Agostino Salmi 459

459 4. Ascolta quale sia la legge di cui parla, se non hai ancora compreso trattarsi della legge della carità. Ascolta l'Apostolo : Portate a vicenda ciascuno i pesi dell'altro e così adempirete la legge di Cristo (Ga 6,2). Chi è in grado di portare i pesi dell'altro, se non chi ha la carità ? Coloro che mancano di carità son pesanti l'uno per l'altro ; coloro che hanno la carità portano vicendevolmente i loro pesi. Ecco uno che ti ha danneggiato ma viene a chiederti perdono. Se tu non gli perdoni, non porti il peso di quel tuo fratello ; se lo perdoni, ne sostieni la debolezza. E se tu, in quanto sei uomo, sarai caduto in qualche debolezza, l'altro ti deve sorreggere come tu devi sorreggere lui. Ascolta il testo che precede [le parole citate]. Dice : Fratelli, se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi che siete gli spirituali correggetelo in spirito di dolcezza. L'avvertimento è rivolto agli spirituali, che forse si sarebbero potuti considerare sicuri. Per metterli però in guardia aggiunge immediatamente : Badando a te stesso per non essere anche tu tentato. Poi seguono le parole che riferivo sopra : Portate a vicenda ciascuno i pesi dell'altro e così adempirete la legge di Cristo (Ga 6,1). Al riguardo dice [il salmo] : Per amore della tua legge io ti ho atteso, Signore. Si racconta che i cervi, quando vogliono recarsi a pascolo in certe isole lontane dalla costa, per attraversare la lingua di mare [che ne li separa] poggiano la testa sulla schiena altrui. Succede così che uno soltanto, quello che apre la fila, tiene alta la propria testa senza appoggiarla sugli altri ; quando però egli si è stancato, si toglie dal davanti e si mette per ultimo, sicché anche lui può appoggiarsi sul compagno. In questo modo tutti insieme portano i loro pesi e giungono alla meta desiderata : non affondano perché la carità fa loro come da nave. Sì, veramente la carità sopporta i pesi [degli altri] ; né c'è da temere che per questo venga compressa. Ciascuno stia all'erta per non essere schiacciato dai propri peccati, poiché, quando ti carichi della fragilità del tuo fratello, i peccati da lui commessi non graveranno su di te, a meno che tu non vi consenta. Ma in questo caso a schiacciarti non sono più i peccati altrui ma i tuoi, poiché quando si consente alla cattiva condotta di un peccatore, non ci si carica dei peccati altrui ma dei propri. Il consenso al peccato del prossimo lo trasforma in peccato tuo, sicché non puoi per nulla lamentarti che ti opprimano i peccati degli altri. Questo ti si vuol dire in una parola : È vero che ti opprimono, ma son roba tua. Hai visto un ladro e di corsa sei andato insieme con lui (Cf. Ps 49,18). Che significa questo ? Che ti sei mosso anche tu per recarti a rubare ? No, ma semplicemente che con la tua intenzione ti sei fatto tutt'uno col ladro per cui la colpa, che altrimenti sarebbe stata soltanto del ladro, è diventata anche tua : tua perché ci hai provato gusto. Se viceversa la condotta del tuo prossimo non ti fosse piaciuta, se tu avessi pregato per lui, se richiesto del perdono glielo avessi accordato prontamente (al fine di poter dire a fronte alta la preghiera composta per te dal tuo celeste Legislatore : Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori) (Mt 6,12), allora dimostreresti d'aver imparato a portare i pesi degli altri. Di rimando anche il tuo fratello porterebbe più agevolmente i tuoi, se ne hai, e in voi si realizzerebbe il comando dell'Apostolo : Portate a vicenda ciascuno i pesi dell'altro, e così adempirete la legge di Cristo (Ga 6,2). Inoltre, stando così le cose, potrai cantare con animo tranquillo le parole or ora recitate : Per amore della tua legge ti ho atteso, Signore.

I peccati leggeri non vanno sottovalutati.

5. Chi non si conserva fedele a questa legge non attende il Signore, o, se pur volesse vivere nella sua attesa, lo farebbe invano, non avendone alcuna ragione. Venendo infatti il Signore, troverebbe i tuoi peccati, non la giustizia perfetta in conformità della quale tu sia vissuto. Forse non troverà in te colpe gravi ed enormi : non troverà omicidi, adulteri, furti, rapine, malefizi o idolatrie, nulla di tutto questo. Allora non troverà niente [di male] ? Ascolta la parola del Vangelo : Chi avrà dato dello stupido al proprio fratello... Da simili peccati di lingua, siano pur piccoli, chi è esente ? Ma tu forse dici : Son roba da poco. Ti replica [il Vangelo] : Costui merita il fuoco dell'inferno (Mt 5,22). Se dare dello stupido al tuo fratello ti sembra cosa da poco o addirittura insignificante, ti sembri grave almeno la pena del fuoco eterno. Se non calcoli il peccato, ritenuto leggero, spaventati almeno per la gravità del castigo. Ma vorrai insistere : Son coserelle, sono minuzie, dalle quali non può andare esente la vita quaggiù. Orbene, raccogli tutte queste minuzie e vedrai se non formino una massa enorme. Come i chicchi di grano : son tanto piccoli, eppure formano un grosso mucchio ; o come le goccioline d'acqua : le quali, pur essendo tanto piccole, formano i fiumi e trascinano persino i macigni. Il salmista medita sugli innumerevoli peccati, piccoli se si vuole, che l'uomo commette ogni giorno, non foss'altro col pensiero e con la lingua. Ne considera il numero e, pur consapevole che si tratta di colpe leggere, tuttavia non gli sfugge che mettendo insieme molti peccati leggeri si fa un mucchio grande. Pare voglia pensare non tanto alle colpe personali commesse in passato quanto piuttosto alla fragilità umana in se stessa, e avviato ormai alle sue ascese grida : Dal profondo ho gridato a te, Signore ; Signore ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica. Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere ? Potrò, sì, evitare gli omicidi, gli adulteri, le rapine, gli spergiuri, i malefizi, l'idolatria ; ma potrò evitare anche i peccati di lingua e di cuore ? E siccome sta scritto : Il peccato è un'iniquità (1Jn 3,4), per questo se tu ti metterai a scrutare le iniquità, chi potrà resistere ? Se deciderai di trattarci da giudice severo e non da padre misericordioso, chi potrà sostenere il tuo sguardo ? Ma presso di te c'è propiziazione [e] per amore della tua legge ti ho atteso, Signore. Qual è questa legge ? Portate a vicenda ciascuno i pesi degli altri e così adempirete la legge di Cristo (Ga 6,4). Chi son coloro che portano vicendevolmente i propri pesi ? Coloro che con verità dicono : Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12).

La nostra speranza di salvezza e resurrezione.

6. La mia anima è rimasta salda nella tua parola. Nessuno rimane saldo nell'attesa se non colui che ancora non ha ricevuto quel che gli è stato promesso. Se infatti lo si è già ricevuto, come aspettarlo ancora ? Ebbene, noi abbiamo ricevuto la remissione dei peccati ma ci è stato promesso il Regno dei cieli. Sono stati annullati i nostri debiti, ma non è giunta ancora la ricompensa. Abbiamo il perdono, non ancora la vita eterna. Tuttavia lo stesso che ci ha dato il perdono ci ha promesso la vita eterna. Se si trattasse d'una parola nostra, dovremmo temere ; trattandosi di una parola di Dio, non ci deluderà : con ogni sicurezza anzi noi speriamo nella parola di colui che non può ingannare. L'anima mia ha sperato nel Signore dalla veglia del mattino fino a notte. Cosa vuol dire con queste parole ? Forse che ha sperato nel Signore per la durata di un giorno e poi tutta la sua speranza è finita ? Dalla veglia del mattino fino a notte ha sperato nel Signore. La veglia del mattino [di cui il salmo] rappresenta la fine della notte : da allora fino a notte l'anima mia ha sperato nel Signore. Occorre però intendere il senso esatto della frase, per evitare la conclusione che la nostra speranza nel Signore debba durare un giorno soltanto. Dalla veglia del mattino fino a notte. Che ve ne pare, fratelli ? La mia anima ha sperato nel Signore dalla veglia del mattino fino a notte, èun'espressione da riferirsi al fatto che il nostro Signore, per i cui meriti ci sono stati rimessi i peccati, risuscitò da morte durante la veglia del mattino, e su questa base anche noi possiamo attendere per noi stessi quel che in anticipo è avvenuto nella persona del Signore. Sono stati, quindi, rimessi i nostri peccati, ma non siamo ancora risorti. Se non siamo risorti, non s'è avverato in noi ciò che invece si è avverato nel nostro Capo. Cos'è accaduto nel nostro Capo ? Nel nostro Capo è risorta anche la carne, poiché, quanto all'anima, forse che essa incorse nella morte ? Risorse ciò che in lui era morto e risorse il terzo giorno. Con questo il nostro Signore ci ha come detto : Quel che avete visto in me, speratelo anche per voi. Cioè : Essendo io risuscitato, risorgerete anche voi.

