Agostino Salmi 135

SUL SALMO 135

135 Ps 135

ESPOSIZIONE

Eterna è la misericordia di Dio.

475 1. [v 1.] Confessate al Signore perché è buono, perché la sua misericordia [dura] in eterno. Questo salmo ha come argomento la lode di Dio e tutti i suoi versi terminano con la stessa conclusione. A lode di Dio si dicono molte cose, tuttavia quel che si sottolinea con maggiore insistenza è la sua misericordia. Tant'è vero che l'autore ad opera del quale lo Spirito Santo compose il salmo non volle chiudere alcun verso senza farvi esplicito riferimento. Abbiamo esposto il salmo centocinque, che comincia proprio come il nostro, ma nel codice che io leggevo non c'era : La sua misericordia [dura] in eterno, ma : Nel secolo (Ps 105,1) ; e in quell'occasione mi ricordo d'aver esaminato il problema di cosa intendere con quelle parole. Nel greco infatti si ha  che può rendersi tanto con Nel secolo quanto con In eterno. Quanto vi esposi in quella circostanza, secondo le mie capacità, sarebbe lungo ripeterlo quest'oggi ; e poi nel salmo presente nemmeno il codice da cui leggo ha : Nel secolo (come invece leggono parecchi altri), ma : La sua misericordia [dura] in eterno. A questo proposito sembrerebbe doversi ritenere che dopo il giudizio non ci sarà più alcuno di cui Dio possa avere misericordia. Giunta infatti la fine del mondo e compiuto il giudizio dei vivi e dei morti, i giusti saranno mandati alla vita eterna e i malvagi nel tormento del fuoco eterno (Cf. Mt 25,46). Eppure è esatta l'interpretazione secondo la quale la misericordia di Dio potrà durare in eterno. Sarà la misericordia che egli riverserà sui santi e gli eletti : non nel senso che essi saranno miseri in eterno e quindi per tutta l'eternità avranno bisogno di misericordia, ma nel senso che la loro stessa beatitudine è un dono della misericordia divina. Tale misericordia egli usa verso chi era stato misero : lo sottrae alla miseria e gli fa cominciare la vita beata. Ora, siccome questa beatitudine sarà senza fine, è vero che la misericordia di lui [dura] in eterno. È per misericordia di Dio se siamo diventati giusti da ingiusti, sani da malati, vivi da morti, immortali da mortali, beati da miseri. E siccome quel che siamo lo saremo in eterno, per questo la sua misericordia [dura] in eterno. Pertanto, confessate al Signore (cioè : lodate il Signore proclamandone la magnificenza) perché è buono. Né per una tale confessione ripromettetevi una ricompensa temporale. In eterno [dura] la sua misericordia. Cioè : Sarà eterno il dono che egli misericordiosamente vi accorderà. Le parole : Perché è buono trovano rispondenza nell' de?l greco ; a differenza del salmo centocinque, la cui lezione : Perché è buono (Ps 105,1) nel greco corrispondeva a  ragione per cui qualche traduttore l'ha reso con : Perché è soave. Quanto poi ad  si dice di uno che è buono non in qualsiasi modo ma in misura superlativa.

Gli uomini talvolta chiamati " dèi ".

2. [vv 2.3.] Continua : Confessate al Dio degli dèi, poiché la sua misericordia [dura] in eterno. Confessate al Signore dei signori, poiché la sua misericordia [dura] in eterno. Abuon diritto si pone il problema chi siano questi dèi e signori dei quali l'unico vero Dio sia dio e signore. Al riguardo troviamo in un altro salmo che anche agli uomini si dà il nome di dèi. Dice : Dio s'alzò in piedi nel consesso degli dèi, e in mezzo egli distingue gli dèi. E poco dopo : Io ho detto : Siete dèi e figli tutti dell'Altissimo, ma voi morrete come uomini e cadrete come uno dei principi (Ps 81,1 Ps 81,6-7). A questo testo fa riferimento anche nostro Signore quando dice nel Vangelo : Non è scritto nella vostra legge : Io dissi : Voi siete dèi (Ps 81,2) ? Se chiama dèi quelli a cui fu rivolta la parola del Signore - e la Scrittura non può essere annullata - a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite che bestemmia perché ho detto : Sono figlio di Dio (Jn 10,34) ? Li chiama dunque dèi non perché tutti siano buoni ma perché è ad essi rivolta la parola di Dio. Se infatti fossero stati buoni, non se ne sarebbe potuto fare alcun giudizio. Premesso invece che Dio si alzò in piedi nel consesso degli dèi, non continuò dicendo che egli lì fra mezzo distingue gli dèi e gli uomini, quasi a mostrare la differenza che intercorre fra dèi e uomini, ma dice : Lì in mezzo egli distingue gli dèi. E poi soggiunge : Fino a quando giudicherete iniquamente ? eccetera. Tutto questo lo dice non a tutti ma a certuni soltanto poiché lo dice operando una discriminazione, e tuttavia questa discriminazione è compiuta in mezzo agli dèi.

Non altrettanto gli angeli.

3. Ammesso però che vengano chiamati dèi gli uomini ai quali Dio dirige la parola, è spontaneo chiedersi se si debbano chiamare dèi anche gli angeli, tenendo presente che ai giusti e ai santi è riservata come sommo dei premi l'uguaglianza con gli angeli. Stando alle Scritture, veramente non saprei se si possa trovare un passo esplicito in cui gli angeli siano chiamati dèi. C'è si un passo in cui si dice del Signore Dio che è terribile sopra tutti gli dèi, ma esponendo il motivo dell'affermazione subito prosegue : Poiché tutte le divinità del paganesimo sono demoni. Son questi gli dèi al di sopra dei quali, a quanto afferma il salmo, Dio è terribile nei suoi santi, da lui trasformati in cielo e resi terribili ai demoni. Così infatti continua : Il Signore ha fatto i cieli. Non si parla quindi di dèi senza ulteriori determinazioni ma degli dèi del paganesimo, che sono demoni. Nel testo precedente aveva detto che egli è terribile sopra tutti gli dèi, senza precisare che si riferiva agli dèi del paganesimo, sebbene proprio a loro si riferiva, come dimostrano le parole aggiunte : Poiché gli dèi del paganesimo sono demoni (Ps 95,4). Si osserva a questo proposito che nell'ebraico non è scritto così ma : Gli dèi delle genti sono simulacri. Se ciò è vero, si deve tuttavia prestar più fede ai Settanta, che hanno interpretato [la parola di Dio] illuminati dallo Spirito Santo cioè quello stesso Spirito Santo ad opera del quale furono scritte le parole contenute nel testo ebraico. A un intervento dello Spirito Santo, che è sempre lo stesso, si deve l'affermazione secondo la quale gli dèi del paganesimo sono demoni. Per tale interpretazione noi possiamo avere anche il senso esatto dell'originale ebraico dove si dice che gli dèi delle genti sono simulacri, notando che con " demoni " ci si riferisce a ciò che il simulacro contiene. Quanto infatti ai simulacri in se stessi, in greco chiamati idoli (nome di cui ormai ci si serve anche in latino), è ovvio che pur avendo occhi non vedono, e tutto il resto che di loro vien detto [nel salmo]. Essendo privi di attività sensoriale, non possono nemmeno provare la paura poiché solo chi ha sensibilità è capace di essere spaventato. In che senso dunque si dice del Signore che è terribile al di sopra di tutti gli dèi, poiché gli dèi delle genti sono simulacri, se per " simulacri " non si intendono, i demoni, i quali son certo capaci di sentire la paura ? Analogamente anche quanto diceva l'Apostolo, e cioè : Noi sappiamo che l'idolo non è nulla (1Co 8,4), lo diceva riferendosi all'elemento materiale dell'idolo, che è privo di sensibilità. In effetti, per impedire che si pensasse non essere [nell'idolo] alcuna entità viva e dotata di facoltà sensibili e quindi capace di godere dei sacrifici offertile dai pagani, aggiungeva : Ciò che i gentili, sacrificano, è sacrificato ai demoni e non a Dio ; e io non voglio che voi siate, in comunione, con i demoni (1Co 10,20). Resta, in conclusione, confermato il fatto che mai nella Scrittura agli angeli si dà il nome di " dèi " e di ciò mi sembra d'intuire anche il motivo fondamentale. Si è voluto così impedire, che gli uomini si abituassero a tributare ai santi angeli un ministero o un culto religioso, detto in greco " liturgia " o " latria ", che poi è quel culto che gli stessi angeli non vogliono sia tributato dagli uomini ad altri se non a quel Dio che è il Dio loro e degli uomini. È molto più vantaggioso quindi chiamarli angeli, che in latino sarebbe " ambasciatori " : non quindi un nome che ne indica la sostanza ma l'ufficio. Così ci si fa capire con sufficiente chiarezza essere loro volontà che noi pure serviamo quel Dio di cui essi son messaggeri. All'intero problema di cui ci stiamo occupando l'Apostolo dà una soluzione breve ma completa quando dice : E sebbene vi siano esseri chiamati dèi, sia in cielo che sulla terra, in quanto vi sono molti dèi e molti signori, tuttavia per noi c'è un solo Dio, il Padre, da cui tutto proviene e noi viviamo per lui ; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale tutto è stato creato e noi per lui esistiamo (1Co 8,5-6).

Annotazioni filologiche.

