Discorsi 2005-13 16065

A S. E. IL SIGNOR ANTONIO GANADO, AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA DI MALTA PRESSO LA SANTA SEDE Giovedì, 16 giugno 2005

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Signor Ambasciatore!

Ho la gioia di accoglierLa in questa fase di avvio del mio servizio alla Chiesa sulla Cattedra di Pietro: sia il benvenuto! Ella mi presenta oggi le Lettere con le quali il Presidente della Repubblica di Malta La accredita quale Ambasciatore Plenipotenziario e Straordinario presso la Santa Sede. Nell’accoglierle, rivolgo un pensiero di gratitudine al Signor Presidente della Repubblica per le gentili parole che, per Suo tramite, mi ha indirizzato e che testimoniano quanto saldo sia il legame che unisce, sin dai tempi di san Paolo apostolo, la Comunità di Malta alla Chiesa di Roma. Al Signor Presidente ed alla Sua famiglia voglia trasmettere, Signor Ambasciatore, l’espressione dei miei sentimenti di amicizia e di spirituale vicinanza, insieme con fervidi voti augurali per l’intera Nazione.

Mi sento vicino al Popolo maltese, che nei secoli ha sempre manifestato un singolare e sincero attaccamento al Successore di Pietro, Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale. Conosco bene la fedeltà al Vangelo e alla Chiesa che contrassegna, Signor Ambasciatore, i cristiani del Paese che Ella qui rappresenta. Coerenti con le loro radici cristiane, essi avvertono l’importanza della loro missione anche in questa delicata fase della storia europea e mondiale. Il Popolo maltese sa di essere parte integrante del grande spazio chiamato Europa e, mantenendosi in sintonia con le nobili tradizioni spirituali e culturali che l'hanno sempre caratterizzato lungo i secoli, vuole adoperarsi perché la Comunità europea del terzo millennio non smarrisca il patrimonio di valori culturali e religiosi del suo passato. E’ infatti solo a queste condizioni che si potrà costruire con salda speranza un futuro di solidarietà e di pace.

Dar vita a un’Europa unita e solidale è impegno di tutti i popoli che la compongono. L’Europa infatti deve saper coniugare i legittimi interessi di ogni nazione con le esigenze del bene comune dell’intero Continente. Le sono grato, Signor Ambasciatore, per aver espresso la rinnovata volontà del Suo Paese di essere protagonista in questa nuova fase storica del Continente, contribuendo a consolidarne le capacità di dialogo, di difesa e di promozione della famiglia fondata sul matrimonio, le tradizioni cristiane, l’apertura e l’incontro con culture e religioni diverse.

Sono queste, Signor Ambasciatore, alcune delle riflessioni che sorgono spontanee nel mio animo in questo nostro primo incontro. Le assicuro la piena e sincera disponibilità da parte dei miei Collaboratori ad intrattenere con Lei un dialogo costruttivo in ordine al miglior espletamento dell’alta missione affidataLe. Mi permetta, infine, di rinnovare l’espressione della mia alta considerazione nei confronti dei cittadini di Malta, un Paese caro ai miei venerati Predecessori non meno che a me. Per il benessere di tutta la popolazione, formulo di cuore fervidi voti augurali, che accompagno con una speciale Benedizione Apostolica, avvalorata dalla preghiera per Lei, per le Autorità, per le persone a Lei care e per tutti i cittadini della Sua illustre Nazione.





AGLI AMBASCIATORI IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA DELLE LETTERE CREDENZIALI Giovedì, 16 giugno 2005



Eccellenze,

Sono lieto di accogliervi mentre presentate le Lettere che vi accreditano come Ambasciatori dei vostri rispettivi Paesi: Azerbaigian, Guinea, Malta, Nuova Zelanda, Rwanda, Svizzera e Zimbabwe. Vi chiedo di ringraziare i vostri Capi di Stato per i loro deferenti messaggi e di trasmettere loro i miei rispettosi saluti.

Attraverso di voi, sono tutti i popoli che rappresentate che desidero salutare fraternamente, e desidero formulare loro i miei voti più cordiali e ferventi, ripetendo agli uomini e alle donne di tutti i vostri Paesi che sono loro vicino e che prego per loro. Li invito a impegnarsi per creare un'umanità sempre più fraterna, in un'attenzione rinnovata a tutti, in particolare alle persone che sono più povere e a quelle escluse dalla società. In tal senso, il nostro mondo ha di fronte numerose sfide che deve superare affinché l'uomo prevalga sempre sulla tecnica e la giusta realizzazione dei popoli costituisca la preoccupazione principale di quanti hanno accettato di gestire gli affari pubblici, non per se stessi, ma in vista del bene comune. Il nostro cuore non può essere in pace finché vediamo dei fratelli soffrire, per mancanza di cibo, di lavoro, di un tetto o di altri beni fondamentali.

