perché null’altro ti chiedo se non quel che vuoi darmi. Io non cerco, come creatura terrena, le cose terrene, ma come creatura riscattata dalla schiavitù primordiale, io aspiro al regno dei cieli. Tu dunque esaudiscimi subito, perché solo in relazione a questa aspirazione tu hai detto : Mentre stai ancora parlando, io ti dirò : Ecco, sono qui (Is 58,9). In qualunque giorno ti abbia invocato, esaudiscimi subito. Donde nasce questa tua invocazione ? Da quale angustia, da quale indigenza ? O povero che stai davanti alla porta di Dio tanto ricco, per quale aspirazione ti metti a mendicare, per quale miseria insisti nel chiedere, per quale indigenza tu bussi perché ti sia aperto ? Dillo : ascoltiamo direttamente questa indigenza, scoprendo in essa noi stessi e pregando con te. Tu ascolta e sappi riconoscerci, se puoi.

Il fumo nefasto della superbia e la fortezza frutto di carità.

4. [v 4.] Perché sono dileguati come il fumo i miei giorni. Oh, i miei giorni, seppur son giorni ! Ché quando si dice giorno, non si può non pensare alla luce. Ma i miei giorni sono dileguati come il fumo. I miei giorni, cioè il tempo della mia vita ; e perché come il fumo, se non per la spinta all’insù data dalla superbia ? Questi furono i giorni meritatamente ricevuti dal superbo Adamo, da cui Cristo assunse la carne. In Adamo è dunque Cristo, come in Cristo è Adamo. È certo, peraltro, che ci ha liberato anche dai giorni fumosi, o del fumo, chi si è degnato di accogliere di questi stessi giorni la voce. Perché sono dileguati come il fumo i miei giorni. Osservate come il fumo assomigli alla superbia : esso sale in alto, si gonfia, svanisce, per cui giustamente scompare, perdendo qualsiasi consistenza. Perché sono dileguati come il fumo i miei giorni, e le mie ossa sono bruciate come se fossero deposte su un tegame. Le stesse mie ossa, la stessa mia forza non sono sfuggite né all’angustia della tribolazione, né al fuoco che brucia. Le ossa del corpo di Cristo, la forza del corpo di Cristo in chi hanno maggiore consistenza se non nei santi Apostoli ? Eppure si nota come anche le loro ossa siano bruciate : Chi si scandalizza, che io non bruci ? (2Co 11,29) Essi sono forti, pieni di fede, ottimi intenditori e predicatori della parola, essi vivono così come parlano e parlano così come ascoltano : sono indubbiamente forti, eppure quanti soffrono scandalo rappresentano per loro uno strumento che li brucia. Questo perché c’è in loro la carità e la carità è più vigorosa nelle ossa, quelle ossa che sono più interne rispetto al resto della carne, di cui sono la struttura portante. Ora se uno soffre uno scandalo, corre certo pericolo anche nell’anima : le ossa bruciano nella misura che amano. Se viene a mancare l’amore, nessuno più brucia ; ma se c’è la carità, quando soffre un membro, soffre con lui l’altro membro. Come allora non bruceranno quelle membra che sono portatrici di tutte le altre membra ? Le mie ossa sono bruciate, come se fossero deposte su un tegame.

La Parola di Dio è pane che nutre chi si converte.

5. [v 5.] Il mio cuore è stato battuto come il fieno, e si è inaridito. Prova a guardare Adamo, da cui deriva il genere umano. Da chi infatti se non da lui si è propagata tale miseria ? Da chi se non da lui è derivata, come un fatto ereditario, codesta povertà ? Ed allora colui che nel suo corpo era dianzi privo di ogni speranza, ripeta con tutta speranza, perché ormai inserito nel corpo di Cristo : Il mio cuore è stato battuto come il fieno, e si è inaridito. È proprio così, perché ogni carne è fieno (Cf. Is 40,6). Tuttavia è lecito chiedere : come mai ti è capitato questo ? Perché ho dimenticato persino di mangiare il mio pane. Difatti Dio aveva dato il pane del suo comandamento. Ed in realtà qual è il pane dell’anima se non la parola di Dio ? Sennonché, per la suggestione del serpente e per la prevaricazione della donna, l’uomo toccò il cibo proibito (Cf. Gn 3,6) e dimenticò il precetto : giustamente allora fu battuto come il fieno e si inaridì il suo cuore, avendo egli dimenticato di mangiare il suo pane. E come dimenticò di mangiare il suo pane, egli bevve il veleno : fu dunque battuto il suo cuore e si inaridì come il fieno. Proprio questo è l’uomo battuto che troviamo in Isaia, quell’uomo del quale ed al quale viene detto : Io non sarò adirato per sempre con voi, poiché da me procede lo spirito ed ogni soffio io ho creato : A causa del peccato io l’ho un po’ contristato e l’ho anche battuto ed ho distolto il mio volto da lui (Cf. Is 57,16-18). Appare dunque giusta l’invocazione : Non distogliere il tuo volto da me, cioè dall’uomo battuto, di cui appunto hai detto : Io l’ho battuto, ed ancora : Io ho visto la sua condotta ed io l’ho guarito. Il mio cuore è stato battuto come il fieno, e si è inaridito, perché ho dimenticato persino di mangiare il mio pane. Devi ora mangiare quel pane che avevi dimenticato. Ma è proprio lui che è venuto come pane : nel suo corpo ti è possibile ricordare la voce che avevi dimenticato, e gridare altresì dallo stato di povertà, in cui ti trovi, per ottenere la ricchezza. Devi ora mangiare, dal momento che sei nel corpo di colui che ha detto : Sono io il pane vivo, disceso dal cielo (Jn 6,41). Avevi, sì, dimenticato di mangiare il tuo pane, ma poiché lui è stato crocifisso, si ricorderanno e si convertiranno al Signore tutti i paesi della terra (Cf. Ps 21,28). Alla dimenticanza deve ora succedere il ricordo : ora bisogna mangiare, per vivere, il pane venuto dal cielo, e non già la manna, come la mangiarono i padri che poi morirono (Cf. Jn 6,49). Bisogna mangiare quel pane, di cui è detto : Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia (Mt 5,6).