4. [vv 4-7.] Confessiamo dunque al Dio degli dèi, al Signore dei signori ; poiché la sua misericordia [dura] in eterno. Lui che da solo compie opere e miracoli. Come alla fine d'ogni versetto dice : Poiché in eterno [dura] la sua misericordia, così all'inizio di ogni versetto, sebbene non lo si dica espressamente, occorre sottintendere la parola : Confessate, come appare in maniera più evidente nel testo greco. E apparirebbe anche in latino se i nostri traduttori avessero potuto rendere alla lettera l'espressione greca. Questo, ad esempio, l'avrebbero potuto fare nel nostro versetto, traducendo : A colui che compie opere mirabili. Difatti mentre il latino legge : Colui che compie opere mirabili, il greco reca : A colui che compie opere mirabili, dove necessariamente è sottinteso il verbo : Confessate. Avessero almeno aggiunto il pronome e detto : A colui che compie, ovvero : a colui che fece, ovvero : a colui che consolidò. In tal modo si sarebbe potuto arguire con facilità che occorreva sottintendere : Confessate. Invece, come giace, il nostro testo è veramente oscuro per chi non è in grado di ricorrere al testo greco o non se ne cura. Si potrebbe addirittura pensare che le espressioni : Chi fece i cieli, Chi consolidò la terra, Chi creò i luminari perché eterna è la sua misericordia, le si debbano intendere nel senso che Dio abbia compiuto tali opere perché eterna è la sua misericordia. In realtà compito della misericordia divina è liberare quelli che si trovano nella miseria. Quanto invece alla creazione del cielo, della terra e dei luminari, non dobbiamo concepirla tanto come un effetto della sua misericordia quanto piuttosto della sua bontà, avendo creato perfettamente buone tutte le cose (Cf. Gn 1,31). Egli creò tutte le cose perché avessero un'esistenza (Sg 1,14), mentre compito specifico della misericordia è purificarci dai peccati e liberarci per l'eternità dalla nostra miseria. Questo dunque è il senso delle parole che ci rivolge il salmo : Confessate al Dio degli dèi, confessate al Signore dei signori. Confessate a colui che solo compie opere mirabili, confessate a colui che ha creato i cieli nell'intelletto, confessate a colui che ha fissato la terra sopra le acque, confessate a colui che da solo ha fatto i grandi luminari. Il motivo poi per il quale dobbiamo confessarlo è indicato alla fine di ogni verso. Perché in eterno [dura] la sua misericordia.

Dio opera o da solo o servendosi delle creature.

5. [vv 5-10.] Cosa vuol dire : Egli compie grandi meraviglie da solo ? Si riferisce forse al fatto che molte altre ne compie servendosi di angeli o di uomini ? Ci sono in realtà delle opere grandiose che Dio compie da solo ; e son quelle che elenca continuando il suo dire. Egli fece i cieli nell'intelletto ; egli fissò la terra sopra le acque ; egli da solo fece i grandi luminari. Nell'ultimo aggiunge di nuovo il Da solo, poiché le altre meraviglie di cui parlerà in seguito sono state compiute con la collaborazione dell'uomo. Appena infatti ha affermato che lui, da solo, ha creato i grandi luminari, subito ci palesa quali siano questi luminari e continua : Il sole che presiede al giorno, la luna e le stelle che presiedono alla notte ; ma poi eccolo passare alla enumerazione delle opere che ha compiute mediante gli angeli o gli uomini. Dice : Egli percosse l'Egitto con i suoi primogeniti, eccetera. La totalità quindi del mondo creato Dio non l'ha prodotta servendosi di creature ma l'ha creata da solo. Di questo mondo creato il salmista ricorda solo alcune parti, certo le più sublimi, come sono i cieli tra le creature intelligibili e la terra tra quelle visibili, da cui noi concludessimo alla totalità dell'universo. Siccome poi ci sono anche i cieli visibili, menzionando espressamente i luminari del cielo ci invita a ritenere creato da lui tutto il mondo celeste.

Dio crea nell'intelletto.

6. Si potrebbe porre la questione se con le parole : Egli creò i cieli nell'intelletto, o, come hanno tradotto altri, nell'intelligenza, il salmista abbia davvero inteso riferirsi ai cieli intelligibili. La frase infatti potrebbe significare che lui, nel suo intelletto o nella sua intelligenza, creò i cieli, che cioè li creò nella sua Sapienza, come altrove è scritto : Hai fatto tutto nella sapienza (Ps 103,24). In tale interpretazione ci avrebbe insinuato l'esistenza del suo Verbo unigenito. Se è vero questo, se cioè ammettiamo l'interpretazione che Dio ha creato i cieli nel suo intelletto, perché dirlo soltanto a proposito dei cieli quando si sa che egli con tale Sapienza ha creato tutte le cose ? O non dovremo per caso intendere l'espressione, detta esplicitamente una sola volta, come sottintesa anche nei casi rimanenti ? In tale ipotesi il senso sarebbe questo : Egli creò i cieli nell'intelletto, Egli diede alla terra le sue fondamenta sopra le acque, sottinteso : nell'intelletto. Egli da solo fece i grandi luminari, il sole che presiede al giorno, la luna e le stelle che presiedono alla notte, sempre nell'intelletto. Come però può dire che le creò da solo, se le creò nell'intelletto o nell'intelligenza, se intelletto, o intelligenza, significano la Sapienza, cioè il suo Verbo unigenito ? Non dipenderà per caso dal fatto che la Trinità non sono tre dèi ma un solo Dio, e l'affermazione secondo cui Dio creò da solo [l'universo] non significherà per caso che Dio nel creare il mondo non si è servito di alcuna [semplice] creatura ?

Terra e acqua.

476 7. Come intendere ora le parole : Egli consolidò la terra al di sopra delle acque ? Non è una questione ben chiara. Difatti la terra risulta più pesante delle acque, per cui è convinzione comune che non le acque reggano la terra ma la terra le acque. Ci sono a questo proposito certuni che ritengono di aver appurato questi fenomeni e di conoscerli con motivata sicurezza. Al riguardo noi non vogliamo difendere con accanimento la verità dei nostri Libri sacri contro costoro, ma, comunque stiano le cose, noi riteniamo il significato che ci viene come il più immediato. Col nome di terra quindi intendiamo la terra abitata dagli uomini e nella quale si trovano gli animali terrestri. Con altro termine la Scrittura la chiama " superficie arida ", come là dove è scritto : Appaia l'asciutto, e Dio chiamò terra l'asciutto (Gn 1,9-10). Di questa terra si dice che è fondata sopra le acque nel senso che sovrasta le acque che la circondano. Anche di una città marittima si dice infatti che sorge sul mare, ma non nel senso che il mare stia sotto le sue fondamenta come lo sono le acque rispetto alle cavità delle grotte [marine] o rispetto alle navi che galleggiano in superficie. Se la si dice posta sul mare, è perché è più in alto rispetto al mare che l'attornia più basso. In tal senso si dice del faraone che uscì al di sopra delle acque (Cf. Ex 7,15), lezione di certi codici greci del testo che qualche traduttore latino ha reso : Vicino alle acque. Così anche del Signore si dice che sedeva sopra il pozzo (Cf. Jn 4,6). Nell'uno e nell'altro caso significa che si trovavano in posizione più elevata rispetto al fiume o al pozzo a cui erano rispettivamente vicini.

Interpretazione allegorica della creazione.

8. L'espressione : Dio fece i cieli nell'intelletto potrebbe avere anche un altro significato più vicino a noi. Potrebbe cioè indicare, fra i santi di Dio, coloro che avendo raggiunto la maturità spirituale sono stati da lui forniti non solo del dono di credere ma anche di comprendere le realtà divine. Viceversa, coloro che non hanno ancora conseguito identici doni ma posseggono esclusivamente una saldissima fede vengono chiamati con nome simbolico " terra ", come chi è al di sotto dei cieli. Siccome poi con la loro fede inconcussa poggiano sul battesimo da loro ricevuto, per questo si dice : Ha fissato la terra sopra le acque. Ma proseguiamo. Del Signore Gesù Cristo si trova scritto che in lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza (Col 2,3). Che tra questi due doni, quello della sapienza e l'altro della scienza, ci sia una certa diversità, lo attestano svariati passi scritturali, ma io mi limiterò al più eloquente, cioè a quanto dice il santo Giobbe. È un testo in cui sembra quasi volersi dare la definizione dell'una e dell'altra. Ecco le parole : Dio disse all'uomo : "Bada ! la sapienza consiste nella pietà, e la scienza consiste nell'astenersi dal male" (Jb 28,28). Col termine sapienza quindi intendiamo, e non senza fondatezza, la conoscenza e una tenerezza amorosa per l'essere che esiste da sempre e rimane per sempre immutabile, cioè per Dio. Tanto è vero che l'espressione : Ecco, la sapienza consiste nella pietà nel greco suona  termine che per riprodurlo al completo in latino occorrerebbe renderlo con " culto verso Dio ". Quanto alla scienza, dice che consiste nell'astenersi dal male. Ora, cosa vuol dire questo se non comportarsi con cautela e saggezza in mezzo a una gente tortuosa e perversa (Cf. Ph 2,15), come chi proceda nella notte del mondo presente ? Non è forse con l'astenersi dal male che non ci si confonde con le tenebre ma se ne è separati attraverso la luce del proprio carisma ? In ordine a ciò l'Apostolo volendo, in un passo delle sue lettere, mostrare come negli uomini di Dio la varietà dei doni divini vada unita : alla concordia, elencò per primi proprio questi due doni. Diceva : Ad uno lo Spirito ha dato il linguaggio della sapienza, e a questo corrispondono, credo, le parole del salmo : Il sole, a governare il giorno ; e poi : A un altro il linguaggio della scienza secondo il medesimo Spirito, e questo nel salmo equivale a la luna. Quanto a le stelle ; penso che vi si alluda, sia pur vagamente, là dove è detto : Ad uno la fede, nel medesimo Spirito ; a un altro il dono delle guarigioni nell'unico Spirito ; ad uno le opere di virtù ; a un altro la profezia ; ad uno il discernimento degli spiriti ; ad un altro la diversità delle lingue ; ad un altro l'interpretazione delle lingue (1Co 12,8). Tutti questi doni infatti son necessari nella notte del tempo presente, sicché trascorsa questa notte, di nessuno ci sarà più bisogno. Per questo dice : A governare la notte. Afferma, in conclusione, che [quegli esseri sono preposti] al governo o del giorno o della notte, che cioè possano far luce o di giorno o di notte : la qual cosa, riferita ai doni spirituali, è comprensibile in quanto egli ci ha dato il potere di diventare figli di Dio (Cf. Jn 1,12). Colpì l'Egitto con i suoi primogeniti. Colpì il mondo con le cose che nel mondo son ritenute principali.

