Discorsi 2005-13 10906

PELLEGRINAGGIO AL SANTUARIO DEL VOLTO SANTO A MANOPPELLO Venerdì 1° settembre 2006

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Prima di fare l'ingresso nel Santuario, il Santo Padre ha salutato le migliaia di fedeli radunati all'esterno:

Cari fratelli e sorelle,

grazie per questo benvenuto così cordiale. Vedo come la Chiesa è una grande famiglia. Dove c'è il Papa la famiglia si riunisce in grande gioia. Per me è un segno della fede viva, della gioia che ci dà la fede, della comunione, della pace che crea la fede. E vi sono gratissimo per questo benvenuto. Così vedo tutta la bellezza di questa Regione d'Italia qui, sui vostri volti.

Un saluto particolare agli ammalati. Sappiamo che il Signore è particolarmente vicino a voi, vi aiuta, vi accompagna nelle vostre sofferenze. Siete nelle nostre preghiere. E pregate anche per noi.

Un saluto speciale ai giovani e ai bambini di Prima Comunione. Grazie per il vostro entusiasmo, per la vostra fede. Noi tutti, come dicono i Salmi, "cerchiamo il Volto del Signore". E questo è il senso anche di questa mia visita. Insieme cerchiamo di conoscere sempre meglio il volto del Signore e dal volto del Signore attingiamo questa forza di amore e di pace che ci mostra anche la strada della nostra vita.

Grazie e auguri a voi tutti!

***


Venerato Fratello nell’Episcopato,
cari fratelli e sorelle!

Desidero in primo luogo ringraziare il Signore per l’odierno incontro, semplice e familiare, in un luogo dove possiamo meditare sul mistero dell’amore divino contemplando un’icona del Volto Santo. A voi tutti qui presenti va il mio grazie più sentito per la vostra cordiale accoglienza e per l’impegno e la discrezione con cui avete favorito questo mio privato pellegrinaggio. Saluto e ringrazio in particolare il vostro Arcivescovo che si è fatto interprete dei comuni sentimenti. Grazie per i doni che mi avete offerto e che apprezzo molto proprio nella loro qualità di "segni", come li ha chiamati Mons. Forte. Sono segni, infatti, della comunione affettiva ed effettiva che lega il popolo di questa cara terra d’Abruzzo al Successore di Pietro. Un saluto speciale rivolgo a voi, sacerdoti, religiosi e religiose e seminaristi qui convenuti. Non essendo possibile incontrare l’intera Comunità diocesana, sono contento che a rappresentarla ci siate voi, persone già dedite al ministero presbiterale e alla vita consacrata o incamminate verso il sacerdozio. Persone che mi piace considerare innamorate di Cristo, attratte da Lui e impegnate a fare della propria esistenza una continua ricerca del suo Santo Volto. Un grato pensiero rivolgo infine alla comunità dei Padri Cappuccini, che ci ospita, e che da secoli si prende cura di questo santuario, meta di tanti pellegrini.

Mentre poc’anzi sostavo in preghiera, pensavo ai primi due Apostoli, che, sollecitati da Giovanni Battista, seguirono Gesù presso il fiume Giordano – come leggiamo all’inizio del Vangelo di Giovanni (cfr
Jn 1,35-37). L’evangelista narra che Gesù si voltò e domandò loro: "Che cercate?". Essi risposero: "Rabbi, dove abiti?". Ed egli: "Venite e vedrete" (cfr Jn 1,38-39). Quel giorno stesso i due che Lo seguirono fecero un’esperienza indimenticabile, che li portò a dire: "Abbiamo trovato il Messia" (Jn 1,41). Colui che poche ore prima consideravano un semplice "rabbi", aveva acquistato una identità ben precisa, quella del Cristo atteso da secoli. Ma, in realtà, quanta strada avevano ancora davanti a loro quei discepoli! Non potevano nemmeno immaginare quanto il mistero di Gesù di Nazaret potesse essere profondo; quanto il suo "volto" potesse rivelarsi insondabile, imperscrutabile. Tanto che, dopo aver vissuto insieme tre anni, Filippo, uno di loro, si sentirà dire nell’Ultima Cena: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?". E poi quelle parole che esprimono tutta la novità della rivelazione di Gesù: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Jn 14,9). Solo dopo la sua passione, quando lo incontreranno risorto, quando lo Spirito illuminerà le loro menti e i loro cuori, gli Apostoli comprenderanno il significato delle parole che Gesù aveva detto, e Lo riconosceranno come il Figlio di Dio, il Messia promesso per la redenzione del mondo. Diventeranno allora suoi messaggeri infaticabili, testimoni coraggiosi sino al martirio.

