Agostino Salmi 102

SUL SALMO 102

102 Ps 102

ESPOSIZIONE

DISCORSO

Il corpo di Cristo benedice ininterrottamente Dio.

1. [v 1.] In ogni dono del Signore Dio nostro, in ogni consolazione ed in ogni punizione che ci viene da lui, nella grazia che egli si è degnato di darci, nell’indulgenza per la quale non ci ha reso il meritato castigo, in tutte le sue opere, sempre l’anima nostra deve benedire il Signore. Questo è stato infatti il tema del nostro canto, e da qui comincia il Salmo, che ora spiegheremo in quanto ci sarà possibile, fidando nell’aiuto di colui che la nostra anima benedice. Ciascuno di noi deve stimolare ed esortare la propria anima, dicendole : Benedici, anima mia, il Signore. E tutti noi, e con noi quanti sono nostri fratelli in Cristo, dovunque si trovino, formando un sol uomo avente il suo capo nel cielo, tutti proprio per tale unità dobbiamo esortare la nostra anima, dicendole : Benedici, anima mia, il Signore. E l’anima ascolta, obbedisce, sta a tale esortazione, ne resta persuasa non per la nostra virtù, ma per la grazia di colui che essa benedice. Difatti questo Salmo ha il compito di dimostrarci per quale ragione l’anima nostra benedica il Signore, come se la stessa sua anima gli abbia replicato : “ E perché tu mi dici di benedire il Signore ? ”. Noi dobbiamo dunque ascoltare : ascolti la nostra anima, consideri tutti i motivi che valgano a stimolarla perché non sia lenta e pigra nel benedire il Signore ; veda se sia giusto l’invito che le viene rivolto : Benedici, anima mia, il Signore, e se debba poi benedire altra cosa oltre il Signore. Benedici, - si dice - anima mia, il Signore.

Se tace la lingua, cantino il cuore e le opere.

351 2. L’invito è ripetuto, e l’affermazione è fatta in maniera più esplicita : Benedici, anima mia, il Signore, e tutte le parti che sono dentro di me benedicano il suo santo nome. Penso che qui il Salmista non parli alle parti interne del nostro corpo ; penso che non voglia dire che il nostro polmone e il fegato, o gli altri organi carnali interni, debbono metter fuori la loro voce per benedire il Signore. Indubbiamente il polmone, che abbiamo nel petto, è una specie di mantice che accoglie ed emette alternativamente il fiato, il quale formandosi con l’aria aspirata, si traduce in voce e suono, quando articoliamo le parole ; certo nessuna voce può essere pronunciata dalla nostra bocca se non proviene dall’aria del nostro polmone. Ma non si tratta di questo ; tutto questo riguarda soltanto le orecchie degli uomini. Anche Dio ha orecchie per ascoltare, come il cuore ha il suo suono. L’uomo si rivolge alle parti che ha dentro di sé perché benedicano il Signore, e dice loro : “ O parti che state dentro di me, benedite tutte il suo santo nome ”. Vuoi sapere che cosa siano le parti che sono dentro di te ? Sono la stessa tua anima. Perciò l’espressione : Benedici, anima mia, il Signore, equivale nel significato all’altra : tutte le parti che sono dentro di me il suo santo nome, in cui è appunto sottinteso : benedite. Grida con la tua voce, quando c’è un uomo che è in grado di ascoltare ; fa’ tacere la tua voce, quando quest’uomo non c’è : ma c’è sempre colui che può ascoltare quel che è dentro di te. Proprio per tale ragione risuonava poc’anzi sulle nostre labbra la benedizione e cantavamo queste stesse parole : Benedici, anima mia, il Signore, e tutte le parti che sono dentro di me benedicano il suo santo nome. Abbiamo cantato per tutto il tempo che era necessario e poi abbiamo taciuto ; ma deve forse tacere quel che è dentro di noi nel benedire il Signore ? Può certo elevarsi e cessare a tempo opportuno il suono delle nostre parole, ma perenne dev’essere la voce di quel che è dentro di noi ! Quando ti rechi nella Chiesa per recitare l’inno, la tua voce fa risuonare le lodi di Dio, ma anche dopo aver cantato come hai potuto, quando ti sei ormai allontanato, la tua anima deve far risuonare le lodi di Dio. Quando attendi a un affare, anche allora la tua anima deve lodare Dio. Quando prendi il cibo, ricorda quel che dice l’Apostolo : Sia che mangiate, sia che bevete.... tutto fate per la gloria di Dio (1Co 10,31). Mi permetto anzi di aggiungere : anche quando dormi, la tua anima deve benedire il Signore. Non ti deve tener desto né il pensiero di un’azione disonesta, né il progetto di un furto, né una seduzione forse già prestabilita. Anche se dormi è la tua innocenza a dar voce alla tua anima. Benedici, anima mia, il Signore, e tutte le parti che sono dentro di me benedicano il suo santo nome.

Dio non ci tratta secondo i nostri demeriti.

3. [v 2.] Benedici, anima mia, il Signore, e non dimenticare tutte le sue retribuzioni. Si dice : Benedici, anima mia, il Signore. Che cos’è l’anima tua ? Tutte le parti che sono dentro di te. Benedici anima mia, il Signore. E la stessa ripetizione ha il valore di una rinnovata esortazione. Ma perché tu possa davvero benedire sempre il Signore, non dimenticare tutte le sue retribuzioni, ché se le dimenticherai, non farai che tacere. Peraltro non potrai avere dinanzi ai tuoi occhi le retribuzioni del Signore, se prima non ci metterai i tuoi peccati. Non dev’essere dinanzi ai tuoi occhi il piacere del peccato commesso in passato, ma ci devi mettere la condanna del peccato : tale condanna deriva da te, come la remissione da Dio ! Questa è infatti la retribuzione che ti viene da Dio, sicché giustamente puoi dire : Che cosa io renderò al Signore in cambio di tutto quel che mi ha retribuito ? (Ps 115,12) Proprio questo consideravano i martiri, di cui anche oggi celebriamo la memoria, e tutti quanti i santi, che disprezzarono la vita presente e - come avete sentito dalla lettura dell’Epistola giovannea - offrirono la loro vita per i fratelli (Cf. Gv 1Jn 3,16), arrivando così alla perfezione della carità, perché dice il Signore : Nessuno ha una carità più grande di quella di colui che offre la propria vita per i suoi amici (Jn 15,13). Proprio considerando questo - dico - i santi martiri seppero disprezzare la loro vita quaggiù per ritrovarla di là in fedele adesione alla parola del Signore che dice : Chi ama la propria vita la perderà ; e chi la perderà per causa mia, la ritroverà nella vita eterna (Jn 12,25). Essi vollero infatti dare la loro retribuzione. Ma chi e che cosa ed a chi ? Erano degli uomini che rendevano a Dio il loro servizio compiendolo fino alla morte. E che cos’era questo se non ciò che era stato loro donato ? E che cosa davano se non ciò che avevano ricevuto ? In realtà a retribuire è Dio, come è solo a donare. Eppure egli non retribuisce secondo i nostri peccati, se è vero che altre erano le retribuzioni a noi dovute, altre quelle effettivamente a noi date. Non dimenticare - si dice - tutte le sue retribuzioni : non le “ attribuzioni ”, ma le retribuzioni. A noi era dovuto qualcosa di diverso, eppure ci fu dato quel che a noi non era dovuto. Per questo il Salmo sopra citato dice : Che cosa io renderò al Signore in cambio di tutto quel che mi ha retribuito ? (Ps 115,12) Anche qui non “ ciò che mi ha attribuito ”, ma ciò che mi ha retribuito. Tu come retribuzione gli hai reso male per bene ; egli invece ti ha reso bene per male. E come hai potuto tu, uomo, rendere a Dio male per bene ? Se prima sei stato bestemmiatore, persecutore e violento, è chiaro che l’hai retribuito con offese blasfeme (Cf. 1Tm 1,13). In cambio di quali beni ? Anzitutto del fatto che esisti, pur se esiste anche la pietra ; poi del fatto che vivi, pur se vive anche la bestia. Che cosa darai come retribuzione al Signore per il fatto di essere stato da lui creato a sua immagine e somiglianza (Gn 1,26), ben al di sopra quindi di tutti gli animali e di tutti gli uccelli ? Non domandare che cosa puoi dargli come retribuzione : rendigli la sua immagine somigliante che è in te. Egli non chiede di più, esige semplicemente la sua stessa moneta (Cf. Mt 22,21). Tu invece, anziché render grazie e dimostrare sottomissione, ossequio e vero spirito religioso, cioè in cambio di tutti questi beni che dovevi al tuo Dio, in cambio dei beni che - come ho detto sopra - hai ricevuto, l’hai retribuito con offese blasfeme. Allora egli che cosa farà ? Confessa il male, dice, io ti perdono. Anch’io ti offro la retribuzione, ma non è quella che mi hai offerto tu : come retribuzione tu mi hai reso male per bene ; io invece ti rendo bene per male.

Quel che hai è dono di Dio ; tuo è solo il peccato.

