Discorsi 2005-13









BENEDIZIONE APOSTOLICA "URBI ET ORBI" PRIMO SALUTO - Loggia centrale della Basilica Vaticana Martedì, 19 aprile 2005

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Cari fratelli e sorelle,

dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore.

Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere.

Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto permanente, andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria sua Santissima Madre starà dalla nostra parte. Grazie.



AGLI EMINENTISSIMI SIGNORI CARDINALI PRESENTI IN ROMA Sala Clementina Venerdì, 22 aprile 2005



Venerati Fratelli Cardinali!

1. Vi incontro anche quest’oggi e vorrei farvi parte, in maniera semplice e fraterna, dello stato d’animo che sto vivendo in questi giorni. Alle intense emozioni provate in occasione della morte del mio venerato predecessore Giovanni Paolo II e poi durante il Conclave e soprattutto al suo epilogo si assommano un intimo bisogno di silenzio e due sentimenti tra loro complementari: un vivo desiderio del cuore di ringraziare e un senso di umana impotenza dinanzi all’alto compito che mi attende.

Innanzitutto la gratitudine. Sento, in primo luogo, di dover rendere grazie a Dio, che mi ha voluto, nonostante la mia umana fragilità, quale Successore dell’apostolo Pietro, e mi ha affidato il compito di reggere e guidare la Chiesa, perché sia nel mondo sacramento di unità per l’intero genere umano (cfr Lumen gentium LG 1). Ne siamo certi, è l’eterno Pastore a condurre con la forza del suo Spirito il suo gregge, ad esso assicurando, in ogni tempo, Pastori da Lui scelti. In questi giorni si è levata corale la preghiera del popolo cristiano per il nuovo Pontefice e davvero emozionante è stato il primo incontro con i fedeli, l’altro ieri sera, in Piazza San Pietro: a tutti, Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, giovani e anziani giunga il mio più sentito ringraziamento per questa loro spirituale solidarietà.

2. Un vivo ringraziamento sento di dover rivolgere a ciascuno di voi, venerati Fratelli, cominciando dal Signor Cardinale Angelo Sodano che, facendosi interprete dei comuni sentimenti, mi ha indirizzato poc’anzi affettuose espressioni e cordiali voti augurali. Con lui ringrazio il Signor Cardinale Camerlengo Eduardo Martínez Somalo, per il servizio generosamente reso in questa delicata fase di passaggio.

Desidero poi estendere la mia sincera riconoscenza a tutti i membri del Collegio Cardinalizio per l’attiva collaborazione da essi prestata alla gestione della Chiesa durante la Sede Vacante. Con particolare affetto vorrei salutare i Cardinali che, a motivo della loro età o per malattia, non hanno preso parte al Conclave. A ciascuno sono grato per l’esempio che hanno dato di disponibilità e di comunione fraterna, come pure per la loro intensa preghiera, espressioni entrambi di amore fedele alla Chiesa, sposa di Cristo.

Un grazie sentito non posso, inoltre, non rivolgere a quanti, con diverse mansioni, hanno cooperato all’organizzazione e allo svolgimento del Conclave, aiutando in molti modi i Cardinali a trascorrere nel modo più sicuro e tranquillo queste giornate cariche di responsabilità.

3. Venerati Fratelli, a voi il mio più personale ringraziamento per la fiducia che avete riposto in me eleggendomi Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale. E’ un atto di fiducia che costituisce un incoraggiamento a intraprendere questa nuova missione con più serenità, perché sono persuaso di poter contare, oltre che sull’indispensabile aiuto di Dio, anche sulla vostra generosa collaborazione. Vi prego, non fatemi mai mancare questo vostro sostegno! Se da una parte mi sono presenti i limiti della mia persona e delle mie capacità, dall’altra so bene qual è la natura della missione che mi è affidata e che mi accingo a svolgere con atteggiamento di interiore dedizione. Non si tratta qui di onori, bensì di servizio da svolgere con semplicità e disponibilità, imitando il nostro Maestro e Signore, che non venne per essere servito ma per servire (cfr Mt 20,28), e nell’Ultima Cena lavò i piedi degli apostoli comandando loro di fare altrettanto (cfr Jn 13,13-14). Non resta pertanto, a me e a tutti noi insieme, che accettare dalla Provvidenza la volontà di Dio e fare del nostro meglio per corrispondervi, aiutandoci gli uni gli altri nell’adempimento dei rispettivi compiti a servizio della Chiesa.