Dio abbatte i suoi nemici.

9. [vv 11-26.] Liberò Israele di mezzo a loro. Egli dunque liberò di mezzo ai cattivi i suoi santi e fedeli. Con mano potente e braccio sublime. Cosa più potente o più sublime di colui del quale fu detto : E il braccio del Signore a chi è stato rivelato ? (Is 53,1) Ha diviso il Mar Rosso in due parti. La stessa divisione si opera ancora, sicché lo stesso e identico battesimo per gli uni è sacramento di vita, per gli altri di morte. Ha tratto fuori Israele di mezzo ad esso. Anche ora trae fuori il suo popolo rinnovato nel lavacro della rigenerazione. Sprofondò nel Mar Rosso il faraone con tutto il suo esercito. È nel battesimo che distrugge con rapidità il peccato dei suoi [eletti] insieme col reato di colpa che l'accompagna. Accompagnò il suo popolo nel deserto. Ci accompagna durante la traversata del tempo presente, arido e infruttuoso, perché non vi moriamo. Colpì re grandi e uccise re forti. Anche in noi colpisce e uccide le potenze diaboliche a noi ostili. Seon re degli amorrei. Seon significa "germe inutile" o "calore di tentazione" : re di coloro che causano amarezza. Tale il significato di " amorrei ". Og re di Basan, Og significa " colui che ammassa ". Re di " confusione " : tale il senso di Basan. Cosa infatti può ammucchiare il diavolo se non la confusione ? E ha dato la loro terra in eredità, in eredità ad Israele suo servo. Egli dà anche oggi coloro che prima erano possesso del diavolo in eredità al discendente di Abramo, cioè a Cristo. Poiché nella nostra sventura si ricordò di noi. E ci liberò dai nostri nemici col sangue del suo Unigenito. Egli nutre ogni carne, cioè l'intero genere umano. Non quindi soltanto gli israeliti ma anche i pagani. A proposito di questo cibo è detto : La mia carne è veramente cibo (Jn 6,56). Confessate al Dio del cielo poiché la sua misericordia [dura] in eterno. Confessate al Signore dei signori, poiché la sua misericordia [dura] in eterno. Quanto all'espressione usata qui, e cioè : Al Dio del cielo, penso che con altro vocabolo abbia voluto esprimere la stessa cosa detta sopra con le parole : Al Dio degli dèi (Ps 135,26). Difatti le parole che là aggiungeva alle precedenti le ha qui ripetute dicendo : Confessate al Signore dei signori. Comunque, per quanti esseri ci siano in cielo e sulla terra che vengano chiamati dèi - ci sono infatti molti dèi e molti signori - per noi tuttavia c'è un solo Dio, il Padre, da cui tutto proviene e noi viviamo per lui ; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale tutto è stato creato e noi per lui esistiamo (1Co 8,5-6). È a lui che noi confessiamo che la sua misericordia (dura] in eterno.

SUL SALMO 136

136 Ps 136

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Le due città, raffigurate da Gerusalemme e da Babilonia.

1. [v 1.] Non credo vi siate dimenticati di ciò che spesso vi abbiamo inculcato o meglio richiamato alla mente. Si tratta infatti di cose che ogni uomo cresciuto nella santa Chiesa e istruito nella fede deve conoscere. Queste : quale sia la città di cui siamo cittadini, sebbene attualmente da essa lontani ; come la causa di questo allontanamento sia il peccato, mentre la via per il ritorno, a noi gratuitamente concesso, sono la remissione dei peccati e la giustificazione mediante la grazia di Dio. Per averlo più volte ascoltato, voi sapete che due città, adesso mescolate materialmente per quanto spiritualmente separate, procedano lungo il corso dei secoli ciascuna verso la sua fine. L'una [città] ha come fine la pace eterna, e questa si chiama Gerusalemme ; l'altra ha come fine il godimento d'una pace temporale, e questa si chiama Babilonia. A loro riguardo dovreste ricordare, se non m'inganno, anche il significato del rispettivo nome : come cioè Gerusalemme significhi " visione di pace ", mentre Babilonia " confusione ". Gerusalemme fu deportata a Babilonia dove rimase in cattività ; non tutti però furono presi prigionieri : di lei infatti son cittadini anche gli angeli. E anche riguardo agli uomini, si deve tener conto dei predestinati alla gloria di Dio, che mediante l'adozione sono diventati eredi insieme con Cristo, essendo stati riscattati dalla prigionia a prezzo del suo sangue. Questa porzione, per quanto piccola, della città di Gerusalemme è tenuta prigioniera a Babilonia a causa del peccato, ma da tale prigionia comincia a uscire, prima col cuore mediante la confessione dei peccati e l'amore per la giustizia, finché più tardi, cioè alla fine dei tempi, non ne sia separata anche col corpo. Tutte queste cose vi abbiamo inculcate in occasione di quel salmo che in questa sede esponemmo alla vostra benevolenza e che comincia con le parole : A te, o Dio, si addice l'inno in Sion, a te si sciolgano i voti in Gerusalemme (Ps 64,1). Oggi abbiamo cantato : Là, sopra i fiumi di Babilonia sedemmo piangendo al ricordo di Sion. Notate come nel precedente salmo si diceva : A te, o Dio, si addice l'inno in Sion, in quello attuale invece : Là, sopra i fiumi di Babilonia sedemmo piangendo al ricordo di Sion, di quella Sion cioè dove conviene che a Dio si levi l'inno.

La vocazione dei cittadini di Babilonia.

2. Cosa sono dunque i fiumi di Babilonia e cosa rappresenta il nostro piangere seduti al ricordo di Sion ? Se infatti siamo cittadini di quella patria, non si tratta, poi, d'un semplice canto ma di tutto un orientamento di vita. Se siamo cioè cittadini di Gerusalemme, che è lo stesso di Sion, e dobbiamo vivere in questa terra, nella confusione del mondo presente, nella presente Babilonia dove non dimoriamo da cittadini ma siamo tenuti prigionieri, bisogna che quanto detto dal salmo non solo lo cantiamo ma lo viviamo : cosa che si fa con una aspirazione profonda del cuore pienamente e religiosamente desideroso della città eterna. Anche la città terrestre chiamata Babilonia ha persone che, mosse da amore per lei, si industriano per garantirne la pace - pace temporale - non nutrendo in cuore altra speranza, riponendo anzi in questo tutta la loro gioia, senza ripromettersi altro. E noi li vediamo fare ogni sforzo per rendersi utili alla società terrena. Ora se si adoperano con coscienza pura in queste mansioni, Dio non permetterà che periscano con Babilonia, avendoli predestinati ad essere cittadini di Gerusalemme : a patto però che, vivendo in Babilonia, non ne ambiscano la superbia, il fasto caduco e l'indisponente arroganza, ma diano testimonianza di vera fede come possono, nei limiti che possono e con chi possono, valutando rettamente i beni terreni che vedono e sforzandosi di capire per quanto è in loro potere la bellezza della città [eterna]. In tale stato di cose, dunque, Dio non li lascerà perire con Babilonia, avendoli predestinati ad essere cittadini di Gerusalemme. Egli vede il loro asservimento e mostrerà loro quell'altra città, verso la quale debbano veramente sospirare e indirizzare ogni sforzo. Non solo ma dovranno anche esortare con ogni mezzo al possesso di lei i propri concittadini, ora compagni di prigionia. È per questo che il Signore Gesù Cristo diceva : Chi è fedele nel poco sarà fedele anche nel molto. E ancora : Se non siete stati fedeli nei beni altrui, chi vi darà i vostri ? (Lc 16,10-12).

I fiumi di Babilonia.

3. E ora, o carissimi, fermatevi a considerare Babilonia. Fiumi di Babilonia son tutte le cose mondane, che, per quanto le si ami, sono passeggere. Eccovi un esempio. Un tizio s'è invogliato a far l'agricoltore ripromettendosene ricchezza, soddisfazioni e piaceri. Ponga mente ai risultati [della sua attività], e vedrà subito che quanto da lui amato non era uno dei fondamenti di Gerusalemme ma un fiume di Babilonia. Un altro dice : Gran bella cosa fare il soldato ! I contadini han paura dei militari e intimoriti li favoriscono. Se farò l'agricoltore, dovrò temere i soldati ; se invece farò il soldato incuterò timore ai contadini. Insensato ! ti precipiti in un altro fiume di Babilonia, fiume che è più tumultuoso e vorace dell'altro. Vuoi essere temuto da chi ti è inferiore ? Temi chi è maggiore di te ; e questo maggiore di te potrebbe essere, e anche a breve scadenza, quello stesso che ora ha paura di te. Non sarà certo chi ti è inferiore a incuterti timore ! Dice un terzo : Gran cosa essere avvocati ! L'eloquenza è d'un potere straordinario. Ha sempre dei clienti che in ogni evenienza pendono dalle labbra del loro facondo patrono e dalla sua bocca si attendono danno o guadagno, morte o vita, rovina o salvezza. Non sai in quale labirinto ti sia cacciato. È un altro fiume di Babilonia, e la sua alta risonanza altro non è che fragore di acqua che s'infrange su macigni. Bada come scorre ; bada come scende a valle ; e se questo osserverai con attenzione, sta' anche attento che potrebbe trascinarti. Gran bella cosa - dice un altro - è mettersi in mare e darsi al commercio. Si conoscono molte province, si guadagna con molteplici attività, non si dipende da alcun potente del proprio paese, si va continuamente in giro pascendosi l'animo in attività che cambiano col cambiare dei paesi che si visitano ; e alla fine si torna a casa ricchi per l'accumularsi dei profitti. Anche questo è un fiume di Babilonia. E che stabilità avranno i tuoi guadagni ? Per quanto tempo potrai farci affidamento ? Per quanto tempo vivrai tranquillo sui tuoi profitti ? Quanto più sarai ricco tanto più avrai da temere. Basterebbe un solo naufragio per farti uscire spoglio di tutto. E allora, travolto dal fiume di Babilonia, avresti ben motivo di rimpiangere d'esserti rifiutato di piangere sedendo sopra i fiumi di Babilonia.