4. Considera dunque, o anima, tutte le retribuzioni di Dio ripensando a tutte le tue azioni malvagie, perché quante sono queste tue azioni malvagie, altrettante sono le retribuzioni buone che ti vengon da lui. E tu che cosa gli potrai offrire in contraccambio ? Quali regali, quali doni, quali sacrifici ? Dato che non dimentichi le sue retribuzioni, eccolo il sacrificio di cui egli si compiace : Benedici, anima mia, il Signore. Il sacrificio della lode mi darà gloria : immola a Dio il sacrificio della lode, e rendi all’Altissimo i tuoi voti (Ps 49,14 Ps 49,23). Dio vuole essere lodato da te, e lo vuole per il tuo progresso spirituale, non per la sua esaltazione. Non esiste in assoluto qualcosa che tu gli possa rendere : ciò che richiede, non per sé, ma per te lo richiede e a te riuscirà utile, a te è riservato. Non desidera da te quel che possa ingrandirlo, ma quel che valga a condurti a lui. Per tale ragione i martiri cercavano qualcosa da offrirgli, e quasi venendo meno perché non trovavano nulla, ripetevano : Che cosa io renderò al Signore in cambio di tutto quel che mi ha retribuito ? (Ps 115,12 Ps 115,13) Essi non trovarono altro da rendergli se non questo : Prenderò il calice di salvezza, ed invocherò il nome del Signore (Jn 8,44). Che cosa dunque renderai al Signore ? Te lo sei domandato senza riuscire a trovar nulla : Prenderò il calice di salvezza. Che cosa ? Questo calice di salvezza non te l’ha dato lo stesso Signore ? Prova a rendergli qualcosa del tuo, se ci riesci. No anzi - vorrei dirti - non lo fare, non rendere qualcosa del tuo : è Dio che non vuole che gli renda qualcosa del tuo, perché in questo caso gli renderesti il peccato. Difatti tutto ciò che hai, l’hai in quanto ricevuto da lui : soltanto il peccato l’hai come cosa tua. Egli non vuole che gli sia reso qualcosa del tuo : lo vuole del suo. Egli è come l’agricoltore : se tu dalla terra che ha seminato gli riporti la messe buona, rendi qualcosa che è frutto dell’agricoltore ; ma se gli riporti le spine, gli offri solo quello che è tuo. In cambio devi rendere la verità e lodare il Signore nella verità : se vorrai render del tuo, non farai che mentire, se è vero che chi dice la menzogna, parla del suo (Mt 20,22). E se chi dice la menzogna parla del suo, invece chi dice la verità parla da Dio. Ma che significa prendere il calice di salvezza ? Significa imitare i patimenti del Signore. Questo hanno fatto i martiri, e questo disse il Signore ai discepoli che, sollecitati dallo spirito di superbia, desideravano avere le posizioni più elevate e sfuggire alla valle del pianto con l’intenzione di assidersi l’uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. Che cosa dunque disse loro ? Potete voi bere il calice, che io sto per bere ? (1Co 15,53) Appunto per questo il martire, pronto ad immolarsi come vittima santa, afferma : Prenderò il calice di salvezza ; prenderò il calice di Cristo e berrò la passione del Signore. Ma per non venir meno nel suo proposito, aggiunge : Invocherò il nome del Signore (Ps 115,12-13). Pertanto, se alcuni son venuti meno, ciò è stato perché non hanno invocato il Signore, presumendo della loro fortezza. Tu invece nel rendere i tuoi voti, devi sempre ricordare di aver ricevuto quello che rendi ; perciò la tua anima deve benedire il Signore, in modo da non dimenticare tutte le sue retribuzioni.

Dio medico sapientissimo.

5. [vv 3-5.] State ora a sentire tutte le retribuzioni del Signore, il quale sa perdonare tutte le tue iniquità, e guarisce tutte le tue infermità ; il quale riscatterà la tua vita dalla corruzione, e ti corona con la sua compassione e misericordia ; il quale sazia con i suoi beni il tuo desiderio : si rinnoverà, come quella dell’aquila, la tua giovinezza. Eccole le sue retribuzioni. Che cosa era dovuto al peccatore, se non il supplizio ? Che cosa era dovuto al bestemmiatore, se non il fuoco ardente della geenna ? Ma Dio non l’ha retribuito con questi mali : non aver paura, non provare orrore, non sia il tuo timore privo di amore. Non dimenticare tutte le sue retribuzioni buone, e cerca ormai di cambiare te stesso, se non vuoi provare le altre sue retribuzioni, che non so se definire cattive. Ché se son giuste, non sono cattive ! Saranno dunque cattive per te, mentre di fronte a Dio neppure i mali, che stai soffrendo, sono cosa cattiva, in quanto, se sono giusti, sono cosa buona. Tuttavia per te che li soffrì sono cosa cattiva. Vuoi che non sia cosa cattiva per te ciò che è cosa giusta di fronte a Dio ? Allora non dev’essere cattiva al cospetto di Dio la tua iniquità. Egli infatti non cessa mai di chiamarti, né, dopo averti chiamato, trascura di istruirti, né, dopo averti istruito, cessa mai di elevarti, né, dopo averti elevato, trascura di donarti il premio. E se tu dici che sei peccatore, pensa a convertirti ed avrai tali retribuzioni : egli sa perdonare tutte le tue iniquità. Anche dopo la remissione dei peccati porti sempre con te un corpo che è debole, e necessariamente rimangono in te alcuni desideri carnali che ti danno come il solletico e t’insinuano il gusto dei piaceri illeciti : essi derivano dalla tua infermità. Tu infatti continui a portare una carne debole, e non ancora la morte è stata assorbita dalla vittoria, né ancora questo elemento corruttibile si è rivestito d’incorruzione (Cf. 1Co 15,53-54) ; l’anima stessa, pur dopo la remissione dei peccati, ancora è scossa da turbamenti e passioni, ancora è esposta ai pericoli delle tentazioni, e si compiace di alcune suggestioni e di altre non si compiace : comunque, quando se ne compiace, presta talora il consenso ad alcune di loro, rimanendone vittima. È questa l’infermità : ma Dio guarisce tutte le tue infermità. Non temere dunque : tutte le tue infermità saranno guarite. E se dici che esse son grandi, sappi che più grande è il medico che le cura. Per un medico dalla potenza infinita non esiste nessun male inguaribile. Tu devi solo permettere che egli ti curi e non devi respingere le sue mani, ché egli sa bene quel che c’è da fare. E non devi solo compiacerti quando lenisce le piaghe, ma saper sopportare anche quando le incide : sopporta il dolore della medicina, pensando alla guarigione futura. Osservate, o miei fratelli, quali e quanti dolori sopportano gli uomini nelle loro infermità fisiche, per vivere ancora pochi giorni, e per di più nell’incertezza, e poi morire. Sono tanti infatti coloro che, dopo aver sopportato gravi dolori durante l’operazione chirurgica, sono spirati sotto i ferri del medico, oppure, quando già erano guariti, sono morti perché colpiti da qualche altra malattia. Se avessero previsto una morte tanto vicina, si sarebbero decisi a sopportare quegli immensi dolori ? La sofferenza, da te sopportata, non conosce invece incertezza, perché non può ingannarsi colui che ti ha promesso la guarigione. Il medico talvolta si inganna, promettendo di ottenere la guarigione da un corpo umano ; e perché s’inganna ? Perché non cura una cosa che è stata fatta da lui. Dio ha fatto il tuo corpo, ha fatto la tua anima, e quindi conosce il modo di ricreare quel che ha creato e di riformare quel che ha formato. Basta soltanto che tu ti affidi alle mani di questo medico, perché egli odia chi respinge le sue mani. Non avviene così quando si tratta delle mani di un medico umano : in questo caso gli uomini accettano di essere immobilizzati e operati, pronti a subire, in vista dell’incerta guarigione, un sicuro dolore ed a pagare un grosso compenso. Dio invece, che ti ha creato, ti cura in maniera sicura e gratuita. Rimettiti dunque alle sue mani, o anima che lo benedici e non dimentichi le sue retribuzioni : egli infatti guarisce tutte le tue infermità.

Dio ci guarisce ma vuole che noi ci lasciamo curare. Cristo, morto e risorto, pegno di salvezza per le sue membra.

6. Egli riscatterà la tua vita dalla corruzione. Il motivo per cui guarisce tutte le tue infermità dipende dal fatto che riscatta la tua vita dalla corruzione. Si sa che il corpo, essendo soggetto a corruzione, appesantisce l’anima (Cf. Sg 9,15). È dunque in un corpo corruttibile che l’anima ha la sua vita. E qual è questa vita ? Essa sopporta dei carichi e sostiene dei pesi. Anche per elevarsi al pensiero di Dio, nel modo in cui l’uomo deve pensare a Dio, quanti impedimenti si presentano a lei come altrettanti ostacoli derivanti dalla realtà ineluttabile della corruzione umana ? Quante cose la richiamano indietro, e quante la distolgono dal suo nobile intento, e quante le fanno da ostacolo ? Quale folla di fantasmi e quale moltitudine di suggestioni le si presentano ? Tutto questo affiora nel cuore umano come un brulichio di vermi, frutto della corruzione presente. Ma se abbiamo amplificato la malattia, dobbiamo anche esaltare il suo medico. Non ti guarirà dunque colui che ti fece in maniera tale che non saresti caduto ammalato, sol che avessi voluto rispettare la legge di integrità ricevuta ? Egli forse non stabilì e non prescrisse a te quel che potevi e non potevi toccare per conservare la tua salute ? (Cf. Gn 2,16-17) E se non hai voluto ascoltare per conservarla, devi ora ascoltare per recuperarla. Proprio con la tua infermità hai sperimentato la vera portata di ciò che Dio ti aveva comandato. Ed è pur necessario che, dopo tale esperienza, l’uomo finalmente ascolti quel che non volle rispettare dopo esserne stato avvisato. Non sarebbe un segno di grande insensibilità rifiutare la lezione dell’esperienza ? Non ti guarirà dunque colui che ti aveva fatto tale che non saresti mai caduto ammalato, sol che avessi voluto rispettare i suoi comandamenti ? Non ti guarirà colui che ha fatto gli Angeli e che intende eguagliarti agli Angeli, quando ti avrà restaurato ? Non ti guarirà, se sei fatto a sua immagine, colui che ha fatto il cielo e la terra ? Ti guarirà certamente, ma è pur necessario che tu voglia essere guarito. Dio guarisce senz’altro qualsiasi infermo, ma non chi rifiuta la guarigione. Chi può allora considerarsi più fortunato di te, che hai proprio a portata di mano la tua guarigione, perché dipende dalla tua volontà ? Supponiamo che tu volessi raggiungere un alto grado di onore su questa terra ed aspirassi, per esempio, ad un comando militare, ad un proconsolato, ad una prefettura : forse lo potresti avere immediatamente così come lo vuoi ? Seguirebbe forse a tale volontà l’effettiva possibilità ? Molti vorrebbero arrivare a questi alti gradi, ma non possono ; ed anche se ci arrivassero, che gioverebbe l’onore a persone ammalate ? Chi infatti non è ammalato in questa vita ? Chi non si trascina dietro una cronica infermità ? Già il fatto di nascer quaggiù con un corpo mortale significa cominciare a star male ! Noi ricorriamo quotidianamente alle medicine per puntellare le nostre indigenze : tali medicine quotidiane costituiscono un mezzo per riparare a tutte le indigenze. Non ti ucciderebbe forse la fame, se non applicassi ad essa la medicina opportuna ? E non ti farebbe morire la sete, se bevendo non riuscissi, non dico ad estinguerla completamente, ma almeno a differirla ? La sete infatti ritorna dopo che è stata per un po’ mitigata. Noi dunque con tali rimedi cerchiamo di mitigare le miserie della nostra infermità. A forza di stare in piedi ti eri stancato, allora ti metti seduto e così ti riposi : l’atto di sedere fa da medicina alla stanchezza, pur trattandosi di medicina che ti farà di nuovo stancare perché non potrai stare a lungo seduto. Insomma tutto ciò che serve ad attenuare l’affaticamento coincide con l’inizio di un nuovo affaticamento. Perché dunque aspiri a quegli onori, se sei infermo ? Pensa prima alla tua salute ! Qualche volta l’uomo giace ammalato nella sua casa, nel suo letto per una malattia manifesta, ma è manifesta anche quest’altra malattia, pur se gli uomini si ostinano a non riconoscerla. Ad ogni modo, quando c’è una malattia, per la quale si chiamano i medici, e uno giace ammalato nella sua casa e, divorato dalla febbre, respira affannosamente nel suo letto, se per caso comincia a pensare alle faccende familiari, a impartire ordini per la casa o per il podere, a dare qualche disposizione, si leva subito la voce dei congiunti che, sgridando e mormorando, lo distolgono da tali preoccupazioni e gli dicono : “ Lascia stare queste cose ; prima pensa alla tua salute ! ”. Proprio questo viene a te ripetuto : “ Oh uomo, chiunque tu sia, se non sei ammalato, pensa ad altre cose ; se poi è la tua stessa debolezza a convincerti della tua malattia, pensa prima alla tua salute ! ”. E poiché la tua salute è Cristo, è a Cristo che devi pensare, Prendi il calice di salute di colui che guarisce tutte le tue infermità : se questa salute davvero la vuoi, l’otterrai. Quando ricerchi gli onori e le ricchezze, non è detto che le avrai subito non appena le vuoi. Quella invece è cosa più preziosa e segue subito alla tua volontà. Egli guarisce tutte le tue infermità, egli riscatterà la tua vita dalla corruzione. Ogni tua infermità sarà appunto guarita, quando questo tuo corpo corruttibile rivestirà l’incorruzione. La tua vita è stata infatti riscattata dalla corruzione e quindi devi essere tranquillo : per te è stato stipulato un contratto di buona fede e non c’è alcuno che possa ingannare o raggirare o forzare l’autore del tuo riscatto. L’acquisto egli l’ha fatto quaggiù, già ne ha pagato il prezzo, ha versato il suo sangue. Sì, dico, l’unigenito Figlio di Dio, ha versato il suo sangue per noi : riprendi dunque coraggio, o anima, se hai tanto valore ! Egli riscatterà la tua vita dalla corruzione : ha dimostrato col suo esempio quel che ci ha promesso come premio. Egli è morto per i nostri peccati ed è risorto per la nostra giustificazione (Cf. Rm 4,25). Le membra devono sperare ciò che già si è compiuto nel capo. Forse non avrà cura delle membra, se ne ha già elevato il capo nel cielo ? Egli dunque riscatterà la tua vita dalla corruzione.

