Discorsi 2005-13 18096

AL CARD. TARCISIO BERTONE, SEGRETARIO DI STATO RICEVUTO IN UDIENZA CON I FAMILIARI Castel Gandolfo Lunedì, 18 settembre 2006

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Eminenza,
cari amici,

sono felice di salutare qui ancora una volta pubblicamente il nuovo Segretario di Stato e tutta la sua famiglia. Ci siamo conosciuti quando Sua Eminenza era Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede. Mi ha aiutato moltissimo in alcuni difficili colloqui che abbiamo avuto nel 1988.

Quando poi il caro Mons. Bovone è passato alla Congregazione delle Cause dei Santi, si doveva cercare un nuovo Segretario per la Congregazione per la Dottrina della Fede. E non ho avuto bisogno di riflettere lungamente, perché i ricordi di quel lavoro comune erano così vivi che ho capito che il Signore mi aveva già indicato il successore. E sono seguiti anni bellissimi di collaborazione nella Dottrina della Fede. È stato sempre presente sant'Eusebio di Vercelli, non so se anche oggi c'è continuazione di questa presenza a custodire la fede. Abbiamo fatto quanto potevamo. Ho avuto la possibilità di vedere Vercelli e di conoscere quella bella Arcidiocesi. In quel tempo, venendo alla Congregazione, il Cardinale Bertone aveva "perso" la porpora che aveva avuto in Vercelli. Poi, andando a Genova, è ritornata la porpora ed ha avuto anche occasione di vedere le bellezze di Genova.

Poi si è avvicinato il tempo di offrire le dimissioni per alcuni Cardinali di Curia nati nel 1927. E così mi sono di nuovo ricordato degli anni comuni di lavoro e il Signore mi ha concesso questa grazia del "sì" di Sua Eminenza.

Con coraggio cominciamo insieme il nostro cammino. Sono felice di vedere che è appoggiato da una forte famiglia. Auguri a voi tutti!



AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO DEI NUOVI VESCOVI Sala degli Svizzeri, Castel Gandolfo Giovedì, 21 settembre 2006

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Cari Fratelli nell’Episcopato!

A ciascuno di voi il mio cordiale saluto. Lo rivolgo anzitutto al Signor Cardinale Giovanni Battista Re, il quale si è fatto interprete dei vostri sentimenti, e lo estendo con affetto a quanti hanno organizzato e coordinato questo vostro incontro. In questi giorni avete ascoltato l'esperienza di alcuni Capi Dicastero della Curia Romana e di Vescovi, che vi hanno aiutato a riflettere su taluni aspetti del ministero episcopale di grande importanza per i nostri tempi. Quest’oggi è il Papa che vi accoglie con gioia ed è lieto di condividere con voi i sentimenti e le attese che vivete in questi primi mesi del vostro ministero episcopale. Voi avrete certamente già fatto l'esperienza di come Gesù, il Buon Pastore, agisce nelle anime con la sua grazia. “Ti basta la mia grazia” (
2Co 12,9), si sentì rispondere l'apostolo Paolo quando chiese al Signore di risparmiargli le sofferenze. Questa medesima consapevolezza alimenti sempre la vostra fede, stimoli in voi la ricerca delle vie per giungere al cuore di tutti con quel sano ottimismo che dovete sempre irradiare attorno a voi.

Nell’Enciclica Deus caritas est ho osservato che i Vescovi hanno la prima responsabilità di edificare la Chiesa come famiglia di Dio e come luogo di aiuto vicendevole e di disponibilità (cfr n. 32). Per poter compiere questa missione avete ricevuto, con la consacrazione episcopale, tre peculiari uffici: il munus docendi, il munus sanctificandi ed il munus regendi, che nel loro insieme costituiscono il munus pascendi. In particolare, la finalità del munus regendi è la crescita nella comunione ecclesiale, cioè la costruzione di una comunità concorde nell'ascolto dell'insegnamento degli apostoli, nella frazione del pane, nelle preghiere e nell'unione fraterna (cfr Ac 2,42). Strettamente congiunto con gli uffici di insegnare e di santificare, quello di governare – il munus regendi appunto - costituisce per il Vescovo un autentico atto di amore verso Dio e verso il prossimo, che si esprime nella carità pastorale. Lo ha indicato autorevolmente il Concilio Vaticano II nella Costituzione Lumen gentium, proponendo ai Vescovi come modello Cristo, Buon Pastore, venuto non per essere servito ma per servire (cfr n. 27). Su questa scia la Lettera apostolica post-sinodale Pastores gregis invita il Vescovo ad ispirarsi costantemente all'icona evangelica della lavanda dei piedi (cfr n. 42). Solo Cristo, che è l'amore incarnato di Dio (cfr Deus caritas est ), può indicarci in modo autorevole come amare e servire la Chiesa.

