Agostino Salmi 11825

SULLO STESSO SALMO 118

11825 Ps 118

DISCORSO 24

1. [v 113.] Il passo del salmo di cui col beneplacito di Dio stiamo per intraprendere l’esposizione comincia così : Ho odiato gli iniqui e ho amato la tua legge. Non dice : “ Ho odiato gli iniqui e amato i giusti ”, e nemmeno : “ Ho odiato l’iniquità e amato la tua legge ” ; ma, dopo aver detto che ha odiato gli iniqui, come per mostrarne il motivo soggiunge : E ho amato la tua legge. Ciò dicendo, precisa che negli iniqui egli non odia la natura umana ma l’iniquità che li rende nemici della legge [divina] da lui amata.

2. [v 114.] E prosegue : Mio aiuto e sostegno sei tu. Aiuto, per compiere il bene ; sostegno, per evitare il male. Le altre parole : Ho arcisperato nella tua parola, in tanto può proferirle in quanto parla da figlio della promessa.

Un vescovo alle prese con le esigenze di gente indiscreta.

3. [v 115.] Ma qual è il senso del verso successivo : Allontanatevi da me, o maligni, e scruterò i comandamenti del mio Dio ? Non dice infatti : “ Eseguirò ”, ma : Scruterò. Desidera che i malvagi si allontanino da lui, e in effetti li scaccia via da sé anche ricorrendo alla forza, per poter conoscere perfettamente e diligentemente i comandamenti di Dio. Ciò perché i cattivi, se ci mettono alla prova dandoci modo di praticare i comandamenti, ci distraggono dal penetrarne le profondità. E questo non soltanto quando ci perseguitano o vogliono attaccar brighe, ma anche quando ci onorano e ci rispettano, esigendo però da noi come contropartita che ci prodighiamo a soddisfare le loro voglie viziose e affariste spendendo il nostro tempo in tali attività. Lo fanno anche (perché no ?) quando opprimono i deboli, costringendoli in tal modo a ricorrere a noi perché ne patrociniamo la causa. Né a noi è consentito in tali casi dire ad essi : O uomo, dimmi, chi mi ha costituito giudice o arbitro tra voi ? (Lc 12,14) Infatti in tali ricorsi l’Apostolo incaricò gli ecclesiastici perché facessero da arbitri, proibendo ai cristiani di deferire al tribunale [pubblico] i loro contrasti (Cf. 1Co 6, l). Noi non ci stanchiamo di dire, non solo a chi s’appropria dell’altrui ma anche a chi esige con avidità esagerata la restituzione del proprio, che hanno da guardarsi da ogni sorta di cupidigia, e presentiamo loro l’immagine di quell’uomo a cui fu detto : Stolto, questa notte l’anima tua ti sarà tolta, e quanto hai preparato di chi sarà ? (Lc 12,20) Ma non c’è verso. Nemmeno se diciamo questo essi si allontanano e ci lasciano in pace, ma ci opprimono con la loro ressa. Implorano e strepitoso fino a che non ci abbiano costretti a occuparci delle cose che loro stanno a cuore, sottraendoci dalla meditazione dei comandamenti di Dio che sono il nostro amore. Oh, con quanta avversione per le turbe turbolente e con quanto desiderio per la parola divina fu detto : Allontanatevi da me, o maligni, e scruterò i comandamenti del Dio mio ! Ci perdonino [lo sfogo] i fedeli che vivono nell’obbedienza e solo di rado ricorrono a noi per cause d’ordine temporale, adattandosi poi con tutta arrendevolezza alle nostre sentenze. Costoro certo non ci assillano con le loro querele ma piuttosto ci consolano con la loro docilità. Ci sono però di quelli che fra loro si comportano con ostinata pervicacia e, dopo aver oppresso i buoni, se ne infischiano anche delle nostre sentenze. Costoro veramente ci fanno perdere tempo : quel tempo che avremmo potuto, o dovuto, spendere nelle cose di Dio. Ebbene, a causa di costoro sia lecito anche a noi esclamare, usurpando questa voce del corpo di Cristo : Allontanatevi da me, o maligni, e scruterò i comandamenti del mio Dio.

4. [v 116.] In tal modo egli ha - per così dire - scacciato dagli occhi del suo cuore le mosche che insistentemente venivano a molestarlo. Dopo di che si volge di nuovo a colui al quale aveva detto : Mio aiuto e sostegno sei tu ; ho sperato nella tua parola (Ps 118,114). Continuando l’invocazione dice : Accoglimi secondo la tua parola e vivrò, e non mi fare arrossire nella mia attesa. Colui che aveva chiamato [Dio] mio sostegno, chiede ora che venga sorretto con aiuti sempre maggiori per poter giungere alla meta per la quale sopporta tante molestie. Sorretto da Dio, ha fiducia di riuscire vittorioso, e questo con molto maggiore fondatezza che se si fidasse di quei fantasmi che sono le cose umane. Quanto al futuro : E vivrò, è detto per significare che, mentre si è legati a un corpo di morte qual è ora il nostro, noi non siamo vivi. Infatti il corpo è morto a causa del peccato e, se noi siamo salvati, lo siamo nella speranza : per la quale attendiamo la redenzione del nostro corpo e aspettiamo con pazienza ciò che speriamo senza vedere (Cf. Rm 8,10 Rm Rm 8,23). Ora questa speranza non ci deluderà se nei nostri cuori è diffusa la carità di Dio per opera dello Spirito che ci è stato donato (Cf. Rm 5,5). È proprio per ricevere in maggior copia questo Spirito che si grida al Padre : Non mi fare arrossire nella mia attesa.

