Discorsi 2005-13 25115

IN OCCASIONE DELL'INAUGURAZIONE DELL'ANNO ACCADEMICO DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Venerdì, 25 novembre 2005

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Magnifico Rettore,
Illustri Presidi e Professori,
Signori medici ed ausiliari,
Cari studenti!

Sono molto lieto di fare visita a questa sede romana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per inaugurare ufficialmente l’Anno Accademico 2005-2006. Il mio pensiero si porta in questo momento alle altre sedi dell’Ateneo: a quella centrale di Milano, presso la bella Basilica di Sant’Ambrogio, a quelle di Brescia, Piacenza-Cremona e Campobasso. Vorrei che in questo momento l’intera famiglia della "Cattolica" si sentisse unita, sotto gli occhi di Dio, all’inizio di un nuovo tratto di cammino nell’impegno scientifico e formativo. Sono spiritualmente qui con noi Padre Gemelli e tanti altri uomini e donne che con la loro dedizione illuminata hanno fatto la storia dell’Ateneo. Sentiamo vicini anche i Papi, a cominciare da Benedetto XV fino a Giovanni Paolo II, che hanno avuto sempre uno speciale legame con questa Università. La mia visita odierna, in effetti, si ricollega a quella che il mio venerato Predecessore compì cinque anni or sono, in questa stessa sede, per la medesima circostanza. Rivolgo un saluto cordiale al Cardinale Dionigi Tettamanzi, Presidente dell’Istituto Toniolo, e al Rettore Magnifico, Professor Lorenzo Ornaghi, ringraziando ambedue per le cortesi parole indirizzatemi a nome di tutti i presenti. Il mio saluto si estende con deferenza alle altre illustri personalità religiose e civili convenute, in particolare al senatore Emilio Colombo, che per ben 48 anni è stato membro del Comitato Permanente dell’Istituto Toniolo, presiedendolo poi dal 1986 al 2003. A lui va il mio vivo ringraziamento per quanto ha fatto al servizio dell’Università.

Trovandoci qui insieme, illustri e cari amici, non possiamo non pensare ai momenti carichi di trepidazione e di commozione che abbiamo vissuto durante gli ultimi ricoveri di Giovanni Paolo II in questo Policlinico. In quei giorni verso il "Gemelli" era rivolto da ogni parte del mondo il pensiero dei cattolici e non solo. Dalle sue stanze di ospedale il Papa ha impartito a tutti un insegnamento impareggiabile sul senso cristiano della vita e della sofferenza, testimoniando in prima persona la verità del messaggio cristiano. Desidero, pertanto, rinnovare l’espressione del grato apprezzamento mio e di innumerevoli persone per le cure premurose offerte al Santo Padre. Egli ottenga a ciascuno le celesti ricompense.

L’Università Cattolica del Sacro Cuore, nelle sue cinque sedi e quattordici Facoltà, conta oggi circa quarantamila studenti iscritti. Viene spontaneo pensare: quale responsabilità! Migliaia e migliaia di giovani passano dalle aule della "Cattolica". Come ne escono? Quale cultura hanno incontrato, assimilato, elaborato? Ecco la grande sfida, che riguarda in primo luogo il gruppo dirigente dell’Ateneo, il Corpo docente, e quindi gli stessi studenti: dar vita ad un’autentica Università cattolica, che eccella per la qualità della ricerca e dell’insegnamento e al tempo stesso per la fedeltà al Vangelo e al magistero della Chiesa. A tale proposito, è provvidenziale che l’Università Cattolica del Sacro Cuore sia strutturalmente legata alla Santa Sede attraverso l’Istituto Toniolo di Studi Superiori, il cui compito era ed è di garantire il perseguimento dei fini istituzionali dell’Ateneo dei cattolici italiani. Questa impostazione originaria, sempre confermata dai miei Predecessori, assicura in modo collegiale un saldo ancoraggio dell’Università alla Cattedra di Pietro e al patrimonio di valori lasciato in eredità dai Fondatori. A tutti i componenti di questa benemerita Istituzione vada il mio sentito ringraziamento.