"Chi ha visto me ha visto il Padre". Sì, cari fratelli e sorelle, per "vedere Dio" bisogna conoscere Cristo e lasciarsi plasmare dal suo Spirito che guida i credenti "alla verità tutta intera" (cfr Jn 16,13). Chi incontra Gesù, chi si lascia da Lui attrarre ed è disposto a seguirlo sino al sacrificio della vita, sperimenta personalmente, come Egli ha fatto sulla croce, che solo il "chicco di grano" che cade nella terra e muore porta "molto frutto" (cfr Jn 12,24). Questa è la via di Cristo, la via dell’amore totale che vince la morte: chi la percorre e "odia la sua vita in questo mondo, la conserva per la vita eterna" (Jn 12,25). Vive cioè in Dio già su questa terra, attratto e trasformato dal fulgore del suo volto. Questa è l’esperienza dei veri amici di Dio, i santi, che hanno riconosciuto e amato nei fratelli, specialmente i più poveri e bisognosi, il volto di quel Dio a lungo contemplato con amore nella preghiera. Essi sono per noi incoraggianti esempi da imitare; ci assicurano che se percorriamo con fedeltà questa via, la via dell’amore, anche noi – come canta il Salmista – ci sazieremo della presenza di Dio (cfr Sal 16[17],15).

"Jesu... quam bonus te quaerentibus! - Quanto sei buono, Gesù, per chi ti cerca!": così avete cantato poco fa eseguendo l’antico inno "Jesu, dulcis memoria", che qualcuno attribuisce a San Bernardo. E’ un inno che acquista singolare eloquenza in questo santuario dedicato al Volto Santo e che richiama alla mente il Salmo 23(24): "Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe" (v. 6). Ma quale è "la generazione" che cerca il volto di Dio, quale generazione è degna di "salire il monte del Signore", di "stare nel suo luogo santo"? Spiega il salmista: sono coloro che hanno "mani innocenti e cuore puro", che non pronunciano menzogna, che non giurano a danno del loro prossimo (cfr vv. 3-4). Dunque, per entrare in comunione con Cristo e contemplarne il volto, per riconoscere il volto del Signore in quello dei fratelli e nelle vicende di ogni giorno, sono necessarie "mani innocenti e cuori puri". Mani innocenti, cioè esistenze illuminate dalla verità dell’amore che vince l’indifferenza, il dubbio, la menzogna e l’egoismo; ed inoltre sono necessari cuori puri, cuori rapiti dalla bellezza divina, come dice la piccola Teresa di Lisieux nella sua preghiera al Volto Santo, cuori che portano impresso il volto di Cristo.

Cari sacerdoti, se resta impressa in voi, pastori del gregge di Cristo, la santità del suo Volto, non abbiate timore, anche i fedeli affidati alle vostre cure ne saranno contagiati e trasformati. E voi, seminaristi, che vi preparate ad essere guide responsabili del popolo cristiano, non lasciatevi attrarre da null’altro che da Gesù e dal desiderio di servire la sua Chiesa. Altrettanto vorrei dire a voi, religiosi e religiose, perché ogni vostra attività sia un visibile riflesso della bontà e della misericordia divina. "Il tuo volto, Signore, io cerco": ricercare il volto di Gesù deve essere l’anelito di tutti noi cristiani; siamo infatti noi "la generazione" che in questo tempo cerca il suo volto, il volto del "Dio di Giacobbe". Se perseveriamo nel cercare il volto del Signore, al termine del nostro pellegrinaggio terreno sarà Lui, Gesù, il nostro eterno gaudio, la nostra ricompensa e gloria per sempre: "Sis Jesu nostrum gaudium, / qui es futurus praemium: / sit nostra in te gloria, / per cuncta semper saecula".