Cari Fratelli, sull’esempio di Cristo ognuno di voi, nella cura quotidiana del gregge, si faccia “tutto a tutti” (cfr 1Co 9,22) proponendo la verità della fede, celebrando i sacramenti della nostra santificazione e testimoniando la carità del Signore. Accogliete con animo aperto coloro che bussano alla vostra porta: consigliateli, consolateli e sosteneteli nella via di Dio, cercando di condurre tutti a quell’unità nella fede e nell’amore di cui, per volontà del Signore, nelle vostre Diocesi dovete essere il visibile principio ed il fondamento (cfr Lumen gentium LG 23). Questa sollecitudine abbiate in primo luogo nei confronti dei sacerdoti. Agite sempre con loro come padri e fratelli maggiori che sanno ascoltare, accogliere, confortare e, quando necessario, anche correggere; ricercatene la collaborazione e siate loro vicini specialmente nei momenti significativi del loro ministero e della loro vita. Uguale sollecitudine cercate poi di rivolgere ai giovani che si preparano alla vita sacerdotale e religiosa.

In virtù dell’ufficio di governare (cfr Lumen gentium LG 27), il Vescovo è chiamato inoltre a giudicare e disciplinare la vita del Popolo di Dio affidato alle sue cure pastorali con leggi, indicazioni e suggerimenti, secondo quanto è previsto dalla disciplina universale della Chiesa. Questo diritto e dovere del Vescovo è quanto mai importante affinché la Comunità diocesana sia unita nel suo interno e proceda in profonda comunione di fede, di amore e di disciplina con il Vescovo di Roma e con tutta la Chiesa. Vi esorto, pertanto, cari Fratelli nell’Episcopato, ad essere custodi attenti di questa comunione ecclesiale e a promuoverla e difenderla vigilando costantemente sul gregge di cui siete costituiti Pastori. Si tratta di un atto di amore che richiede discernimento, coraggio apostolico e paziente bontà nel cercare di convincere e di coinvolgere, perché le vostre indicazioni siano accolte di buon animo ed eseguite con convinzione e prontezza. Con la docile obbedienza al Vescovo, ogni fedele contribuisce responsabilmente all’edificazione della Chiesa. Ciò sarà possibile se, consapevoli della vostra missione e delle vostre responsabilità, saprete alimentare in ognuno di essi il senso di appartenenza alla Chiesa e la gioia della comunione fraterna, coinvolgendo gli appositi organismi previsti dalla disciplina ecclesiale. Costruire la comunione ecclesiale sia il vostro impegno quotidiano.

