Agostino Salmi 118

SUL SALMO 118

118 Ps 118

ESPOSIZIONE

PROEMIO

Proemio.

1. Con l’aiuto del Signore ho esposto come mi è stato possibile tutti gli altri salmi che sappiamo contenuti nel libro dei salmi : libro che nell’uso ecclesiastico si suol chiamare Salterio. Tali esposizioni sono state effettuate o mediante discorsi tenuti al popolo o mediante riflessioni dettate. Finora però avevo sempre rimandato l’esposizione del salmo 118, e questo non tanto per la lunghezza che, come è ben noto, lo contraddistingue, quanto per la sua profondità, di cui pochi soltanto si rendono conto. Ora questo fatto non garbava per niente ai nostri fratelli : che cioè, spiegato tutto il complesso dei salmi, mancasse fra le nostre modestissime opere solamente l’esposizione di questo salmo. Mi pressarono a lungo e con insistenza affinché mi decidessi a pagare anche questo mio debito ; ma io, per quanto loro mi pregassero e quasi mi costringessero, non volli mai arrendermi. Il motivo d’un tale comportamento stava nel fatto che, tutte le volte che avevo provato a pensare a tale lavoro, questo mi era sempre apparso superiore alle mie forze e all’acume della mia mente. È infatti un salmo che, sebbene si presenti piano e accessibile, tuttavia - almeno a me - sembra molto, ma molto profondo : al segno che mi riesce impossibile descrivere la sua stessa profondità. Negli altri salmi la cui comprensione rimane difficile, se non si riesce ad afferrarne il senso per la loro oscurità, almeno ci si rende conto di questa oscurità. Nel salmo in questione invece non s’avverte nemmeno questa ; anzi, a guardarlo in superficie, si presenta così facile che non sembrerebbe esserci affatto bisogno di chi lo spieghi, potendo bastare unicamente leggerlo o ascoltarlo. Adesso comunque mi accingo a spiegarlo, senza nemmeno sapere quale sarà la riuscita della mia impresa. Voglio solo sperare che Iddio mi assista e mi aiuti a riuscire a qualcosa. Così infatti mi ha soccorso tutte le volte che la mia esposizione è risultata positiva, mentre in me c’era la convinzione di dover affrontare questioni difficili o addirittura impossibili a comprendersi e a spiegarsi. Ho stabilito che il presente lavoro sia strutturato in forma di discorsi da potersi leggere al popolo o, come s’esprimono i greci, in forma di omelie. Mi sembra infatti giusto che le assemblee [liturgiche] della Chiesa non debbano essere private della comprensione di questo salmo che, come gli altri, son solite gustare quando lo si canta. Ma facciamo basta con il proemio. Diciamo qualcosa del salmo stesso, a proposito del quale ci è sembrato bene premettere questa nota.

SUL SALMO 118

1181 Ps 118

ESPOSIZIONE

DISCORSO 1

La legge di Dio via alla felicità.

1. [v 1.] Il presente amplissimo salmo, o carissimi, fin dall’inizio ci invita alla beatitudine : la quale, si sa, è nelle speranze di ogni uomo. Può mai, infatti, esserci qualcuno (o ci fu o ci sarà) che non desideri essere beato ? Ma se così stanno le cose, che bisogno c’è di inviti per una meta a cui l’animo umano tende spontaneamente ? A questo infatti mira ognuno che rivolga esortazioni al suo simile : ad accenderne la volontà alla conquista del bene a cui tendono appunto le parole esortative. Orbene, perché spronarci a volere una cosa che non possiamo non volere ? Non sarà forse perché, sebbene tutti aspiriamo alla beatitudine, tuttavia ai più è sconosciuto il modo come la si raggiunge ? Sì, proprio questo è l’insegnamento di colui che esordisce : Beati quelli che sono senza macchia nella via, quelli che camminano nella legge del Signore. Sembra voler dire : So cosa tu vuoi ; so che vai in cerca della beatitudine : ebbene, se vuoi essere beato, sii esente da ogni macchia. La prima cosa la cercano tutti, pochi invece si preoccupano dell’altra : senza la quale tuttavia non si può conseguire quel che è aspirazione comune. Dove poi si dovrà essere immacolati se non nella via ? La quale altro non è se non la legge del Signore. Beati pertanto quelli che sono senza macchia nella via, quelli che camminano nella legge del Signore ! Esortazione non superflua ma necessaria al nostro spirito. È infatti una grande conquista camminare senza colpa per quella via che è la legge del Signore, sebbene molti non se ne diano pensiero. Ciò risulta dalla motivazione addotta, e cioè che chi si comporta in tal modo è beato, al segno che, pur di raggiungere la meta che tutti vogliono, sa compiere anche ciò che la maggior parte si rifiuta di compiere. Infatti l’essere beati è un bene così grande che vi aspirano tanto i buoni quanto i cattivi. Né stupisce che i buoni siano buoni in vista della beatitudine ; quel che sorprende è invece come gli stessi cattivi in tanto sono cattivi in quanto vogliono essere beati. Ecco un tale che è schiavo della libidine. Egli si abbandona ad ogni sorta di corruzione e di lussuria, stupri non esclusi. Eppure nel male che compie egli cerca la beatitudine, tanto che si - ritiene disgraziato se non riesce a soddisfare il piacere disonesto per cui arde la sua passione, mentre è felice (e se ne vanta !) se è riuscito nell’intento. Lo stesso vale per chi interiormente arda del fuoco dell’avarizia : egli accumula ricchezze in tutti i modi possibili, e questo per essere beato. Lo stesso si dica per chi si propone di uccidere i propri nemici, per chi aspira al dominio sugli altri, per chi ama pascere la propria crudeltà nello sterminio degli altri. In tutti questi delitti il fine che si vuole conseguire è sempre la felicità. Ebbene, a queste persone aberranti che si ripromettono una felicità illusoria comprandosela con una reale miseria, si volge la voce di questo salmo al fine di richiamarle sulla retta via, a patto, si capisce, che lo si ascolti. Dice loro : Beati quelli che sono senza macchia nella via e camminano nella legge del Signore. Sembra voler dire : Dove andate ? Voi vi rovinate senza nemmeno accorgervene. Non è per la strada che voi battete che si arriva alla meta dove volete arrivare. Voi volete essere felici, ma i sentieri dove voi correte sono miseri e portano a una miseria ognora crescente. Non cercate un bene così grande battendo le vie del male ! Se volete raggiungerlo, venite qua, prendete quest’altra strada. Abbandonate la malizia e le sue vie traverse, voi tutti che non potete deporre il desiderio della felicità. Fatica sprecata sarà la vostra se tenderete a una meta che, raggiunta, vi coprisse di sporco. Non sono infatti beati coloro che s’insudiciano nell’errore, camminando per le aberrazioni del mondo, ma beati coloro che sono senza macchia nella via, e camminano nella legge del Signore.