Questa è la certezza che ha animato i santi della vostra regione, tra i quali mi piace citare particolarmente Gabriele dell’Addolorata e Camillo de Lellis; a loro va il nostro ricordo riverente e la nostra preghiera. Ma un pensiero di speciale devozione rivolgiamo ora alla "Regina di tutti i santi", la Vergine Maria, che voi venerate in diversi santuari e cappelle sparsi nelle valli e sui monti abruzzesi. La Madonna, nel cui volto più che in ogni altra creatura si scorgono i lineamenti del Verbo incarnato, vegli sulle famiglie e sulle parrocchie, sulle città e sulle nazioni del mondo intero. Ci aiuti la Madre del Creatore a rispettare anche la natura, grande dono di Dio che qui possiamo ammirare guardando le stupende montagne che ci circondano. Questo dono, però, è sempre più esposto a seri rischi di degrado ambientale e va pertanto difeso e tutelato. Si tratta di un’urgenza che, come notava il vostro Arcivescovo, è opportunamente posta in evidenza dalla Giornata di riflessione e di preghiera per la salvaguardia del creato, che proprio oggi viene celebrata dalla Chiesa in Italia.

Cari fratelli e sorelle, mentre ancora una volta vi ringrazio per la vostra presenza, su tutti voi e sui vostri cari invoco la benedizione di Dio con l’antica formula biblica: "Vi benedica il Signore e vi protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di voi e vi sia propizio. Il Signore rivolga su di voi il suo volto e vi conceda pace" (cfr Nb 6,24-26). Amen!



AI MEMBRI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL CANADA-ONTARIO IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala del Concistoro del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo Venerdì, 8 settembre 2006

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Eminenza,
Cari Fratelli Vescovi,

1. "Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui" (
1Jn 4,16). Con affetto fraterno vi saluto di tutto cuore, Vescovi dell'Ontario, e ringrazio il Vescovo Smith per i sentimenti cordiali che ha espresso a vostro nome. Li ricambio e assicuro voi e quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale, delle mie preghiere e della mia sollecitudine. La vostra visita ad Limina Apostolorum al Successore di Pietro è un'occasione per affermare il vostro impegno a rendere Cristo sempre più visibile nella Chiesa e nella società, attraverso la testimonianza gioiosa del Vangelo che è Gesù Cristo stesso.

Le numerose esortazioni dell'evangelista Giovanni a dimorare nell'amore e nella verità di Cristo evocano un'immagine splendida di una dimora certa e sicura. Dio per primo ci ama (1Jn 4,10) e noi, spinti verso questo dono, troviamo un luogo per riposare nel quale possiamo "bere, sempre di nuovo, a quella prima, originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l'amore di Dio" (Deus caritas est ). San Giovanni fu anche spinto a esortare le sue comunità a restare in quell'amore perché già alcune di esse erano state indebolite da quelle dispute e da quelle distrazioni che possono portare a divisioni.

2. Cari Fratelli, le vostre comunità diocesane sono sfidate a far risuonare la viva affermazione di fede: "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi" (1Jn 4,16). Queste parole che esprimono in modo eloquente la fede quale adesione personale a Dio e il relativo consenso all'intera verità che Dio rivela (Cfr Dominus Iesus, n. 7), possono essere proclamate in modo credibile solo sulla scia di un incontro con Cristo. Mosso dal suo amore il credente si affida totalmente a Dio e così diviene un solo spirito con il Signore (cfr 1Co 6,17). Nell'Eucaristia questa unione si rafforza e si rinnova entrando nella dinamica del dono di sé di Cristo per condividere la vita divina: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me" (Jn 6,56 Cfr Deus caritas est ).

Il monito di san Giovanni resta tuttavia attuale. Nelle società sempre più secolarizzate, voi stessi ne fate esperienza, l'amore che nasce dal cuore di Dio per l'umanità può passare inosservato o anche essere rifiutato. Credendo che il sottrarsi a questa relazione costituisce, in un modo o nell'altro, una soluzione per la propria liberazione, l'uomo diviene di fatto estraneo a se stesso, poiché "in realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" (Gaudium et spes GS 22). Per il poco interesse che nutrono per l'amore che rivela la pienezza della verità dell'essere umano, molti uomini e donne continuano ad allontanarsi dalla dimora di Dio per vivere nel deserto dell'isolamento individuale, della frattura sociale e della perdita d'identità culturale.