Dio coronerà i suoi doni, non i nostri meriti.

7. Egli ti corona con la sua compassione e misericordia. Si dà forse il caso che tu abbia cominciato a presumere di te, sentendo quel ti corona. Forse hai concluso : io sono grande, perché io ho lottato. Con quali forze ? Sì, con le tue, ma lui te le ha date. È evidente che tu stia lottando, e sarai coronato perché vincerai ; devi considerare però chi ha vinto per primo e chi, in secondo luogo, ha fatto di te un vincitore. Io - egli dice - ho vinto il mondo : rallegratevi ! (Jn 16,33) E come ci rallegriamo, se egli ha vinto il mondo ? Come se lo avessimo vinto noi stessi ? Sì, noi ci rallegriamo, perché noi l’abbiamo vinto : se siamo stati vinti in noi, in lui l’abbiamo vinto. Egli dunque ti corona, perché corona i suoi doni e non i tuoi meriti. Ben più di tutti quelli io ho faticato, dice l’Apostolo ; ma considera quello che aggiunge : Non io però, ma la grazia di Dio insieme con me (1Co 15,10). E dopo tutte le sue fatiche egli si attende la propria corona, dicendo : Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho serbato la fede ; per il resto sta riservata per me la corona della giustizia, che mi darà in quel giorno il Signore come giudice giusto (2Tm 4,7-8). E perché me la darà ? Perché ho combattuto la battaglia, perché ho terminato la corsa, perché ho serbato la fede. E in che modo hai combattuto, in che modo hai serbato la fede ? Non io però, ma la grazia di Dio insieme con me. Se dunque tu sei coronato, ciò avviene per la misericordia di Dio. Per nessuna ragione tu devi essere superbo : loda sempre il Signore, senza mai dimenticare tutte le sue retribuzioni. È una sua retribuzione che tu, pur essendo peccatore ed empio, sia stato chiamato alla grazia della giustificazione. È una sua retribuzione che tu sia stato rialzato e sorretto per più non cadere. È una sua retribuzione che ti siano state fornite le energie necessarie per perseverare fino alla fine. È una sua retribuzione che anche questa tua carne, di cui senti il peso continuo, risorga e non cada dalla tua testa neppure un capello. È una sua retribuzione che, dopo essere risorto, tu sia coronato. È una sua retribuzione che tu possa lodare eternamente il tuo Dio senza mai venir meno. Se dunque vuoi che la tua anima benedica il Signore, che ti corona con la sua compassione e misericordia, non dimenticare tutte le sue retribuzioni.

352 Dio solo, perché sommo bene, può saziare la nostra anima.

8. E che farò, quando sarò coronato ? Mentre io lottavo, venivo aiutato ; terminato il combattimento, sarò coronato ed allora non ci sarà più alcuna suggestione ostile né alcuna corruzione, contro la quale io debba lottare. Difatti durante la vita presente noi lottiamo continuamente contro questa corruzione. Ma che cosa sta scritto ? Quale ultima nemica sarà distrutta la morte. Una volta distrutta la morte, non avrai da temere più nessun nemico, essendo stata assorbita la morte in vittoria (
1Co 15,26 1Co 15,54). Allora ci sarà la vittoria e con essa ci sarà la corona. Dunque dopo il combattimento io sarò coronato, ma che farò dopo che avrò la corona ? Egli sazia con i suoi beni il tuo desiderio. Al presente tu senti parlare di bene e l’aneli, senti parlare di bene e sospiri : il fatto stesso che ti capita di peccare sta a dimostrare che ti inganni nella tua avidità di scegliere il bene, e così diventi reo perché disattendi i buoni consigli di Dio intorno a ciò che devi disprezzare e devi scegliere, perché forse trascuri di imparare, se nella scelta del bene ti inganni. In ogni tuo peccato c’è in qualche modo la ricerca di un bene, c’è sempre il desiderio di un qualche sollievo. Sono buone queste cose cui tende la tua ricerca, ma diverranno cattive per te, se abbandoni colui da cui furono fatte buone. Ricerca il tuo bene, o anima. Per ciascun essere infatti esiste un bene distinto : tutte le creature hanno un loro proprio bene, rispondente all’integrità e alla perfezione della loro natura. Quel che importa veramente è ciò che è necessario a ciascun essere imperfetto per perfezionarsi. Ricerca il tuo bene. Nessuno è buono se non Dio solo (Mt 19 Mt 17). Il sommo bene è precisamente il tuo bene. Che cosa manca dunque a colui che ha il suo bene nel sommo bene ? Esistono certo anche i beni inferiori, che sono veri beni per diversi altri esseri. Qual è il bene, o fratelli, per l’animale ? È riempire il ventre, non sentire il bisogno, dormire, muoversi liberamente, vivere, essere sano, riprodursi. Questo è appunto il suo bene, per cui entro limiti ben definiti esso ha assegnata e concessa da Dio, creatore di tutte le cose, la misura del proprio bene. Ricerchi tu forse un simile bene ? Dio ti dà anche questo, ma tu non devi ricercarlo come unico bene. Se sei coerede di Cristo, vuoi forse rallegrarti di essere compagno dell’animale ? Eleva la tua speranza fino al bene di tutti i beni ! Tuo vero bene sarà colui da cui tu nel tuo genere fosti fatto buono, come tutte le cose nel loro genere furono fatte buone. Dio infatti fece sommamente buone tutte quante le cose. Perciò, se diciamo sommamente buono quel bene che è Dio, ricordiamo che ciò è stato detto anche della creatura : Dio fece sommamente buone tutte quante le cose (Gn 1,31). Che cos’è allora quel bene di cui è stato detto : Nessuno è buono se non Dio solo ? Diremo che esso è sommamente buono ? Ecco che al nostro pensiero si ripresentano tutte le creature, perché è stato detto : Dio fece sommamente buone tutte quante le cose. Ma allora che diremo di Dio ? Davvero la nostra parola vien meno, ma non così il nostro sentimento. Richiamiamo alla nostra mente quella recente esposizione del Salmo : se non possiamo dare la spiegazione, effondiamo il nostro giubilo. Dio è il bene, ma chi potrebbe dire con esattezza che bene egli è ? Ecco : non possiamo dirlo e tuttavia non ci è consentito tacerlo. Perciò, se non possiamo dirlo, e per la gioia non ci è consentito tacerlo non dobbiamo né parlare né tacere. Che faremo allora in tale nostro atteggiamento ? Dobbiamo giubilare. Giubilate in Dio, nostra salvezza (Ps 94,1) ; giubilate in Dio, o terra tutta. Che significa : giubilate ? Significa : esprimete la voce ineffabile della vostra intima gioia ed effondete verso Dio tutta, la vostra letizia. E quale sarà questa effusione dopo che l’anima si sarà saziata, se già tanto intenso è il suo affetto dopo le modeste refezioni di quaggiù ? Quale sarà quando, avvenuto il riscatto da ogni corruzione, avrà compimento ciò che è detto in questo Salmo : Egli sazia con i suoi beni il tuo desiderio ?

Il simbolismo dell’aquila che periodicamente ringiovanisce. La nostra giovinezza si rinnova con l’adesione a Cristo.

