Agostino Salmi 131

SUL SALMO 131

131 Ps 131

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Esordio al discorso.

1. [v 1.] Sarebbe stato giusto, o carissimi, che insieme ascoltassimo la parola del mio fratello e collega [d'episcopato] così accetto a tutti noi. Per questa volta però egli, non che l'abbia negato, ma ha preferito rimandare la cosa. Sottolineo questo alla vostra Carità perché insieme con me vi ricordiate della promessa. Nello stesso tempo non sembri paradossale alla vostra Carità l'avere io obbedito per primo alle sue ingiunzioni : se infatti per questa volta a forza di dire è voluto rimanere mio uditore, ha non di meno accettato la condizione che in seguito sarò io ad ascoltarlo. In ultima analisi poi tutti, in quanto uniti nella stessa carità, siamo uditori dell'unico Maestro che è nel cielo (Cf. Mt 23,10). Ponete dunque attenzione al salmo che, seguendo l'ordine a voi noto, ci tocca oggi trattare. Anche questo reca il titolo : Cantico dei gradini e, fra quanti sono così intitolati, è alquanto più lungo. Non ci diffonderemo quindi se non là dove sarà necessario, al fine di poterlo spiegare tutto intero, se il Signore ce lo consentirà. Del resto voi non siete principianti, sicché dobbiate ascoltare tutti i particolari. Al contrario, da quanto avete udito in passato, dovete venirci incontro per non costringerci a ripetere tutte le cose come nuove. È vero che dobbiamo essere nuovi, in quanto non ci deve contaminare nulla del vecchiume [passato], ma dobbiamo anche crescere e progredire. Parlando infatti di questo progresso diceva l'Apostolo : Sebbene il nostro uomo esteriore deperisca, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno (2Co 4,16). Non dobbiamo quindi progredire cambiandoci da nuovi a vecchi ma accrescendo la nostra stessa novità.

David nella storia e nella tipologia.

2. [v 2.] Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine. Come egli giurò al Signore e come fece voto al Dio di Giacobbe. Secondo le fonti storiche David è una persona individua : re d'Israele, figlio di Iesse. A quel che ci riferisce la Scrittura divina e dagli elogi che gli tributa, fu di carattere assai mite, tanto da non ripagare con il male nemmeno il suo persecutore Saul. Anzi, verso di lui conservò sempre un senso di umiltà così profondo da riconoscere lui suo re e se stesso definirsi "cane" [in rapporto a lui]. Pur essendo in Dio più possente del re, non osò mai rispondergli con arroganza e superbia ma sempre cercava di placarlo attraverso l'umiltà anziché irritarlo mediante la superbia. Una volta poi - e ciò per disposizione del Signore Dio - Saul cadde in potere di David e David avrebbe potuto disporne a suo talento. Siccome però non aveva ricevuto l'ordine di ucciderlo ma soltanto la facoltà di disporne a suo talento - quando ci vien data una facoltà se ne può certo usare ! - ; David comunque preferì regolarsi secondo mitezza nell'usare la facoltà ricevuta da Dio. Uccidendolo, si sarebbe certo sbarazzato d'un nemico, ma come avrebbe poi osato dire : Rimetti a me i miei debiti come anche io li rimetto ai miei debitori (Mt 6,12) ? Saul entrò nella grotta dov'era nascosto David, senza saper nulla di questo : vi entrò solo per un bisogno corporale. David alle sue spalle si alzò pian piano e avanzò lentamente ; gli tagliò un lembo del vestito per potergli a tempo e luogo dimostrare che l'aveva avuto in suo potere e, se l'aveva risparmiato, l'aveva fatto non per necessità ma per libera scelta (1 Rg 24 4-15). Tuttavia non lo uccise. Può darsi che elogiando proprio questa mansuetudine dica ora [il salmo] : Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine. Ciò corrisponderebbe alla realtà storica dei fatti riferiti, come abbiamo detto, dalla Scrittura divina. Quando tuttavia ci avviciniamo ai salmi, è nostro costume non fermarci sul senso letterale ma, come in ogni altra profezia, attraverso la lettera vogliamo penetrare nel mistero. Ora la vostra Carità ricorda che in tutti i salmi siamo soliti ascoltare la voce di un uomo singolare, il quale è, sì, uno ma è distinto in corpo e capo. Il capo è in cielo, il corpo è sulla terra, sebbene questo corpo sia destinato a seguire il capo là dove esso lo ha preceduto. Parlando a gente istruita, non mi fermerò a spiegare chi sia il capo e chi sia il corpo.

Cristo e la Chiesa figurati nel nome e nelle gesta di David.

3. Si elogiano l'umiltà e la mansuetudine di David e a Dio si dice : Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine. Perché dovrà il Signore ricordarsi di David ? In quanto giurò al Signore, fece un voto al Dio di Giacobbe. Per questo dunque si ricordi di lui : affinché possa mantenere quanto ha promesso. David di sua iniziativa fece un voto, libero com'era di farlo ; ora prega Dio perché possa adempiere quanto ha votato. Nota la devozione del vovente e l'umiltà dell'orante. Nessuno infatti ha da fidarsi delle proprie forze nel mantenere quanto ha promesso : il voto lo si mantiene perché c'è l'aiuto di colui che ti esorta a farlo. Osserviamo ora in che cosa sia consistito il suo voto, e da ciò comprenderemo come David nel nostro caso debba intendersi in senso figurato. La parola David significa " forte di mano ". E infatti David portò a felice compimento tutte le guerre [intraprese] e con l'aiuto di Dio annientò tutti i suoi nemici, conforme a quanto richiedeva il compito [storico] che il suo governo doveva svolgere. Egli tuttavia simboleggiava un altro, la cui mano robusta avrebbe distrutto altri nemici, cioè il diavolo e i suoi angeli. Sono questi i nemici che la Chiesa continuamente sconfigge. E come li sconfigge ? Con la mansuetudine, come con la mansuetudine li sconfisse il nostro Re, vincitore del diavolo. Il diavolo si accaniva contro di lui e lui tollerava : e successe che colui che infieriva fu vinto e colui che tollerava risultò vincitore. Forte della stessa mansuetudine vince i nemici anche il corpo di Cristo, cioè la Chiesa. Occorre però che sia robusta di mano, che vinca cioè mediante le opere. Si sa poi che il corpo di Cristo è anche suo tempio, sua casa, sua città. Analogamente il Capo di quel corpo è anche proprietario della casa, santificatore del tempio e re della città. Come la Chiesa è tutto quello, così Cristo è tutto questo. Qual voto offriremo dunque a Dio se non la volontà d'essere suo tempio ? Nulla di più accetto potremmo offrirgli se non ripetergli quanto è detto in Isaia : Prendi possesso di noi (Is 26,13). Nei possedimenti materiali, quando a un padre di famiglia si aggiunge un nuovo possedimento è lui che acquista [qualcosa che non aveva] ; ma in quel possedimento che è la Chiesa le cose non vanno così : è lo stesso oggetto posseduto che ci guadagna quando si lascia possedere da un tale padrone.