5. [v 117.] Gli si lascia intendere questa tacita risposta : Se non vuoi essere confuso nella tua attesa, non interrompere la meditazione delle vie della mia giustizia. E lui, constatando che una tale meditazione spesse volte gli viene impedita da languori spirituali, invoca : Aiutami e sarò salvo, e mediterò sempre sulle vie della tua giustizia.

Nel pensiero maturano le nostre azioni buone e cattive.

6. [v 118.] Tu hai disprezzato (o, come da altri è stato reso sembra con maggiore aderenza al greco : Tu hai ridotto al nulla tutti quelli che si allontanano dalle vie della tua giustizia, perché il loro pensare è ingiusto. Ecco perché ha gridato : Aiutami e sarò salvo, e mediterò sempre sulle vie della tua giustizia. Perché Dio annienta quanti da tali vie si allontanano. Ma perché se ne allontanano ? Dice : Perché il loro pensare è ingiusto. È nel pensiero che ci si avvicina o ci si allontana [da Dio]. Ogni atto, buono o cattivo, ha origine dal pensiero, e nel pensiero ciascuno è o innocente o colpevole. In vista di ciò è scritto : Il pensiero santo ti salverà (Pr 2,11) ; e altrove : Dei pensieri dell’empio si farà rigoroso esame (Sg 1,9) ; e l’Apostolo : [Lo attestano] i pensieri che talora accusano e talora anche difendono (Rm 2,15). E dove potrà essere felice l’uomo che nel suo pensiero è misero ? Ovvero, come potrà non essere misero nel suo pensiero uno che è stato ridotto a zero ? In realtà è un grande squallore il peccato. Per cui molto a proposito è detto : Siano confusi i malvagi, i quali agiscono commettendo delle vanità (Ps 24,4), cioè il vuoto, come chi è stato ridotto al nulla.

7. [v 119.] Nel salmo seguono queste parole : Io ho considerato (ovvero creduto o anche stimato) trasgressori tutti i peccatori della terra. In vari modi i traduttori latini han reso quell’unica parola greca che è , ma l’espressione ha un senso molto profondo e con l’aiuto del Signore la si dovrà sviscerare con accuratezza dedicandole un altro trattato. Tanto più che le parole aggiunte (e cioè : Per questo io ho amato sempre le tue testimonianze) la rendono assai più oscura. Dice infatti l’Apostolo : La legge produce ira ; e volendo motivare l’asserto continua : Infatti dove non c’è legge non c’è nemmeno trasgressione (Rm 4,15). Con questo lascia chiaramente intendere che non tutti [i peccatori] sono trasgressori, in quanto non tutti hanno ricevuto la legge. Che poi non tutti abbiano ricevuto la legge lo dice più palesemente in un altro passo con le parole : Quanti senza legge peccarono, senza legge anche periranno (Rm 2,12). Che significa dunque : Io ho considerato trasgressori tutti i peccatori della terra ? È un problema che per ora ci contentiamo di porre, rimandandone la trattazione a un altro discorso, se Dio ce lo concederà. Questo, perché non succeda che, data la lunghezza del presente discorso, siamo costretti a svolgere l’argomento in maniera troppo succinta, impedendo l’esatta comprensione di quel che ha da essere spiegato.