La Lettera apostolica Pastores gregis ed il Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi insistono nell'indicare a ciascun Pastore che la sua autorità oggettiva deve essere sostenuta dall’autorevolezza della sua vita. La serenità nei rapporti, la finezza del tratto e la semplicità della vita sono doti che senza dubbio arricchiscono la personalità umana del Vescovo. Nella “Regola Pastorale”, San Gregorio Magno scrive che “il governo delle anime è l'arte delle arti” (n. 1). Arte che richiede la crescita costante delle virtù, tra le quali desidero ricordare quella della prudenza, definita da San Bernardo madre della fortezza. La prudenza vi renderà pazienti con voi stessi e con gli altri, coraggiosi e fermi nelle decisioni, misericordiosi e giusti, unicamente preoccupati della salvezza vostra e dei vostri fratelli “con timore e tremore” (Ph 2,12). Il dono totale di voi stessi, che la cura del gregge del Signore domanda, ha bisogno del supporto di un’intensa vita spirituale, alimentata da assidua preghiera personale e comunitaria. Un costante contatto con Dio caratterizzi pertanto le vostre giornate e accompagni ogni vostra attività. Vivere in intima unione con Cristo vi aiuterà a raggiungere quel necessario equilibrio tra il raccoglimento interiore e il necessario sforzo richiesto dalle molteplici occupazioni della vita, evitando di cadere in un attivismo esagerato. Il giorno della vostra consacrazione episcopale avete fatto la promessa di pregare senza mai stancarvi per il vostro popolo. Cari Fratelli, rimanete sempre fedeli a questo impegno che vi renderà capaci di esercitare in modo irreprensibile il vostro ministero pastorale. Mediante la preghiera, le porte del vostro cuore si aprono al progetto di Dio, che è progetto di amore a cui Egli vi ha chiamati unendovi più intimamente a Cristo con la grazia dell’Episcopato. Seguendo Lui, il Pastore e Vescovo delle vostre anime (cfr 1P 2,25), sarete spinti a tendere senza stancarvi alla santità, che è lo scopo fondamentale dell’esistenza di ogni cristiano.

Cari Fratelli, ringraziandovi per la vostra gradita visita, voglio assicurarvi del mio quotidiano ricordo al Signore per il vostro servizio ecclesiale, che affido alla Madonna Mater Ecclesiae. La sua protezione invoco su di voi, sulle vostre Diocesi e sul vostro ministero. Con questi sentimenti imparto a voi e a quanti vi stanno a cuore una speciale Benedizione Apostolica.



AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI Sala degli Svizzeri, Castel Gandolfo Venerdì, 22 settembre 2006

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Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Oggi ho la gioia di incontrarvi per la prima volta, cari membri e consultori del Pontificio Consiglio per i Laici, riuniti per l’Assemblea Plenaria. Il vostro Pontificio Consiglio ha la peculiarità di annoverare tra i suoi membri e consultori, accanto a Cardinali, Vescovi, sacerdoti e religiosi, una maggioranza di fedeli laici, provenienti da diversi continenti e Paesi e dalle più varie esperienze apostoliche. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio per il servizio che prestate alla Sede di Pietro e alla Chiesa diffusa in ogni parte del mondo. Il mio saluto va in modo speciale al Presidente, l’Arcivescovo Stanislaw Rylko, che ringrazio per le gentili e devote parole, al Segretario, il Vescovo Josef Clemens, unitamente a quanti quotidianamente lavorano nel vostro Dicastero.

Durante gli anni del mio servizio alla Curia Romana avevo già avuto modo di rendermi conto della crescente importanza assunta dal Pontificio Consiglio per i Laici nella Chiesa; importanza che constato ancor più da quando il Signore mi ha chiamato a succedere al Servo di Dio Giovanni Paolo II nella guida dell’intero popolo cristiano, perché più direttamente mi è dato di vedere il lavoro che voi svolgete. Ho avuto occasione, infatti, di presiedere due incontri di indubbia rilevanza ecclesiale promossi dal vostro Dicastero: la Giornata Mondiale della Gioventù, tenutasi a Colonia nel mese di agosto dello scorso anno e l'Incontro svoltosi in Piazza San Pietro, alla Vigilia di Pentecoste di quest'anno, con la presenza di più di cento Movimenti ecclesiali e nuove Comunità. Penso poi al primo Congresso latino-americano dei Movimenti ecclesiali e delle nuove Comunità, che il vostro Pontificio Consiglio ha organizzato in collaborazione con il CELAM, a Bogotà dal 9 al 12 marzo 2006, in vista della V a Conferenza generale dell’Episcopato latino-americano.

Dopo aver esaminato nella precedente Assemblea plenaria la natura teologica e pastorale della comunità parrocchiale, state ora affrontando la questione da un punto di vista operativo, ricercando elementi utili per favorire un autentico rinnovamento parrocchiale. Tema infatti del vostro incontro è: “La parrocchia ritrovata. Percorsi di rinnovamento”. In effetti, l’aspetto teologico pastorale e quello operativo non possono essere dissociati, se si vuole accedere al mistero di comunione di cui la parrocchia è chiamata ad essere sempre di più segno e strumento di attuazione. L'evangelista Luca negli Atti degli Apostoli indica i criteri essenziali per una retta comprensione della natura della comunità cristiana, e quindi anche di ogni parrocchia, laddove descrive la prima comunità di Gerusalemme perseverante nell’ascolto dell'insegnamento degli Apostoli, nell'unione fraterna, nella “frazione del pane e nelle preghiere”, una comunità accogliente e solidale sino al punto di mettere tutto in comune (cfr 2,42; 4,32-35).