3. In questa prospettiva, il compito fondamentale dell'evangelizzazione della cultura è la sfida di rendere visibile Dio nel volto umano di Gesù. Nell'aiutare gli individui a riconoscere e a vivere l'amore di Cristo, risveglierete in loro il desiderio di dimorare nella casa del Signore, abbracciando la vita della Chiesa. Questa è la nostra missione. Essa esprime la nostra natura ecclesiale e assicura che ogni iniziativa di evangelizzazione rafforza contemporaneamente l'identità cristiana. A questo proposito, dobbiamo riconoscere che qualsiasi riduzione del messaggio centrale di Gesù, ossia, del "Regno di Dio", a indefiniti discorsi di "valori del Regno" indebolisce l'identità cristiana e debilita il contributo ecclesiale alla rigenerazione della società. Quando il credere è concepito come "fare" e la testimonianza è posta in termini di "questioni", c'è urgente bisogno di riappropriarsi della gioia profonda e del timore reverenziale dei primi discepoli i cui cuori, alla presenza del Signore, "ardevano loro nel petto" spingendoli a "riferire ciò che era accaduto" (cfr Lc Lc 24,32 Lc 35).

Oggi, gli ostacoli alla diffusione del Regno di Cristo vengono vissuti nella maniera più drammatica, nella divisione fra Vangelo e cultura, con l'esclusione di Dio dalla sfera pubblica. Il Canada gode della giusta reputazione di Paese impegnato generosamente e concretamente per la giustizia e per la pace e c'è un clima affascinante di vitalità e di opportunità da cogliere nelle vostre città multiculturali.

Tuttavia, al contempo, certi valori staccati dalle loro radici morali e dal significato pieno che si trova in Cristo si sono sviluppati nei modi più allarmanti. Nel nome della "tolleranza" il vostro Paese ha dovuto sopportare la follia della ridefinizione del termine "consorte" e, in nome della "libertà di scelta" si confronta con l'eliminazione quotidiana di nascituri. Quando il disegno divino del Creatore viene ignorato si perde la verità della natura umana.

In seno alla comunità cristiana stessa esistono false dicotomie che sono particolarmente dannose quando i responsabili cristiani della vita civile sacrificano l'unità della fede e sanciscono la disintegrazione della ragione e i principi dell'etica naturale, arrendendosi a effimere tendenze sociali e alle domande fasulle dei sondaggi d'opinione. La democrazia riesce solo se si basa sulla verità e su una corretta comprensione della persona umana. L'impegno cattolico nella vita politica non può scendere a compromessi su questo principio, altrimenti la testimonianza cristiana dello splendore della verità nella sfera pubblica verrebbe ridotta al silenzio e si proclamerebbe l'autonomia dal sistema morale (Cfr Nota Dottrinale The Participation of Catholics in political Life, 2-3; 6). Nei vostri dibattiti con i politici e con i responsabili della vita civile vi incoraggio a dimostrare che la nostra fede cristiana, lungi dall'essere un ostacolo al dialogo, è un ponte, proprio perché unisce ragione e cultura.

4. Nel contesto dell'evangelizzazione della cultura, desidero menzionare la rete delle scuole cattoliche al centro della vita ecclesiale nella vostra provincia. La catechesi e l'educazione religiosa costituiscono un apostolato gravoso. Ringrazio e incoraggio i numerosi laici che, insieme ai religiosi, si adoperano per garantire che i vostri giovani apprezzino ogni giorno di più il dono della fede che hanno ricevuto. Più che mai ciò esige che la testimonianza, alimentata dalla preghiera, costituisca il contesto onnicomprensivo di ogni scuola cattolica. Gli insegnanti, in quanto testimoni, rispondono della speranza che nutre la loro vita (Cfr 1P 3,15) vivendo la verità che propongono ai loro scolari, sempre in riferimento a Colui che hanno incontrato e la cui certa bontà hanno preso a modello con gioia (Cfr Discorso in occasione dell'Incontro Ecclesiale Diocesano di Roma, 6 giugno 2005). Quindi, con sant'Agostino dicono: "Colui che parla e voi che ascoltate riconoscete voi stessi" (sant'Agostino, Discorsi, 23, 2).