SULLO STESSO SALMO 118

11826 Ps 118

DISCORSO 25

426 Peccato e trasgressione.

1. [v 119.] Cerchiamo di trovare, con l’aiuto di Dio, che significhi il verso di questo lungo salmo che inizia con : Trasgressori, o meglio : quei che trasgrediscono, poiché il greco ha  e non . Cerchiamo, dico, come si debbano intendere le parole : Io ha considerato trasgressori tutti i peccatori della terra, tenuto conto di quanto afferma l’Apostolo : Dove non c’è legge, non c’è nemmeno trasgressione (
Rm 4,15). Le quali parole egli dice mentre mira a distinguere la promessa dalla legge. Ecco infatti le parole precedenti, che consentono di ricavare il senso globale del testo : Non fu per la legge - dice - che è stata fatta ad Abramo o alla sua discendenza la promessa dell’eredità del mondo, ma per la giustizia della fede. Poiché se eredi fossero solo quelli della legge, sarebbe vana la fede e annullata la promessa. La legge infatti produce l’ira, poiché dove non c’è legge, non c’è neppure trasgressione. Perciò eredi si è per la fede, affinché, basata sulla grazia, sia stabile la promessa per tutta la discendenza, non solo quella della legge ma anche quella che ha la fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi (Rm 4,13-16). Perché l’Apostolo dice questo se non perché vuol dimostrare che la legge senza la grazia della promessa non solo non toglie il peccato ma lo accresce ? Come asseriscono le altre parole : La legge subentrò perché il delitto abbondasse (Rm 5,20). Ma siccome mediante la grazia vengono rimesse non solo le colpe che si commettono senza la legge ma anche quelle commesse sotto la legge, per questo continuando il discorso conclude : Dove però abbondò il delitto, la grazia fu più abbondante ancora (Rm 5,20). L’Apostolo dunque non considera rei di trasgressione tutti i peccatori, ma soltanto coloro che peccano trasgredendo la legge. Dice infatti : Dove non vi è legge, non vi è nemmeno trasgressione (Rm 5,20). Cioè, secondo l’Apostolo ogni trasgressore in quanto pecca contro la legge è peccatore, ma non ogni peccatore è anche trasgressore, poiché ci sono taluni che peccano senza trasgredire la legge e, se non c’è la legge, non c’è nemmeno la trasgressione. D’altra parte, se nessuno peccasse senza la legge, lo stesso Apostolo non direbbe : Coloro che hanno peccato senza la legge, periranno senza la legge (Rm 2,12). Al contrario, secondo il nostro salmo tutti i peccatori della terra - sono trasgressori e quindi non c’è peccato che insieme non sia trasgressione. Che se non c’è trasgressione senza che vi sia la legge, ciò vorrebbe dire che non c’è peccato se non nell’ambito della legge. Chi pertanto afferma : Io ho considerato trasgressori tutti i peccatori della terra, vuol significarci che, secondo lui, non ci sono peccatori che non abbiano trasgredito la legge, e quindi è in contrasto con chi afferma : Quanti hanno peccato senza la legge periranno senza la legge. Infatti, secondo l’uno ci sono peccatori che non sono trasgressori, coloro cioè che peccarono senza la legge (e dove non c’è legge, non c’è trasgressione) ; secondo l’altro invece non c’è peccatore che non sia anche trasgressore, poiché egli ritiene trasgressori tutti i peccatori della terra. Quindi secondo lui non c’è nessuno che abbia peccato senza la legge, se è vero che dove non c’è legge, non c’è trasgressione. Cosa diremo allora ? Che è vero che dove non c’è legge non c’è nemmeno trasgressione, mentre non è vero che alcuni hanno peccato senza la legge ? Oppure che è vero che alcuni hanno peccato senza la legge, mentre non è vero che, per esservi la trasgressione, occorre necessariamente vi sia la legge ? Ma l’Apostolo afferma tutt’e due le cose, e tutt’e due debbono essere vere perché per bocca dell’Apostolo parlava la Verità. Come allora sarà vero quanto senza equivoci in questo nostro salmo ci dice la medesima Verità, e cioè : Io ho considerato trasgressori tutti i peccatori della terra ? Ecco la risposta che conviene dare [al problema] : vedere chi sono coloro che, secondo l’Apostolo, hanno peccato senza la legge. Fra costoro infatti ci potrebbe essere alcuno che non debba ritenersi trasgressore, dal momento che, sempre secondo l’Apostolo, dove non c’è legge non ci può essere trasgressione.

Giudei e pagani di fronte alla Legge divina.

2. È da osservare in realtà che, quando l’Apostolo scriveva : Quanti hanno peccato senza la legge senza la legge periranno, si riferiva alla legge che Dio diede al suo popolo, Israele, per mezzo del suo servo Mosè. Lo dimostrano le parole del contesto, in cui l’Apostolo tratta di Giudei e di Greci, cioè dei pagani, che rientravano non nell’ambito della circoncisione ma del prepuzio. E se li chiama senza legge, lo fa perché essi non avevano ricevuto quella legge che costituiva il vanto dei Giudei, al segno che l’Apostolo poteva dire di loro : Se tu ti chiami Giudeo e riposi nella legge e ti glori di Dio (Rm 2,17). In particolare occorre riflettere bene sul passo che precede l’affermazione : Quanti peccarono senza la legge, periranno senza la legge. Vi si legge : Ira e sdegno, tribolazione e angoscia sopra ogni anima d’uomo che fa il male, Giudeo prima e poi Greco ; viceversa, gloria amore e pace a chiunque opera il bene, Giudeo prima e poi Greco : poiché non vi è riguardo a persone presso Dio. A queste parole aggiunge quelle di cui ora discutiamo, e cioè : Quanti senza legge peccarono, senza legge anche periranno ; e quanti peccarono nella legge, con tale legge saranno giudicati (Rm 2,8-12). Con questi ultimi identifica i Giudei, con gli altri i Greci. Di essi infatti sta trattando, volendo dimostrare che gli uni e gli altri erano in dominio del peccato, perché, in tal modo convinti, confessassero di avere tutti bisogno della grazia. Al riguardo dice : Non v’è infatti differenza ; tutti hanno peccato e rimangono privi della gloria di Dio, e sono giustificati gratuitamente per la grazia di lui a mezzo della redenzione in Cristo Gesù (Rm 3,22). Chi sono dunque coloro di cui afferma che tutti hanno peccato, se non quei Giudei e Greci dei quali aveva detto che non v’è differenza ? Similmente un po’ più avanti aveva detto di loro : Abbiamo dimostrato che tutti, Giudei e Greci, sono in potere del peccato (Rm 3,9). Ebbene quanti hanno peccato senza la legge (quella legge cioè di cui si vantano i Giudei) periranno senza la legge, mentre coloro che hanno peccato avendo la legge (cioè gli stessi Giudei) saranno giudicati mediante la legge. Ma non per questo eviteranno la perdizione : a meno che non credano in Colui che è venuto a cercare ciò che era perduto (Cf. Lc 19,10).

Una interpretazione insostenibile di 1 Cor. 3, 15.