La parrocchia può rivivere questa esperienza e crescere nell’intesa e nella fraterna coesione se prega incessantemente e resta in ascolto della Parola di Dio, soprattutto se partecipa con fede alla celebrazione dell'Eucaristia presieduta dal sacerdote. Scriveva in proposito l’amato Giovanni Paolo II nella sua ultima Enciclica Ecclesia de Eucharistia: “La parrocchia è una comunità di battezzati che esprimono e affermano la loro identità soprattutto attraverso la celebrazione del Sacrificio eucaristico” (n. 32). L’auspicato rinnovamento della parrocchia, dunque, non può scaturire solo da pur utili ed opportune iniziative pastorali, né tanto meno da programmi elaborati a tavolino. Ispirandosi al modello apostolico, così come appare negli Atti degli Apostoli, la parrocchia “ritrova” se stessa nell’incontro con Cristo, specialmente nell’Eucaristia. Nutrita del pane eucaristico, essa cresce nella comunione cattolica, cammina in piena fedeltà al Magistero ed è sempre attenta ad accogliere e discernere i diversi carismi che il Signore suscita nel Popolo di Dio. Dall’unione costante con Cristo la parrocchia trae vigore per impegnarsi poi senza sosta nel servizio ai fratelli, particolarmente verso i poveri, per i quali rappresenta di fatto il primo referente.

Cari fratelli e sorelle, mentre vi esprimo vivo apprezzamento per l’attività di animazione e di servizio che svolgete, auspico di cuore che i lavori dell’Assemblea Plenaria contribuiscano a rendere i fedeli laici sempre più consapevoli della loro missione nella Chiesa, in particolare all’interno della comunità parrocchiale, che è una “famiglia” di famiglie cristiane. Assicuro per questo un costante ricordo nella preghiera e, mentre invoco su ciascuno la materna protezione di Maria, imparto volentieri a tutti voi, ai vostri familiari e alle comunità alle quali appartenete la mia Benedizione.



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL CIAD IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala del Concistoro, Castel Gandolfo Sabato, 23 settembre 2006


Cari Fratelli nell'Episcopato,

in questi giorni in cui compite la vostra Visita ad limina, sono lieto di accogliervi, voi che il Signore ha scelto per guidare il popolo di Dio nel Ciad. Il vostro pellegrinaggio a Roma vi porta a seguire le orme degli Apostoli Pietro e Paolo e vi permette di incontrare il Successore di Pietro e i suoi collaboratori per rafforzare la vostra comunione con la Chiesa universale. Auspico che questi giorni siano per voi l'occasione per fortificare il vostro ardore apostolico, affinché le vostre comunità ne ricevano nuovo slancio per essere luce che illumina e che conduce verso Colui che porta la salvezza. Ringrazio il vostro Presidente, Monsignor Jean-Claude Bouchard, Vescovo di Pala, per la sua presentazione delle realtà ecclesiali nel vostro Paese. Al ritorno alle vostre Diocesi, portate ai sacerdoti, ai consacrati, ai catechisti e a tutti i fedeli il mio saluto affettuoso e la sicurezza della mia vicinanza spirituale e anche del mio incoraggiamento per la loro vita cristiana.

