Agostino: 1a Lett. Giovanni 113

(Gli eretici si sono separati dalla Chiesa, perché hanno odiato i fratelli.)

113 13. Poiché chi odia il proprio fratello sta nelle tenebre e cammina nelle tenebre e non sa dove va. Che gran cosa, fratelli miei; fate attenzione, ve ne preghiamo. Chi odia il proprio fratello cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre l'hanno accecato (1Jn 2,11). Chi è più cieco di coloro che odiano i propri fratelli? E lo vedete che sono ciechi poiché sono andati a sbattere contro la montagna. Vi ripeto le stesse cose perché non vi sfuggano. Questa pietra che è stata staccata dal monte senza concorso di mano umana non è forse il Cristo, nato dalla stirpe regale di Giuda, senza concorso di uomo? Non è lui quella pietra che ha infranto tutti i regni del mondo, cioè tutte le dominazioni degli idoli e dei demoni? Non è lui quella pietra che, cresciuta fino a divenire un gran monte, ha riempito tutto l'universo (cf. Dn 2, 34-35)? Non è forse vero che noi mostriamo a dito questo monte, cosí come facciamo con la luna, quando è al terzo giorno? Quando gli uomini vogliono, ad esempio, vedere la luna nuova, dicono: Ecco la luna, eccola là; se poi sono presenti persone incapaci di individuarla e che dicono: dove è?, allora si alza il dito perché la vedano. A volte capita che alcuni vergognosi di apparire ciechi, affermano di vederla, mentre non è vero. E' cosí che noi o fratelli, mostriamo la Chiesa? Non è cosa visibile chiaramente? Non ha essa raccolto nel suo seno tutte le genti? Non si verifica la promessa fatta tanti anni or sono ad Abramo: che le genti sono benedette nel suo seme (cf. Gn 22, 18)? La promessa fu fatta ad un solo credente, ed il mondo si è riempito di migliaia di credenti. Ecco il monte che copre tutta la superficie della terra: ecco la città della quale fu detto: Non può una città, edificata su una cima, restare nascosta (Mt 5, 14). Ma quelli vengono a urtare contro la montagna. E quando si dice loro: salite! essi rispondono: dove, se non c'è monte? Trovano più facile sbattere la testa contro di essa, che non cercarvi rifugio. Ieri è stato letto Isaia: chiunque di voi era attento, ha compreso non solo cogli occhi ma con le orecchie, né solo con le orecchie del corpo, ma con quelle del cuore: Negli ultimi giorni, sarà visibile il monte della casa del Signore, stabilito sulla cima delle montagne. C'è qualcosa più visibile di una montagna? Ma ci sono anche monti sconosciuti, perché occupano uno spazio limitato della terra. Chi di voi conosce il monte Olimpo? Parimenti coloro che abitano là, non conoscono il nostro monte Giddabam. Questi monti occupano zone limitate. Ma il monte di cui parliamo non è come questi, perché esso occupa tutta la superficie della terra; di esso si dice: E' collocato sulla cima dei monti. Esso dunque sorpassa le cime di tutti gli altri monti. E tutte le nazioni accorreranno verso di esso, dice Isaia (Is 2, 2). Chi può sbagliare sentiero su questo monte? Chi si rompe la testa cozzando contro di esso? Chi non conosce la città che sorge sulla sua cima? Non meravigliatevi se esso è ignorato da coloro che odiano i fratelli: costoro infatti camminano nelle tenebre, e non sanno dove vanno, perché le tenebre hanno accecato i loro occhi. Essi non vedono il monte: c'è motivo di meravigliarsene, dal momento che non hanno occhi? Ma perché non hanno occhi? Perché le tenebre li hanno accecati. Ne abbiamo una prova? Sì: essi odiano i loro fratelli; urtatisi coi loro fratelli d'Africa, si separano da tutti gli altri, perché non sopportano per la pace di Cristo quelli che essi infamano, e sopportano, per sostenere Donato, quelli che essi condannano.





OMELIA 2 (1Jn 2,12-17)

200
1Jn 2,12-17

Scrivo a voi, figlioli... La Scrittura ha predetto di Cristo e dell'universalità della Chiesa. Perché figli, padri, giovani. Amore di Dio e amore del mondo.

(La Scrittura ci parla di Cristo, ma occorre saperla intendere.)