Il voto va attuato con una vita coerente.

4. [vv 3-5.] A che proposito dice dunque : Come egli giurò al Signore e fece un voto al Dio di Giacobbe ? Vediamo quale sia stato il suo voto. Il giurare altro non è che promettere con fermezza. E allora osservate bene il suo voto : l'oggetto del voto, l'ardore, l'amore e il desiderio con cui ha votato. Tuttavia, per adempiere il voto, si è sentito in dovere di raccomandarsi al Signore dicendo : Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine. Animato da tale mansuetudine emise il suo voto per cui divenne casa di Dio. Se entrerò al coperto nella mia casa, se andrò sul mio letto per riposare. Se darò sonno ai miei occhi. Gli sembrò poco dire : Sonno ai miei occhi ; aggiunse : Se darò riposo alle mie tempia, finché non trovi una dimora per il Signore, un tabernacolo al Dio di Giacobbe. Dove cercava una dimora per il Signore ? Se era mansueto la cercava dentro se stesso. Ma come si diviene dimora del Signore ? Ascolta il profeta. Su chi riposa il mio spirito ? Sopra l'umile, il pacifico e chi teme la mia parola (Is 66,2). Vuoi essere dimora del Signore ? Sii umile, pacifico e timorato della parola di Dio, e sarai tu stesso ciò che desideri. Se infatti il tuo desiderio non diviene realtà in te stesso, cosa ti gioverà il fatto che si realizzi in altri ? Ponete il caso di un predicatore del Vangelo. Capita a volte che Dio per suo mezzo porti a salvezza gli altri, e questi soltanto, ed è quando lui personalmente predica ma non pratica. Attraverso la sua lingua si prepara una dimora al Signore nel cuore dell'uditore ; quanto a lui invece non lo diviene [alla stessa maniera]. Quando al contrario uno pratica bene le cose che insegna e solo dopo averle messe in pratica le insegna, allora diviene dimora del Signore insieme con colui al quale impartisce l'insegnamento, poiché tutti i credenti nel Signore diventano un unico luogo dove Dio dimora. Il Signore abita nei cuori e unico è il cuore di quanti, pur essendo molti, sono cementati dalla carità.

Non attaccarsi alle proprietà private.

464 5. Miei fratelli, quante migliaia di persone credettero e posero ai piedi degli Apostoli il prezzo dei loro averi (Cf. Ac 4,35) ! Ma cosa dice la Scrittura nei loro riguardi ? Erano certamente diventati tempio di Dio, e non lo erano diventati solo come singoli ma tutt'insieme erano diventati tempio di Dio. Erano diventati, in altre parole, luogo sacro al Signore ; e voi sapete che di tutti costoro era risultato un unico luogo per il Signore. Lo dice la Scrittura : Avevano un cuor solo e un'anima sola in Dio (Ac 4,32). Coloro invece - e sono molti - che ricusano di diventare luogo sacro per il Signore cercano avidamente e sono attaccati ai loro beni privati, godono del potere che hanno e desiderano gli interessi personali. Chi al contrario intende preparare una dimora al Signore deve godere non di ciò che è privato ma di ciò che è comune. È quanto fecero quei tali con i loro beni privati : li misero in comune. E mettendo in comune ciò che avevano di proprio, forse che lo persero ? Se avessero ritenuto i propri beni per se stessi e ciascuno avesse posseduto quel che era suo, sarebbe stato padrone soltanto del suo bene privato. Mettendo invece in comune ciò che era proprietà privata, anche le cose che prima erano proprietà altrui divennero sue. Mi presti attenzione la vostra Carità ! È a causa delle proprietà private che ci sono tra gli uomini liti, inimicizie, scandali, peccati, malvagità, omicidi. Per quali motivi tutto questo ? A motivo delle proprietà possedute in privato. Succede mai infatti che litighiamo per quanto possediamo tutti in comune ? È pacifico che si respiri insieme questa stessa aria e si veda tutti lo stesso sole. Beati dunque coloro che preparano una dimora al Signore cessando di godere per quanto avevano di personale esclusivo. Una persona di questa tempra descriveva il salmista con le parole : Se entrerò al coperto della mia casa. Era un possesso privato ed egli sapeva che ogni bene posseduto in esclusiva era un ostacolo per preparare una dimora al Signore. Subito quindi comincia col ricordare le cose di sua proprietà. Non entrerò - dice - nella tenda della mia casa, finché non troverò. Cos'è mai questo ? Quando avrai trovato un luogo per il Signore entrerai nella tua tenda ? O che sarà tua tenda il luogo stesso che avrai trovato per il Signore ? Ma è possibile ? Sì, poiché tu stesso sarai dimora del Signore e costituirai un'unità insieme con tutti coloro che saranno diventati dimora del Signore.

Felice chi gode l'amicizia di Cristo.

6. Priviamoci dunque, fratelli, d'ogni proprietà privata o, se non possiamo abbandonare la cosa in se stessa, eliminiamo l'amore per essa. Così prepariamo una dimora per il Signore. È troppo per me, dirà qualcuno. Considera però chi sia tu che devi preparare un posto per il Signore. Se volesse soggiornare in casa tua un senatore (ma che dico un senatore ?, l'incaricato d'affari d'un qualsiasi potente di questo mondo) e ti dicesse : A casa tua c'è qualcosa che non mi garba, tu, per quanto affezionato a quell'oggetto, lo toglieresti per non contrariare la persona di cui apprezzi l'amicizia. La quale amicizia poi, essendo amicizia d'un uomo, che vantaggio potrà mai recarti ? Invece d'un vantaggio potresti trovarvi addirittura un pericolo. Molta gente infatti, che prima di unirsi ai grandi era al sicuro dai pericoli, smaniando d'entrare in amicizia con essi finì con l'incorrere nei loro stessi pericoli. Se ami la sicurezza, desidera essere in amicizia con Cristo. Egli desidera essere tuo ospite. Preparagli il posto. Che significa : Preparagli il posto ? Non amare te stesso ; ama lui. Se amerai te stesso gli chiuderai la porta ; se lo amerai gliel'aprirai. E se avendogli tu aperto la porta, egli sarà entrato da te, tu non perirai per esserti amato [malamente] ma ti troverai [bene] insieme col tuo amico.