Cari Fratelli nell'Episcopato, sull'esempio di Cristo, Buon Pastore, siete inviati per essere missionari della Buona Novella. Continuate a svolgere questo compito con fiducia e con coraggio! La santità della vostra vita farà di voi segni autentici dell'amore di Dio. Mediante la proclamazione del Vangelo, guidate le vostre comunità all'incontro con il Signore e aiutatele a rendere testimonianza della loro speranza, contribuendo alla creazione di una società più giusta, fondata sulla riconciliazione e sull'unità fra tutti. La regolare partecipazione dei fedeli ai sacramenti, in particolare all'Eucaristia, darà loro la forza di seguire Cristo, e proveranno allora il bisogno di condividere con i propri fratelli la gioia del loro incontro con il Signore. Come prolungamento del primo Congresso Eucaristico nazionale che le vostre Diocesi hanno celebrato a Moundou all'inizio di quest'anno, tutti avranno a cuore di approfondire la propria conoscenza di questo grande sacramento, al fine di farlo fruttificare nella loro vita. Inoltre, una salda formazione religiosa, fondata su forti convinzioni spirituali, permetterà ai fedeli di condurre un'esistenza conforme agli impegni del loro Battesimo e di rendere testimonianza dei valori cristiani nella società.

Desidero salutare con particolare affetto i vostri sacerdoti e incoraggiarli nella loro missione difficile ma esaltante di annunciare il Vangelo e di servire il Popolo di Dio. Come ho già avuto occasione di sottolineare, "essere sacerdote significa diventare amico di Gesù Cristo, e questo sempre di più con tutta la nostra esistenza" (Santa Messa del Crisma, 13 aprile 2006). Fin dalla loro formazione, i sacerdoti saranno dunque esortati a impegnarsi sempre più intimamente nell'amicizia che il Signore non cessa di proporre loro. Per garantire tale formazione nelle condizioni migliori, vi invito a vegliare attentamente sui vostri seminari, incoraggiando i formatori nel loro compito di discernimento delle vocazioni. L'amicizia con Cristo esige una ricerca costante e gioiosa di comunione di pensiero, di volontà e di azione con Lui, in un'obbedienza umile e fedele. Questa comunione si potrà realizzare nella misura in cui il sacerdote sarà un autentico uomo di preghiera. Cari Fratelli nell'Episcopato, prendetevi cura della vita spirituale dei vostri sacerdoti, incoraggiandoli a restare fedeli a una regola di vita sacerdotale che li aiuterà a conformare la loro esistenza alla chiamata ricevuta dal Signore.

Manifestate loro la vostra vicinanza fraterna nel ministero; nei momenti di prova e di incertezza, siate colui che conforta e corregge se necessario, invitandoli a restare con lo sguardo fisso su Cristo.

Fra le sfide pastorali da affrontare vi è l'urgenza di proclamare la verità integrale sul matrimonio e sulla famiglia. È in effetti fondamentale mostrare come l'istituzione del matrimonio contribuisca al vero sviluppo delle persone e della società, e permetta di assicurare la dignità, l'uguaglianza e l'autentica libertà dell'uomo e della donna, come anche la crescita umana e spirituale dei figli. "Creati l'un l'altro ad immagine di Dio, l'uomo e la donna, pur differenti, sono essenzialmente uguali dal punto di vista dell'umanità" (Ecclesia in Africa ). Una seria formazione dei giovani favorirà un rinnovamento della pastorale familiare e contribuirà a superare le difficoltà di ordine sociale, culturale o economico che, per molti fedeli, sono ostacoli al matrimonio cristiano. Pur preservando i valori fondamentali della famiglia africana, possano i giovani del vostro Paese accogliere nella loro vita la bellezza e la grandezza del matrimonio cristiano che, nella sua unicità, presuppone l'amore indissolubile e fedele dei coniugi!

L'azione caritativa, manifestazione dell'amore per il prossimo, radicata nell'amore di Dio, ha un posto importante nella pastorale delle vostre Diocesi. "Amore è pertanto il servizio che la Chiesa svolge per venire costantemente incontro alle sofferenze e ai bisogni, anche materiali, degli uomini" (Enciclica Deus caritas est ). La mia riconoscenza va a tutte le persone, in particolare alle religiose, che, nelle vostre Diocesi, esercitano un'attività caritativa al servizio dello sviluppo, dell'educazione e della salute, e anche dell'accoglienza dei rifugiati. Nel favorire un'autentica solidarietà con le persone bisognose, senza alcuna distinzione di origine, che esse non dimentichino la specificità ecclesiale delle loro attività e che rafforzino la loro consapevolezza di essere testimoni credibili di Cristo fra i loro fratelli e sorelle!