La legge di Dio va scrutata con retta intenzione.

2. [vv 2.3.] Osservate cosa aggiunge. Beati coloro che scrutano le testimonianze di lui e lui cercano con tutto il cuore. Non mi sembra che in queste parole si descriva una categoria di beati diversa da quella di cui ha parlato sopra. Difatti “ scrutare le testimonianze del Signore ” e “ cercar lui con tutto il cuore” è lo stesso che camminare immacolati in quella via che è la legge del Signore. Tant’è vero che può proseguire con le parole : Poiché quanti operano l’iniquità non camminano nelle sue vie. Se pertanto quelli che camminano nella via, cioè nella legge del Signore, sono coloro che scrutano le sue testimonianze e lo cercano con tutto il cuore, evidentemente quanti operano l’iniquità non scrutano le sue testimonianze. Veramente, noi conosciamo certi operatori d’iniquità che investigano le testimonianze del Signore, interessati di diventare dotti piuttosto che giusti ; e conosciamo altre persone ancora le quali scrutano le testimonianze del Signore non perché già vivono bene ma perché vogliono sapere come debbano vivere. Nemmeno costoro camminano senza macchia nella legge del Signore e quindi non sono nemmeno beati. Come intenderemo dunque le parole : Beati coloro che scrutano le sue testimonianze, se non possiamo negare che ci sono uomini i quali, pur dediti a scrutare le testimonianze del Signore, non sono beati perché non esenti da macchia ? Potremmo qui pensare agli scribi e ai farisei assisi sulla cattedra di Mosè. Di loro diceva il Signore : Fate quel che dicono, ma evitate di fare quel che fanno. Dicono infatti ma non fanno (Mt 23,3). Erano persone che scrutavano le testimonianze del Signore per ricavarne la dottrina buona che predicavano, sebbene loro stessi agissero male. Ma lasciamoli da parte : ci si potrebbe infatti replicare - e giustamente - che gente siffatta non scruta per nulla la legge del Signore. Non è infatti di essa che si preoccupano ma attraverso di essa vogliono raggiungere altre finalità come la gloria umana o le ricchezze. E questo non si chiama scrutare le testimonianze del Signore, non è amare i valori che esse additano ; è anzi un rifiuto di arrivare alla meta a cui conducono, cioè a Dio. Ma, anche ammesso che costoro scrutino le testimonianze di Dio (sia pure allo scopo di raggiungere e impossessarsi, per loro mezzo, d’un bene secondario e non di Dio), certamente essi non cercano Dio con tutto il cuore : parole che, come ben si vede, non sono state aggiunte senza motivo. L’autore di queste parole, cioè lo Spirito, ben sapeva infatti che molti scrutano le testimonianze dei Signore per secondi fini e non per conseguire i beni per i quali esse furono codificate. Per questo non si contentò di dire : Beati coloro che scrutano le sue testimonianze, ma aggiunse : E che lui cercano con tutto il cuore, volendo precisamente insegnarci in che modo e con quali intenzioni occorra scrutare le testimonianze del Signore. Ma c’è di più. Nel libro della Sapienza si introduce a parlare la Sapienza stessa, e queste sono le sue parole : I cattivi mi cercano ma non mi trovano ; essi infatti odiano la sapienza (Pr 1,28-29). E questo cosa significa se non : “Odiano me” ? Dice dunque : Mi cercano ma non mi trovano perché mi odiano. Ma come si fa ad affermare che essi cercano una cosa che odiano se non si intende che essi, pur cercando quella tal cosa, non cercano la cosa stessa ma in essa cercano un qualcos’altro ? Non vogliono essere sapienti a gloria di Dio, ma vogliono fare sfoggio di sapienza per conseguire gloria umana. E potrebbero, allora, non odiare la sapienza, quando questa - comanda e insegna a disprezzare quel che loro amano) Beati dunque quelli che sono senza macchia nella via, quelli che camminano nella legge del Signore (Ps 118,1). Beati coloro che scrutano le testimonianze del Signore e lui cercano con tutto il cuore. Scrutando le testimonianze del Signore con l’intenzione di cercare lui con tutto il cuore, camminano senza macchia nella legge del Signore. Che dire a questo riguardo ? Forse che non scrutava la legge del Signore né lo cercava quel tale che gli andò a dire : Maestro buono, cosa dovrò fare di bene per conseguire la vita eterna ? (Mt 19,16) Come si fa però a dire che lo cercasse con tutto il cuore, se al Signore e ai suoi suggerimenti preferì le proprie ricchezze e se, ascoltato il Maestro, se ne andò triste ? Dice infatti il profeta Isaia : Cercate il Signore e, quando lo avrete trovato, l’empio abbandoni le sue vie e l’iniquo i suoi divisamenti (Is 55,6-7).