201 1. 1. Bisogna ascoltare attentamente quanto si legge nelle Sacre Scritture a nostra istruzione e salvezza. Ma è soprattutto necessario affidare alla nostra memoria quelle pagine che più valgono nella confutazione degli eretici. Costoro non cessano con insidie di ingannare i più impreparati e trascurati. Ricordate: Cristo è morto ed è risorto per noi; è morto per i nostri delitti ed è risorto per la nostra giustificazione (cf. Rm 4 25). Avete sentito poco fa come i due discepoli che il Signore incontrò sulla strada non riuscivano a riconoscerlo. Egli li sorprese sfiduciati riguardo a quella redenzione che era nel Cristo, persuasi invece che il Cristo aveva sofferto ed era morto come uomo, non credendo essi che, come figlio di Dio, egli sempre vive. Non ritenevano possibile che Cristo, morto nel corpo, ritornasse a vita, quasi fosse uno fra i Profeti. Poco fa avete potuto sentire la loro parola. Ma egli spiegò loro le Scritture, partendo da Mosè giù giù fino ai Profeti, per dimostrare loro che quanto era accaduto, compresa la sua passione e la sua morte, già era stato predetto. Il fatto che il Signore fosse risorto, li avrebbe ancor più turbati e confermati nella loro incredulità, se le cose che riguardano il Cristo, non fossero state preannunziate. La fermezza della fede sta in questo appunto, che ogni predizione riguardante il Cristo si è avverata. Perciò i discepoli lo riconobbero solo al gesto dello spezzare del pane. E veramente lo riconosce a questo gesto anche chi mangia e beve di lui, ma in modo che non gli sia a condanna. Anche gli undici pensavano, in altra occasione, di vedere uno spirito. Egli allora volle che lo palpassero, avendo prima voluto che lo crocifiggessero. Volle che lo crocifiggessero i nemici, e lo palpassero gli amici. Era però medico di tutti, dell'iniquità dei primi, dell'incredulità dei secondi. Durante la lettura degli Atti, voi avete sentito quante migliaia degli uccisori di Cristo credettero in lui (cf. At 2, 41). Se credettero in lui, quelli che lo uccisero, come pensare che non gli avrebbero creduto quelli che soltanto avevano avuto per lui qualche dubbio? Ma fate bene attenzione e tenete bene a mente che Dio volle mettere nella Scrittura la difesa contro insidiosi errori, dato che contro la Scrittura nessuno, se vuole apparire cristiano, osa parlare: quando dunque il Signore volle farsi toccare da quei suoi discepoli, non si preoccupò d'altro che di confermare con le Scritture il cuore dei credenti. Egli aveva dinanzi alla sua mente noi che saremmo venuti dopo. Ora noi non abbiamo nessuna possibilità di toccare qualche parte del suo corpo, ma abbiamo la possibilità di leggere quello che di lui si dice. Quei discepoli dunque credettero, perché lo trattennero in mezzo a loro e lo palparono; ma noi che faremo? Cristo è già salito al cielo e non ritornerà che alla fine dei tempi, per giudicare i vivi e i morti. Su quali fondamenta poggeremo la nostra fede, se non partendo da quella stessa base sulla quale, facendo loro toccare con mano, egli volle che i suoi discepoli rafforzassero la loro fede? Rivelò ad essi il senso nascosto delle Scritture e mostrò che il Cristo doveva soffrire, e che le cose predette su di lui nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi, dovevano avverarsi. Nessuno dei testi delle antiche Scritture fu da lui tralasciato. Tutto nelle Scritture parla di Cristo; purché ci siano orecchi ad ascoltare. Egli allora svelò il senso delle Scritture, così che quei discepoli le comprendessero. Dobbiamo anche noi pregare perché ci riveli lui stesso il senso delle Scritture.