Un ostacolo particolarmente insidioso all'educazione oggi, menzionato in ogni vostro resoconto, è la marcata presenza nella società di quel relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, considera come criterio definitivo solo il sé e i suoi desideri. In questo orizzonte relativistico l'eclissi dei sublimi scopi della vita si verifica con un abbassamento dei livelli di eccellenza, una timidezza di fronte alla categoria del bene e una ricerca instancabile e priva di senso di novità, ostentata come realizzazione della libertà. Queste tendenze dannose evidenziano la particolare urgenza dell'apostolato di "carità intellettuale" che sostiene l'unità essenziale della conoscenza, guida i giovani alla soddisfazione sublime di esercitare la propria libertà in relazione alla verità, e articola il rapporto fra la fede e tutti gli aspetti della famiglia e della vita civile. Introdotti a un amore per la verità, ho fiducia nel fatto che i giovani canadesi gradiranno esplorare la casa del Signore che illumina "ogni uomo" (Jn 1,9) e soddisfa ogni desiderio di umanità.

5. Cari Fratelli, con affetto e fraterna gratitudine vi offro queste riflessioni e vi incoraggio nella vostra proclamazione della Buona Novella di Gesù Cristo. Sperimentate il suo amore e in tal modo fate sì che la luce di Dio illumini il mondo! (Cfr Deus caritas est ). Invocando su di voi l'intercessione di Maria, Sede di Saggezza, imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica a voi e ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli laici delle vostre Diocesi.




VIAGGIO APOSTOLICO A MÜNCHEN, ALTÖTTING E REGENSBURG

(9-14 SETTEMBRE 2006)



CERIMONIA DI BENVENUTO Aeroporto Internazionale Franz Joseph Strauss, München Sabato, 9 settembre 2006

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Signor Presidente della Repubblica,
Signora Cancelliere e Signor Ministro Presidente,
Signori Cardinali, venerati Fratelli nell'Episcopato,
Illustri Signori, gentili Signore,
Cari compaesani!

Con viva emozione metto oggi, per la prima volta dopo la mia elevazione alla Cattedra di Pietro, il piede su Terra tedesca-bavarese. Torno nella mia Patria, tra la mia gente, col programma di visitare alcuni luoghi che hanno avuto un'importanza fondamentale nella mia vita. La ringrazio, Signor Presidente della Repubblica, per le espressioni di cordiale benvenuto che mi ha rivolto. In queste parole ho percepito l'eco fedele dei sentimenti dell'intero nostro popolo. Ringrazio la Signora Cancelliere, Dr. Angela Merkel, e il Signor Ministro Presidente, Dr. Edmund Stoiber, per la gentilezza con cui hanno voluto onorare il mio arrivo in terra tedesca e bavarese. Il mio saluto riconoscente si estende inoltre ai membri del Governo, alle Personalità ecclesiastiche, civili e militari qui convenute, come anche a tutti coloro che hanno voluto essere presenti per accogliermi in questa visita per me tanto importante.

In questo momento emergono nel mio animo molti ricordi degli anni passati a Monaco e Ratisbona: sono ricordi di persone e di vicende che hanno lasciato in me una traccia profonda. Consapevole di quanto ho ricevuto, sono qui innanzitutto per esprimere il vivo senso di riconoscenza che provo verso tutti coloro che hanno contribuito a formare la mia personalità nei decenni della mia vita. Ma sono qui anche come Successore dell'apostolo Pietro, per riaffermare e confermare i profondi legami che esistono tra la Sede di Roma e la Chiesa nella nostra Patria.

