Agostino Salmi 122

SUL SALMO 122

122

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Cristo è con noi sulla terra, noi con Cristo siamo in cielo.

1. Ho intrapreso insieme con la vostra Santità, seguendo l'ordine progressivo, l'esame dei cantici dell'uomo che ascende : ascende e ama, anzi in tanto ascende in quanto ama. Ogni amore o ascende o discende ; dipende dal desiderio : se è buono ci innalziamo a Dio, se è cattivo precipitiamo nell'abisso. Ma, poiché assecondando il desiderio cattivo cademmo [nella colpa], non ci resta che riconoscere [il potere di] colui che non per essere caduto ma liberamente scese fino a noi, aggrapparci a lui e così risalire, dato che questo non ci è possibile mediante le nostre forze. Lo diceva di sua bocca il nostro Signore Gesù Cristo : Nessuno ascende in cielo se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo che è nel cielo (Jn 3,13). Sembra che parli solamente di sé ; ma, se è risalito lui solo come lui solo era disceso, gli altri saranno rimasti [in terra] ? Cosa debbono fare gli altri ? Unirsi al suo corpo, affinché si formi un unico Cristo, che scende e che risale. Scende [solamente] il capo, risale [il capo] insieme col corpo, risale vestito della sua Chiesa, che palesemente si è resa senza macchia e senza ruga (Cf. Ep 5,27). È dunque risalito da solo, ma anche noi saliamo con lui se siamo uniti a lui in modo da formare le sue membra. Anche con noi egli resta un uomo solo. Proprio così : è uno e resta sempre uno. L'unità ci incorpora con l'Unico, e dall'ascendere con lui sono esclusi solamente coloro che non han voluto essere un solo [corpo] con lui. Egli, dunque, si trova in cielo, immortale - dopo la resurrezione - anche nella carne nella quale era stato temporaneamente mortale. In cielo egli non è soggetto né a persecuzioni, né a odi, né a vilipendi, come lo fu in terra quando per nostro amore si degnò subire tutti questi maltrattamenti. Adeguandosi tuttavia alle condizioni del suo corpo, che ancora tribola sulla terra, diceva : Saulo, Saulo, perché mi perseguiti ? (Ac 9,4) Nessuno poteva ormai toccare la sua persona fisica, eppure dal cielo gridava d'essere perseguitato. Ora, se è vero tutto questo, non dobbiamo essere privi di speranza ma, animati da viva fiducia, dobbiamo avere la certezza che, come per la carità Cristo seguita ad essere in terra insieme con noi, così per la stessa carità noi siamo con lui nel cielo. Di come Cristo sia in terra accanto a noi abbiamo già parlato ; abbiamo ricordato quel suo grido che risuonò dal cielo : Saulo, Saulo, perché mi perseguiti ? Mentre, in realtà, Saulo non solo non lo toccava ma neppure vedeva. Ma come si può dimostrare che noi siamo insieme con lui nel cielo ? Lo attestano le parole del medesimo apostolo Paolo : Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è, sedente alla destra di Dio ; pensate le cose di lassù, non quelle della terra. Poiché siete morti e la vita vostra è nascosta con Cristo in Dio (Col 3,1-3). In conclusione, egli è ancora quaggiù e noi siamo già lassù : egli è quaggiù per la condiscendenza frutto di carità, noi siamo lassù per la speranza frutto di carità. È infatti nella speranza che siamo stati salvati (Rm 8,24). Ma siccome la nostra speranza è certa, anche se la nostra salvezza è cosa ancora futura, la si predica di noi come cosa già avvenuta.

Perché geme il corpo di Cristo.

2. [v 1.] Proceda dunque il nostro cantore nelle sue ascensioni, ma che egli canti col cuore di ciascuno di voi, anzi che ciascuno di voi sia quel cantore. Difatti, pur pronunciando ciascuno le sue parole, siccome tutti insieme voi formate in Cristo una sola entità, una sola è la persona che parla, e quindi non dice : A te, Signore, abbiamo elevato i nostri occhi, ma : A te, Signore, ho elevato i miei occhi. Pensate pure che a parlare sia ciascuno di voi, ma chi parla è soprattutto quell'unico [corpo] che è diffuso per tutta la terra. Parla quell'unico che altrove dice : Dai confini della terra ho gridato a te quand'era angustiato il mio cuore (Ps 60,3). Chi mai può gridare dalle [varie] estremità della terra ? O qual è quell'uomo che si espanda fino a toccare [tutte] le estremità della terra ? Un uomo singolo può gridare dal paese dove si trova, ma potrà forse farlo dalle varie estremità della terra ? C'è però l'eredità di Cristo, della quale fu detto : Ti darò in eredità le genti e qual tuo possesso i confini della terra (Ps 2,8) ; ed è proprio questa eredità che gridando dice : Dai confini della terra ho gridato a te quand'era angustiato il mio cuore. Che il nostro cuore si senta angustiato e allora noi grideremo. Ma perché dovrà angustiarsi ? Non per le sofferenze che quaggiù provano anche i cattivi, per esempio per aver subito un danno [materiale]. Se un cuore si affligge per questo, è cenere. Ma tu per un disegno della volontà di Dio hai perduto uno - non so chi - dei tuoi cari : se per questo si rattrista il tuo cuore, cosa fai di eccezionale ? Per motivi di tal sorta si affliggono anche gli infedeli ; anche chi non crede in Cristo proverebbe sofferenza in un tal caso. Di che cosa dunque deve rattristarsi il cuore del cristiano ? Del non poter ancora vivere insieme con Cristo. Di che cosa deve rattristarsi il cuore del cristiano ? Del dover essere ancora pellegrino, mentre desidera ardentemente la patria. Se questo è il motivo per cui è nell'angustia il tuo cuore, anche nel colmo della felicità mondana tu gemi. E anche se ti piovessero addosso tutte le fortune e il mondo presente ti sorridesse da ogni lato, tu gemeresti : questo perché ti rendi conto d'essere in esilio. T'accorgi, è vero, di aver raggiunto una certa felicità, ma è la felicità che incanta lo stolto, non quella promessa da Cristo. Di questa invece tu vai in cerca gemendo ; questa desideri e per la spinta di questo desiderio ascendi e mentre ascendi canti il Cantico dei gradini, e cantando questo Cantico dei gradini dici : Ho elevato i miei occhi a te che abiti in cielo.