4. Mi è caro in questo momento riandare col pensiero ai venerati miei Predecessori, il beato Giovanni XXIII, i servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo I e specialmente Giovanni Paolo II, la cui testimonianza nei giorni scorsi, più che mai, ci ha sostenuto e la cui presenza continuiamo ad avvertire sempre viva. Il doloroso evento della sua morte, dopo un periodo di grandi prove e sofferenze, si è rivelato in realtà con caratteristiche pasquali, come egli aveva auspicato nel suo Testamento (24.II - 1.III.1980). La luce e la forza di Cristo risorto sono state irradiate nella Chiesa da quella sorta di “ultima Messa” che egli ha celebrato nella sua agonia, culminata nell’“Amen” di una vita interamente offerta, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, per la salvezza del mondo.

5. Venerati Fratelli! Ciascuno tornerà ora nella rispettiva Sede per riprendere il suo lavoro, ma spiritualmente resteremo uniti nella fede e nell’amore del Signore, nel vincolo della celebrazione eucaristica, nella preghiera insistente e nella condivisione del quotidiano ministero apostolico. La vostra spirituale vicinanza, i vostri illuminati consigli e la vostra fattiva cooperazione saranno per me un dono del quale vi sarò sempre riconoscente e uno stimolo a portare a compimento il mandato affidatomi con totale fedeltà e dedizione.

Alla Vergine Madre di Dio, che ha accompagnato con la sua silenziosa presenza i passi della Chiesa nascente e ha confortato la fede degli Apostoli, affido tutti noi e le attese, le speranze e le preoccupazioni dell’intera comunità dei cristiani. Sotto la materna protezione di Maria, Mater Ecclesiae, vi invito a camminare docili e obbedienti alla voce del suo divin Figlio e nostro Signore Gesù Cristo. Invocandone il costante patrocinio, imparto di cuore la Benedizione Apostolica a ognuno di voi e a quanti la Provvidenza divina affida alle vostre cure pastorali.






AI RAPPRESENTANTI DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE SOCIALE Aula Paolo VI Sabato, 23 aprile 2005

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Illustri Signori, gentili Signore!

1. E’ con piacere che incontro e cordialmente saluto voi, giornalisti, fotografi, operatori televisivi e quanti, a vario titolo, appartenete al mondo della comunicazione. Grazie per la vostra visita e particolarmente per il servizio che avete reso in questi giorni alla Santa Sede e alla Chiesa cattolica. Un cordiale saluto rivolgo a Monsignor John Patrick Foley, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, e lo ringrazio per le parole che mi ha indirizzato a nome dei presenti.

Si può dire che, grazie al vostro lavoro, per diverse settimane l’attenzione del mondo intero è rimasta fissa sulla Basilica, sulla Piazza San Pietro e sul Palazzo Apostolico, all’interno del quale il mio Predecessore, l’indimenticabile Papa Giovanni Paolo II ha chiuso serenamente la sua terrena esistenza, e dove in seguito, nella Cappella Sistina, i Signori Cardinali hanno eletto me come suo Successore.

2. Questi eventi ecclesiali di storica importanza hanno avuto anche per vostro merito una copertura mondiale. So bene quanta fatica ciò ha comportato per voi, costretti a restare lontani dalla famiglia e dalle vostre case, lavorando con orari prolungati e in condizioni non sempre agevoli. Mi sono note la competenza e la dedizione con cui avete svolto questo non facile compito. Di tutto vorrei ringraziarvi a nome mio personale e specialmente dei cattolici che, vivendo in Paesi assai distanti da Roma, hanno potuto condividere questi momenti emozionanti di fede in tempo reale. Prodigi e straordinarie potenzialità dei mezzi moderni di comunicazione sociale!

Al promettente sviluppo di questi strumenti guardava già il Concilio Vaticano II. Ad essi, infatti, i Padri Conciliari vollero dedicare il primo dei loro documenti in cui si afferma che tali mezzi "per loro natura sono in grado di raggiungere e muovere non solo i singoli uomini, ma le stesse moltitudini e l’intera umanità" (Inter mirifica
IM 1). Dal 4 dicembre 1963, quando venne promulgato, il Decreto Inter mirifica ad oggi l’umanità ha conosciuto ed è tuttora testimone di una straordinaria rivoluzione mediatica, che ha investito ogni aspetto e ambito dell’umana esistenza.