477 Aggrapparsi alla croce.

4. Ci sono però cittadini della santa Gerusalemme che tengono un'altra condotta. Si sentono in cattività e, guardando alle aspirazioni umane e alle molteplici voglie celate nel cuore dell'uomo, le trovano dispersive e capaci di attrarre o sospingere fin dentro il mare. Vedendo questo, non si cacciano nella corrente dei fiumi di Babilonia, ma si seggono sopra i fiumi di Babilonia, e sopra questi fiumi piangono la sorte di chi si lascia trasportare dalla corrente o anche la loro propria sorte, di gente cioè costretta a vivere in Babilonia. Fan questo sedendo, cioè umiliandosi. Sopra i fiumi di Babilonia, dunque, là sedemmo piangendo al ricordo di Sion. O santa Sion, dove tutto è stabile e nulla fluisce ! chi mai ci ha precipitati in quei fiumi ? per qual motivo abbandonammo il tuo artefice e rinunziammo alla comunione con te ? Ecco, ora ci troviamo immersi in cose labili e transitorie e alla corrente del fiume che lo rapisce c'è sì e no qualcuno che riesce a sottrarsi : quei pochi che sanno aggrapparsi al legno. Orbene, umiliati per trovarci in cattività, mettiamoci a sedere sopra i fiumi di Babilonia ; non ci venga il ticchio di buttarci in quei fiumi. Convinti inoltre che tale prigionia è un male e provandone tristezza, non presumiamo di sollevarci in alto per superbia ma stiamocene seduti e piangiamo. Sediamo al di sopra dei fiumi di Babilonia, non sotto di loro ! La nostra umiltà, cioè, sia tale che non ci lasci affogare. Siedi, sì, al di sopra del fiume, non dentro il fiume né sotto il fiume. Sta' però seduto : sii umile e non parlare come se fossi in Gerusalemme. Lassù infatti troverai stabilità, come si esprime un altro salmo quando, cantando di lei sia pur nella speranza, dice : I nostri piedi si son posati negli atri di Gerusalemme (
Ps 121,2). Lassù sarai innalzato se quaggiù ti sarai umiliato nella penitenza e nella confessione. Pertanto, i nostri piedi si son posati negli atri di Gerusalemme ; viceversa sopra i fiumi di Babilonia sedemmo piangendo al ricordo di Sion. Per questo devi tu piangere : perché ti ricordi di Sion.

Gioie e tristezze della vita presente.

5. Ci sono infatti molti che piangono d'un pianto babilonico, come anche godono per delle gioie babiloniche. Tali coloro che si rallegrano per profitti [materiali] e si rattristano per danni [materiali]. L'uno e l'altro sentimento è di Babilonia. Tu devi piangere, ma al ricordo di Sion. Se piangi al ricordo di Sion, anche quando le cose ti van bene secondo i canoni di Babilonia sentirai il bisogno di piangere. In questo senso è detto (lo dice un altro salmo) : Ho scoperto la tribolazione e il dolore e ho invocato il nome del Signore (Ps 114,3-4). Perché mai dice : Ho scoperto ? C'è una non so quale tribolazione che occorre ricercare e che si scopre solo dopo averla cercata. E quando l'ebbe trovata qual vantaggio ne ricavò ? Invocò il nome del Signore. C'è una gran differenza fra lo scoprire la tribolazione e l'essere scoperti dalla tribolazione, come si esprime in un altro passo [la Scrittura] : Mi hanno scoperto i dolori dell'inferno (Ps 17,6). Che significa : Mi hanno scoperto i dolori dell'inferno ? e che cosa : Io ho scoperto la tribolazione e il dolore ? Eccoti sopraggiungere all'improvviso un'angustia perché ti van male le cose mondane di cui ti deliziavi ; eccoti un'angustia che ti capita addosso imprevista e proprio per una cosa che mai avevi supposto potesse causarti tristezza. Ti capita invece e tu te ne rattristi. È il dolore dell'inferno che ti è venuto a trovare. Tu ti credevi in alto, invece eri in basso ; e quando t'ha incontrato il dolore dell'inferno tu ti sei trovato laggiù in basso, mentre ti lusingavi d'essere in alto. All'improvviso ti sei sentito gravemente addolorato e rattristato per un male, per il quale pensavi di non doverti mai rattristare. È il dolore dell'inferno che ti è venuto a trovare. Ma poni il caso che tutto ti vada bene. Ti arride la fortuna in fatto di beni materiali : nessuno dei tuoi è deceduto, nella tua vigna nulla si è seccato, né c'è stata grandine né le viti presentano segni d'infecondità ; la tua botte non sa d'aceto ; nessun aborto nel tuo bestiame. Se sei rivestito d'una qualche dignità civile, nessuno t'ha mancato di rispetto. Da ogni parte hai amici, non solo vivi e vegeti ma anche fedeli nell'amicizia ; né ti mancano i clienti. I figli ti rispettano, gli schiavi tremano dinanzi a te, la moglie è in piena armonia con te. Una tal casa si dice che è felice. Ebbene, in questo stato di cose, se ce la fai, vedi di scoprire la tribolazione, affinché, scoprendola, senta il bisogno di invocare il nome del Signore. La parola di Dio, a prima vista, sembrerebbe darti [in materia] insegnamenti sballati : che cioè si debba piangere quando si è nella gioia e rallegrarsi quando arriva la pena. Eccoti uno che gioisce in mezzo alle angustie. Dice : Noi ci gloriamo delle tribolazioni (Rm 5,3). Quanto all'altro, cioè colui che piange in mezzo ai godimenti, vedi se ha scoperto la tribolazione. Prenda ciascuno in esame la felicità per la quale si allieta la sua anima ; consideri ciò che, per dir così, lo ha fatto gonfiare di gioia al segno da poter esclamare pieno di superbia : Sono felice ! Osservi bene se non si tratti d'una felicità che svanisce, se sia sicuro che essa durerà in eterno. Se di questo non è sicuro ma al contrario s'accorge che fuggevole è ciò che lo diletta, che è tutto un fiume di Babilonia, allora si metta a sedere e seduto lì sopra pianga. Questo sedersi e piangere però sia motivato dal ricordo di Sion. O pace sublime che vedremo presso Dio ! O parità santa con gli angeli ! O visione e spettacolo di bellezza ! Ecco, son belle anche le cose che ci legano [il cuore] qui in Babilonia. Ma non ci trattengano, non c'ingannino ! Una cosa è quel che si dà come conforto e sostegno ai prigionieri, un'altra è quel che costituirà la felicità dei figli. Là, sopra i fiumi di Babilonia sedemmo piangendo al ricordo di Sion.

Diversa la durezza del cuore dei non credenti.

6. [v 2.] Abbiamo sospeso ai salici, in mezzo a lei, i nostri strumenti musicali. I cittadini di Gerusalemme hanno i loro strumenti musicali, le Scritture divine, i comandamenti del Signore, le sue promesse, la contemplazione, sia pur relativa, del mondo avvenire. Ma, dovendo vivere in mezzo a Babilonia, sospendono questi loro strumenti ai salici di lei. Il salice è una pianta che non dà frutto. Inseriti poi nel presente contesto, nulla di buono può vedersi rappresentato in questi salici, sebbene la cosa possa essere possibile altrove. Per questa volta prendete il salice nel senso di pianta sterile nata sui fiumi di Babilonia. Vengono irrigati con acqua dei fiumi di Babilonia e non producono frutti. Come ci sono persone avide di possesso, avare e infeconde in fatto di opere buone, così i cittadini di Babilonia sono come le piante di quella regione : si pascono dei piaceri che offrono le cose passeggere come fanno le piante bagnate dai fiumi di Babilonia. Vi cerchi dei frutti e mai ve li trovi. Quando subiamo le molestie di gente siffatta, è segno che ci troviamo fra coloro che abitano al centro di Babilonia. Ben diverso infatti è il centro di Babilonia e la sua periferia, e difatti c'è della gente che non abita al centro di tale città, che cioè non si lascia totalmente travolgere dalle voglie né dai piaceri mondani. Viceversa coloro che, per dirlo in termini chiari e in breve, sono non cattivi ma pessimi, essi abitano al centro di Babilonia e sono piante sterili come i salici di Babilonia. Quando c'imbattiamo in essi li troviamo così brulli che difficilmente si lascia intravedere un qualche aggancio per condurli alla vera fede, alle opere buone, alla speranza dell'aldilà, o almeno al desiderio d'essere liberati dalla prigionia della loro mortalità. Noi conosciamo le Scritture da citar loro, ma, non trovando in essi alcun frutto che ci permetta un avvio [di dialogo], voltiamo la faccia da loro e diciamo : Costoro non sono ancora in grado di gustare queste cose, non le capiscono. Qualunque cosa loro dicessimo, la prenderebbero in mala parte. E così rimandiamo ad altro tempo l'uso delle Scritture : sospendiamo cioè ai salici i nostri strumenti, non reputandoli persone degne di portarli. Questi nostri strumenti non li adoperiamo con loro immettendoli nel loro cuore, ma li sospendiamo ai loro rami rimandandone l'uso ad altro tempo. Sono infatti salici di Babilonia, cioè piante infruttuose, nutrite di piaceri materiali, come da fiumi di Babilonia.