Legge divina ed esenzione da colpa

3. Ci sono quindi degli empi e dei Perversi che cercano Dio al fine di trovarlo e, una volta trovatolo, cessano d’essere empi e cattivi. Come può dirsi allora che sono beati quanti investigano le testimonianze del Signore e lo ricercano, se questo possono fare anche gli empi e i perversi ? Ciò significherebbe che anche cali empi e i perversi siano beati ; ma chi, per quanto empio e perverso, oserà affermare una cosa simile ? Si tratta quindi di coloro che sono beati nella speranza, come quei tali che sono beati perché soffrono persecuzioni per la giustizia (Mt 5,10). I quali, finché sono sotto i colpi del male, non sono certo beati per quello che hanno ma per quello che avranno, e cioè perché di essi è il regno dei cieli. Allo stesso modo coloro che hanno fame e sete di giustizia. Sono beati non per la fame o la sete che soffrono ma per quel che segue : perché cioè saranno saziati (Mt 5,6). E ancora, se sono beati quelli che piangono, non lo sono perché piangono ma perché - come continua - essi saranno nella gioia (Mt 5,5). Ecco dunque in che senso sono beati quelli che scrutano le testimonianze del Signore e lui cercano con tutto il cuore. Non per il fatto di scrutare e di cercare ma perché troveranno quello che cercano. Non lo cercano infatti alla stracca ma con tutto il cuore. E vorrei anche insinuare che, se sono beati nella speranza, forse, per la stessa speranza, sono anche esenti da macchie. In questa vita infatti, per quanto camminiamo nella legge del Signore ne scrutiamo le testimonianze e lo cerchiamo con tutto il cuore, tuttavia, se dicessimo d’essere senza peccato inganneremmo noi stessi e non sarebbe in noi la verità (1Jn 1,8). È un problema, questo, che bisogna esaminare con maggiore diligenza. Continua infatti [il salmo] con le parole : Non camminano nelle vie del Signore coloro che operano iniquità. Da cui si può ricavare che quanti camminano nella via del Signore, cioè nella sua legge, e scrutano le sue testimonianze e lo cercano con tutto il cuore sono già senza macchia, cioè senza peccato, o almeno possono esserlo. Così in forza delle parole che aggiunge : Non camminano infatti nelle sue vie coloro che operano iniquità. Infatti ogni peccatore commette anche iniquità, come afferma il beato Giovanni, il quale precisa ancora : Ogni peccato è iniquità (1 Gv 1Jn 3,4). Purtroppo però è tempo di concludere il presente discorso, e una questione di tanta importanza non la si può sbrigare in poche parole.

SULLO STESSO SALMO 118

1182 Ps 118

DISCORSO 2

Detestabile la falsa umiltà di chi si ritiene esente da peccato.