Sono legami che hanno una storia secolare, alimentata dalla ferma adesione ai valori della fede cristiana, una adesione della quale possono vantarsi in modo particolare proprio le regioni bavaresi. Ne danno testimonianza monumenti famosi, maestose cattedrali, statue e dipinti di grande valore artistico, opere letterarie, iniziative culturali e soprattutto tante vicende di singoli e di comunità nelle quali si rispecchiano le convinzioni cristiane delle generazioni che si sono succedute su questa Terra a me tanto cara. I rapporti della Baviera con la Santa Sede, pur con qualche momento di tensione, sono sempre stati improntati a rispettosa cordialità. Nelle ore decisive della sua storia, poi, il popolo bavarese ha sempre confermato la sua profonda devozione alla Cattedra di Pietro ed il fermo attaccamento alla fede cattolica. La Mariensäule, che s'innalza nella piazza centrale della nostra capitale Monaco, ne è eloquente testimonianza.

Il contesto sociale odierno è sotto molti aspetti diverso da quello del passato. Penso tuttavia che siamo tutti uniti nella speranza che le nuove generazioni restino fedeli al patrimonio spirituale che, attraverso tutte le crisi della storia, ha resistito. La mia visita alla Terra che mi ha dato i natali vuol essere anche un incoraggiamento in questo senso: la Baviera è una parte della Germania, appartenendo alla storia della Germania nei suoi alti e bassi, e può con buona ragione essere fiera delle tradizioni ereditate dal passato. Il mio augurio è che tutti i miei compatrioti nella Baviera e nell'intera Germania si facciano parte attiva nella trasmissione ai cittadini di domani dei valori fondamentali della fede cristiana, che ci sostiene tutti e che non divide, ma apre e avvicina le persone appartenenti a popoli, culture e religioni diverse. Ben volentieri avrei esteso la mia visita anche ad altre parti della Germania, per toccare tutte le varie Chiese locali, in particolare quelle alle quali mi legano personali ricordi. Molti sono stati i segni di affetto che ho ricevuto da tutte le parti e specialmente dalle Diocesi bavaresi in questo inizio di Pontificato e nel corso di tutti questi anni. Ciò mi rafforza di giorno in giorno. Per questo desidero cogliere questa occasione per esprimere a voi tutti la mia profonda gratitudine. Ho anche potuto leggere e seguire quanto è stato fatto in queste settimane e in questi mesi, quante persone hanno contribuito con tutte le loro forze, affinché questa visita sia bella. E ora rendiamo grazie al Signore che ci dona anche il cielo bavarese, perché questo noi non lo potevamo ordinare. Grazie! Che Dio vi ripaghi per tutto quello che è stato fatto dalle più diverse parti – avrò modo di tornarci ancora anche in altre occasioni – per garantire uno svolgimento sereno di questa visita e di questi giorni.

Oltre questo saluto a voi, cari compatrioti – vedo qui davanti a me le tappe del mio cammino, da Marktl e Tittmoning ad Aschau, Traunstein, Regensburg, e München – oltre che a voi desidero naturalmente rivolgere il mio saluto con grande affetto a tutti gli abitanti della Baviera e dell'intera Germania: non penso soltanto ai fedeli cattolici, ai quali la mia visita è in primo luogo diretta, ma anche agli aderenti alle altre Chiese e Comunità ecclesiali, in modo particolare ai cristiani evangelici e ortodossi. Lei, caro signor Presidente della Repubblica, con le sue parole ha interpretato i pensieri del mio cuore: anche se cinquecento anni non si possono semplicemente rimuovere in modo burocratico o per mezzo di discorsi intelligenti, ci impegneremo col cuore e con la ragione a convergere gli uni verso gli altri.

Saluto infine i seguaci di altre religioni e tutte le persone di buona volontà che hanno a cuore la pace e la serenità del Paese e del mondo. Voglia il Signore benedire gli sforzi di tutti in vista dell'edificazione di un futuro di autentico benessere e basato su quella giustizia che crea la pace. Affido questi voti alla Vergine Maria, venerata in questa nostra Terra col titolo di Patrona Bavariae. Lo faccio con le parole classiche di Jakob Balde, iscritte qui ai piedi della Mariensäule: Rem regem regimen regionem religionem conserva Bavaris, Virgo Patrona, tuis! - Conserva ai tuoi Bavaresi, o Vergine Patrona, i beni, o come si dice in dialetto “la roba”, l'autorità politica, il Paese, la religione!