Dalla nostra prigionia spirituale ci libera Cristo, buon Samaritano.

7. [v 3.] E notate se il salmo non continui proprio in questa direzione. Dice : Abbiamo sospeso ai salici, in mezzo a lei, i nostri strumenti musicali. Perché ivi quelli che ci avevano preso prigionieri ci domandavano parole di cantici ; e quelli che ci avevano rapito, un inno (sottintendi : ci chiedevano). Coloro che ci avevano presi prigionieri ci chiedevano parole di cantici e l'inno. Chi, o fratelli, ci ha preso prigionieri ? Quali sono stati i nemici dai quali, talvolta almeno, ci siamo sentiti condurre in prigionia ? Quanto alla Gerusalemme storica, anche lei ebbe nemici che ne deportarono gli abitanti. Tali i babilonesi, i persiani, i caldei, e altri popoli delle stesse razze e regioni. Ma tutto questo le successe più tardi, non nell'epoca in cui venivano cantati questi salmi. Come però abbiamo già detto alla vostra Carità, tutte le vicende occorse storicamente a quella città sono figure che simboleggiano noi, ed è facile dimostrare che noi siamo prigionieri. Non respiriamo infatti in quell'atmosfera di vera libertà, non godiamo della purezza di quella verità né di quella sapienza che immutabile in se stessa, rinnova tutte le cose (Cf. Sg 7,27). Siamo sotto la tentazione che ci porta a godere delle realtà temporali, e dobbiamo ogni giorno lottare con l'attrattiva di piaceri illeciti. Sì e no durante la preghiera c'è dato respirare. Siamo prigionieri, lo comprendiamo. Ma chi è stato a imprigionarci ? quali uomini ? quale nazione ? quale re ? Se ci si è dovuto riscattare, è certo che eravamo prigionieri. Ma chi ci ha riscattati ? Cristo. E da chi ci ha riscattati ? Dal diavolo. Sono stati dunque il diavolo e i suoi angeli a prenderci prigionieri : cosa che non avrebbero fatto se noi non avessimo loro consentito. Ad essere condotti prigionieri siamo stati noi. Dei nostri conquistatori ho già parlato : sono quegli stessi assassini che ferirono il viandante che da Gerusalemme scendeva a Gerico, lo coprirono di piaghe e lo lasciarono mezzo morto (Cf. Lc 10,30). Pensò a raccoglierlo il nostro Custode, cioè il Samaritano, poiché samaritano significa appunto " custode ". Un giorno i giudei glielo rinfacciarono dicendo : Noi diciamo forse il vero che sei samaritano e indemoniato ? (Jn 8,48) Delle due cose rinfacciategli egli ne respinse una mentre accettò l'altra. Disse : Io non sono un indemoniato. Non disse : Io non sono samaritano. Se infatti non ci fosse stato quel samaritano a custodirci noi saremmo andati in rovina. Passò dunque quel samaritano, vide il meschino che i briganti avevano lasciato là coperto di ferite da sembrare tutto una piaga e, come ben sapete, lo raccolse. In conclusione, gli stessi che a volte vengon chiamati assassini, perché - certo col consenso della nostra volontà ormai imprigionata - ci infliggono le piaghe del peccato, gli stessi, dico, si chiamano anche autori della nostra cattività.

Gli autori della nostra prigionia spirituale.

8. Questi tali, dunque, che ci han portato in prigionia, cioè il diavolo e i suoi angeli, quando ci han rivolto la parola per chiederci le parole dei [nostri] cantici ? Come spiegare questo passo ? Quando coloro che ci pongono simili richieste son gente nella quale agisce il diavolo, si può intendere benissimo che la richiesta ci sia fatta direttamente da colui che opera in essi. Lo dice l'Apostolo : Anche voi, che eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo siete vissuti secondo lo spirito di questo mondo, secondo il principe delle potenze dell'aria, lo spirito che ora agisce nei figli della ribellione, fra i quali un tempo anche noi eravamo (Ep 2,1-3). Ci presenta se stesso riscattato ormai dalla cattività babilonese e in via d'uscirne fuori. Eppure cosa dice ? Che abbiamo ancora da combattere con i nostri nemici. E per impedire che noi ce la prendessimo con le persone che ci perseguitano, distoglie la nostra volontà dall'odio che stavamo per concepire contro l'uomo e l'indirizza a una lotta contro certi spiriti invisibili contro i quali ci tocca combattere. Dice : Non dovete lottare contro la carne e il sangue (Ep 6,12), cioè : non contro uomini che vedete, che vi sembrano causa dei mali che subite, che vi muovono persecuzioni. Per costoro, in effetti, stando al precetto [del Signore] voi dovete pregare. Dice : Non dovete lottare contro la carne e il sangue, cioè non contro esseri umani, ma contro i principi, le potestà e i dominatori di questo mondo di tenebre. Cosa intese dire parlando di mondo ? Quanti sono affezionati al mondo, che egli chiama anche tenebre. E costoro sono gli empi, i delinquenti, gli increduli, i peccatori, tutta quella gente alla quale, una volta convertita, può rivolgere parole di congratulazione come queste : Eravate un tempo tenebre ma ora siete luce nel Signore (Ep 5,8). È assodato dunque che la nostra lotta è contro principi di questo genere. Gli stessi sono stati a condurci in cattività.

Migliorati i tempi con l'avvento del Cristianesimo.

478 9. Un giorno il diavolo si cacciò nel cuore di Giuda - non ci sarebbe entrato se lui non gli avesse fatto spazio - e lo spinse a tradire il Signore (Jn 13,27). La stessa cosa succede oggi a certi cattivi che abitano nel centro di Babilonia. Coltivando desideri carnali e illeciti preparano nel loro cuore uno spazio per il diavolo e i suoi angeli, che cominciano ad operare in loro e per mezzo di loro. Gente siffatta viene talvolta a presentarci delle domande. Ci dicono : Motivateci la vostra dottrina. Il più delle volte si tratta di pagani, che vengono con delle domande di questo tipo : Spiegateci perché sia venuto Cristo e qual vantaggio abbia tratto l'umanità dalla venuta di Cristo ! Non è forse vero che, da quando è venuto Cristo, nell'ambito delle cose umane si va peggio di prima, e prima di lui c'era maggior prosperità che non adesso ? Ci dicano i cristiani qual progresso abbia recato Cristo o in base a che cosa ritengano migliorate le condizioni dell'umanità per la venuta di Cristo. Ma guarda un po' ! Se stessero in floride condizioni i teatri, gli anfiteatri e i circhi ; se fra le realtà di Babilonia non ci fosse nulla in procinto di cadere ; se per gli uomini abituati a cantare e ballare al suono di turpi melodie si potesse disporre di un'abbondanza di piacere che da ogni parte li sommergesse ; se si riuscisse ad acquietare, garantendone anche la sicurezza, la voglia sfrenata che certuni hanno di frequentare lupanari e postriboli ; se non avessero timore di trovar la fame in casa tutti coloro che urlano perché vogliono pantomimi mascherati : se ci fosse l'abbondanza di tutte queste cose, un'abbondanza stabile nella durata e al riparo da ogni insicurezza, se insomma ci fosse un'assoluta garanzia in queste diverse stupidità, allora avremmo tempi felici e Cristo avrebbe contribuito notevolmente al progresso dell'umanità. Succede invece che con Cristo si colpiscono i vizi affinché, sradicata la cupidigia, al suo posto si pianti la carità propria di Gerusalemme. La vita attuale è presentata cosparsa di amarezze affinché venga desiderata la vita eterna. Gli uomini (per loro ammaestramento) vengono sottoposti a flagelli : il padre fa loro sentire la sua severità perché un giorno non abbiano a subire la condanna severa del giudice. Accade tutto questo e Cristo non ci ha recato alcun vantaggio ; Cristo anzi ha aumentato i nostri guai ! Cominci a narrare a un uomo siffatto quanti beni ci abbia arrecato Cristo, ma lui non capisce. Gli descrivi la vita di quei tali che, mettendo in pratica le parole evangeliche da voi or ora ascoltate, vendono ogni loro avere e lo danno ai poveri, per ottenere un tesoro in cielo e seguire il Signore (Cf Mt 19,14). Gli dici : Ecco cosa ci ha recato Cristo. Vedi quanta gente fa così ? donano ai poveri i beni che possiedono e loro stessi diventano poveri - poveri non per forza ma liberamente - perché vogliono seguire Dio e si ripromettono il regno dei cieli ! Il pagano ci schernisce, ci prende per matti. Dice : E sarebbero questi i vantaggi che Cristo ci ha recati ? che l'uomo resti privo dei suoi averi e, per volerli dare ai poveri, riduca se stesso in povertà ? Come ti comporterai con simile soggetto ? Tu - gli dirai non puoi capire i beni recati da Cristo : ti ha riempito un altro, l'avversario di Cristo, al quale tu hai permesso d'abitarti in cuore. Guardi al passato e ti sembra che il passato sia stato migliore del presente. In realtà era come quando le olive spenzolano sui rami al soffiare del vento. Sembrano godersi liberamente il vento che spira ed essere soddisfatte nel loro desiderio di mobilità. Giunge però l'ora in cui l'oliva è cacciata nel frantoio. Non era infatti possibile che restasse per sempre appesa alla pianta, ormai è giunta la fine dell'anno ! Né è senza motivo il fatto che certi salmi abbiano come titolo : Sui torchi (Cf. ; 80; 83). Sull'albero, quindi, la libertà ; dentro il frantoio la pigiatura. E tu guardi come, nell'epoca in cui le realtà mondane sono schiacciate e vanno in frantumi, ci sia un aumento di avarizia ? Guarda come di pari passo aumenti la continenza ! Perché vuoi essere così cieco da vedere la morchia che scorre sulle piazze e non vedere l'olio che fluisce nelle anfore ? Né manca la spiegazione di un tale fenomeno ed è questa : chi si comporta male è noto pubblicamente, al contrario rimane segreto l'essersi uno convertito a Dio e l'essersi ripulito della sporcizia delle sue passioni disordinate. Proprio come [succede] nel frantoio : la morchia esce fuori e scorre sotto gli occhi di tutti, l'olio se ne separa e fluisce in segreto.