405 1. [v 3.] Sta scritto e si legge nel nostro salmo (ed è verissimo) che quanti operano l’iniquità non camminano nelle vie del Signore. Adesso, con l’aiuto del Signore nelle cui mani siamo e noi e tutto quello che diciamo (Cf. . Sg 7, l6), dobbiamo impegnarci a fondo affinché tale affermazione, in sé giustissima, non venga compresa male e così abbia a turbare chi la legge e chi l’ascolta. Evidentemente è dei santi quella voce che suona : Se dicessimo d’essere senza peccato, inganneremmo noi stessi e non sarebbe in noi la verità (1Jn 1,8). Ma occorre stare all’erta. Non si può pensare infatti che questi santi non camminino nelle vie del Signore per il fatto che il peccato è una iniquità (1Jn 3,4) e chi commette l’iniquità certo non cammina nelle vie del Signore. Né d’altra parte si può dire che essi, perché camminano nelle vie del Signore, siano senza peccato : conclusione evidentemente falsa. Non sono infatti state scritte solo perché evitassimo atteggiamenti arroganti e orgogliosi le parole : Se dicessimo d’essere senza peccato inganneremmo noi stessi. Altrimenti non si sarebbe dovuto aggiungere : Né sarebbe in noi la verità (1Jn 1,8), ma piuttosto : “Altrimenti non sarebbe in noi l’umiltà”. In effetti, dopo. queste parole ne vengono altre che spiegano il significato delle precedenti e lo rendono chiaro, togliendo ogni dubbio o incertezza. Eccole : Se al contrario confesseremo le nostre colpe, - così prosegue il beato Giovanni - Dio è fedele e giusto, e ci rimetterà i nostri peccati e ci purificherà da ogni iniquità (1Jn 1,9). Cosa dice a questo proposito la riprovevole empietà di certi superbi ? Cosa replica ? Se i santi dicono d’essere peccatori solo per evitare l’arroganza, e non invece per riconoscere un reale dato di fatto, cos’è che confessano per meritarsi il perdono e la purificazione ? Sarà per caso anche la confessione un atto compiuto solamente per evitare l’arroganza ? Ma allora, se la loro confessione è falsa, potrà mai ottenere l’effettivo perdono dei peccati ? S’azzittisca quindi la lingua arrogante degli orgogliosi e si secchi come fieno ! Essa illude [e rovina] se stessa, mentre con falsa umiltà dinanzi agli altri dice di avere peccati, in cuor suo viceversa, per l’orgoglio che la gonfia e rende empia, è convinta di essere senza peccato. Chi ragiona così inganna se stesso, e in lui non c’è verità. Che se poi tali dottrine vengono propalate tra la gente, allora chi le diffonde non solo inganna se stesso ma con le aberrazioni del suo insegnamento perverso travia anche gli altri. Comunque, per il solo fatto di averle in cuore, essi ingannano se stessi scacciando dal loro cuore la verità. Seducono se stessi nell’intimo del loro cuore, e nel loro cuore estinguono la luce della verità. Contro costoro elevi il suo grido la santa famiglia di Cristo che in tutto il mondo porta frutti e continuamente si sviluppa : famiglia umilmente veritiera e veracemente umile. Gridi - ripeto - la sua fede : Se dicessimo d’essere senza peccato inganneremmo noi stessi, né sarebbe in noi la verità. Se al contrario confesseremo le nostre colpe, Dio è fedele e giusto, e ci rimetterà i nostri peccati e ci purificherà da ogni colpa. Sono parole, queste, che van prese come suonano. L’umiltà infatti allora soltanto sarà vera quando non sarà una vanteria limitata alle parole ma, secondo l’espressione dell’Apostolo, avremo rigettato ogni sentimento d’orgoglio e acquisito sentimenti di umiltà (Rm 12,16). Non parla di bei discorsi ma di sentimenti : non di ciò che si dice con la bocca ma di ciò che passa nel cuore. Sei un ipocrita, se con la bocca dici di avere il peccato mentre sei convinto di non averne ; se al di fuori simuli l’umiltà, mentre in cuore aderisci alla vanità. In tal modo non hai la verità né sulla bocca né dentro il cuore. Che ti giova se di fronte agli uomini risuonano dense d’umiltà le parole che dici, quando Dio vede che i tuoi sentimenti son pieni d’orgoglio ? Ma ammettiamo pure che l’oracolo di Dio fosse stato formulato in questi termini : Non proferire parole orgogliose. Anche in questo caso senza dubbio tu ti meriteresti una giusta condanna, se le tue parole fossero piene d’umiltà dinanzi agli uomini e i tuoi sentimenti pieni di superbia dinanzi a Dio. Dio però ti dice : Non avere sentimenti d’orgoglio ma terni (Rm 11,20). Non fa questione di parole ma di sentimenti. Come farai quindi tu a non essere umile anche nel tuo interno, dove hanno sede i sentimenti ? O che forse avrà l’animo da gonfiarsi d’orgoglio, affinché la lingua sfoggi una falsa umiltà ? Leggi, o ascolti, le parole : Non avere sentimenti d’orgoglio ma temi ; e tu nutri tali sentimenti d’orgoglio da ritenerti senza peccato ? In questa maniera, siccome tu non vuoi temere, non, ti rimarrà altro che apparire quel pallone gonfiato che sei.

Anche i Santi hanno peccati, per quanto deliberatamente non ne vogliano.

2. Perché dunque - chiederai - sta scritto : Quelli che operano l’iniquità non camminano nelle sue vie ? Forse che i santi del Signore non camminano nelle vie del Signore ? Se vi camminano - concludi - essi non operano l’iniquità ; e se non operano l’iniquità, non sono in peccato, poiché ogni iniquità è peccato (1Jn 3,4). Sorgi in mio aiuto, Signore Gesù, e perché possa rispondere all’eretico tronfio di superbia soccorrimi per mezzo dell’Apostolo e della stia confessione. Vediamo ! Dov’è l’uomo che tu immagini capace di svuotarsi di se stesso per farsi riempire da te ? Ascoltiamo l’Apostolo, fratelli miei ! Se siete d’accordo o, meglio, poiché siete d’accordo, interroghiamolo sulla nostra questione. Suvvia dunque, o Paolo beatissimo, dieci se camminavi nelle vie del Signore quando ancora vivevi nella carne. Risponde : Se così non fosse stato, come vi avrei detto : Ad ogni modo, là dove siamo arrivati ivi camminiamo (Ph 3,16) ? E ancora : Forse che Tito vi ha turlupinati ? Ma non camminavamo tutt’e due mossi dallo stesso Spirito e seguendo le stesse orme ? (2Co 12,18) E, ancora, perché avrei dovuto dirvi : Finché siamo nel corpo siamo esuli lontani dal Signore ; camminiamo infatti nella fede e non nella visione (2Co 5,6) ? E potrebbe esserci via del Signore più autentica che la fede, in forza della quale il giusto vive (Rm 1,17) ? E qual altra via stavo io battendo per protendermi alle cose celesti, quando dicevo : Questo soltanto : dimenticando ciò che mi sta dietro e protendendomi verso le cose che mi si parano dinnanzi, con [massimo] impegno miro alla palma della chiamata celeste rivoltami da Dio in Cristo Gesù (Ph 3,13) ? E in ultimo, a qual altra via da me percorsa mi riferivo quando dicevo : Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa (2Tm 4,7) ? Ci bastino queste risposte per convincerci che effettivamente l’apostolo Paolo camminò nelle vie del Signore. Chiediamogli ora un’altra cosa. Dicci anche questo, di grazia, o Apostolo. Quando, ancor vivendo nella carne, tu camminavi nelle vie del Signore, avevi in te il peccato o eri senza peccato ? Ascoltiamolo ! e vediamo se preferisca ingannare se stesso ovvero abbia gli stessi sentimenti di Giovanni, suo compagno d’apostolato : l’uno e l’altro in possesso della verità. Alla nostra domanda replica Paolo : Ma non avete mai letto le mie parole, là dove io confesso : Io non faccio il bene che pur vorrei, ma compio il male che non vorrei (Rm 7,15) ? Sì, l’abbiamo ascoltate ; ma vogliamo domandarti ancora : Come facevi a camminare nelle vie del Signore se compivi il male che pur non avresti voluto compiere ? Non ti risuonavano all’orecchio le parole del salmo santo che dice : Coloro che operano l’iniquità non camminano nelle vie del Signore ? Ascolta la risposta che subito ti dà. È nella frase immediatamente dopo. Dice : Se io compio il male che non voglio, è segno che non sono io a compierlo, ma lo compie il peccato che abita in me (Rm 7,17). Ecco in qual modo le persone che camminano nelle vie del Signore non commettono il peccato ma non sono esenti da peccato. Il male che compiono non lo compiono loro, ma il peccato che ha sede in loro.