3. Ci sono stati degli esegeti, anche cattolici, che non hanno posto la debita attenzione a queste parole dell’Apostolo e le hanno svisate dal loro giusto valore. Costoro hanno affermato che, se è vero che andranno perduti coloro che peccano senza la legge, gli altri (cioè coloro che peccano avendo la legge) saranno soltanto giudicati ma non andranno perduti. Saranno purificati attraverso pene transitorie - così opinano essi - come quel tale di cui fu detto : Egli però si salverà, magari attraverso il fuoco (1Co 3,15). Tuttavia, se c’è questa via d’uscita (lo si comprende bene) dipende dai meriti del Fondamento, di cui stava trattando l’Apostolo prima di giungere alla nostra frase. Ecco le sue parole : Io da savio architetto ho posto il fondamento, un altro ci lavora su. Ciascuno guardi come fabbrica ; poiché nessuno può porre fondamento diverso da quello che già c’è, che è Gesù Cristo (1Co 3,10-11). Continuando giunge a quel passo dove afferma che si salverà attraverso il fuoco colui che, sopra un tale fondamento, non costruirà con oro, argento o pietre preziose, ma con legno, paglia o stoppia, senza peraltro rifiutare di essere accolto nell’edificio e senza abbandonare il fondamento che ha accettato [mediante la fede]. Costui, messo al bivio se abbandonare le sue voglie carnali o Cristo, preferisce Cristo alle sue passioni, anche se da queste è dominato fino a soccomberne. Se infatti non lo preferisse in tal modo, Cristo non sarebbe certo suo fondamento, poiché il fondamento precede e sta alla base dell’edificio e di tutte le sue parti. Se dunque c’è stato qualcuno che ha ritenuto non essere dannati per sempre coloro di cui si dice che saranno giudicati mediante la legge (Rm 2,12), penso che l’abbia fatto considerando che costoro hanno Cristo come fondamento. Ritenendo però una tale opinione, non han badato a quanto da noi dimostrato ; e poi c’è la Scrittura che chiaramente attesta che le parole dell’Apostolo riguardano i Giudei, i quali evidentemente non hanno quel fondamento che è Cristo. Ora potrà esserci cristiano che, a proposito dei Giudei increduli a Cristo, pensi che essi non saranno condannati per sempre ma solo giudicati ? Ovvero, non dice forse Cristo, parlando a tal popolo, che fu mandato per le pecore perdute della casa d’Israele (Cf. Mt 15,24), affermando insieme che nel giorno del giudizio si sarebbe usata più compassione con i sodomiti, dannati certo senza la legge (Cf. Mt 10,15), che non con la nazione giudaica incredula dinanzi ai prodigi da lui fatti con la sua onnipotenza (Cf. Mt 11,23-24).

La legge naturale.

4. Risulta dunque che l’Apostolo, se chiama i pagani senza legge, lo fa riferendosi alla legge data da Dio al popolo d’Israele per mezzo di Mosè (Cf. Rm 2,14) : legge che non fu data agli altri popoli. In tal caso che senso daremo alle parole del nostro salmo : Io ho considerato trasgressori tutti i peccatori della terra ? Non dovremo forse intravvedervi un’altra legge, non data per mezzo di Mosè, in relazione alla quale anche i peccatori nati al di fuori del mondo giudaico divengano trasgressori ? Difatti dove non c’è legge non c’è neanche trasgressione (Rm 2,12-14). Ora, qual è questa legge se non quella di cui lo stesso Apostolo dice : Quando i gentili che non hanno la legge fanno per natura le cose della legge, costoro, non aventi legge, son legge a se stessi (Rm 4,15). In vista di ciò egli dice : Quanti non hanno legge peccano senza la legge e andranno in perdizione senza la legge. In quanto però egli afferma : Essi sono legge a se stessi, ci offre un motivo valido per concludere che tutti i peccatori della terra sono trasgressori. Non c’è infatti alcuno che danneggi il prossimo e insieme non disapprovi la stessa cosa quando viene f atta a lui. Col suo agire egli trasgredisce la legge naturale che non può non conoscere, tanto è vero che egli non vorrebbe ricevere lo stesso danno che reca all’altro. Ebbene, forse che una tal legge non era nel popolo d’Israele ? Ma certo che c’era : poiché anche gli Israeliti erano uomini. Per essere infatti senza legge naturale avrebbero dovuto essere fuori del consorzio umano. Essi quindi si sono resi molto più trasgressori quando ricevettero la legge divina, con la quale la legge naturale viene restaurata, convalidata o rafforzata, come dir si voglia.

Compito della Legge : indirizzare alla grazia del Salvatore.