Il pagano è asservito al diavolo.

10. Alle mie parole voi applaudite ripieni di gioia. È segno che potete sedervi sui fiumi di Babilonia e piangere. Ma voglio tornare di nuovo a coloro che ci fecero prigionieri. Entrano nel cuore degli uomini e, servendosi della lingua di coloro che essi han soggiogati, ci pongono dei quesiti dicendo : Cantateci le parole dei cantici. Dicono cioè : Spiegateci il motivo della venuta di Cristo, spiegateci come sia la vita futura. Ecco, io son pronto a credere ma tu devi insegnarmi il motivo per cui mi imponi di credere. Gli rispondo : Amico, come fai a non volere che io ti imponga di credere ? Sei pieno di passioni disordinate ! Se ti parlassi dei beni di Gerusalemme, non ne capiresti nulla. Bisogna che ti svuoti di ciò che ti riempie, per poterti riempire delle cose di cui sei vuoto. Se pertanto ti imbatti in una persona di questo genere, non esser facile ad aprirti con lui. È un legno di salice, un legno infruttuoso. Non usare un tale strumento per suonare ; appendilo piuttosto [al chiodo] ! L'altro però insisterà : Dimmi, cantami, spiegami perché questo, perché quello ! Non vuoi - continuerà - che io m'istruisca ? Gli replicherai : Vedo che non mi ascolti con retta intenzione ; non bussi in modo che sia conveniente aprirti. Ti ha riempito colui che un giorno mi condusse in prigionia ; è lui che per tuo mezzo mi pone codeste domande. Ora, egli è un furbacchione e la sua richiesta nasconde insidie. Non cerca di imparare ma argomenti da rinfacciare. Per questo io non dirò nulla : terrò sospeso il mio strumento.

Non tutti disposti alla comprensione della verità.

11. [v 4.] Cosa ti dirà ancora ? Cantateci le parole dei cantici, cantateci l'inno, cantateci dei cantici di Sion. Cosa rispondere ? Babilonia ti porta, Babilonia ti tiene accerchiato, Babilonia ti nutre, Babilonia parla per bocca tua. Non sei in grado di capire se non quel che brilla per un istante : non ti riesce di pensare alle realtà eterne, non capisci nulla di quanto domandi. E come mai canteremo un cantico del Signore in terra straniera ? Fratelli, è davvero così. Provatevi a predicare una qualsiasi delle verità che conoscete, magari la più elementare, e vedrete com'essi si cambieranno d'istinto in vostri schernitori. Pretendono la verità mentre son pieni di falsità. Rispondendo dunque a chi pretende da voi spiegazioni che non sono in grado di capire, con la franchezza che vi dona il vostro santo cantico direte : E come mai canteremo un cantico del Signore in terra straniera ?

Non cercare l'amicizia degli abitanti di Babilonia.

12. [v 5.] Ma tu, o popolo di Dio, o corpo di Cristo, o schiera nobile di pellegrini (non siete infatti di quaggiù, siete di un'altra patria), tu, dico, esamina la condotta che tieni in mezzo a costoro. Essi ti dicono : Cantateci le parole dei cantici, cantateci l'inno, cantateci dei cantici di Sion, e potrebbe succedere che, quasi quasi, tu li ami, ne ambisca l'amicizia e tema di urtarli. Ciò significherebbe che cominci a provar gusto per Babilonia e a dimenticarti di Gerusalemme. Temendo una simile sventura, osserva cosa aggiunge [il salmo], osserva come prosegue. Chi canta queste cose è uno che le ha sperimentate : siamo noi, se lo vogliamo. Ora un tale uomo ha dovuto affrontare un po' dovunque gente che lo interrogava così, gente che l'accarezzava con l'adulazione, che lo rimproverava con detti mordaci o gli tributava false lodi, gente pretenziosa nel chiedere cose che non capisce e per nulla disposta a svuotarsi di ciò che la riempie. Ebbene, come uno che si trova in pericolo fra tanta folla di avversari, da animo nobile qual è, il salmista volge la mente al ricordo di Sion, anzi vi si obbliga con una specie di giuramento dicendo : Se mi sarò dimenticato di te, Gerusalemme. Questo, [mentre si dibatte] tra le voci di chi vuol prenderlo prigioniero, tra le voci dei bugiardi, di coloro che l'interrogano per cattiveria, di coloro che insistono nel chiedere ma ricusano d'imparare.

Consigli ai benestanti.

13. Di tal genìa era, ad esempio, quel ricco che pose al Signore la domanda : Maestro buono, cosa debbo fare per ottenere la vita eterna ? (Mt 19,16) Interrogandolo sulla vita eterna, non ti sembra che abbia chiesto un cantico di Sion ? Osserva i comandamenti (Mt 19,17), gli rispose il Signore. E l'altro, ascoltato che l'ebbe, replicò a proposito del lusso : Tutte queste cose le ho adempiute fin dalla mia giovinezza (Mt 19,20). Anche il Signore, da parte sua, gli fece udire qualcosa dei cantici di Sion. In realtà egli sapeva che quel tale non l'avrebbe compreso ma voleva offrire a noi un esempio pratico di gente che viene a chieder consiglio, così almeno sembra, per raggiungere la vita eterna e che ci porta alle stelle finché rispondiamo in conformità con ciò che chiedono. Servendosi di quel tizio ci diede un fac-simile affinché anche noi in seguito, di fronte a uomini consimili, potessimo dire : E come mai canteremo un cantico del Signore in terra straniera ? Ecco, gli disse : Vuoi essere perfetto ? Va', vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi (Mt 19,21). Per imparare gran parte dei cantici di Sion, deve prima rimuovere gli ostacoli, deve camminare libero, cioè non gravato da alcun peso. Allora imparerà qualcosa dei cantici di Sion. Ma quel tale se ne andò via triste. Diciamogli dietro : E come mai canteremo un cantico del Signore in terra straniera ? Egli se ne andò via, ma il Signore volle lasciare ugualmente una speranza ai ricchi. Gli chiesero infatti i discepoli, rattristati anche loro : Chi si può salvare ? Rispose : Ciò che è impossibile agli uomini è facile a Dio (Mt 19,25-26). In effetti anche i ricchi hanno, per così dire, una loro via ; anch'essi hanno ottenuto un cantico di Sion, quel cantico di cui parla l'Apostolo : Ai ricchi di questo mondo raccomanda di non nutrire sentimenti di orgoglio, di non sperare nelle instabili ricchezze ma nel Dio vivo che ci dà con abbondanza ogni cosa, perché ne godiamo (1Tm 6,17). Continua precisando le opere che debbono compiere, e ciò facendo dimostra di maneggiare lo strumento, di non averlo appeso. Dice : Sì arricchiscano di opere buone, siano liberali, generosi, e si accumulino così per l'avvenire un tesoro posto su solide basi, che assicuri loro la vita eterna (1Tm 6,19). Ecco qual è il cantico di Sion che è stato concesso ai ricchi. Primo : Non nutrire sentimenti d'orgoglio. Le ricchezze infatti gonfiano, e chi è gonfio vien rapito dai fiumi di Babilonia. Cosa si comanda quindi al ricco ? Prima di tutto che non abbia sentimenti d'orgoglio. Trovandosi nella ricchezza, eviti le conseguenze della ricchezza : pur nella ricchezza, eviti la superbia. Questo infatti è il malanno più grosso che ingenera la ricchezza negli uomini sprovveduti. Non è infatti cattivo l'oro, creatura anch'esso di Dio, ma cattivo è l'avaro che abbandona il Creatore e si volge alla creatura. Se ricco, eviti dunque d'essere orgoglioso : si ponga a sedere al di sopra di quel fiume di Babilonia [che è la ricchezza]. Questo proprio gli si suggerisce : Non nutra sentimenti d'orgoglio, cioè stia seduto. Né speri nelle instabili ricchezze. E questo significa che deve sedersi sopra i fiumi di Babilonia. Se infatti riporrà fiducia nelle ricchezze, incerte come sono, verrà portato via dal fiume di Babilonia ; se viceversa sarà umile e non superbo, se non riporrà la sua speranza nelle ricchezze, sapendole incerte, allora siede al di sopra del fiume e ricordandosi di Sion sospira verso l'eterna Gerusalemme, e per arrivare a Sion dà via del suo. Eccoti il cantico di Sion riservato ai ricchi. Siano attivi, usino il loro strumento, non stiano a guardare ! E ciò anche se si imbattono in qualcuno che faccia di queste osservazioni : Ma che combini ? se elargisci così abbondantemente perdi il tuo patrimonio ! ammucchia piuttosto per i tuoi figli. Se vedono che è gente non in grado di capire, se s'accorgono che si tratta d'un legno di salice, non siano proclivi a spiegare le ragioni del loro comportamento e in che cosa questo consiste. Sospendano gli strumenti ai salici di Babilonia. Oltrepassati però i salici, cantino, non s'interrompano ma siano attivi [nel bene]. Non va perduto ciò che elargiscono. Affidano qualcosa a un servo ed è al sicuro : l'affidano a Cristo e andrà perduto ?

Ricchi e poveri.