Ritorniamo, pertanto, alla domanda: quale cultura? Mi rallegro che il Rettore, nel suo indirizzo introduttivo, abbia posto l’accento sulla "missione" originaria e sempre attuale dell’Università cattolica, quella cioè di fare ricerca scientifica e attività didattica secondo un coerente progetto culturale e formativo, al servizio delle nuove generazioni e dello sviluppo umano e cristiano della società. A questo proposito è ricchissimo il patrimonio di insegnamenti lasciato dal Papa Giovanni Paolo II, culminante nella Costituzione Apostolica Ex corde Ecclesiae, del 1990. Egli ha sempre dimostrato che il fatto di essere "cattolica" non mortifica in nulla l’Università, ma piuttosto la valorizza al massimo. Infatti, se missione fondamentale di ogni università è "la continua indagine della verità mediante la ricerca, la conservazione e la comunicazione del sapere per il bene della società" (ivi, n. 30), una comunità accademica cattolica si distingue per l’ispirazione cristiana dei singoli e della comunità stessa, per la luce di fede che illumina la riflessione, per la fedeltà al messaggio cristiano così come è presentato dalla Chiesa e per l’impegno istituzionale al servizio del popolo di Dio (cfr ivi, 13).

L’Università cattolica è perciò un grande laboratorio in cui, secondo le diverse discipline, si elaborano sempre nuovi percorsi di ricerca in un confronto stimolante tra fede e ragione che mira a ricuperare la sintesi armonica raggiunta da Tommaso d'Aquino e dagli altri grandi del pensiero cristiano, una sintesi contestata purtroppo da correnti importanti della filosofia moderna. La conseguenza di tale contestazione è stata che come criterio di razionalità è venuto affermandosi in modo sempre più esclusivo quello della dimostrabilità mediante l'esperimento. Le questioni fondamentali dell'uomo - come vivere e come morire - appaiono così escluse dall'ambito della razionalità e sono lasciate alla sfera della soggettività. Di conseguenza scompare, alla fine, la questione che ha dato origine all'università - la questione del vero e del bene – per essere sostituita dalla questione della fattibilità. Ecco allora la grande sfida delle Università cattoliche: fare scienza nell'orizzonte di una razionalità diversa da quella oggi ampiamente dominante, secondo una ragione aperta al trascendente, a Dio.

Ora, noi sappiamo che questo è possibile proprio alla luce della rivelazione di Cristo, che ha unito in sé Dio e uomo, eternità e tempo, spirito e materia. "In principio era il Verbo … E il Verbo si è fatto carne" (
Jn 1,1 Jn 1,14). Il Logos divino è all’origine dell’universo e in Cristo si è unito una volta per sempre all’umanità, al mondo e alla storia. Alla luce di questa capitale verità di fede e al tempo stesso di ragione è nuovamente possibile, nel 2000, coniugare fede e scienza. Su questa base, vorrei dire, si svolge il lavoro quotidiano di una Università cattolica. Non è un’avventura entusiasmante? Sì, lo è perché, muovendosi all’interno di questo orizzonte di senso, si scopre l’intrinseca unità che collega i diversi rami del sapere: la teologia, la filosofia, la medicina, l’economia, ogni disciplina, fino alle tecnologie più specializzate, perché tutto è collegato. Scegliere l’Università cattolica significa scegliere questa impostazione che, malgrado gli inevitabili limiti storici, qualifica la cultura dell’Europa, alla cui formazione, non per nulla, le Università nate "ex corde Ecclesiae" hanno dato un apporto fondamentale.