3. Consapevole della sua missione e dell’importanza dei media, la Chiesa, specialmente a partire dal Concilio Vaticano II, ha cercato la collaborazione con il mondo della comunicazione sociale.

Grande artefice di questo dialogo aperto e sincero è stato senz’altro anche Giovanni Paolo II che con voi, operatori delle comunicazioni sociali, ha intrattenuto in oltre 26 anni di Pontificato costanti e fecondi rapporti. Ed è proprio ai responsabili delle comunicazioni sociali che egli ha voluto dedicare uno dei suoi ultimi documenti, la Lettera Apostolica dello scorso 24 gennaio nella quale ricorda che "la nostra è un’epoca di comunicazione globale, dove tanti momenti dell’esistenza umana si snodano attraverso processi mediatici, o perlomeno con essi devono confrontarsi" (Il rapido sviluppo, 3).

E’ mio desiderio proseguire questo fruttuoso dialogo, e condivido, in proposito, quanto ha osservato Giovanni Paolo II che cioè "il fenomeno attuale delle comunicazioni sociali spinge la Chiesa ad una sorta di revisione pastorale e culturale così da essere in grado da affrontare in modo adeguato il passaggio epocale che stiamo vivendo"(ibid., 8).

4. Perché gli strumenti di comunicazione sociale possano rendere un positivo servizio al bene comune, occorre l’apporto responsabile di tutti e di ciascuno. E’ necessaria una sempre migliore comprensione delle prospettive e delle responsabilità che il loro sviluppo comporta in ordine ai riflessi che di fatto si verificano sulla coscienza e sulla mentalità degli individui come sulla formazione della pubblica opinione. Non si può poi non porre in evidenza il bisogno di chiari riferimenti alla responsabilità etica di chi lavora in tale settore, specialmente per quanto riguarda la sincera ricerca della verità e la salvaguardia della centralità e della dignità della persona. Solo a queste condizioni i media possono rispondere al disegno di Dio che li ha posti a nostra disposizione "per scoprire, usare, far conoscere la verità, anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi, eredi del suo Regno eterno" (ibid., 14).

5. Illustri Signori, gentili Signore, vi ringrazio ancora per l’importante servizio che rendete alla società. A ciascuno giunga il mio cordiale apprezzamento con l’assicurazione d’un ricordo nella preghiera per tutte le vostre intenzioni. Estendo il mio saluto alle vostre famiglie e a quanti fanno parte delle vostre comunità di lavoro. Per intercessione della celeste Madre di Cristo, invoco abbondanti su ciascuno i doni di Dio, in pegno dei quali a tutti imparto la mia Benedizione.





INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DELLE CHIESE E COMUNITÀ CRISTIANE E DI ALTRE RELIGIONI NON CRISTIANE Sala Clementina Lunedì, 25 aprile 2005

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Con gioia accolgo voi, cari Delegati delle Chiese ortodosse, delle Chiese ortodosse orientali e delle Comunità ecclesiali d'Occidente, a pochi giorni dalla mia elezione. Particolarmente gradita è stata la vostra presenza ieri in Piazza San Pietro, dopo aver vissuto insieme i mesti momenti del congedo dal compianto Papa Giovanni Paolo II. Il tributo di simpatia e di affetto che avete espresso all'indimenticabile mio Predecessore è andato ben al di là di un semplice atto di cortesia ecclesiale. Molto cammino è stato fatto durante gli anni del suo Pontificato e la vostra partecipazione al lutto della Chiesa cattolica per la sua scomparsa ha mostrato quanto vera e grande sia la comune passione per 1’unità.

Nel salutarvi vorrei rendere grazie al Signore che ci ha benedetto con la sua misericordia ed ha infuso in noi una sincera disposizione a fare nostra la sua preghiera: ut unum sint. Egli ci ha reso così sempre più consapevoli dell'importanza di camminare verso la piena comunione. Con fraterna amicizia possiamo scambiarci i doni ricevuti dallo Spirito e si sentiamo spinti a incoraggiarci a vicenda perché annunciamo Cristo ed il suo messaggio al mondo, che oggi appare spesso turbato e inquieto, inconsapevole e indifferente.