202 2. 2. Che cosa il Signore mostrò che c'era scritto intorno a se stesso nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi? Che cosa rivelò? Ci risponda lui stesso. L'Evangelista su questo punto è stato breve perché imparassimo da noi stessi che cosa dobbiamo capire e credere tra tanti e così estesi testi delle Scritture. Anche se molte sono le pagine e molti i libri, tutti contengono ciò che il Signore disse in poche parole ai suoi discepoli. Che cosa? Che il Cristo doveva patire e risorgere il terzo giorno (cf. Lc 9, 22; 24, 7; Mt 16, 21; 17, 21; Mc 8, 31; 9. 30). A proposito dello sposo senti dire che il Cristo doveva patire e risorgere. Eccoti dunque descritto lo sposo. Vediamo che cosa dice la Scrittura della sposa: così, conoscendo lo sposo e la sposa, verrai alle nozze ben istruito. Ogni celebrazione liturgica è infatti una festa nuziale; la festa delle nozze della Chiesa. Il figlio del re deve prendere moglie e questo figlio del re è lui stesso; la sua sposa sono quelli che assistono alle sue nozze. Coloro che nella Chiesa assistono alle celebrazioni liturgiche, se vi partecipano bene, diventano la sposa, a differenza di quanto succede nelle nozze carnali, dove quelli che assistono sono diversi da colei che si sposa. Tutta la Chiesa infatti è sposa di Cristo, dalla cui carne essa prende l'inizio e ne rappresenta la primizia: in quella carne la sposa si è congiunta allo sposo. Giustamente egli spezzò del pane, quando volle mostrare la realtà della sua carne; e giustamente gli occhi dei discepoli si aprirono al segno della frazione del pane e lo riconobbero. Che cosa dunque disse il Signore essere scritto su di lui nella Legge, nei Profeti, e nei Salmi? Che bisognava che il Cristo patisse. Se non aggiungesse anche e che risorgesse, giustamente lo piangerebbero coloro i cui occhi erano chiusi. Ma anche il risorgere fu predetto. E a che pro? Perché bisognava che il Cristo patisse e risorgesse? E' detto in quel salmo che vi abbiamo con gran cura spiegato, mercoledì, nella prima riunione della scorsa settimana. Perché occorreva che il Cristo patisse e risorgesse? Perché in tutti i confini della terra si ricorderanno del Signore e a lui si rivolgeranno e tutte le nazioni si prosterneranno al suo cospetto (Sal 21, 28). Anche qui il salmo, affinché comprendiate che Cristo doveva patire e risorgere, aggiunge dell'altro per attirare la nostra attenzione sopra la sposa, dopo averla attirata sopra lo sposo. Dice dunque:

(Sposalizio, nella passione e resurrezione, fra Cristo e la Chiesa, diffusa ovunque.)

La penitenza e la remissione dei peccati saranno predicati nel suo nome fra tutte le genti, incominciando da Gerusalemme (Lc 24, 47). Fratelli, sentendo queste parole, fissatele bene nella memoria. Nessuno può dubitare che la Chiesa non sia presente in tutto il mondo; nessuno può dubitare che essa ha avuto inizio da Gerusalemme ed ha raggiunto tutte le nazioni. Abbiamo conosciuto il campo dove fu piantata la vite: quando questa ormai è cresciuta, non riconosciamo più il campo, avendolo essa tutto ricoperto. Da dove ha preso l'avvio? Da Gerusalemme. Dove è giunta? A tutte le genti. Poche ne mancano, ma presto le raggiungerà tutte. Frattanto mentre giunge a tutte, l'agricoltore ha ritenuto necessario tagliare alcuni rami inutili, che produssero eresie e scismi. Ciò che è stato tagliato non abbia influsso su di voi, per non correre il rischio che anche voi siate tagliati; pregate anzi perché le parti tagliate vengano di nuovo inserite. E' manifesto a tutti che Cristo è morto, è risorto ed è asceso al cielo: anche la Chiesa si mostra a tutti chiaramente, poiché nel suo nome viene predicata la penitenza e la remissione dei peccati a tutti i popoli. Da dove la Chiesa ha avuto inizio? Da Gerusalemme. Colui che sentendo queste cose non vede la grande montagna e chiude gli occhi davanti alla luce che brilla sul candelabro, è uno stolto ed uno sciocco ed è senz'altro un cieco.


(Nella venuta dello Spirito fu manifestata la universalità della Chiesa.)