La resurrezione di Cristo garanzia della nostra resurrezione.

7. Potrebbe tuttavia dire qualcuno : È vero che il Signore è risorto, ma è proprio per questo motivo che io posso sperare di risorgere ? Sì, proprio per questo. Il Signore infatti è risorto in ciò che aveva preso da te. Non sarebbe risorto se prima non fosse morto, né sarebbe morto se non si fosse rivestito di carne. Cosa aveva assunto da te il Signore ? La carne. Cos'era invece lui che venne [a incarnarsi] ? Il Verbo di Dio, esistente prima di tutte le cose e per opera del quale tutte le cose furono create. Per assumere qualcosa di tuo, il Verbo si fece carne ed abitò fra noi (Cf. Jn 1,3-14). Prese del tuo e l'offrì per te, come fa adesso il sacerdote, il quale, quando tu vuoi placare Dio dei tuoi peccati, prende da te l'offerta e la presenta [a Dio] in tuo nome. È quel che accadde [in Cristo] : esattamente così. Egli, nostro sacerdote, prese del nostro e l'offrì per noi : prese la nostra carne e in questa carne divenne vittima, olocausto, sacrificio. Nella passione divenne nostro sacrificio, nella resurrezione portò a vita nuova ciò che era stato ucciso e lo presentò a Dio come una tua primizia ; e disse a te : Essendo stata offerta a Dio una primizia di te stesso nella mia carne, tutte le cose tue sono ormai consacrate al Signore. Abbi dunque fiducia che quanto s'è realizzato in anticipo nella tua primizia si realizzerà in te.

I beni che il cristiano è autorizzato a sperare.

8. Siccome dunque egli risuscitò durante la veglia del mattino, da quello stesso momento la nostra anima cominciò a sperare. E fino a quando spererà ? Fino alla notte, cioè fino alla morte. È infatti, la nostra morte corporale, una specie di sonno ; e, se tu da quando il Signore è risuscitato hai cominciato a sperare, non venir meno in questa tua speranza finché non sia l'ora di uscire da questa vita. Se infatti non spererai fino alla notte, si vanificherà ogni tua speranza nutrita antecedentemente. Ci sono in effetti certuni che, concepita una speranza, non vi perseverano fino alla notte. Cominciano a rovesciarsi su di loro tribolazioni e prove, e vedendo i cattivi e i disonesti godere di prosperità temporali vacillano i loro piedi, e perdono ogni speranza. Anch'essi infatti avevano sperato dal Signore le stesse cose, essere cioè fortunati in questo mondo ; e si smarriscono al vedere che anche gli scellerati posseggono quei beni che essi ambivano possedere. Come mai ? Perché non avevano cominciato a sperare fin dalla veglia del mattino. E che significa questo ? Non s'erano decisi a sperare dal Signore ciò che nella persona stessa del Signore s'era anticipatamente realizzato in quella [ben nota] veglia del mattino, ma dal Signore speravano che, facendosi cristiani, avrebbero ottenuto una casa piena di frumento, di vino, di olio, d'argento e d'oro ; che nessuno di loro sarebbe morto di morte prematura ; che avrebbero avuto figli anche se prima non ne avevano avuti ; che, se prima non erano riusciti a sistemarsi, poi si sarebbero sistemati ; che nella loro casa non sarebbero successi aborti non solo quanto a persone ma nemmeno quanto a bestiame ; che il vino delle loro botti non si sarebbe inacidito né le loro vigne sarebbero state colpite dalla grandine. Sperando queste cose dal Signore, si son subito accorti che ne hanno in abbondanza anche coloro che non servono il Signore, ed ecco allora vacillare il loro piede (Cf. Ps 72,2-3). Non han saputo sperare fino alla notte poiché la loro speranza non era cominciata dalla veglia del mattino.

Come Cristo, il cristiano risorgerà a vita immortale.

9. Chi dunque comincia a sperare fin dalla veglia del mattino ? Colui che dal Signore si attende le realtà che egli iniziò a mostrare la mattina della sua resurrezione. Nessuno infatti prima di quel giorno era risorto a una vita immortale. Mi voglia comprendere la vostra Carità. Prima della venuta del Signore c'erano stati dei morti che risuscitarono. Uno, ad esempio, ne risuscitò Elia (Cf. 17, 22) e un altro Eliseo (Cf 4 Rg 4, 35), ma risorsero per morire di nuovo. E così quelli che risuscitò il Signore : risorsero per morire di nuovo. Si tratti di quel giovane figlio della vedova (Cf. Lc 7,15), o di quella ragazza dodicenne, figlia dell'archisinagogo (Cf. Lc 8,55) o di Lazzaro (Cf. Jn 11,44). Risorsero in condizioni diverse l'uno dall'altro, ma tutti per morire di nuovo. Nacquero una sola volta, morirono due. Nessuno mai risuscitò per non più morire all'infuori del Signore. E quando risuscitò il Signore per non morire mai più ? Durante la veglia del mattino. Questo devi sperare anche tu dal Signore, cioè di risorgere non come Lazzaro o come il figlio della vedova o come la figlia del capo della sinagoga e nemmeno come quei tali che furono risuscitati dagli antichi profeti. Spera di risorgere come risorse il Signore, vale a dire in modo che, una volta risorto, non debba più temere la morte. Se così farai, avrai cominciato a sperare fin dalla veglia del mattino.

460 La speranza ci accompagni fino al raggiungimento dei beni eterni.

10. Continua poi a sperare fino alla notte, cioè finché non termini la tua vita [terrena], finché per tutto il genere umano non giunga la notte, al tramonto del tempo presente. Perché fino a quell'ora ? Perché dopo tale notte non vi sarà più luogo per la speranza, essendosi raggiunta la realtà in se stessa. Lo dice l'Apostolo : La speranza di cose che si vedono non è più speranza. Ciò che infatti uno vede, come fa a sperarlo ? Se viceversa speriamo cose che non vediamo, attendiamole con pazienza (
Rm 8,24-25). Se quindi è nostro dovere aspettare pazientemente le cose che non vediamo, attendiamole fiduciosi fino alla notte, finché cioè non giunga la fine della nostra vita o del mondo intero. Quando questa notte sarà passata, arriverà ciò che avevamo sperato e quindi non lo spereremo più. Non per questo tuttavia saremo nella disperazione. È vero che il nome " disperato " contiene ingiuria e a volte, per esprimere l'abominazione che abbiamo per una persona, diciamo : È un disperato. Tuttavia non sempre è un male essere senza speranza. Finché siamo in questa vita è certo un male essere senza speranza, in quanto nessuno che ora sia privo di speranza otterrà in futuro la realtà [promessa] ; quindi al presente dobbiamo avere la speranza. Ma quando saremo giunti al possesso della realtà, forse che ci sarà ancora posto per la speranza ? Ciò infatti che uno vede, come fa a sperarlo ? Verrà il Signore nostro Dio e al genere umano mostrerà prima di tutto la natura nella quale fu crocifisso e risuscitò, in modo che la vedano e i fedeli e gli empi. Vedendola, i primi si rallegreranno potendo toccare con mano quel che prima avevano creduto senza vedere, mentre gli altri si sentiranno confusi per non aver prima creduto a ciò che allora vedranno. Questi che si sentiranno confusi saranno allora condannati ; gli altri, quelli che si saranno allietati, riceveranno la corona. A chi è nella vergogna sarà detto : Andate nel fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli ; a chi invece già pregusta la gioia : Venite, benedetti del Padre mio, possedete il regno che vi è stato preparato fin dall'origine del mondo (Mt 25,41 Mt 25,34). Ottenuto questo [regno], non ci sarà più posto per la speranza, poiché si è in possesso della realtà. Finito allora il tempo della speranza, sarà finita la notte ; ma finché non giungerà quel momento, la nostra anima speri nel Signore a cominciare dalla veglia del mattino.

La speranza sostegno dei martiri.

11. Insiste sull'espressione : Dalla veglia del mattino Israele speri nel Signore. Dalla veglia del mattino fino alla notte l'anima mia ha sperato nel Signore. Cosa ha sperato ? Dalla veglia del mattino Israele speri nel Signore. Non solamente Israele speri nel Signore, ma dalla veglia del mattino Israele speri. Sarà dunque cosa riprovevole la speranza di cose terrene quando le si spera da Dio ? No, ma la speranza che distingue Israele è diversa. Che Israele non si riprometta come suo bene supremo le ricchezze o la salute fisica o l'abbondanza dei beni terreni ! Gli toccherà anzi sostenere tribolazioni o già, forse, ha esperimentato molestie a causa della verità. Speravano in Dio i martiri, eppure ebbero in sorte gli stessi tormenti degli assassini e dei malfattori : furono gettati in pasto alle belve, bruciati, decapitati, scarnificati, incatenati e uccisi in prigione. Mentre subivano questi mali, forse che non speravano nel Signore ? ovvero vi speravano per essere esentati dalle sofferenze e potersi godere la vita presente ? Certo no. Essi speravano [in Dio] fin dalla veglia del mattino. Che significa questo ? Significa che essi non perdevano di vista quella veglia mattutina in cui il loro Signore era risorto e si ricordavano come anche lui, prima di risorgere, aveva affrontato le stesse sofferenze che ora essi subivano. In tal modo erano fiduciosi che, passati tutti i tormenti, sarebbero anche loro risorti per la vita eterna. Israele ha sperato nel Signore dalla veglia del mattino fino alla notte.