Progredire con umiltà, consapevoli dei propri peccati.

3. Durante la sua ascensione dove avrebbe dovuto elevare gli occhi se non là dove tendeva e desiderava elevarsi ? Sale infatti dalla terra al cielo. Ecco, la terra è in basso e noi la calchiamo coi piedi ; viceversa, ecco su in alto il cielo che noi vediamo con gli occhi. Ascendendo lassù cantiamo : Ho elevato gli occhi a te che abiti nel cielo. Ma dove sono le scale ? Vediamo infatti che fra cielo e terra intercorrono spazi immensi, grandissime distanze, estensioni sconfinate. Noi vogliamo salire lassù, ma non vediamo per quali scale. Ci inganneremo dunque a cantare il Cantico dei gradini odelle ascensioni ? Saliamo al cielo, se pensiamo a Dio che opera le ascese nel cuore. Cos'è questo ascendere nel cuore ? Avanzare verso Dio. Come quando si vien meno non si progredisce ma si cade, così quando si avanza si ascende. A patto però che nel progredire non ci si insuperbisca ; a patto che salendo non si cada. Se infatti avanzando ci si insuperbisce, si sale ma per cadere. Cosa si dovrà quindi fare per evitare la superbia ? Si sollevino gli occhi a colui che abita nel cielo ; non si rimiri noi stessi ! Il superbo infatti costuma mirare se stesso e, trovandosi grande, si compiace di se stesso. Ma chiunque si compiace di se stesso, è uno stolto che vuol piacere a uno stolto, perché è stolto chiunque si compiace di sé. Senza delusioni, in fatto di piacere, è soltanto colui che piace a Dio. E chi è che piace a Dio ? L'uomo a cui piace Dio. Dio non può dispiacere a se stesso ; fa' in modo che piaccia anche a te e così piacerai a lui. Ma egli non potrà piacerti se tu non proverai dispiacere per te stesso. Che se tu in te stesso troverai di che dispiacerti, volgi lontano da te il tuo occhio. Cosa stai infatti a mirare te stesso ? Se ti vorrai guardare con sincerità, troverai in te cose che ti debbono dispiacere e dovrai dire a Dio : Il mio peccato mi è sempre dinanzi (Ps 50,5). Sì, sia sempre dinanzi a te il tuo peccato, affinché non sia dinanzi a Dio ! Quanto a te, al contrario, non voler essere dinanzi a te ma dinanzi a Dio. Questo infatti noi vogliamo : che Dio non distolga da noi il suo volto, ma che lo distolga dai nostri peccati. Son due cose che si cantano nei salmi. È voce del salmo, e quindi nostra voce, quella che dice : Non distogliere da me il tuo volto (Ps 26,9). Ma nota cosa dice in un altro passo colui stesso che aveva detto : Non distogliere da me il tuo volto. Dice : Distogli il tuo volto dai miei peccati (Sal 5O, 11). Se vuoi che egli distolga il suo volto dai tuoi peccati, tu distogli il tuo volto da te stesso, senza però distoglierlo dai tuoi peccati. Difatti, se tu non distogli dai tuoi peccati il tuo volto è segno che nutri dell'ira contro i tuoi peccati ; se non distogli dai tuoi peccati il tuo volto, è segno che ti riconosci peccatore. Riconoscendoti per tale, egli ti perdonerà.

La dimora di Dio.