7. Se entrerò al coperto della mia casa, se andrò sul mio letto per riposare. Il possesso privato dei beni, quando uno ci si compiace, rende superbi. Per questo dice : Se entrerò. Per forza, quando si possiede qualcosa in proprietà privata, si diventa superbi e, per la stessa ragione, ciascuno, pur essendo uomo e quindi carne, tende a dilatarsi ai danni del suo simile. Cos'è infatti l'uomo, o fratelli ? Carne. E il suo simile ? Carne anche lui. Tuttavia quest'essere di carne, se è ricco si dilata ai danni del povero, essere di carne anche lui, quasi che nel giorno della nascita si sia portato qualcosa e il giorno della morte possa portarsi via di più. Il di più che ha acquistato gli è servito solo per crescere in vanità. Al contrario, il salmista che vuol preparare un posto al Signore dice : Se andrò sul mio letto per riposare.

Le prosperità mondane sono illusioni.

8. Se darò sonno ai miei occhi. Ci son molti che non preparano una dimora al Signore perché dormono. Costoro sveglia l'Apostolo : Svegliati, o tu che dormi, sorgi di fra i morti e Cristo t'illuminerà (Ep 5,14). E altrove : Noi che siamo [figli] del giorno vigiliamo e siamo sobri ; perché quelli che dormono, dormono di notte, e quelli che s'inebriano, s'inebriano di notte (1Th 5,5-8). Chiama notte la malizia in cui giacciono addormentati coloro che bramano le cose della terra. In effetti, tutte le prosperità - cosiddette - del mondo sono sogni di gente addormentata. Succede loro come a chi sogna tesori : finché dorme è ricco, quando si sveglierà si troverà povero. Così è di tutte le vanità del mondo presente. Gli uomini che ne godono ne godono come nel sonno, ma dovranno svegliarsi quando non vorrebbero (se non si saranno svegliati in tempo utile), e troveranno che tutti quei beni erano sogni e quindi sono svaniti. E diranno con la Scrittura : Come il sogno di chi si sveglia (Ps 72,20) ; o in quell'altro passo : Hanno dormito il loro sonno e nulla si son trovati in mano tutti gli uomini possessori di ricchezze (Ps 75,6). Hanno dormito il loro sonno, cioè il sonno è ormai finito, e nulla si son trovati in mano, poiché solo nel sonno vedevano quelle ricchezze transitorie. Per questo il salmista che vuol preparare un posto al Signore dice ancora : Se darò sonno ai miei occhi. Ci sono infatti alcuni che non dormono ma sonnecchiano. Per un po' si ritraggono dall'amore dei beni temporali ma ben presto ci ricascano, come gente assonnata che non riesce a tener rigido il capo. Svegliati e scuotiti dal sonno ! Se dormirai cadrai. Il salmo non vuole che conceda sonno agli occhi né sonnolenza alle palpebre chiunque voglia preparare una dimora per il Signore.

Non cedere alle lusinghe del peccato.

9. Dice : E calma alle mie tempia. Dalle tempia in stato di calma il sonno passa agli occhi. Sono infatti vicini tempia e occhi e la pesantezza alle tempia è segno di sonno [ormai] imminente. Quando infatti ci si sta per addormentare le tempia cominciano ad appesantirsi e sentire appunto questa pesantezza è segno di sonno ormai vicino. Che se ci si decide di dormire per davvero, si rilasciano le tempia e viene il sonno : se invece si nega alle tempia la necessaria calma, il sonno non viene. Ebbene, quando qualcosa di terreno comincia a gustarti lusingandoti al peccato, le tue tempia sono bell'e appesantite. Vuoi star desto, e non dormire né sonnecchiare ? Non abbandonarti a tale gusto lusinghiero, che ti arrecherebbe più dolore che non piacere. Con questo pensiero, in certo qual modo, ti stropicci gli occhi, scacci il sonno e prepari la dimora al Signore.

Nella patria eterna cesserà ogni combattimento.

10. Finché non trovo un luogo per il Signore, un tabernacolo al Dio di Giacobbe. Talvolta col nome " tabernacolo di Dio " si intende la casa di Dio e col nome di " casa di Dio " il suo tabernacolo. Tuttavia, carissimi fratelli, a parlare con proprietà, tabernacolo o tenda di Dio è la Chiesa del tempo presente, casa di Dio invece la Chiesa celeste, la Gerusalemme verso la quale siamo incamminati. La tenda infatti richiama alla mente l'ambiente militare e il tempo di guerra. Hanno la tenda i soldati pronti a marciare, a intraprendere una spedizione, tanto è vero che dei soldati si dice che sono degli attendati, come per indicare che hanno per abitazione la tenda e vivono per così dire sotto la stessa tenda. Finché dunque abbiamo da combattere col nostro nemico, alziamo a Dio una tenda. Alla fine però terminerà il tempo della lotta e giungerà quella pace che oltrepassa ogni intendimento, come si esprime l'Apostolo : E la pace di Cristo che oltrepassa ogni intendimento (Ph 4,7). Per quanto infatti vorrai dilatare il tuo pensiero, non potrai mai capire a sufficienza cosa sia quella pace, finché l'animo sarà come adesso condizionato dal peso del corpo. Quando dunque giungerà quella patria, allora [la nostra dimora] sarà davvero una casa, né più ci saranno avversari a tentarci per cui si debba parlare ancora di tenda. Non si dovrà più marciare né combattere ma si starà immobili nella lode continua. Cos'è infatti detto di quella casa ? Beati coloro che abitano nella tua casa, ti loderanno nei secoli dei secoli (Ps 83,5). Sotto la tenda gemiamo, dentro la casa loderemo. Perché ? Perché a chi è in cammino tocca gemere, mentre chi dimora in patria canta lodi. Primo dovere tuttavia è cercare in questa vita una tenda per il Dio di Giacobbe.

11. [v 6.] Ecco ascoltammo di lei in Efrata. Chi è questa lei ? La sede del Signore. Ascoltammo in Efrata. L'abbiamo trovata nei campi con balze selvose. Ha udito di lei là dove l'ha trovata oppure in un posto ne ha udito parlare e in un altro l'ha trovata ? Indaghiamo cosa sia questo Efrata, in cui l'ha udita, e cosa siano i campi con balze selvose dove l'ha trovata. La parola ebraica Efrata corrisponde al latino " specchio ", come ci han riferito coloro che tradussero in altre lingue le parole ebraiche esistenti nella Scrittura permettendoci così di penetrarne il senso. Questa traduzione fu fatta prima dall'ebraico in greco e poi dal greco in latino. C'è sempre stata infatti gente vigile attorno alla Scrittura. Se dunque Efrata significa specchio, ne segue che di quella casa trovata in campi dalle balze selvose egli ha sentito parlare solo di riflesso. Lo specchio, infatti, d'una cosa riproduce solo l'immagine, e in effetti ogni profezia è immagine di eventi futuri. Ne segue che della casa di Dio, che sarebbe stata eretta in futuro, furono dette in antecedenza varie cose, ma velate nell'immagine della profezia. Difatti ne udimmo parlare " nello specchio " o alla lettera [ne] ascoltammo in Efrata. La trovammo nei campi con balze selvose. I campi con balze selvose cosa sono ? Le selve. Non si ha da intendere infatti la parola come quando la si usa nel parlare ordinario, per esempio quando si dice : Quella balza selvosa misura tanti iugeri. Nel linguaggio proprio si chiama balza selvosa un terreno incolto e coperto di boscaglie. Tant'è vero che alcuni codici leggono : Nei campi della selva. Cosa sono, allora, questi campi con balze selvose se non le genti pagane immerse nell'ignoranza ? Cosa erano, dico, se non tutte quelle zone dove crescevano le spine dell'idolatria ? Tuttavia proprio in quelle zone coperte dalle spine dell'idolatria noi abbiamo trovato una dimora per il Signore, una tenda per il Dio di Giacobbe. Quanto ascoltammo in Efrata, trovammo nei campi dalle balze selvose : quanto era stato preannunziato ai giudei nel simbolismo [profetico] è stato rivelato apertamente nella fede delle genti [pagane].