La misericordia divina non ha limiti.

12. [vv 7.8.] Perché presso il Signore [c'è] la misericordia e abbondante [è] presso di lui la redenzione. Splendido ! Nulla di meglio si sarebbe potuto dire in riferimento a quanto detto sopra : Dalla veglia del mattino Israele speri nel Signore. Perché ? Perché il Signore risorse durante la veglia del mattino e il corpo deve ripromettersi la stessa sorte che l'ha preceduto nel Capo. Tuttavia a questo punto potrebbe insinuarsi un'idea come questa : È vero che il Capo risorse, ma lui lo poté perché non era gravato di peccati, che anzi ne era completamente esente ; ma di noi che ne sarà ? Noi siamo sotto il peso di tanti peccati ; potremo ciononostante sperare la stessa resurrezione del Signore ? Osserva bene come continua : Presso il Signore c'è la misericordia e abbondante è presso di lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe. Per quanto dunque l'uomo si senta gravato di colpe, c'è sempre la misericordia di Dio. Anzi, se è andato innanzi a noi uno che era senza peccato, l'ha fatto proprio per eliminare i peccati di chi l'avrebbe seguito. Non riponete in voi stessi la vostra fiducia ma volgetela a quella veglia del mattino. Fissate lo sguardo sul vostro Capo, risorto e asceso al cielo. In lui non c'era colpa, e per suo mezzo saranno cancellate anche le colpe vostre. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe. Israele poté vendersi e diventare schiavo del peccato, ma da solo non potrà redimersi dalle iniquità. Lo potrà redimere solamente colui che [al peccato] non poté vendersi. Colui che fu senza peccato è il Redentore [che libera] dal peccato. Egli redimerà Israele. Da che cosa lo redimerà ? Da questa colpa o da quella ? Lo redimerà da tutte le sue colpe. Chi pertanto vuole avvicinarsi a Dio non ha più da temere per alcuna sua iniquità ; deve solo andare a lui con tutto il cuore e smetterla con le azioni [cattive] commesse in passato. Non deve dire : Quella tal colpa non mi sarà rimessa. Dicendo così infatti, e proprio per la convinzione che ha di non poter essere perdonato di quella colpa, dimostra di non essersi convertito, per cui, continuando nelle colpe [precedenti], gli succederà che non gli venga davvero perdonato nemmeno il male di cui non aveva timore. Dice : Ho commesso un grave delitto, un delitto irremissibile ; mi abbandonerò anche ad altri delitti, poiché tanto perdo quanto ometto di fare. Non temere ! Sei nell'abisso ; non sottovalutare l'occasione che hai di gridare al Signore da codesto abisso e di dirgli : Se scruterai le colpe, Signore, chi, Signore, potrà resistere ? Fissa su di lui lo sguardo, aspettalo, sta' saldo nell'amore della sua legge. Qual è la legge che egli ti ha data ? Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12). Spera nella tua resurrezione, quando finalmente sarai senza peccato come fu senza peccato colui che per primo risuscitò. Spera a cominciare dalla veglia del mattino, e non dire : Io non ne son degno a causa dei miei peccati. È vero che tu non ne sei degno, ma abbondante è presso di lui la redenzione : egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.

SUL SALMO 130

130 Ps 130

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Il credente è tempio di Dio e membro del corpo di Cristo.

1. Nel presente salmo ci si inculca l'umiltà di quel fedele servo di Dio dalla cui voce esso è cantato e che è l'intero corpo di Cristo. Spesse volte infatti abbiamo richiamato alla vostra attenzione che la voce di chi canta [nel salmo] non deve intendersi come voce di un singolo individuo ma come voce di tutti i componenti il corpo di Cristo. E siccome questi " tutti " sono compaginati nel suo corpo, possono parlare come un solo uomo : in effetti i molti e l'uno sono una stessa entità. In se stessi sono molti, nell'unità dell'unico [Cristo] sono uno solo. E questo corpo di Cristo è anche tempio di Dio, secondo le parole dell'Apostolo : Santo è il tempio di Dio e questo siete voi (1Co 3,17), voi cioè che credete in Cristo con quella fede che comporta l'amore. Credere in Cristo è infatti la stessa cosa che amare Cristo. Non come credevano i demoni (Cf. Jc 2,19), senza amore cioè, sicché pur credendo dicevano : Che c'è in comune fra noi e te, o figlio di Dio ? (Mt 8,29) Noi dobbiamo credere in modo tale che la nostra fede in Cristo sia un tratto di amore. La nostra parola non deve essere : Cosa c'è in comune fra noi e te ? ma : Noi siamo tuoi, avendoci tu riscattati. Quanti credono in questa maniera sono, per così dire, le pietre vive con le quali è costruito il tempio di Dio (Cf. 1P 2,5) ; sono il legno incorruttibile con cui fu formata l'arca che le acque del diluvio non riuscirono a sommergere (Cf. Gn 6,14). Essi sono ancora il tempio di Dio - si tratta ovviamente sempre di uomini ! - nel quale Dio viene pregato e dal quale egli esaudisce. Chi prega Dio al di fuori di questo tempio non viene esaudito col conseguimento della pace propria della Gerusalemme celeste, sebbene venga esaudito quanto a certe richieste di beni temporali che Dio elargisce anche ai pagani. In tal senso una volta furono esauditi anche i demoni, quando fu loro concesso di entrare nei porci (Cf. Mt 8,31-32). Ben altra cosa è l'essere esaudito in ordine alla vita eterna, e questo non è concesso se non a chi prega nel tempio di Dio. Ora nel tempio di Dio prega soltanto colui che prega nella pace della Chiesa, nell'unità del corpo di Cristo. Questo corpo di Cristo consta di molti credenti sparsi su tutta la terra, ed è per questo che chi prega nel tempio viene esaudito. Chi prega nella pace della Chiesa prega in spirito e verità (Cf. Jn 4,21-24), né la sua preghiera è fatta in quel tempio che era solamente una figura.

Il peccato è una fune che avvince il colpevole.

2. Aveva valore figurativo il gesto del Signore quando cacciò dal tempio quella gente intenta ai loro affari, che cioè era andata al tempio per vendere e comprare (Cf. Jn 2,15). Se pertanto quel tempio era un simbolo, ne segue chiaramente che anche nel corpo di Cristo - che è il vero tempio, mentre l'altro ne era una figura - c'è tutto un miscuglio di compratori e di venditori, di gente cioè che cerca i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo (Cf. Ph 2,21). Essi però vengono scacciati con flagelli di corda. La corda infatti rappresenta i peccati, come è detto dal profeta : Guai a coloro che si trascinano appresso i loro peccati come una lunga fune (Is 5,18). A trascinarsi dietro i peccati come una lunga fune son coloro che aggiungono peccati a peccati, coloro che per coprire un peccato ne fanno un altro. Per fare una corda infatti si uniscono fili a fili, non disponendoli l'uno appresso l'altro ma attorcigliandoli insieme ; così [nell'uomo] ogni cosa diviene tortuosa quando a peccato si aggiunge peccato, e dal peccato trae origine un nuovo peccato, che a sua volta si collega a un terzo sino a farne una lunga fune. Gente siffatta cammina per vie tortuose e per nulla diritto è il suo procedere (Cf. Jb 6,18). Alla fine però a che cosa approderà una fune di questo tipo, se non a legare mani e piedi il colpevole e a cacciarlo nelle tenebre esteriori ? Ricordate infatti quel che si dice nel Vangelo nei riguardi di un certo peccatore : Legatelo per le mani e per i piedi e gettatelo nelle tenebre esteriori : ivi sarà pianto e stridore di denti (Mt 22,13). Non gli si sarebbero potute legare le mani e i piedi se lui stesso non si fosse preparato la corda ; come in un altro passo scritturale è detto nella maniera più esplicita : Ogni empio è legato con le funi dei propri peccati (Pr 5,22). In conclusione, gli uomini sono castigati dal loro stesso peccato, e fu per questo motivo che il Signore fece un flagello di corde e con esso scacciò dal tempio quanti cercavano il proprio interesse non gli interessi di Gesù Cristo (Cf. Ph 2,22).

L'assemblea dei fedeli è tempio e corpo di Cristo.