Per offrire una risposta concreta all'appello che ci rivolgono i nostri fratelli in umanità, dobbiamo far fronte alla prima delle sfide: quella della solidarietà fra generazioni, della solidarietà fra Paesi e fra continenti, per una condivisione sempre più equa delle ricchezze del pianeta fra tutti gli uomini. È uno dei servizi fondamentali che gli uomini di buona volontà devono rendere all'umanità. La terra ha in effetti la capacità di nutrire tutti i suoi abitanti, a condizione che i Paesi ricchi non serbino per loro ciò che appartiene a tutti.

La Chiesa non cesserà di ricordare che tutti gli uomini devono essere attenti a una fraternità umana fatta di gesti concreti, a livello degli individui come pure a livello dei Governi e delle Istituzioni internazionali. Avendo da parte sua posto la condivisione al centro della sua vita dai tempi apostolici, la Chiesa continuerà in tutti i continenti ad andare in aiuto delle popolazioni, con il sostegno delle sue comunità locali e di tutti gli uomini di buona volontà, in particolare negli ambiti dell'educazione, della sanità e dei beni fondamentali. So che in quanto diplomatici, voi siete particolarmente sensibili a questo aspetto della vita in società e che la diplomazia ha un ruolo importante da svolgere.

Mentre cominciate la vostra missione presso la Sede Apostolica, vi esprimo i miei migliori auspici e invoco l'abbondanza delle Benedizioni divine, su voi come pure sulle vostre famiglie, sui vostri collaboratori e sulle nazioni che rappresentate



AL REV.DO DOTT. SAMUEL KOBIA, SEGRETARIO GENERALE DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE Giovedì, 16 giugno 2005

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Caro Segretario Generale,

"Grazia e voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù cristo" (
Ph 1,2). Con queste parole di san Paolo, porgo un cordiale benvenuto a lei e ai membri della delegazione del Consiglio Mondiale delle Chiese. Dopo il suo insediamento quale Segretario Generale aveva pensato di far visita al mio amato predecessore Papa Giovanni Paolo II. Sebbene questa speranza sia rimasta delusa, la ringrazio per aver rappresentato il Consiglio Mondiale delle Chiese alle sue esequie ed esprimo la mia gratitudine per il messaggio che mi ha inviato in occasione dell'inaugurazione solenne del mio ministero di Vescovo di Roma.

I rapporti fra la Chiesa cattolica e il Consiglio Mondiale delle Chiese si sono sviluppati durante il Concilio Vaticano II al quale due osservatori di Ginevra sono stati presenti a tutte le quattro sessioni. Ciò ha portato, nel 1965, alla creazione del Gruppo di Lavoro Congiunto quale strumento di contatto e cooperazione permanenti che avrebbero tenuto a mente il compito comune di unità in risposta alla preghiera del Signore "perché tutti siano una sola cosa" (Jn 17,21). Nel prossimo mese di novembre si svolgerà un'importante consultazione sul futuro del Gruppo di Lavoro Congiunto per celebrare il quarantesimo anniversario della sua creazione. È mia speranza e mia preghiera che i suoi scopi e la sua metodologia di lavoro vengano ulteriormente chiariti a vantaggio di una comprensione, di una cooperazione e di un progresso ecumenici sempre più efficaci.

Nei primissimi giorni del mio Pontificato ho affermato che il mio "compito principale è il dovere di operare instancabilmente per riedificare l'unità piena e visibile di tutti i seguaci di Cristo". Ciò richiede, oltre alle buone intenzioni, "gesti concreti che entrino negli animi e smuovano le coscienze... sollecitando ciascuno a quella conversione interiore che è il presupposto di ogni progresso sulla via dell'ecumenismo" (Missa pro Ecclesia, n. 5).

Papa Giovanni Paolo II ha spesso ricordato che il cuore della ricerca dell'unità dei cristiani è "l'ecumenismo spirituale". Egli riteneva che la sua essenza consistesse nell'essere in Cristo: "Credere in Cristo significa volere l'unità, significa volere la Chiesa, volere la Chiesa significa volere la comunione di grazia che corrisponde al disegno del Padre da tutta l'eternità. Ecco qual è il significato della preghiera di Cristo: "ut unum sint"" (Lettera Enciclica, Ut Unum sint UUS 9).

Spero che la vostra visita presso la Santa Sede sia stata feconda, rafforzando i vincoli di comprensione e di amicizia fra noi. L'impegno della Chiesa cattolica nella ricerca dell'unità cristiana è irreversibile. Quindi desidero assicurarvi del fatto che essa è desiderosa di continuare a cooperare con il Consiglio Mondiale delle Chiese. Di nuovo, rivolgo una parola particolare di incoraggiamento a lei, Segretario Generale, ai membri del Comitato centrale e a tutto il personale, mentre vi adoperate per guidare e rinnovare questo importante organismo ecumenico. Sappiate di essere nelle mie preghiere e siate certi della mia inesauribile buona volontà. "Grazia e pace siano concesse a voi in abbondanza" (2P 1,2).