4. Distogli dunque gli occhi da te e sollevali a Dio, dicendogli : Ho elevato i miei occhi a te, che abiti nel cielo. Miei fratelli, se prendendo la parola cielo in senso materiale vi intendessimo quel cielo che vediamo con gli occhi del corpo, sbaglieremmo di grosso e con ragione penseremmo che non ci si possa salire se non per mezzo di scale o di altri strumenti. Se invece le nostre ascensioni sono d'ordine spirituale, anche il cielo deve essere inteso in senso spirituale. Se le ascensioni avvengono nel cuore, il cielo dovrà trovarsi nell'ambito della giustizia. Cosa sarà allora il cielo di Dio ? Tutte le anime dei santi, tutte le anime dei giusti. Così, ad esempio, gli Apostoli. Sebbene col corpo si trovassero in terra, erano cielo : tant'è vero che per loro mezzo il Signore, avendo sede in loro, si recava in tutto il mondo. Il Signore dunque abita nel cielo. Ma come ? Come dice quell'altro salmo : Tu però abiti nel santuario, lode d'Israele (Ps 21,4). Colui che abita nel cielo abita anche nel santuario ; e cos'è il santuario se non il suo tempio ? Ebbene, santo è il tempio di Dio e questo siete voi (1Co 3,17). Anche se sono tutti infermi - in effetti sono così ora -, anche se camminano nella fede, [i santi] sono tempio di Dio (Cf. 2Co 5,7), adesso a livello di fede, in attesa di essere un giorno tempio di Dio a livello di visione. Quanto durerà l'essere tempio a livello di fede ? Finché Cristo abiterà in essi mediante la fede, come dice l'Apostolo : Che Cristo abiti nei vostri cuori mediante la fede (Ep 3,17). Ma ci sono fin d'ora dei cieli nei quali Dio già abita mediante la visione : santi cioè che vedono Dio faccia a faccia. Tali tutti i santi Angeli, tutte le sante Potenze [angeliche], le Potestà, le Sedi, le Dominazioni, tutta insomma la Gerusalemme celeste dalla quale noi siamo esuli e verso la quale eleviamo il gemito e la preghiera, espressione del nostro desiderio. Là abita Dio, e là ha sollevato il salmista la fede : là ascende con l'affetto e il desiderio. Un tal desiderio, poi, obbliga l'anima a espellere ogni lordura di peccato e a purificarsi da ogni macchia, per cui, avendo sollevato lo sguardo a colui che abita nel cielo, diventa cielo essa stessa. Se al contrario noi volessimo identificare l'abitazione di Dio col cielo materiale che vediamo con gli occhi del corpo, dovremmo dire che Dio ha una dimora di durata limitata, poiché il cielo e la terra passeranno (Cf. Mt 24,25). E poi, prima che creasse il cielo e la terra, dove abitava Dio ? Ma qualcuno potrebbe obiettare : " E prima che creasse i santi dove abitava Dio ? " Dio abitava in se stesso, abitava con se stesso ; poiché Dio è con sé, e quando si degna d'abitare nei santi, non bisogna intendere che i santi sono la dimora di Dio nel senso che, sottraendosi quella casa, Dio cada. Diverso è infatti il modo come noi abitiamo in una casa e il modo come Dio abita nei santi. Tu abiti nella casa in una maniera che, se ti si leva la casa, tu finisci per terra ; Dio al contrario abita nei santi in una maniera che, se si allontana da loro, non lui ma i santi precipitano in terra. Chiunque pertanto reca Dio con sé a modo di tempio non pensi che Dio, mentre si lascia portare, si lasci anche impaurire qualora l'uomo volesse scappargli via. Guai piuttosto a quest'uomo se Dio gli si allontana ! Egli cadrà inevitabilmente, mentre Dio rimarrà sempre nella sua immutabilità. Le case in cui noi abitiamo son loro a contenerci ; quanto a Dio invece, egli abita in noi e nello stesso tempo ci contiene. Notate dunque la profonda differenza fra il modo come abitiamo noi e quello come abita Dio. E quando l'anima dice : Io ho elevato i miei occhi a te che abiti nel cielo, lo dica convinta che non è Dio che ha bisogno del cielo per abitarvi, ma piuttosto che è il cielo ad aver bisogno di Dio che ne faccia la sua dimora.