9. È come se tu chiedessi : Quando mi sazia, dato che ora non mi sento saziato ? Qualunque sia il bene, a cui mi rivolga, esso perde valore per me quando l’ho raggiunto, anche se prima ha acceso tanto il mio desiderio. Se tutte le cose che amo quando non le ho, io le disprezzo quando le ho avute, quale sarà il bene che possa saziarmi ? Sarà la lode di Dio. Ma neppure essa, quando il corpo soggetto a corruzione appesantisce l’anima ed il soggiorno terreno fa deviare l’interno sentire dietro tanti pensieri, riesce a riempire e a perfezionare l’anima mia ci sono ben altri piaceri, atti a soddisfare la mia indigenza e derivanti dalla corruzione, che mi distolgono da essa ! Ed allora quando sarà saziato con i beni il mio desiderio ? Vuoi sapere quando ? Si rinnoverà, come quella dell’aquila, la tua giovinezza. Vuoi dunque sapere quando si sazia con i beni l’anima tua ? Quando sarà rinnovata la tua giovinezza. Nota l’aggiunta : come quella dell’aquila. Indubbiamente in tale particolare è racchiuso un significato misterioso, ma non vogliamo tacere ciò che si è soliti dire dell’aquila, perché non è fuori proposito intenderlo. Quel che intanto deve essere chiaro alla nostra mente è che non senza motivo è stato detto dallo Spirito Santo : Si rinnoverà, come quella dell’aquila, la tua giovinezza. Egli infatti ha voluto suggerirci l’idea della resurrezione ; ed in realtà si rinnova la giovinezza dell’aquila, ma non per divenire immortale. Quel che qui ci è proposto è una semplice similitudine, quale si può ricavare da una cosa mortale per indicare in qualche modo, non già per dimostrare, una cosa immortale. Si dice che l’aquila, una volta entrata nell’età fisiologica della vecchiaia, diviene incapace di afferrare il cibo per la crescita smisurata del rostro. Difatti la parte superiore di questo, che appunto si piega sopra la parte inferiore, cresce smisuratamente per la tarda età e si allunga talmente da non permetterle più di aprire il becco, non essendoci più spazio tra la parte inferiore e quella superiore incurvata. Se non c’è un po’ di spazio libero, l’aquila non ha più il suo morso a tenaglia, mediante il quale può troncare quel che introduce nella gola. Essa quindi, quando la parte superiore si accresce fino ad una curvatura eccessiva, non riuscirà più ad aprire il becco né ad afferrare qualcosa. Il fenomeno è provocato dall’invecchiamento. L’animale risente la spossatezza sfibrante della vecchiaia e si indebolisce al massimo per la mancanza di nutrimento : è l’effetto simultaneo dell’età e dell’indigenza. Ma è allora - si dice - che l’aquila, per una sorta d’istinto naturale che la rende capace di riacquistare la sua giovinezza, va a battere violentemente contro la roccia quella specie di labbro superiore, la cui crescita abnorme le preclude la possibilità di mangiare : così a forza di sfregarlo contro la roccia, riesce a disfarsene, liberandosi dall’ingombro del rostro che prima le impediva di cibarsi. Riprende dunque a cibarsi e tutto in lei si rinnova, divenendo dopo la vecchiaia come un’aquila giovane : ritorna il vigore nelle membra, lo splendore delle piume, il remeggio potente delle ali ; essa ricomincia a volare nelle altezze del cielo come prima, sperimenta in se stessa una specie di risurrezione. È questa l’idea che vuol suggerirci tale similitudine. Come si prende l’esempio dalla luna che, dopo essere entrata nella fase calante fin quasi a scomparire dal suo corso, nasce di nuovo e diventa piena, offrendoci un simbolo della risurrezione (essa però non rimane in questa fase, ma entra di nuovo nella fase calante quasi ad offrirci di continuo quel simbolo), così è esattamente quel che si è detto dell’aquila. Certo l’aquila non si rinnova per conseguire l’immortalità, noi invece ci rinnoviamo per la vita eterna : eppure da essa è stata tratta la similitudine perché sia appunto la roccia a rimuovere da noi quanto fa da ostacolo alla vita immortale. Non devi pertanto presumere delle tue forze : è la saldezza della roccia che fa cadere la tua vetustà : la roccia però era Cristo (1Co 10,4). In Cristo si rinnoverà, come quella dell’aquila, la nostra giovinezza. Siamo davvero invecchiati in mezzo ai nostri nemici, come dice la nota espressione del Salmo : Mi sono fatto vecchio fra tanti miei nemici (Ps 6,8). E perché questo invecchiamento ? Per la nostra carne mortale, per questa carne fatta di fieno, onde il mio cuore è stato battuto come il fieno e si è inaridito, perché ho dimenticato di mangiare il mio pane (Ps 101,5). Ho dimenticato - si dice - di mangiare il mio pane. La vecchiaia si è aggravata, la bocca si è chiusa. Bisogna infrangerla contro la roccia !

Nulla ci può saziare all’infuori di Dio.

10. Analogamente anche in questo Salmo, di cui stiamo trattando, dopo la premessa : Egli sazia con i suoi beni il tuo desiderio, sembra quasi di sentire la risposta dell’anima : “ Non mi sazierò con i beni mortali, non mi sazierò con i beni temporali ; mi doni il Signore qualcosa di eterno, mi conceda qualcosa di eterno ; mi dia la sua Sapienza, mi dia il suo Verbo, Dio presso Dio, mi dia se stesso Dio Padre e Figlio e Spirito Santo. Sono come un mendico in attesa dinanzi alla sua porta : non dorme colui che sto invocando, mi dia dunque i tre pani”. Ricordate il fatto evangelico : ecco che significa conoscere la divina Scrittura. Chi l’ha letta, ne è rimasto commosso ! Ebbene voi ricordate che un povero si recò alla casa di un suo amico e gli chiese tre pani. Ma quello - si dice - stava dormendo e gli rispose così : Ormai mi son coricato, ed i miei figli son dentro a dormire con me (Lc 11,5-8). Il povero a furia di insistere nella richiesta, riuscì a strappare con la sua importunità ciò che pur non avrebbe ottenuto con l’amicizia. Dio invece ha intenzione di dare, ma dà soltanto a chi chiede, per non dare a chi rifiuterebbe di prendere. Egli non vuole essere mosso o destato dalla tua importunità. Quando infatti tu preghi, non è come se dessi fastidio ad uno che dorme : Non dormirà né sonnecchierà colui che custodisce Israele (Ps 120,4). Cristo dormì una sola volta, per formarsi dal suo fianco la sposa (Gn 2,21) : dormì sulla croce, lo sappiamo bene. Su di essa infatti morì, sicché poté dire : Io dormii e presi sonno. Ma forse chi dorme non si volgerà per levarsi di nuovo ? Per questo l’altro testo prosegue : Mi risvegliai, perché il Signore mi sosterrà (Ps 3,6). E che aggiunge l’Apostolo ? Cristo - egli dice - risorto dai morti, ormai più non muore ; la morte non avrà più oltre potere su di lui (Rm 6,9). Egli dunque non dorme ; bada piuttosto che non dorma la tua fede. Dica dunque l’anima, che già anela di esser saziata con un bene sublime ed ineffabile, verso il quale e per il quale effonde la sua intima gioia più di quanto non possa spiegare (essa già lo vuole e ne pregusta una certa dolcezza, ma si vede impedita dal peso opprimente del corpo e quindi incapace di esserne saziata in questa vita), dica dunque come se volesse rispondere : Perché mi dici che sarà saziato di beni il mio desiderio ? Conosco il bene divino da desiderare, conosco quel che mi basta e soddisfa, lo trovo nelle parole di Filippo : Mostraci il Padre e ci basta. Sembra quasi che l’Apostolo avesse solo desiderio del Padre, ma il Signore gli mostrò tre pani, come oggetto del suo desiderio. Egli che è il solo pane glieli mostrò dicendo : Da tanto tempo sono con voi, e non conoscete il Padre ? Filippo, chi vede me, vede anche il Padre (Jn 14,8-9). Egli promise anche lo Spirito Santo, che il Padre - disse manderà nel mio nome, e che io - disse pure - vi manderò da parte del Padre (Jn 14,26 Jn 15,26) : evidentemente un suo dono uguale a lui. Conosco dunque quel che debbo desiderare, ma quando potrò esserne saziato ? Ecco, ora volgo il mio pensiero alla Trinità, ma in qualunque modo lo faccia, riesco appena ad averne un’idea parziale come in enigma e attraverso uno specchio. Quando potrò esserne saziato ? Si rinnoverà, come quella dell’aquila, la tua giovinezza. Ora non puoi esserne saziato, perché l’anima tua non è idonea a mangiare quel cibo solido e veramente superiore ; essa è come chiusa e serrata, perciò non è idonea. È la vecchiaia che ti ha chiuso la bocca, ma proprio per questo ti è stata data la roccia dove, distrutta la vecchiaia, si rinnoverà come quella dell’aquila la tua giovinezza, e potrai così mangiare il tuo pane, quel pane che dice : Io sono il pane vivo, disceso dal cielo (Jn 6,41). Si rinnoverà, come quella dell’aquila, la tua giovinezza : allora, sì, sarai saziato di beni !

Stolta l’incoerenza del peccatore che minaccia rappresaglie.