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL MADAGASCAR IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sabato, 18 giugno 2005

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Signor Cardinale,
Cari Fratelli nell'Episcopato,

È con gioia che vi accolgo mentre realizzate la vostra visita ad limina presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, manifestando così la vostra comunione con la Sede Apostolica. Ringrazio il Presidente della vostra Conferenza Episcopale, Monsignor Fulgence Rabeony, Arcivescovo di Toliara, per la sua presentazione della situazione della Chiesa nel vostro Paese. Auguro a tutto il popolo malgascio di vivere nella pace di Dio e di continuare coraggiosamente a edificare una società sempre più rispettosa dell'uomo e della sua dignità!

Nella vita e nel ministero del Vescovo, la celebrazione del mistero pasquale di Cristo ha un posto centrale. In questo anno dell'Eucaristia, vi invito in particolare a rinnovare il vostro attaccamento a Cristo, che non cessa di donarsi a noi in questo sacramento. Attraverso la vostra vita esemplare e il vostro insegnamento, collaborando attivamente fra voi, conducete i fedeli verso l'amicizia con Cristo, esortandoli a vivere una carità sempre più generosa nei confronti dei propri fratelli! È così che sosterrete l'impegno dei laici delle vostre Diocesi nella vita pubblica, in fedeltà alla vocazione che hanno ricevuto. In effetti, adoperandosi per la costruzione di una società più giusta, lottando contro la corruzione, l'insicurezza e ogni forma di sfruttamento dei più poveri, essi esprimono la sollecitudine della Chiesa per il vero bene dell'uomo.

Il nostro ministero episcopale esige che noi aiutiamo i fedeli che ci sono stati affidati ad acquisire una fede illuminata, radicata nell'incontro intimo con Cristo. È Lui che deve essere la misura di tutto, permettendo di discernere dove si trova la verità, al fine di affrontare i problemi di oggi in un'autentica fedeltà al suo insegnamento. In questa prospettiva, l'inculturazione della fede nella cultura malgascia resta un obiettivo importante. L'accogliere la modernità non esclude questo radicamento, al contrario lo esige. Fondarsi su una fede illuminata è indispensabile per un progresso autentico nella ricerca dell'unità dei discepoli di Cristo. L'instaurarsi di relazioni fraterne e fiduciose fra essi deve pertanto comprendere le esigenze dell'identità cattolica nella verità, evitando qualsiasi gesto che potrebbe non solo turbare i fedeli, ma anche confortare il relativismo religioso.

Nel vostro ministero, i sacerdoti sono i vostri collaboratori più diretti. Pur vivendo in condizioni a volte difficili, molti sono generosi, vicini alla popolazione. È vostra responsabilità sostenerli nelle loro difficoltà, essere per ognuno un padre e una guida esigente. L'annuncio del Vangelo richiede sacerdoti di qualità dal punto di vista sia intellettuale sia spirituale e morale, che rendano per tutta la loro vita una testimonianza di attaccamento senza riserve alla persona di Cristo e alla sua Chiesa. Vi incoraggio dunque vivamente a dare la priorità a una formazione seria nei seminari e a cercare di sviluppare gli strumenti della formazione permanente dei sacerdoti.

Nel concludere il nostro incontro, vi chiedo di salutare affettuosamente i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i catechisti e tutti i fedeli delle vostre Diocesi. Li incoraggio vivamente nella testimonianza di fede e di carità che rendono a Cristo, in condizioni spesso molto difficili, apprezzando anche il lavoro generoso dei missionari. Che lo Spirito del Signore sia la loro speranza e conceda loro di contribuire, ognuno secondo la propria vocazione, all'annuncio del Vangelo! Affidandovi all'intercessione materna della Vergine Maria e alla preghiera della vostra Beata concittadina Victoire Rasoamanarivo, imparto a tutti la Benedizione Apostolica.





AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA DELLA "RIUNIONE DELLE OPERE PER L’AIUTO ALLE CHIESE ORIENTALI" Giovedì, 23 giugno 2005

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Beatitudine,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Membri e Amici della R.O.A.C.O.!

E’ per me un piacere accogliere quest’oggi tutti voi, convenuti a Roma per l’annuale assemblea della R.O.A.C.O. (Riunione Opere Aiuto Chiese Orientali). A ciascuno porgo un cordiale benvenuto. Saluto il Cardinale Ignace Moussa Daoud, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, con il Segretario, Mons. Antonio Maria Vegliò, e i Collaboratori del Dicastero. Uno speciale saluto rivolgo all’Arcivescovo Maggiore di Lviv, il Cardinale Lubomyr Husar, e a tutti coloro che prendono parte alla R.O.A.C.O. a motivo dell’attenzione riservata ai loro territori, comunità ed istituzioni.