5. Fra i peccatori della terra (e tutti lo siamo) non è sbagliato annoverarci anche i bambini, a causa del peccato originale da cui sono avviluppati. È dimostrato infatti che anche loro, per la similitudine che portano con la trasgressione di Adamo (Cf. Rm 5,14), sono partecipi di quella prima trasgressione che venne commessa contro la legge data da Dio nel paradiso (Cf. Gn 3,6). In tal senso tutti i peccatori della terra, nessuno assolutamente escluso, sono da considerarsi (e lo sono veramente) trasgressori, in quanto tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (Rm 3,23). Sì, veramente, la grazia del Salvatore [quando apparve] trovò tutti trasgressori, sebbene chi più e chi meno. Difatti quanto maggiore è la conoscenza che uno ha della legge, tanto meno è scusabile se pecca ; e quanto minori sono le attenuanti che tino ha del peccato, tanto più è palese la sua trasgressione. Non restava, quindi, altro se non che a tutti venisse incontro soccorritrice la giustizia di Dio, donata cioè da Dio, e non quella propria di ciascuno. Non per nulla infatti dice l’Apostolo : Dalla legge la conoscenza del peccato. Non la remissione ma la conoscenza, sicché può dire ancora : Ma adesso senza la legge si è manifestata la giustizia di Dio, attestata dalla Legge stessa e dai Profeti (Rm 3,20-21). In conformità con questo il salmista poteva aggiungere : Per questo ho amato le tue testimonianze. È come se dicesse : Siccome la legge, tanto quella imposta nel paradiso quanto quella insita naturalmente nel cuore dell’uomo, quanto quella scritta su codici, aveva reso trasgressori tutti i peccatori della terra, per questo io ho amato le tue testimonianze. Ho amato, cioè, le testimonianze che la tua legge mi dà riguardo alla tua grazia, perché sia in me non la mia ma la tua giustizia. Questo infatti è il lato positivo della legge : che ci indirizza alla grazia. E ciò essa compie non soltanto facendo fede riguardo alla giustizia di Dio che si ha da rivelare - giustizia che non è dalla legge ma anche col fatto stesso di rendere l’uomo trasgressore, cioè col suo stesso uccidere mediante la lettera (Cf. 2Co 3,6). Ciò facendo, suscita nell’uomo il timore e lo costringe a ricorrere allo Spirito vivificante ‘ per opera del quale viene distrutto ogni peccato e viene infuso l’amore per le opere buone. Ecco perché dice : Per questo ho amato le tue testimonianze. Alcuni recano sempre, altri no. Se questo sempre c’è, è da intendersi nel senso di : “ Finché si vive in questo mondo ”. Solo qui infatti ci sono necessarie le testimonianze della Legge e dei Profeti, che facciano fede alla giustizia di Dio per la quale, siamo giustificati gratuitamente. Come pure è in questo mondo che son necessarie le nostre testimonianze, rendendo le quali i martiri chiusero la loro vita temporale.

Confitti alla croce insieme a Cristo.

427 6. [v 120.] Conosciuta la grazia di Dio, unico mezzo per essere liberati dalla prevaricazione in cui si incorre attraverso la conoscenza della legge, prega e dice : Fissa con i chiodi del tuo timore le mie carni. Con tale espressione più marcata alcuni nostri traduttori hanno reso quanto in greco è detto con un unico verbo, cioè , mentre altri hanno preferito dire semplicemente : Fissa, senza aggiungere : Con chiodi. Volendo però tradurre con una sola parola latina l’unica parola greca, hanno spiegato con minore perspicuità il senso della frase. Nella parola fissa non c’è infatti inclusa l’idea di chiodi, mentre  non ha significati che prescindano dai chiodi : cosa che in latino non può esprimersi se non ricorrendo a due parole, esattamente cioè come è stato detto qui : Fissa con chiodi. Riguardo poi al senso dell’espressione, non è altro se non quello di cui l’Apostolo : Quanto a me sia lungi dal gloriarmi d’altro che della croce del Signore nostro Gesù Cristo, per opera del quale il mondo è stato per me crocifisso, e io per il mondo (Ga 6,14). E ancora : Sono stato crocifisso con Cristo ; e vivo non più io, ma vive in me Cristo (Ga 2,19). Ora questo cos’altro vuol dire se non : In me non c’è una mia giustizia, derivatami dalla legge (la quale legge anzi mi ha reso trasgressore), ma la giustizia di Dio, quella giustizia che mi è stata donata da Dio (Cf. Ph 3,9) e non deriva da me ? In questo modo non vivo più io ma vive in me Cristo, che è divenuto per noi sapienza da Dio e giustizia e santificazione e redenzione, affinché, come sta scritto, chi si gloria, nel Signore si glori (1Co 1,30 2Co 10,17). E ancora : I seguaci di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze (Ga 5,24). Nel brano di Paolo si dice che essi hanno crocifisso la loro carne, nel salmo si invoca Dio perché lo faccia lui, e per questo gli si dice : Fissa con i chiodi del tuo timore le mie carni. Ciò è per farci intendere che quanto compiamo di bene deve attribuirsi alla grazia di Dio, il quale opera in noi e il volere e l’agire conforme alla buona volontà (Cf. Ph 2,13).

Dal timore servile al timore filiale.

7. Dopo aver detto : Fissa con i chiodi del tuo timore le mie carni, soggiunge : Poiché io ho temuto per i tuoi giudizi. Che intende dire ? Cos’è questo : Fissa col tuo timore, infatti ho temuto ? Se aveva temuto o temeva, perché continuare a pregare perché Dio crocifiggesse le sue carni col suo timore ? O forse voleva un aumento di timore ? un timore tale, cioè, che fosse in grado di crocifiggere le sue carni, vale a dire le sue voglie e i suoi appetiti carnali ? Avrebbe detto più o meno : Sviluppa in me il tuo timore, poiché io già temo a causa dei tuoi giudizi. Ma c’è un significato più profondo, che occorre ricavare scrutando con l’aiuto di Dio le sinuosità di questo brano scritturale. Dice : Fissa con i chiodi del tuo timore le mie carni, poiché io ho temuto per i tuoi giudizi. E vuol dire : Mediante il timore casto di te (quel timore che rimane in eterno) (Cf. Ps 18,10) abbiano a reprimersi totalmente i miei desideri carnali. Infatti io ho già temuto per i tuoi giudizi, quando cioè mi minacciava castighi quella legge che non poteva darmi la giustizia. Occorre però che questo timore, per il quale si ha paura del castigo, sia scacciato dalla carità perfetta (Cf. Gv 1Jn 4,18), che rende l’uomo libero facendo leva non sul timore del castigo ma sull’attrattiva della giustizia. In effetti il timore che non porta ad amare la giustizia ma ad aver paura della pena, essendo un timore carnale è anche un timore servile, e quindi incapace di crocifiggere la carne. Sotto di lui seguita a vivere la volontà di peccare : la quale quando può ripromettersi l’impunità passa all’azione e sì manifesta, mentre invece quando è sicura d’incorrere nel castigo seguita a vivere nascosta. È tuttavia sempre in vita : tanto è vero che preferirebbe le fosse lecito quel che la legge vieta e si rammarica perché lecito non è. Così perché non sa godere spiritualmente del bene che la legge le presenta ma teme carnalmente il male che essa minaccia. Quando invece si ha il timor casto, si ha la carità, la quale scaccia via il timore servile e fa temere il peccato in se stesso, anche quando si è sicuri dell’impunità. Essa anzi mai si lusinga di restare impunita, in quanto, amando la giustizia, ritiene il peccato stesso già un castigo. Un tale timore è davvero in grado di crocifiggere le carni, poiché quando si gode l’attrattiva dei beni spirituali si è in grado di vincere le concupiscenze carnali, a differenza di quel che si conseguiva con la lettera della legge, capace solo di vietarle ma non di farle evitare. Quando poi tale vittoria si sarà estesa e avrà raggiunto la perfezione, le stesse passioni saranno eliminate del tutto. Dice dunque : Fissa con i chiodi del tuo timore le mie carni, poiché io ho temuto per i tuoi giudizi. E vuol dire : Dammi il timore casto, a chiedere il quale mi ha condotto l’altro timore, cioè quello della legge per cui ho temuto a causa dei tuoi giudizi e che è stato per me come un pedagogo perché io venissi a chiedertelo.