11. [v 6.] Il Signore opera misericordie e rende giustizia a coloro che ricevono ingiuria. Egli opera ora, fratelli, prima che noi raggiungiamo quel rinnovamento alla maniera dell’aquila, prima di essere saziati di beni. Che troviamo infatti quaggiù, durante questo pellegrinaggio, nel corso di questa vita ? Siamo forse abbandonati da lui ? No. Il Signore opera misericordie. Ed osservate come le opera : egli non ci lascia nel deserto, non ci lascia soli e sperduti, finché non raggiungiamo la patria, Egli opera misericordie,, ma con chi ? Beati i misericordiosi, perché anch’essi otterranno misericordia (Mt 5,7). L’avete sentito ora, fratelli, durante la lettura del Vangelo. Nessuno dunque deve pensare che avrà per sé la misericordia di Dio, se non è a sua volta misericordioso. Ma sta’ a sentire quale dev’essere la misura della misericordia, perché non sia rivolta soltanto verso l’amico e non verso il nemico. Il Signore ha detto : Amate i vostri nemici (Mt 5,44). Vuoi essere saziato dei beni divini ? Deve essere in te stesso saziata la misericordia. La misericordia veramente completa è la misericordia perfetta, quella che ama e vuol bene anche a chi nutre odio per essa. Che farò allora, tu dici ? Se comincio ad amare il mio nemico, dovrà riceverne e sopportarne le ingiurie e rinuncerò a reclamare il mio diritto, anche se ci sono le leggi ? È giusto che tu abbia a reclamare, concedo che è giusto, ma bada che non ci sia qualcosa in te stesso che meriti di essere colpito, e poi reclama il tuo diritto. Tu infatti, nel chiederti : dovrò forse rinunciare al mio diritto ? parli come se Dio condanni la giustizia del reclamo e non voglia piuttosto distruggere la superbia di chi lo promuove. O forse la famosa adultera non meritava di essere lapidata ? E se veniva lapidata, sarebbe stata questa un’azione ingiusta ? In questo caso sarebbe stato ingiusto il relativo comando. Ma era la legge, era Dio che aveva dato tale comando. Voi invece che volete vendicarvi, chiedetevi se non siate voi stessi peccatori ! Fu condotta al Signore una donna adultera che secondo la legge doveva essere lapidata, ma fu condotta all’autore stesso della legge. E tu che l’hai condotta, infierisci contro di lei. Chiediti piuttosto chi sei tu che infierisci e contro chi infierisci : se peccatore ti avventi contro una peccatrice, smetti di infierire e confessa prima il tuo peccato ; se peccatore ti avventi contro una peccatrice, lasciala stare. Solo il Signore sa che pensare di lei, quale giudizio farne, come perdonarla, come risanarla ! Tu infierisci appellandoti alla legge ? Sa meglio di te cosa di lei debba fare l’autore di quella legge, alla quale ti appelli ! Il Signore, fin dal momento in cui gli fu presentata la donna, piegò il capo e si mise a scrivere per terra. Scrisse appunto per terra quando si piegò verso terra ; ma prima di piegarsi verso terra, non scrisse sulla terra, bensì sulla pietra. E certo la terra avrebbe prodotto qualcosa di fruttuoso per le lettere in essa scritte dal Signore. Egli, come aveva scritto la legge sulla pietra per significare la durezza dei Giudei, così si mise a scrivere sulla terra per significare il buon frutto dei Cristiani. Vennero dunque gli accusatori da lui, portando l’adultera come flutti che si abbattono tempestosi contro la roccia, ma furono schiacciati dalla sua risposta. Egli infatti disse loro : Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei (Cf. Jn 8,3-9). Poi di nuovo piegò il capo e riprese a scrivere per terra. E pian piano ognuno, interrogando la propria coscienza, cominciò a sparire. Ad allontanare quegli uomini non fu la povera donna adultera, ma la loro adulterata coscienza. Essi volevano farne vendetta, ambivano di giudicarla : vennero alla roccia e furono inghiottiti presso la roccia i loro giudici (Cf. Ps 140,6).

Utilità dell’elemosina.

12. Il Signore opera misericordie. Ma con chi ? Beati i misericordiosi, perché anch’essi otterranno misericordia. Devi usare verso tutti misericordia. Quale misericordia userai con il giusto ? Quella richiesta solo dalle necessità corporali, nelle quali, se mancheranno concrete possibilità di soccorso da parte tua, non mancheranno certo da parte di Dio. Perciò quel che fai, riesce più vantaggioso per te. Doni al mendico che passa e che ti tende la mano, ma sei tu che cerchi il giusto per donargli e, grazie a lui, essere accolto negli eterni tabernacoli, poiché chi accoglie il giusto in qualità di giusto, riceverà la ricompensa del giusto (Mt Gv, 41). Il mendico cerca te e tu devi cercare il giusto. Difatti altro è colui di cui è stato detto : Da’ a chiunque ti chiede (Lc 6,30) ; altro quello di cui è stato detto : Si stanchi l’elemosina nella tua mano fino a che non trovi il giusto, al quale offrirla. Ed anche se dopo lunghe ricerche non riesci a trovarlo, continua sempre a cercare : lo troverai. Ma che cosa potrai dargli ? Non è forse di più quel che è dato a te ? Se noi - si legge - abbiamo seminato per voi beni spirituali, è gran cosa se mietiamo i vostri beni carnali (1Co 9,10) ? Da ciò si spiega anche quello che tempo fa abbiamo esposto per volontà del Signore : che la terra produce fieno per i giumenti (Cf. Ps 103,14), vale a dire beni carnali per quelli che faticano, perché non legherai la bocca al bove che trebbia (1Co 9,9 1Tm 5,18 cf. Dt 25,4). Ed è anche questa la ragione per cui vi abbiamo esortato ad essere diligenti, prudenti e temperanti in questo settore, considerando come vostri tesori le vostre stesse opere. E se vi diciamo queste cose, fratelli, è forse perché abbiate a farle verso di noi ? lo ritengo, in nome del Signore, che questo linguaggio, anche se vi è rivolto da deboli creature, sia veramente apostolico e realmente vantaggioso per voi, conforme alla parola del medesimo Apostolo : Non che io cerchi il dono, ma ricerco il frutto (Ph 4,17). Quale elemosina farai dunque al giusto ? Non era la vedova a nutrirlo, parlo di Elia (Cf. 2S 17,6 2 Sam 2S 17,12), ma era il corvo, perché lo nutriva colui che aveva fatto il corvo. Non manca mai dunque a Dio il modo per donare ai suoi figli, ma tu devi pensare a quel che acquisti ed in che tempo e a che prezzo lo acquisti. In realtà tu acquisti il regno dei cieli, ed il tempo per tale acquisto ha il suo limite preciso in questa vita. Considera anche a che prezzo irrisorio lo acquisti. Quel regno ti viene a costare soltanto quello di cui potrai disporre.

Dare con retta intenzione al giusto e all’iniquo.

353 13. Usa misericordia all’iniquo, ma non come iniquo. Difatti l’iniquo, in quanto tale, non devi accoglierlo, ossia non devi accoglierlo quasi dimostrando interesse ed amore per la sua iniquità. È senz’altro proibito sia il dare al peccatore che l’accogliere i peccatori. Ma allora come mai le espressioni : Da’ a chiunque ti chiede, e : Se il tuo nemico avrà fame, dagli da mangiare (Rm 12,20) ? Esse sembrano in contrasto con quella proibizione, ma pure appariranno chiare nel nome di Cristo a quelli che bussano e diverranno evidenti a quelli che cercano. Da una parte si dice : Non dar nulla al peccatore, e : Non accogliere il peccatore (Si 12,4-6) ; dall’altra invece : Da’ a chiunque ti chiede. Ma è peccatore colui che mi chiede ! dagli, ma non come ad un peccatore. Quando è che dài a uno come a un peccatore ? Quando tu trovi piacevole il dargli proprio per il fatto che è peccatore. Prestate un po’ di attenzione, cari fratelli, mentre spieghiamo anche con esempi la cosa che vi servirà molto per capire. Si è detto : quando uno - non importa chi - avrà fame, se hai qualcosa da dargli, dagliela ; se vedi che bisogna dare qualcosa ad uno per soccorrerlo, dagliela. In tali circostanze non deve impigrire il tuo senso di misericordia perché ti si presenta un peccatore : è un uomo peccatore quello che ti si presenta. E dicendo che ti si presenta un uomo peccatore, io proferisco due nomi distinti, che non sono affatto superflui. Dei due nomi uno designa l’uomo, l’altro designa il peccatore : come uomo, egli è opera di Dio ; come peccatore, egli è opera dell’uomo. Tu da’ all’opera di Dio, ma non dare all’opera dell’uomo. Ma perché mi proibisci - tu dici - di dare all’opera dell’uomo ? E che cosa significa dare all’opera dell’uomo ? Significa dare al peccatore per il suo peccato, dare a uno che ti riesce piacevole per il suo peccato. Ma chi farà questo, tu dici ? Chi farà questo ? Volesse il cielo che non lo facesse nessuno, o almeno lo facessero in pochi, o non lo facessero in pubblico ! Quelli che fanno doni ai gladiatori mi dicano un po’ : perché glieli fanno ? Perché uno fa doni al gladiatore ? Egli ama in lui proprio ciò che lo rende tanto dissoluto ; egli nutre e veste in lui proprio quella dissolutezza sfacciata che si rivela pubblicamente in tutti i loro spettacoli. Parimenti chi fa doni agli istrioni, agli aurighi, alle meretrici, perché li fa ? Forse non donano anch’essi a degli uomini ? Sì, però non considerano in loro la forma genuina dell’opera di Dio, ma la dissolutezza dell’opera umana. Vuoi sapere quel che tu onori in un gladiatore, quando lo vesti ? E come se uno ti dicesse : sei come lui ; infatti lo ami, ti rallegri per lui, vorresti quasi spogliare te stesso per vestirlo, né considereresti un’offesa se uno ti dicesse : diventino come lui i tuoi figli. È questa un’offesa, tu dici ? E perché è un’offesa ? Perché quella vita è una turpitudine. Facendo dunque dei doni, finisci col darli non alla fortezza, ma alla turpitudine. Come dunque chi fa doni ad un gladiatore, non dona ad un uomo, ma ad un’arte veramente dissoluta (tanto è vero che se fosse soltanto uomo, e non gladiatore, non gli daresti nulla : in lui tu onori il vizio, non la natura umana), così se tu, al contrario, dài ad un giusto, o ad un profeta, o ad un discepolo di Cristo qualcosa di cui ha bisogno e non pensi, ciò facendo, che è discepolo di Cristo, che è ministro di Dio, che è amministratore di Dio, ma pensi piuttosto ad un tuo vantaggio temporale perché in un’eventuale necessità, in una tua causa sia venale con te che gli hai già offerto qualcosa : ebbene se hai dato con questo spirito, tu non hai dato al giusto, come quel tale che non ha dato all’uomo, quando ha dato al gladiatore. Abbiamo dunque messo in chiaro la cosa, carissimi fratelli, e penso che, se prima era oscura, ormai vi appaia evidente. A questo il Signore ha voluto impegnarti, dicendo : Chi avrà accolto il giusto, e tali parole potevano bastare. Ma poiché si può accogliere il giusto anche con altra intenzione, pensando ad esempio che riesca poi utile per ottenere qualche bene temporale, per raggiungere la completa soddisfazione di un desiderio, per averne aiuto nell’ingannare o nel sopraffare un uomo ; poiché insomma può avvenire che accogli il giusto perché ti aspetti un simile servizio da lui, il Signore non ti ha promesso la ricompensa del giusto se non ad una espressa condizione. Ha detto infatti : Chi avrà accolto il giusto in qualità di giusto, intendendo cioè chi l’accoglie proprio perché è giusto ; ha detto : Chi avrà accolto il profeta, non semplicemente avrà accolto il profeta, ma in qualità di profeta, onorando in lui proprio la qualità di profeta ; ha detto infine : Chi avrà dato un bicchiere di acqua fresca ad uno di questi piccoli in qualità di discepolo, cioè proprio perché è discepolo di Cristo, perché è amministratore di cose sacre, in verità vi dico : egli non perderà la sua ricompensa (Mt 10,41-42). In conclusione, come intendi la frase : Chi avrà accolto il giusto in qualità di giusto, riceverà la ricompensa del giusto, così devi intendere quest’altra : Chi avrà accolto il peccatore in qualità di peccatore, perderà la sua ricompensa.