443 Sebbene figli, i cristiani sono servi di Dio ; la Chiesa è la sua ancella.

5. [v 2.] Qual è il seguito delle parole : Io ho elevato i miei occhi a te che abiti nel cielo ? Come elevasti al cielo i tuoi occhi ? Ecco ! Come gli occhi dei servi [son fissi] alle mani dei loro padroni, come gli occhi dell'ancella alla mano della sua signora, così gli occhi nostri al Signore Iddio nostro, finché abbia pietà di noi. Noi siamo dunque i servi e la serva ; egli è il padrone e la padrona. Oppure vogliono significare qualcosa di misterioso queste parole e queste immagini ? Mi presti un po' d'attenzione la vostra Carità. Nulla di sorprendente nel fatto che noi siamo servi e lui padrone, ma è strano che noi siamo la serva e lui la padrona. Tuttavia nemmeno questo deve stupirci : noi infatti siamo la sua serva poiché formiamo la sua Chiesa, lui è la padrona poiché è la potenza e la sapienza di Dio. Ascolta l'Apostolo che dice : Ebbene, noi annunziamo Cristo crocifisso, scandalo ai giudei, stoltezza per i gentili, ma per quelli chiamati, siano giudei, siano greci, Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio (
1Co 1,23-24). Per [comprendere come] il popolo sia servo [di Dio] e la Chiesa sua serva, [nota come] Cristo [è] la potenza e la sapienza di Dio. Tutt'e due le cose hai udite : Cristo potenza e sapienza di Dio. Sentendo menzionare Cristo, solleva i tuoi occhi alle mani del tuo Signore ; sentendo che egli è la potenza di Dio e la sapienza di Dio, solleva i tuoi occhi alle mani della tua padrona. Poiché anche tu sei insieme e servo e serva : servo in quanto sei popolo, serva in quanto sei Chiesa. Questa serva però ha conseguito una grande dignità presso Dio : è diventata sposa. Prima però di giungere a quegli amplessi spirituali dove senza apprensione di sorta potrà godersi colui che ha amato e verso il quale ha sospirato in questo lungo pellegrinaggio, è soltanto fidanzata, per quanto già in possesso di quel pegno prezioso che è il sangue dello Sposo per il quale sospira pur nella sua sicurezza. Né le si proibisce di amare. Questo lo si dice a volte a una vergine, fidanzata ma non ancora sposata. Ed è giusto che le si dica : Non ti è lecito fare all'amore ; lo farai quando sarai moglie. Son parole esatte, poiché si tratta di un desiderio affrettato e disordinato, e amare uno che non si sa se diverrà sposo non è cosa casta. Può infatti succedere che un uomo si fidanzi con una donna e un altro invece la sposi. Quanto, invece, a Cristo siccome non c'è nessuno che gli debba essere preferito, la sua sposa lo ami pure senza trepidazione : lo ami anche prima di unirsi a lui, e sospiri a lui quando ne è lontana, nella sua lunga peregrinazione [terrena]. Solo Cristo la sposerà, poiché lui solo ha dato un pegno così prezioso. Chi infatti potrebbe pretendere di sposarla dando il sangue per colei che desidera sposare ? Se infatti vorrà morire per essa, non sarà più in grado di sposarla. Egli invece morì tranquillo per la sua sposa, sapendo che l'avrebbe fatta sua dopo la resurrezione. Nell'attesa, però, noi dobbiamo essere, fratelli, come i servi e come la serva. Fu detto infatti : Non vi chiamerò più servi ma amici (Jn 15,15) ; e potrebbe qualcuno dubitare che le parole del Signore riguardino [solo] i [suoi immediati] discepoli ? Ascoltate cosa dice l'apostolo Paolo : Egli pertanto - dice - non è più servo ma figlio ; e se è figlio è anche erede dinanzi a Dio (Ga 4,7). Lo diceva al popolo, ai fedeli. Quanti, dunque nel nome del Signore siamo stati redenti nel suo sangue e lavati nel suo lavacro, siamo figli, siamo il figlio. Siamo infatti molti, ma in lui siamo una sola unità. Perché allora continuare a parlare come se fossimo servi ? È vero certamente che da servi siamo divenuti figli, ma forse che possiamo vantare tanti meriti nella Chiesa quanti ne aveva l'apostolo Paolo ? Eppure, cosa dice costui in una sua epistola ? Paolo servo di Gesù Cristo (Rm 1,1). Se quindi si definisce servo colui ad opera del quale ci è stato predicato il Vangelo, con quanto maggior ragione dobbiamo noi riconoscere la nostra condizione, affinché abbondi in noi la sua grazia ? È stato infatti il Signore a crearci in un primo tempo servi, per poi riscattarci ; e il sangue che egli versò è per i servi prezzo [del riscatto], mentre per la sposa è pegno. Riconosciamo pertanto la nostra condizione : sebbene per la grazia siamo diventati figli, tuttavia per essere creature siamo servi. Infatti tutto il creato è al servizio di Dio. In tale atteggiamento diciamo : Come gli occhi dei servi [son fissi] alle mani dei loro padroni, come gli occhi dell'ancella alla mano della sua signora, così gli occhi nostri al Signore Iddio nostro, finché abbia pietà di noi.

I flagelli del Padre celeste sono salutari.