203 3. Quando diciamo a questa gente: Se siete cristiani cattolici, dovete essere in comunione con quella Chiesa dalla quale il Vangelo è diffuso in tutto il mondo; quando diciamo loro: dovete essere uniti alla vera Gerusalemme, ci rispondono: Non vogliamo avere nulla a che fare con quella città nella quale è stato ucciso il nostro re, dove è stato ucciso nostro Signore. Sembra dunque che essi odiano la città dove il Signore nostro è stato ucciso. Ma i Giudei l'hanno ucciso, quando egli era sulla terra, costoro lo uccidono quando ormai siede in cielo. Sono peggiori quelli che l'hanno disprezzato giudicandolo come un uomo o quelli che mandano in fumo i sacramenti di Colui che già ritengono Dio? Essi odiano veramente la città in cui è stato ucciso il loro Signore. Uomini pii e misericordiosi quali sono, s'addolorano grandemente perché Cristo è stato ucciso, ma poi uccidono Cristo negli uomini. Cristo amò la sua città e ne ebbe misericordia; da essa ordinò che prendesse inizio la sua predicazione: Incominciando da Gerusalemme. Lì volle che si iniziasse a parlare del suo nome e tu senti orrore ad esserne cittadino? Non c'è da meravigliarsi se tu, essendo stato reciso, hai in odio la radice. Non disse forse Cristo ai suoi discepoli: Restate qui fin quando manderò a voi colui che vi ho promesso (Lc 24, 49)? Questa è la città che essi odiano. Se la abitassero i Giudei, forse l'amerebbero perché i Giudei sono stati gli uccisori di Cristo. Tutti gli uccisori di Cristo sono stati espulsi, come ben si sa, da quella città. Se prima essa ospitava quelli che infierirono contro Cristo, ora ospita coloro che adorano Cristo. I primi la odiano, perché vi trovano i cristiani. Cristo volle che vi restassero i suoi discepoli per inviare ad essi, qui, lo Spirito Santo. La Chiesa prese le mosse appunto là dove stavano insieme centoventi persone. Il loro numero di dodici si era decuplicato. Stavano dunque insieme centoventi persone e venne lo Spirito Santo e riempì tutto il luogo dove s'udì un suono come di vento gagliardo e lingue come di fuoco andarono a posarsi sulle loro teste. Avete sentito leggere appunto questo brano degli Atti degli Apostoli: Essi incominciarono a parlare in lingue diverse, come lo Spirito dava loro di parlare (At 2, 4). Ciascuno dei presenti che erano Giudei provenienti da popoli diversi, riconosceva il proprio linguaggio e tutti si meravigliarono che persone non istruite e rozze avessero imparato non una o due lingue ma quelle addirittura di tutti i popoli. Si mostrava così che laddove tutte le lingue risuonavano, tutte avrebbero aderito alla fede. Ma costoro che amano tanto Cristo e non vogliono aver nulla a che fare con la città che l'uccise, onorano Cristo a loro modo, dicendo che egli ha dato la preferenza a due sole lingue, la latina e la punica, cioè l'africana. Cristo si sarebbe dunque legato a due sole lingue? Quelle che sono usate nel partito di Donato, dove non se ne conoscono altre? Stiamo all'erta, o fratelli, e consideriamo invece il dono dello Spirito di Dio; crediamo quanto di lui fu detto in precedenza, facendo sì di veder realizzato quanto già fu predetto nel salmo: Non c'è lingua, non ci sono parole di cui non si è sentito il suono (Sal 18, 4). E perché tu creda che non le lingue si sono mosse verso Cristo ma che il dono di Cristo ha investito tutte le lingue, ascolta ciò che segue: in ogni luogo è giunto il suono della loro voce, le loro parole hanno raggiunto gli estremi confini del mondo (Sal 18, 5). Perché è avvenuto ciò? Perché egli ha posato la sua dimora nel sole (Sal 18, 6), cioè sotto gli occhi di tutti. Questa dimora è la sua carne, cioè la sua Chiesa, ch'è posta sotto la luce del sole, non nelle tenebre della notte ma nella chiarezza del giorno. Perché allora quelli non lo riconoscono? Ritornate con la mente alla lettura, che ieri abbiamo terminato e vedete perché non lo riconoscono: Chi odia suo fratello cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi (1Jn 2,11). Sentiamo dunque ciò che segue, affinché non rimaniamo nelle tenebre. Come non trovarci nelle tenebre? Amando i fratelli. Quale la prova che amiamo i fratelli? Questa: che non rompiamo l'unità ed osserviamo la carità.

(Figli, perché nati in Cristo.)