SULLO STESSO SALMO 118

11827 Ps 118

DISCORSO 26

Giustizia e giudizio.

1. [v 121.] Cominciamo ad esaminare ed esporre i versi di questo gran salmo che cominciano così : Ho operato il giudizio e la giustizia : non consegnarmi a chi vuol farmi del male. Nulla di strano che abbia agito secondo il giudizio e la giustizia colui che poc’anzi aveva chiesto venissero fissate con i chiodi del timore casto di Dio le sue carni, cioè le passioni carnali che sogliono ostacolare il nostro giudizio impedendogli d’essere retto. Per quanto infatti nel nostro modo di parlare si chiami giudizio tanto quello che è retto quanto quello che non lo è (per cui nel Vangelo fu necessario specificare : Non giudicate badando alle persone ma con retto giudizio (Jn 7,24)), tuttavia nel nostro passo “giudizio” è detto in maniera tale che non lo si chiamerebbe appunto giudizio se non fosse retto. Se così non fosse, non si sarebbe contentato di dire : Ho operato il giudizio, ma avrebbe detto : Ho operato con retto giudizio. Una espressione di questo tipo usò anche il Signore Gesù quando disse : Voi avete dimenticato i punti più gravi della legge : il giudizio, la misericordia e la fedeltà (Mt 23,23). Anche qui si parla di giudizio in maniera che tutto lascia sottintendere come un giudizio non retto non sarebbe giudizio. E molti altri sono i passi delle Scritture divine in cui ci si esprime così. Ad esempio : La misericordia e il giudizio io canterò a te, o Signore (Ps 10, l). E ancora presso Isaia : Mi aspettavo che facesse il giudizio e invece operò l’iniquità (Is 5,7). Non dice : “ Ho atteso che operasse secondo un giudizio giusto, essa invece ha operato secondo un giudizio iniquo” ; ma si esprime lasciando intendere che un giudizio in tanto è giudizio in quanto è giusto, mentre non sarebbe giudizio se fosse ingiusto. Riguardo alla giustizia, invece, non c’è una giustizia che sia buona e un’altra che sia cattiva, a differenza del giudizio che talvolta è buono tal altra cattivo. Essendo giustizia, è per ciò stesso buona. È vero che nel nostro parlare comune è invalso l’uso di distinguere espressamente se si tratti di giudizio buono o di giudizio cattivo, come anche quello di distinguere fra giudice buono e giudice cattivo. Comunque, riguardo alla giustizia nessuno parla di giustizia buona e giustizia cattiva, come nessuno parla di giusto buono e di giusto cattivo, poiché per il fatto stesso di essere giusto uno è necessariamente anche buono. È dunque la giustizia una grande virtù dell’animo, una virtù degna di lode quanto altre mai, della quale non abbiamo ora agio di dissertare a lungo. Tornando quindi al giudizio, esso, se il rigore della espressione usata lo lascia intendere esercitato nel bene, è l’operazione della giustizia. Chi infatti ha la giustizia giudica rettamente ; anzi, secondo la parola del nostro salmo, chi ha la giustizia giudica, poiché, se non giudicasse secondo giustizia non giudicherebbe affatto. Col nome di giustizia poi in questo passo si indica non la virtù in se stessa ma le opere che essa fa compiere. Chi, poi, opera nell’uomo la giustizia se non colui che giustifica l’empio, che cioè con la sua grazia lo rende, da empio, giusto ? Come dice l’Apostolo : [Siete stati] giustificati gratis per la grazia di lui (Rm 3,24). Opera dunque la giustizia, cioè compie opere di giustizia, colui che ha in sé la giustizia, la quale a sua volta è opera della grazia.

Resistere all’antico avversario.