465 Beato l'uomo in cui abita Dio.

12. [v 7.] Entreremo nelle sue tende. Di chi ? Del Signore, Dio di Giacobbe. Coloro che entrano in casa per abitarvi stabilmente son gli stessi che vi entrano per essere fatti sua dimora. Quando entri in casa tua vi entri per abitarvi, quando entri nella casa di Dio vi entri perché lui abiti in te. Superiore a te è, infatti, il Signore e quando egli comincia ad abitare in te comincia a renderti beato, mentre invece se tu non ti lascerai abitare da lui sarai sempre misero. Volle essere autonomo quel figlio che disse [al padre] : Dammi la parte del patrimonio che mi spetta (
Lc 15,12). Gli era conservato tanto bene presso suo padre senza che potesse sperperarlo con le prostitute ! Quando invece egli lo ottenne e ne dispose a suo talento, partì per quella lontana regione e là scialacquò ogni cosa con le prostitute. Alla fine però cominciò a soffrire la fame ; si ricordò del padre e tornò a casa per saziarsi di pane. Entra dunque e lasciati possedere [da Dio]. Non pretendere d'essere tua proprietà ; sii proprietà di lui. Entreremo nelle sue tende.

Stabilità della Chiesa, risultante dei figli di Abramo.

13. Lo adoreremo nel luogo dove stettero saldi i suoi piedi. Di chi ? Si tratta dei piedi del Signore o della casa del Signore ? Intanto è nella casa del Signore dove egli stesso dice che lo si deve adorare. Lo adoreremo nel luogo dove stettero saldi i suoi piedi. Al di fuori della sua casa Dio non esaudisce alcuno in ordine alla vita eterna. Ora alla casa di Dio appartiene chiunque si tenga unito, mediante la carità, alle pietre vive [che formano la Chiesa], mentre tutti coloro che non posseggono la carità finiranno col ridursi a un mucchio di macerie. Quanto poi alla casa, essa rimane in piedi nonostante il loro crollo. Nessuno pertanto osi alzare la voce contro la casa di cui ha cominciato ad essere pietra, minacciando danni per la casa stessa qualora lui crolli. In tal genere di superbia incappò l'antico popolo dei giudei, quando diceva : Dio non deluderà il padre Abramo a cui ha promesso che tanti beni avrebbe conseguiti nella sua discendenza. Rassicurati, per dir così, dalla promessa divina secondo la quale Dio non li avrebbe trattati con la severità che meritavano commettendo delitti ma li avrebbe perdonati in vista dei meriti di Abramo e, per quanto figli cattivi d'un tanto padre, li avrebbe accolti nella sua casa per la vita eterna, essi facevano ogni sorta di male. Ma cosa diceva loro Giovanni ? Razza di vipere. Quando vennero da lui proprio questi figli di Abramo per essere battezzati nell'acqua della penitenza, non li chiamò stirpe di Abramo ma razza di vipere. Somigliavano infatti a coloro che imitavano : quindi non figli di Abramo ma figli degli amorrei, dei cananei, dei gergesei, dei gebusei e di tutti coloro che avevano disgustato Dio. Erano loro figli in quanto ne imitavano le opere. Razza di vipere, chi vi ha insegnato a fuggire dall'ira ventura ? Fate dunque frutti degni di penitenza. E non vogliate dire : " Abbiamo Abramo per padre ", poiché Dio è capace di suscitare da queste pietre dei figli ad Abramo (Mt 3,7-9). Egli mirava non so quali pietre sparse per i campi dalle balze selvose, dicendo che da tali pietre sarebbero nati figli ad Abramo. Sarebbero stati infatti figli coloro che ne avrebbero imitato la fede e non coloro che sarebbero nati per generazione carnale. Nessuno quindi osi levar minacce contro la casa di Dio come per dirle : Me ne vado e la casa andrà in rovina. Buon per lui, piuttosto, se si lascerà inserire nella struttura dell'edificio acquistando la carità, poiché, anche cadendo lui la casa resterà in piedi. Ciò perché la casa di Dio è costituita, fratelli, da coloro che [Dio] ha predestinati e dei quali anticipatamente ha conosciuto che persevereranno [sino alla fine]. Di costoro è detto : Dove stettero saldi i suoi piedi. Ci sono infatti certuni che non perseverano e sui quali i piedi di lui non poggiano in maniera stabile. Costoro non sono la Chiesa né fan parte di quella realtà descritta come una tenda, per quanto concerne il tempo presente, e come casa per quanto concerne l'eternità. Dove allora si posano stabilmente i suoi piedi ? E per il moltiplicarsi dell'iniquità in molti si raffredderà la carità. In coloro la cui carità subirà un raffreddamento non poggeranno dunque con stabilità i suoi piedi. Ma come prosegue ? Ma chi avrà perseverato sino alla fine, costui sarà salvo (Mt 24,12-13). Ecco dove poggiano stabilmente i suoi piedi. Adora [Dio] dentro tale dimora. Sii cioè uno di coloro sui quali i piedi di Dio poggiano stabilmente.

14. Potresti - volendo - intendere come riferita alla stessa casa l'espressione : Dove stettero saldi i suoi piedi. I suoi, cioè di quella casa. E si vorrebbe intendere che i tuoi piedi debbono trovare stabilità in Cristo e che questa stabilità la troveranno solo se tu persevererai in Cristo. Cos'è detto infatti del diavolo ? Quegli fu omicida fin da principio, e non perseverò nella verità (Jn 8,44). I piedi del diavolo quindi non furono stabili. E dei superbi cosa è detto ? Non mi venga addosso il piede della superbia, né mi smuova la mano dei peccatori. Qui sono caduti coloro che operano iniquità ; sono stati scacciati e non hanno potuto reggersi in piedi (Ps 35,12-13). È dunque casa di Dio l'uomo i cui piedi non si muovono. E al riguardo cosa affermava pieno di allegrezza Giovanni ? Sposo è colui che ha la sposa ; e l'amico dello sposo sta in piedi ad udirlo. Se non stesse fermo non potrebbe nemmeno ascoltarlo. E si riempie di gaudio alla voce dello sposo (Jn 3,29). E si capisce perché sia immobile : perché gode all'udire la voce dello sposo. Se invece godesse della sua propria voce, cadrebbe. Così vi rendete conto per qual motivo siano caduti quei tali che vollero godere ascoltando la propria voce. Quell'amico dello sposo diceva : È questi colui che battezza (Jn 1,33). Certuni al contrario dicono : Siamo noi che battezziamo. Godono della propria voce ; non possono quindi avere stabilità né appartengono a quella casa di cui è detto che là stettero fermi i suoi piedi.