Gemere per chi non geme o non geme come dovrebbe.

346 6. [v 6.] Per la voce del mio gemito le mie ossa sono rimaste attaccate alla mia carne. Ecco la voce che io ben comprendo e conosco : per la voce del mio gemito, non per la voce e per il gemere di coloro, con i quali condivido le sofferenze. Difatti sono molti quelli che gemono, ed anch’io gemo, e gemo precisamente perché essi non sanno gemere. Uno, ad esempio, ha perduto una moneta e si mette a gemere ; se invece ha perduto la fede, non geme affatto. Io peso la moneta e la fede, trovando così motivo di più grande gemito per chi non sa gemere o non geme affatto. Un altro compie una frode e se ne rallegra. Ma qual è esattamente il suo guadagno e il suo danno ? Egli ha, sì, acquistato del danaro, ma ha perduto la giustizia ! Proprio per questo geme chi davvero sa gemere : chi sta vicino al suo capo, chi aderisce bene al corpo di Cristo geme per tale motivo. Invece gli uomini carnali non gemono per tale motivo, e per ciò stesso si rendono appunto degni di gemito, pur se non possiamo - sia che non gemano sia che non sappiano gemere - disprezzarli. Noi infatti vogliamo e intendiamo correggerli, migliorarli e rinnovarli : quando non ci riusciamo, gemiamo, ma se gemiamo, non rimaniamo staccati da loro. Sta scritto infatti che per la voce del mio gemito le mie ossa sono rimaste attaccate alla mia carne : i forti sono rimasti attaccati ai deboli, i robusti ai fiacchi. Perché tale collegamento ? Per la voce del mio gemere, non già per la voce del loro gemere. E secondo quale legge si è stabilito tale collegamento se non per quella in cui è detto : Dobbiamo noi più robusti portare la debolezza dei più fiacchi (Rm 15,1) ? Le mie ossa sono rimaste attaccate alla mia carne.

Simbolismo dei tre uccelli menzionati dal salmo.