6. Espone anche la causa per la quale, come i servi hanno gli occhi rivolti alle mani del loro padrone e le serve alle mani della loro padrona, così - dice - anche i nostri occhi [son rivolti] al Signore Dio nostro. E come se gli avessi chiesto : Ma perché ?, soggiunge : Finché egli non abbia avuto pietà di noi. Come dovranno concepirsi, o fratelli, questi servi che hanno gli occhi rivolti alle mani dei loro padroni e queste serve che hanno gli occhi rivolti alle mani della loro padrona, finché questa padrona non abbia avuto pietà di loro ? Chi sono questi servi e queste serve che tengono in tal modo gli occhi rivolti alle mani dei loro padroni, se non coloro che vengon fatti fustigare ? I nostri occhi al Signore Dio nostro finché non abbia avuto pietà di noi. In quale atteggiamento ? Come gli occhi dei servi alle mani dei loro padroni, come gli occhi dell'ancella alla mano della sua signora. Son quindi, e gli uni e le altre, in tale atteggiamento finché non si sia impietosito di loro il padrone o la padrona. Immagina che un padrone abbia ordinato la fustigazione di un servo. Il servo incassa i colpi e mentre soffre per le battiture guarda alle mani del suo padrone finché non dica [all'esecutore] : " Basta così ". Per " mano " infatti dobbiamo intendere l'autorità. E allora cosa diremo, fratelli ? Nostro Signore ha comandato che noi fossimo flagellati, e così ha comandato quella nostra padrona che è la Sapienza di Dio ; e noi durante la vita presente siamo sotto i suoi colpi, e nostra piaga è tutt'intera la presente vita mortale. Ascolta la voce del salmo : Hai emendato l'uomo a motivo della [sua] iniquità, e hai fatto logorare l'anima mia come ragno (Ps 38,12). Osservate, fratelli, quanto sia fragile un ragno. Basta toccarlo appena per schiacciarlo e ucciderlo. E perché noi non pensassimo che solo la nostra carne fosse fragile, di quella fragilità che le deriva dall'essere mortale, non dice : Mi hai fatto logorare (poiché in tal caso avremmo potuto pensare appunto alla carne), ma dice : Hai fatto logorare come ragno l'anima mia. Nulla infatti è più debole della nostra anima, posta fra le tentazioni del mondo, posta nel gemito e nel travaglio come di partoriente. Nulla è più debole, finché non si aggrappi alla solidità del cielo entrando nel tempio di Dio da cui non cadrà mai più. Fu agli inizi della sua esistenza che l'umanità cadde in questa debolezza e fragilità ; fragile come ragno divenne quando fu espulsa dal paradiso. Fu allora che si impartì l'ordine di far fustigare il servo. Miei fratelli, osservate in qual parte [del corpo] veniamo flagellati. Adamo riceve colpi in tutti gli uomini, da quelli che nacquero ai primordi del genere umano, a coloro che vivono oggi, a coloro che nasceranno in seguito. Adamo, cioè il genere umano, è sotto i colpi [del flagello], e molti son diventati così duri da non sentire le ferite loro inferte. Altri invece, cioè coloro che appartenendo al medesimo genere umano son diventati figli, hanno ottenuto il senso del dolore. Sentono d'essere sotto i colpi e sanno chi ha dato l'ordine di percuoterli. A lui, che abita nel cielo, sollevano gli occhi e i loro occhi sono rivolti alle mani del loro Signore finché non abbia usato loro pietà, come gli occhi dei servi sono rivolti alle mani dei loro padroni e quelli della serva alle mani della sua padrona. Vedi certi uomini ridere felici e vantarsi in mezzo alle prosperità del mondo presente. Non ricevono colpi, o meglio sono sotto colpi peggiori ; le loro battiture sono più gravi, in quanto essi hanno perduto il senso del dolore. Si sveglino e si lascino colpire ! Sentano d'essere sotto i colpi, siano convinti d'essere sotto i colpi e se ne dispiacciano ! Difatti, come dice la Scrittura, chi aumenta la scienza aumenta il dolore (Qo 1,18). E a questo riguardo dice il Signore nel Vangelo : Beati coloro che piangono perché saranno consolati (Mt 5,5).

Anche nella prosperità dobbiamo gemere.

7. [v 3.] Ascoltiamo la voce di questo percosso, e facciamo in modo che tali accenti siano anche i nostri : e ciò anche quando le cose procedono bene. Chi infatti non s'accorge d'essere sotto i colpi del flagello quando è malato o carcerato o incatenato, o quando lo assalgono i banditi ? Certamente, quando i malvagi lo opprimono egli s'accorge d'essere flagellato. È invece segno di sentimento penetrante accorgersi d'essere sotto la sferza anche quando tutto va bene. Non dice infatti la Scrittura, nel libro di Giobbe, che la vita umana è piena di tentazioni ; ma si chiede : Forse che la vita dell'uomo sulla terra non è di per sé una tentazione ? (Jb 7,1) La stessa vita, tutta intera, è detta tentazione. Per cui tutta la tua vita sulla terra costituisce la tua molteplice piaga, e tu finché vivi sopra la terra avrai da piangere. Sia che viva nella prosperità sia che ti trovi in qualche tribolazione, hai da gridare : Ho elevato i miei occhi a te che abiti nel cielo (Ps 122,1). Volgiti dunque alle mani del Signore, che ha ordinato ti si percuotesse e al quale in un altro salmo dici : Tu hai emendato l'uomo a motivo della [sua] iniquità e hai fatto logorare la mia anima come ragno (Ps 38,12). Rivolto alle mani di chi ti colpisce grida e di' : Pietà di noi, Signore ! pietà di noi ! Non sono forse grida d'un fustigato queste : Pietà di noi, Signore ! pietà di noi ?

La prosperità mondana è peritura.