Fin dagli inizi dell’annuncio cristiano, le comunità cristiane bisognose e povere hanno conosciuto forme di sostegno da parte di quelle più fortunate. Nel tempo presente, segnato non di rado da spinte all’individualismo, appare ancor più necessario che i cristiani offrano la testimonianza di una solidarietà che varchi ogni frontiera, per costruire un mondo all’interno del quale tutti si sentano accolti e rispettati. Coloro che portano a compimento questa missione in modo personale o comunitario diventano diffusori di amore autentico, amore che libera il cuore e reca ovunque quella gioia "che nessuno potrà togliere" perché viene dal Signore. Vorrei ringraziarvi, cari amici della R.O.A.C.O., per quanto voi state facendo a favore di fratelli in difficoltà e in particolare per gli sforzi che affrontate al fine di rendere tangibile la carità che lega i cristiani di tradizione latina e quelli di tradizione orientale. Intensificare tali vincoli è rendere un servizio preziosissimo alla Chiesa universale. Continuate, pertanto, in questo ammirevole impegno ed anzi allargate ancora di più le prospettive della vostra azione.

In questi giorni avete esaminato particolarmente la situazione della Chiesa greco-cattolica in Ucraina, il cui sviluppo continuo, dopo il triste inverno del regime comunista, è motivo di gioia e di speranza, anche perché l’antica e nobile eredità spirituale, di cui la comunità greco-cattolica è custode costituisce un vero tesoro per il progresso dell’intero Popolo ucraino. Vi dico pertanto: sostenete il suo cammino ecclesiale e favorite tutto ciò che giova alla riconciliazione e alla fraternità tra i cristiani dell’amata Ucraina.

Durante i vostri lavori vi siete soffermati inoltre sulla formazione dei sacerdoti, seminaristi e religiosi appartenenti alle varie Chiese Orientali Cattoliche, impegnati negli studi a Roma e nei Paesi d’origine. La presenza accanto alla Sede di Pietro di circa cinquecento studenti orientali delle Chiese cattoliche costituisce un’opportunità da valorizzare. Al tempo stesso, voi avvertite giustamente che occorre qualificare con massima cura le istituzioni formative operanti nelle stesse Chiese Orientali: accanto al sostegno materiale va pertanto incentivata l’azione formativa che, da una parte, approfondisca la genuina tradizione locale, tenendo in debito conto l’organico progresso delle Chiese Orie ntali (cfr O.E., 6) e, dall’altra, conduca a compimento l’autentico aggiornamento prospettato dal Concilio Vaticano II, che si chiuse proprio quarant’anni or sono. Cari Membri della R.O.A.C.O., Gerusalemme e la Terra Santa, verso cui tutti i cristiani hanno un debito indimenticabile (cfr
Rm 15,27), godono sempre della vostra lodevole premura. Alcuni segnali positivi, che ci giungono in questi ultimi mesi, rendono più salda la speranza che non tardi ad avvicinarsi il giorno della riconciliazione tra le varie comunità operanti in Terra Santa; e per questo non cessiamo di pregare con fiducia.

Concludendo, vorrei rinnovarvi l’espressione della mia gratitudine per l’apprezzato lavoro che svolgete. Vi accompagnino, nella quotidiana attività, la costante assistenza divina e la materna protezione della Vergine Maria, Madre della Chiesa. Mentre assicuro uno speciale ricordo nella preghiera, di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri agli Organismi ecclesiali che rappresentate ed alle vostre famiglie.


VISITA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA S.E. IL SIGNOR CARLO AZEGLIO CIAMPI Palazzo del Quirinale Venerdì, 24 giugno 2005

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Signor Presidente!

Ho la gioia di ricambiare, oggi, la visita cordialissima che Lei, nella Sua qualità di Capo dello Stato italiano, ha voluto rendermi il 3 maggio scorso in occasione del nuovo servizio pastorale a cui il Signore mi ha chiamato. Desidero, perciò, anzitutto ringraziarLa e, in Lei, ringraziare il Popolo italiano per l'accoglienza calorosa che mi ha riservato fin dal primo giorno del mio servizio pastorale come Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale. Da parte mia, assicuro anzitutto la cittadinanza romana, e poi anche l’intera Nazione italiana, del mio impegno a lavorare con tutte le forze per il bene religioso e civile di coloro che il Signore ha affidato alle mie cure pastorali. L'annuncio del Vangelo, che in comunione con i Vescovi italiani sono chiamato a portare a Roma e all'Italia, è a servizio non solo della crescita del Popolo italiano nella fede e nella vita cristiana, ma anche del suo progresso sulle vie della concordia e della pace. Cristo è il Salvatore di tutto l'uomo, del suo spirito e del suo corpo, del suo destino spirituale ed eterno e della sua vita temporale e terrestre. Così, quando il suo messaggio viene accolto, la comunità civile si fa anche più responsabile, più attenta alle esigenze del bene comune e più solidale con le persone povere, abbandonate ed emarginate. Scorrendo la storia italiana, si resta impressionati dalle innumerevoli opere di carità a cui la Chiesa, con grandi sacrifici, ha dato vita per il sollievo di ogni genere di sofferenza. Su questa stessa via la Chiesa intende oggi proseguire il suo cammino, senza mire di potere e senza chiedere privilegi o posizioni di vantaggio sociale o economico. L'esempio di Gesù Cristo, che “passò beneficando e risanando tutti” (
Ac 10,3), resta per essa la norma suprema di condotta in mezzo ai popoli.