7. [vv 7.8.] Sono diventato simile al pellicano che abita nel deserto ; sono diventato come il gufo notturno tra le macerie ; ho vegliato e sono diventato come il passero solitario sul tetto. Son qui designati tre uccelli e tre località : ci conceda il Signore la grazia di spiegare che cosa tutto questo significhi, ed a voi la grazia di ascoltare con profitto quel che spieghiamo a vostro spirituale vantaggio. Che cosa dunque significano i tre uccelli e le tre località ? E quali sono i tre uccelli ? Sono il pellicano, il gufo e il passero ; quanto alle tre località, sono il deserto, le macerie e il tetto. Troviamo cioè il pellicano nel deserto, il gufo tra le macerie, il passero sul tetto. Per prima cosa dobbiamo spiegare che cosa sia il pellicano, che a dire il vero nasce in una zona che è tale da renderci sconosciuto questo tipo di uccello. Esso nasce in mezzo ai deserti, specie quelli del fiume Nilo, laggiù nell’Egitto. Ma quale che sia questo uccello, ciò che dobbiamo veder bene è quel che di esso ha voluto dire il salmo. Esso abita - leggiamo - nel deserto. Non c’è bisogno di cercar di sapere come siano il suo aspetto, le sue membra, la sua voce, il suo modo di vivere. Stando alle parole del salmo, si tratta di un uccello che abita nel deserto. Il gufo poi è un uccello che ama le tenebre ; e la parola macerie indica tutto ciò che comunemente chiamiamo rovine, dove ci sono pezzi di muro che restano in piedi, ma privi di tetto e disabitati : è proprio lì che abita il gufo. Che cosa infine siano il passero e il tetto, lo sapete certamente. Suppongo allora di imbattermi in un uomo appartenente al corpo di Cristo, che ne predica la parola, che sa condividere le sofferenze dei deboli, che attende ai veri interessi di Cristo, che ha ben presente il futuro ritorno del suo Signore per non sentirsi dire : Servo iniquo ed infingardo (... ) avresti dovuto almeno affidare il mio denaro ai banchieri (Mt 25,26-27). È dall’ufficio di un tale ministro che dobbiamo individuare i tre riferimenti suddetti. Egli potrebbe essersi recato in mezzo ad alcuni che non sono cristiani : è come il pellicano nel deserto. Egli potrebbe essersi recato tra quelli che furono già cristiani, ma poi sono caduti : è come il gufo tra le macerie, in quanto non rifugge dalle tenebre di coloro che abitano nella notte, ed anzi li vuole riguadagnare. Egli potrebbe essersi recato tra quelli che sono, sì, cristiani ed abitano nella propria casa (non dunque quelli che non hanno mai creduto, o che hanno abbandonato quanto avevano creduto), ma che si dimostrano tiepidi nel vivere quello che credono : in questo caso è come il passero che grida verso di loro, non nel deserto, perché essi sono cristiani, non tra le macerie, perché essi non sono caduti. Si trovano infatti sul tetto, o più esattamente sotto il tetto, poiché sono soggetti alla carne : appunto sopra questa carne il passero grida, cioè non tace i comandamenti di Dio, e non diventa esso stesso carnale per finire poi sotto il tetto. Sta scritto infatti : Chi si trova sul tetto, non ne discenda per prendere alcuna cosa nella casa (Mt 24,17), e : Ciò che udite nell’orecchio, predicatelo sopra i tetti (Mt 10,27). Eccoli dunque i tre uccelli e le tre località : un sol uomo può impersonare i tre uccelli ed anche tre uomini possono impersonare i tre uccelli ; i tre tipi di località rappresentano tre tipi di uomini, e in questo caso - si badi - il deserto, le macerie ed il tetto non rappresentano altro se non tre tipi di uomini.

Applicazione cristologica del simbolo precedente.