2. Dice : Ho operato il giudizio e la giustizia ; non mi consegnare a chi vuol farmi del male. Cioè : Ho agito secondo un giudizio giusto ; non consegnarmi a coloro che per questo motivo mi perseguitano. Ci sono infatti diversi codici che leggono proprio così : Non consegnarmi a chi mi perseguita. Il greco in effetti reca : , e questo termine alcuni l’hanno tradotto : A chi mi vuol male, altri : A chi mi perseguita, e altri ancora : A chi mi calunnia. Mi sorprende il fatto che, fra tutti i codici che ho avuto per mano, nessuno legga : A chi mi avversa, poiché in realtà la parola greca , corrisponde al termine latino “ avversario ”. Ebbene, pregando il Signore che non lo consegni agli avversari, cosa gli chiede se non quello stesso che chiediamo noi quando nella nostra preghiera diciamo : Non c’indurre in tentazione (Mt 6,13) ? Si tratta infatti di quell’avversario a proposito del quale l’Apostolo dice : Affinché non vi tenti colui che tenta (1Th 3,5). È a lui che Dio dà in mano quanti sono da lui abbandonati. Il nemico, infatti, non potrà mai sedurre se non colui che Dio abbandona : quel Dio che, nel suo beneplacito, conferisce all’uomo, oltre che la bellezza, anche il vigore. Se uno invece, divenuto ricco, dice : Io non mi lascerò smuovere in eterno (Ps 29,7 cf. Ps 29,8), Dio ritrae da lui il suo volto ed egli si turba e appare a se stesso [chi veramente sia]. In conclusione, quanti tengono crocifissa la propria carne mediante il timore casto di Dio e, per nulla intaccati dalle lusinghe della corruzione, praticano il giudizio e compiono le opere della giustizia, costoro debbono pregare per non essere abbandonati in potere dell’avversario. Debbono cioè pregare affinché, mentre temono di subire il male [loro minacciato], non cedano ai persecutori e si lascino indurre a commettere il male. È infatti lo stesso colui dal quale deriva all’uomo la vittoria sulla concupiscenza, impedendo al piacere di attirarlo, e colui che gli dà la forza della pazienza perché il dolore non lo abbatta. Di lui infatti si dice in un passo : Il Signore darà la dolcezza (Ps 84,13), e altrove : Da lui proviene la mia pazienza (Ps 61,6).

3. [v 122.] Continua poi : Abbi cura del tuo servo per il suo bene ; non lancino i superbi calunnie contro di me. Loro mi spingono a cadere nel male ; tu abbi cura di me per il mio bene. Alcuni hanno tradotto : Non mi calunnino, riproducendo letteralmente l’espressione greca ; questo modo di dire però è in latino poco usato. O che forse dicendo : Non mi calunnino, si sarà voluto dare alla frase quel valore che avrebbe se in sua vece fosse stato detto : “ Che non mi sopraffacciano con le loro calunnie ” ?

Cristo salvatore rappresentato nel serpente di bronzo.

4. [v 123.] Molte sono le calunnie con le quali i superbi vilipendono l’umiltà cristiana. Ma tra queste, sempre che il termine superbi sia qui riferito ad uomini, la più grande è senza dubbio quella per cui ci rinfacciano di adorare un morto. In effetti, con la morte di Cristo si va alla radice stessa dell’umiltà cristiana che da essa riceve un suggello divino. Viceversa, per gli increduli è occasione di calunnia, e ciò tanto per i Giudei come per i pagani. Anche gli eretici trovano modo di calunniarci e ciascuno ci rivolge calunnie di suo conio ; e ci calunniano, ancora, gli scismatici e tutti quelli che per superbia si sono staccati dalla compagine delle membra di Cristo. Riguardo poi al diavolo, qual è la calunnia di fondo che egli con accanimento ci rivolge se non quella con cui un giorno calunniò il giusto, dicendo : Forse che Giobbe adora Dio disinteressatamente ? (Jb 1,9) Ebbene, le calunnie di tutti questi superbi son come veleno di serpenti, e le si vince mirando con pietà sommamente vigile e amorosa Cristo crocifisso. A raffigurare questo, Mosè nel deserto, eseguendo il comando di Dio misericordioso (Cf. Jn 3,14), fece sollevare su un’asta di legno l’effigie di un serpente (Cf. Nb 21,9). Significava così in anticipo come la carne del peccato ha da essere crocifissa in Cristo. Guardando dunque questa croce salutare, noi allontaneremo ogni sorta di veleno inoculatoci dai superbi calunniatori. Guardava infatti ad essa, e con molta attenzione (se così è lecito dire), anche colui che diceva : I miei occhi son venuti meno guardando alla tua salvezza e alla parola della tua giustizia. Infatti, per amor nostro Dio ha reso Cristo peccato, dandogli una carne peccatrice come la nostra (Cf. Rm 8,3), perché noi in lui siamo giustizia di Dio (2Co 5,21). Dice dunque il salmista che i suoi occhi son venuti meno nel parlare di tale giustizia di Dio : l’ha cioè guardata con vivissimo ardore, come uno che è assetato. Ricordando insomma la debolezza umana, egli vive desiderando la grazia divina donata a chi è in Cristo.

5. [v 124.] Per questo continua : Opera nel tuo servo conforme alla tua misericordia, non conforme alla mia giustizia ; e insegnami - dice - le vie della tua giustizia : certamente quelle con cui Dio ci rende giusti, non quelle con cui l’uomo giustifica se stesso.

428 Crescere continuamente in intelligenza spirituale.

6. [v 125.] Io sono tuo servo : non mi giovò, infatti, l’aver preteso di essere libero e padrone di me stesso, e non tuo servo. Dammi intelletto per conoscere le tue testimonianze. È una richiesta che non deve mai interrompersi. Non basta, infatti, aver ricevuto una volta l’intelligenza e aver appreso le testimonianze di Dio. Occorre riceverla di continuo e, per così dire, bere di continuo alla fonte della luce eterna. Le testimonianze di Dio, infatti, si conoscono in maniera sempre più completa man mano che uno diviene più dotato di intelligenza.