461 3. Nel salmo [che stiamo trattando] risuona la voce di questo tempio. Come ho detto, infatti, è in questo tempio che si invoca Dio in spirito e verità e lì egli esaudisce : non nel tempio materiale [del giudaismo], dove c'era soltanto un'immagine rappresentativa di ciò che sarebbe avvenuto più tardi. L'antico tempio è stato abbattuto ; ma forse che per questo è rovinata anche la casa della nostra preghiera ? Tutt'altro ! Non si può infatti chiamare casa della nostra preghiera il tempio che venne abbattuto, se di questa casa della preghiera dice la Scrittura : La mia casa sarà chiamata casa della preghiera per tutte le genti (Mt 21,12-13). E voi avete ascoltato le parole pronunciate a sua volta dal nostro Signore Gesù Cristo : Sta scritto : La mia casa sarà chiamata casa della preghiera per tutte le genti : ma voi l'avete fatta spelonca di ladri (Jn 2,14-16). Ma questi tali che vollero fare della casa di Dio una spelonca di ladri riuscirono forse a distruggere il tempio ? Lo stesso è da dirsi di quanti nella Chiesa cattolica menano una vita riprovevole : per quanto sta in loro vorrebbero ridurre la casa di Dio a una spelonca di ladri, ma non per questo riusciranno ad abbattere il tempio. Verrà infatti il tempo quando saranno scacciati fuori mediante la fune dei loro peccati. Quanto invece al tempio di Dio, cioè al corpo di Cristo, all'assemblea dei fedeli, una sola ne è la voce, e come un solo uomo così canta nel salmo. Questa voce già l'abbiamo udita in parecchi salmi, ascoltiamola anche in questo. Se lo vogliamo, sarà anche la nostra voce ; se lo vogliamo, potremo insieme ascoltare il cantore ed essere noi stessi nel nostro cuore dei cantori. Se al contrario non lo vogliamo, saremo dentro quel tempio come gente che compra e vende : saremo cioè persone che cercano se stesse. Entreremo nella Chiesa ma non per compiervi ciò che piace agli occhi di Dio. Ognuno di voi pertanto esamini con quali disposizioni ascolti [il salmo] : se l'ascolta per deriderlo, se l'ascolta per buttarselo dietro le spalle, ovvero se l'ascolta per sintonizzarsi con esso, se cioè vi riconosce la propria voce e agli accenti del salmo unisce gli accenti del proprio cuore. Sta di fatto comunque che alla voce del salmo non si può imporre di tacere. Chi può, o meglio chi vuole, si lasci istruire ; chi non vuole non frapponga ostacoli. Lasciamoci inculcare l'umiltà, poiché con tale raccomandazione comincia.

L'umiltà sacrificio accetto a Dio.

4. [v 1.] Signore, il mio cuore non s'è innalzato. Ha offerto un sacrificio. Da che cosa ricaviamo che ha offerto un sacrificio ? Perché è sacrificio l'umiltà del cuore. Lo si dice in un altro salmo : Perché se tu avessi voluto un sacrificio certamente te lo avrei offerto (Ps 50,18). Voleva soddisfare Dio per i peccati, voleva propiziarselo al fine di ottenere il perdono dei peccati, e quasi chiedendosi il modo come poterselo propiziare dice : Se tu avessi voluto un sacrificio, certamente te lo avrei offerto. Ma tu non gradisci gli olocausti. Inutilmente, quindi, per placare Dio andava in cerca d'arieti, di tori o di vittime consimili. E allora ? Se Dio non si compiace di olocausti, vorrà dire che non accetta alcun sacrificio o che lo si placa senza sacrificio ? Se non c'è sacrificio non c'è nemmeno sacerdozio. Eppure è certo che abbiamo un sacerdote. Lo abbiamo nel cielo, dove interpella il Padre a nostro favore (Cf. He 9,12). Egli entrò nel santo dei santi, al di là del velo, dove il pontefice-simbolo, non entrava se non una volta all'anno : come, del resto, anche il Signore nell'intero arco della sua vita fu immolato soltanto una volta. Sacerdote e insieme vittima, egli offrì se stesso ed entrò una sola volta nel santo dei santi e da allora egli più non muore né la morte ha alcun potere su di lui. Siamone certi : abbiamo un sacerdote. Pertanto dobbiamo offrire la nostra vittima (Cf. Rm 6,9). Ma vediamo subito quale sia l'offerta che dobbiamo presentare, dal momento che il nostro Dio - come avete udito nel salmo - non si compiace degli olocausti. C'è però nel seguito [del salmo] la descrizione di ciò che offrirà : Sacrificio a Dio è lo spirito contrito ; Dio non disprezza il cuore contrito e umiliato (Ps 50,19). Ebbene, se sacrificio [accetto] a Dio è il cuore umiliato, ha offerto un sacrificio colui che diceva : Signore, non si è insuperbito il mio cuore. In un altro brano osservalo fare la stessa offerta. Dice a Dio : Vedi la mia umiltà e il mio travaglio, e rimetti tutti i miei peccati (Ps 24,18).

Istruttivo l'episodio di Simon Mago.

5. Signore non si è insuperbito il mio cuore ; né si sono levati alteri i miei occhi ; non ho ambito cose grandi, né cose straordinarie sopra le mie forze. Ripetiamolo in forma più semplice e comprensibile. Non sono stato superbo, non ho voluto richiamare l'attenzione altrui, come chi è capace di cose strabilianti. Non ho ambito cose superiori alle mie forze, per avere di che pavoneggiarmi presso gli indotti. Mi presti attenzione la vostra Carità ! Grande è la cosa che ci si inculca. E voi ricorderete quel tal mago di nome Simone, che volendo spingersi sopra di sé e camminare fra cose straordinarie, si lasciò affascinare più dalla potenza degli Apostoli che non dalla santità dei cristiani. Vide che per l'imposizione della mano degli Apostoli e per la loro preghiera Dio dava ai credenti lo Spirito Santo. Che fosse lo Spirito Santo a scendere in quelle occasioni lo dimostrava il miracolo che tutti coloro sui quali scendeva lo Spirito Santo cominciavano a parlare lingue mai imparate. - Non che adesso non venga dato lo Spirito Santo perché i credenti non parlano le lingue [come allora], ma allora fu necessario che si parlasse in più lingue per dimostrare che genti di ogni lingua avrebbero creduto in Cristo, mentre adesso che il simbolo è divenuto realtà il miracolo è cessato. - Vedendo dunque Simone quanto accadeva, volle lui stesso compiere gli stessi miracoli, non diventare [santo] come gli altri, e voi sapete che egli immaginò potersi appropriare dello Spirito Santo sborsando del denaro. Era insomma uno di quelli che entrano nel tempio per comprare e vendere : voleva comprare ciò che all'occorrenza avrebbe rivenduto. È un fatto, miei fratelli, che egli era di questa tinta e con tali intenzioni s'era cacciato in mezzo a loro ; ma il Signore cacciò dal tempio coloro che vendevano le colombe, dove la colomba raffigurava appunto lo Spirito Santo. Ebbene, Simone voleva comprare la colomba e vendere la colomba ; ma il Signore Gesù Cristo, che aveva dimora in Pietro, gli si avvicinò e col flagello fatto di corde cacciò via l'empio mercante (Cf. Ac 8,18-23).

Unità e varietà di membra nel corpo di Cristo.