Misericordia e amore verso  i nemici.

14. Perciò, o fratelli, praticate la misericordia. Non esiste altro vincolo di carità, non esiste altro veicolo atto a condurci da questa vita alla patria beata. Estendete la carità fino ai vostri nemici e state sicuri. Per questo è venuto Cristo, al quale molto tempo. prima era stato detto : Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai ricavato la lode per distruggere il nemico e il vendicatore (Ps 8,3). Alcuni codici scrivono difensore, ma è più esatto leggere vendicatore. Il Signore ha voluto distruggere il vendicatore, cioè colui che desiderava vendicarsi, precludendosi così il perdono dei propri peccati. Ma allora che succede, tu dici ? Sparirà il freno della disciplina ? Verrà meno ogni castigo ? No. Che farai allora di un figlio libertino ? Non dovrai più punirlo o picchiarlo ? E vedendo magari un tuo servo che si comporta male, non dovrai più frenarlo con qualche pena o a colpi di staffile ? Ma sì, fallo pure : Dio lo permette, anzi ti riprende, se non lo fai ; devi farlo però con spirito di carità, non con spirito di vendetta. Quando invece hai dovuto subire le offese di persone prepotenti, con le quali non puoi appellarti alla correzione disciplinare e neppure ricorrere all’ammonimento o al precetto, allora sopporta, sopporta con fermezza. Ascolta il Vangelo che or ora è stato letto : Beati voi siete, quando gli uomini vi perseguiteranno e falsamente diranno di voi ogni sorta di male a causa del mio nome (Mt 5,11). E qui è aggiunto il motivo, ad evitare che tu riceva gli oltraggi perché li hai meritati e non per la tua fedeltà ai comandamenti di Dio. Difatti non semplicemente chi è oltraggiato, è giusto, ma chi, essendo giusto, è ingiustamente oltraggiato e, se è ingiustamente oltraggiato, ottiene in cambio il premio. Per tali ragioni sta’ dunque sicuro nell’esercizio della misericordia, ed estendi la tua carità fino ai nemici ; anche quelli che rientrano nella tua giurisdizione, castigali e correggili con grande amore, guardando alla salvezza eterna perché non si perda la loro anima, mentre li risparmi nel corpo. Agisci così, anche se dovrai sopportare tanti altri sui quali non puoi far valere il vincolo della disciplina, perché non appartengono alla tua giurisdizione. Sappi sopportare le ingiurie e sta’ sicuro. Il Signore infatti opererà misericordie e renderà giustizia a tutti coloro che ricevono ingiuria. Egli userà misericordia con te, se tu avrai misericordia degli altri : sarai misericordioso ben sapendo che, se sopporti l’ingiuria, ciò non resta impunito. A me la vendetta ed io darò la retribuzione (Dt 32,35), dice il Signore.

Misterioso il compito della Legge antica.

15. [v 7.] Egli fece conoscere a Mosè le sue vie. Quali sono le sue vie che fece conoscere a Mosè ? E perché egli scelse Mosè ? Nella persona di Mosè devi intendere tutti i giusti, tutti i santi : ne ha nominato uno, ma in lui richiamali tutti. Ora per mezzo di Mosè fu data la legge ed il fatto stesso di tale consegna ha un suo aspetto misterioso. La legge infatti fu data perché l’infermo prendesse coscienza del suo stato e quindi implorasse l’aiuto del medico. Essa rappresenta la via nascosta di Dio. Già prima hai sentito che Dio guarisce tutte le tue infermità (Ps 102,3). Le infermità erano latenti nei malati : furono dati i cinque libri a Mosè ed anche la piscina ebbe all’intorno cinque portici, dove si esponevano gli infermi, perché vi giacessero e vi fossero mostrati, non già per essere guariti. Quei cinque portici servivano solo a mostrare gli infermi, non certo a curarli. La piscina curava il primo che vi discendeva, e ciò avveniva quando ne era stata mossa l’acqua (Cf. Jn 5,2-4). Il movimento nella piscina ebbe luogo durante la Passione del Signore. Infatti egli, venendo e rimanendo sconosciuto, mentre alcuni dicevano di lui : “ È il Cristo ”, ed altri : “ Non è il Cristo ”, o anche : “ È giusto, è peccatore ; è un maestro, è un seduttore ”, mosse quell’acqua, cioè il popolo e con tale energico movimento uno solo fu l’ammalato guarito, perché nella Passione del Signore è l’unità che viene guarita. Chi non appartiene all’unità, anche se giace nei portici, non potrà essere guarito ; anche se si attiene alla legge, non arriverà alla salvezza. Ed allora dato che qui si nasconde un mistero, ciò fa capire che la legge fu data perché i peccatori prendessero coscienza del loro peccato e quindi invocassero l’aiuto del medico per ricevere la grazia. Fu così che del proprio peccato prese coscienza colui nel quale s’immedesima l’apostolo Paolo, quando dice : Infelice uomo che sono ! Chi mi libererà da questo corpo di morte ? (Rm 7,23-25) Difatti, attraverso il precetto, egli aveva avuto la chiara dimostrazione del conflitto esistente nel suo intimo, per cui dice : Vedo nelle mie membra un’altra legge che si oppone alla legge della mia mente e mi rende schiavo sotto la legge del peccato, che sta nelle mie membra. Riconobbe così di trovarsi nella miseria e nel pianto, nel conflitto e nella contesa : si scoprì in contraddizione con se stesso, profondamente diverso da sé, da sé quasi staccato e lontano : e che disse nel suo anelito di pace, di pace vera, di pace celeste ? Infelice uomo che sono ! Chi mi libererà da questo corpo di morte ? La grazia di Dio mediante Gesù Cristo ‘ nostro Signore. Difatti, laddove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. E come mai abbondò il peccato ? Gli è che sopravvenne la legge, affinché abbondasse il peccato (Rm 5,20). Ma perché al sopravvenire della legge abbondò il peccato ? Poiché gli uomini rifiutavano di riconoscersi peccatori, con l’avvento della legge divennero anche prevaricatori. Uno infatti non può essere prevaricatore, se non in quanto ha trasgredito la legge. Lo dice quello stesso Apostolo : Dove infatti non c’è legge, non c’è neppure prevaricazione (Rm 4,15). Abbondò dunque il peccato, perché sovrabbondasse la grazia. E dunque, come ho già accennato che c’è nella legge un grande mistero, essa fu data appunto perché, crescendo il peccato, si umiliassero i superbi, umiliandosi riconoscessero il loro peccato, e riconoscendolo ottenessero la guarigione. Sono queste le vie nascoste, che Dio fece conoscere a Mosè, mediante il quale diede la legge che avrebbe fatto abbondare il peccato perché sovrabbondasse la grazia. E così facendo, Dio non agì con spirito di crudeltà, ma secondo un preciso disegno terapeutico. Capita infatti che l’uomo può pensare di essere in buona salute ed invece è ammalato, e proprio perché è ammalato e non se ne accorge, fa a meno del medico ; poi la malattia si aggrava, il fastidio aumenta, ed egli ricorre al medico e ritorna completamente guarito. Fece conoscere a Mosè le sue vie e ai figli d’Israele i suoi voleri. Forse a tutti i figli d’Israele ? Sì, ma ai veri figli d’Israele, e quindi anche a tutti i figli d’Israele, perché i falsi, gli ingannatori, gli ipocriti non sono figli d’Israele. Quali sono allora i figli d’Israele ? Ecco un vero Israelita, in cui non esiste inganno (Jn 1,47). Ai figli d’Israele fece conoscere i suoi voleri.

Non differire la conversione.

16. [v 8.] Compassionevole e misericordioso è il Signore, longanime e pieno di misericordia. Che cosa è tanto longanime, o pieno di misericordia ? Si pecca e si vive ; si accumulano i peccati e si sviluppa la vita ; si bestemmia tutti i giorni, eppure Dio fa sorgere il suo sole sopra i buoni e i cattivi (Cf. Mt 5,45). Da ogni parte egli chiama alla correzione ed invita alla penitenza : chiama con i benefici del creato, chiama concedendo il tempo per vivere, chiama per mezzo del lettore e dell’espositore, chiama con l’intima forza del pensiero, chiama con il flagello della punizione e chiama con la misericordia della consolazione : sì, è longanime e pieno di misericordia. Bada però che, abusando della lunghissima misericordia di Dio, tu non abbia ad ammassare su di te - secondo ciò che dice l’Apostolo - l’ira nel giorno dell’ira. Questo dice infatti l’Apostolo : O forse disprezzi le ricchezze della sua benignità e longanimità, ignorando che la pazienza di Dio t’induce a penitenza ? (Rm 2,5) Perché ti perdona, pensi forse che gli riesci gradito ? Hai fatto queste cose - dice - ed ho taciuto (Rm 2,4) ; hai sospettato iniquamente che io sia simile a te (Ps 49,21). A me non piacciono i peccati, ma nella mia longanimità mi attendo delle buone azioni. Se punissi i peccatori, non troverei fedeli servitori. Dio dunque, mentre nella sua longanimità ti perdona, t’induce a penitenza ; tu, invece, mentre ripeti quotidianamente : “ È finito questo giorno, così farò anche domani, che non sarà certo l’ultimo giorno, e poi domani l’altro ”, vai incontro alla sua ira, che sopravviene improvvisa. Fratello, non tardare a convertirti al Signore (Cf. Si 5,8) ! Ci sono alcuni che si apprestano alla conversione, ma la rimandano sempre, ripetendo quasi il verso del corvo : cras, cras, cioè domani. Il corvo fu fatto uscire dall’arca, ma non fece ritorno (Cf. Gn 8,7). Dio non cerca la dilazione sul tipo del verso del corvo, ma l’invocazione fedele come il gemito della colomba. Fatta uscire, la colomba fece ritorno. Per quanto tempo durerà il tuo cras, cras ? Sta’ attento all’ultimo di questi domani, e dato che ignori quale esso sarà, ti basti il fatto che fino ad oggi sei vissuto da peccatore. L’hai sentito, lo senti ripetere frequentemente, l’hai sentito anche oggi, ma come lo senti tutti i giorni, così tutti i giorni eviti di correggerti. E così tu, per la durezza del tuo cuore, per il tuo cuore impenitente, ammassi su di te l’ira nel giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere (Rm 2,5-6). Non ti succeda di considerare Dio tanto misericordioso da non considerarlo giusto. Compassionevole e misericordioso è il Signore. Sento questo e ne gioisco : è così che tu dici. Senti e gioisci, perché c’è anche l’aggiunta : longanime e pieno di misericordia, poi alla fine : e verace. Se gioisci per le prime parole, l’ultima deve farti tremare. Egli è tanto misericordioso e longanime da essere pure verace. Ma se tu ammasserai sopra di te l’ira per il giorno dell’ira, non ti avverrà di sperimentare come giusto colui che hai disprezzato come benigno ?