8. Poiché siamo davvero colmi di disprezzo. Oltremodo è ripiena l'anima nostra : [ripiena di] obbrobrio da parte di coloro che sono nell'abbondanza e [di] disprezzo da parte dei superbi. Chi è disprezzato è anche vilipeso ; e per quanti vogliono vivere piamente in Cristo è una necessità che abbiano a subire disprezzi. È inevitabile che essi vengano vilipesi da coloro che non vogliono vivere secondo la stessa pietà, da coloro che ambiscono a una felicità puramente terrena (Cf. 2Tm 3,12). Li si schernisce perché ripongono la felicità in beni invisibili, e si dice loro : Cos'è dunque quel che tu credi, pazzo [che altro non sei] ? Lo vedi, forse, quello che credi ? O che qualcuno è mai tornato dall'aldilà e ti ha raccontato cosa vi succede ? Guarda qua invece ! Io vedo quello che amo, e me lo godo ! Sei disprezzato perché speri in cose che non vedi, e ti disprezza uno che, a quanto pare, già tiene in mano i suoi beni visibili. Ma osserva un istante se egli li tenga veramente in mano, i suoi beni. Non lasciarti turbare ! Osserva piuttosto se egli li possegga per davvero e non sia [solo] questione di parole offensive : affinché non ti succeda che, ritenendolo felice nella vita presente, tu abbia a perdere la felicità futura, che è la vera. Non lasciarti turbare ! Osserva se egli sia veramente padrone [dei suoi beni]. Ciò che possiede si dilegua, o è lui che dovrà dileguarsi da ciò che possiede. Non c'è scampo : o passa l'uomo restando le cose che possiede o passano le cose restando l'uomo. Quand'è che le cose passano restando l'uomo ? Quando l'uomo, pur restando vivo, decade in povertà. E quand'è che passa l'uomo, restando le sue cose ? Quando muore nel possesso delle sue ricchezze. Morendo infatti non può portarsele nell'oltretomba. S'era vantato : Io ho la mia casa. Gli chiedi : Ma qual è codesta tua casa ? Quella che m'ha lasciato mio padre. E lui codesta casa da chi l'aveva avuta ? Gliel'aveva lasciata il nostro nonno. Oh, ricorri pure al tuo bisnonno o al tuo trisavolo ! L'amico non è in grado di citarne neppure il nome... E tutto questo non ti spaventa ? Non ti spaventa il pensare che tanta gente è passata per quella casa e che nessuno di loro se l'è potuta portare nella casa dell'eternità ? Tuo padre dopo esserci vissuto per un po' di tempo, l'ha lasciata quaggiù. Così vi passerai anche tu. Se dunque nelle vostre case ci state solo di passaggio, esse sono un ospizio per gente in cammino, non dimora di gente giunta alla meta. Noi infatti speriamo nei beni futuri e sospiriamo per una futura felicità, perché, per quanto già figli di Dio (1Jn 3,2), non è ancora apparso ciò che saremo. Per questo, per essere cioè la nostra vita nascosta con Cristo in Dio (Col 3,3), siamo colmi di disprezzo, cioè siamo vilipesi da coloro che cercano o posseggono la felicità in questo mondo.

Sopportiamo le derisioni dei mondani insensati.

9. Oltremodo è ripiena l'anima nostra : [ripiena di] obbrobrio da parte di coloro che sono nell'abbondanza e [di] disprezzo da parte dei superbi. Cercavamo chi fossero gli uomini che sono nell'abbondanza. Te l'espone dicendo : I superbi. L'obbrobrio è lo stesso che disprezzo ; coloro che sono nell'abbondanza è lo stesso che i superbi. È la ripetizione d'uno stesso concetto : obbrobrio da parte di coloro che sono nell'abbondanza e disprezzo da parte dei superbi. Perché si trovano nell'abbondanza i superbi ? Perché aspirano a una felicità di questo mondo. "Ma davvero ? E se diventano miseri, forse che sono ancora nell'abbondanza ?" Ma, probabilmente, se cadono in miseria non vengono ad insultarci ! Mi stia attenta la vostra Carità ! Ci beffeggiano quando sono nella prosperità, quando possono pavoneggiarsi delle loro ricchezze e dei loro onori vacui e falsi. È allora che ci scherniscono, dicendoci press'a poco : " Eccomi qua ! Io sto benone, godendomi le cose che ho a portata di mano. Via da me quanti mi promettono cose che non possono farmi toccare ! Io mi tengo stretto al concreto ; io voglio godermi quel che è visibile. Mi arrida la fortuna finché dura la vita presente ! ". Rimani fermo [o cristiano] ! Cristo è risorto e ti ha insegnato cosa ti darà nell'altra vita. Sta' sicuro che te lo darà. Ma l'altro mi sbeffeggia, perché [a differenza di me] egli è in possesso [dei suoi beni]. Sopporta chi ti deride, e lo irriderai quando gemerà. Verrà infatti, sia pur tardi, il tempo in cui questi beffardi diranno : Ecco coloro che un tempo noi deridemmo (Sg 5,3-8). Sono parole del libro della Sapienza. La Scrittura infatti si è data premura di rivelarci le parole che diranno quel giorno coloro che oggi ci deridono e ci disprezzano, coloro a motivo dei quali siamo colmi di obbrobrio e di disprezzo. Sono le parole che diranno quel giorno, quando si sentiranno disprezzati dalla Verità. Quel giorno si verificheranno nei santi le parole dell'Apostolo : Quando apparirà Cristo, vostra vita, allora anche voi apparirete insieme con lui nella gloria. E gli empi vedranno risplendere alla destra [del Giudice] coloro che avevano disprezzato quand'erano mescolati a loro, e diranno : Ecco coloro che un tempo noi deridemmo e facemmo oggetto d'obbrobrioso motteggio. Noi insensati ! La vita loro stimavamo un'insania e senza onore la loro fine. Eccoli invece annoverati tra i figli di Dio, e tra i santi è il loro retaggio ! E proseguendo nel loro ragionamento aggiungeranno : Sì, veramente, abbiamo errato dalla via della verità e la luce della giustizia non rifulse per noi e il sole dell'intelligenza per noi non si levò. Che c'è giovata la superbia ? O la boria per le ricchezze qual pro ci ha fatto ? (Col 3,3-4) Non occorrerà allora che tu li schernisca, poiché da loro stessi si copriranno di scherno ; ma, finché questo momento non arriverà, eleviamo, fratelli, i nostri occhi a colui che abita nel cielo, e non li distogliamo da lui finché non ci abbia usato misericordia e liberati da ogni tentazione, obbrobrio e ignominia.