204 4. Scrivo a voi, figlioli, perché vi sono rimessi i peccati nel suo nome (1Jn 2,12). Noi siamo i figlioli, perché con la remissione dei peccati avviene in noi una nascita. Ma i peccati in nome di chi sono rimessi? Forse in nome di Agostino? no; e neppure in nome di Donato. Tu conosci Agostino e sai chi è Donato; ma neppure nel nome di Paolo e di Pietro sono rimessi i peccati. L'Apostolo infatti, pieno di quella materna carità nella quale ha generato i suoi figli, ci svela il suo cuore e in certo qual modo si strappa il seno con le sue parole, piange i figli che vede rapiti da quanti seminano divisioni nella Chiesa e cercano in tutti i modi di costituire dei partiti, per distogliere dall'unità. Egli riconduce ad un unico nome coloro che volevano assumersi molti nomi, cerca di allontanarli dall'amore verso la propria persona per volgerli all'amore di Cristo e dice loro: Forse fu crocifisso Paolo per voi? o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? (1 Cor 1, 13). Che dice dunque? Io non voglio che voi siate miei ma che siate con me, poiché tutti siamo di colui che per noi è morto, per noi fu crocifisso; perciò aggiunge: nel suo nome, non nel nome di un uomo qualsiasi, vi sono rimessi i peccati.

(Padri, perché avete conosciuto il Principio.)

205 5. Scrivo a voi, padri. Perché prima si è rivolto ai figli? perché a voi sono rimessi i peccati nel suo nome, così che siete generati ad una nuova vita e perciò siete figli. Ma perché ora padri? Perché voi lo avete conosciuto: Avete conosciuto lui fin dal principio (1Jn 2,13). Il principio è una prerogativa della paternità. Ora Cristo è nuovo nella carne, ma antico nella divinità. Quanto egli è antico? Di molti anni? E' più antico di sua madre? Certo è maggiore di sua madre. Tutte le cose infatti sono state create per mezzo di lui (Jn 1,3). Se egli, l'antico, creò tutte le cose, creò anche sua madre dalla quale potesse nascere come nuovo. Lo crediamo anteriore soltanto a sua madre? No, poiché egli è prima ancora degli avi di sua madre. Abramo è l'avo di sua madre ed il Signore dice: Prima di Abramo io sono (Jn 8,58). Prima di Abramo soltanto? Cielo e terra furono creati prima che esistesse l'uomo. Prima di essi c'era il Signore, anzi prima di essi egli è. Disse bene perciò: non prima di Abramo io fui; ma prima di Abramo io sono. Quando di una cosa si dice che fu, significa che non esiste più; quando si dice: sarà, significa che ancora non esiste; ma egli non conosce altra esperienza che quella dell'essere. Conosce l'essere in quanto è Dio; ma non sa che cosa significhi essere stato, né conosce l'attesa del dover essere. C'è in lui un giorno solo, ma sempiterno. Quel giorno non ha dietro di sé un ieri, né davanti a sé un domani. Il giorno di oggi fa seguito a quello di ieri ed avrà termine con l'avvento del domani. Quel suo giorno unico è invece senza tenebre, senza notte, senza divisione di ore, di minuti o di altre unità di misura. Chiamalo come vuoi, chiamalo pure giorno, se ti piace, ma puoi chiamarlo anche anno ed attribuirgli il valore di interi anni. Di Cristo infatti è stato scritto: I tuoi anni non finiranno (Sal 101, 28). E quando fu chiamato giorno? Quando al Signore fu detto: Oggi ti ho generato (Sal 2, 7). Generato da un Padre eterno, eterna è pure la sua generazione: essa è senza inizio, senza termine, senza limiti di tempo, poiché egli è l'essere ed è colui che è. Questo è il nome che disse a Mosè: Dirai loro: Colui che è mi ha mandato a voi (Es 3, 14). Che cosa esisteva dunque prima di Abramo, prima di Noè, prima di Adamo? Ce lo dice la Scrittura: Io ti ho generato prima dell'aurora (Sal 109, 3). Egli fu dunque generato prima del cielo e prima della terra. Perché? Perché tutto per mezzo di lui fu fatto e senza di lui niente è stato fatto (Jn 1,3). Voi che siete padri, riconoscetelo: padri si diventa riconoscendo colui che è fin dal principio.

(Giovani, perché avete vinto il mondo.)