14. Avete ascoltato, dai cantici di Sion, la parola per i ricchi ; ascoltate ora il cantico che riguarda i poveri. È sempre Paolo che parla. Niente abbiamo portato in questo mondo e niente possiamo portare via. Quando abbiamo vitto e vestiario, di ciò contentiamoci. Ma quelli che ambiscono arricchirsi cadono nella tentazione e in molti desideri insensati e dannosi, che travolgono gli uomini nella rovina e nella perdizione. Sono tutti fiumi di Babilonia. Radice di tutti i mali è l'avarizia ; e quelli che ne sono stati presi, si sono allontanati dalla fede e si son procurati molti tormenti che li rodono (1Tm 6,7-18). Son dunque in contrasto fra loro questi due cantici ? Certo no. Osservate cosa si prescriva ai ricchi : Non nutrire sentimenti d'orgoglio, né sperare nelle ricchezze, che sono insicure, compiere opere di bene, essere generosi, provvedersi d'una solida base per l'avvenire. E ai poveri cosa si suggerisce ? Chi ambisce la ricchezza cade in tentazione. Non dice : Quelli che son ricchi, ma : Chi ambisce la ricchezza. Se infatti si trattasse di persone già ricche, dovrebbero ascoltare l'altro cantico. L'ascolti il ricco e dia con generosità ; l'ascolti il povero e non desideri [la ricchezza].

479 Vita eterna e comodità mondane.

15. [v 5.] Quando dunque vi troverete fra persone non in grado di comprendere il cantico di Sion, appendete, come vi ho già detto, i vostri strumenti ai salici cresciuti al centro di tale città. Rimandate cioè ad altro tempo le cose che volevate dire. Ecco, se la pianta comincia a portar frutti (si tratta di alberi mutevoli !) e frutti buoni, allora ci sarà consentito cantare i nostri cantici : ci saranno orecchi capaci di ascoltarli. Finché però dovrete vivere fra codesta gente chiassona, che vi pone delle domande con animo non retto e resiste alla verità, escludete energicamente ogni proposito di compiacerla, per non dimenticare Gerusalemme. La vostra anima nell'unità - diventata cioè una, da molte che erano, mediante la pace di Cristo - dica ; la stessa Gerusalemme, ora imprigionata finché ha da vivere sulla terra, dica : Se mi sarò dimenticato di te, Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra. Si è legato in una maniera feroce. La nostra destra è la vita eterna, la nostra sinistra è la vita temporale. Ogni opera che compi per la vita eterna, è la destra a compierla. Se nel tuo agire all'amore per la vita eterna mescoli il desiderio di soddisfarti nell'ambito della vita temporale, se ad esempio cerchi la lode degli uomini o qualche vantaggio materiale, la tua sinistra conosce quello che fa la tua destra. E voi ricordate il precetto del Vangelo : Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra (
Mt 6,3). Dice dunque : Se mi sarò dimenticato di te, Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra. E in realtà succede proprio così. È una predizione, non un augurio. A tutti coloro che dimenticano Gerusalemme succede proprio questo : la loro destra si dimentica di loro. La vita eterna rimane isolata in se stessa, essi al contrario sono tutti presi dai gusti della vita temporale ; e così fanno diventare destro ciò che invece è sinistro.

I beni della destra e della sinistra.

16. Statemi attenti su questo punto, fratelli ! Per l'amore che porto alla destra voglio, con la grazia che il Signore mi darà, approfondire un po' l'argomento che interessa la salvezza di tutti. Forse ricordate come io una volta da questa sede vi parlai di certuni che pongono a destra ciò che invece è della sinistra, che cioè stimano oltre il conveniente i beni temporali e in essi ripongono la loro felicità, dimenticando cosa sia la vera felicità, la vera destra. Questi tali dalla Scrittura son chiamati figli stranieri, come chi non è cittadino di Gerusalemme ma di Babilonia. Dice il salmo in un noto passo : Signore, liberami dalla mano dei figli stranieri, la cui bocca dice vanità, la cui destra è destra di iniquità. E continua dicendo : I loro figli son germogli vigorosi, le loro figlie quasi adornate come l'ornamento del tempio ; i loro granai sono ricolmi, riboccanti di questo e di quello ; i loro greggi fecondi, abbondanti nei loro parti ; i loro buoi ingrassati : non v'è breccia nelle loro mura, non v'è schiamazzo nelle loro piazze (Ps 143,7-15). Godere d'una simile prosperità è dunque peccato ? No, ma è porre a destra ciò che invece è roba della sinistra. In tal senso cosa dice andando avanti ? Dissero beato il popolo che possiede queste cose. Ecco in che senso la loro lingua ha detto stupidità : chiamando beati coloro che posseggono cose come queste. Tu al contrario sei cittadino di Gerusalemme ; sei uno che non dimentica Gerusalemme per non essere dimenticato dalla tua destra. Ebbene, se gli altri, quelli che dicono stupidità, han definito felice il popolo che possiede di tali cose, tu cantami il cantico di Sion. Dice : Beato il popolo che ha il Signore per suo Dio. Scrutate il vostro cuore, fratelli, e vedete se desiderate i beni divini, se desiderate la città superna, Gerusalemme, se bramate la vita eterna. Tutto quello che costituisce la felicità terrena buttatelo a sinistra ; sia vostra destra ciò che possederete per sempre. E se avrete anche della roba da collocarsi a sinistra, non fatevene grandi. Non sgridi forse quel commensale che voglia mangiare con la sinistra ? Se ritieni un'offesa per la tua mensa il comportamento di un commensale che mangia con la sinistra, come non dovrà costituire un'offesa per la mensa di Dio se tu metti a sinistra ciò che dev'essere a destra e a destra ciò che dev'essere a sinistra ? E allora ? Se mi sarò dimenticato di te, Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra.

La Chiesa ha superato i suoi oppressori.

17. [v 6.] S'attacchi la mia lingua al mio palato, se io di te non mi ricordo. Cioè : che io resti muto - dice - se mi dimenticherò di te. Perché infatti dovrebbe parlare, perché far rumore uno che non canta i cantici di Sion ? Il cantico di Gerusalemme è il nostro linguaggio. Ogni cantico d'amore per il mondo è un linguaggio straniero, è una lingua barbara da noi imparata durante la prigionia. Quindi uno che dimentica Gerusalemme è muto dinanzi a Dio. Né basta ricordarsi di lei. Anche i nemici se ne ricordano, vogliosi di distruggerla. Dicono : Ma che sorta di città è mai questa ? E cosa sono i cristiani ? come vivono i cristiani ? Oh, se non ci fossero i cristiani ! I prigionieri, diventati moltitudine, hanno ormai riportato vittoria sui loro conquistatori, anche se costoro continuano a brontolare e a minacciare crudeltà, progettando addirittura di uccidere la società dei santi, la città che vive pellegrina al loro fianco. È lo stesso comportamento tenuto dal faraone verso l'antico popolo [eletto] quando decise di uccidere i bimbi maschi e risparmiare le femmine : soffocava cioè le virtù e incrementava le passioni. È dunque troppo poco ricordarsi [di Gerusalemme]. Osserva come te ne ricordi. Ci sono infatti cose di cui ci ricordiamo con odio, e cose di cui ci ricordiamo con amore. È per questo motivo che, dopo aver detto : Se mi sarò dimenticato di te, Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra ; s'attacchi la lingua al mio palato, se io di te non mi ricordo, subito aggiunge : Se non avrò posto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia. Ecco dov'è la nostra suprema letizia : là dove godremo Dio, dove con ogni sicurezza vivremo nella più intima fraternità e nella compagnia dei [nostri veri] concittadini. Non ci sarà più, in quella sede, né tentatore che ci molesti o ci richiami a qualche piacere [fuori posto]. Nulla, all'infuori del bene, ci darà gioia. Ogni necessità sarà scomparsa e inizierà la perfetta beatitudine. Se non avrò posto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia.

Esaù e Giacobbe personaggi storici e figure simboliche.