8. Ma perché indugiare in questa spiegazione ? Guardiamo direttamente al Signore, se non sia proprio lui, o meglio non debba proprio lui essere riconosciuto come il pellicano nel deserto, come il gufo tra le macerie, come il passero ramingo sul tetto. Ce lo spieghi il povero di questo salmo, cioè il nostro capo : egli che si è fatto povero di sua volontà, parli a noi che siamo poveri per intrinseca necessità ! Né, da parte nostra, dobbiamo tacere quel che si racconta ed anche si legge dell’uccello chiamato pellicano : pur evitando affermazioni temerarie, non dobbiamo però tacere quel che ne han voluto che si leggesse e si raccontasse quanti hanno scritto di lui. Da parte vostra, ascoltate la spiegazione in maniera da considerarla ben appropriata, se è vera, e da ritenerla senza alcun valore, se è falsa. Ora si racconta che questi uccelli uccidono i loro piccoli nati a colpi di becco e che, dopo averli uccisi nel nido, li piangono per tre giorni ; si aggiunge che infine la loro madre si ferisce a morte riversando il suo sangue sui figli, che appunto in tal bagno riprendono vita. Può darsi che tutto questo sia vero, come può darsi che sia falso ; tuttavia se è vero, voi vedete come si adatti in maniera appropriata a colui che con il suo sangue ci ha ridato la vita. Gli si adatta il fatto che è la carne della madre a ridare la vita con il suo sangue ai suoi figli : è un’analogia abbastanza appropriata. Infatti anch’egli dice di essere simile alla gallina sopra i suoi pulcini : Gerusalemme, Gerusalemme (... ), quante volte ho voluto raccogliere insieme i tuoi figli, come la gallina che raccoglie sotto le ali i suoi pulcini, e tu non hai voluto ! (Mt 23,37) Egli difatti ha l’autorità propria del padre, ma possiede l’affetto della madre ; così anche Paolo, che è ad un tempo padre e madre, non certo in virtù della sua persona, ma in virtù del Vangelo. Paolo è padre, quando dice : Anche se aveste diecimila pedagoghi in Cristo, tuttavia non avreste molti padri : in Cristo Gesù infatti io vi ho generato in virtù del Vangelo (1Co 4,15) ; ed è madre quando afferma : Figliolini miei, per i quali di nuovo soffro le doglie del parto, finché il Cristo non sia formato in voi (Ga 4,19). Questo uccello pertanto, se è vero il relativo racconto, presenta una grande somiglianza con la carne di Cristo, per il cui sangue abbiamo riavuto la vita. Ma come si può adattare al Cristo l’altro fatto, secondo il quale l’uccello uccide anche i suoi figli ? Non si adattano forse a lui le parole : Io ucciderò ed insieme ridarò la vita ; io colpirò ed insieme risanerò (Dt 32,39) ? O forse Saulo sarebbe morto come persecutore, se non fosse stato colpito dal cielo (Cf. Ac 9,4), e sarebbe forse rinato come predicatore, se dal sangue di lui non avesse riavuto la vita ? Ma lasciamo lo studio di queste analogie a quelli che hanno scritto di quell’uccello : noi non dobbiamo appoggiare la nostra interpretazione su dati incerti. Fermiamoci, piuttosto, a considerare l’uccello nel deserto, perché questo ha voluto appunto stabilire il salmo : Il pellicano che abita nella solitudine del deserto. Io penso che in ciò sia da intendere il Cristo nato da una vergine ; difatti egli solo è nato a questo modo, perciò si parla di solitudine ; è nato nella solitudine, perché egli solo è nato così. Dopo la nascita si arrivò alla passione : da chi veniva crocifisso ? Forse da quelli che lo accompagnavano o da quelli che lo piangevano ? Era dunque crocifisso come nella notte della loro ignoranza e come tra le macerie della loro rovina. Eccolo, il gufo che dimora tra le macerie ed insieme ama la notte. Difatti se non amasse, come potrebbe dire : Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34). Ma poi, chi era nato nella solitudine, perché solo a questo modo era nato, chi aveva patito in mezzo alle tenebre dei Giudei, cioè nella notte, in conseguenza della prevaricazione, cioè tra le loro rovine, che cosa ha fatto successivamente ? Ho vegliato. Avevi dunque dormito tra le macerie ed avevi detto : Ho dormito. Che significa : ho dormito ? Ho dormito, perché l’ho voluto ; ho dormito, in quanto amavo la notte. Ma lì subito dopo si legge : E sono risorto (Ps 3,6). Ciò spiega quel che si legge qui : Ho vegliato. Ed ancora, dopo aver vegliato, che cosa ha fatto ? È asceso al cielo, e si è fatto come il passero nel suo volo, ossia nella sua ascesa : come il passero solitario sul tetto, cioè nel cielo ! Egli pertanto assomiglia al pellicano per la sua nascita, al gufo per la sua morte, e al passero per la sua risurrezione : fu là nella solitudine, perché solo nato a quel modo ; fu poi qui tra le macerie, perché ucciso da coloro che non seppero rimanere stabili nel loro edificio ; fu infine lassù come chi veglia e vola solitario sul tetto, ed ivi intercede per noi (Cf. Rm 8,34). Davvero il nostro capo è il passero ed il suo corpo è la tortora. Infatti il passero si è trovato la casa : quale casa ? Essa è nel cielo, dove egli intercede per noi. E la tortora si è trovato il nido : la Chiesa di Dio ha trovato il suo nido fatto con i pezzetti di legno della sua croce, in cui ricovera i suoi nati (Ps 83,4), i suoi piccoli nati. Ho vegliato e sono diventato come il passero solitario sul tetto.

9. [v 9.] Tutto il giorno mi insultavano i miei nemici, e quelli che mi lodavano giuravano contro di me. Lodavano con la bocca, ma nell’intimo del cuore preparavano l’agguato. Sta a sentire di che specie è la loro lode : Maestro, sappiamo che (... ) insegni la via di Dio secondo verità e non hai preferenze di persona (... ) : è lecito pagare il tributo a Cesare ? (Mt 22,16-17) Fai lo sgambetto a quello stesso che lodi ! Perché questo ? Perché quelli che mi lodavano giuravano contro di me. E donde deriva questo oltraggio ? Dal fatto che io sono venuto a trasformare in mie membra i peccatori, sicché facendo penitenza possano essere nel mio corpo. È da qui che procede tutto il disprezzo e da qui la persecuzione : Perché il vostro maestro mangia insieme con i peccatori ed i pubblicani ? (... ) Non sono i sani che han bisogno del medico, bensì gli ammalati (Mt 9,11-12). Oh, se voi aveste avuto coscienza di essere ammalati ! Allora avreste fatto ricorso al medico ; non l’avreste ucciso né sareste periti nell’apparente stato di salute, dovuto alla vostra orgogliosa pazzia !

È il perdono dei peccati un incentivo al male ?