Le relazioni tra la Chiesa e lo Stato italiano sono fondate sul principio enunciato dal Concilio Vaticano II, secondo cui “la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo. Tutte e due anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane” (Gaudium et spes GS 76). E’ principio, questo, già presente nei Patti Lateranensi e poi confermato negli Accordi di modifica del Concordato. Legittima è dunque una sana laicità dello Stato in virtù della quale le realtà temporali si reggono secondo le norme loro proprie, senza tuttavia escludere quei riferimenti etici che trovano il loro fondamento ultimo nella religione. L’autonomia della sfera temporale non esclude un’intima armonia con le esigenze superiori e complesse derivanti da una visione integrale dell’uomo e del suo eterno destino.

Mi è caro assicurare a Lei, Signor Presidente, e a tutto il Popolo italiano che la Chiesa desidera mantenere e promuovere un cordiale spirito di collaborazione e di intesa a servizio della crescita spirituale e morale del Paese, a cui è legata da vincoli particolarissimi, che sarebbe gravemente dannoso, non solo per essa, ma anche per l'Italia, tentare di indebolire e spezzare. La cultura italiana è una cultura intimamente permeata di valori cristiani, come appare dagli splendidi capolavori che la Nazione ha prodotto in tutti i campi del pensiero e dell'arte. Il mio augurio è che il Popolo italiano, non solo non rinneghi l'eredità cristiana che fa parte della sua storia, ma la custodisca gelosamente e la porti a produrre ancora frutti degni del passato. Ho fiducia che l'Italia, sotto la guida saggia ed esemplare di coloro che sono chiamati a governarla continui a svolgere nel mondo la missione civilizzatrice nella quale si è tanto distinta nel corso dei secoli. In virtù della sua storia e della sua cultura, l’Italia può recare un contributo validissimo in particolare all’Europa, aiutandola a riscoprire quelle radici cristiane che le hanno permesso di essere grande nel passato e che possono ancora oggi favorire l’unità profonda del Continente.

Come Ella, Signor Presidente, può ben comprendere, non poche preoccupazioni accompagnano questo inizio del mio servizio pastorale sulla Cattedra di Pietro. Tra di esse vorrei segnalarne alcune che, per il loro carattere universalmente umano, non possono non interessare anche chi ha la responsabilità della cosa pubblica. Intendo alludere al problema della tutela della famiglia fondata sul matrimonio, quale è riconosciuta anche nella Costituzione italiana (art. 29), al problema della difesa della vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale e infine al problema dell’educazione e conseguentemente della scuola, palestra indispensabile per la formazione delle nuove generazioni. La Chiesa, abituata com’è a scrutare la volontà di Dio iscritta nella natura stessa della creatura umana, vede nella famiglia un valore importantissimo che deve essere difeso da ogni attacco mirante a minarne la solidità e a metterne in questione la stessa esistenza. Nella vita umana, poi, la Chiesa riconosce un bene primario, presupposto di tutti gli altri beni, e chiede perciò che sia rispettata tanto nel suo inizio quanto nel suo termine, pur sottolineando la doverosità di adeguate cure palliative che rendano la morte più umana. Quanto alla scuola, poi, la sua funzione si connette alla famiglia come naturale espansione del compito formativo di quest’ultima. A questo proposito, ferma restando la competenza dello Stato a dettare le norme generali dell’istruzione, non posso non esprimere l’auspicio che venga rispettato concretamente il diritto dei genitori ad una libera scelta educativa, senza dover sopportare per questo l’onere aggiuntivo di ulteriori gravami. Confido che i legislatori italiani, nella loro saggezza, sappiano dare ai problemi ora ricordati soluzioni “umane”, rispettose cioè dei valori inviolabili che sono in essi implicati.

Esprimendo, da ultimo, l’augurio di un continuo progresso della Nazione sulla via del benessere spirituale e materiale, mi associo a Lei, Signor Presidente, nell’esortare tutti i cittadini e tutte le componenti della società a vivere ed operare sempre in spirito di autentica concordia, in un contesto di dialogo aperto e di mutua fiducia, nell’impegno di servire e promuovere il bene comune e la dignità di ogni persona. Mi è caro concludere, Signor Presidente, ricordando la stima e l'affetto che il Popolo italiano nutre per la Sua persona, come pure la piena fiducia che esso ha nell'assolvimento dei doveri che la Sua altissima carica Le impone. A questa stima affettuosa e a questa fiducia ho la gioia di associarmi, mentre affido Lei e la Consorte Signora Franca, come anche i Responsabili della vita della Nazione e l’intero Popolo italiano, alla protezione della Vergine Maria, così intensamente venerata negli innumerevoli santuari a Lei dedicati. Con questi sentimenti, su tutti invoco la benedizione di Dio, apportatrice di ogni desiderato bene.



