Agostino Salmi 105

SUL SALMO 105

105 Ps 105

ESPOSIZIONE

Molti i problemi racchiusi nei titoli dei salmi.

1. [v 1.] Il salmo 105 reca anch’esso, come titolo, la parola Alleluia, che vi ricorre due volte. Ma alcuni dicono che il primo alleluia appartiene alla fine del salmo precedente, mentre il secondo al principio di quest’altro. E ciò affermano basandosi sul fatto che tutti i salmi alleluiatici hanno l’alleluia alla fine, ma non tutti all’inizio ; di conseguenza, ogni salmo che non ha l’Alleluia alla fine, non l’avrebbe neppure all’inizio, e quell’Alleluia che sembra trovarsi all’inizio, apparterrebbe in realtà alla fine del salmo precedente. Ma noi, finché almeno non si dimostra con documenti sicuri l’esattezza di questa affermazione, preferiamo seguire l’uso di molti autori i quali, dovunque leggono alleluia, l’attribuiscono a quel medesimo salmo al cui inizio lo trovano. In realtà sono pochissimi i codici - anzi non l’ho riscontrato in nessuno di quelli greci, che mi è stato possibile consultare, - che hanno l’alleluia alla fine del salmo 150, dopo il quale non c’è nessun altro salmo appartenente al canone. Ma neppure questo potrebbe costituire una difficoltà per quell’uso, anche se tutti i codici avessero l’alleluia. Potrebbe, ad esempio, essere avvenuto che, per. una qualche ragione connessa alla lode divina, tutto il libro dei Salmi, che, secondo la comune opinione è composto di cinque libri (e ciascuno di questi finirebbe dove sta scritto : Fiat, fiat), venisse chiuso, dopo tutto ciò che è stato cantato, con un ultimo Alleluia ; ma, anche ammesso che così finisca il salmo 150, non vedo perché tutti i salmi alleluiatici dovrebbero avere l’Alleluia alla fine. Per il caso poi, in cui l’Alleluia è ripetuto due volte all’inizio del salmo, come il Signore talora usa l’Amen una volta e talaltra l’usa due volte, non capisco proprio perché, allo stesso modo, non si possa dire l’Alleluia talora una volta e talaltra due volte. Ciò appare verosimile soprattutto perché l’uno e l’altro Alleluia risulta posto dopo la nota numerica, che indica l’ordine preciso del salmo, come è appunto questo che ha il numero 105. Un Alleluia doveva essere posto prima dello stesso numero, se apparteneva alla fine del salmo precedente, e dopo il numero del nuovo salmo doveva essere scritto l’altro Alleluia, che appartiene al salmo dello stesso numero. Ma forse anche in questo ha prevalso un’usanza frutto di inesperienza e potremmo anche supporre qualcosa che ancora non conosciamo, sicché dovremmo farci istruire più dal giudizio della verità che dal pregiudizio dell’usanza. Per il momento intanto, prima di appurare questo punto, quando troveremo scritta la parola Alleluia una volta o due volte dopo il numero del salmo, l’attribuiremo sempre al salmo che è contrassegnato dal medesimo numero, seguendo in ciò l’usanza costante della Chiesa. Confessiamo tuttavia, per quanto riguarda i segreti di tutti i titoli riportati nei salmi e dell’ordine stesso dei salmi, di considerarli grandi davvero e di non essere ancora riusciti a penetrarli, come vorremmo.

La confessione dei peccati include la lode a Dio.

2. Notiamo poi che questi due salmi, il numero 104 e il numero 105, sono strettamente collegati tra loro : in uno di essi - quello che precede - viene esaltato il popolo di Dio nei suoi eletti, dei quali non si fa alcun lamento e che io ritengo furono tra coloro nei quali Dio trova il suo compiacimento (Cf. 1Co 10,5) ; in quest’altro - quello che segue - sono ricordati coloro che, in seno al medesimo popolo, amaramente provocarono Dio, ed ai quali tuttavia non mancò la misericordia divina. Queste cose vi sono narrate in persona di coloro che, dopo essersi convertiti, implorano il perdono, e sono ricordati gli esempi di quelli verso i quali, anche se peccatori, si dimostrò generosa la misericordia di Dio. Comincia dunque anche questo salmo come quell’altro : Confessate il Signore ; ma mentre là segue la frase : ed invocate il suo nome (Ps 104, l), qui si dice : perché egli è buono, perché “ nel secolo ” è la sua misericordia. Pertanto si potrebbe intendere in tale inizio anche la confessione dei peccati, tanto più che, dopo pochi versetti, segue l’espressione : Peccammo con i nostri padri, operammo ingiustamente, commettemmo l’iniquità (Ps 105,6). Ma dato che si dice : perché egli è buono, perché “ nel secolo ” è la sua misericordia, certamente si tratta della lode di Dio, ed in questa lode consiste la confessione. Del resto, anche quando uno confessa i suoi peccati, deve confessarli insieme con la lode di Dio, e non è un atto di pietà la confessione dei peccati se non si risolve in un fiducioso e diretto ricorso alla misericordia di Dio. Essa dunque comprende la lode divina, sia quando nelle parole che usa lo chiama buono e misericordioso, sia quando con il solo sentimento del cuore, lo crede tale. È il caso di quel pubblicano di cui sono ricordate soltanto le parole : Signore, sii propizio verso di me che sono peccatore (Lc 18,13) ; anche se non disse : “ perché sei buono e misericordioso ” o qualcosa di simile, egli tuttavia non avrebbe detto quelle parole, se non avesse creduto nella misericordia divina. Difatti egli pregò con la speranza, la quale non può esistere senza quella fede. Dunque può aversi la vera e pia lode di Dio, anche senza la confessione dei peccati, e questa lode molto frequentemente è chiamata confessione nella Sacra Scrittura ; ma non si ha nessuna pia e salutare confessione dei peccati, se non si rende lode a Dio o con il cuore o anche con la bocca e la parola. Quanto poi al fatto che alcuni codici scrivono : Perché è buono, ed altri : Perché è soave, si tratta della stessa parola greca - la parola ; che ha dato luogo a diversa interpretazione. Lo stesso vale per l’altra espressione surriferita : perché “ nel secolo ” è la sua misericordia ; il testo greco dice : , che può anche essere interpretato in eterno. Ebbene, se qui si intende la misericordia in assoluto, nel senso che nessuno può essere beato senza Dio, è meglio interpretare in eterno ; se invece è la misericordia che viene offerta ai miseri per consolarli nella loro miseria o anche per liberarli da essa, è meglio interpretare nel secolo, con riferimento cioè alla fine del mondo, in cui non mancheranno i miseri, ai quali sarà usata. misericordia. Così noi pensiamo, a meno che qualcuno non osasse affermare che anche gli uomini che saranno dannati con il diavolo ed i suoi angeli, non mancherà, in qualche modo, la misericordia di Dio, non certo per essere liberati da quella dannazione, ma per ricavarne una certa mitigazione ; in questo modo si potrebbe intendere che è eterna la misericordia di Dio sopra l’eterna loro miseria. Ora noi leggiamo che per alcuni ci sarà una condanna più sopportabile in confronto di quella di altri ; ma chi avrebbe l’ardire di affermare che la pena, a cui uno è stato abbandonato, potrà esser mitigata o subirà per qualche tempo una certa interruzione, se il ricco epulone non ottenne neppure una stilla d’acqua (Cf. Lc 16,24-26) ? Ma di una questione tanto importante bisogna trattare con diligenza accurata quando si è liberi ; per adesso, in quanto si riferisce a questo salmo, può bastare quel che ne è stato detto fin qui.