206 2. 6. Scrivo a voi, giovani. Voi siete figli, siete padri, siete giovani; figli per effetto della nascita, padri perché riconoscete il principio. Ma perché giovani? Perché avete vinto il maligno (1Jn 2,13). Nei figli troviamo la nascita; nei padri l'antichità, nei giovani la fortezza. Se il maligno viene vinto dai giovani, questo significa che egli lotta contro di noi. Lotta ma non vince. Perché? Perché siamo forti ma ancor più perché in noi è forte colui che abbiamo visto inerme nelle mani dei persecutori. E' lui che ci fa forti, lui che non ha opposto resistenza ai persecutori. Crocifisso nella sua carne inferma, egli vive per virtù di Dio (cf. 2 Cor 13, 4).

207 3. 7. Scrivo a voi, fanciulli. Perché fanciulli? Perché avete conosciuto il Padre (+1Jn 2, 14).

(Opposizione fra amore di Dio e amore del mondo.)

208 8. Tutti questi privilegi sono nostri, o fratelli, perché abbiamo conosciuto colui che è fin dal principio, siamo forti ed abbiamo conosciuto il Padre: tutte queste realtà allargano le nostre conoscenze ma devono anche sostenere la nostra carità. Se conosciamo, non possiamo anche non amare: una conoscenza senza amore non ci salva. La scienza gonfia, la carità edifica (1 Cor 8, 1). Se professate la fede ma non amate, voi incominciate ad assomigliare ai demoni. Anche i demoni davano testimonianza al Figlio di Dio e dicevano: Che abbiamo noi a che fare con te? (Mt 8, 29). Essi però erano da lui scacciati. Voi confessatelo ed abbracciatelo. Essi temevano a causa della loro iniquità; voi invece amatelo perché vi ha perdonato le iniquità commesse. Ma come ameremo Dio, se amiamo il mondo? Egli vuole farsi accogliere in noi mediante la carità. Ci sono due amori: quello del mondo e quello di Dio; se alberga in noi l'amore del mondo, non potrà entrarvi l'amore di Dio. Si tenga lontano l'amore del mondo e resti in noi l'amore di Dio; abbia posto in noi l'amore migliore. Se prima amavi il mondo, ora non amarlo più; se saziavi il tuo cuore cogli amori terreni, dissetati ora alla fonte dell'amore di Dio, e incomincerà ad abitare in te la carità, dalla quale nulla di male può derivare. Date dunque ascolto alla voce di colui che ora vi purifica. Quasi come un campo trova i cuori degli uomini. Come trova questi cuori? Se li trova simili ad una selva, incomincia allora ad estirparla, ma se li trova come un campo già purgato, si dà subito a seminarlo. Vuole piantarvi l'albero della carità. E quale è la selva che egli vuole estirpare? L'amore del mondo. Senti come Giovanni parla della estirpazione della selva: Non vogliate amare il mondo; e prosegue: né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui (1 Gv 2, 15).

(Radice di una virtù sincera è la carità.)

209 2. 9. Dunque avete sentito: Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui. Nessuno pensi che queste dichiarazioni siano false. E' Dio che parla, è lo Spirito Santo che ha parlato per mezzo dell'Apostolo e nulla v'è di più vero. Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui. Vuoi avere l'amore del Padre, per poter essere coerede col Figlio? Non amare il mondo. Scaccia l'amore malvagio del mondo, per riempirti dell'amore di Dio. Sei come un vaso che è ancora pieno; butta via il suo contenuto, per accogliere ciò che ancora non possiedi. I nostri fratelli certo sono già rinati dall'acqua e dallo Spirito Santo; anche noi da un po' di anni siamo rinati dall'acqua e dallo Spirito Santo. E' nostro interesse non amare il mondo, affinché i sacramenti non abbiano a risolversi nella nostra dannazione, cessando così di essere sostegni della nostra salvezza. Sostegno di salvezza è possedere le radici della carità, la virtù della pietà e non soltanto la sua esteriore apparenza. Buona e santa è l'apparenza; ma che vale, se manca del suo sostegno? Il tralcio tagliato non viene forse gettato al fuoco? Mantieni pure la forma esterna, ma sia essa legata alla radice. Ma in che modo staremo uniti alla radice, onde non correre il rischio di venire da essa tagliati? Conservando la carità, come dice Paolo apostolo: Radicati e fondati nella carità (Ef 3, 17). Come potrebbe mettere le sue radici la carità, là dove l'amore del mondo tutto copre al pari di una selva? Fate scomparire questa selva. Dovete gettare nel terreno un seme prezioso ed il campo nulla deve conservare che possa soffocare quel seme. Le parole di Giovanni ci spingono ad operare questa estirpazione.