Il nostro incontro odierno è particolarmente significativo. Permette innanzitutto al nuovo Vescovo di Roma, Pastore della Chiesa cattolica, di ripetere a tutti, con semplicità: Duc in altum! Andiamo avanti nella speranza. Sulle orme dei miei Predecessori, in particolare Paolo VI e Giovanni Paolo II, sento fortemente il bisogno di affermare di nuovo l'impegno irreversibile, preso dal Concilio Vaticano II e proseguito nel corso degli ultimi anni grazie anche all'azione del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. Il cammino verso la piena comunione voluta da Gesù per i suoi discepoli comporta, in una docilità concreta a quello che lo Spirito dice alle Chiese, coraggio, dolcezza, fermezza e speranza di conseguire l'obiettivo. Comporta prima di tutto la preghiera insistente e con un cuore solo, per ottenere dal Buon Pastore il dono dell'unità per il suo gregge.

Come non riconoscere con spirito di gratitudine verso Dio che il nostro incontro ha anche il significato di un dono già concesso? In effetti, Cristo, il Principe della Pace, ha agito in mezzo a noi, ha effuso a piene mani sentimenti di amicizia, ha attenuato i contrasti, ci ha insegnato a vivere con una maggiore attitudine al dialogo, in armonia con gli impegni propri di quanti portano il suo nome. La vostra presenza, cari Fratelli in Cristo, al di là di quello che ci divide e che getta delle ombre sulla nostra comunione piena e visibile, è un segno di condivisione e di sostegno per il Vescovo di Roma, che può contare su di voi per proseguire il cammino nella speranza e per crescere verso di Lui, che è il Capo, Cristo.

In così singolare occasione, che ci vede riuniti insieme proprio all’inizio del mio servizio ecclesiale accolto con timore e fiduciosa obbedienza al Signore, chiedo a voi tutti di dare insieme con me un esempio di quell’ecumenismo spirituale, che nella preghiera realizza senza ostacoli la nostra comunione.

Affido a tutti voi questi intenti e queste riflessioni con i miei più cordiali saluti affinché, attraverso le vostre persone, possano essere trasmessi alle vostre Chiese e Comunità ecclesiali.Mi rivolgo ora a voi, cari amici delle diverse tradizioni religiose, e vi ringrazio sinceramente per la vostra presenza nella solenne inaugurazione del mio Pontificato. Porgo cordiali e affettuosi saluti a tutti voi e a tutti coloro che appartengono alle religioni che voi rappresentate. Sono particolarmente grato per la presenza tra voi di membri della comunità musulmana, ed esprimo il mio apprezzamento per la crescita del dialogo tra musulmani e cristiani, a livello sia locale sia internazionale. Vi assicuro che la Chiesa vuole continuare a costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al fine di ricercare il bene autentico di ogni persona e della società nel suo insieme.

Il mondo nel quale viviamo è spesso segnato da conflitti, violenza e guerra, ma anela seriamente alla pace, una pace che è soprattutto un dono di Dio, una pace per la quale dobbiamo pregare incessantemente. Tuttavia, la pace è anche un dovere per il quale tutti i popoli si devono impegnare, soprattutto quelli che professano di appartenere a tradizioni religiose. I nostri sforzi per incontrarci e promuovere il dialogo sono un prezioso contributo per costruire la pace su solide fondamenta. Papa Giovanni Paolo II, il mio venerabile predecessore, all'inizio del nuovo Millennio ha scritto che "il nome dell'unico Dio deve diventare sempre di più, qual è, un nome di pace e un imperativo di pace" (Novo Millennio ineunte
NM 55). Pertanto è imperativo impegnarsi in un dialogo autentico e sincero, costruito sul rispetto della dignità di ogni persona umana, creata, come noi cristiani fermamente crediamo, a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,26-27).

All’inizio del mio Pontificato rivolgo a voi e a tutti i credenti delle tradizioni religiose che rappresentate, come pure a quanti ricercano con cuore sincero la Verità, un forte invito a diventare assieme artefici di pace, in un reciproco impegno di comprensione, di rispetto e di amore.

A tutti il mio cordiale saluto.





ALLE DELEGAZIONI E AI PELLEGRINI CONVENUTI DALLA GERMANIA PER L'ELEZIONE DEL SOMMO PONTEFICE Lunedì, 25 aprile 2005

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Cari Concittadini tedeschi,

Innanzitutto devo scusarmi per il ritardo. I tedeschi sono famosi per la loro puntualità. A quanto pare, sono già molto italianizzato. Abbiamo però avuto un incontro ecumenico con i rappresentanti dell'ecumenismo di tutto il mondo, di tutte le Chiese e comunità ecclesiali, con i rappresentanti delle altre religioni. È stato un incontro molto cordiale, e così è durato più a lungo. Ma ora finalmente: un cordiale benvenuto!