374 Lodiamo Dio facendo e insegnando il bene.

3. [vv 2.3.] Chi narrerà le opere potenti del Signore ? Penetrato dalla considerazione delle opere di Dio, colui che ne implora la misericordia si domanda : Chi narrerà le opere potenti del Signore, e farà ascoltate tutte le sue lodi ? Perché anche questa espressione sia completa, bisogna sottintendere ciò che è stato detto prima : Chi farà ascoltate tutte le sue lodi ? Cioè : chi sarà mai capace di fare, dopo averle ascoltate, tutte le sue lodi ? Dice : farà ascoltate, cioè farà sì che siano ascoltate, per dimostrare che le opere potenti del Signore e le sue lodi devono essere narrate in modo che siano predicate a chi ascolta. Ma chi può narrarle tutte ? O forse, proprio perché segue la frase : Beati coloro che osservano il giudizio e praticano la giustizia in ogni tempo, chiama lodi del Signore quelle che appaiono come sue opere nei suoi precetti ? Dio infatti - dice l’Apostolo - è colui che opera in voi (
Ph 2,13). Ed alla discendenza di Abramo è stato detto : A lui cantate e a lui inneggiate (Ps 104,2), che noi abbiamo interpretato come se sia detto in questo senso : “ Dite e fate le opere buone in sua lode ”. Ed a quei due verbi, cioè al cantare ed all’inneggiare - abbiamo visto - ben convengono i due versetti che seguono, per cui la frase : Narrate tutte le sue meraviglie equivale a : Cantate a lui, e l’altra : Gloriatevi nel suo santo nome (Ps 104,3) equivale a : Inneggiate a lui Ed è a questa discendenza che il Signore stesso dice : Risplendano le vostre opere dinanzi agli uomini, perché vedano le vostre buone azioni e diano gloria al Padre vostro, che è nei cieli (Mt 5,16). Il salmista dunque, considerando qui i precetti stessi di Dio, da cui derivano le opere che sono altrettante lodi per Colui che opera nei suoi figli, dice : Chi narrerà le opere potenti del Signore ? Egli infatti queste cose le opera in maniera ineffabile. E chi farà ascoltate tutte le sue lodi ? Chi cioè, dopo averle ascoltate, compirà tutte le sue lodi ? Sono queste le opere derivanti dai suoi precetti, perché, in quanto sono compiute - ammesso anche che non tutto viene compiuto di quello che è stato ascoltato - dev’essere sempre lodato Colui, il quale opera in noi il volere e l’operare per la sua benevolenza. Per questo il salmista, pur potendo dire : tutti i suoi comandamenti, ovvero : tutte le opere dei suoi comandamenti, ha preferito dire : le sue lodi, perché - come ho spiegato - in quanto sono compiute, è sempre lui che dev’essere lodato. Eppure chi è mai capace di farle, dopo ascoltate, queste lodi ? Chi cioè, quando le abbia ascoltate, è adatto a farle tutte ?

Giudizio e giustizia non sono perfettamente sinonimi.

4. Beati coloro che osservano il giudizio e praticano la giustizia in ogni tempo : certamente, fin da quando cominciano e finché vivono nel tempo, perché solo chi avrà perseverato fino alla fine, sarà salvo (Cf. Mt 10,22). Ma qui si può avvertire la ripetizione del medesimo concetto, nel senso che il praticare la giustizia è lo stesso che osservare il giudizio ; e come nella prima parte del versetto si sottintende in ogni tempo, così nella seconda si sottintende beati, per cui, inserendo nel testo le parole sottintese, si legge : Beati coloro che osservano il giudizio in ogni tempo ; beati coloro che praticano la giustizia in ogni tempo. Ma se non ci fosse una certa differenza tra giudizio e giustizia, non si direbbe in un altro salmo : Finché la giustizia non si converta nel giudizio (Ps 93,15). È vero che la Scrittura ama mettere insieme queste due parole, come ad esempio nella frase : La giustizia e il giudizio sono la base del suo seggio (Ps 96,7), o in quell’altra : E farà brillare come luce la tua giustizia, e il tuo giudizio come meriggio (Ps 36,6), dove pure si avverte la ripetizione del medesimo concetto. E neppure è da escludere che, per l’affinità di significato, si possa mettere una parola a posto dell’altra, o il giudizio a posto della giustizia, o la giustizia a posto del giudizio. Tuttavia, se si usano con proprietà, non dubito che ci sia una certa differenza, per cui si dice che “ osserva il giudizio ” chi giudica rettamente, e che “ pratica la giustizia ” chi agisce rettamente. Né ritengo che sia assurdo intendere, secondo la frase già citata : Finché la giustizia non si converta nel giudizio (Ps 93,15), che anche qui siano stati detti beati coloro che osservano il giudizio con la fedeltà e praticano la giustizia con la loro opera. Verrà il tempo infatti in cui il giudizio, che ora è osservato con la fedeltà, verrà esercitato anche con l’opera, quando la giustizia sarà convertita nel giudizio, cioè quando i giusti riceveranno il potere di giudicare rettamente coloro, da cui ora essi non sono rettamente giudicati. Per questo, in altro passo, si pensa che sia lo stesso corpo di Cristo a dire : Quando riceverò il tempo, io giudicherò la giustizia (Ps 74,3). Quest’ultima parola sarebbe espressa meglio, traducendo : giudicherò l’equità. Non è detto peraltro : “ Quando riceverò il tempo, io praticherò la giustizia ” ; perché essa dev’essere praticata in ogni tempo, come appunto si dice in questo passo : Coloro che praticano la giustizia in ogni tempo.

Dio ascolta la preghiera del suo popolo e lo colma di benefici.