Miseria è l'abbondanza ove manchi la giustizia.

444 10. Succede talora che ci deridano anche coloro che si trovano sotto il flagello di qualche sventura d'ordine temporale. Ti puoi imbattere, ad esempio, in uno che a causa dei suoi misfatti sia stato incarcerato o posto in catene, o per un occulto disegno di Dio o per una pubblica condanna. Anche costui ti deride, e, se gli vai a chiedere : Ma perché non sei vissuto rettamente ? ecco dove ti sei ridotto con la tua vita sciagurata !, lui ti ribatte : Forse che non subiscono le stesse pene anche coloro che vivono onestamente ? Ma se loro soffrono [insisterai tu] è perché siano provati, perché mediante la tentazione siano saggiati e mediante il castigo progrediscano [spiritualmente]. Poiché Dio flagella ogni figlio che accoglie (Cf. He 12,6). E se non risparmiò i flagelli al suo Unigenito che era senza peccato ma lo consegnò alla morte per noi tutti (Cf. Rm 8,32), come pretenderemo di sfuggire al flagello noi che per tante colpe ci siamo resi meritevoli di castigo ? Quando noi diciamo questo, loro si trincerano orgogliosi dietro la loro sorte infelice e, afflitti ma non umiliati, rispondono dicendo : Ecco le solite parole di cristiani sciocchi, che credono a ciò che non vedono. Se anche costoro ci scherniscono, cosa dovremmo pensare, o fratelli ? Che non siano ricordati anche costoro dal salmo che dice : Obbrobrio da [parte di] coloro che sono nell'abbondanza e disprezzo da parte dei superbi ? In effetti, anche coloro che non sono nell'abbondanza scherniscono i cristiani, e pur essendo loro stessi in miseria e fra le angustie, non cessano di schernirci. Se pertanto è vero che l'obbrobrio [ci viene] da [parte di] coloro che abbondano, forse che non ci sono schernitori anche fra coloro che sì trovano nella sventura ? Non lanciava forse insulti contro il Signore crocifisso quel ladrone che era crocifisso insieme con lui (Cf. Lc 23,39) ? Se dunque ci insultano anche coloro che non si trovano nell'abbondanza, perché dice il salmo : Obbrobrio da [parte di] coloro che abbondano ? Se esaminiamo a fondo la cosa, anche questi miseri sono nell'abbondanza. In che senso sono nell'abbondanza ? Se non abbondassero di qualcosa, non sarebbero superbi. C'è infatti qualcuno che abbonda di denaro e diviene superbo per il denaro, un altro abbonda di onori e diviene superbo per gli onori ; un terzo crede di avere l'abbondanza della giustizia e, cosa peggiore, diviene superbo per la stessa giustizia. Ammettono di non essere nell'abbondanza quanto a ricchezze, ma, secondo loro, non mancherebbero d'una copiosa giustizia, e questo contro Dio. Trovandosi nella sventura, scusano se stessi e, accusando Dio, dicono : Cosa ho io commesso o fatto di male ? Tu gli dirai : Guarda, rammenta i tuoi peccati, vedi se è proprio vero che non hai fatto niente. Un rimorso, sia pur leggero, si impadronisce della sua coscienza, ed egli rientra in sé e ripensa alle sue malefatte. Pur pensando però a questo, non vuol ammettere che soffre cose giustamente meritate, ma dice : Sì, ne ho combinate parecchie ma vedo altri che, pur avendo fatto più male di me, non soffrono niente. È un giusto che va contro Dio. Anche lui, quindi, è uno di quelli che abbondano : ha il cuore pieno della [sua] giustizia. Difatti è convinto che Dio agisce male e che lui soffre ingiustamente. Se a un uomo siffatto tu dessi una nave da condurre in porto, andrebbero a fondo lui e la nave. Eppure egli vuol sottrarre a Dio il governo del mondo creato per tenerlo lui. Lui sì che saprebbe distribuire a tutti i dolori e le gioie, i castighi e i premi... Anima sventurata ! E vi meravigliate ? È nell'abbondanza, ma un'abbondanza di malvagità, di malizia. E tanto più abbonda in malizia quanto più si stima pieno di giustizia.

Privi della giustizia e fragili nella carne mortale.