Ringrazio di cuore per gli auguri, le parole e i segni di affetto e di amicizia, che ho ricevuto in modo impressionante da ogni parte della Germania. All'inizio del mio cammino in un ministero al quale non avevo mai pensato e per il quale non mi sentivo adeguato, tutto questo mi dona grande forza e aiuto. Che Dio ve ne renda merito! Quando, lentamente, l'andamento delle votazioni mi ha fatto capire che, per così dire, la scure sarebbe caduta su di me, la mia testa ha incominciato a girare.

Ero convinto di aver svolto l'opera di tutta una vita e di poter sperare di finire i miei giorni in tranquillità. Con profonda convinzione ho detto al Signore: non farmi questo! Disponi di persone più giovani e migliori, che possono affrontare questo grande compito con tutt'altro slancio e tutt'altra forza. Allora sono rimasto molto toccato da una breve lettera scrittami da un confratello del collegio cardinalizio. Mi ha ricordato che in occasione della Messa per Giovanni Paolo II avevo incentrato l'Omelia, partendo dal Vangelo, sulla parola che il Signore disse a Pietro presso il lago di Genesaret: seguimi! Avevo spiegato come Karol Wojtyla aveva sempre ricevuto di nuovo questa chiamata dal Signore, e come sempre di nuovo aveva dovuto rinunciare a molto e dire semplicemente: sì, ti seguo, anche se mi conduci dove non avrei voluto. Il confratello mi ha scritto: Se il Signore ora dovesse dire a te "seguimi", allora ricorda ciò che hai predicato. Non rifiutarti! Sii obbediente come hai descritto il grande Papa, tornato alla casa del Padre. Questo mi ha colpito nel profondo. Le vie del Signore non sono comode, ma noi non siamo creati per la comodità, bensì per le cose grandi, per il bene.

Così alla fine non ho potuto fare altro che dire sì. Confido nel Signore, e confido in voi, cari amici. Un cristiano non è mai solo, ho detto ieri nell'Omelia. Ho espresso così la meravigliosa esperienza che tutti noi abbiamo vissuto nelle straordinarie quattro settimane appena trascorse. Alla morte del Papa, in mezzo a tutto il dolore, è emersa la Chiesa viva. È stato evidente che la Chiesa è una forza di unità, un segno per l'umanità. Quando le grandi emittenti radiotelevisive raccontavano ventiquattro ore su ventiquattro del ritorno alla casa del Padre del Papa, del dolore delle persone, dell'opera del grande defunto, rispondevano a una partecipazione che ha superato ogni attesa. Nel Papa è apparso loro un padre che donava sicurezza e fiducia. Che in qualche modo univa tutti tra loro. Si è visto che la Chiesa non è chiusa in se stessa e non esiste solo per se stessa, ma che è un punto luminoso per gli uomini. Si è visto che la Chiesa non è affatto vecchia e immobile. No, è giovane. E se guardiamo a questi giovani, che si sono raccolti intorno al Papa defunto e, da ultimo, intorno a Cristo, la cui causa il Papa ha fatto propria, allora si è vista una cosa non meno consolante: non è affatto vero che i giovani pensano soprattutto al consumo e al piacere. Non è vero che sono materialisti ed egoisti. È vero il contrario: i giovani vogliono cose grandi. Vogliono che l'ingiustizia venga arrestata. Vogliono che si superino le disuguaglianze e che tutti abbiano la loro parte dei beni della terra. Vogliono che gli oppressi ottengano la libertà. Vogliono cose grandi. Vogliono cose buone. E per questo i giovani sono - voi siete - di nuovo pienamente aperti a Cristo. Cristo non ci ha promesso una vita comoda. Chi vuole la comodità, con Lui ha sbagliato indirizzo. Egli ci mostra però la via verso le cose grandi, il bene, verso la vita umana autentica. Quando parla della croce che dobbiamo prendere su di noi, non si tratta di gusto del tormento o di pedante moralismo. È l'impulso dell'amore, che prende avvio da se stesso, che non si guarda attorno cercando se stesso, ma che apre la persona al servizio della verità, alla giustizia, al bene. Cristo ci mostra Dio, e con ciò la vera grandezza dell'uomo.