AI MEMBRI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI PAPUA NUOVA GUINEA E ISOLE SALOMOME IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sabato, 25 giugno 2005

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Cari Fratelli Vescovi,

1. Nell'amore di nostro Signore vi porgo un cordiale benvenuto, membri della Conferenza Episcopale di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone e faccio mio il saluto di Pietro: "Grazia e pace a voi in abbondanza" (
1P 1,2). Sono grato al Vescovo Sarego per i sentimenti squisiti che mi ha espresso a vostro nome. Li ricambio con affetto e assicuro delle mie preghiere voi e quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale. Attraversando grandi distanze per visitare le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo riconoscete e apprezzate "sempre più l'immenso patrimonio di valori spirituali e morali, che tutta la Chiesa, in comunione col Vescovo di Roma, ha diffuso nel mondo intero" (Pastor Bonus, Allegato I, n. 3).

2. Gesù Cristo continua a portare le popolazioni delle vostre due isole a una fede e una vita più profonde in Lui. In quanto Vescovi rispondete alla sua voce chiedendo in che modo la Chiesa possa divenire uno strumento sempre più efficace di Cristo (cfr Ecclesia in Oceania, n. 4). La recente "Assemblea Generale" nazionale in Papua Nuova Guinea e il "Seminario" nelle Isole Salomone hanno affrontato questo compito. Da questi due eventi sono emersi segni chiari che includono la forte partecipazione dei giovani alla missione della Chiesa, la generosità eccezionale dei missionari e la fioritura di vocazioni locali. Al contempo non avete esitato a riconoscere le difficoltà che continuano ad affliggere le vostre Diocesi. Di fronte ad esse i fedeli guardano a voi affinché siate testimoni coraggiosi di Cristo, vigili nel cercare nuovi modi per trasmettere la fede cosicché la forza del Vangelo possa permeare il loro modo di pensare, i modelli di giudizio e le norme di comportamento (cfr Sapientia Christiana, Premessa).

3. Come sapete i sacerdoti sono e devono essere i più stretti collaboratori del Vescovo (cfr Pastores gregis ). Il significato particolare della communio fra un Vescovo e i suoi presbiteri esige che il vostro interesse per il loro benessere sia per voi della massima importanza. Questo rapporto speciale si esprime nella maniera più efficace mediante la vostra assidua cura nel sostenere l'identità unica dei vostri sacerdoti, incoraggiare la loro santificazione particolare nel ministero e promuovere un approfondimento del loro impegno pastorale. L'identità sacerdotale non deve mai essere paragonata ad alcun titolo secolare o confusa con un ufficio civile o politico. Piuttosto, configurato a Cristo che spogliò se stesso assumendo la condizione di servo (cfr Ph 2,7-8), il sacerdote vive una vita di semplicità, castità e umile servizio che ispira altri con l'esempio. Al centro del sacerdozio c'è la celebrazione quotidiana e devota della Santa Messa. In questo Anno dell'Eucaristia mi rivolgo ai vostri sacerdoti: siate fedeli a questo impegno che è il centro e la missione della vita di ognuno di voi (Messaggio in occasione della Missa pro Ecclesia, 20 aprile 2005, n. 4).

La formazione corretta dei sacerdoti e dei religiosi è assolutamente parte integrante di una evangelizzazione riuscita (Pastores dabo vobis PDV 2). So che da un po' di tempo state affrontando tale questione con la dovuta attenzione. Il vostro interesse per lo sviluppo umano, spirituale, intellettuale e pastorale dei vostri seminaristi e dei religiosi, uomini e donne, in formazione recherà frutti abbondanti nelle vostre Diocesi. Vi incoraggio quindi a garantire una selezione attenta dei candidati, a supervisionare personalmente i vostri seminari e a offrire programmi regolari di formazione permanente tanto necessaria per l'approfondimento dell'identità sacerdotale e religiosa e per l'arricchimento di gioioso impegno al celibato. Infine, a questo proposito, offro preghiere di profonda gratitudine verso quanti operano nei seminari e nelle case di formazione. Vi prego di far loro sapere che il Santo Padre li ringrazia per la loro generosità.

4. Cari Fratelli, i vostri catechisti hanno fatto propria con grande zelo l'accesa convinzione di san Paolo: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Co 9,16). Durante il Sinodo per l'Oceania molti di voi hanno osservato con soddisfazione che un numero sempre maggiore di fedeli laici sta pervenendo a un apprezzamento più profondo del loro dovere di partecipare alla missione di evangelizzazione della Chiesa (cfr Ecclesia in Oceania, n. 19). Se questo zelo deve riuscire a convincere un numero sempre più alto di credenti del fatto che "la fede, infatti, ha in sé la forza di plasmare la cultura stessa penetrandone le motivazioni sin nel suo nucleo essenziale" (Ibidem, n. 20) allora le priorità pastorali che avete identificato, in particolare quelle del matrimonio e della vita familiare, richiederanno corrispondenti e appropriati programmi di catechesi per adulti. In tal modo, ho fiducia nel fatto che i membri del vostro popolo approfondiranno la propria comprensione della fede, accresceranno la propria capacità di esprimere la loro fede liberatrice e risponderanno della speranza che è in loro! (cfr 1P 3,1).