Legge e grazia.

7. [v 126.] Dice : Tempo d’operare per il Signore. Così la maggior parte dei codici : non, come qualcuno reca : O Signore. Qual è dunque questo tempo a cui si riferisce ? E cos’è ciò che, secondo lui, deve essere fatto dal Signore ? Senza dubbio ciò che aveva indicato con le parole precedenti : Opera nel tuo servo conforme alla tua misericordia. Di operare questo è ora tempo per il Signore. E di che si tratta, se non della grazia che a suo tempo si è rivelata in Cristo ? Di questo tempo dice l’Apostolo : Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò suo Figlio (
Ga 4,4). Allo stesso riguardo l’Apostolo cita una testimonianza profetica che suona : Nel tempo propizio ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso (Is 49,8). E precisa : Eccolo ora il tempo favorevole, eccolo ora il giorno della salvezza (2Co 6,2). Ma che senso hanno le parole che il salmista, quasi a mostrare perché sia per il Signore giunto il momento d’operare, immediatamente aggiunge dicendo : Essi hanno dissipato la tua legge ? Sembra che in tanto è giunto al Signore il tempo d’agire in quanto i superbi hanno annullato la sua legge : quei superbi che, misconoscendo la giustizia di Dio e volendo affermare la propria, non si assoggettano alla giustizia di Dio (Cf. Rm 10,3). Che significa infatti : Hanno dissipato la tua legge, se non che, rendendosi colpevoli di trasgressione, essi non ne hanno conservata l’integrità ? Era quindi necessario che a questi orgogliosi, presuntuosamente fieri delle risorse del proprio libero arbitrio, fosse imposta una legge causa di trasgressioni. Trovandosi in tale situazione, essi si sarebbero umiliati e compunti e avrebbero ricorso all’aiuto della grazia, guidati non dalla legge ma dalla fede. Quando poi fu annullata la legge, era ormai tempo che fosse inviata la misericordia ad opera dell’unigenito Figlio di Dio. Infatti la legge subentrò perché il delitto, ad opera del quale la legge stessa sarebbe stata annullata, raggiungesse il colmo ; ma allora, essendo i tempi ormai maturi, apparve il Cristo, per il quale là dove il delitto era stato abbondante la grazia divenne più abbondante ancora (Cf. Rm 5,20).

La Legge di per sé opprime, non salva.

8. [v 127.] Dice : Per questo io ho amato i tuoi precetti più dell’oro e del topazio. La grazia tende a questo : far eseguire con la forza dell’amore quei precetti che mediante il timore non era possibile attuare. Infatti per tale grazia viene diffusa nei nostri cuori la carità ad opera dello Spirito Santo che c’è stato dato (Rm 5,5). In vista di ciò diceva il Signore : Non sono venuto per abolire la legge ma per completarla (Mt 5 Mt 17). E l’Apostolo : Pienezza della legge è la carità (Rm 13,10). Ecco perché più che l’oro e il topazio o, come si legge in un altro salmo, più che l’oro e le pietre preziosissime (Ps 18,11). Dicono infatti che il topazio sia una pietra delle più pregiate. Purtroppo però ci furono di quelli che non compresero la grazia che si celava nel Vecchio Testamento, quasi che [fra i due Testamenti] si fosse calato un velo, ben rappresentato nel fatto che essi non osavano guardare al volto di Mosè (Cf. Ex 34,33 2Co 3,13). Costoro per conseguire una ricompensa terrena e materiale s’arrabattavano a mettere in pratica la legge di Dio, ma non riuscivano appunto perché non amavano la volontà di Dio ma qualcos’altro. Da questo atteggiamento segui che gli stessi precetti non producessero le opere che potevano attendersi da gente volenterosa, ma rimasero solo pesi imposti a di renitenti. Al contrario, quando i comandamenti di Dio vengono per se stessi amati più dell’oro e delle pietre di gran pregio, ogni ricompensa terrena è insignificante rispetto agli stessi comandamenti ; e tutti gli altri beni, di qualunque sorta siano, non possono in alcuna maniera paragonarsi ai beni per i quali l’uomo diviene lui stesso buono.

9. [v 128.] Dice : Perciò secondo tutti i tuoi comandamenti io mi raddrizzavo. Mi raddrizzavo perché li amavo e mediante l’amore m’immedesimavo con loro, affinché, essendo loro retti, divenissi retto anch’io. Era logico, quindi, s’avverasse quel che aggiunge, e cioè : Ho odiato ogni via dell’iniquità. Come poteva infatti non odiare la via iniqua se amava quella diritta ? Non diversamente, se avesse amato l’oro e le pietre preziose, avrebbe per forza odiato ogni cosa che poteva compromettergli il possesso di tali cose. In sostanza, siccome egli amava i precetti di Dio, odiava necessariamente la via dell’iniquità, che rappresentava per lui una specie di scoglio pericolosissimo nel mare che stava attraversando : uno scoglio in cui inevitabilmente si naufraga e si resta privi delle cose preziose [che si portano]. Perché questo non gli abbia a capitare, gira le vele a tutt’altra direzione il [buon] nocchiero che del legno della croce si è fatto nave, caricandola di quella merce che sono i comandamenti di Dio.


Agostino Salmi 11825