6. C'è dunque della gente che gode nel fare miracoli e da chi nella Chiesa ha compiuto progressi [spirituali] pretende il miracolo ; anzi loro stessi vogliono compierne illudendosi d'essere avanti nella perfezione. Se invece non ci riescono, concludono di non appartenere a Dio. Ben diverso è il pensiero del Signore nostro Dio, il quale sa dare a ciascuno ciò che è opportuno. Per mantenere ben compaginato e in pace il suo corpo, così apostrofa la Chiesa per bocca dell'Apostolo : Non può dire l'occhio alla mano : non ho bisogno di te ; o similmente la testa ai piedi : non ho bisogno di voi. Se il corpo fosse tutto occhio, dove l'udito ? Se il corpo fosse tutto udito, dove l'odorato ? (1Co 12,21-17) Osservate quindi, o fratelli, le nostre membra e come ciascun membro abbia la sua funzione. L'occhio vede ma non ode ; l'orecchio ode ma non vede ; la mano lavora ma non ode né vede : il piede cammina ma non ode né vede né lavora come la mano. Il corpo quindi forma una unità e, se è sano e le membra non sono in discordia fra loro, l'orecchio vede attraverso l'occhio e l'occhio ode attraverso l'orecchio ; né alcuno può rinfacciare all'orecchio la carenza della facoltà visiva dicendogli : Tu non conti nulla, tu sei di rango inferiore ! puoi forse, come l'occhio, vedere e distinguere i colori ? Sulla base della pace che regna nel corpo, ti risponderebbe l'orecchio : Io sono dov'è l'occhio ; sono nello stesso corpo, e se in me stesso non ho la vista vedo ad opera di colui al quale sono unito. Allo stesso modo, come l'orecchio dice : L'occhio vede per me, così l'occhio dice : L'orecchio ascolta per me ; e gli occhi e le orecchie dicono : Le mani lavorano per noi, e le mani dicono : Gli occhi e le orecchie vedono e odono per noi ; e gli occhi e le orecchie e le mani dicono : I piedi camminano per noi. Quando le diverse membra esplicano la loro attività nell'ambito d'uno stesso corpo, se si tratta d'un corpo sano e le membra sono in armonia, godono tutte e ciascun membro gode dell'altro (1Co 12,26). Che se qualche membro prova dolore, le altre membra non si disinteressano ma partecipano al dolore comune. Eccovi, ad esempio, i piedi. Essi nel corpo sono, per così dire, distanti dagli occhi : questi infatti si trovano in alto, mentre i piedi sono nella estremità più bassa. Ma se per caso un piede pesta uno spino, forse che gli occhi si disinteressano [dell'accaduto] ? O non piuttosto, come sempre osserviamo, tutto il corpo si contrae, e ci si siede e ci si curva per trovare lo spino conficcatosi nella pianta del piede ? Tutte le membra fanno del loro meglio perché venga estratto lo spino conficcatosi nell'infima e più insignificante parte del corpo. Ne segue, fratelli, che se un membro del corpo di Cristo non ha il potere di risuscitare i morti, non deve aspirare a tanto ; deve solo cercare di non dissentire dal [resto del] corpo, come dissentirebbe quell'orecchio che pretendesse di vedere. In effetti non gli sarà mai possibile mettere in opera una facoltà che non ha ricevuta. Si potrebbe anche supporre che qualcuno gli muova obiezioni di questo genere : Se tu fossi una persona giusta, risusciteresti i morti come ne risuscitò Pietro. Si sa infatti che gli Apostoli, per virtù di Cristo, fecero opere maggiori che non lo stesso Signore (Cf. Jn 14,12). Ma come può essere che i tralci riescano a compiere cose più grandi che non la stessa radice ? E in che senso si possono dire più grandi le opere degli uni che non quelle dell'altro ? Eccolo. I morti risuscitarono alla chiamata del Signore ; un morto risorse dinanzi all'ombra di Pietro che passava da quelle parti (Cf. Ac 5,15). Quest'ultimo evento si presenta come più grande del primo, ma Cristo poteva fare i miracoli senza l'intervento di Pietro, Pietro non lo poteva se non in virtù di Cristo. Lo disse [il Signore] : Senza di me non potete far nulla (Jn 15,5). Ebbene, quando un cristiano maturo sente rivolgersi o dai pagani o da persone che non sanno quello che dicono una calunnia di questa sorta, se gli preme restare compaginato a Cristo risponderà : Tu mi rimproveri di non essere giusto perché non faccio miracoli. Potresti dire all'orecchio che non appartiene al corpo perché non ha la facoltà di vedere (Cf. 1Co 12,15-16) ! Insiste : Tu dovresti compiere le stesse cose che compì Pietro. Viceversa ! È stato Pietro che l'ha compiute anche a nome mio, dal momento che io appartengo a quello stesso corpo nel quale agì Pietro. Nell'unità dello stesso corpo, io posso ciò che può lui, dal quale io non sono separato, e se io ho meno possibilità, lui si abbassa alla mia piccolezza, come io viceversa mi congratulo per quanto di superiore è accordato a lui. Lo stesso nostro Signore dal cielo gridò a vantaggio del suo corpo : Saulo, Saulo, perché mi perseguiti ? (Ac 9,4) Nessuno toccava lui personalmente ma il Capo gridava dal cielo a favore del corpo che soffriva sulla terra.

Paolo, schiaffeggiato da satana, purificato da Dio.

7. Occorre in una parola, fratelli, che ciascuno compia il bene che può e che, di fronte a un altro che abbia maggiori poteri, non nutra sentimenti di invidia ma se ne compiaccia, come chi, insieme con l'altro, costituisce uno stesso corpo. D'un uomo siffatto son le parole del salmo che suonano : Signore, non si è insuperbito il mio cuore, né si sono levati alteri i miei occhi ; non ho ambito cose grandi, né cose straordinarie sopra le mie forze. Dice : Non ho cercato cose superiori alle mie forze, non ho ambito possederle o farmici grande. In realtà l'orgoglio per l'abbondanza delle grazie [ricevute] è cosa da temersi profondamente, e perché nessuno si insuperbisca dei doni divini ma piuttosto si mantenga nell'umiltà sta scritto : Quanto più sei grande, tanto più umiliati in tutte le cose, e troverai grazia davanti a Dio (Si 3,20). Sì, veramente, occorre raccomandare con ogni insistenza alla vostra Carità quanto sia da paventarsi l'orgoglio proveniente dai doni ricevuti da Dio, e lo faremo con tanto maggior agio in quanto il salmo, brevissimo, ci permette di parlarne [diffusamente]. Ripensiamo all'apostolo Paolo. Da persecutore egli divenne predicatore [del Vangelo], e nel suo lavoro apostolico conseguì una grazia più copiosa che non gli altri Apostoli. Questo, perché Dio voleva dimostrare all'evidenza che quanto egli dona è roba sua, non risorsa dell'uomo. Così è dei medici la cui abilità professionale risulta veramente efficace quando affrontano un caso disperato ; e così fu del Signore Gesù Cristo, nostro medico e salvatore. Egli si trovava di fronte a un caso disperato : quello di un persecutore della Chiesa ; e proprio lì dimostrò la grandezza della sua potenza, facendone non soltanto un cristiano ma un apostolo ; né soltanto un apostolo, ma un apostolo che, com'egli stesso afferma, avrebbe lavorato più di tutti gli altri (1Co 15,10). Fu favorito di una grazia incomparabile. E voi, fratelli, conoscete come nella Chiesa le epistole dell'apostolo Paolo anche oggi hanno più influsso che non quelle dei suoi compagni d'apostolato. Costoro infatti o non scrissero nulla ma si limitarono a svolgere nella Chiesa un ministero orale, e se ci son lettere che dai falsari vengono attribuite a loro e portano il loro nome, non essendo opera loro vengono rifiutate dalla Chiesa e non approvate ; ovvero, se lasciarono degli scritti, non sono per estensione e abbondanza di grazia paragonabili [a quelli di Paolo]. Orbene questo Apostolo, così ricco di grazia, così insignito di doni divini, cosa dice in un passo [delle sue lettere] ? Affinché non mi inorgoglisca per la grandezza delle mie rivelazioni. Statemi attenti, vi dico una cosa tremenda. Affinché - dice- per la grandezza delle mie rivelazioni non mi inorgoglisca, mi è stato dato lo stimolo della mia carne, un angelo di satana, che mi schiaffeggi (2Co 12,7). Cos'è mai questo, fratelli ? Perché non si inorgoglisse considerandosi [baldo] giovane, viene preso a schiaffi come un ragazzino. E da chi ? Da un angelo di satana. E cos'è quest'angelo ? Si dice che egli fosse martoriato da un atroce dolore fisico : uno di quei dolori che vengono inflitti dai messi di satana, i quali ovviamente non avrebbero un tale potere se loro non fosse stato concesso. In maniera consimile venne messo alla prova il santo Giobbe. Satana ricevette il permesso di tentarlo, e di fatto lo colpì con delle piaghe tali che ne scaturivano putredine e vermi (Cf. Jb 2,7). Lo spirito immondo veniva autorizzato, l'uomo santo veniva rafforzato. Il diavolo, quando si accanisce contro qualcuno, non sa i beni che il suo accanimento produce. Mosso da furore entrò nel cuore di Giuda, e per questa sua rabbia fece consegnare Cristo ai nemici, e, sempre per rabbia, lo fece crocifiggere. Ecco però che, crocifisso Cristo, l'umanità è redenta : sicché il furore che animava il diavolo sì cambiò in danno per lui e in vantaggio per noi. Col suo accanimento infatti egli perse l'uomo che teneva sotto di sé e che venne liberato mediante il sangue del Signore che egli fece versare spinto dalla sua propria rabbia. Se avesse conosciuto il gravissimo danno che gliene derivava, non avrebbe certo fatto versare il prezzo con cui sarebbe stato redento il genere umano. Analogamente fu data a un angelo di satana la facoltà di schiaffeggiare l'Apostolo, di farlo anzi con un certo gusto ; in realtà era l'Apostolo che così veniva curato. E siccome la medicina applicata dal medico era molesta all'infermo, ecco l'infermo supplicare il medico affinché gliela sospendesse. Succedeva come quando il medico decide d'applicare al corpo d'un paziente non so quale infuso, che sebbene doloroso e caldissimo, sia indispensabile per la guarigione di colui che ha il gonfiore. Il malato appena sente il dolore prodotto dal medicamento troppo caldo, si fa a pregare il medico perché glielo levi, ma il medico lo conforta, gli raccomanda la pazienza, ben sapendo l'utilità del medicamento applicato. Così anche l'Apostolo. Continuando il discorso già avviato aveva detto : Mi è stato dato lo stimolo della mia carne, un angelo di satana, che mi schiaffeggi. E ne aveva accennato anche la causa : Affinché non mi inorgoglisca per la grandezza delle mie rivelazioni. Ora dice : Per questo motivo tre volte pregai il Signore perché lo allontanasse da me (2Co 12,7-8). È come se dicesse : Tre volte pregai il medico di levarmi l'incomodo impiastro che mi aveva applicato. Ma odi bene la voce del medico : E mi ha risposto : Ti basta la mia grazia, perché la mia potenza trionfa nella debolezza (2Co 12,9). Io so bene quale medicamento ti abbia applicato ; io so quale sia la tua malattia e cosa ti occorra per essere guarito.