La resurrezione di Cristo anticipa quella della Chiesa.

15. [v 8.] Sorgi, Signore, [e avviati] al tuo riposo. Dice : Sorgi al Signore addormentato ; e voi sapete chi sia questo addormentato e com'egli sia risorto. In un testo del salmo dice lui personalmente : Turbato ho preso sonno (Ps 56,5), per cui veramente a proposito gli si dice : Sorgi, Signore, [e avviati] al tuo riposo. Ormai non avrai di che turbarti, poiché Cristo risorgendo dai morti più non muore né la morte avrà più alcun potere su di lui (Cf. Rm 6,9). Di lui è la voce in un altro salmo : Dormii e presi sonno, ma mi destai perché il Signore m'è sostegno (Ps 3,6). È lui che s'è addormentato : è quindi a lui che si dice : Sorgi, Signore, [e avviati] al tuo riposo, tu e l'arca della tua santificazione. Cioè : sorgi in modo che [con te] sorga anche l'arca della tua santificazione, cioè quell'arca che tu hai santificata. Egli è il nostro capo ; la sua arca è la sua Chiesa. Egli è risorto per primo ma anche la Chiesa risorgerà. Non avrebbe certamente osato il corpo ripromettersi la resurrezione se prima non fosse risorto il Capo. Sorgi, Signore, [e avviati] al tuo riposo, tu e l'arca della tua santificazione. Da certuni per "arca della santificazione" è stato anche inteso il corpo che Cristo prese da Maria e in tal senso direbbe il salmo : Sorgi, Signore, [e avviati] al tuo riposo tu e l'arca della tua santificazione. Risorgi col corpo affinché possano toccarti con mano quanti non volevano credere. Sorgi, Signore, e avviati al tuo riposo, tu e l'arca della tua santificazione.

16. [v 9.] I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia e si rallegrino i tuoi santi. Con la tua resurrezione dai morti e il tuo ritorno al Padre, i giusti, conseguito il sacerdozio regale, si rivestano di fede (Cf. 1P 2,9), poiché il giusto vive di fede (Cf. Rm 1,17), e, ricevuto come pegno lo Spirito Santo, le membra [di Cristo] si allietino per la speranza della resurrezione che antecedentemente s'è realizzata nel Capo. A queste membra infatti dice l'Apostolo : Lieti per la speranza (Rm 12,12).

Giudei ostinati e giudèi convertiti.

17. [v 10.] Per amore di David tuo servo non allontanare la faccia del tuo Cristo. Lo si dice a Dio Padre. Per amore di David tuo servo non allontanare la faccia del tuo Cristo. Nella Giudea fu crocifisso il Signore e a crocifiggerlo furono i giudei : turbato da loro si addormentò. Ma, se si addormentò tra le mani di quel popolo inferocito, fu pure in mezzo a loro che risorse per giudicarli, come dice in un passo [la Scrittura] : E risuscitami e renderò loro la retribuzione (Ps 40,11). Li ha ripagati e li ripagherà ancora. Quante traversie han dovuto subire i giudei, dopo che ebbero ucciso il Signore, lo sanno bene loro stessi : furono tutti scacciati da quella città in cui lo uccisero. E allora ? Forse che sono andati in rovina tutti i discendenti della stirpe di David e i componenti la tribù di Giuda ? No ! Diversi di loro credettero, anzi molte migliaia di loro credettero, e questo subito dopo la resurrezione del Signore. Si erano accaniti contro di lui fino a crocifiggerlo, ma quando più tardi videro che nel nome di quel crocifisso apparso come un impotente in loro balia cominciarono a operarsi prodigi, furono atterriti dalla potenza del suo nome, e il loro cuore si compunse. Persuasi che in quell'uomo da loro ritenuto eguale a tutti gli altri si nascondeva la divinità, ricorsero agli Apostoli per averne un consiglio (Cf. Ac 2,37) [salutare] e si sentirono rispondere : Fate penitenza e ciascuno di voi si battezzi nel nome del nostro Signore Gesù Cristo (Ac 2,38). Cristo dunque risorse per giudicare coloro dai quali era stato crocifisso : distolse lo sguardo dai giudei e lo volse alle genti. Per questo si leva [dal salmo] come una implorazione a Dio a vantaggio del resto d'Israele e gli si dice : Per amore di David tuo servo non allontanare la faccia del tuo Cristo. Se è stata condannata la paglia, che il buon grano venga raccolto ! Che sia salvo il resto ! (Is 10,21 Rm 9,27) come dice Isaia. E in realtà questo resto si è salvato. Erano infatti israeliti i dodici Apostoli, israeliti quei più che cinquecento fratelli ai quali si mostrò il Signore dopo la sua resurrezione (Cf. 1Co 15,6), israeliti quei battezzati (diverse migliaia !) che ponevano ai piedi degli Apostoli il ricavato dalla vendita dei propri averi (Cf. Ac 2,41 Ac 4,34). Si è adempiuto dunque quanto qui si chiede a Dio : Per amore di David tuo servo non allontanare la faccia, del tuo Cristo.

Il pentimento di Dio.

466 18.[v 11.] Il Signore ha giurato la verità a David e non se ne pentirà. Che significa : L'ha giurato ? Ha confermato la promessa impegnando se stesso. Che significa : Non se ne pentirà ? Non cambierà consiglio. Non che Dio possa esperimentare il dolore del pentimento o che possa sbagliare, sì che decida di rettificare lo sbaglio commesso : tuttavia, come l'uomo quando si pente vorrebbe cambiare il suo operato, così è anche in Dio : quando senti parlare di un suo pentimento, aspettati pure qualche cambiamento. Solo che il suo pentimento, pur essendo designato con questo nome, si verifica in maniera [totalmente] diversa che non in te. Tu ti penti riparando uno sbaglio fatto ; lui si pente nel senso che o punisce o libera. Per essersi pentito, come è detto [nella Scrittura], Dio sostituì Saul nel suo regno. E proprio in questa circostanza, dopo aver detto : Egli si pentì, qualche riga più avanti la Scrittura dice : Egli infatti non è un uomo perché abbia a pentirsi (1 Rg 15, 11-29). Quando dunque Dio, secondo un immutabile suo disegno, cambia qualcuna delle sue opere, si parla di un pentimento che ha per oggetto l'opera cambiata, non il disegno in se stesso. Quanto però è asserito nel salmo Dio lo promise in modo da escludere ogni mutamento. È analogo a quanto detto altrove : Il Signore l'ha giurato e non si pentirà : "Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec " (Ps 109,4). Così è anche qui. Siccome lo promise escludendo ogni mutamento e attestando che la promessa si sarebbe necessariamente realizzata e sarebbe stata permanente, per questo dice : Il Signore ha giurato a David la verità e non se ne pentirà : Porrò sul tuo trono un frutto del tuo ventre. Poteva certo dire : Dal frutto della tua virilità. Perché avrà voluto dire invece : Un frutto del tuo ventre ? Anche usando la precedente espressione, avrebbe certo detto la verità ; ma molto più profonda nel suo significato è l'espressione : Un frutto del ventre, in quanto Cristo è nato da donna senza alcun intervento di uomo.