5. [vv 4.5.] Ed essendo Dio che giustifica, cioè fa giusti gli uomini, risanandoli dalle loro iniquità, segue poi la preghiera : Ricordati di noi, o Signore, nel compiacimento verso il tuo popolo, cioè perché noi abbiamo ad esser tra quelli in cui tu trovi il compiacimento, dato che non in tutti loro Dio trova il suo compiacimento. Visita noi nella tua salvezza. Egli è infatti il Salvatore, nel quale sono rimessi i peccati e sono risanate le anime perché possano osservare il giudizio e praticare la giustizia. E comprendendo che sono felici quelli che dicono queste cose, esse giustamente chiedono questo per sé con la loro preghiera. Di tale salvezza si dice altrove : Affinché conosciamo sulla terra la tua via (Ps 66,3) e, come se noi chiedessimo in quale terra, si aggiunge : in tutte le genti, ed ancora, come se noi chiedessimo quale sia la via, si aggiunge : la tua salvezza (Ps 66,3). Di certo il vecchio Simeone, quando disse : Perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza (Lc 2,30), alludeva a colui che disse di se stesso : Io sono la via (Jn 14,6). Dunque visita noi nella tua salvezza, cioè nel tuo Cristo. Per vedere nella bontà dei tuoi eletti, per gioire nella gioia della tua gente, che vuol dire : visitaci nella tua salvezza, proprio perché noi possiamo vedere nella bontà dei tuoi eletti e gioire nella gioia della tua gente. Ora la forma che qui è usata nella bontà, in altri codici è detta nella soavità, come l’altra espressione : perché sei buono (Ps 105, l) da altri è detta : perché sei soave. Ed è sempre la stessa parola nel testo greco, la quale ricorre anche altrove : Il Signore donerà la soavità (Ps 84,13), e che alcuni hanno interpretato come bontà ed altri come benignità. Ma che significa : Visita noi perché possiamo vedere nella bontà dei tuoi eletti, cioè in quella bontà che tu offri ai tuoi eletti ? Significa : affinché non rimaniamo ciechi, come coloro a cui è stato detto : Ora voi dite : Noi vediamo, e perciò resta il vostro peccato (Jn 9,41). Davvero il Signore illumina i ciechi (Ps 145,8), non in ragione dei loro meriti, ma nella bontà dei suoi eletti, ossia in quella bontà che egli presenta o dona ai suoi eletti. Allo stesso modo si dice che la salvezza del mio volto non viene da. me stesso, ma è il mio Dio (Ps 42,5) ; parimenti parliamo del nostro pane quotidiano, ma aggiungiamo : dallo a noi (Mt 6,1 l). Dunque visita noi nella tua salvezza per vedere, cioè perché possiamo vedere, nella bontà dei tuoi eletti ; per gioire, cioè perché possiamo gioire, nella gioia della tua gente. Come unica gente di Dio dobbiamo intendere tutta quanta la discendenza di Abramo, ma comprendendo i figli della promessa, non della carne. Dunque questi figli, di cui qui risuona la voce, esprimono il desiderio di provare la gioia della medesima gente. E quale è la gioia di questa gente se non il suo Dio ? È a lui che si dice : O mia esultanza, riscattami (Ps 31,7) ; è a lui che si dice : Sta impressa sopra di noi la luce del tuo volto, o Signore ; hai diffuso la gioia nel mio cuore (Ps 4,7), proprio con quel sommo, vero, immutabile ed inebriante bene, che è Dio stesso. Perché tu sia lodato con la tua eredità. Mi sorprende che sia stato tradotto così in molti codici tale versetto, mentre una sola ed uguale è l’espressione greca in questi tre incisi, sicché, se è giusta la lettura qui proposta : perché fu sia lodato con la tua eredità, sarebbe stato altrettanto giusto dire prima : perché tu veda nella bontà dei tuoi eletti, e gioisca nella gioia della tua gente. Ed allora il senso di tutto il passo sarebbe questo : Visita noi nella tua salvezza, perché tu veda nella bontà dei tuoi eletti, perché gioisca nella gioia della tua gente e sia lodato con la tua eredità. Ma secondo quel che abbiamo già detto : Visita noi, perché possiamo vedere nella bontà dei tuoi eletti, e gioire nella gioia della tua gente, anche qui si sarebbe dovuto dire coerentemente : perché siamo lodati con la tua eredità, ed a questa eredità è stato detto : Gloriatevi nel suo santo nome (Ps 104,3). Ora, partendo dal fatto che questa espressione appare ambigua, se è vero quel senso preferito dai traduttori : perché tu sia lodato, bisognerà interpretare allo stesso modo anche i due incisi precedenti, perché - come ho detto - una sola è in questi tre incisi l’espressione greca, e quindi tutto quanto il passo dev’essere inteso come se dica : Visita noi nella tua salvezza, perché tu veda nella bontà dei tuoi eletti, cioè visita noi perché tu ci faccia essere là e ci veda là ; perché tu gioisca nella gioia della tua gente, cioè perché si dica che tu gioisci, mentre essi gioiscono di te ; perché tu sia lodato con la tua eredità, cioè tu sia lodato con essa, poiché essa non è lodata se non per te. Concludendo, sia che è quello, sia che è questo il modo in cui bisogna intendere i tre verbi predetti : per vedere, per gioire, per lodare, se quelli desiderano di esser visitati nella salvezza di Dio, cioè nel suo Cristo, lo fanno precisamente allo scopo di non essere estraniati dal suo popolo e da coloro nei quali Dio trova il suo compiacimento.

Le colpe del popolo eletto.

6. [vv 6.7.] Ed ascoltiamo ciò che essi successivamente confessano : Abbiamo peccato con i nostri padri, abbiamo agito ingiustamente, abbiamo compiuto l’iniquità. Che significa : con i nostri padri ? Forse, come dice la Lettera agli Ebrei a proposito di Levi, il quale fu anch’egli soggetto alle decime con Abramo, in quanto era nei suoi lombi, quando il patriarca pagò le decime al sacerdote Melchisedec, così si vuol dire che anche costoro peccarono con i loro padri, perché erano nei loro lombi, quando quelli si trovavano in Egitto (Cf. He 6,1-10) ? Difatti coloro che vivevano nel tempo in cui fu scritto questo salmo e, a maggior ragione, i loro successori (perché ciò poteva esser detto da quelli che vivevano allora, o anche esser profeticamente riferito a quelli che sarebbero venuti dopo) erano molto lontani dall’età di quelli che peccarono in Egitto, non comprendendo le meraviglie di Dio. Ed è proprio questo che segue nel testo, quando espone in che modo peccarono con i loro padri : I nostri padri in Egitto - dice - non compresero le tue meraviglie, e gli altri particolari, ben numerosi che ricorda a proposito dei loro peccati. O forse la frase : Abramo peccato con i nostri padri dev’esser piuttosto intesa come l’equivalente di questa : Abbiamo peccato come i nostri padri, imitando cioè i loro peccati ? Se è così, bisognerebbe confermare l’interpretazione con qualche esempio di una tale espressione ; ma, mentre ora lo vado cercando, non mi viene in mente l’esempio di uno che dica di aver peccato con un altro o di aver fatto qualcosa con lui, perché l’ha imitato in un’impresa simile, magari dopo tanto tempo.

Accusare il peccato e non pretendere di scusarlo.