18. [v 7.] Rivolgendosi ora al Signore, l'invoca contro i nemici della sua città. Ricordati, Signore, dei figli di Edom. È chiamato Edom colui che si chiama anche Esaù. L'avete udito or ora mentre vi si leggeva l'Apostolo : Ho amato Giacobbe e odiato Esaù (Rm 9,13 Gn 25,23). Nell'identico grembo materno c'erano due figli, due gemelli racchiusi nel grembo di Rebecca. Erano figli di Isacco, nipoti d'Abramo. Nacquero tutt'e due, ma a l'uno toccò l'eredità, l'altro fu diseredato. Questo Esaù, poi, divenne nemico di suo fratello perché, sebbene a lui minore, gli strappò la benedizione a lui riservata, adempiendo così la predizione secondo cui il maggiore sarebbe stato servo del minore (Rm 9,12). Chi sia stato in realtà il figlio maggiore e chi il figlio minore, e come quello maggiore abbia dovuto servire al minore, lo comprendiamo al giorno d'oggi. Maggiore, stando almeno alle apparenze, era il popolo giudaico ; minore, in ordine di tempo, il popolo cristiano. Ma osservate come quel maggiore sia adesso al servizio del minore. Loro ci carreggiano i libri, noi dai loro libri traiamo la vita. Voglio tuttavia, fratelli, che questo " maggiore " e " minore " lo prendiate in senso universale. Col nome di " maggiore " si designa l'uomo carnale, col nome di " minore " l'uomo spirituale. Difatti prima è l'uomo carnale e poi quello spirituale. Lo sì trova nell'Apostolo, il quale apertamente dice : Il primo uomo, tratto dalla terra, è terreno ; il secondo, dal cielo, è celeste. E quale il terreno tali sono anche i terreni, e quale il celeste tali sono anche i celesti. E come abbiamo portato l'immagine del terreno così dobbiamo portare l'immagine di quello celeste (1Co 15,46-49). Proprio in quel capitolo un po' prima aveva detto : Ma non è prima ciò che è spirituale, bensì ciò che è animale : lo spirituale viene dopo. Con la qualifica di " uomo animale " indica quello stesso che descrive come carnale. Ogni uomo che nasce inizia la vita a livello animale, è un essere carnale. Se si converte e abbandonando la cattività di Babilonia rientra in Gerusalemme, viene rinnovato : avviene cioè in lui un rinnovamento che lo trasforma in uomo nuovo e interiore, un rinnovamento posteriore quanto al tempo ma più grande quanto alle risorse. Son dunque Esaù tutti gli uomini carnali, mentre sono Giacobbe tutti gli spirituali. Sono figlio minore gli eletti, figlio maggiore i reprobi. Vuole anche questo figlio maggiore essere eletto ? Diventi minore. Che se Esaù fu chiamato Edom, lo si deve a un cibo rosso, cioè alla lenticchia, che è un cibo dal colore rossiccio. S'era sfregata la lenticchia e la si era ben cotta. Ebbene, questo Esaù ebbe voglia di averne da suo fratello Giacobbe, e vinto dalla voglia di mangiare tale lenticchia cedette a lui il suo diritto di primogenitura (Cf. Gn 25,29-34 Gn 27,36-37). Giacobbe gli cedette la vivanda di cui l'altro s'era invogliato, e gli strappò l'onore e i privilegi della sua, primogenitura. In questa maniera, come per un contratto avvenuto fra loro, l'uno divenne maggiore e l'altro minore e il maggiore divenne servo del minore. E lo si chiamò Edom. Edom, a quanto affermano gli esperti in lingua ebraica, significa " sangue ", come : anche in lingua punica sangue si dice " edom ". La cosa non ti sorprenda ! Ogni uomo carnale ha pertinenza col sangue, e : La carne ed il sangue non possederanno il regno di Dio (1Co 15,50). Non dice rapporto con il regno di Dio Edom ; al regno di Dio dice rapporto Giacobbe, che restò senza cibo materiale ma ricevette la dignità spirituale. Di costui Edom divenne nemico. Gli uomini carnali son tutti nemici degli uomini spirituali ; tutti coloro che aspirano alle cose presenti osteggiano quanti vedono dediti alla ricerca dei beni eterni. Ebbene, cosa dice contro di loro il salmista che ha lo sguardo rivolto a Gerusalemme e invoca Dio perché lo liberi dalla prigionia ? Ricordati, Signore, dei figli di Edom. Liberaci dagli uomini carnali, da coloro che si comportano come quell'antico Edom, che, pur essendo nostri fratelli, in realtà ci sono nemici. Essi nacquero prima, ma sul traguardo furono superati da chi nacque dopo. Essi furono fiaccati dalle voglie carnali, mentre per gli altri il disprezzo delle stesse voglie fu causa di elevazione. Comunque essi vivono ancora e ci invidiano e ci perseguitano.

Le persecuzioni della Chiesa.

19. Ricordati, Signore, dei figli di Edom nel giorno di Gerusalemme. Qual è questo giorno di Gerusalemme ? quello delle sue angustie, quello in cui fu presa prigioniera, ovvero il giorno felice della sua liberazione, il giorno in cui arriva alla meta e passa all'eternità ? Dice : Signore, ricordati (cioè : Non dimenticarti) dei figli di Edom. Di chi ? Di quelli che dicono : Distruggete, distruggete fin nelle sue fondamenta. Ricordati, dunque, di quel giorno in cui essi erano intenzionati a distruggere Gerusalemme. Quante persecuzioni non ha subite la Chiesa ! Quante volte non si son detti i figli di Edom, cioè gli uomini carnali, sudditi del diavolo e dei suoi angeli, adoratori degli idoli di pietra e di legno, asserviti alle loro voglie materiali : Sopprimete i cristiani ! sbarazzatevi dei cristiani, sicché non ne rimanga neppure uno ! Abbattete [la Chiesa] fin nelle sue fondamenta ! Non sono state forse dette cose come queste ? Eppure, proprio mentre le si andava dicendo, i persecutori fecero fiasco, i martiri ricevettero la corona. Di quelli che dicono : Distruggete, distruggete fin nelle sue fondamenta. I figli di Edom dicono : Distruggete, distruggete ; Dio al contrario dice : Servite. Quale delle due sentenze prevarrà ? Non prevarrà forse la parola di Dio, che ha detto : Il maggiore sarà servo del minore ? Distruggete, distruggete fin nelle sue fondamenta.

20. [v 8.] E rivolgendosi a lei : Figlia di Babilonia, te infelice ! Infelice per la tua esultanza, la tua presunzione e le tue ostilità. Figlia di Babilonia, te infelice ! La stessa città vien chiamata Babilonia e figlia di Babilonia, come Gerusalemme e figlia di Gerusalemme, Sion e figlia di Sion. Con denominazione consimile si parla di Chiesa e figlia della Chiesa : figlia a motivo della successione, madre in segno di deferenza. Ci fu in antico una Babilonia, ma forse che il popolo rimase per sempre in essa ? Mediante la successione da Babilonia ebbe origine la figlia di Babilonia. Ebbene, te infelice, o figlia di Babilonia ! Infelice te, lui beato !

480 Il cittadino di Gerusalemme ha da superare vari condizionamenti.

21. [v 9.] Che cosa infatti hai tu combinato e quale sarà la tua ricompensa ? Ascolta : Beato chi ti renderà la ricompensa che tu hai reso a noi. Di quale ricompensa parla ? Quella con cui si chiude il salmo : Beato chi prenderà e sbatterà i tuoi pargoli contro la rupe. Dichiara infelice la città nemica e beato colui che la ripaga con la stessa moneta con cui ella ha pagato noi. Interroghiamolo su questa ricompensa. Dice : Beato chi prenderà e sbatterà i tuoi pargoli contro la rupe. Ecco la paga. Cosa ci aveva fatto questa Babilonia ? L'abbiamo già cantato nell'altro salmo : I motteggi degli iniqui si rivolsero contro di noi (
Ps 64,4). Quando nascemmo, ci accolse bambini la confusione del mondo presente e, ancora bambini, minacciò di soffocarci con le vane dottrine di molteplici errori. Bambino appena nato, il futuro cittadino di Gerusalemme, anzi nella predestinazione divina già suo cittadino, è temporaneamente tenuto prigioniero [di Babilonia] e cosa potrà imparare ad amare se non ciò che i genitori gli avranno cacciato negli orecchi ? Gli impartiscono un'educazione in cui gli insegnano l'avarizia, le rapine, le menzogne quotidiane, le varie forme d'idolatria e di culto demoniaco, i ricorsi illeciti a incantesimi e sortilegi. Cosa farà in tale ambiente un bambino, anima tenera portata a osservare il comportamento degli adulti, se non scimmiottare ciò che vede fatto dagli altri ? Babilonia pertanto ci ha perseguitato fin da bambini, ma, divenuti grandi, Dio ci ha dato la conoscenza di sé, non permettendo che noi seguissimo gli errori dei nostri antenati. Di questo parlai un'altra volta, e dissi che era stato predetto dal profeta : Le genti verranno a te dall'estremità della terra e diranno : "Veramente i nostri padri hanno ereditato falsità e vanità nelle quali non v'era per loro alcun giovamento" (Jr 16,19). È quel che dicono, diventati giovani, i bambini che un tempo erano stati uccisi seguendo tali vanità. Gettate via le vanità e rinati alla [vera] vita, avanzino verso Dio e ripaghino Babilonia. Con quale ricompensa ? Con la stessa che lei aveva usata verso di noi. Siano soffocati i suoi piccoli ! Sì ! In compenso [del male arrecatoci] siano sfracellati i suoi piccoli e muoiano. Chi sono i piccoli di Babilonia ? Le cattive passioni appena nate. C'è infatti della gente che contrasta le tendenze cattive quando sono invecchiate. Ma tu quando vedi nascere in te una passione, prima che si irrobustisca e divenga abitudine cattiva, mentre è ancora piccola, non consentirle di acquistar forza di abitudine perversa. Schiacciala mentre è ancora piccola. Ma tu forse temi che anche schiacciata non muoia. Ebbene, sbattila sulla pietra, la quale pietra è Cristo (1Co 10,4).

Desiderio dell'eternità e vita vissuta.

22. Fratelli, che i nostri strumenti non cessino di suonare mediante la pratica di opere buone. Cantatevi a vicenda i cantici di Sion. Avete ascoltato volentieri [la nostra parola] ; ebbene, con maggiore slancio eseguite ciò che avete ascoltato, se non volete essere salici di Babilonia, alimentati dalle sue acque e privi di frutti. E sospirate verso l'eterna Gerusalemme. Là dove vi precede la vostra speranza sia orientata la vostra vita. Là saremo insieme con Cristo. Anche ora Cristo è nostro capo, ma ora ci governa dall'alto : un giorno ci accoglierà in quella città e saremo con lui, divenuti uguali agli angeli di Dio. Non avremmo mai osato immaginarci una sorte simile se non ce l'avesse promesso la Verità. Questa sorte desiderate ardentemente, o fratelli ! ad essa pensate di giorno e di notte. Qualunque prosperità di questo mondo vi arrida, non ve ne fidate ! né intavolate amichevoli discorsi con le vostre passioni. Si tratta d'un nemico grande ? uccidetelo sulla pietra. Si tratta di un nemico minuscolo ? schiacciatelo sulla pietra. I grandi nemici uccideteli sulla pietra ; i piccoli schiacciateli sulla pietra. Vinca la pietra. Siate costruiti sulla pietra, se non volete essere travolti dal fiume, dai venti, dalla pioggia. Se volete essere armati nella lotta contro le tentazioni del mondo, cresca e si irrobustisca nei vostri cuori il desiderio della Gerusalemme eterna. Passerà la prigionia, verrà la felicità, sarà condannato l'ultimo nemico e noi trionferemo col nostro Re liberi dalla morte.


Agostino Salmi 135