Non godere per eventuali doni divini ma per la familiarità con Dio.

8. Se pertanto, carissimi, anche l'apostolo Paolo si sarebbe potuto insuperbire per le grandi rivelazioni avute se non fosse stato sottoposto agli schiaffi dell'angelo di satana, chi di noi potrà ritenersi sicuro ? Si ha l'impressione che proceda con più tranquillità colui che ha ricevuto di meno, a patto - si capisce - che non aspiri disordinatamente a ciò che a buon diritto non ha ricevuto. Cerchi pure di conseguire quanto è indispensabile per essere nel corpo di Cristo e quanto occorre per starci bene. In un corpo infatti è molto più avvantaggiato un dito sano che non un occhio cisposo. Il dito è una robetta da poco, l'occhio invece è un membro stupendo e di grandissima utilità ; eppure è meglio essere dito, ma esserlo sano, che non essere occhio ed essere un occhio guasto, cisposo e cieco. Nel corpo di Cristo, quindi, nessuno cerchi altro all'infuori della salute. In questa salute rientra la fede, con la quale si ottiene la purificazione del cuore, e una volta purificato il cuore si è in grado di vedere quel volto di cui fu detto : Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5,8). Quando si è nel corpo di Cristo, chi avrà operato prodigi e chi non li avrà operati non dovranno godere d'altro che della visione del volto di Dio. Un giorno gli Apostoli tornati dalla missione cui li aveva inviati il Signore gli dissero : Signore, ecco nel tuo nome perfino i demoni ci erano sottomessi (Lc 10,17). Il Signore li vide tentati da superbia per il potere taumaturgico [ricevuto] e, siccome era medico ed era venuto a curare i nostri gonfiori e a portare le nostre infermità, subito disse : Non vi rallegrate perché vi stanno soggetti i demoni, bensì perché i vostri nomi sono scritti nel cielo (Lc 10,20). Non tutti i cristiani, per quanto buoni, sono in grado di scacciare i demoni, tutti però hanno il nome scritto in cielo ; e Cristo volle che godessero non per il privilegio personale che ciascuno aveva ma per la salvezza da loro conseguita insieme con tutti gli altri. Così l'Apostolo : volle rallegrarsi d'una cosa di cui anche tu puoi godere. Mi stia attenta la vostra Carità ! Nessun fedele avrebbe speranza [di salvezza] se il suo nome non fosse scritto in cielo. Ora nel cielo ci sono scritti i nomi di tutti i fedeli che amano Cristo, che con umiltà procedono nella via di Cristo, cioè insegnata da lui col farsi umile. Prendi il più insignificante che ci sia nella Chiesa ! Se crede in Cristo, se ama Cristo e la sua pace, costui ha il nome scritto in cielo. Chiunque esso sia e per quanto tu lo lasci incalcolato. Ma dunque c'è somiglianza fra costui e gli Apostoli che operarono tanti miracoli ? Anzi ! gli Apostoli vengono rimproverati per aver goduto d'un favore che avevano in proprio e ricevono l'ordine di godere per un bene di cui può godere anche quel fratello insignificante.

462 L'uomo incapace di mangiare il Pane degli angeli.

9. [v 2.] Miei fratelli, non parla senza fondamento quando animato da questa umiltà dice : Signore, non si è insuperbito il mio cuore, né si sono levati alteri i miei occhi ; non ho ambito cose grandi, né cose straordinarie sopra le mie forze. Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima ; se non mi diportai come un fanciullo divezzato di fresco in braccio a sua madre, mi sia data la mercede. Sembrerebbe quasi augurarsi del male. Come in quell'altro salmo è detto : Signore mio Dio, se questo ho fatto, se c'è iniquità nelle mie mani, se ho reso male a coloro che così mi retribuivano, soccomba pure senza speranza sotto i miei nemici (
Ps 7,4-5), con quel che segue ; così anche qui sembra voler dire : Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima. Ecco sta quasi per dirlo : Mi capiti tale e tale sventura. Come nel salmo precedente diceva : Se ho ripagato con lo stesso male coloro che me ne causavano, mi capiti questo e questo, (che cosa ?) d'essere cioè spogliato e di cadere meritatamente di fronte ai miei nemici, così anche qui dice : Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima ; se non mi diportai come un fanciullo svezzato di fresco in braccio a sua madre, mi sia data la ricompensa. Statemi attenti ! Di certi infermicci afferma - come ben ricordate - l'Apostolo : Vi nutrii con latte e non con cibo solido, perché non lo potevate ricevere, anzi non lo potete ricevere neppure ora (1Co 3,2). Ci son degli infermi che non sono in grado di nutrirsi con cibi solidi. Essi vorrebbero raggiungere [con la mente] ciò che non sono in grado di comprendere e, se per caso riescono alla meno peggio a capire qualcosa o se immaginano d'averlo compreso, mentre in realtà non hanno compreso un bel niente, eccoteli gonfiarsi e montare in superbia. Si illudono d'essere sapienti. E questo capita a tutti gli eretici. Essendo gente che si muove a livello animale e carnale, difendono le proprie posizioni erronee né sono in grado di comprenderne la falsità ; per questo si tagliano fuori dalla [comunione] cattolica. Dirò alla vostra Carità quel che mi sarà possibile. A proposito del nostro Signor Gesù Cristo voi sapete che egli è il Verbo di Dio, come è detto in Giovanni : In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio. Tutto fu fatto per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto (Jn 1 Jn 1-3). Egli dunque è un pane ; è il pane di cui vivono gli angeli. Ma ecco questo pane è apparecchiato anche per te. Tu però devi crescere nutrendoti di latte, finché non arrivi a cibarti di pane. Ma come debbo fare - dirai - per crescere nutrendomi di latte ? Credi in primo luogo a ciò che Cristo è diventato per te, per adeguarsi alla tua fragilità. Credilo e sta' saldo in questa fede. Osserva cosa fa la madre quando vede il suo figlio non ancora capace di nutrirsi da solo : s'incarica lei di dargli il cibo, ma facendolo passare per la sua stessa carne. Il pane di cui si ciba il bambino è lo stesso di quello che prende sua madre, ma il bambino non è in grado di prenderlo dalla tavola mentre sa succhiarlo alla mammella. Sicché il pane, rimanendo pur sempre lo stesso alimento, dalla tavola passa alla madre e dalla mammella di questa passa al bimbetto. Questo vale anche per il nostro Signore Gesù Cristo. Egli era il Verbo presso il Padre e per sua opera fu creato l'universo. Egli era della stessa natura di Dio e non ritenne appropriazione indebita l'essere pari a Dio (Cf. Ph 2,6). A questo livello però lo avrebbero compreso, e limitatamente, soltanto gli angeli e di lui si sarebbero cibate [esclusivamente] le Potestà e le Virtù e gli altri spiriti intelligenti che dimorano in cielo. Quanto all'uomo invece, essendo misero e rivestito di carne, sarebbe rimasto prostrato a terra né mai sarebbe pervenuto a lui il pane del cielo. Affinché l'uomo potesse mangiare il pane degli angeli (Cf. Ps 77,25) e la manna piovesse sull'autentico popolo d'Israele (Cf. Ex 16,14) il Verbo si fece carne e abitò fra noi (Jn 1,14).

Le due nature nell'unica persona di Cristo.