Il consolidamento della fraternità fra le diverse comunità che compongono la nazione è un obiettivo che esige l'impegno di tutti, al fine di mettere il Paese al riparo da scontri che non potrebbero che causare nuove violenze. Il riconoscimento della dignità di ognuno, dell'identità di ogni gruppo umano e religioso, e della sua libertà di praticare la propria religione, fa parte dei valori comuni di pace e di giustizia che devono essere promossi da tutti e nei quali i responsabili della società civile hanno un ruolo importante da svolgere.

Sono lieto di sapere che nel vostro Paese i rapporti fra cristiani e musulmani sono generalmente buoni, grazie soprattutto alla ricerca di una migliore conoscenza reciproca. Vi incoraggio dunque a proseguire la collaborazione in uno spirito di dialogo sincero e di rispetto reciproco, al fine di aiutare ognuno a condurre una vita conforme alla dignità ricevuta da Dio, per una solidarietà autentica e uno sviluppo armonioso della società.

Cari fratelli nell'Episcopato, affido il vostro Paese alla protezione materna di Nostra Signora, Regina dell'Africa. Che Ella interceda presso il Figlio per ottenere la pace e la giustizia in questo continente tanto provato! A voi tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica, che estendo ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli delle vostre Diocesi.



AI VESCOVI PARTECIPANTI AL CORSO DI AGGIORNAMENTO PROMOSSO DALLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI Sala degli Svizzeri, Castel Gandolfo Sabato, 23 settembre 2006

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Signor Cardinale,
cari Fratelli nell’Episcopato!

Sono lieto di potervi incontrare in occasione del Seminario di Aggiornamento organizzato dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e a ciascuno di voi rivolgo il mio più cordiale benvenuto. Saluto in primo luogo il Signor Cardinale Ivan Dias, Prefetto del Dicastero Missionario da appena qualche mese, e lo ringrazio per le amabili parole che mi ha rivolto anche a nome vostro. Saluto poi e ringrazio coloro che hanno prestato la loro collaborazione per la riuscita di questo corso formativo. Estendo il mio affettuoso pensiero alle vostre Comunità diocesane, giovani e cariche di entusiasmo, dove l’evangelizzazione mostra promettenti segni di sviluppo, benché talora il contesto sia duro e difficile. Questi giorni di fraterna convivenza vi sono certamente utili per la missione pastorale che al loro servizio, da poco tempo, vi è stata affidata dal Signore.

Siete chiamati ad essere Pastori fra popolazioni che in buona parte non conoscono ancora Gesù Cristo. Come primi responsabili dell’annuncio evangelico, dovete pertanto fare sforzi non indifferenti perché a tutti sia data la possibilità di accoglierlo. Voi avvertite sempre più l’esigenza di inculturare il Vangelo, di evangelizzare le culture e alimentare un dialogo sincero ed aperto con tutti, perché insieme si costruisca un’umanità più fraterna e solidale. Solo spinti dall’amore di Cristo è possibile portare a compimento questa fatica apostolica, che domanda l’ardore intrepido di chi per il Signore non teme nemmeno la persecuzione e la morte. Come non ricordare i numerosi sacerdoti, religiosi, religiose e laici che, nei secoli passati ed in questi nostri tempi, hanno sigillato nei Territori di missione con il sangue la loro fedeltà a Cristo e alla Chiesa? Nei giorni scorsi, al numero di questi eroici testimoni del Vangelo si è aggiunto il sacrificio di suor Leonella Sgorbati, missionaria della Consolata, barbaramente uccisa a Mogadiscio, in Somalia. Questo martirologio adorna, ieri come oggi, la storia della Chiesa e, pur nella sofferenza e nell’apprensione, mantiene viva nel nostro animo la fiducia d’una gloriosa fioritura di fede cristiana, poiché, come afferma Tertulliano, "il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani" .