7. Che significa dunque : I nostri padri non compresero le tue meraviglie ? Significa che non capirono ciò che tu, per mezzo di quelle meraviglie, volevi loro dimostrare. E questo non era altro che la vita eterna, un bene cioè non di ordine temporale, ma di per sé immutabile, che si attende nella pazienza. Essi perciò impazientemente mormorarono ed amaramente provocarono Dio, cercando di conseguire la felicità attraverso i beni presenti, che sono fallaci e fugaci. Non furono memori della moltitudine delle tue misericordie. Il rimprovero qui è mosso sia all’intelligenza, sia alla memoria. C’era infatti bisogno dell’intelligenza, perché essi potessero considerare quali erano i beni eterni, cui Dio attraverso i beni temporali li chiamava ; e c’era bisogno della memoria, perché almeno non dimenticassero le meraviglie di ordine temporale che erano avvenute in mezzo a loro, e ritenessero con fede sicura che Dio con la stessa potenza, già da loro esperimentata, li avrebbe liberati dalla persecuzione dei loro nemici. Essi invece dimenticarono quel che Dio, con sì grandi prodigi, aveva loro dimostrato in Egitto per schiacciare i loro nemici. E ti irritarono, mentre risalivano il mare, il Mar Rosso. Il codice, che avevo sotto gli occhi, diceva proprio così, ed a queste due ultime parole, cioè al Mar Rosso, era stato premesso un asterisco, segno questo con cui sono indicate le parole che sono nel testo ebraico e mancano nella versione dei Settanta. Invece la maggior parte dei codici, che mi è stato possibile consultare, sia greci che latini, scrivono così : E ti irritarono, o - con più espressiva aderenza al testo greco - ti provocarono a sdegno, mentre risalivano nel Mar Rosso. Chi legge quella storia degli Ebrei, quando uscirono dall’Egitto e passarono attraverso il Mar Rosso, non può non dolersi della loro infedeltà, osservando in quale stato di trepidazione e di disperazione essi vissero pur dopo i recenti e tanto numerosi e grandi miracoli, avvenuti in Egitto ; dice quindi che di questa moltitudine delle misericordie di Dio essi non furono memori. Se poi si dice che essi risalivano, ciò si spiega perché la posizione della regione è tale che per il viaggio dalla terra di Canaan in Egitto si parla di discesa, e per il ritorno da questo a quella di risalita. Bisogna ancora osservare come la Scrittura abbia voluto condannare il fatto di non comprendere quel che si deve comprendere, e di non ricordare quel che si deve ritenere nella memoria : gli è che gli uomini si rifiutano di ascriverlo a loro colpa, all’unico scopo di pregare di meno e di essere meno umili di fronte a Dio, al cui cospetto debbono invece confessare quello che sono ed ottenerne l’aiuto per poter essere quello che non sono. È meglio, infatti, che anche i peccati di ignoranza o di negligenza siano da loro accusati perché siano distrutti, anziché siano scusati e rimangano : è meglio che

siano purificati mediante l’invocazione di Dio, anziché consolidarli provocandolo a sdegno.

375 Interventi gratuiti di Dio a salvezza del popolo.

8. [v 8.] Il salmo aggiunge tuttavia che Dio non operò in conformità all’infedeltà degli Ebrei. E li salvò in ragione del suo nome, per fare nota la sua potenza, e non certo in ragione dei loro meriti.

9. [v 9.] E rimproverò il Mar Rosso, e questo si seccò. Non leggiamo che fu emessa una qualche voce dal cielo per rimproverare il mare, ma è la potenza di Dio, con la quale si ottenne questo effetto, che è qui chiamata rimprovero ; a meno che uno non sostenga che il mare fu rimproverato di nascosto, in modo che l’acqua potesse ascoltare e non potessero gli uomini. Certo è tanto occulta e recondita la forza con cui Dio agisce, che anche gli esseri privi di sensibilità ubbidiscono immediatamente al suo volere. E li trasse fuori negli abissi, come in un deserto. Vien qui chiamata abissi la moltitudine delle acque. Difatti alcuni, volendo interpretare tutto questo versetto, hanno detto : E li trasse fuori in mezzo a molte acque. Che significa dunque negli abissi, come in un deserto ? Significa che dove c’erano gli abissi delle acque, si fece per la siccità una specie di deserto.

Il battesimo mezzo di salvezza.

10. [v 10.] E li salvò dalla mano degli avversari. Alcuni, per evitare l’uso di parole poco latine, hanno interpretato questo versetto ricorrendo alla circonlocuzione : E li fece salvi dalla mano di coloro che li odiavano. E li riscattò dalla mano del nemico. Quale prezzo fu pagato per questo riscatto ? O si tratta forse di una profezia, per cui tutto ciò è avvenuto come simbolo del battesimo, nel quale noi siamo. riscattati dal potere del demonio a gran prezzo, e questo prezzo è il sangue di Cristo ? Per tale ragione ciò è stato simboleggiato, con più appropriata immagine, non da un mare qualsiasi, ma dal Mar Rosso, ed il sangue infatti è di colore rosso.

11. [v 11.] E sommerse nell’acqua i loro oppressori, e non rimase nessuno di essi : non di tutti gli Egiziani, ma di coloro che perseguitavano gli Ebrei ormai partiti, nell’intento di catturarli e di ucciderli.

12. [v 12.] E credettero nelle sue parole. Tale espressione sembra essere poco latina, perché non dice alle sue parole, o nelle sue parole (con l’accusativo), ma nelle sue parole (con l’ablativo) ; tuttavia ricorre molto frequentemente nella Scrittura. E lodarono la sua lode. Espressioni consimili si hanno, quando diciamo : “ ha servito questa servitù ” ; “ ha vissuto tale vita ”. Per il resto, il Salmista ricorda la notissima lode di Dio, in cui è detto : Cantiamo al Signore, perché è stato gloriosamente esaltato : cavallo e cavaliere ha sbalzato nel mare (
Ex 15, l).

Il fine salvifico degli interventi divini.

13. [v 13.] Presto operarono, si dimenticarono delle sue opere. Altri codici propongono un testo più comprensibile, scrivendo : Si affrettarono, si dimenticarono delle sue opere : non attesero il suo consiglio. Avrebbero dovuto infatti pensare che le grandi opere, compiute per loro da Dio, non erano prive di scopo, ma costituivano un invito ad una felicità senza fine, che bisognava attendere nella pazienza. Essi invece si affrettarono a cercare la beatitudine nelle cose temporali, le quali non dànno a nessuno la vera felicità appunto perché mai possono soddisfare il desiderio insaziabile. Chi avrà bevuto di questa acqua - dice il Signore - avrà sete di nuovo (Jn 4,13).

14. [v 14.] Poi ancora : E bramarono cupide brame nel deserto, e tentarono Dio nella terra arida. Quel che vuol dire nel deserto, è ripetuto dicendo nella terra arida, che designa un luogo senza acqua ; e l’altra frase bramarono cupide brame equivale a tentarono Dio e, come tipo di locuzione, è decisamente simile a quella precedente : lodarono la lode (Ps 105,12).

15. [v 15.] E concesse ad essi la loro richiesta, cioè quel che gli avevano domandato. E mandò la sazietà nella loro anima ; ma non per questo li rese felici, perché non era quella la sazietà, cui si riferisce il detto : Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati (Mt 5,6). In questo passo, pertanto, si parla dell’anima non secondo l’elemento per cui l’essere è razionale, ma secondo quello che, vivificando il corpo, lo rende animato. Al sostentamento di questo essere animato si riferiscono il cibo e la bevanda, secondo ciò che si legge nel Vangelo : Non è forse l’anima più dell’alimento, ed il corpo più del vestito ? (Mt 6,25) È come se si dicesse che appartiene all’anima il nutrirsi, ed al corpo il vestirsi. In questo senso si legge in Isaia : Perché abbiamo digiunato, e non l’hai visto ; abbiamo mortificato le nostre anime, e non l’hai saputo ? (Is 58,3)

376 Colpe degli Israeliti nel deserto e rispettivi castighi.

16. [v 16.] Ed irritarono Mosè nell’accampamento, e Aronne, santo del Signore. Quale irritazione. o - come più efficacemente interpretano altri autori - quale amara provocazione sia qui indicata, lo rivelano abbastanza le parole seguenti.