La speranza porterà i suoi frutti nell'eternità.

19. [v 12.] E allora ? Il Signore ha giurato a David la verità : Porrò sul tuo trono un frutto del tuo ventre. Se i tuoi figli osserveranno il mio patto e le leggi che io loro insegnerò, anche i loro figli sederanno in perpetuo sopra il tuo trono. Se i tuoi figli [lo] osserveranno, anche i loro figli vi sederanno in eterno. I genitori procurano meriti ai figli. Ma se [lo] osserveranno i suoi figli, mentre i figli di questi figli no ? Perché si promette la beatitudine ai figli come conseguenza del merito dei padri ? Dice infatti : Se i tuoi figli [lo] osserveranno anche i loro figli sederanno in perpetuo. Non dice : I tuoi figli sederanno sul tuo trono se osserveranno il patto, e i loro figli vi sederanno se anch'essi a loro volta lo osserveranno ; dice soltanto : Se i tuoi figli [lo] osserveranno anche i loro figli sederanno in perpetuo. Perché questo se non perché col termine " figli " volle qui intendere i loro frutti ? Dice : Se i tuoi figli custodiranno la mia legge e osserveranno quei precetti che io loro insegnerò, anche i loro figli sederanno sopra il tuo trono. Cioè : Il loro frutto sarà l'assidersi sul tuo trono. Al tempo presente, fratelli, noi tutti si lavora in Cristo ; dinanzi alla sua parola proviamo spavento e con buon impegno ci sforziamo d'adempiere il suo volere, e gemendo gli domandiamo che ci soccorra affinché possiamo osservare i suoi comandamenti. Siamo forse seduti su quei troni beati che ci sono stati promessi ? No, ma conservandoci fedeli ai suoi comandamenti speriamo di arrivarvi. Ora proprio questa speranza è descritta nell'accenno ai figli, in quanto speranza dell'uomo che vive in questo mondo sono appunto i figli, come anche ne sono il frutto. Tant'è vero che quando uno vuole scusarsi della propria avarizia di solito dice che, se mette da parte qualcosa, lo fa per i figli. Non vuol dare nulla al povero e, cercando una scusa che abbia l'apparenza della pietà, ricorre ai figli che sono la sua speranza. Per l'uomo infatti che vive a livello terreno tutta la speranza è nel generare figli e lasciarli [dopo di sé]. Su questa base il salmista chiama " figli " la stessa speranza, dicendo : Se i tuoi figli osserveranno il mio patto e le leggi che io loro insegnerò, anche i loro figli sederanno in perpetuo sul tuo trono. Cioè avranno tali frutti che la loro speranza non resterà delusa ; giungeranno a quella meta dove sperano arrivare. Adesso sono, diciamo così, dei padri, cioè la gente della speranza futura ; quando avranno raggiunto ciò che sperano saranno figli, poiché la ricompensa conseguita se la son procurata e generata attraverso le opere buone. Non per nulla infatti questa, ricompensa vien tenuta loro in serbo per la generazione che ha da venire, la quale generazione successiva ordinariamente è chiamata " dei figli ".

Figli di David sono coloro che ne imitano la condotta.

20. Col nome di figli potresti intendere gli stessi uomini, sicché di loro sarebbe detto : Se i tuoi figli osserveranno il mio patto e le leggi che io loro insegnerò. Allora il senso sarebbe il seguente : Se i tuoi figli osserveranno il mio patto e le leggi che io loro insegnerò e se anche i loro figli lo osserveranno (si tratterebbe di una contraddistinzione seguita dalla conclusione), allora sederanno in eterno sul tuo trono. Cioè : vi sederanno i figli tuoi e i figli dei tuoi figli, sempre però a patto che tutti lo osservino. E se non lo osserveranno ? Si renderà forse vana la promessa di Dio ? No, ma è detto così e così promesso proprio perché Dio l'ha previsto ; e cosa ha previsto se non che crederanno ? Affinché poi nessuno osasse attentare alle promesse di Dio né presumesse di ritenere materia lasciata al libero arbitrio dell'uomo quel che invece Dio ha promesso con l'intenzione di mantenerlo, per questo dice il salmo : Egli l'ha giurato (Ps 131,11), parole con cui si dichiara che la promessa si adempirà senza alcun dubbio. In che senso poi ha usato l'espressione : Se custodiranno ? Affinché non ti glori delle promesse dimenticando di osservare [i precetti]. Sarai infatti figlio di David se li osserverai ; se invece ometterai d'osservarli, non lo sarai. La promessa di Dio è infatti per i figli di David. Tu quindi non dire : Son figlio di David, se sarai figlio degenere. Non lo dicono [con fondatezza] nemmeno i giudei, pur essendo nati dalla sua stirpe. O meglio, essi lo dicono ma sragionando. Diceva infatti loro, il Signore : Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo (Jn 8,39). Li esclude dal numero dei figli perché non ne compivano le opere. Comunque, se così è dei giudei, come potremo chiamarci figli di David, noi che, secondo la carne non apparteniamo alla sua stirpe ? Non ci resta che essere suoi figli imitandone la fede e servendo Dio come lo servì lui. Orbene, se i privilegi di David non puoi riprometterteli per appartenenza alla sua stirpe e d'altra parte non vuoi conseguirli imitandone le opere, come s'adempirà in te la promessa di sederti sul trono di David ? E se in te personalmente non si adempirà, pensi che non si adempirà in alcun modo ? Che significherà il detto che egli se l'è trovata per le balze coperte di boschi ? E in che senso i suoi piedi avranno trovato consistenza ? Qualunque condotta terrai tu, la sua casa sarà stabile [per sempre].

Le Scritture, lettere divine.

21. [v 13.] Poiché il Signore ha prescelto Sion e l'ha eletta quale sua dimora. Sion è la Chiesa : la quale Chiesa è anche quella Gerusalemme verso la cui pace corriamo, che non negli angeli ma in noi uomini ora è pellegrina, mentre nella sua parte più nobile attende il ritorno dei lontani. Da questa Gerusalemme ci son venute delle lettere che noi leggiamo ogni giorno. Ecco la città di Sion che Dio ha prescelta.