10. [v 10.] Ma perché tutto il giorno mi insultavano i miei nemici ? Perché quelli che mi lodavano giuravano contro di me ? Perché io mangiai la cenere qual pane, ed alla mia bevanda mescolavo il pianto. Proprio perché volle annoverare tra le sue membra questo genere di uomini per risanarlo e riscattarlo a libertà ne doveva subire l’oltraggio. Ed anche oggi qual è l’oltraggio che i pagani infliggono a noi ? Che cosa pensate, o fratelli, che cosa pensate che essi dicano contro di noi ? Voi - dicono - corrompete l’educazione e depravate i costumi del genere umano. Ma perché ti avventi su di noi ? Dimmene il motivo. Che cosa abbiamo fatto ? Vi rendete responsabili - dice - offrendo agli uomini la possibilità di pentirsi, promettendo loro l’impunità per tutti i delitti : gli uomini fanno il male appunto perché sono sicuri che, non appena convertiti, tutto vien loro perdonato. Da ciò deriva dunque l’oltraggio : Perché io mangiai la cenere qual pane, ed alla mia bevanda mescolavo il pianto. O tu che proferisci l’insulto, io ti invito a mangiare questo pane, ché non avrai certo il coraggio di dire che non sei un peccatore ! Fa’ un bell’esame di coscienza, presentati al tribunale del tuo spirito, non usare troppi riguardi con te, indaga dentro te stesso, fa’ parlare la parte più intima del tuo cuore : vedrai allora se hai il coraggio di proclamarti innocente ! Se uno si osserverà bene, proverà confusione ; se eviterà di adularsi, confesserà il suo peccato. Ed allora che farai, o disgraziato, se non ti si apre il porto dell’impunità ? Se hai avuto soltanto la libertà di peccare, ma non puoi avere nessuna indulgenza per i peccati commessi, dove sarai e dove andrai ? È indubbio che si è risolto anche a tuo vantaggio il fatto di questo povero, che mangiava la cenere qual pane e mescolava il pianto alla sua bevanda. Non senti ormai il dolce piacere di un tale convito ? Resta però il fatto - si osserva - che gli uomini aumentano i loro peccati per la speranza del perdono. Ed io aggiungo che li aumenterebbero anche per la disperazione del perdono. Hai fatto mai caso alla sfrenata crudeltà che contraddistingue la vita dei gladiatori ? E come si spiega, se non perché essi, considerandosi ormai destinati a cader vittime della spada, vogliono sfogare la loro libidine prima di versare il sangue ? Non saresti forse tentato anche tu di dire a te stesso : sono ormai un peccatore, sono un malvagio, ho già meritato la condanna e non ho alcuna speranza di perdono : perché non dovrei fare quel che mi aggrada, anche se illecito ? Perché non dovrei soddisfare, per quanto è possibile, tutti i miei desideri, se dopo queste esperienze non mi restano che i soli tormenti ? Non diresti. davvero questo a te stesso, divenendo peggiore a motivo della tua stessa disperazione ? È dunque più efficace la correzione fatta da colui che promette l’indulgenza e dice : Rientrate, o ribelli, nel vostro cuore (Is 46,8). Io non voglio la morte dell’empio, ma solo che si converta e viva (Ez 33,11). Non c’è dubbio che, essendoti indicato questo porto, puoi ammainare le vele dell’iniquità e volgere la prora e navigare verso la giustizia : riacquistata la speranza di vita, più non trascuri la medicina. Né devi disdegnare tale atteggiamento di Dio, pensando che appunto con la promessa indulgenza egli abbia tolto ogni preoccupazione ai peccatori. Egli infatti, perché gli uomini non vivessero in modo peggiore essendo in preda alla disperazione, promise loro l’approdo al porto dell’indulgenza ; viceversa, perché non vivessero in modo peggiore per la speranza del perdono, rese incerto il giorno della morte. Stabilì, insomma, con sapiente provvidenza, due cose : il sicuro rifugio per quanti a lui fan ritorno ed il mezzo efficace per spaventare quanti lo differiscono. Mangia dunque la cenere qual pane e mescola il tuo pianto alla bevanda : facendo uso di questi cibi, arriverai fino alla mensa di Dio. E non disperare mai, dal momento che ti è stata promessa l’indulgenza. Grazie a Dio - uno dice - perché mi è stata promessa ; voglio attenermi alla promessa di Dio. Allora comincia subito a vivere bene. Domani - risponde quello - comincerò a vivere bene. Ma Dio ti ha promesso l’indulgenza, nessuno invece ti ha promesso il domani ; perciò se fino ad ora sei vissuto male, comincia oggi stesso a vivere bene. Stolto, questa notte ti verrà tolta la tua vita ; ed io non ti dico di chi sarà quel che hai preparato (Lc 12,20), ma voglio chiederti : in base alla tua condotta di vita, dove verrai a trovarti ? Perciò pensa a correggerti per poter assumere, in qualità di membro del corpo di Cristo, questa voce, che, se non mi sbaglio, tu riconosci facilmente : Io mangiai la cenere qual pane, ed alla mia bevanda mescolavo il pianto.

Privilegi e responsabilità dell’uomo nel piano divino.