17. [v 17.] Si aprì la terra - si dice - ed inghiottì Datan, e ricoprì da sopra la congregazione di Abiron. Il significato di inghiottì è lo stesso di ricoprì. E, d’altra parte, una sola e la stessa fu la causa del superbo e sacrilego scisma provocato da entrambi, cioè da Datan e da Abiron.

18. [v 18.] Ed arse il fuoco nella loro assemblea : la fiamma abbruciò i peccatori. Quest’ultimo nome non è usato nella Sacra Scrittura per designare coloro che, pur conducendo una vita giusta ed onorata, non sono esenti tuttavia dal peccato. Piuttosto, come c’è differenza tra irridenti e irrisori, tra mormoranti e mormoratori, tra scriventi e scrittori, e gli altri simili nomi, così la Scrittura ordinariamente chiama peccatori gli uomini molto perversi, che sono gravemente oppressi dalla gran soma dei loro peccati.

19. [vv 19.20.] E fecero un vitello sull’Oreb, ed adorarono un idolo scolpito. E mutarono la loro gloria nella somiglianza di un vitello, che mangia il fieno. Non dice a somiglianza (con l’accusativo di moto), ma nella somiglianza (con l’ablativo di stato), ed è questa un’espressione analoga a quella in cui è detto : E credettero nelle sue parole (
Ps 105,12). Da notare, poi, la finezza per cui non dice : “ E, per aver fatto questo, mutarono la gloria di Dio ”, come afferma anche l’Apostolo : E mutarono la gloria di Dio incorruttibile a somiglianza dell’immagine dell’uomo corruttibile (Rm 1,23), ma dice la loro gloria. Era Dio infatti la loro gloria, se avessero custodito il suo consiglio e non si fossero affrettati a dimenticarlo ; è a lui che si dice : Sei la mia gloria, ed innalzi il mio capo (Ps 3,4). Ebbene questa loro gloria, cioè Dio, essi la mutarono nella somiglianza di un vitello, che mangia il fieno, per essere mangiati da colui da cui sono mangiati quelli che hanno gusto secondo la carne : difatti ogni carne è fieno (Is 40,6).

20. [vv 21.22.] Dimenticarono Dio, il quale li salvò. In che modo li salvò ? Egli fece cose grandi nell’Egitto, cose mirabili nella terra di Cam, cose terribili nel Mar Rosso. Le cose che sono mirabili, sono anche terribili, in quanto non c’è ammirazione che sia disgiunta da una certa paura. Si osservi però che tali cose possono essere state chiamate terribili anche perché colpirono gli avversari e dimostrarono a loro quel che dovevano temere.

Efficacia dell’intercessione dei Santi.

21. [v 23.] E disse che li avrebbe dispersi. Dato che essi dimenticarono colui che, operando cose grandi, li aveva salvati, e fecero ed adorarono un idolo da loro scolpito, in conseguenza di questo enorme delitto e della loro incredibile empietà, avrebbero certamente meritato di essere perduti. Dio dunque disse che li avrebbe dispersi, se Mosè, il suo eletto, non fosse stato sulla breccia al suo cospetto. Non è scritto che si pose sulla breccia, quasi per infrangere l’ira di Dio, ma sulla breccia come nel mezzo di quel castigo, da cui quelli dovevano essere colpiti : si vuol dire che il castigo ci sarebbe stato, se egli non si fosse offerto a posto loro, dicendo : Se tu perdoni loro il peccato, perdonami ; ma se non lo perdoni, cancella me dal tuo libro (Ex 32,32 Ex 32,31). Il che dimostra quanto valore abbia davanti a Dio l’intercessione dei santi in favore degli altri. Mosè infatti, fidando nella divina giustizia, per la quale Dio non avrebbe potuto distruggerlo, ottenne misericordia perché non fossero distrutti gli altri che, secondo giustizia, avrebbe ben potuto distruggere. Egli dunque stette sulla breccia al suo cospetto, per stornare la stia ira onde non avesse a disperderli.

22. [v 24.] E ritennero come cosa da nulla la terra desiderabile. Ma l’avevano vista questa terra ? Come poterono dunque ritenerla una cosa da nulla, se non l’avevano vista ? La risposta è nell’inciso che segue : E non credettero nelle sue parole. Non c’è dubbio che, se quella terra, la quale era presentata come stillante latte e miele (Cf. Ex 3,8), non avesse prefigurato qualcosa di grande - ed era appunto il segno visibile destinato ad elevare alla grazia invisibile ed al regno dei cieli quelli che ne comprendevano le meraviglie essi non sarebbero stati in nessun modo incolpati per averla ritenuta una cosa da nulla : sta di fatto che anche noi dobbiamo ritenere una cosa da nulla il regno temporale di questa terra, per poter amare come veramente desiderabile quella Gerusalemme, che è la libera madre nostra, vivente nei cieli (Cf. Ga 4,26). Ma qui, piuttosto, ciò che è materia di giusto rimprovero è la mancanza di fede, in quanto, nel ritenere come cosa da nulla la terra desiderabile, dimostrarono di non credere alle parole di Dio, il quale attraverso le cose piccole eleva alle grandi. Essi affrettandosi a ricercare la propria felicità nei beni temporali, di cui avevano gusto secondo la carne, non custodirono - come è stato detto sopra - il suo consiglio.

23. [v 25.] E mormorarono nelle loro tende ; non diedero ascolto alla voce del Signore, il quale tanto severamente proibiva a loro di mormorare.

24. [vv 26.27.] E levò la sua mano sopra di loro, per abbatterli nel deserto, e per cacciare la loro discendenza tra le nazioni e sparpagliarli nelle regioni.

377 Si deprecano l’idolatria, i sacrifici cruenti e altre abominazioni.

25. [vv 28.29.] A questo punto il Salmista, prima di dire che qualcuno interpose la sua intercessione dinanzi a tale indignazione di Dio ed in certo modo lo placò, continua aggiungendo : E si iniziarono ai misteri di Beelfegor, cioè si consacrarono al culto di un idolo dei pagani. E mangiarono i sacrifici dei morti. E lo irritarono con le loro malvage invenzioni, e si moltiplicò su di loro il flagello. Ciò dice, come se Dio avesse differito di levar la sua mano sopra di loro per abbatterli nel deserto e cacciare la loro discendenza tra le nazioni e sparpagliarli nelle regioni, perché essi, abbandonandosi ad un perverso pensiero, arrivassero a questo più mostruoso delitto, di cui sarebbero poi stati puniti per evidente ragione di giustizia, come appunto dice l’Apostolo : E poiché non si sono preoccupati di conoscere Dio, li ha Dio abbandonati alla loro mente perversa, per cui essi commettono le azioni che non convengono (
Rm 1,28).