11. A differenza di costoro, il cristiano non deve sentirsi nell'abbondanza ma riconoscersi povero. Anche se ha delle ricchezze, deve convincersi che quelle non sono vere ricchezze, al fine di desiderarne altre. Chi infatti brama ricchezze false non va in cerca di quelle vere ; mentre chi va in cerca delle ricchezze vere, finché cerca è un povero e può dire con ragione : Povero e dolente io sono (Ps 68,30). Sorge tuttavia il problema : Come può parlarsi di abbondanza quando si tratta di uno che è povero e solo di malizia è pieno ? Dipende dal fatto che a lui dispiace d'essere povero mentre si sente pieno il cuore di quella giustizia personale che è in contrasto con la giustizia di Dio. Ora, quale può essere l'abbondanza della nostra giustizia ? Per quanta ne possiamo avere, è come - non saprei - una stilla di rugiada rispetto a quella sorgente [inesauribile] ; è come una goccia che coli da una infinita pinguedine ad addolcire la nostra vita, sciogliendone la durezza del male. Desideriamo fin dal presente d'essere saziati alla fonte piena della giustizia ; desideriamo d'essere saziati a quell'abbondanza di cui è detto in un salmo : Si inebrieranno nell'abbondanza della tua casa e li disseterai al torrente della tua delizia (Ps 35,9). Finché però dovremo restare quaggiù, sentiamoci miseri e poveri : né poveri solo di quelle ricchezze che non sono le vere ricchezze, ma poteri anche quanto alla salute. Anche quando siamo sani, sentiamoci infermi. Questo, finché il nostro corpo esperimenta la fame e la sete, finché si stanca di vegliare, di stare in piedi, di camminare, di star seduto, di mangiare. Ecco che, dovunque si volga per sollevarsi dalla stanchezza, vi trova una nuova stanchezza. Sicché nemmeno nel corpo c'è una salute perfetta. Tutte queste cose dunque non sono ricchezze ma povertà, tant'è vero che quante più sono tanto più crescono e la scarsità e la bramosia d'averne. La stessa nostra salute fisica non è vera salute ma infermità ; e il mangiare e bere ogni giorno è un rimedio datoci da Dio per sostenerci ; è una medicina che ci viene somministrata. Fratelli, volete fare un esperimento dell'infermità umana e come essa ci tenga tutti in sua balia ? Basti che uno digiuni una settimana perché la fame lo consumi. Dunque, anche nella buona salute hai con te questa fame e, se non l'avverti, è perché ogni giorno la plachi. Dunque, nemmeno la buona salute è in noi perfetta.

La falsa giustizia non soddisfa né salva.

12. Voglia prestare attenzione la vostra Carità al senso che noi diamo alla parola "povero", affinché godiamo in Dio ed eleviamo gli occhi a colui che abita nel cielo. Le nostre non sono vere ricchezze : chi le possiede sente accrescersi la voglia d'averne sempre di più. La salute del nostro corpo non è vera salute : portiamo infatti una fragilità che da ogni parte include difetto. Dovunque ci si volga, siamo fiacchi. Non troviamo stabilità nemmeno nelle cose che dovrebbero essere nostro sostegno. Ecco uno che s'è stancato di stare in piedi. Vuol sedersi ; ma forse che durerà molto a stare seduto ? S'era scelta quella posizione per liberarsi dalla stanchezza ; invece vi si stanca ancora. Chi s'è stancato di vegliare si mette a dormire ; ma forse che non si stancherà di dormire ? Chi s'è stancato di digiunare si ristora col cibo, ma se mangia oltre il bisogno il cibo lo stanca. La nostra debolezza non regge a lungo in nessuna di queste cose. E che diremo riguardo alla rettitudine morale ? Qual grado potremo conseguirne in mezzo a così gravi tentazioni ? Possiamo astenerci dall'omicidio, dall'adulterio, dai furti, dagli spergiuri, dalle frodi ; ma riusciremo ad evitare i cattivi pensieri e i richiami delle passioni disordinate ? Che sorta di giustizia è dunque la nostra ? Ma, nonostante tutto, sentiamoci affamati ed assetati di tutto questo : della vera ricchezza, della vera salute, della vera giustizia. E quale sarà la vera ricchezza ? La dimora nella Gerusalemme celeste. Chi infatti è qualificato come ricco in questa terra ? Ovvero, quando si vuol tessere l'elogio di un ricco come si dice ? È un ricco sfondato, non gli manca nulla. È un elogio che sarà esatto nella bocca di chi lo pronuncia, ma in se stesso non lo è : non è vero, cioè, che, come si afferma, a lui non manchi niente. Osserva se non gli manchi davvero niente. Non gli manca niente se egli non desidera niente ; se invece desidera ancora ricchezze più abbondanti di quelle che ha, tutto il cumulo dei beni acquistati serve solo ad aumentargli la miseria. Viceversa, nella città celeste ci sarà la vera ricchezza, poiché lassù non ci mancherà niente e non avremo bisogno di niente. E ci sarà anche la vera salute. Qual è la vera salute ? La morte sarà assorbita nella vittoria e il nostro [corpo] corruttibile sarà rivestito d'incorruttibilità e il nostro [corpo] mortale sarà rivestito d'immortalità (Cf. 1Co 15,53-54) : ecco la vera salute. E ci sarà vera e perfetta sanità, nel senso che non potremo né fare né pensare alcunché di male. Adesso però [siamo miseri] poveri, bisognosi ; e sospiriamo, gemiamo, preghiamo elevando a Dio i nostri occhi. Adesso infatti ci disprezzano coloro che si trovano nella prosperità mondana, e questi sono la gente che diguazza nell'abbondanza. E ci disprezzano anche coloro che, secondo il mondo, sono sventurati. Questo, perché anch'essi sono gente che abbonda : abbonda cioè della falsa giustizia di cui han pieno il cuore. Quanto a te, se vuoi conseguire la vera giustizia, sèntiti privo di essa e va' a mendicarla. Ascolta il Vangelo : Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, poiché saranno saziati (Mt 5,6).


Agostino Salmi 122