Pertanto, cari amici, con rinnovata passione per la verità e per l’uomo gettate le reti al largo, nell’alto mare del sapere, confidando nella parola di Cristo, anche quando succede di sperimentare la fatica e la delusione del non avere "pescato" nulla. Nel vasto mare della cultura Cristo ha sempre bisogno di "pescatori di uomini", cioè di persone di coscienza e ben preparate che mettano le loro competenze professionali al servizio del Regno di Dio. Anche il lavoro di ricerca all’interno dell’Università, se svolto in una prospettiva di fede, fa già parte di questo servizio al Regno e all’uomo! Penso a tutta la ricerca che si porta avanti nei molteplici Istituti dell’Università Cattolica: essa è destinata alla gloria di Dio e alla promozione spirituale e materiale dell’umanità. In questo momento, penso in particolare all’Istituto Scientifico che il vostro Ateneo volle offrire al Papa Giovanni Paolo II il 9 novembre 2000, in occasione della sua venuta in questa sede per inaugurare solennemente l’anno accademico. Mi preme affermare che l’"Istituto Scientifico Internazionale Paolo VI di ricerca sulla fertilità e infertilità umana per una procreazione responsabile" sta a cuore anche a me. Esso, infatti, per le sue finalità istituzionali si presenta come esempio eloquente di quella sintesi tra verità e amore che costituisce il centro vitale della cultura cattolica. L’Istituto, nato per rispondere all’appello lanciato dal Papa Paolo VI nell’Enciclica Humanae vitae, si propone di dare una base scientifica sicura sia alla regolazione naturale della fertilità umana che all’impegno di superare in modo naturale l’eventuale infertilità. Facendo mio il grato apprezzamento del mio venerato Predecessore per questa iniziativa scientifica, auspico che essa possa avere il necessario sostegno nella prosecuzione della sua importante attività di ricerca.

Illustri Professori e cari studenti, l’Anno Accademico che oggi inauguriamo è l’85° della storia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Le lezioni iniziarono, infatti, a Milano nel dicembre 1921, con cento matricole, nelle due facoltà di Scienze sociali e Filosofia. Mentre con voi rendo grazie al Signore per il lungo e fecondo cammino compiuto, vi esorto a rimanere fedeli allo spirito degli inizi, come agli Statuti che sono alla base di questa Istituzione. Potrete così realizzare una feconda e armonica sintesi tra l’identità cattolica e il pieno inserimento nel sistema universitario italiano, secondo il progetto di Giuseppe Toniolo e di Padre Agostino Gemelli. E’ questo l’augurio che rivolgo oggi a tutti voi: continuate a costruire giorno dopo giorno, con entusiasmo e con gioia, l’Università Cattolica del Sacro Cuore. E’ un impegno che accompagno con la mia preghiera e con una speciale Benedizione Apostolica.



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA POLONIA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sabato, 26 novembre 2005

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Sia lodato Gesù Cristo!

Vi do il mio cordiale benvenuto, cari Fratelli nel ministero episcopale. Sono lieto di potervi accogliere durante la presente visita ad limina Apostolorum.

Ho ascoltato con attenzione le vostre relazioni sulla vita della Chiesa nelle diocesi di cui siete responsabili. Vi ringrazio per la fatica che vi assumete ogni giorno come Pastori del gregge del Signore, animando con la vostra autorità apostolica il ministero pastorale dei presbiteri, la realizzazione dei carismi delle comunità religiose e lo sviluppo spirituale dei fedeli laici. Rendo grazie a Dio per ogni frutto che viene prodotto da questo comune cammino verso la casa del Padre, sulle orme di Cristo, alla luce e nella potenza dello Spirito Santo. La vostra presenza qui è segno del legame spirituale della Chiesa in Polonia con la Sede Apostolica e con il Successore di San Pietro. Ricordo con commozione la grande preghiera con cui i polacchi hanno accompagnato Giovanni Paolo II, durante tutto il pontificato e in modo particolare nei giorni del passaggio alla gloria del Signore. Sono grato di poter contare sullo stesso sostegno orante. È un dono che apprezzo molto e che chiedo continuamente.

1. L’educazione dei giovani

Durante i nostri colloqui molti temi sono stati trattati. Tra essi ho scelto per oggi la questione dell’educazione cristiana. È, infatti, uno dei più fondamentali compiti iscritti stabilmente nella missione salvifica della Chiesa e nel nostro servizio episcopale.

Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica Ecclesia in Europa sollecitava con ardore la Chiesa nel nostro continente a dedicare un’attenzione sempre maggiore all’educazione dei giovani alla fede (n° 61). Sappiamo che qui non si tratta soltanto della didattica, del perfezionamento dei metodi di trasmissione del sapere, ma si tratta di un’educazione basata sull’incontro diretto e personale con l’uomo, sulla testimonianza - cioè sull’autentica trasmissione della fede, della speranza e della carità e dei valori che da queste derivano, direttamente – da persona a persona. Si tratta dunque di un autentico incontro con un’altra persona, la quale va prima ascoltata e compresa. Giovanni Paolo II è stato per noi un modello perfetto di questo incontro con l’uomo.

Il fedele e fruttuoso compimento della missione dell’educazione dinanzi a cui la Chiesa si trova oggi, richiede un’adeguata valutazione della situazione dei giovani che sono oggetto di tale missione. In primo luogo, occorre vedere la loro situazione familiare, poiché la famiglia rimane la fondamentale culla della formazione della persona umana. Sono consapevole che le difficoltà economiche, l’indice di disoccupazione che si mantiene alto e la sollecitudine per garantire l’esistenza materiale incidono sulla forma di vita di numerose famiglie polacche. Non è possibile formare degli atteggiamenti veramente autentici, senza tener conto di questi problemi, di cui vive anche l’uomo giovane.

Bisogna anche vedere molti fenomeni positivi che sostengono ed aiutano l’educazione alla fede. Sono numerosissimi i giovani che manifestano una profonda sensibilità alle necessità altrui, specialmente a quelle dei poveri, degli ammalati, delle persone sole, disabili. Intraprendono perciò varie iniziative per portare aiuto ai bisognosi. Esiste anche un autentico interesse per le questioni di fede e di religione, il bisogno di stare con gli altri in gruppi organizzati e in quelli informali e il forte desiderio di fare esperienza di Dio. Ne è testimonianza la numerosa partecipazione dei giovani Polacchi agli esercizi spirituali, agli Incontri Europei dei Giovani o alle Giornate Mondiali della Gioventù. Tutto questo costituisce una buona base per la sollecitudine pastorale allo sviluppo spirituale della gioventù.

L’educazione alla fede deve consistere prima di tutto nello sviluppare ciò che nell’uomo è buono. Lo sviluppo del volontariato, ispirato dallo spirito del Vangelo, offre una grande occasione educativa. Varrebbe forse la pena creare dei gruppi giovanili della Caritas presso le parrocchie o presso le scuole. Nelle iniziative educative della Chiesa sarebbe anche opportuno venire incontro all’interesse nelle questioni di fede, intraprendendo ogni iniziativa che serva ad abituare i bambini e i giovani al gusto della preghiera. Una grande occasione sono gli esercizi spirituali, particolarmente quelli fatti nel completo silenzio, le giornate di ritiro per diversi gruppi, e anche le scuole di preghiera gestite in modo sistematico nelle parrocchie. Una magnifica occasione per questo sono gli esercizi spirituali nella scuola nel periodo dell’Avvento o della Quaresima. Occorre anche adoperarsi affinché sorgano dei centri di esercizi spirituali ed altri luoghi di preghiera e di raccoglimento, affinché effettivamente, senza badare al costo materiale, diventino centri di formazione spirituale accessibili a tutti coloro che cercano un più profondo contatto con Dio.

Tra le varie forme di preghiera, un posto particolare spetta alla Liturgia. In Polonia i giovani partecipano numerosi e attivamente alla S. Messa domenicale. Bisogna intensificare ancora gli sforzi affinché la sollecitudine dei sacerdoti per l’appropriata celebrazione della Liturgia, per la bellezza della parola, del gesto, della musica siano sempre più il segno leggibile del salvifico Mysterium che si compie in essa. Occorre anche che i giovani, mediante una partecipazione attiva alla preparazione della Liturgia, tramite il coinvolgimento nella Liturgia della Parola, nel servizio dell’Altare, o nella cornice musicale, vengano inseriti nell’azione liturgica. Allora si sentiranno partecipi del Mistero, che introduce nel mondo di Dio e contemporaneamente lo orienta verso il mondo delle persone attratte dallo stesso amore di Cristo.