L’ira di Dio e i disordini dell’uomo.

17. [v 9.] Non sarà adirato fino alla fine, né resterà indignato in eterno. La ragione per cui noi viviamo in mezzo ai castighi ed alla corruzione della mortalità dipende dalla sua indignazione : questo ci tocca come pena del primo peccato. Dobbiamo pensare, fratelli miei, non solo a sfuggire alle sue minacce future, ma anche alla sua ira nel tempo presente, perché è sempre da lui che deriva quell’ira di cui si dice e ci dice esser stati figli l’Apostolo. Questi infatti afferma : Un tempo siamo stati anche noi per natura figli dell’ira, come tutti gli altri (Gn 3,19). Deriva dunque dalla sua ira il fatto che l’uomo si trova quaggiù pellegrino ed è soggetto a fatica. Non deriva forse dalla sua ira, fratelli miei, la consegna : Mangerai il tuo pane con sudore e fatica, e la terra ti produrrà spine e triboli (Gn 3,18) ? Ciò è stato detto al nostro capostipite. Se poi la nostra vita è altra cosa, prova - se puoi - a volgerti a un qualche piacere, in cui non trovi e non senti le spine. Scegli pure quel che vuoi essere, avaro o dissoluto, per nominare solo questi due casi ; aggiungi anche un terzo caso : essere ambizioso. Quante spine non s’incontrano nella brama degli onori ? E quante poi nella dissolutezza delle libidini ? E quante ancora nell’ardore dell’avarizia ? Quanti fastidi non comporta l’amore nelle turpi sue forme ? Quante preoccupazioni esso non provoca in questa vita ? Non parlo dei castighi dell’inferno. Bada che tu stesso non sia già un inferno per te ! Ebbene tutto questo, fratelli miei, deriva dalla sua ira, e pur quando ti sarai convertito per operare il bene, non potrai fare a meno di soffrire sulla terra, e non finirà questa fatica se non quando finirà il tuo cammino nella vita. Ma è necessario soffrire durante il cammino per poter poi godere nella patria. Per questo Dio consola con le sue promesse la tua fatica, il tuo sudore, i tuoi molesti fastidi, e ti dice che non sarà adirato fino alla fine, né resterà indignato in eterno.

Temi dio ed egli ti proteggerà.

18. [vv 10.11.] Egli non ha agito con noi secondo i nostri peccati. Rendiamo grazie a Dio, che ha voluto così. Noi non abbiamo ricevuto quel che meritavamo. Egli non ha agito con noi secondo i nostri peccati, né ci ha ripagato secondo le nostre iniquità. Perché secondo l’altezza del cielo dalla terra il Signore ha consolidato la sua misericordia sopra coloro che lo temono. Secondo che cosa il Signore ha consolidato la sua misericordia sopra coloro che lo temono ? Secondo l’altezza del cielo dalla terra. Che cosa ha detto ? Se mai una volta potrà il cielo cessare di proteggere la terra, potrà allora avvenire che Dio non protegga coloro che lo temono. Guarda bene il cielo : in tutte e da tutte le parti esso protegge la terra, e non c’è in questa una zona che non sia sotto la protezione del cielo. Gli uomini peccano sotto il cielo, fanno ogni sorta di male sotto il cielo, eppure continuano ad esser protetti dal cielo. Di là ci viene la luce agli occhi, di là l’aria e il vento, di là viene la pioggia alla terra perché dia i suoi frutti, di là ogni misericordia che procede dal cielo. Togli alla terra l’aiuto del cielo, e subito essa verrà meno. Perciò come è costante la protezione del cielo sopra la terra, così è costante la protezione del Signore sopra coloro che lo temono. Se tu temi Dio, sarà costante sopra di te la sua protezione. Ma forse tu sei castigato, ed allora pensi che Dio ti ha abbandonato. Potresti pensarlo, se la protezione del cielo abbandonasse la terra : sta di fatto che secondo l’altezza del cielo dalla terra il Signore ha consolidato la sua misericordia sopra coloro che lo temono.

354 Allontana il peccato e verrà la grazia.

19. [v 12.] E che cosa ha fatto ? Egli non ci ha ripagato secondo i nostri peccati. Quanto dista l’Oriente dall’Occidente, tanto ha allontanato da noi i nostri peccati. Secondo l’altezza del cielo dalla terra, il Signore ha consolidato la sua misericordia sopra di noi. Ne ho già detto il perché : per la nostra protezione. E come ? Quanto dista l’Oriente dall’Occidente, tanto ha fatto esser lontani da noi i nostri peccati. Ciò è noto a coloro che conoscono i misteri cristiani ; voglio tuttavia ripetere quel che tutti possono intendere. Quando viene rimesso il peccato, sono i tuoi peccati che tramontano ed è la grazia che sorge per te : allora, si può ben dire, i tuoi peccati sono in fase di declino e spunta all’orizzonte la grazia che opera la tua liberazione. È sorta la verità dalla terra (). Che significa una tale affermazione ? Significa che è nata la tua grazia, che tramontano i tuoi peccati e che tu in qualche modo sei rinnovato. Come devi riguardare a questa aurora, così devi allontanarti da questo tramonto. Allontanati dai tuoi peccati e volgiti verso la grazia di Dio : è quando quelli tramontano che tu sorgi ed avanzi. Ma la parte del cielo che sorge, si volge di nuovo al tramonto. Questo vuol dire che le similitudini non possono essere sviluppate in maniera perfetta, o secondo tutti i loro elementi ; soltanto nel loro contenuto possono essere coerentemente indirizzate ai concetti, ai quali sono applicate : così si è prima parlato dell’aquila e della luna, e così si parla anche qui. Tramonta una parte del cielo ed un’altra ne sorge ; ma la parte che sorge ora, di qui a dodici ore starà per tramontare. Non avviene così della grazia che sorge per noi : tramontano per sempre i peccati, mentre rimane per sempre la grazia.

Dio è padre anche quando castiga.

20. [v 13.] Ma perché si dice : Quanto dista l’Oriente dall’Occidente, di tanto ha allontanato da noi i nostri peccati, per cui questi tramontano e sorge la grazia ? Perché pensate che sia così ? Come un padre ha compassione dei suoi figli, così il Signore ha avuto compassione di quelli che lo temono. Se egli è padre infierisca pure quanto vuole. Ma ci ha castigato, ci ha battuto, ci ha duramente colpito : egli è padre. O figlio, se piangi, sappi piangere sotto gli occhi di un padre, non farlo sotto l’impeto dello sdegno né con l’orgoglio della superbia. Il fatto che soffri, ciò per cui tanto ti lamenti, costituisce una medicina, non una pena : è correzione, non condanna. Non respingere il castigo, se non vuoi essere respinto dall’eredità. Non guardare quale pena subisci durante il castigo, ma guarda quale posto tu hai nel testamento. Come un padre ha compassione dei suoi figli, così il Signore ha avuto compassione di quelli che lo temono.

Dio conosce la nostra miseria.

21. [v 14.] Poiché egli ha conosciuto il nostro impasto, cioè la nostra debolezza. Egli sa quel che ha fatto, come sia decaduto, come debba essere restaurato e adottato e arricchito. Noi appunto siamo stati fatti di fango : il primo uomo, venuto dalla terra, è terreno ; il secondo uomo, venuto dal cielo, è celeste (
Ps 84,12). Egli ha mandato anche il suo Figlio, il quale è diventato il secondo uomo ed insieme è Dio prima di tutte le cose. Secondo nella venuta, è primo però nel ritorno, in quanto, se è morto dopo che tanti erano morti, prima di tutti gli altri è risorto. Egli ha conosciuto il nostro impasto. Qual è questo impasto ? Siamo noi. Ma perché affermi che ci ha conosciuto ? Perché ne ha avuto compassione. Ricordati che noi siamo polvere. Rivolgendosi direttamente a Dio il Profeta gli dice : Ricordati, come se Dio possa dimenticare ; questi invece conosce e sa in modo da non dimenticare giammai. Ma che significa ricordati ? Significa : “ continui immutata la tua misericordia verso di noi ”. Tu hai conosciuto, in certo modo, l’impasto di cui siam fatti : non dimenticare questo nostro impasto perché non abbiamo a dimenticare la tua misericordia. Ricordati che noi siamo polvere.

L’uomo è fieno ma in Cristo partecipa dell’eternità di Dio.