Con grato piacere vedo qui le delegazioni e i pellegrini della mia terra bavarese. Già in altre occasioni ho potuto dirvi quanto è importante per me il vostro fedele affetto, che perdura dai giorni in cui ho lasciato la mia amata Arcidiocesi di München und Freising alla volta del Vaticano per rispondere alla chiamata del mio venerato predecessore Papa Giovanni Paolo II, che oltre 23 anni fa mi ha nominato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. In tutti gli anni passati da allora sono sempre stato consapevole che la Baviera e Roma non solo dal punto di vista geografico non sono molto distanti: la Baviera e Roma sono da sempre stati due poli tra i quali è esistito un reciproco rapporto fecondo. Da Roma, per mezzo di commercianti, funzionari e soldati, il Vangelo è giunto fino al Danubio e al Lech. Salto ora molti eventi. Nel XVI e nel XVII secolo, poi, la Baviera ha reso una delle più belle testimonianze di fedeltà alla Chiesa cattolica. Ciò è testimoniato dal fecondo scambio di cultura e pietà tra la Baviera barocca e la Sede del Successore di Pietro. In epoca moderna è stata la Baviera a donare alla Chiesa universale un santo così amabile come il portinaio cappuccino Fratel Corrado da Parzam.

Cari Amici, non lasciamoci distogliere da questa generosità, da questo pellegrinaggio verso Cristo. Attendo con gioia Colonia, dove si incontreranno i giovani del mondo, o meglio: dove la gioventù del mondo terrà il suo incontro con Cristo. Camminiamo insieme, siamo uniti. Confido nel vostro aiuto. Chiedo la vostra indulgenza se commetto errori come ogni uomo, o se qualcosa di quello che il Papa deve dire e fare secondo la propria coscienza e secondo la coscienza della Chiesa resta incomprensibile. Chiedo la vostra fiducia. Se rimaniamo uniti, allora troviamo il giusto cammino. E preghiamo Maria, Madre del Signore, affinché ci faccia sentire il suo amore di donna e di madre, nel quale possiamo comprendere tutta la profondità del mistero di Cristo. Il Signore vi benedica tutti!





VISITA DEL SANTO PADRE A CASTEL GANDOLFO, Giovedì, 5 maggio 2005

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Sono venuto quest'oggi ad incontrarvi per la prima volta, cari amici di Castel Gandolfo. Grazie per la vostra presenza e per la vostra cordialità. Il motivo dell'odierna visita è di prendere contatto con il Palazzo apostolico e le Ville pontificie, dove a Dio piacendo è mia intenzione di trascorrere i mesi dell'estate, come facevano i miei venerati Predecessori. E' pertanto il primo di molti altri appuntamenti che spero di avere con voi in questa vostra bella cittadina.

Saluto il Segretario di Stato, Cardinale Angelo Sodano, il Pastore della Diocesi di Albano, Monsignor Marcello Semeraro, il Parroco di Castel Gandolfo con i sacerdoti che lo aiutano e l'intera comunità parrocchiale. Saluto poi il Direttore delle Ville Pontificie, Dottor Saverio Petrillo e coloro che vi lavorano e ne assicurano il quotidiano funzionamento. Saluto, infine, il Sindaco e il Consiglio comunale e, attraverso di loro, estendo il mio grato pensiero alla vostra città sempre accogliente con turisti e pellegrini. A tutti i Castellani vorrei far pervenire il mio più cordiale augurio di serenità e di pace.






ALLE NUOVE RECLUTE DELLA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA Venerdì, 6 maggio 2005

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Egregio signor Comandante,
Reverendo Cappellano,
Mie care guardie,
cari parenti e amici del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia!