Nel corso dei trent’anni passati, molti giovani si sono formati secondo questo orientamento nell’ambito dell’attività del movimento delle "oasi" chiamato "Luce e Vita". La spiritualità di questo movimento è incentrata sull’incontro con Dio nella Sacra Scrittura e nell’Eucaristia, perciò esso è profondamente legato alla parrocchia e alla sua vita liturgica. Cari Fratelli nell’episcopato, Vi prego di sostenere questo movimento come particolarmente efficace nell’opera dell’educazione alla fede, senza, naturalmente, trascurare gli altri movimenti.

So che durante l’ultima visita ad limina, Giovanni Paolo II vi esortava a far rinascere in Polonia l’Azione Cattolica insieme all’Associazione Cattolica dei Giovani. Tale compito è stato attuato a livello strutturale. Bisogna tuttavia fare di tutto affinché l’Azione Cattolica e l’Associazione Cattolica dei Giovani abbiano un programma sempre più trasparente e maturo e affinché venga elaborato il loro proprio profilo spirituale.

2. La collaborazione educativa con la famiglia e con gli ambienti dei laici

La formazione della giovane generazione è un compito che spetta ai genitori, alla Chiesa e allo Stato. Perciò, rispettando un’opportuna autonomia, è necessaria una strettissima collaborazione della Chiesa con la scuola, con gli atenei e con altre istituzioni laiche che si occupano dell’educazione della gioventù.

Grazie alle trasformazioni avvenute nel 1989 e a tutte le conseguenze da esse derivate, questa collaborazione acquistò nuove dimensioni. Sono stati elaborati: il Direttorio Polacco della Catechesi, le Basi Programmatiche della Catechesi e in alcuni centri in Polonia sono stati preparati dei programmi e dei libri di testo per l’insegnamento della religione. Questo pluralismo programmatico può, è vero, servire bene l’evangelizzazione e l’educazione religiosa nella scuola e nelle parrocchie, ma vale anche la pena di riflettere se la varietà dei programmi e dei libri di testo non renda difficile agli allievi il conseguimento di una conoscenza religiosa sistematica e ordinata.

Quanto all’insegnamento della religione e alla catechesi nella scuola, non si può tuttavia ridurre queste materie alla dimensione di religionologia o delle scienze di religione, anche se tale fosse l’attesa di alcuni ambienti. L’insegnamento della religione a scuola svolto dai docenti chierici e laici, sostenuto dalla testimonianza dei docenti credenti, deve conservare la sua autentica dimensione evangelica di trasmissione e di testimonianza di fede.

Voglio esprimervi il mio apprezzamento per aver intrapreso l’impegno della catechesi parrocchiale, la quale completa l’insegnamento della religione nella scuola. Di solito questa è la catechesi dei bambini e dei giovani che si preparano a ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Non deve tuttavia limitarsi a questi gruppi. Si tratta particolarmente di far sì che la gioventù che studia fuori dell’ambito della propria parrocchia, partecipi attivamente alla vita parrocchiale.