11. [v 11.] Alla vista della tua ira e della tua indignazione, poiché mi innalzasti, mi abbattesti. Si tratta, o Signore, di quella stessa tua ira che investì Adamo : l’ira con la quale tutti siamo nati ed alla quale, appunto nascendo, organicamente aderiamo ; l’ira derivante dalla propagazione dell’iniquità e dall’ammasso del peccato, per la quale dice l’Apostolo : Fummo un tempo anche noi per natura figli dell’ira, come tutti gli altri (Ep 2,3), e dice pure il Signore : Rimane sopra di lui l’ira di Dio, perché non ha creduto nel Figlio unigenito di Dio (Jn 3,36). Non dice già che l’ira di Dio verrà sopra di lui, ma che essa rimane sopra di lui, perché non vien tolta quell’ira nella quale egli è nato. Come si spiega dunque e che cosa significa questa espressione : poiché mi innalzasti, mi abbattesti ? Anche qui il testo non dice : Poiché mi innalzasti e mi abbattesti, ma : Poiché mi innalzasti, mi abbattesti, cioè mi abbattesti precisamente perché mi innalzasti. E come mai tutto questo ? L’uomo fu collocato su di un piedistallo d’onore, perché fu creato ad immagine di Dio (Cf. Gn 1,26) ; elevato a tale onore, sollevato dalla polvere, sollevato dalla terra, ricevette il dono dell’anima razionale e fu preposto, per la superiore vitalità della sua stessa ragione, a tutte le bestie, ai vari animali, ai volatili, ai pesci. Quale di questi, invero, possiede l’intelligenza razionale ? Sta di fatto che nessuno di loro fu creato ad immagine di Dio ; ma come nessuno di loro ha con sé questo onore, così nessuno di loro ha in sé questa miseria. Quale animale infatti piange per i peccati ? Quale uccello teme il fuoco eterno della geenna ? Poiché esso non partecipa in alcun modo alla vita beata, non conosce neppure il tormento delle miserie. L’uomo invece, essendo stato creato per giungere alla vita beata se vivrà bene, non potrà sfuggire ad una vita di miserie se è vissuto male. Così sì spiegano le parole : Poiché mi innalzasti, mi abbattesti ; mi colpisce la pena proprio perché mi hai dato il libero arbitrio. Se tu non mi avessi dato questo libero arbitrio, rendendomi superiore agli animali per questo dono della ragione, non mi colpirebbe nel mio peccato la giusta condanna. Bisogna dunque intendere : mi innalzasti con il dono del libero arbitrio e mi abbattesti con la pena di un giusto giudizio.

La luce superna che rischiara le ombre della vita.

347 12. [v 12.] I miei giorni si sono allontanati come l’ombra. Davvero i tuoi giorni avrebbero potuto non farsi lontani, se tu non ti fossi allontanato dal vero giorno : ma essendoti tu allontanato, hai ricevuto dei giorni che si fanno del pari lontani. C’è forse da meravigliarsi se i tuoi giorni sono divenuti simili a te ? Questi giorni che si fanno lontani perché tu hai deviato, corrispondono perfettamente ai giorni definiti fumosi perché ti sei gonfiato di orgoglio. Prima infatti si è detto : Sono dileguati come il fumo i miei giorni (Ps 101,4), ed ora si dice : I miei giorni si sono allontanati come l’ombra. Eppure è in quest’ombra che bisogna riconoscere il giorno, è in quest’ombra che va scorta la luce, perché non giunga poi troppo tardi il pentimento e non porti alcun frutto : Che vantaggio ci ha portato la superbia ? Che guadagno ci ha dato l’alterigia fondata sulle ricchezze ? Tutte queste cose sono passate come l’ombra (Sg 5,8-9). Ora devi dire : tutte queste cose passeranno come l’ombra, e così potrai tu non passare come l’ombra. I miei giorni si sono allontanati come l’ombra, ed io mi sono inaridito come il fieno. La ragione è in quel che si è detto prima : Il mio cuore è stato battuto come il fieno, e si è inaridito (Ps 101,4). Ma questo fieno tornerà a rifiorire, irrigato dal sangue del Salvatore. Io mi sono inaridito come il fieno : ecco quel che sono, io uomo, dopo quella ribellione ; ecco quel che a me è capitato in conseguenza del tuo giusto giudizio. Che si legge invece di te ?

13. [v 13.] Tu invece, o Signore, rimani in eterno. I miei giorni si sono allontanati come l’ombra, mentre tu rimani in eterno : chi dunque è eterno, salvi chi è temporaneo. Cioè, se io sono caduto, non per questo tu sei invecchiato : tu sei vivo e vegeto per liberarmi, come tale sei stato per umiliarmi. Tu invece, o Signore, rimani in eterno, e la tua memoria dura di generazione in generazione. Si dice : la tua memoria, perché tu non conosci l’oblio ; e non già in una sola generazione, ma di generazione in generazione, in quanto abbiamo con noi la promessa della vita presente e di quella futura (Cf. 1Tm 4,8).

La salvezza è in atto.