Vi rivolgo un saluto di tutto cuore e un benvenuto nella casa del Papa! Fin dalle prime ore del mio Pontificato voi, Guardie Svizzere, siete state fedeli e disponibili. Accompagnate il Successore di Pietro "passo passo" e garantite in modo efficace la sua protezione, cosicché, libero da preoccupazioni circa la propria incolumità, possa svolgere il suo servizio per la salvezza degli uomini e per il bene dei popoli. Cari amici, sono davvero straordinariamente lieto del fatto che il tradizionale giuramento delle reclute proprio pochi giorni dopo l'inizio del mio Pontificato mi offra l'opportunità di rivolgere a voi tutti una parola di riconoscimento, di ringraziamento e di incoraggiamento. In questo momento siete miei ospiti qui nel Palazzo Apostolico, il "luogo di servizio" più importante per la Guardia Svizzera! Naturalmente rivolgo un saluto particolare alle reclute, che oggi vengono arruolate ufficialmente nel Corpo, e ai loro genitori, che sono giunti fin qui per manifestare la volontà di accompagnare i propri figli con il loro amore e la loro preghiera. Voi, cari genitori, affidate i vostri figli e le istanze delle vostre famiglie all'intercessione dei santi Apostoli Pietro e Paolo, così come a quella di molti altri santi. Ogni vero pellegrinaggio ci avvicina a Dio, la meta del nostro viaggio. Auguro di cuore a tutti voi, in questi giorni, un autentico approfondimento della vostra fede e della vostra vicinanza al Successore di Pietro, il Capo visibile della Chiesa universale. Che le celebrazioni liturgiche e molti buoni incontri vi aiutino!

Care Guardie Svizzere, il motivo del vostro impegno può essere stato diverso per ognuno di voi: dal gusto dell'avventura, passando per la voglia di fare qualcosa di veramente diverso, fino al nobile desiderio di servire la Chiesa e il Papa e dunque di approfondire la vostra fede venendo a Roma. Qualunque sia la ragione della vostra decisione, quel che importa ora, qui in Vaticano, è di viverne lo spirito, che può suscitare un vero vincolo spirituale fra voi. Questo spirito della Guardia Svizzera si nutre della gloriosa tradizione di quasi cinque secoli di vita di un piccolo esercito dai grandi ideali. Gli ideali, che danno vita a questo spirito senza il quale la Guardia Svizzera non potrebbe essere all'altezza della sua missione così importante, sono i seguenti: fermezza nella fede cattolica, modo cristiano di vivere convinto e convincente, fedeltà incrollabile e profondo amore per la Chiesa e per il Vicario di Cristo, coscienziosità e perseveranza nei compiti piccoli e grandi del servizio quotidiano, coraggio e umiltà, empatia e umanità.

Care Guardie Svizzere, la collaborazione che voi offrite al Successore di Pietro, Pastore della Chiesa universale, richiede l’alta professionalità dei moderni servizi di sicurezza, ma, al tempo stesso, riveste un’autentica e significativa dimensione ecclesiale. Nella persona del Papa voi servite la Chiesa intera; ponete al suo servizio il vostro slancio giovanile, la vostra vitalità e freschezza interiore. Guardandovi, cari amici, mi torna in mente quanto ho detto durante la celebrazione liturgica per l’Inizio del mio Pontificato: “La Chiesa è viva. E la Chiesa è giovane. Essa porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro”. Di ciò voi, care Guardie, potete e dovete essere esempio e vivente testimonianza. Sarà questo un modo di vivere la vocazione di cristiani, impegnati a rispecchiare nel comportamento d’ogni giorno la grandezza della vita nuova ricevuta nel Battesimo.

Care Guardie Svizzere, affidando voi, le vostre famiglie, i vostri amici e quanti sono giunti a Roma in occasione del giuramento all'intercessione della Santa Vergine e Madre di Dio Maria e ai vostri Patroni Martino e Sebastiano, così come al grande patrono della vostra bella patria che è al centro dell'Europa, san Nicola di Flüe, imparto la mia Benedizione Apostolica.





AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLO SRI LANKA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sabato, 7 maggio 2005

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Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. In questi primi giorni di Pontificato sono lieto di darvi il benvenuto, Pastori della Chiesa dello Sri Lanka, in occasione della vostra visita ad Limina apostolorum, la prima dalla mia elezione. Vi ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto a vostro nome il Vescovo Joseph Vianney Fernando, Presidente della vostra Conferenza Episcopale. Provenite da un continente che si distingue particolarmente per la ricchezza di culture, di lingue e di tradizioni (cfr Ecclesia in Asia ) e testimoniate la fede profonda del vostro popolo in Gesù Cristo, l'unico Redentore del mondo. Prego affinché il vostro pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo possa rinnovare il vostro impegno a servire e a proclamare Cristo con convinzione cosicché si accresca nel vostro popolo la conoscenza e l'amore di Colui che è venuto perché "abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (
Jn 10,10).