3. La catechesi degli adulti

La collaborazione all’opera dell’educazione da parte dei genitori e degli altri laici esige una preparazione personale e un continuo approfondimento della conoscenza religiosa, della spiritualità e della correzione degli atteggiamenti in base al Vangelo e al Magistero. Esorto dunque fervidamente Voi, Vescovi, intensificate gli sforzi per organizzare la catechesi degli adulti ove essa manchi e per sostenere gli ambienti, che già intraprendono un insegnamento di questo tipo. Tale catechesi dovrebbe basarsi sulla Scrittura e sul Magistero. Nel suo svolgimento può essere d’aiuto il Catechismo della Chiesa Cattolica, il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa oppure il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, recentemente pubblicato. Un particolare aiuto nella catechesi degli adulti può essere l’abbondante magistero del mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II. Durante i suoi numerosi pellegrinaggi in Polonia ha lasciato un ricco patrimonio della sapienza che scaturisce dalla fede, il quale – come sembra – non è stato finora del tutto assimilato. In questo contesto, come non ricordare le Encicliche, le Esortazioni, le Lettere e tanti altri interventi che costituiscono una fonte inesauribile della sapienza cristiana?

4. La pastorale universitaria

L’aumento del numero dei giovani che scelgono le scuole superiori con la maturità e di coloro che intraprendono gli studi universitari è una sfida nei riguardi dei pastori della Chiesa in Polonia per una continua ricerca di forme nuove della pastorale universitaria.

Dopo anni di mancanza di libertà, la Chiesa ha potuto istituire in Polonia nuove proprie università e facoltà teologiche, la maggior parte delle quali è entrata nelle strutture delle università statali. Nelle facoltà teologiche sono impegnati molti teologi insigni ed esperti. Il loro lavoro di ricerca basato sulla Rivelazione è la proposta della verità che Dio è Amore, che il mondo è Suo dono, che l’uomo non è soltanto padrone del mondo creato, ma è anche chiamato ad un mondo nuovo nel regno di Dio. Vi esorto, cari Fratelli nell’episcopato, a sostenere gli ambienti scientifici ecclesiali, a curare l’istruzione e lo sviluppo del personale appartenente al clero e al laicato e a provvedere per loro un’adeguata base materiale.

5. La pastorale del mondo della cultura e dei mezzi di comunicazione di massa

Il contributo della Chiesa nel processo dell’educazione si esprime anche nelle iniziative a favore della cultura. Nella sede dell’UNESCO a Parigi, Giovanni Paolo II disse: "La cultura è un modo specifico dell’"esistere" e dell’"essere" dell’uomo… La cultura è ciò mediante cui l’uomo in quanto uomo diviene maggiormente uomo… L’uomo, e soltanto l’uomo, è "autore", o "artefice" della cultura… si esprime in essa e trova in essa il suo proprio equilibrio" (02.06.1980).

Dalle generazioni precedenti la Polonia ha ricevuto un ricco patrimonio culturale basato sui valori cristiani. Con tale patrimonio entrò a far parte dell’Unione Europea. Di fronte ad un processo, che si sta intensificando, di secolarizzazione e di abbandono dei valori cristiani, la Polonia non deve perdere questo patrimonio. Al contrario, gli atteggiamenti negativi e le minacce alla cultura cristiana, visibili anche in Polonia, sono per la Chiesa una chiamata ad un ulteriore sforzo a favore di una costante evangelizzazione della cultura. Si tratta di impregnare le categorie del pensiero dei contenuti e dei valori del Vangelo, dei criteri, delle valutazioni e delle norme dell’umano comportamento sia nella dimensione individuale che in quella sociale.

Oggi nel mondo della cultura i mezzi di comunicazione di massa hanno un ruolo particolare. Si sa che essi non solo informano, ma anche formano lo spirito dei loro destinatari. Possono dunque costituire un prezioso strumento di evangelizzazione. Gli uomini della Chiesa, specialmente i cristiani laici, sono chiamati a promuovere in un raggio ancora maggiore i valori evangelici per mezzo della stampa, della radio, della televisione e dell’internet. Un importante compito dei Pastori della Chiesa è tuttavia la sollecitudine non soltanto per una preparazione professionale degli operatori dei mass media, ma anche per la loro formazione spirituale, umana o etica. Vi incoraggio, cari Fratelli nell’episcopato, a stabilire un benevolo contatto con gli ambienti dei giornalisti e di altri operatori dei media. Potrebbe essere opportuno organizzare per loro un apposito settore della pastorale.