Non vogliate amare il mondo, e neanche ciò che c'è nel mondo. Poiché chi ama il mondo non ha più in sé l'amore del Padre.

(Ti travolge l'amore del mondo? stringiti a Cristo.)

210 10. Tutto ciò che è nel mondo è desiderio carnale, cupidigia degli occhi e ambizione terrena, tre realtà affermò: e queste non provengono dal Padre, ma dal mondo. Ed il mondo passa, come passano i suoi desideri; ma chi avrà fatto la volontà di Dio, resterà in eterno, come Dio stesso rimane in eterno (1Jn 2,16-17). Perché non dovrei amare ciò che Dio ha fatto? Ebbene scegli: vuoi amare le cose temporali ed essere travolto dal tempo insieme con esse? Non preferirai forse odiare il mondo e vivere in eterno con Dio? La corrente delle cose temporali ci trascina dietro di sé: ma il Signore nostro Gesù Cristo nacque come un albero presso le acque di un fiume. Egli assunse la carne, morì, risorse, ascese al cielo. Volle in certo modo mettere le sue radici presso il fiume delle cose temporali. Tu sei trascinato con violenza dalla forza della corrente? Attaccati al legno. Ti travolge l'amore del mondo? Stringiti a Cristo. Per te egli è comparso nel tempo, proprio perché tu divenissi eterno. Anch'egli si è sottomesso al tempo, ma per restare eterno. Si è inserito nel tempo, ma senza staccarsi dall'eternità. Tu invece sei nato nel tempo, e sei diventato schiavo del tempo a causa del peccato. Tu dunque sei diventato schiavo del tempo a causa del peccato; egli invece si è sottomesso al tempo, per esercitare la misericordia nel perdono dei peccati. Quale differenza tra il reo e chi è venuto in carcere per visitarlo, anche se queste due persone rimangono insieme nel carcere! Uno venne un giorno a visitare l'amico ed ambedue sembravano dei carcerati. Ma grande è la differenza che passa tra di loro, che rimangono assai diversi. Il processo imminente riempie di angoscia il primo, mentre un senso di umanità ha guidato il secondo. Così nella nostra condizione mortale: noi eravamo in carcere a causa di un reato ed egli, mosso da misericordia, è sceso fino a noi; è venuto a trovare, in veste di redentore, chi era prigioniero. Non è venuto come aguzzino. Il Signore ha versato per noi il suo sangue, ci ha redento, ha rinverdito la nostra speranza. Mentre portiamo ancora con noi la carne mortale. Possiamo pensare che certamente possederemo la immortalità futura; mentre ancora siamo sballottati dai flutti del mare, già gettiamo verso terra l'ancora della speranza.

(Non le creature, ma Dio è il fine del nostro amore.)