2. Lo scorso dicembre, come altre innumerevoli persone nel mondo, sono rimasto profondamente turbato nell'osservare gli effetti devastanti dello tsunami che ha mietuto un grande numero di vittime nel solo Sri Lanka e ha lasciato centinaia di migliaia di persone senza tetto. Vi prego di accettare il mio profondo cordoglio e quello dei cattolici di ogni luogo per tutti coloro che hanno dovuto sopportare tali terribili perdite. Nei volti di quelle persone private di tutto, non possiamo non riconoscere il volto sofferente di Cristo e, di fatto, è Lui che serviamo quando mostriamo amore e compassione per i bisognosi (cfr Mt 25,40).

La comunità cristiana ha il dovere particolare di prendersi cura dei bambini che hanno perso i genitori a causa della calamità naturale. Il Regno di Dio appartiene a questi più vulnerabili membri della società (cfr Mt 19,14), che troppo spesso vengono semplicemente dimenticati o sfruttati senza vergogna come soldati, forza lavoro o vittime innocenti del traffico di esseri umani. Non bisogna lesinare alcuno sforzo per esortare le autorità civili e la comunità internazionale a combattere questi abusi e a offrire ai bambini la tutela legale che giustamente meritano.

Anche nei momenti più bui della nostra vita, sappiamo che Dio non è mai assente. San Paolo ci ricorda che "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Rm 8,28) e ciò è stato reso evidente dalla generosità senza precedenti della risposta umanitaria allo tsunami. Desidero lodare tutti voi per il modo eccezionale con cui la Chiesa nello Sri Lanka ha lottato per soddisfare le esigenze materiali, morali, psicologiche e spirituali delle vittime. Possiamo riconoscere ulteriori segni della bontà di Dio nella cooperazione e nella collaborazione di così tanti diversi elementi della società uniti nello sforzo di recare aiuto. È stato rincuorante vedere membri di diverse religioni e di diversi gruppi etnici nello Sri Lanka e di tutta la comunità globale riunirsi per mostrare la propria solidarietà verso gli afflitti e riscoprire in tal modo i vincoli fraterni che li uniscono. Ho fiducia nel fatto che troverete altri modi per rendere ancora più fecondi i risultati di questa cooperazione, in particolare garantendo che gli aiuti siano offerti gratuitamente a tutti coloro che ne hanno bisogno.

3. La Chiesa nello Sri Lanka è giovane, un terzo della popolazione ha infatti meno di quindici anni, e ciò costituisce una grande speranza per il futuro. Quindi, l'educazione religiosa nelle scuole deve essere una priorità. Indipendentemente dalle difficoltà che incontrerete in questo settore, non lasciatevi dissuadere dallo svolgimento di questo vostro compito! Parimenti, i seminari richiedono un'attenzione particolare da parte dei Vescovi (Direttorio per il Ministero Pastorale dei Vescovi, 84-91) e vi esorto a essere sempre più vigili nel garantire ai vostri seminaristi una sana formazione spirituale e teologica. Devono essere ispirati a esercitare il loro futuro apostolato in modo da spingere altri a seguire Cristo. Più santi, più gioiosi e più entusiasti saranno nel loro ministero sacerdotale, più quest'ultimo sarà fecondo (cfr Lettera del Santo Padre Giovanni Paolo II ai sacerdoti per il Giovedì santo 2005, n. 7). È gratificante sapere che il vostro Paese è già benedetto da un buon numero di vocazioni al sacerdozio e prego affinché molti altri giovani riconoscano la chiamata di Dio a donarsi completamente per la salvezza del Regno e rispondano ad essa.

4. Per concludere le mie osservazioni con voi oggi, vi presento l'immagine dei discepoli lungo il cammino per Emmaus, recentemente tanto evocata dal mio amato predecessore per guidarci in questo Anno Eucaristico. Cristo stesso li accompagnò lungo il cammino. Aprì loro gli occhi sulla verità contenuta nelle Scritture, riaccese la loro speranza e si rivelò a loro nella frazione del pane (cfr Mane nobiscum Domine, n. 1). Egli vi accompagna anche mentre guidate il vostro popolo lungo il sentiero della sequela di Cristo. Rinnovate la vostra fiducia in Lui! Aprite a Lui il vostro cuore! Imploratelo, in unione con tutta la Chiesa nel mondo: "Mane nobiscum, Domine".

Affidando voi e i vostri sacerdoti, diaconi, religiosi e fedeli laici all'intercessione di Maria, Donna dell'Eucaristia, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica quale pegno di grazia e di forza nel suo Figlio, nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.








Discorsi 2005-13