Voglio anche affidare alla Vostra speciale cura, cari Fratelli, la questione dell’istituzione e dell’uso nell’opera di evangelizzazione della cultura, delle emittenti cattoliche di radio e televisione sia di carattere locale, regionale che nazionale. Esse possono svolgere un’opera preziosa per la nuova evangelizzazione e la diffusione dell’insegnamento sociale della Chiesa. Proclamino la verità di Dio, sensibilizzando il mondo attuale al patrimonio dei valori cristiani; il loro scopo principale sia l’avvicinamento a Cristo, la costruzione della comunità della Chiesa nello spirito della ricerca della verità, dell’amore, della giustizia e della pace, nel rispetto dell’autonomia della sfera politica. Sarà in ogni caso doveroso che, in quanto svolgono un’azione pastorale, abbiano rapporti aperti e fiduciosi con i Vescovi per la responsabilità che è ad essi propria in questo campo.

Non si può far a meno di menzionare la stampa cattolica nazionale, diocesana e parrocchiale, la quale contribuisce in grado enorme alla propagazione della cultura della verità, del bene e della bellezza. La sollecitudine per lo sviluppo della stampa cattolica significa non soltanto portarla a un livello superiore, ma riguarda anche l’estensione del suo raggio d’azione. Curino pertanto i responsabili di dare ad essa un alto profilo, degno della tradizione culturale cattolica della Polonia.

Conclusione

Al termine di questa riflessione e come conclusione desidero ricordare le parole del Concilio Vaticano II, il quale insegnava nella dichiarazione Gravissimum educationis: "Tutti i cristiani, in quanto rigenerati nell’acqua e nello Spirito Santo, son divenuti una nuova creatura, quindi sono di nome e di fatto figli di Dio, e hanno diritto alla educazione cristiana. Essa non comporta solo quella maturità propria dell’umana persona (…) ma tende soprattutto a far sì che i battezzati, iniziati gradualmente alla conoscenza del mistero della salvezza, prendano sempre maggiore coscienza del dono della fede. (…) Pertanto questo Santo Sinodo ricorda ai Pastori di anime il dovere gravissimo di provvedere a che tutti i fedeli ricevano questa educazione cristiana, specialmente i giovani che sono la speranza della Chiesa" (n° 2).

Questa esortazione è sempre attuale, può darsi che sia più impegnativa oggi, di fronte alle nuove sfide che vengono poste dai fenomeni sociali attuali. Formulo l’augurio che la luce dello Spirito Santo accompagni Voi, qui presenti e tutti i Vescovi polacchi nella perseverante realizzazione di essa.

Che la benedizione di Dio sostenga Voi e le vostre diocesi nell’opera della formazione delle menti e dei cuori umani. Dio vi sia propizio!



AL CARDINALE GABRIEL ZUBEIR WAKO, ARCIVESCOVO DI KHARTOUM (SUDAN) Lunedì, 28 Novembre 2005

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Eminenza,
Fratelli Vescovi,
Distinti visitatori,

È con grande soddisfazione che vi porgo il benvenuto in Vaticano e per vostro tramite invio sinceri saluti al popolo del vostro Paese. Apprezzo moltissimo i sentimenti che hanno suggerito la vostra visita e desidero assicurarvi delle mie preghiere e della mia profonda sollecitudine per lo sviluppo pacifico della vita civile ed ecclesiale della vostra nazione.

La fine della guerra civile e la promulgazione della Costituzione hanno recato speranza al popolo sofferente del Sudan.

Anche se si sono verificate alcune battute d'arresto lungo il cammino di riconciliazione, non ultima la morte tragica di John Garang, esistono ora un'opportunità senza precedenti e di fatto il dovere per la Chiesa di contribuire in maniera significativa al processo di perdono e di ricostruzione nazionale. Sebbene siano una minoranza, i cattolici possono contribuire molto attraverso il dialogo interreligioso e l'offerta di servizi sociali molto necessari. Vi incoraggio, dunque, a prendere le misure necessarie per realizzare la presenza taumaturgica di Cristo in questi modi.