22. [v 14.] Questo il mio riposo nei secoli dei secoli. Son parole di Dio. Mio riposo significa : In essa trovo riposo. Quanto ci ama Dio, o fratelli ! Fino a dire che lui riposa quando noi siamo nella pace. Difatti non è che lui si turbi per poi calmarsi. Se dice di trovar riposo è perché noi avremo in lui il nostro riposo. Qui abiterò perché l'ho eletta.

La Chiesa quaggiù è vedova.

23. [v 15.] La sua vedova benedirò largamente, sazierò di pani i suoi poveri. Ogni anima che si sente priva di qualsiasi sostegno all'infuori di Dio è vedova. Come descrive infatti l'Apostolo la vedova ? Colei che è veramente vedova, ed è rimasta sola, ripone la sua speranza nel Signore (1Tm 5,5). Trattava delle vedove di cui noi tutti nella Chiesa siamo soliti parlare. Antecedentemente aveva detto : Ma la vedova che vive immersa nei godimenti, pur vivendo, è morta, e non la includeva nel numero delle vedove. Quando viceversa voleva descrivere le vedove sante, cosa diceva ? Colei che è veramente vedova, ed è rimasta sola, ripone la sua speranza in Dio e persevera notte e giorno nelle suppliche e nelle orazioni. Era lì che aggiungeva : La vedova che vive immersa nei godimenti, pur vivendo, è morta (1Tm 5,6). Cos'è dunque ciò che distingue una vedova ? L'essere priva di qualsiasi sostegno all'infuori di Dio, a differenza delle donne che hanno marito e vanno orgogliose per l'appoggio che da lui ricevono. Le vedove al contrario appaiono come persone abbandonate, sebbene il loro sostegno sia più robusto [che non per le altre donne]. Orbene, tutta la Chiesa è un'unica [grande] vedova, la si consideri negli uomini o nelle donne, negli uomini ammogliati o nelle donne maritate, nei giovani o nei vecchi o nelle vergini. Tutta la Chiesa è un'unica vedova che vive nel deserto di questo mondo, purché di questo si renda conto e si consideri realmente nella vedovanza. Solo a questo patto infatti troverà soccorso. Non riconoscete, miei fratelli, questa vedova nelle parole del Vangelo, quando il Signore si pose a insegnare la necessità di pregare sempre, senza mai stancarsi ? Diceva : C'era in una città un giudice che non temeva Dio, né portava rispetto a nessuno. Una vedova lo importunava ogni giorno, dicendogli : Fammi giustizia del mio avversario. Aforza di insistere tutti i giorni, alla fine lo piegò. Difatti quel giudice, che non temeva Dio né portava rispetto a nessuno, in se stesso pensò : "Quantunque non tema Dio e non mi importi di nessuno, tuttavia renderò giustizia a questa vedova per il fastidio che mi procura" (Lc 18,1-8). Se quel giudice iniquo ascoltò quella vedova per liberarsi della sua importunità, non ascolterà Dio la sua Chiesa che ha esortato a pregare sempre ?

Cristo sazia la fame dell'autentico devoto.

467 24. Seguita : Sazierò di pani i suoi poveri. Che significa questo, fratelli ? Siamo poveri e saremo saziati. Ci son molti che, pur essendo cristiani, hanno una sicurezza basata su risorse mondane e di questo vanno orgogliosi. Adorano Cristo ma non trovano [in lui] la sazietà. Sono infatti già sazi e traboccano per la loro superbia. Di simili persone è detto : Il sarcasmo dei facoltosi e il disprezzo dei superbi (Ps 122,4). In effetti costoro sono nell'abbondanza, per cui mangiano ma non riescono a saziarsi. E sempre a proposito di costoro, cosa è detto nel salmo ? Mangiarono e adorarono tutti i ricchi della terra (Ps 21,30). Adorano Cristo, lo venerano, lo invocano, ma non vengono saziati dalla sua sapienza né dalla sua giustizia. Perché ? Perché non sono poveri. Quando al contrario si è [veramente] poveri cioè umili di cuore, allora quanto maggiore è la fame tanto più si mangia, e la fame tanto più cresce quanto più ci si svuota di questo mondo. Uno che è pieno, appunto perché è pieno rigetta tutto quello che gli offrirai. Dammi un affamato, dammi di quelle persone delle quali è detto : Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia poiché saranno saziati (Mt 5,6). Costoro saranno i poveri di cui il salmo dice : Sazierò di pani i suoi poveri. Tant'è vero che nello stesso salmo in cui si dice : Mangiarono e adorarono tutti i ricchi della terra, si parla proprio dei poveri e con accenti perfettamente identici a quelli del nostro salmo. I poveri mangeranno e saranno saziati, e loderanno il Signore coloro che lo cercano (Ps 21,30 Ps 21,27). Là dove si dice : Mangiarono e adorarono tutti i ricchi della terra, si dice ancora : I poveri mangeranno e saranno saziati. Perché quando si dice che lo adorarono i ricchi non si dice che furono saziati, mentre quando lo si dice dei poveri si aggiunge che furono saziati ? E saziati di che cosa ? Che sorta di sazietà sarà mai questa, fratelli ? Dio stesso è il pane. Per diventare nostro latte, lui pane, discese sulla terra e disse ai suoi : Io sono il pane vivo disceso dal cielo (Jn 6,41). Per questo poteva dire quel salmo : I poveri mangeranno e saranno saziati. Saziati con che ? Ascolta come prosegue : E loderanno il Signore coloro che lo cercano.

Non confidare nelle risorse umane.

25. Siate dunque poveri, siate membra della vedova ; e che il vostro aiuto non sia riposto in altri che in Dio. Il denaro è un nulla e in esso non trovereste aiuto. Molti anzi proprio a causa del denaro finirono male e andarono in rovina. Per il denaro accumulato molti furono presi di mira dai ladri, mentre sarebbero stati al sicuro se non avessero avuto di che essere insidiati. Molti riposero la loro fiducia in amici potenti. Caduti questi, su cui si appoggiavano, [nella loro disgrazia] furono coinvolti quanti speravano in loro. Osservate [di questo] le riprove fra la gente che vi circonda. Vi diciamo forse cose inaudite ? Il nostro dire non si basa solo sulle Scritture ; leggete i fatti nella cronaca quotidiana, e state attenti a non riporre la vostra fiducia sul denaro, sulle amicizie umane e sugli onori o le vanità del secolo. Butta via tutto questo ! E se ne hai, ringrazia Dio perché ti mette in grado di disprezzarlo. Se al contrario te ne sentissi orgoglioso, non preoccuparti solo perché un giorno o l'altro potresti essere preda dell'uomo : pensa che sei già preda del diavolo. Non riporre quindi la tua fiducia in queste cose e sarai membro di quella vedova che è la Chiesa, della quale è detto : La sua vedova benedirò largamente. E sarai anche povero : uno di quei poveri ai quali si dice : Sazierò di pani i suoi poveri.