211 11. Ma non dobbiamo amare il mondo e le cose del mondo. Esse sono: le cupidigie carnali, la cupidigia degli occhi, l'ambizione degli onori mondani. Sono tre realtà di fronte alle quali nessuno dica: non è opera di Dio tutto ciò che è nel mondo? non sono opera di Dio il cielo, la terra, il mare, il sole, la luna, le stelle, ornamento dei cieli? Ed i pesci non sono l'ornamento del mare? Così dicasi per la terra degli animali, degli alberi, degli uccelli. Queste realtà sono nel mondo e le ha fatte il Signore. Perché allora non dovrei amare ciò che Dio ha fatto? Lo Spirito del Signore ti aiuti a vedere realmente queste cose buone; ma guai a te se amerai le creature ed abbandonerai il Creatore. Queste cose ti appaiono belle ma quanto più bello sarà l'autore della loro bellezza? Cercate di comprendermi, fratelli carissimi. I paragoni possono servire ad istruirvi, onde Satana non vi tragga in inganno, mettendovi davanti questa obiezione: nelle creature di Dio non vi è altro che bene; non per altro egli le avrebbe create che per arrecarvi del bene. Molti si lasciano persuadere a loro perdizione e dimenticano il Creatore: quando delle creature si fa un uso smodato si reca offesa al creatore. Di costoro dice l'Apostolo: Onorarono e servirono le creature invece del Creatore, che è benedetto nei secoli (Rm 1, 25). No! Dio non ti proibisce di amare le sue creature, ma ti proibisce di amarle allo scopo di ottenere da esse la felicità. Non è proibito invece accettare ed ammirare le creature per amare il Creatore. Fratelli, ponete che uno sposo fabbricasse l'anello destinato alla sposa e questa amasse di più l'anello che non il suo sposo che lo costruì; forse che attraverso quel dono non risulterebbe che la sposa ha un cuore adultero anche se essa ama ciò che è dono del suo sposo? Certo essa ama ciò che ha fatto il suo sposo, ma se dicesse: a me basta il tuo anello e non mi interessa affatto di vedere lui, che sposa sarebbe mai costei? Chi non detesterebbe la sua insulsaggine? Chi non porrebbe sotto accusa quest'animo da adultera? Invece del marito, tu che sei la sua sposa, ami l'oro, ami un anello; se tali sono i tuoi sentimenti da amare un anello invece del tuo sposo e lui non vuoi neppure vederlo, significa che egli ti ha dato questo dono in caparra non per possederti ma per perderti. Lo scopo per cui un fidanzato offre un dono come caparra, è di assicurarsi l'amore della sposa, per mezzo di quel dono. Dio ti ha dunque dato le cose create ma perché tu amassi chi le ha fatte. Egli ti vuole dare assai di più, cioè vuole darti se stesso. Ma se avrai amato le cose, pur fatte da Dio, se avrai trascurato il loro Creatore per amare il mondo, il tuo non può essere giudicato altro che un amore adultero.

(Significato del termine "mondo".)

212 12. Col termine "mondo" vengono indicati non soltanto il cielo e la terra, le cose visibili ed invisibili, opere tutte del Signore, ma anche gli abitatori del mondo, così come il termine "casa" indica tanto l'edificio come i suoi abitanti. A volte ti capita di lodare la casa ma di vituperare i suoi abitanti. Diciamo: questa casa è bella, è ricca di marmi e di ornamenti. Ma possiamo anche dire, con altro intento: questa casa è buona, nessuno vi patisce ingiustizie, non vi avvengono rapine, né oppressioni. In questo caso, non lodiamo le pareti della casa ma i suoi abitanti; e tuttavia sia nel primo come nel secondo caso, noi usiamo lo stesso identico termine di "casa". Ora tutti coloro che coll'affetto del cuore si legano al mondo, ne divengono gli abitatori, come divengono abitatori del cielo quelli che tengono il loro cuore sollevato in alto, anche se camminano qui in terra ancora col loro corpo. Tutti coloro che amano il mondo vengono indicati col termine "mondo". Queste sono le loro tre aspirazioni: i desideri della carne, la cupidigia degli occhi, l'ambizione della gloria. Desiderano mangiare e bere, fornicare e darsi ad ogni voluttà. Ma se usiamo queste cose con misura, non è forse cosa lecita? Quando vi diciamo: Non amate queste cose, intendiamo forse dirvi che non dovete né mangiare, né bere, né procreare figli? No certamente: non è questa la nostra intenzione. Dobbiamo però usare moderazione, per rispetto al Creatore e perché queste creature non abbiano a tenerci legati col loro affetto. Non vogliate amare nel godimento le cose che vi sono state date solo in vista del loro fine che è il semplice uso. Ma si dà il caso che vi troviate di fronte a due possibilità e siate così messi alla prova; vuoi essere giusto o vuoi guadagnare? Io non ho nulla per vivere, non ho nulla da mangiare, nulla da bere e non posso avere queste cose necessarie alla vita, se non commettendo degli atti di ingiustizia! Non sarà meglio per te amare quel bene che non si perde, piuttosto che commettere una iniquità? Sai misurare il lucro che ti viene dal denaro e non t'avvedi del danno che la tua fede subisce. Questo appunto ci dice Giovanni quando accenna ai desideri della carne; cioè di tutte quelle realtà che sono in rapporto col nostro corpo, quali il cibo, gli amplessi sessuali e altre cose del genere.


Agostino: 1a Lett. Giovanni 113