5. Con affetto fraterno offro queste riflessioni e desidero confermarvi nel vostro desiderio di accogliere le chiamate alla testimonianza e all'evangelizzazione che scaturiscono dall'incontro con Cristo, sempre intensificato e approfondito nell'Eucaristia (cfr Mane nobiscum Domine, n. 24). Uniti nella vostra proclamazione della Buona Novella di Gesù Cristo andate pieni di speranza! Invocando su di voi l'intercessione del beato Peter To Rot, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica a voi e ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli laici delle vostre Diocesi.



PRESENTAZIONE DEL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA DISCORSO Martedì, 28 giugno 2005

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Carissimi Fratelli e amici,

1. «Possa Egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi » (
Ep 1,18).

E’ questo l’auspicio che san Paolo innalza al Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, nel brano della lettera agli Efesini appena proclamata.

Non ringrazieremo mai abbastanza Dio, nostro Padre, per questo immenso tesoro di speranza e di gloria, che Egli nel Suo Figlio Gesù ci ha regalato. Nostro impegno costante è di lasciarci continuamente illuminare da Lui per conoscere sempre più profondamente questo Suo misterioso dono.

Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, che oggi ho la grande gioia di presentare alla Chiesa e al mondo, in questa Celebrazione orante, può e deve costituire uno strumento privilegiato per farci crescere nella conoscenza e nell’accoglienza gioiosa di tale dono divino.

2. Esso vede la luce dopo la pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, avvenuta nel 1992. Da allora era divenuta sempre più diffusa e insistente l’esigenza di un catechismo in sintesi, breve, che contenesse tutti e soli gli elementi essenziali e fondamentali della fede e della morale cattolica, formulati in una maniera semplice, accessibile a tutti, chiara e sintetica. Ed è proprio venendo incontro a tale esigenza, che in questo ultimo ventennio sono stati effettuati, in diverse lingue e paesi, numerosi tentativi, più o meno riusciti, di sintesi del suddetto Catechismo, che hanno presentato vari problemi, riguardo non solo alla fedeltà e al rispetto della sua struttura e dei suoi contenuti, ma anche alla completezza e all’integrità della dottrina cattolica.

Si avvertiva pertanto sempre più la necessità di un testo autorevole, sicuro, completo circa gli aspetti essenziali della fede della Chiesa, in piena armonia col citato Catechismo, approvato dal Papa e destinato a tutta la Chiesa.

3. Di tale diffusa esigenza si erano fatti interpreti in particolare, nell’ottobre 2002, i partecipanti al Congresso Catechistico internazionale, i quali avevano presentato un’esplicita richiesta in tal senso al servo di Dio Giovanni Paolo II.

Sono trascorsi poco più di due anni da quando il mio Venerato Predecessore aveva deciso, nel febbraio 2003, la preparazione di tale Compendio, riconoscendolo corrispondente al bene non solo della Chiesa universale e delle Chiese particolari, ma anche del mondo d’oggi, assetato di verità. Sono stati due anni d’intenso e proficuo lavoro, che ha visto il coinvolgimento anche di tutti i Cardinali e i Presidenti delle Conferenze Episcopali, i quali, interpellati su uno degli ultimi progetti del Compendio, hanno espresso, a larghissima maggioranza, una valutazione molto positiva.

4. Oggi, in questa vigilia della Solennità dei SS. Pietro e Paolo, a quarant’anni dalla conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II, provo grande gioia nel consegnare questo Compendio, da me approvato, non solo a tutti i membri della Chiesa, qui significativamente rappresentati, nelle varie componenti, da tutti Voi che partecipate a questo solenne incontro. Ma, attraverso di Voi - Venerati Fratelli Cardinali, Vescovi, sacerdoti, catechisti e fedeli laici - desidero consegnare idealmente questo Compendio anche ad ogni persona di buona volontà, che desideri conoscere le insondabili ricchezze del mistero salvifico di Gesù Cristo.

Non si tratta certamente di un nuovo Catechismo, ma del Compendio che rispecchia fedelmente il Catechismo della Chiesa Cattolica, il quale rimane pertanto sia la fonte, da cui attingere per comprendere meglio il Compendio stesso, sia il modello, a cui guardare incessantemente per ritrovare l’esposizione armoniosa e autentica della fede e della morale cattolica, e sia il punto di riferimento, che deve stimolare l’annuncio della fede e l’elaborazione dei catechismi locali. Il Catechismo della Chiesa Cattolica mantiene, pertanto, intatta tutta la sua autorevolezza e importanza, e potrà trovare, in tale sintesi, un prezioso incoraggiamento ad essere meglio conosciuto e utilizzato come fondamentale strumento di educazione alla fede.

5. Questo Compendio è un rinnovato annuncio del Vangelo oggi. Anche per mezzo di questo testo autorevole e sicuro, la "fede che abbiamo ricevuto dalla Chiesa – come anche afferma S. Ireneo, di cui oggi celebriamo la memoria liturgica – la conserviamo con cura, perché sotto l’azione dello Spirito di Dio, essa, come un deposito di grande valore, chiuso in un vaso prezioso, continuamente ringiovanisce e fa ringiovanire anche il vaso che lo contiene" (1).