3. A questo punto qualcuno dirà : In che modo egli poteva commettere il male se non lo voleva ? E ancora : Se lo commetteva, come non era lui a commetterlo ma il peccato che era in lui ? Diamo per il momento come risolta la questione di fondo e, sull’autorità delle Scritture canoniche, diamo come dimostrato a sufficienza che può capitare il caso di persone che camminino nelle vie del Signore, le quali, pur non essendo esenti da peccato, tuttavia non son loro a operare il male. Non camminano infatti nelle vie del Signore coloro che operano l’iniquità, cioè il peccato, il quale peccato è iniquità (1Jn 3,4). Ci sarebbe da spiegare in che maniera una stessa persona possa commettere il peccato (a causa del corpo di questa morte dove risiede la legge del peccato) e nello stesso tempo non commetterlo (in quanto cioè è uno che cammina nelle vie del Signore). Ma per questo è necessario un altro discorso, essendo ormai ora di chiudere il presente.

SULLO STESSO SALMO 118

1183 Ps 118

DISCORSO 3

Atti umani ed atti dell’uomo.

1. [v 3.] Nel salmo che stiamo esaminando si trova scritto : Non camminano nelle vie di lui coloro che operano iniquità. Essendo ogni peccato una iniquità (1Jn 3,4) (come afferma l’apostolo Giovanni), era sorta una questione difficile, e cioè come possano i santi in questa vita essere in peccato (sono infatti vere le parole : Se dicessimo d’essere senza peccato, inganneremmo noi stessi e non sarebbe in noi la verità (1Jn 1,8)), e nello stesso tempo camminare nelle vie del Signore, sulle quali non cammina chi commette iniquità. La questione è stata risolta sulla base di ciò che afferma l’apostolo Paolo : Non sono io a compiere il male ma il peccato che abita in me (Rm 7,17). In che modo, però, potrà essere senza peccato l’uomo nel quale abita il peccato ? È intanto vero che un uomo siffatto, a differenza di coloro che operano l’iniquità, cammina nelle vie del Signore, cosa possibile perché il male che commette non lo compie lui ma il peccato che abita in lui. Così è stata risolta questa prima difficoltà. Senonché, dalla sua soluzione è venuta fuori una nuova e più difficile questione, e cioè come possa un uomo fare una cosa che in effetti lui personalmente non fa. L’Apostolo infatti afferma tutt’e due le cose : Io faccio - dice - ciò che non vorrei ; e poi : Non sono io che agisco così, ma il peccato che abita in me (Rm 7,20). Al riguardo dobbiamo tener presente che a compiere una cosa in noi è il peccato che abita in noi e non noi stessi, se la nostra volontà in nessun modo gli dà il consenso, anzi frena le stesse membra del corpo affinché non obbediscano alle sue voglie. Infatti, se noi con la volontà siamo contrari al peccato, cosa potrà esso provocare in noi all’infuori di desideri disordinati ? Che se a questi desideri la volontà non consente, per quanto la sensibilità possa venir turbata, il peccato non sortirà alcun risultato in noi. È quel che ordina l’Apostolo quando scrive : Che il peccato non regni nel vostro corpo mortale, sì da obbedire alle sue concupiscenze ; né prestate le vostre membra come armi d’ingiustizia al peccato (Rm 6,12). Abbiamo dunque in noi della inclinazioni peccaminose, alle quali ci si vieta di obbedire. Sono quelle inclinazioni che producono in noi il peccato ; e se a queste inclinazioni noi cediamo [con la volontà], siamo noi stessi a compiere il peccato ; se invece.. docili al precetto dell’Apostolo, ci rifiutiamo di obbedire, allora non siamo noi a compiere il male ma lo compie esclusivamente il peccato che abita in noi. Se poi fossimo totalmente esenti da inclinazioni disordinate, il male non lo commetteremmo né noi né il peccato. Quanto ai moti dell’appetito verso l’illecito, anche nel caso che noi non ne siamo schiavi, e quindi non li causiamo noi stessi, può ugualmente dirsi che siamo noi ad agire in essi perché si tratta non di forze appartenenti a una natura a noi estranea ma di un indebolimento della nostra stessa natura : indebolimento da cui saremo completamente esentati quando avremo raggiunto l’immortalità nell’anima e nel corpo. Dunque, in quanto camminiamo nelle vie del Signore non siamo schiavi dei desideri del peccato ; in quanto però non siamo ancora senza peccato portiamo in noi delle inclinazioni al peccato. Con la conseguenza che, in quanto noli siamo schiavi di tali desideri, non siamo noi ad operare il male [a cui ci inclinerebbero] ma l’opera [solamente] il peccato che, abitando in noi, suscita tali inclinazioni. Sicché veramente coloro che operano l’iniquità (cioè obbediscono ai desideri del peccato) non camminano nelle vie del Signore.