Dall'attaccamento ai beni si discernono ricchi e poveri.

26. A volte ci si imbatte in poveri (non si può non dirlo) che sono pieni di superbia, mentre ci sono dei ricchi umili. Ogni giorno anzi abbiamo a combattere con gente siffatta. Eccoti il povero che geme, o finge di gemere, oppresso dal ricco, e se è veramente molto potente il ricco che lo opprime, allora lo vedi umile : anche se, a volte, nemmeno allora lo è ma anche nell'oppressione è superbo. Da cui puoi capire come sarebbe se avesse beni di fortuna. Povero di Dio è dunque colui che lo è nel cuore, non nella borsa. Non di rado ti troverai vicino un uomo che ha la casa piena d'ogni ben di Dio, possiede terreni fertili, molti campi, molto oro e argento. Egli però sa che non son queste le cose di cui ci si deve vantare e si umilia dinanzi a Dio e con quel che possiede compie del bene. Il suo cuore è così elevato a Dio da essere convinto che le ricchezze in se stesse non solo non recano alcun vantaggio ma sono dei ceppi ai suoi piedi, a meno che non ne rimanga padrone e non ci faccia del bene. Costui appartiene al numero dei poveri che Dio sazia di pane. Eccoti invece, dall'altra parte, un pezzente tronfio di superbia ovvero, se non così superbo perché non ha nulla, tuttavia smanioso d'avere ciò che può gonfiarlo. Siccome Dio non bada alla tasca ma al desiderio, giudicherà costui secondo l'ardore con cui brama i beni terreni, non secondo la quantità dei beni posseduti, che lui non ha potuto accumulare. Per questo motivo a proposito dei ricchi dice l'Apostolo : Raccomanda ai ricchi di questo mondo di non essere orgogliosi, di non riporre la speranza nelle instabili ricchezze ma nel Dio vivo, che ci dà in abbondanza ogni cosa affinché ne godiamo. Che faranno allora delle proprie ricchezze ? Continua dicendo : Si arricchiscano di buone opere, siano liberali, generosi. E nota subito come in questo mondo essi sono poveri. Dice : Si accumulino per l'avvenire un buon fondamento per fare acquisto della vera vita (1Tm 6,17-19). Quando l'avranno conseguita allora saranno ricchi, finché però non l'avranno raggiunta si sentano poveri. È in questa maniera che tutti gli umili di cuore, tutti coloro che vivono nella pratica del duplice precetto della carità, qualunque cosa posseggano in questo mondo, sono sempre nella categoria dei poveri : quei poveri che Dio sazia di pane.

" Siete luce nel Signore ".

27. [vv 16.17.] Io rivestirò della salvezza i suoi sacerdoti, e i suoi santi esulteranno di gioia. Siamo ormai alla fine del salmo : mi presti attenzione la vostra Carità ! Io rivestirò della salvezza i suoi sacerdoti, e i suoi santi esulteranno di gioia. Chi è la nostra salvezza se non il nostro Cristo ? Che vuol dire pertanto : Io rivestirò della salvezza i suoi sacerdoti ? Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo (Ga 3,27). E i suoi santi esulteranno di gioia. Per qual motivo esulteranno di gioia ? Per essere rivestiti della salvezza, non per le risorse personali. Sono infatti diventati luce, ma nel Signore, mentre prima erano tenebre (Ep 5,8). Per questo soggiunge : Là farò spuntare un corno a David. Che si riponga la fiducia in Cristo ! Ecco in che cosa consisterà l'eccelsa dignità di David rappresentata dal corno. E com'è questa altissima dignità ? Non certo carnale. Tant'è vero che mentre tutte le altre ossa sono ricoperte di carne, il corno sporge oltre la carne. Il corno è un'altezza spirituale. E qual è questa altezza spirituale se non sperare in Cristo e non dire : Io faccio, io battezzo, ma : È lui che battezza (Jn 1,33) ? Ecco in che consiste il corno di David. E per rendervene ancor più consapevoli notate le parole che aggiunge : Ho preparato una lucerna al mio Cristo. Chi è la lucerna ? Vi son certo note le parole dette dal Signore a proposito di Giovanni. Egli era una lucerna ardente e luminosa (Jn 5,35). E cosa diceva Giovanni ? È lui che battezza. Di questo dunque dovranno esultare i santi, di questo i sacerdoti : che ogni loro bene non è loro ma di colui che ha il potere di battezzare. Con animo sereno pertanto si avvicina al tempio di Dio chiunque abbia ricevuto il battesimo, in quanto non è un ritrovato dell'uomo ma un dono di colui che ha fatto spuntare un corno a David.

Cristo nostra santificazione.

28. [v 18.] Ma sopra di lui fiorirà la mia santificazione. Sopra chi ? Sopra il mio Cristo. Quando infatti si dice : Per il mio Cristo, è la voce del Padre che parla, quella stessa voce che aveva detto : Benedirò largamente la sua vedova, sazierò di pani i suoi poveri. I suoi sacerdoti rivestirò di santità ed i suoi santi esulteranno di gioia. Era stato ugualmente Dio a dire : Là farò spuntare un corno a David. E così è ancora Dio che dice : Ho preparato una lucerna al mio Cristo, in quanto Cristo è nostro ma lo è anche del Padre. È nostro perché ci salva e governa in qualità di nostro Signore. Quanto al Padre, egli ne è figlio, tuttavia è Cristo nei riguardi nostri e nei riguardi del Padre. Se infatti non fosse il Cristo del Padre non si sarebbe potuto dire in quell'altro verso : Per riguardo a David mio servo non allontanare il volto del tuo Cristo. Ma in lui fiorirà la mia santificazione. Essa fiorisce sopra Cristo. Nessun uomo se ne arroghi l'esclusiva : chi santifica è lui. Altrimenti non sarebbe vero che : Ma in lui fiorirà la mia santificazione. Fiorirà la gloria della santificazione. La santificazione di Cristo sarà dunque in Cristo stesso, poiché in Cristo sarà il potere santificante di Dio. Quanto alla parola fiorirà, essa è nell'intenzione [del salmista] un riferimento alla gloria. Difatti quando gli alberi sono in fiore, presentano la [più grande] bellezza. La santificazione si consegue dunque nel battesimo : allora veramente fiorisce e risplende. Come poté il mondo lasciarsi conquistare da tale bellezza ? Perché fiorisce sulla radice che è Cristo. Lasciala al contrario in potere dell'uomo. Potrebbe forse fiorire, se è vero che ogni uomo è erba secca e ogni gloria carnale somiglia al fiore del fieno (Cf. Is 40,6) ?


Agostino Salmi 131