E’ la fede della Chiesa in Cristo Gesù, che il Compendio presenta. Seguendo la struttura quadripartita del Catechismo della Chiesa Cattolica, esso presenta, infatti, Cristo professato quale Figlio Unigenito del Padre, come perfetto Rivelatore della verità di Dio e come definitivo Salvatore del mondo; Cristo celebrato nei sacramenti, come fonte e sostegno della vita della Chiesa; Cristo ascoltato e seguito nell’obbedienza ai suoi comandamenti, come sorgente di esistenza nuova nella carità e nella concordia; Cristo imitato nella preghiera, come modello e maestro del nostro atteggiamento orante nei confronti del Padre.

6. Tale fede viene esposta, nel Compendio, in forma dialogica. Si intende in tal modo "riproporre – come ho scritto nell’introduzione al Compendio - un dialogo ideale tra il maestro e il discepolo, mediante una sequenza incalzante di interrogativi, che coinvolgono il lettore invitandolo a proseguire nella scoperta dei sempre nuovi aspetti della verità della sua fede. Il genere dialogico, inoltre, concorre anche ad abbreviare notevolmente il testo, riducendolo all'essenziale. Ciò potrebbe favorire l'assimilazione e l'eventuale memorizzazione dei contenuti". La brevità delle risposte favorisce la sintesi essenziale e la chiarezza della comunicazione.

7. Nel testo sono anche inserite delle immagini all’inizio della rispettiva parte o sezione. Questa scelta è finalizzata a illustrare il contenuto dottrinale del Compendio: le immagini, infatti "proclamano lo stesso messaggio che la Sacra Scrittura trasmette attraverso la parola, e aiutano a risvegliare e a nutrire la fede dei credenti" (Compendio, n. 240).

Immagine e parola s'illuminano così a vicenda. L’arte «parla» sempre, almeno implicitamente, del divino, della bellezza infinita di Dio, riflessa nell’Icona per eccellenza: Cristo Signore, Immagine del Dio invisibile.

Le immagini sacre, con la loro bellezza, sono anch’esse annuncio evangelico ed esprimono lo splendore della verità cattolica, mostrando la suprema armonia tra il buono e il bello, tra la via veritatis e la via pulchritudinis. Mentre testimoniano la secolare e feconda tradizione dell’arte cristiana, sollecitano tutti, credenti e non, alla scoperta e alla contemplazione del fascino inesauribile del mistero della Redenzione, dando sempre nuovo impulso al vivace processo della sua inculturazione nel tempo.

Le stesse immagini si ritrovano nelle varie traduzioni del Compendio. Sarà questo anche un modo per identificare facilmente e riconoscere tale testo nella varietà delle lingue: l’unica fede viene professata da ciascun fedele nella molteplicità dei contesti ecclesiali e culturali.

8. Il testo alla fine comprende anche un’Appendice, costituita da alcune preghiere comuni per la Chiesa universale e da alcune formule catechistiche della fede cattolica.

La scelta opportuna di aggiungere alla fine del Compendio alcune preghiere invita a ritrovare nella Chiesa un comune modo di pregare, non solo a livello personale, ma anche a livello comunitario.

In ognuna delle traduzioni, la maggior parte delle preghiere saranno presentate anche nella lingua latina. Il loro apprendimento, anche in questa lingua, faciliterà il pregare insieme da parte dei fedeli cristiani appartenenti a lingue diverse, specialmente quando si incontreranno insieme per particolari circostanze. Come già dissi, nel 1997, in occasione della presentazione al mio Venerato Predecessore dell’edizione tipica latina del Catechismo della Chiesa Cattolica, "proprio nella molteplicità delle lingue e delle culture, il latino, per tanti secoli veicolo e strumento della cultura cristiana, garantisce non solo la continuità con le nostre radici, ma rimane quanto mai rilevante per rinsaldare i legami dell'unità della fede nella comunione della Chiesa".

9. Ringrazio di vero cuore tutti coloro che hanno lavorato alla realizzazione di questa importante opera, in particolare i Cardinali membri della speciale Commissione, i redattori, gli esperti: tutti hanno collaborato con grande dedizione e competenza. Il Signore Dio, che vede ogni cosa, li ricompensi e li benedica nella Sua infinita benevolenza.

Questo Compendio, frutto della loro fatica ma soprattutto dono che Dio fa alla Chiesa in questo terzo millennio, dia nuovo slancio all’evangelizzazione e alla catechesi, da cui dipendono "non solo l’estensione geografica e l’aumento numerico, ma anche, e più ancora, la crescita interiore della Chiesa, la sua corrispondenza al disegno divino" (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 7).

Maria Ss.ma e i Santi Apostoli Pietro e Paolo sostengano con la loro intercessione questo auspicio per il bene della Chiesa e dell’umanità.

E a tutti Voi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

(1) Ireneo di Lione, Adversus haereses, 1,10,2: Sc 264,158-160




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