Molti i nostri debiti con Dio.

2. Resta ancora da domandarsi quale sia il male che chiediamo ci venga perdonato allorché diciamo a Dio : Rimetti a noi i nostri debiti (Mt 6,12). Se cioè vogliamo ci sia rimesso il male che commettiamo noi stessi quando assecondiamo i desideri del peccato o non piuttosto solamente il desiderio di commetterlo, che poi non è opera nostra ma frutto del peccato che abita in noi. Per quanto mi è dato comprendere, io so che, per quel che concerne la colpa da cui procedono quel languore e quella debolezza che sono all’origine dei desideri e moti illeciti dell’animo che l’Apostolo chiama peccato (Rm 7,7), essa è stata completamente distrutta dal sacramento del battesimo. E so pure che sono state distrutte tutte le colpe che, asserviti al peccato, noi avevamo commesso in opere, parole e pensieri. So inoltre che un tal languore, anche continuando ad essere in noi, non ci nuocerebbe se noi non prestassimo mai ascolto alle sue voglie illecite e non l’assecondassimo con atti, parole o intimo consenso. Alla fine poi, esso stesso verrà guarito, quando s’adempiranno le parole : Venga il tuo regno (Mt 6,10 Mt 6,13), e le altre : Liberaci dal male (Mt 6,13). Finché però la nostra vita trascorre sulla terra, essa è una tentazione (Cf. Jb 7,1) e, per quanto noi siamo esenti da colpe mortali, tuttavia non mancano casi in cui, o con opere o con parole o con pensieri, assecondiamo le voglie del peccato. Questo capita, ad esempio, quando noi, badando a non cadere in colpe gravi, incautamente ci lasciamo sorprendere da colpe leggere : le quali, sebbene prese ad una ad una non ci schiaccino con la loro gravità, tuttavia riunite insieme a nostro danno ci opprimono con la loro quantità. Ed è proprio per questo (perché cioè sono oppressi da tali manchevolezze) che anche coloro che camminano nelle vie del Signore pregano : Rimetti a noi i nostri debiti (Mt 6,12). Sono infatti aspetti delle vie del Signore e la preghiera e la confessione, mentre non lo sono (evidentemente) i peccati.

La fede operante per la carità, compendio delle vie del Signore.

3. Le vie del Signore pertanto rientrano tutte nell’ambito dell’unica fede, per la quale si crede in colui che giustifica l’empio (Rm 4,5) e che un giorno disse : Io sono la via (Jn 14,6). Quando si cammina in esse, non si commette il peccato ma lo si confessa. Chi invece pecca si allontana dalla via del Signore : per cui il peccato commesso da chi è uscito da tale via non può ovviamente essere imputato alla via stessa. Finché, viceversa, si resta nella via della fede, vengono considerati senza peccato quei peccatori ai quali il peccato non viene imputato. Parlando di loro e volendo inculcare la giustizia operata dalla fede, l’apostolo Paolo dice che a loro si riferisce il testo del salmo in cui è scritto : Beati coloro le cui iniquità sono state rimesse e i cui peccati sono stati coperti. Beato l’uomo al quale il Signore non imputa il peccato (Rm 4,7 Ps 31,1-2). Questo risultato producono le vie del Signore e di conseguenza, siccome il giusto vive di fede (Cf. Rm 1,17), dalle vie del Signore allontana [solo] quella iniquità che consiste nel non credere. Viceversa, chi cammina per questa via, cioè nella fede sincera, o non commette peccato o, se deviando da essa ne commette, non gli viene imputato in grazia della via stessa, sicché lo si ritiene come uno che non l’abbia commesso. Per cui il testo del salmo : Non camminano infatti nelle sue vie coloro che compiono l’iniquità, lo si potrebbe benissimo intendere come riferito a quell’iniquità che è l’abbandono della fede o il non voler aderire alla fede. In tal senso diceva il Signore ai Giudei : Se io non fossi venuto, non avrebbero il peccato (Jn 15,22). Non che essi prima della sua venuta nella carne fossero esenti da peccato, mentre cominciarono ad averne dopo che egli venne. Voleva riferirsi a un peccato ben individuato e preciso, cioè alla loro incredulità per cui rifiutarono di prestargli fede. Similmente, a non camminare nelle vie del Signore non sono coloro che commettono una qualsiasi colpa ma la colpa specifica dell’incredulità. Difatti tutte le vie del Signore sono misericordia e verità (Ps 24,10), e l’una e l’altra cosa è Cristo, e al di fuori di Cristo non c’è luogo in cui si trovino. Ecco le parole dell’Apostolo : Questo io affermo : che Cristo è stato ministro dei circoncisi per la verità di Dio, affinché fossero confermate le promesse dei padri ; i gentili viceversa glorificano Dio per la sua misericordia (Rm 15,8-9). In Cristo dunque c’è la misericordia, perché ci ha redenti ; e in lui c’è anche la verità, perché ha adempiuto le promesse fatte e adempirà le future. Quanto invece a coloro che operano iniquità (cioè agli increduli), essi non camminano nelle vie del Signore, poiché si rifiutano di credere in Cristo. Si convertano dunque e credano sinceramente in colui che giustifica l’empio (Cf. Rm 4,5). In questo modo esperimenteranno che le vie del Signore sono tutte misericordia (vedendosi rimessi i peccati) e verità (vedendo realizzate le promesse). Camminino per tali vie e così non commetteranno l’iniquità, poiché non persisteranno nell’incredulità ma abbracceranno la fede. Quella fede che mediante la carità opera il [bene] (Cf. Ga 5,6) e alla quale non viene imputata alcuna colpa.