14. [v 14.] Tu levandoti avrai pietà di Sion, perché è già il tempo di averne pietà. Qual è questo tempo ? Quando poi venne la pienezza del tempo, Dio inviò il suo Figlio, fatto dalla donna, fatto sotto la legge. E dov’è il Sion ? Affinché riscattasse quelli che erano sotto la Legge (Ga 4,5). Anzitutto sono dunque da intendere i Giudei, perché da essi provengono gli Apostoli, poi il gruppo di più di cinquecento fratelli (Cf. 1Co 15,6), poi ancora quella moltitudine di fedeli, che aveva un cuor solo e un’anima sola verso Dio (Cf. Ac 4,32). Perciò si legge : Tu levandoti avrai pietà di Sion, perché è già il tempo di averne pietà, perché è giunto il tempo. Qual è questo tempo ? Ecco, adesso è il tempo accettevole ; ecco, adesso è il giorno della salvezza (2Co 6,2). Chi afferma questo ? Il servo di Dio che edificava e pertanto diceva : Voi siete l’edificio di Dio, soggiungendo poi : come sapiente architetto io posi il fondamento (... ), e : Un altro fondamento nessuno può porre al di fuori di quello che è già stato posto, cioè Gesù Cristo (1Co 3,9-11).

La missione dei Profeti e la vita della Chiesa gerosolimitana.

15. [v 15.] Ora anche qui che si dice ? Perché i tuoi servi hanno avuto compiacenza verso le sue pietre. Verso le pietre di chi ? Verso le pietre del Sion. Ma lì ci stanno anche cose che non sono pietre. E di chi sono queste altre cose ? Allora che si legge dopo ? E avranno pietà della sua polvere. Dobbiamo riconoscere sia le pietre sia la polvere che sono sul Sion. Non si dice infatti che avranno pietà delle sue pietre, ma si dice : Perché i tuoi servi hanno avuto compiacenza verso le sue pietre, ed avranno pietà della sua polvere, cioè : se verso le sue pietre hanno avuto compiacenza, per la sua polvere invece avranno pietà. Nelle pietre di Sion io vedo ed intendo tutti i Profeti : lì è risuonata per primo la voce della predicazione, da lì ha avuto inizio la missione evangelica e grazie a tale annunzio si è potuto conoscere il Cristo. Perciò è ben detto : i tuoi servi hanno avuto compiacenza verso le pietre del Sion. Al contrario, tutti coloro che prevaricarono, allontanandosi dal Signore ed offendendo con i loro misfatti il Creatore, han fatto ritorno alla terra donde furono assunti : essi sono diventati polvere, sono diventati malvagi, e questo si dice di loro : Non così i malvagi, non così ; ma come polvere che il vento porta via dalla faccia della terra (Ps 1,4). Ma tu aspetta, o Signore ; sopporta, o Signore ; sii paziente, o Signore : fa’ che non si scateni il vento per cancellare questa polvere dalla faccia della terra. Fa’ che vengano, sì, vengano i tuoi servi, riconoscano in quelle pietre la tua rivelatrice parola, sentano pietà della polvere del Sion, si riformi l’uomo secondo la tua immagine ed esclami la polvere, per evitare la rovina : Ricordati che noi siamo polvere (Ps 102,14). Ed avranno pietà della sua polvere. Questo vale per Sion. Ma non era polvere anche chi crocifisse il Signore ? Peggio, si direbbe, era polvere delle più rovinose macerie. Era senz’altro polvere ; tuttavia non invano era stato detto per questa polvere : Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34). Fu così che da essa si levò il muro maestro delle varie migliaia di persone, che credevano e deponevano ai piedi degli Apostoli tutto il prezzo delle loro sostanze. Da quella polvere sorse dunque la nuova umanità, riformata e risplendente. Dalle genti infatti chi venne a farne parte ? O quanto pochi ne vediamo tra loro che hanno fatto così in confronto a quelle varie migliaia ? All’inizio ne accorsero subito tremila, poi cinquemila : tutti vivevano in unione tra loro, tutti deponevano ai piedi degli Apostoli il prezzo ricavato dalla vendita delle loro sostanze, perché ne venisse distribuito a ciascuno secondo il rispettivo bisogno, e tutti avevano un cuor solo ed un’anima sola verso Dio (Cf. Ac 2,41 Ac 4,4-32 ss). E chi fece anche di questa polvere tale nuova realtà, se non colui che fece lo stesso Adamo dalla polvere ? Tutto ciò è detto dunque di Sion, ma non vale soltanto per Sion.