A voi, Pastori del gregge di Dio, è affidato il mandato di custodire e trasmettere la fede in Cristo, consegnataci nella tradizione vivente della Chiesa e per la quale tanti hanno dato la loro vita. Per adempiere tale compito è essenziale che per primi voi siate "esempio in tutto di buona condotta, con purezza di dottrina, dignità, linguaggio sano e irreprensibile" (
Tt 2,7-8). "L'uomo contemporaneo – ebbe a scrivere il mio Predecessore di venerata memoria, il Servo di Dio Papa Paolo VI - ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni" (Evangelii nuntiandi EN 41). Ecco perché è doveroso che diate primaria importanza nel vostro ministero episcopale alla preghiera e alla incessante tensione verso la santità. E’ importante che vi preoccupiate di una seria formazione dei seminaristi e di un permanente aggiornamento dei sacerdoti e dei catechisti. Mantenere l’unità della fede nella diversità delle sue espressioni culturali è un altro prezioso servizio che vi è richiesto, cari Fratelli nell’Episcopato. Ciò esige che siate uniti al gregge, sull’esempio di Cristo Buon Pastore, e che il gregge cammini sempre unito a voi. Come sentinelle del Popolo di Dio, evitate con fermezza e coraggio le divisioni, specie quando sono dovute a motivi etnici e socio-culturali. Esse attentano infatti all’unità della fede e indeboliscono l’annuncio e la testimonianza del Vangelo di Cristo, che è venuto nel mondo per fare dell’intera umanità un popolo santo e una sola famiglia dove Dio è Padre di tutti.

E’ motivo di gioia e di consolazione costatare che in molte vostre Chiese si assiste ad una costante fioritura di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, dono meraviglioso di Dio da accogliere e promuovere con gratitudine e zelo. Sia vostra preoccupazione dotare i seminari di un numero sufficiente di formatori, scelti e preparati con cura, i quali siano anzitutto esempi e modelli per i seminaristi. Il seminario, voi lo sapete bene, è il cuore della Diocesi e proprio per questo il Vescovo lo segue personalmente. Dalla preparazione dei futuri sacerdoti e di tutti gli altri operatori della pastorale, in particolare dei catechisti, dipende l'avvenire delle vostre Comunità e quello della Chiesa universale.

Venerati e cari Fratelli, arricchiti da questo vostro soggiorno formativo a Roma, tra qualche giorno farete ritorno nelle vostre Diocesi. Io continuerò a sentirmi spiritualmente unito a voi e vi domando di assicurare del mio affetto e della mia vicinanza nella preghiera anche le vostre Comunità, sulle quali invoco la materna protezione di Maria Santissima, Stella dell’Evangelizzazione, e l’intercessione di san Pio da Pietrelcina, di cui oggi ricorre la memoria liturgica. Con tali sentimenti imparto la mia Benedizione a tutti voi, estendendola volentieri a quanti sono affidati alle vostre premure di Pastori, in particolare ai bambini, ai giovani e agli anziani, ai malati, ai poveri e ai sofferenti.



AD AMBASCIATORI DEI PAESI A MAGGIORANZA MUSULMANA ACCREDITATI PRESSO LA SANTA SEDE E AD ALCUNI ESPONENTI DELLE COMUNITÀ MUSULMANE IN ITALIA Lunedì, 25 settembre 2006

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Sala degli Svizzeri, Castel Gandolfo

Signor Cardinale,
Signore e Signori Ambasciatori,
cari amici musulmani,

sono lieto di accogliervi in quest’incontro da me auspicato per consolidare i legami di amicizia e di solidarietà tra la Santa Sede e le Comunità musulmane del mondo. Ringrazio il Signor Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, per le parole che mi ha rivolto, come pure tutti voi per aver risposto al mio invito.