SULLO STESSO SALMO 118

1185 Ps 118

DISCORSO 4

Uso, spesso promiscuo, degli avverbi “troppo” e “molto”.

406 1. [vv 4-6.] Chi sarà, o carissimi, l’uomo che rivolgendosi al Signore gli dice : Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura ? Oh, siano i miei passi diretti a custodire le vie della tua giustizia ! Se guarderò a tutti i tuoi comandamenti, certo non rimarrò confuso. Chi pronunzia queste parole se non le singole membra di Cristo, o meglio l’intero corpo di Cristo ? E che significa : Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura ? E poi si ha da leggere : Osservati oltre misura, ovvero : Tu hai ordinato oltre misura ? Qualunque sia l’interpretazione preferita, la frase sembra contraddire il motto universalmente risaputo ed in sé eccellente, di cui van fieri i Greci : Mai di troppo ! (TERENZ., Andria 1, 1, 34). Essi l’attribuiscono ai loro sapienti, e nel tesserne gli elogi son d’accordo anche i Latini. Se questo fosse vero, e cioè che in nulla si ha da eccedere, come potrà essere vero il detto del salmo : Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura ? Come può Iddio o comandare qualcosa eccedendo la [giusta] misura ovvero esigere che, qualcosa sia osservato oltre misura, se tutto quello che eccede la misura è riprovevole ? Potremmo rispondere che noi non siamo per nulla obbligati a sottostare all’autorità dei saggi greci, ricordandoci di quel che sta scritto : Non ha forse Dio reso stolta la sapienza di questo mondo ? (1Co 1,20) Messi poi nell’alternativa, dovremmo sempre ritenere per falsa la massima che predica il “Mai di troppo ! ” e non le parole che leggiamo e cantiamo : Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura, a meno che da una tale conclusione non ci dissuadesse un motivo razionalmente valido e non soltanto la boria [della filosofia] greca. “ Oltre misura ” si dice infatti d’ogni cosa che superi quel che in realtà dovrebbe essere. Sono estremi tra loro opposti “ poco ” e “ troppo ” ; e “ poco ” si ha quando una cosa non raggiunge quel che dovrebbe essere, mentre “ troppo ” quando lo supera. Nel giusto mezzo fra tali estremi c’è il normale, e questo si indica con “ sufficiente ”. Pertanto, siccome è, utile che nella vita e nel comportamento non oltrepassiamo i limiti del giusto, sotto questo aspetto è certamente vera la massima : Mai di troppo ! (TERENZ., Andria 1, 1, 34) Dobbiamo riconoscerlo, né c’è motivo di negarlo. Capita però a volte che in latino noi usiamo scorrettamente l’espressione “ oltre misura ”, attribuendole lo stesso significato di “ molto ”. Così troviamo scritto nei Libri sacri e così usiamo noi nel nostro conversare. Prendiamo la frase del nostro salmo : Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura. Se vogliamo intenderla esattamente, non possiamo darle altro senso che “ molto ”. Lo stesso, quando a un amico carissimo diciamo : “ lo ti amo oltre misura ”. Non intendiamo dirgli che l’amiamo più del consentito ma che l’amiamo profondamente. In effetti poi la celebre massima della sapienza greca non reca lo stesso termine della nostra frase biblica. Lì infatti si dice, , che propriamente vuol dire “ troppo ” ; qui invece, , che significa “ molto ”. Però, come ho detto, non mancano casi in cui “ troppo ” sta in luogo di “ molto ”. E questo tanto nei libri quanto nell’uso comune. Tant’è vero che alcuni codici latini non leggono : Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura, ma : Siamo molto osservati. E veramente Dio tiene molto ai suoi comandamenti, e noi dobbiamo molto osservarli.

Senza la grazia, impossibile osservare la Legge.

2. Osservate ora cosa aggiungano l’umile pietà, o meglio la pia umiltà, e la fede memore [dei doni] della grazia. Dice : Oh, siano i miei passi diretti a custodire le vie della tua giustizia ! Tu hai impartito degli ordini : oh, si realizzi in me quanto hai ordinato ! Ascoltando l’esclamazione Oh, riconosci la voce di uno che esprime desiderio, e ascoltando questa voce scròllati di dosso la superbia della tua presunzione. Perché infatti esprimere il desiderio di una cosa che sia in potere del libero arbitrio quando la si possa effettuare senza alcun aiuto esterno ? Se invece si dà il caso d’un uomo che desidera ciò che Dio comanda, è segno che occorre pregare Dio perché doni lui stesso quel che comanda. A chi infatti ha da volgersi il nostro desiderio se non al Padre della luce dal quale - come attesta la Scrittura - discende ogni beneficio eccellente e ogni dono perfetto (Jc 1,17) ? E annotiamo un particolare, in vista di quei tali che ritengono l’aiuto divino esserci necessario per compiere la giustizia solo nel senso che per esso debbono esserci manifestati i comandamenti di Dio. Una volta che li abbiamo conosciuti, noi con le sole forze della nostra volontà riusciremmo a tradurli in pratica senza alcun intervento della grazia di Dio. Se non che il salmista esprime il desiderio che le sue vie siano dirette nell’osservanza dei precetti divini quando ha già ricevuto tali comandamenti dall’Autore stesso della legge. Infatti già in precedenza diceva : Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura, quasi volesse dire : Ho già ricevuto la legge e la conosco. Tu infatti mi hai comandato d’osservare oltre misura i tuoi comandamenti. So pure che i tuoi comandamenti sono santi e giusti e buoni, ma, se non mi aiuta la tua grazia, il peccato opera in me la morte attraverso questa cosa che pur è buona (Cf. Rm 7,13). Pertanto, oh, siano i miei passi diretti a custodire le vie della tua giustizia !