26. [v 30.] Infine, fu tanto grande il loro misfatto per essersi consacrati al culto di un idolo ed aver mangiato i sacrifici dei morti (cosiddetti perché i sacrifici dei pagani erano offerti ad uomini morti, come se fossero divinità), che Dio non volle essere placato in modo diverso da come lo placò il sacerdote Finees, il quale, avendo sorpreso un uomo e uria donna nell’atto di commettere adulterio, li soppresse insieme ambedue (Cf. Nb 25,8). Ora se egli avesse fatto questo per odio verso di loro, e non per amore, mentre era divorato dallo zelo per la casa di Dio, non gli sarebbe stato attribuito a giustizia. E proprio per aver fatto questo, fu come se avesse colpito con la verga - quasi si trattasse di un sol uomo tutto quanto quel popolo, la cui futura rovina sarebbe stata ben più grande, per salvarne l’anima dalla morte. Dopo la rivelazione del Nuovo Testamento, certo più dolce è la disciplina voluta dal Signore Gesù Cristo, ma più terribile è la minaccia della geenna di quanto non leggiamo che fossero allora le minacce di Dio, secondo l’economia di quei tempi. Dunque si moltiplicò su di loro il flagello, perché gravemente venivano puniti in proporzione dei loro gravi peccati. E si alzò Finees, e lo placò, e cessò lo sconvolgimento. Con poche parole è detto tutto, perché qui non si tratta di spiegare a chi non sa, ma di ricordare a chi sa. Quel che poi qui è presentato come sconvolgimento, corrisponde a quel che prima era detto breccia o rottura, tanto è vero che nel greco è espresso con una sola parola.

27. [v 31.] E gli fu attribuito a giustizia di generazione in generazione, per sempre. Dio attribuì a giustizia questo fatto al suo sacerdote non soltanto per tutto il tempo in cui esiste generazione, ma per sempre : egli scruta il cuore e sa ben valutare da quale carità verso il popolo fu ispirato quel fatto.

Alla punizione divina non sfuggì nemmeno Mosè.

28. [vv 32.33.] E lo irritarono presso l’acqua della contraddizione, e Mosè fu tormentato per colpa loro, perché esasperarono il suo spirito. E distinse con le sue labbra. Che cosa significa distinse ? Significa che esitò come se Dio, il quale aveva già operato sì grandi prodigi, non potesse far sgorgare l’acqua dalla roccia. Egli infatti, quasi dubitando, percosse con la sua verga la roccia, e quindi distinse questo miracolo dagli altri miracoli, per i quali non aveva avuto alcun dubbio. Per questo recò offesa a Dio, per questo meritò di sentirsi annunciare che sarebbe morto senza entrare nella terra promessa (Cf. Dt 32,49-52). Turbato infatti dalla mormorazione del suo popolo infedele, non conservò la fiducia nella misura dovuta. Dio però gli rende buona testimonianza anche dopo la morte, considerandolo sempre il suo eletto, e ci fa quindi intendere che quell’esitazione di fede, da lui dimostrata, fu colpita con questa sola pena, ossia con la proibizione di entrare nella terra, verso la quale stava pure guidando il popolo. Lungi sia poi da noi l’idea che egli fosse escluso dal regno della grazia di Dio, regno simboleggiato da quella terra promessa, in cui si diceva che scorressero latte e miele. Esso si identifica, piuttosto, con l’eterno testamento, che Dio stabilì per Abramo, il quale è nostro padre non secondo la carne, ma secondo la fede.

29. [vv 34-36.] Quegli uomini poi, delle cui iniquità parla codesto salmo, dopo che entrarono in quella terra materiale della promessa, non dispersero le genti, come ad essi aveva detto il Signore. E si mescolarono tra le genti, ed impararono le loro opere, e servirono ai loro idoli : e ciò divenne per essi motivo di scandalo. Il fatto di non averle disperse e di essersi, anzi, mescolati con loro, divenne per essi motivo di scandalo.

30. [vv 37-39.] Ed immolarono i loro figli e le loro figlie ai demoni : e versarono il sangue innocente, il sangue dei loro figli e delle loro figlie, che sacrificarono agli idoli di Canaan. La storia sacra non racconta che essi immolassero i loro figli e le loro figlie ai demoni e agli idoli ; tuttavia non possono certo mentire né codesto salmo, né i Profeti, i quali asseriscono questo in molti passi delle loro invettive. Che poi tra le genti fosse in uso questa pratica di sacrifici umani, non è un fatto taciuto nelle loro letterature.

31. Ma che significano le parole che seguono ? Fu uccisa la terra - per il tanto sangue. Per la verità, noi qui penseremmo ad un errore del copista e saremmo tentati di dire che egli, invece di infecta, abbia scritto interfecta (uccisa) ; ma dobbiamo tener presente il dono di Dio, il quale ha voluto che le sue Scritture fossero contenute in diverse lingue, ed inoltre, avendo consultato i - codici greci, abbiamo constatato che è scritto proprio così : Fu uccisa la terra per il tanto sangue. Che significa dunque : Fu uccisa la terra ? Assolutamente nulla, se non viene riferita agli uomini che abitavano sulla terra, secondo una tipica espressione figurata, per la quale attraverso il contenente si designa il contenuto, come quando diciamo casa cattiva quella in cui abitano uomini cattivi, e buona quella in cui abitano uomini buoni. Ed infatti gli Israeliti uccidevano le loro anime, quando immolavano i loro figli e versavano il sangue dei loro fanciulli, che erano del tutto alieni dal consentire ad un tale delitto. Per questo è detto : Versarono il sangue innocente. Dunque fu uccisa la terra per il tanto sangue, e fu contaminata per le loro opere, in quanto essi stessi si uccisero nell’anima e si contaminarono nelle loro opere. E fornicarono nelle

loro invenzioni. Chiama qui invenzioni quelle che i Greci denominano ed infatti questa parola ricorre nei codici greci sia in questo passo, sia sopra, dove è detto : Lo irritarono con le loro malvage invenzioni (Ps 105,29), mentre nell’uno e nell’altro caso sono chiamate invenzioni le cose nelle quali gli Israeliti imitarono gli altri. Non dobbiamo perciò pensare che siano dette invenzioni, come se fossero state introdotte da loro, escluso in proposito ogni esempio precedente di altri da potere imitare. Questa è la ragione per cui altri nostri traduttori hanno preferito dire non invenzioni, ma propensioni, ed altri ancora affezioni, inclinazioni e piaceri, e quelli stessi che hanno usato la parola invenzioni, altrove hanno scritto propensioni. Tutto questo ho voluto ricordare, perché non creasse difficoltà l’uso della parola invenzione per una cosa che gli Israeliti non trovarono per loro riflessione, ma nella quale imitarono gli altri.

Dio punisce senza turbarsi in se stesso.

378 32. [vv 40-43.] E si adirò di furore il Signore contro il suo popolo. Alcuni nostri traduttori non hanno voluto mettere la parola ira, dove il testo greco usa  alcuni hanno messo la parola mente, altri hanno tradotto indignazione ed altri ancora animo. Ma quale che sia il termine qui preferito, è certo che in Dio non esiste passione, e solo per un’abituale metafora questo nome designa il potere vendicativo.