Ben note sono le circostanze che hanno motivato questo nostro appuntamento, e su di esse ho già avuto occasione di intrattenermi durante la passata settimana. In questo particolare contesto, vorrei oggi ribadire tutta la stima e il profondo rispetto che nutro verso i credenti musulmani, ricordando quanto afferma in proposito il Concilio Vaticano II e che per la Chiesa Cattolica costituisce la Magna Charta del dialogo islamo - cristiano: " La Chiesa guarda con stima anche i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti anche nascosti di Dio, come si è sottomesso Abramo, al quale la fede islamica volentieri si riferisce" (Dichiarazione Nostra aetate
NAE 3). Ponendomi decisamente in questa prospettiva, fin dall’inizio del mio pontificato ho auspicato che si continuino a consolidare ponti di amicizia con i fedeli di tutte le religioni, con un particolare apprezzamento per la crescita del dialogo tra musulmani e cristiani (cfr Discorso ai Delegati delle altre Chiese e Comunità ecclesiali e di altre Tradizioni religiose, Oss. Rom. Rm 26 aprile 2005, pag. 4). Come ebbi a sottolineare a Colonia lo scorso anno, "il dialogo interreligioso e interculturale fra cristiani e musulmani non può ridursi a una scelta del momento Si tratta effettivamente di una necessità vitale, da cui dipende in gran parte il nostro futuro" (Discorso ai Rappresentanti di alcune comunità musulmane, Oss. Rom. Rm 22 – 23 agosto 2005, pag. 5). In un mondo segnato dal relativismo, e che troppo spesso esclude la trascendenza dall’universalità della ragione, abbiamo assolutamente bisogno d’un dialogo autentico tra le religioni e tra le culture, un dialogo in grado di aiutarci a superare insieme tutte le tensioni in uno spirito di proficua intesa. In continuità con l’opera intrapresa dal mio predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, auspico dunque vivamente che i rapporti ispirati a fiducia, che si sono instaurati da diversi anni fra cristiani e musulmani, non solo proseguano, ma si sviluppino in uno spirito di dialogo sincero e rispettoso, un dialogo fondato su una conoscenza reciproca sempre più autentica che, con gioia, riconosce i valori religiosi comuni e, con lealtà, prende atto e rispetta le differenze.

Il dialogo interreligioso e interculturale costituisce una necessità per costruire insieme il mondo di pace e di fraternità ardentemente auspicato da tutti gli uomini di buona volontà. In questo ambito, i nostri contemporanei attendono da noi un’ eloquente testimonianza in grado di indicare a tutti il valore della dimensione religiosa dell’esistenza. E’ pertanto necessario che, fedeli agli insegnamenti delle loro rispettive tradizioni religiose, cristiani e musulmani imparino a lavorare insieme, come già avviene in diverse comuni esperienze, per evitare ogni forma di intolleranza ed opporsi ad ogni manifestazione di violenza; è altresì doveroso che noi, Autorità religiose e Responsabili politici, li guidiamo ed incoraggiamo ad agire così. In effetti, ricorda ancora il Concilio, "sebbene, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorti tra cristiani e musulmani, il sacrosanto sinodo esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà" (Dichiarazione Nostra aetate NAE 3). Gli insegnamenti del passato non possono dunque non aiutarci a ricercare vie di riconciliazione perché, nel rispetto dell’identità e della libertà di ciascuno, diamo vita a una collaborazione ricca di frutti al servizio dell’intera umanità. Come il Papa Giovanni Paolo II affermava nel suo memorabile discorso ai giovani a Casablanca, in Marocco, " il rispetto e il dialogo richiedono la reciprocità in tutti i campi, soprattutto per quanto concerne le libertà fondamentali e più particolarmente la libertà religiosa. Essi favoriscono la pace e l’intesa tra i popoli" (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 2, 1985, pag. 501)

Cari amici, sono profondamente convinto che, nella situazione in cui si trova il mondo oggi, è un imperativo per i cristiani e i musulmani impegnarsi nell’affrontare insieme le numerose sfide con le quali si confronta l’umanità, specialmente per quanto riguarda la difesa e la promozione della dignità dell’essere umano e i diritti che ne derivano. Mentre crescono le minacce contro l’uomo e contro la pace, riaffermando la centralità della persona e lavorando senza stancarsi perché la vita umana sia sempre rispettata, cristiani e musulmani rendono manifesta la loro obbedienza al Creatore, la cui volontà è che tutti gli esseri umani vivano con quella dignità che Egli ha loro dato.

Cari amici, auspico di vero cuore che Dio misericordioso guidi i nostri passi sui sentieri d’una reciproca e sempre più vera comprensione. Nel momento in cui i musulmani iniziano l’itinerario spirituale del mese di Ramadam, rivolgo a tutti i miei cordiali voti augurali, auspicando che l’Onnipotente accordi loro un’esistenza serena e tranquilla. Che il Dio della pace colmi con l’abbondanza delle sue benedizioni voi e le comunità che rappresentate!





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