10. Tale è in effetti l'insegnamento che l'apostolo Paolo dà alle persone ancor deboli, quelle che egli chiama anche materiali e carnali (1Co 3,1). Ho detto forse - così l'Apostolo - di conoscere tra di voi qualche altra cosa all'infuori di Gesù Cristo, e questi crocifisso ? (1Co 2,2) Anche non crocifisso, Cristo aveva la sua esistenza. In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Jn 1,1). Il Verbo dunque si fece carne (Jn 1,14), e lo stesso Verbo venne crocifisso, senza che per questo si mutasse in uomo. Fu l'uomo che si mutò in lui : e mutandosi in lui divenne superiore a quel che era [per natura], non si trasformò nella stessa sostanza del Verbo. Dico dunque che, in quanto partecipe dell'umanità, Cristo-Dio morì ; e per essere partecipe della divinità Cristo-uomo si destò da morte e risorse e ascese al cielo. Tutto quello che in Cristo patì l'uomo, bisogna necessariamente dire che lo patì anche Dio, perché, assumendo l'umanità senza peraltro mutarsi in uomo, egli era Dio. E', approssimativamente, lo stesso caso di quando qualcuno ti straccia le vesti : non si può dire che il danno non sia stato recato a te. Tant'è vero che, quando vai a lamentartene presso gli amici o presso il giudice, gli dici : M'ha fatto uno strappo. Non dici : Mi ha strappato il mantello, ma : Mi ha fatto uno strappo. Se la tua veste poté con ragione identificarsi con te - lei che non è la stessa cosa che tu ma solo la tua veste - con quanto maggior ragione non dovrà dirsi la stessa cosa riguardo alla carne di Cristo, che era il tempio del Verbo, unito allo stesso Verbo ? Come, cioè, non dovrà dirsi avere lo stesso Dio sofferto quello che Cristo soffrì nella sua carne ? È vero che il Verbo non poteva né morire né corrompersi né mutarsi né venire ucciso ; ma è anche vero che tutto quello che soffrì fu lui a soffrirlo, sia pure nella sua carne. Né ti stupisca il fatto che il Verbo fu esente da ogni patimento. Quando nell'uomo si uccide il corpo, la sua anima non può certo subire tormenti materiali, come dice lo stesso nostro Signore : Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima (Mt 10,28). Ora, se l'anima non può essere uccisa, poteva essere ucciso il Verbo di Dio ? Eppure cosa dice ? Mi ha flagellato, schiaffeggiato, percosso, martoriato. Nessuno di questi maltrattamenti tocca l'anima, eppure non si parla se non dell'[unico] io. È una conseguenza dell'unità del composto umano.

La Chiesa depositaria della vera dottrina su Cristo.

11. E torniamo al nostro Signore Gesù Cristo. Era pane e si fece per noi latte incarnandosi e apparendo in sembianze mortali, affinché per suo mezzo cessasse il potere della morte e noi, credendo nella carne assunta dal Verbo, non vagassimo lontano dal Verbo. Su questa base dobbiamo crescere, di questo latte dobbiamo nutrirci. Finché non siamo diventati così robusti da comprendere il Verbo, non ci dobbiamo staccare dalla fede nel nostro latte. In direzione opposta andarono quegli eretici che presunsero farla da maestri in cose che non erano in grado di comprendere. Dissero che il Figlio è minore del Padre e che lo Spirito Santo è minore del Figlio, sicché stabilirono una graduatoria e introdussero nella Chiesa la dottrina di tre dèi. Non possono infatti negare che il Padre è Dio, come non possono negare che siano Dio il Figlio e lo Spirito Santo. Ma se Dio Padre e Dio Figlio e Dio Spirito Santo sono disuguali fra loro e non sono della stessa sostanza, Dio non è più uno solo ma ci sono tre dèi. Discutendo quindi su argomenti che non potevano comprendere, costoro montarono in superbia e si avverò in essi quel che dice il nostro salmo : Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima ; se non mi diportai come un fanciullo svezzato di fresco in braccio a sua madre, mi sia data la ricompensa. Questa madre è propriamente la Chiesa di Dio, dalla quale essi si separarono. Invece avrebbero dovuto lasciarsi allattare e nutrire da lei, per crescere fino alla comprensione del Verbo, Dio presso Dio, uguale al Padre nella natura divina.

L'umiltà esclude la superbia, non la saggezza.

12. Certi commentatori che prima di noi si sono occupati di questo salmo han creduto di trovare nelle parole che esaminiamo una spiegazione e un significato differenti, che non voglio tacere alla vostra Carità. Il superbo - dicevano - non può piacere a Dio ; e l'anima umana, se non vuol dispiacere a Dio, deve umiliarsi e con tutto il cuore convincersi del detto : Quanto più sei grande, tanto più umiliati in tutte le cose e troverai grazia dinanzi a Dio (Si 3,20). D'altro canto però c'è della gente che, ascoltando discorsi sull'obbligo dell'umiltà, si deprimono e rifiutano d'imparare anche le cose più elementari, convinti che, se progrediranno nella scienza diverranno per forza superbi : per cui rimangono sempre al livello del latte. Per costoro c'è un rimprovero nella [stessa] Scrittura, là dove si dice : Vi siete costretti ad avere bisogno di latte invece del cibo solido (He 5,12). Difatti, se Dio vuole che ci nutriamo di latte, non è perché rimaniamo sempre bisognosi di latte ma perché, nutriti di latte, cresciamo fino a renderci capaci di cibo solido. Quindi, da un lato è vero che non ci è lecito innalzare il cuore per orgoglio ma, dall'altro, è necessario che lo eleviamo nella conoscenza della Parola di Dio. Se infatti fosse proibito [in ogni caso] elevare la propria anima, non si direbbe in un altro salmo : A te, Signore, ho elevato la mia anima (Ps 24,1). Inoltre, se l'anima non si protende al di sopra di se stessa, non potrà pervenire alla visione di Dio e alla conoscenza della sua sostanza immutabile. Anzi, fin da adesso, sebbene sia unita alla carne, le si dice : Dov'è il tuo Dio ? (Ps 41,4) Ma il suo Dio le è dentro : dentro spiritualmente, anche se è altissimo per la sua spiritualità, non per l'interposizione di spazi in senso locale, come per fattori spaziali certi luoghi son più elevati [di altri]. Se infatti si dovessero considerare altezze di questo genere, nell'avvicinarsi a Dio ci sarebbero superiori gli uccelli. Invece Dio è alto nel [nostro] intimo e alto in senso spirituale : l'anima quindi non sarà in grado di raggiungerlo se non trascenderà se stessa. Ne segue che, qualunque cosa tu volessi supporre in Dio a livello corporeo, sbaglieresti di grosso. Anzi, saresti ancora bambino (e come !) se nei riguardi di Dio avessi anche delle idee commensurate sull'anima umana : se pensassi, per esempio, che Dio si dimentichi di qualcosa, o abbia una sapienza fallibile, o faccia una cosa e poi se ne penta. È vero che tutte queste espressioni son della Scrittura, ma vi sono state poste per inculcare l'idea di Dio a noi ancora bisognosi di latte. Quindi, parlando di lui, non dobbiamo prendere queste espressioni in senso proprio, intendendo davvero che Dio si penta di una cosa, o che poi venga a conoscere una cosa che prima non conosceva, o penetri più a fondo ciò che prima non aveva capito, o si ricordi di ciò che aveva dimenticato. Tutte queste cose succedono all'anima, non a Dio, per cui se non si trascendono anche i limiti dell'anima umana non si potrà vedere Dio, il quale è ciò che è, come disse lui stesso : Io sono colui che sono (Ex 3,14). Cosa disse pertanto quel tale a cui si chiedeva : Dov'è il tuo Dio ? Le lacrime furono per me pane di giorno e di notte, mentre ad ogni istante mi si ripete : dov'è il tuo Dio ? Per trovare il suo Dio cosa fece ? Dice : Su queste cose ho meditato, ed effondo al di sopra di me la mia anima (Ps 41,4-5). Per trovare Dio riversò la sua anima al di sopra di se stesso. In conclusione dunque, se ti si dice d'essere umile, non è per impedirti d'essere sapiente. " Sii umile " ti è detto perché eviti la superbia, mentre in fatto di sapienza devi essere alto. Ascolta in proposito un'affermazione quanto mai esplicita : Non siate fanciulli quanto a intelligenza ; siate, sì, fanciulli nella malizia ma uomini maturi nell'intelligenza (1Co 14,20). Ormai, miei fratelli, è stato certamente spiegato a dovere dove Dio ci voglia umili e dove alti : umili evitando la superbia, alti accumulando la sapienza. Làsciati allattare per poi assimilare il cibo ; assimila il cibo per crescere ; cresci per mangiare il pane. E quando avrai incominciato a nutrirti di pane sarai svezzato : cioè non ti occorrerà più il latte ma il cibo solido. È quanto sembra aver detto [il salmista] : Se io non ebbi sentimenti di umiltà, ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima. Cioè : Se fui bambino non per l'ingegno ma per la malizia. Intendendo questo significato, antecedentemente aveva detto : Signore, non si è insuperbito il mio cuore, né si sono levati alteri i miei occhi ; non ho ambito cose grandi, né cose straordinarie sopra le mie forze. Ecco, sono stato veramente bambino quanto alla malizia. Siccome però non sono stato bambino quanto a saggezza (se cioè non ebbi sentimenti di umiltà - dice - ma ho dato luogo alla superbia nella mia anima) mi si conceda quel che si dà al bambino svezzato dal latte materno : che io sia in grado di mangiare il pane.

Dal latte al cibo solido.