33. Ed ebbe in abominio la sua eredità. E li abbandonò nelle mani delle genti, e così su di loro dominarono quelli che li odiavano ; e gravemente li oppressero i loro nemici, e furono umiliati sotto le loro mani. Se li ha chiamati eredità di Dio, è evidente che non per perderli, ma per correggerli egli li ebbe in abominio e li abbandonò in balia dei nemici. Segue poi questa frase : Molte volte li liberò.

Ci sorregga il desiderio dell’eredità eterna.

34. Ma essi lo esasperarono nel suo consiglio. È il medesimo concetto espresso prima : Non attesero il suo consiglio (
Ps 105,13). Ora è fonte di rovina per l’uomo il consiglio dell’uomo, per il quale egli cerca le cose proprie e non quelle che sono di Dio (Cf. Ph 2,21). Nell’eredità di Dio, costituita da lui stesso, che a noi condiscendente si offre come oggetto di gaudio, non soffriremo restrizioni di sorta nella compagnia dei santi per l’amore di una qualche cosa che possa essere esclusivamente nostra. Difatti quella città gloriosissima, quando avrà ottenuta l’eredità promessa, come non avrà alcuno che muoia o che nasca, così non conterrà cittadini che godranno in privato delle loro cose, poiché sarà Dio tutto in tutti (Cf. 1Co 15,28). E chiunque, durante il presente pellegrinaggio terreno, aspirerà con fede ardente a far parte di questa compagnia, si abitua fin d’ora a preferire ai beni privati quelli che sono di tutti, cercando non le cose proprie, ma quelle di Gesù Cristo. Così, rinunciando alla sua personale sapienza ed al suo personale interesse, egli non esaspera Dio con il suo consiglio, ma sperando in quel che non vede, non si affretta ad inseguire la felicità nelle cose che si vedono. e nell’attesa paziente dell’eterna realtà che non si vede, nelle promesse si attiene al consiglio di colui da cui implora l’aiuto nelle tentazioni. Sarà così anche umile nella sua confessione, per non assomigliare a coloro dei quali si dice : E furono umiliati nelle loro iniquità.

Misericordia e provvidenza divine nel governo del mondo.

35. [vv 44.45.] Dio tuttavia, il quale è pieno di misericordia, non li abbandonò. E li vide mentre erano oppressi, ascoltando la loro preghiera. E si ricordò del suo testamento, e si pentì nella grandezza della sua misericordia. Sta scritto : Si pentì, perché cambiò quel che sembrava volesse fare per rovinarli. Ora in Dio tutte le cose sono immutabilmente fissate : egli nulla compie quasi per una decisione improvvisa senza che abbia previsto, fin dall’eternità, che l’avrebbe compiuta. Però nelle vicende temporali delle creature, che egli mirabilmente governa essendo svincolato dal tempo, si dice che compia quasi per un moto volontario improvviso quel che invece ha disposto nell’ordinamento delle cause delle cose, secondo l’immutabilità del suo disegno segreto per cui le ha viste nel tempo, a ciascuna di esse assegnato, e, se presentì, le compie e, se future, già le ha compiute. E chi può esser capace di comprendere questo ? Ascoltiamo perciò la Scrittura, che ci espone in forma semplice i concetti più alti : essa come presenta gli alimenti ai più piccoli che debbono nutrirsi, così propone gli argomenti di studio ai più grandi, che debbono esercitarsi (1Co 3,1). E li vide mentre erano oppressi, ascoltando la loro preghiera ; e si ricordò del suo testamento, certamente del testamento eterno, che aveva stabilito con Abramo (Ps 104,9), non di quello Vecchio destinato ad essere abolito, ma di quello Nuovo che si nasconde nel Vecchio. E si pentì nella grandezza della sua misericordia. Egli compì quel che aveva stabilito, ma aveva appunto previsto che ciò avrebbe concesso agli Israeliti pentiti che lo pregavano. È indubbio infatti che a Dio non sfuggiva la loro stessa preghiera, quando ancora non c’era e doveva avvenire in futuro.

È ormai sconfitto il demonio, principe di questo mondo. Il V.T. rivelato dal Nuovo ; il Nuovo celato nel Vecchio.

36. [v 46.] E li fece oggetto di misericordie, perché fossero non vasi d’ira, ma vasi di misericordia (Cf. Rm 9,22-23). Ritengo peraltro che qui si dica misericordie al plurale, in quanto ciascuno riceve il suo proprio dono da Dio, uno in una maniera e uno in un’altra (Cf. 1Co 7,7). Dunque li fece oggetto di misericordie, al cospetto di tutti quelli che li avevano catturati. Su allora, chiunque tu sia che leggi queste cose e puoi conoscere, leggendo le Lettere apostoliche e scrutando i testi profetici, la grazia di Dio, la quale per merito di nostro Signore Gesù Cristo ci riscatta alla vita eterna : tu vedi come il Vecchio Testamento sia rivelato nel Nuovo, e come il Nuovo Testamento sia velato nel Vecchio. Ricorda dunque chi è colui che l’Apostolo ha chiamato principe delle potenze dell’aria, il quale agisce nei figli dell’incredulità (Ep 2,2), ed anche il passo in cui dice di alcuni che si sciolgano dai lacci del diavolo, essendo stati da lui catturati secondo la sua volontà (2Tm 2,26). Ricorda le parole del Signore Gesù Cristo quando, scacciando il demonio dal cuore dei fedeli, dice : Adesso il principe di questo mondo è stato mandato fuori (Jn 12,31), ed ancora quelle altre dello stesso Apostolo che dice : Egli ci ha liberati dal potere delle tenebre, e ci ha trasferito nel regno del Figlio del suo amore (Col 1,13). Dopo aver riflettuto su queste e simili cose, poni mente anche agli scritti del Vecchio Testamento e considera quel che si carità nel salmo, che ha per titolo : Quando veniva edificata la casa dopo la cattività. Vi si dice infatti : Un canto nuovo cantate al Signore (Ps 95,1). E perché non si creda che esso riguardi unicamente il popolo dei Giudei, si aggiunge : Cantate al Signore, o terra tutta ; cantate al Signore, benedite il suo nome, annunziate, o meglio, annunziate bene, anzi traducendo la parola stessa che è usata nel testo greco : evangelizzate il giorno dal giorno, la sua salvezza (Ps 95,2). Da qui appunto è derivata la parola Evangelo, nel quale è annunziato il giorno che procede dal giorno, cioè Cristo Signore, luce dalla luce e Figlio dal Padre. Questo infatti costituisce la sua salvezza, perché è Cristo la salvezza di Dio, come abbiamo già dimostrato anche sopra. Annunziate tra le genti la sua gloria, tra tutti i popoli le sue meraviglie. Perché grande è il Signore e ben degno di lode ; è terribile più di tutti gli dèi, perché tutti gli dèi delle genti sono demoni (Ps 95,3-5). Erano dunque codesti i nemici che, con il diavolo loro re, tenevano in cattività il popolo di Dio. Ma quando siamo riscattati da questa cattività ed il principe di questo mondo è mandato fuori, allora veramente viene edificata quella casa dopo la cattività, di cui è Cristo la pietra angolare : egli ha formato in sé i due popoli in un solo uomo nuovo, facendo tra loro la pace che - venendo come il giorno dal giorno - annunciò a coloro che erano vicini ed a coloro che erano lontani, facendo delle due cose una sola (Cf. Ep 2,13-22), e radunando le pecore che non sono di questo ovile, perché ci sia un solo gregge ed un solo pastore (Cf. Jn 10,16). Fu così che Dio fece oggetto di misericordie quelli che aveva predestinati, poiché è questione non di chi vuole né di chi corre, ma di Dio che usa misericordia (Rm 9,16) ; e ciò al cospetto di tutti quelli che li avevano catturati. Dunque questi nemici - il diavolo e i suoi angeli - avevano catturato quelli che erano predestinati al regno e alla gloria di Dio ; ma dal nostro Redentore furono cacciati fuori coloro che erano abituati a dominare dal di dentro gli infedeli e ad assalire dal di fuori i fedeli. Essi continuano ad assalire, ma non riescono ad espugnare quelli che occupano la torre della fortezza dinanzi al nemico (Ps 60,4). E se assalgono, lo fanno perché avvertono in noi i residui della debolezza, in rapporto ai quali diciamo : Rimetti a noi i nostri debiti ed aggiungiamo : Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male (Mt 6,12-13). Pertanto, dopo avere scacciato questi nemici, Cristo Signore operò le guarigioni nel corpo, di cui è capo egli stesso come salvatore del corpo, per essere in quello stesso suo corpo consumato al terzo giorno (Cf. Ep 5,23). Questo difatti egli disse : Ecco io scaccio i demoni, ed opero le guarigioni oggi e domani, ed al terzo giorno sono consumato (Lc 13,32), che vuol dire : io sono compiuto, quando noi tutti tendiamo verso l’uomo perfetto, verso la misura di statura della pienezza di Cristo.