A tutti i presenti un cordiale "Grüß Gott!"




DAVANTI ALLA MARIENSÄULE Marienplatz, München Sabato, 9 settembre 2006

9196

Signora Cancelliere e Signor Ministro Presidente,
Cari Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Illustri Signori, gentili Signore,
Cari fratelli e sorelle!

È per me motivo di particolare emozione trovarmi di nuovo in questa bellissima piazza ai piedi della Mariensäule – un luogo, come è stato detto, che già altre due volte è stato testimone di svolte decisive nella mia vita. Qui, come si è detto, trent’anni fa, i fedeli mi accolsero con grande cordialità, ed io affidai alla Madonna il cammino che avrei dovuto percorrere, poiché il passaggio dalla cattedra universitaria al servizio di Arcivescovo di Monaco e Frisinga era un salto enorme, e soltanto con una tale protezione e con l’amore percettibile degli abitanti di Monaco e della Baviera potevo osare di assumere quel ministero succedendo al Cardinale Döpfner. Poi, di nuovo, nel 1982: Qui mi sono congedato; e allora c’era presente l’Arcivescovo della Congregazione per la Dottrina della Fede, Hamer, successivamente Cardinale, ed egli disse: “Gli abitanti di Monaco sono come i napoletani, vogliono toccare l’Arcivescovo e gli vogliono bene”. Si è proprio meravigliato di vedere qui a Monaco tanta cordialità, di poter conoscere il cuore bavarese in questo luogo, in cui io, ancora una volta, mi sono affidato alla Madonna.

La ringrazio, illustre e caro Signor Ministro Presidente, per il cordiale indirizzo di benvenuto che mi ha rivolto in nome del Governo e del popolo bavarese. Ringrazio di tutto cuore anche il mio caro successore come Pastore dell'Arcidiocesi di München-Freising, il Signor Cardinale Friedrich Wetter, per le parole calorose con cui qui mi ha salutato. Saluto la Signora Cancelliere, Dr. Angela Merkel, e tutte le Personalità politiche, civili e militari che hanno voluto partecipare a questo incontro di benvenuto e di preghiera. Un particolare saluto desidero riservare ai sacerdoti, specialmente a coloro con cui, come sacerdote e come Vescovo, ho potuto collaborare nella mia Diocesi d'origine, München-Freising. Ma tutti voi, cari compatrioti convenuti in questa piazza, vorrei salutare con grande cordialità e gratitudine. Vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza bavarese, e ringrazio, come ho già fatto all’aeroporto, tutti coloro che hanno collaborato alla preparazione della visita e ora si adoperano affinché tutto possa svolgersi così bene.

Forse mi permettete di tornare in questa occasione su un pensiero che, nelle mie brevi memorie, ho sviluppato nel contesto della mia nomina ad Arcivescovo di Monaco e Frisinga. Dovevo divenire successore di san Corbiniano e lo sono diventato. Della sua leggenda mi ha affascinato fin dalla mia infanzia la storia, secondo la quale un orso avrebbe sbranato l’animale da sella del santo, durante il suo viaggio sulle Alpi. Corbiniano lo rimproverò duramente e, come punizione, gli mise sul dorso tutto il suo bagaglio affinché lo portasse fino a Roma. Così l'orso, caricato col fardello del santo, dovette camminare fino a Roma, e solo lì da Corbiniano fu lasciato libero di andarsene.