22. [v 15.] L’uomo, i cui giorni sono come l’erba. L’uomo deve attentamente badare a quello che è ; non deve insuperbire l’uomo, perché i suoi giorni sono come l’erba. Perché dovrebbe insuperbire l’erba che ora fiorisce e tra poco si secca ? Perché dovrebbe insuperbire l’erba che verdeggia per un determinato tempo, e cioè per un breve tempo finché non comincia a risplendere il sole ? È un bene dunque per noi che la misericordia di Dio sia sempre sopra di noi e trasformi l’erba in oro. L’uomo, infatti, i cui giorni sono come l’erba fiorirà alla maniera del fiore di campo. Tutto lo splendore del genere umano, gli onori, il potere, le ricchezze, le affermazioni dell’orgoglio, le minacce, sono un fiore d’erba. Fiorisce quella casa ed è davvero magnifica, fiorisce quella famiglia ; quante persone del resto fioriscono o per quanti anni vivono ? Saranno molti anni per te, ma di fronte a Dio sono un tempo assai breve. Dio non li calcola con la misura in cui li calcoli tu. Mettendo a confronto tutto il fiorire di una qualsiasi casata con i lunghi e duraturi secoli dell’eternità, esso appare come un fiore di campo. Dura appena un anno tutta la bellezza dell’annata. Tutto quanto in esso fiorisce e risplende ed è bello, non ha durata annuale e, ad essere esatti, non può prolungarsi per l’intero corso dell’anno. Quanto è piccolo e breve il periodo in cui compaiono i fiori, che pur rappresentano la bellezza delle piante ! Proprio quello che è sommamente bello, decade rapidamente ! Ogni carne è un’erba, e lo splendore dell’uomo è come il fiore dell’erba. Inaridì l’erba e cadde il fiore ; invece la parola del Signore rimane in eterno (Is 40,6-8). Ma appunto perché il Padre conosceva il nostro impasto, cioè che siamo erba e possiamo solo per un po’ di tempo fiorire, egli perciò ha inviato a noi il suo Verbo, ed il suo Verbo, che rimane in eterno, l’ha costituito fratello di quell’erba che non rimane in eterno : il suo Figlio unigenito per natura, che solo era nato dalla sua stessa sostanza, l’ha reso fratello dei tanti fratelli da lui adottati. Non deve dunque sorprenderti il fatto che sarai partecipe della sua eternità : egli stesso si è fatto per primo partecipe dell’erba di cui sei tu fatto. Potrà forse negarti quel che per te è infinitamente sublime, se da te ha preso quel che era tanto umile ? Perciò l’uomo, per quanto all’uomo si riferisce, ha come l’erba i suoi giorni, e fiorirà alla maniera del fiore di campo.

23. [v 16.] Poiché il vento passerà su di lui, e non sussisterà e non conoscerà più oltre il suo posto. È qui designata come una rovina, qualcosa che assomiglia alla distruzione o alla morte. Ecco uno che si gonfia, si inorgoglisce e si esalta : il vento passerà su di lui, e non sussisterà e non conoscerà più oltre il suo posto. Guardate quelli che muoiono quotidianamente : tutta qui sarà la loro sorte, tale sarà la loro fine. Non ci si rivolge infatti all’erba, se non in quanto anche il Verbo per essa si è fatto erba. Tu sei uomo, ma per te anche il Verbo si è fatto uomo ; tu sei carne, e proprio per te il Verbo si è fatto carne. Ogni carne è un’erba, eppure il Verbo si è fatto carne (Jn 1,14). Quanto è grande dunque la speranza di quest’erba, dal momento che il Verbo si è fatto carne ? Quel che rimane in eterno non ha disdegnato di assumere l’erba, perché più non disperasse di sé.

24. [v 17.] Perciò, se rifletti su te stesso, pensa alla tua debolezza, pensa che sei fatto di polvere. Non devi autoesaltarti. Se diventi in qualche modo migliore, lo sarai per la grazia di Dio, lo sarai per la sua misericordia. Ascolta quel che appunto segue nel salmo : Invece la misericordia del Signore dura per sempre nei secoli sopra coloro che lo temono. Voi che non lo temete, siete erba, ed essendo erba, vi ritroverete con l’erba tra i tormenti : la carne infatti risorgerà per essere tormentata. Godano invece coloro che lo temono, perché è sopra di loro che si estende la sua misericordia.

Chi pratica la carità adempie tutta la legge.

355 25. [v 18.] E la sua giustizia sopra i figli dei figli. Si indica la retribuzione sopra i figli dei figli. Quanti sono i servi di Dio che non hanno figli, e meno ancora i figli dei figli ? Ma nostri figli son dette le nostre opere, e figli dei figli la ricompensa delle nostre opere. La sua giustizia sopra i figli dei figli, per coloro che custodiscono il suo testamento. Si badi bene a questo, perché non pensino tutti che si riferisce a loro ciò che è stato detto : facciano la propria scelta, finché è ancora possibile. Per coloro - si dice - che custodiscono il suo testamento, e ritengono a memoria i suoi comandamenti per adempierli. Sentendo ciò tu eri già pronto ad esaltarti, e magari forse a ripetermi il Salterio che io non tengo a mente o anche a declamarmi a memoria tutta la legge. Certo nella memoria sei superiore a me e superiore a qualsiasi giusto, se questi non ritiene a paroletta la legge ; bada però a ritenere realmente i precetti. Ma in che modo puoi ritenerli ? Non con la memoria, ma con la vita. Coloro che ritengono a memoria i suoi comandamenti, e non già per ripeterli, ma per adempierli. Ed ora forse ciascuno si sente intimamente turbato. Chi tiene a mente tutti i comandamenti di Dio ? Chi ricorda tutte le divine Scritture ? Ecco, io voglio non semplicemente ritenerli con la memoria, ma anche adempierli con le mie opere. Ma chi li ritiene tutti a memoria ? Non temere, ché non grava su te questo peso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge ed i Profeti (Mt 22,40). Ma io - insisti - voglio ritenere a mente tutta la legge. Fàllo pure, se lo puoi, quando puoi, come puoi. Qualunque sia la pagina che vorrai esaminare, questa sarà la risposta : quel che ritieni, ritieni ; ritieni la carità : il fine del precetto è la carità (1Tm 1,5). Non preoccuparti del gran numero dei rami : tieniti attaccato alla radice ed avrai in te tutto quanto l’albero. E coloro che ritengono a memoria i suoi comandamenti per adempierli.

26. [v 19.] Il Signore ha preparato in cielo il suo trono. E chi altri ha preparato in cielo il suo trono se non Gesù Cristo ? Egli è disceso e poi è asceso ; egli è morto e poi è risorto ; egli assunto l’uomo l’ha elevato al cielo e, sempre in cielo, ha preparato il suo trono. Il trono è la sede del giudice. Tenete dunque presente, voi che ascoltate, il fatto che egli ha preparato in cielo il suo trono. Faccia ciascuno quel che vuole sulla terra, ma non resterà impunito il peccato né sterile la giustizia, poiché il Signore, che fu oggetto di irrisione dinanzi al giudice umano, ha preparato in cielo il suo trono. Sì, il Signore ha preparato in cielo il suo trono, e il suo regno dominerà su tutti i regni. Al Signore appartiene il regno, ed egli dominerà sulle genti. E il suo regno dominerà su tutti i regni.

27. [v 20.] Benedite il Signore, o Angeli tutti di lui, potenti per fortezza, esecutori della sua parola. Tu dunque, di fronte alla parola di Dio, non sarai giusto o fedele, se non quando la esegui. Potenti per fortezza, esecutori della sua parola nell’ascoltare la voce dei suoi discorsi.

benedice il Signore chi compie la sua volontà.

28. [v 21.] Benedite il Signore, o schiere tutte di lui e ministri di lui, esecutori della sua volontà. Voi, Angeli tutti, potenti tutti per fortezza, esecutori della sua parola, schiere tutte e ministri tutti di lui, esecutori della sua volontà, sì voi benedite il Signore ! Difatti tutti coloro che vivono male, pur se tace la loro lingua, maledicono con la vita il Signore. A che vale che la tua lingua canti l’inno di lode, se poi la tua vita emana il lezzo dell’empietà ? Vivendo male hai indotto molte altre lingue a bestemmiare. La tua lingua attende all’inno di lode, mentre quelle di quanti stanno a guardarti non fanno che proferire bestemmie. Se dunque vuoi veramente benedire il Signore, devi eseguire la sua parola e compiere la sua volontà. Devi costruire sulla roccia, e non sulla sabbia. Ascoltare e non fare vuol dire costruire sulla sabbia ; ascoltare e fare vuol dire costruire sulla roccia : non ascoltare e non fare equivale a non costruire nulla. Se costruisci sulla sabbia, prepari la tua rovina ; se non costruisci nulla, rimarrai esposto alle piogge, alle correnti dei fiumi ed al vento e sarai trascinato via prima ancora di ergerti in piedi (Cf. Mt 7,24-27). Perciò non bisogna starsene inerti, ma bisogna costruire, e non già in modo da preparare la propria rovina : bisogna costruire sulla roccia, perché non si resti abbattuti dalla tentazione. Se davvero è così, benedici il Signore ; ma se così non è, non lusingare la tua lingua : interroga la tua vita. È questa che deve risponderti. Troverai allora quel male, di cui sei impastato : devi piangerlo e confessarlo. Questa tua confessione può benedire il Signore, ma sarà la tua trasformazione a dare consistenza e durata alla benedizione.

Dio è l’autore del bene da noi compiuto.

29. [v 22.] Benedite il Signore, opere tutte di lui, in ogni luogo soggetto alla sua dominazione. Dunque in ogni luogo. Non sia egli benedetto dove non domina ! Ma sta scritto : in ogni luogo soggetto alla sua dominazione, perché appunto nessuno abbia a dire : “ Non posso benedire il Signore in Oriente, perché è partito per l’Occidente ” ; ovvero : “ Non posso farlo nell’Occidente, perché si trova in Oriente ”. Né dall’Oriente, né dall’Occidente, né dai monti deserti (è assente), poiché Dio è il giudice (Ps 74,7-8). Egli sta in ogni luogo perché in ogni luogo sia benedetto ; egli sta in ogni parte, perché in ogni parte si canti in suo onore : se dappertutto viene benedetto, è perché dappertutto si viva bene. Benedite il Signore, opere tutte di lui. Se, infatti, con una vita buona, hai cominciato a benedire il Signore, sono le sue opere a benedirlo, e non certo i tuoi meriti. È lui che per te in te opera il bene, perché l’Apostolo dice : Con timore e tremore adoperatevi per la vostra salvezza. Dio infatti è colui che opera in voi (Ph 2,12 Ph 2,15). Perché, dunque, non ti inorgoglissi eseguendo la sua parola e compiendo la sua volontà, egli ha voluto che tu fossi umiliato e ti volgessi a guardare la sua grazia, per la quale sei giunto a tal punto. In ogni luogo soggetto alla sua dominazione. Benedici, anima mia, il Signore. Quest’ultimo versetto è perfettamente identico al primo. Si parla di benedizione all’inizio e di benedizione alla fine : abbiamo cominciato dalla benedizione, ritorniamo alla benedizione per vivere beati e trionfanti nella benedizione.


Agostino Salmi 102