In cielo sarà perfetta la nostra salvezza, assoluta l’unità.

37. [vv 47.48.] Egli pertanto, dopo aver scacciato i demoni che ci tenevano in cattività, opera le guarigioni. Perciò anche in questo salmo, dopo aver detto : E li fece oggetto di misericordie, al cospetto di tutti quelli che li avevano catturati, come se siano già stati scacciati i demoni che li avevano catturati, si eleva a Dio la preghiera perché operi le guarigioni : Facci salvi, o Signore Dio nostro, e raccoglici dalle nazioni, o - come scrivono altri codici - dalle genti, perché possiamo celebrare il tuo santo nome, e gloriarci della tua lode. Poi, brevemente, è introdotta direttamente questa lode : Benedetto il Signore, Dio di Israele, dal secolo fino al secolo, che così intendiamo : dall’eternità fino all’eternità, perché senza fine egli sarà lodato da coloro, dei quali si dice : Beati quelli che abitano nella tua casa ; essi ti loderanno nei secoli dei secoli (Ps 83,5). Sarà appunto questa la terza consumazione del corpo di Cristo, la quale dopo scacciati i demoni ed operate le guarigioni, si estende fino all’immortalità del medesimo corpo, costituendo il regno eterno di coloro che lodano Dio perfettamente, perché perfettamente lo amano, e perfettamente lo amano, perché lo contemplano a faccia a faccia. Allora sì che avrà compimento perfetto la preghiera, che è stata fatta all’inizio di questo salmo : Ricordati di noi, o Signore, nel compiacimento verso il tuo popolo ; visita noi nella tua salvezza, per vedere nella bontà dei tuoi eletti, per gioire nella gioia della tua gente, perché tu sia lodato con la tua eredità (Ps 105,4-5). Egli infatti non raccoglie solo dalle genti le pecore che si sono perdute della casa di Israele, ma raccoglie anche quelle che non sono di quell’ovile, perché ci sia come si è detto - un solo gregge ed un solo pastore (Cf. Mt 15,24). Invece i Giudei, quando pensano che questa profezia si riferisca al loro regno visibile perché non sanno godere della speranza dei beni invisibili, finiscono per cadere nel laccio di colui di cui il Signore dice : Io sono venuto in nome del Padre mio, e voi non mi avete ricevuto ; se un altro verrà in nome proprio, voi lo riceverete (Jn 5,43). Sempre di lui l’apostolo Paolo dice : Ché si rivelerà l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, il quale si oppone e si eleva al di sopra di tutto ciò che è chiamato Dio o è oggetto di venerazione, in modo da insediarsi nel tempio di Dio, mostrando di esser lui stesso Dio. E poco più oltre aggiunge : Allora si rivelerà l’iniquo, che il Signore Gesù ucciderà con il soffio della sua bocca e distruggerà con la manifestazione della sua venuta : iniquo, la cui venuta è secondo i operazione di Satana con ogni potenza e segni e prodigi di menzogna, e con ogni inganno d’iniquità per coloro che si perdono, per il fatto che non accolsero l’amore della verità per poter essere salvi. E per questo Dio manderà ad essi l’operazione dell’errore, perché credano alla menzogna, e siano giudicati tutti quelli che non credettero alla verità, ma si compiacquero dell’iniquità (2Th 2,3-11). Mi sembra che, ad opera di codesto ribelle, di costui che si innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio o è oggetto di venerazione, il popolo degli Israeliti carnali penserà che si adempia siffatta profezia, nella quale si dice : Facci salvi, o Signore Dio nostro, e raccoglici dalle genti, ritenendo che sotto la sua guida possano conseguire una gloria visibile quasi al cospetto dei loro nemici visibili, che li avevano visibilmente catturati. Ma così essi crederanno alla menzogna, perché non accolsero l’amore della verità, che li avrebbe portati a desiderare non i beni carnali, ma quelli spirituali. Ed infatti furono in tal modo ingannati dal diavolo che arrivarono ad uccidere Cristo quando dissero : Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui, e verranno i Romani e distruggeranno la nostra città e la nostra gente ; e quando Caifa, uno di essi, che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro : Voi non ci capite nulla e non riflettete come sia conveniente per voi che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca tutta quanta la gente. Ma questo - come intese l’Evangelista - non lo disse da sé, ma essendo sommo sacerdote in quell’anno, profetò che Gesù sarebbe morto per la sua gente, e non soltanto per la sua gente, cioè per le pecore perdute della casa di Israele, ma anche al fine di raccogliere insieme i figli di Dio, che erano dispersi (Jn 11,48-52). Egli aveva infatti altre pecore, che non erano di quell’ovile, mentre tutte quante queste pecore, costituite sia dagli Israeliti, sia dalle genti, il diavolo ed i suoi angeli le avevano catturate. Poiché dunque da esse è stata scacciata la tirannia del diavolo, proprio al cospetto degli spiriti maligni che le avevano catturate, risuona la loro voce nella profezia per implorare di essere salvate e perfezionate in eterno : Facci salvi, o Signore Dio nostro, e raccoglici dalle genti. Ciò si compie non, come pensano i Giudei, per opera dell’anticristo, ma per opera di Cristo, nostro Signore, il quale viene nel nome del Padre suo, come giorno da giorno e sua salvezza (Ps 95,2), e del quale anche si dice : Visitaci nella tua salvezza (Ps 104,4). E dirà tutto il popolo, cioè tutto questo popolo dei predestinati, proveniente dalla circoncisione e dall’incirconcisione, la gente santa, il popolo destinato all’adozione : Così sia, così sia !


Agostino Salmi 105