16. [v 16.] Orbene che cosa si legge dopo ? E temeranno le genti il tuo nome, o Signore, e tutti i re della terra la tua gloria. Dal momento che hai avuto compassione di Sion, dal momento che i tuoi servi hanno dimostrato compiacenza verso le sue pietre, riconoscendo il fondamento degli Apostoli e dei Profeti, ed hanno anch’essi avuto compassione per la sua polvere, perché appunto dalla polvere si formasse o meglio si riformasse l’uomo vivo, ecco che si è sviluppata la predicazione in mezzo alle genti. Temano le genti il tuo nome, e tutti i re della terra la tua gloria : si levi dalle genti l’altro muro maestro e si riconosca quella pietra angolare (Cf. Ep 2,20), sulla quale devono trovare stabile fondamento i due popoli che, pur procedendo da luoghi distanti, ormai più non hanno sentimenti diversi.

L’edificio di Dio è in continua crescita.

17. [v 17.] Poiché il Signore edificherà Sion. Questa è l’opera che ora si compie. Orsù dunque, voi pietre viventi, affrettatevi a quest’opera di costruzione e non alla vostra caduta. Viene edificato il Sion, evitate dunque di ridurvi a macerie ; viene edificata la torre, viene edificata l’arca, ripensate dunque al diluvio. Questa è l’opera che ora si compie : Poiché il Signore edificherà Sion. Ma che cosa avverrà dopo l’edificazione del Sion ? E sarà visto nella sua gloria. Per compiere tale edificazione e collocare sul Sion un vero fondamento, il Signore si fece vedere dal Sion, non però nella sua gloria : Noi lo vedemmo, ma non aveva né bellezza né decoro (Is 53,2). Quando invece accompagnato dai suoi Angeli verrà a giudicare, quando dinanzi a lui si aduneranno tutte le genti, quando si troveranno in posizione distinta alla sua destra le pecore ed alla sua sinistra i capretti (Cf. Mt 25,31-33), allora, sì, vedranno colui che hanno trafitto (Cf. Za 12,10) ! E resteranno confusi, troppo tardi ormai, coloro che rifiutarono la confusione dell’anteriore e salutare penitenza ! Il Signore edificherà Sion, e sarà visto nella sua gloria, egli che in quel luogo si fece dapprima vedere nella sua debolezza.

18. [v 18.] Ha riguardato alla preghiera degli umili, e non ha spregiato la loro supplica. Questa è l’opera che adesso si compie nell’edificazione del Sion : gli edificatori pregano e gemono : prega e geme quell’unico povero come pregano e gemono i molti poveri, perché le migliaia di uomini tra i tanti popoli sono una sola persona, perché forma unità la pace della Chiesa. Egli è ad un tempo l’uno ed i molti : l’uno per la carità, i molti per l’estensione. Ora dunque si prega, ora si corre : ora appunto uno, se era prima diverso e nutriva sentimenti diversi, deve mangiare la cenere qual pane e mescolare il pianto alla sua bevanda. Ora cade questo tempo, mentre viene edificato il Sion ; ora le pietre vengono connesse nel vivo della costruzione. Una volta terminato questo lavoro ed inaugurata la casa, che senso avrebbe il tuo correre ? Allora cercheresti troppo tardi, chiederesti invano, busseresti inutilmente e finiresti col restar fuori, in compagnia delle cinque vergini stolte (Cf. Mt 25,12). Ora dunque devi correre, perché il Signore ha riguardato alla preghiera degli umili, e non ha spregiato la loro supplica.

L’economia salvifica nel V. e nel N. T.

348 19. [vv 19.20.] Si scrivano queste cose per la generazione seguente. Allorché queste cose erano scritte, non potevano riuscire molto utili a coloro tra i quali erano scritte : esse servivano infatti ad annunciare profeticamente il Nuovo Testamento tra gli uomini che vivevano secondo il Vecchio Testamento. Ovviamente anche questo, il Vecchio Testamento, era stato dato da Dio, il quale aveva collocato il suo popolo nella terra da lui promessa. Ma poiché la tua memoria che si estende di generazione in generazione non appartiene ai malvagi ma ai giusti, per la prima generazione essa si riferisce al Vecchio Testamento, mentre per l’altra generazione si riferisce al Nuovo Testamento. Ed appunto perché il contenuto della profezia preannuncia il Nuovo Testamento, si scrivano queste cose per la generazione seguente, ed il popolo che sarà creato darà lode al Signore. Non si parla di popolo che è stato creato, ma di popolo che sarà creato. Fratelli miei, c’è una cosa più chiara di questa ? Qui si scopre la predizione di quella creatura, di cui dice l’Apostolo : Se dunque esiste in Cristo una nuova creatura, le cose vecchie sono passate ed ecco tutte sono diventate nuove ; tutte le cose però sono da Dio (2Co 5,17-18). Che significa che tutte le cose però sono da Dio ? Sono da intendere le cose vecchie e le cose nuove, perché la tua memoria si estende di generazione in generazione. Ed il popolo che sarà creato darà lode al Signore. Poiché egli ha riguardato dalla sacra sua altezza. Dalla sua altezza ha riguardato, per giungere fino agli umili ; dalla sua altezza si è fatto umile, per esaltare gli umili.


Agostino Salmi 101