Quando, nel 1977, mi trovai davanti alla difficile scelta di accettare o no la nomina ad Arcivescovo di Monaco e Frisinga che mi avrebbe strappato alla mia consueta attività universitaria portandomi verso nuovi compiti e nuove responsabilità, riflettei molto. E proprio allora mi ricordai di questo orso e dell’interpretazione dei versetti 22 e 23 del Salmo 72 [73] che sant'Agostino, in una situazione molto simile alla mia nel contesto della sua ordinazione sacerdotale ed episcopale ha sviluppato e, in seguito, espresso nei suoi sermoni sui Salmi. In questo Salmo, il salmista si chiede perché spesso ai malvagi di questo mondo le cose vanno tanto bene e perché, invece, a molte persone buone le cose vanno così male. E allora il Salmista dice: ero stolto per come la pensavo; davanti a te stavo come una bestia, ma poi sono entrato nel santuario e ho compreso che proprio nelle mie difficoltà ero molto vicino a te e che tu eri sempre con me. Agostino, con amore, ha ripreso spesso questo Salmo e, vedendo nell’espressione “davanti a te stavo come una bestia” (iumentum in latino) un riferimento all'animale da tiro che allora veniva usato in Nordafrica per lavorare la terra, ha riconosciuto in questo “iumentum” se stesso come bestia da tiro di Dio, vi si è visto come uno che sta sotto il peso del suo incarico, la "sarcina episcopalis". Aveva scelto la vita dell'uomo di studio e, come dice in seguito, Dio lo aveva chiamato a fare "l'animale da tiro", il bravo bue che tira l'aratro nel campo di Dio, che fa il lavoro pesante, che gli viene assegnato. Ma poi riconosce: come l’animale da tiro è molto vicino al contadino, sotto la cui guida lavora, così io sono vicinissimo a Dio, perché così lo servo direttamente per l’edificazione del suo Regno, per la costruzione della Chiesa.

Sullo sfondo di questo pensiero del Vescovo di Ippona, l'orso di san Corbiniano mi incoraggia sempre di nuovo a compiere il mio servizio con gioia e fiducia – trent'anni fa come anche adesso nel mio nuovo incarico – dicendo giorno per giorno il mio "sì" a Dio: Sono divenuto per te come una bestia da soma, ma proprio così "io sono con te sempre" (Sal 72[73], 23). L'orso di san Corbiniano, a Roma, fu lasciato libero. Nel mio caso, il "Padrone" ha deciso diversamente. Mi trovo, dunque, di nuovo ai piedi della Mariensäule per implorare l'intercessione e la benedizione della Madre di Dio, non solo per la città di Monaco e per l’amata Baviera, ma per la Chiesa universale e per tutti gli uomini di buona volontà.





PREGHIERA DAVANTI ALLA MARIENSÄULE Marienplatz, München Sabato, 9 settembre 2006

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Santa Madre del Signore,

i nostri antenati, in un periodo di tribolazione, hanno eretto qui, nel cuore della città di Monaco, la tua immagine, per affidarTi la città e il Paese. Sulle vie del loro quotidiano volevano incontrarTi sempre di nuovo ed imparare da Te come vivere in modo giusto la loro umana esistenza; imparare da Te come poter trovare Dio e così trovare l'accordo tra di loro. Essi Ti hanno donato la corona e lo scettro, che allora erano i simboli della signoria sul Paese, perché sapevano che così il potere e il dominio sarebbero stati nelle mani giuste – nelle mani della Madre.

Il tuo Figlio, poco prima dell'ora del congedo, ha detto ai suoi discepoli: "Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti" (Mc 10,43s). Tu, nell'ora decisiva della tua vita hai detto: "Eccomi, sono la serva del Signore" (
Lc 1,38) e hai vissuto tutta la tua esistenza come servizio. Questo Tu continui a fare lungo i secoli della storia. Come una volta, a Cana, intercedesti silenziosamente e con discrezione per gli sposi, così fai sempre: Ti carichi di tutte le preoccupazioni degli uomini e le porti davanti al Signore, davanti al Figlio tuo. Il tuo potere è la bontà. Il tuo potere è il servire.

Insegna a noi – grandi e piccoli, dominatori e servitori – a vivere in questo modo la nostra responsabilità. Aiutaci a trovare la forza per la riconciliazione e per il perdono. Aiutaci a diventare pazienti ed umili, ma anche liberi e coraggiosi, come lo sei stata Tu nell'ora della Croce. Tu porti sulle tue braccia Gesù, il Bambino che benedice, il Bambino che pur è il Signore del mondo. In questo modo, portando Colui che benedice, sei diventata Tu stessa una benedizione. Benedici noi, questa città e questo Paese! Mostraci Gesù, il frutto benedetto del tuo seno! Prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte. Amen!






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