13. È questa, fratelli, un'interpretazione che non mi dispiace in quanto non è contraria alla fede. Mi fa tuttavia non piccola impressione il fatto che non è stato detto solamente : Se non mi diportai come un fanciullo svezzato di fresco, mi sia data la ricompensa, ma vi è stato aggiunto : Se non mi diportai come un fanciullo svezzato di fresco in braccio a sua madre, mi sia data la ricompensa. Mi colpisce a questo riguardo un particolare che mi fa scorgere in tali parole una [specie di] maledizione. Quando avviene lo svezzamento, il bambino non è più propriamente bambino ma grandicello, mentre nella prima infanzia - che è la vera infanzia - essendo ancora fragilissimo è in braccio alla madre. Se lo si slattasse durante quel periodo di vita morrebbe. Quindi non senza motivo vi è stato aggiunto : In braccio a sua madre, poiché, se si fosse trattato dello svezzamento dovuto alla crescita, questo è normale per tutti. Quando uno è svezzato perché ormai cresciuto è segno buono, quando invece si deve svezzare un bambino ancora in braccio a sua madre, è male. Pertanto, o fratelli, si deve stare attenti e aver paura d'essere svezzati anzitempo. Che infatti un bambino venga svezzato da grande, è un fatto normale, ma si deve badare che non ci si tolga il latte quando si è bambini in braccio ancora alla madre. Il latte infatti è indispensabile al bambino che, portato di recente in grembo dalla madre, ha ancora bisogno d'essere portato da lei in braccio. Lo portò in grembo finché non nacque, dopo deve portarlo in braccio finché non sia cresciuto : comunque deve essere sempre portato dalla madre. Non s'innalzi, quindi, covando sentimenti d'orgoglio, mentre è ancora incapace d'assimilare cibo solido ; pratichi piuttosto con cura i precetti dell'umiltà. Ha infatti dove esercitarsi : creda in Cristo per riuscire a comprendere Cristo. Non è in grado di scrutare il Verbo, di comprendere l'uguaglianza del Verbo col Padre né di penetrare l'uguaglianza dello Spirito Santo col Padre e col Verbo. Lo creda tuttavia ; succhi questa verità, sicuro che quando sarà cresciuto potrà nutrirsi di quel cibo che gli era impossibile mangiare prima che crescesse prendendo il latte. Allora avrà spazi per dilatarsi. Non cercare quello che è sopra di te, e non voler indagare quelle cose che sorpassano le tue forze, cioè le cose che non sei in grado di assimilare. Che dovrò fare allora ? dirai. Restare sempre così ? Ma pensa sempre a quello che ti ha comandato il Signore (Si 3,22). Cos'è quello che il Signore ti ha comandato ? Compi le opere di misericordia, non separarti dalla pace della Chiesa, non confidare nell'uomo, non tentare Dio desiderando il potere dei miracoli. Se è in te già maturo qualche frutto [di santità], convinciti che insieme con gli altri buoni devi sopportare la zizzania, ma ciò fino alla mietitura (Cf. Mt 13,30) poiché la tua mescolanza con i cattivi potrà durare un certo tempo, non durerà in eterno. La paglia sarà mescolata con te nel tempo presente, finché ti trovi nell'aia, non lo sarà quando ti troverai nel granaio. Queste cose, che son quelle che il Signore ti ha comandato, ecco cosa devi pensare sempre. Non lasciarti indurre ad abbandonare il latte finché sei in braccio a tua madre, affinché non ti succeda che, essendo ancora incapace di nutrirti di pane, debba morire di fame. Cresci ! Si consolideranno le tue forze e vedrai ciò che prima non riuscivi a vedere e comprenderai ciò che prima non eri in grado di comprendere.

Dio non cessa di parlare agli umili e ai docili.

463 14. Che dire ? Quando avrò visto ciò che prima non riuscivo a vedere e compreso ciò che non riuscivo a comprendere, forse che potrò dirmi sicuro [del possesso] o giunto a perfezione ? Finché vivi quaggiù, no. L'umiltà è [quaggiù] la nostra perfezione. Avete ascoltato come si concludeva il brano apostolico or ora letto e, suppongo, rimasto nella vostra memoria. Quante cose non gli erano state rivelate ! E a causa di tali sublimi rivelazioni, perché non se ne inorgoglisse, era sottoposto a degli schiaffi. Cioè : se ne sarebbe potuto insuperbire se non gli fosse stato dato quel messaggero di satana. Ebbene, cosa dice quest'uomo a cui tante cose erano state rivelate ? Fratelli, quanto a me non penso d'aver conseguito [la perfezione] (Ph 3,13-14). Paolo dice : Fratelli, quanto a me non penso d'aver conseguito [la perfezione], quel Paolo che aveva ricevuto il messaggero di satana che lo schiaffeggiava perché non si inorgoglisse delle grandi rivelazioni avute (Cf. 2Co 12,7). Chi oserà dire d'aver già raggiunto [la perfezione] ? Ecco, non l'ha raggiunta Paolo il quale confessa : Non penso di esservi giunto. E cosa aggiungi, o Paolo ? Dice : Sto ancora correndo per raggiungerla. Paolo, è ancora in via, e tu ti reputi in patria ? Dice ancora : Questo solo [mi propongo] : dimenticando le cose lasciatemi alle spalle. Fa' lo stesso anche tu : dimentica la vita cattiva menata antecedentemente. Se in passato ti sei compiaciuto della vanità, non compiacertene ancora. Dice : Dimenticando le cose lasciatemi alle spalle e proteso verso quelle che mi stanno davanti, corro verso la meta, in vista del premio della superna vocazione, opera di Dio in Cristo Gesù. Odo la voce di Dio che mi parla dall'alto e corro per conseguire [la meta]. Non mi ha abbandonato, sicché io mi arresti per via, mentre continua ancora a parlarmi. È vero, fratelli. Dio non cessa di parlarci. Se infatti non parlasse più, a cosa mirerebbe il nostro lavoro ? A cosa tenderebbero e la lettura divina e i canti sacri ? Dimenticate dunque le cose passate e protendetevi verso le cose che vi si parano davanti. Succhiate il latte per crescere e rendervi capaci del cibo solido. Quando poi sarete giunti alla patria, allora godrete. Intanto fissate lo sguardo sull'Apostolo che insegue la palma della sua vocazione celeste. Dice infatti : Quanti siamo perfetti abbiamo questi sentimenti (Ph 3,15). Dice : Non parlo agli imperfetti ai quali non potrei parlare ancora di sapienza e che vengono dissetati col latte, non sono nutriti con cibo solido. Mi rivolgo invece a quanti si nutrono di questo cibo solido. Costoro sembrerebbero già perfetti, capaci come sono di comprendere l'uguaglianza del Verbo col Padre ; tuttavia nemmeno costoro vedono [la divinità] come è da vedersi, cioè faccia a faccia, ma solo parzialmente e di riflesso (1Co 13,12). Ebbene, insistano nel correre sino al termine della via, finché cioè non siamo rientrati in patria. Continuino la corsa e si protendano [alla meta]. Noi tutti che siamo perfetti abbiamo questi sentimenti, e se in qualche cosa voi la pensate diversamente Dio vi illuminerà al riguardo. Se per ipotesi sei incappato in qualche errore, perché non torni al latte materno ? Se infatti non v'inorgoglite, se non sollevate [indebitamente] il vostro cuore né presumete di penetrare nelle cose mirabili che stanno sopra di voi ma osservate l'umiltà, Dio vi rivelerà ciò che intendete in maniera sbagliata. Se al contrario vorrete difendere la vostra falsa sapienza e ci insisterete con ostinazione anche a scapito della pace della Chiesa, s'adempirà in voi la maledizione minacciata dal presente salmo. Ponendovi al di sopra della vostra madre e separandovi dal latte, vi staccherete dalle viscere materne e morrete di fame. Se invece persevererete nella pace cattolica, anche se in qualche particolare avrete pensieri difformi da quelli che occorrerebbe avere, essendo umili Dio vi rivelerà [la verità]. Perché ? Perché Dio resiste ai superbi, mentre dona la grazia agli umili (Cf. Jc 4,6 1P 5,5).

15. [v 3.] Per questo il presente salmo termina con questa esortazione : Israele speri nel Signore, ora e per i secoli. Ciò che in greco è detto : , è stato reso con : Ora e per i secoli. Col termine secolo non sempre si intende la durata del tempo presente, ma qualche volta ci si indica l'eternità, come anche duplice è il significato di eterno. Quando infatti si dice : In eterno, si può intendere per sempre, senza fine, o finché non si arrivi all'eternità. Come dunque intenderemo l'espressione nel nostro caso ? Occorre sperare nel Signore Dio finché non giungiamo all'eternità, poiché, una volta entrati nell'eternità, non ci sarà più luogo per la speranza, ma avremo il possesso effettivo [dei beni promessi].


Agostino Salmi 459