Conoscenza della Legge e vita vissuta secondo la Legge.

3. Allora io non sarò confuso, quando avrò lo sguardo rivolto a tutti i tuoi comandamenti. I comandamenti di Dio, e quando li si leggono e quando li si meditano, debbono essere guardati come si guarda a uno specchio, ricordando le parole dell’apostolo Giacomo : Uno che ascolta la Parola ma non la mette in pratica, sarà simile all’uomo che mira allo specchio il nativo suo volto e, dopo essersi mirato, se ne va e dimentica subito quale egli sia. Invece chi si specchia nella legge perfetta della libertà e in essa persevera, non come uditore smemorato ma come operatore di fatti, questi sarà beato nel suo operare (Jc 1,23). Il Salmista vuol essere proprio così : vuol mirare i comandamenti di Dio come si guarda a uno specchio, per non essere confuso. Non vuole esserne solamente uditore ma si propone di praticarli, e proprio per questo chiede che le sue vie vengano dirette all’osservanza dei comandamenti di Dio. Dirette da che cosa se non dalla grazia di Dio ? In caso contrario, se cioè egli volgerà lo sguardo ai comandamenti senza metterli in pratica, la legge di Dio non sarà per lui motivo di compiacenza ma di confusione.

4. [v 7.] Dice : Ti confesserò, o Signore, nella rettitudine del cuore per aver imparato i decreti della tua giustizia. Non è questa una confessione dei peccati ma una confessione di lode. Come quella che pronunziò il Signore, in cui non c’era peccato, allorché disse : Ti confesso, Padre, Signore del cielo e della terra (Mt 11,25) ; e come si legge nel libro dell’Ecclesiastico : Nella vostra confessione direte così : Tutte le opere del Signore sono sovranamente buone (Si 39,20-21). Dice [il salmo] : Ti confesserò nella rettitudine del cuore. Quando le mie vie saranno state ben dirette, allora ti confesserò, poiché tu hai operato questo cambiamento, e questa lode sarà tua, non mia. Allora confesserò d’aver imparato i decreti della tua giustizia quando avrò retto il cuore, quando cioè i miei passi saranno stati indirizzati a custodire le vie della tua giustizia. Che mi gioverebbe infatti aver imparato le tue vie se, avendo il cuore traviato, me ne andassi per vie tortuose ? Le tue leggi non mi porterebbero gioia ma mi accuserebbero.

Dio non abbandona se non chi presume di sé.

5. [v 8.] Prosegue : Io custodirò le vie della tua giustizia. Queste Parole sono evidentemente in connessione con le altre : Oh, siano i miei passi diretti a custodire le vie della tua giustizia ! Allora io non sarò confuso, quando avrò lo sguardo rivolto a tutti i tuoi comandamenti. Io confesserò a te nella rettitudine del cuore e custodirò le vie della tua giustizia. Ma che senso ha l’aggiunta : Non mi abbandonare fino al molto, o, come leggono alcuni codici, fino al troppo (troppo invece di molto, in corrispondenza al greco che anche qui ). Non sembrerebbe quasi che gli piaccia essere abbandonato da Dio, a patto che non lo abbandoni troppo ? Assolutamente no ! Si riferisce al fatto che Dio aveva abbandonato il mondo a causa dei peccati, e l’avrebbe abbandonato fino al molto se al mondo non avesse giovato nemmeno quella medicina efficacissima che fu la grazia di Dio per l’opera di nostro Signore Gesù Cristo. Al contrario - secondo questa orazione del corpo di Cristo - Dio non l’abbandonò fino al molto, poiché Dio era nel Cristo per riconciliare con sé il mondo (2Co 5,19). Si potrebbe proporre anche una interpretazione che prenda queste parole come dette da quel tale che, trovandosi nell’abbondanza, aveva esclamato : Non sarò mosso in eterno (Ps 29,7-8), confidando appunto nelle sue risorse. A costui Dio mostrerebbe che è stato lui stesso nella sua benevolenza a dargli virtù e splendore (quindi non si trattava di cose dovute a meriti umani) ; sicché, quando Dio ha distolto da lui lo sguardo, l’uomo è rimasto turbato. Quest’uomo, ritrovando se stesso e deposta ormai ogni presunzione, grida : Non mi abbandonare fino al molto ! Se mi hai abbandonato perché mi si palesi quanto sia grande la mia debolezza senza il tuo soccorso, non abbandonarmi però fino al molto, perché non perisca. Ecco dunque, tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura. Non posso addurre più la scusa della mia ignoranza, ma, siccome io sono ancora debole, oh, siano i miei passi diretti a custodire le vie della tua giustizia ! Allora io non sarò confuso, quando avrò lo sguardo rivolto ai tuoi comandamenti. Allora ti confesserò nella rettitudine del cuore per aver imparato i decreti della tua giustizia, allora custodirò le vie della tua giustizia. Se mi hai abbandonato per impedire che io mi gloriassi di me stesso, non mi abbandonare fino all’estremo. Fa’ che, giustificato da te, abbia a gloriarmi in te.


Agostino Salmi 118