L'orrore degli eventi del Darfur, a cui, in molte occasioni, ha fatto riferimento il mio amato predecessore Papa Giovanni Paolo II, sottolinea la necessità di una risoluzione più fortemente internazionale volta a garantire la sicurezza e i diritti umani fondamentali. Oggi, aggiungo la mia voce al grido di sofferenza e vi assicuro che la Santa Sede, insieme con il Nunzio Apostolico a Khartoum, continuerà a fare tutto il possibile per porre fine al ciclo di violenza e di miseria.

Cari amici, su di voi e su tutto il vostro popolo invoco le benedizioni divine di sapienza, fortezza e pace!




A S.E. IL SIGNOR ANTONI MORELL MORA AMBASCIATORE DEL PRINCIPATO DI ANDORRA PRESSO LA SANTA SEDE Giovedì, 1 dicembre 2005

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Signor Ambasciatore,

sono lieto di accogliere le Lettere che La accreditano come Ambasciatore presso la Santa Sede. Sia il benvenuto! La sua gradita visita mi offre l'opportunità di inviare un saluto cordiale all'intero Popolo andorrano, da sempre parte viva della Chiesa universale ed in comunione con il Successore di Pietro.

Uno sguardo alle belle vallate del suo Paese rende testimonianza di come la fede cristiana abbia trovato stabile dimora anche visibilmente fra quanti vi abitano. Come non ricordare che per centinaia d'anni sono state le parrocchie ad essere la struttura stessa del vostro autogoverno? Si può dire che, lungo la storia, la vita ecclesiale dei cittadini di Andorra ne abbia preservato l'identità e l'indipendenza, favorendo uno sviluppo armonioso del Principato, sfociato, nel 1993, nella prima Costituzione.

La Chiesa, perciò, ha sempre camminato insieme con il Popolo andorrano, instillandovi i valori della difesa della propria autentica peculiarità, affinché potesse entrare in rapporto con i Popoli vicini in pace, fedele al proprio motto costituzionale "virtus unita, fortior", in uno spirito di libertà, di uguaglianza, di giustizia, nella difesa dei diritti umani e della dignità della persona, come Ella ha voluto sottolineare. Gli stretti vincoli fra la Chiesa e il popolo costituiscono un motivo di vanto e di identità per quanti abitano nel Principato di Andorra.

La ricca tradizione cristiana lo inserisce nell'insieme dei popoli, che hanno trovato nel Vangelo molte delle fonti della propria cultura, della propria legislazione e delle proprie conquiste umane e morali. Andorra, perciò, non può fare a meno di quelle radici che traggono dalla Buona Novella nutrimento e vigore morale e civile. È mio fervido auspicio che l'eredità cristiana continui ad essere motivo ispiratore dell'intera comunità andorrana, per la promozione di un ordine sociale basato sui valori della giustizia, della verità, della libertà e dell'amore.

Pur nella reciproca indipendenza e sovranità, è giusto che Chiesa e Stato debbano trovare un linguaggio comune, il quale, attraverso rapporti cordiali e sinceri, favorisca il benessere spirituale e materiale delle persone verso le quali entrambi hanno degli obblighi, nel rispetto dei distinti reciproci ambiti secondo il metodo proprio di ciascuno. Per parte sua, la Chiesa, non avendo privilegi da difendere o vantaggi da chiedere, vuole lavorare sempre per il bene comune dell'intera umana famiglia, cercando, attraverso un dialogo strutturato con le Autorità civili, di contribuire al progresso di ogni popolo e di tutta l'umanità nella giustizia e nella pace (cfr Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 445). Le eventuali intese fra Chiesa e Stato, stipulate in piena libertà dalle parti contraenti, hanno lo scopo ultimo di favorire il concorde impegno nel servire il bene comune, senza altro intento se non quello di recare giovamento a tutti i cittadini.

Universale per sua natura, la Chiesa si situa al di sopra degli interessi particolaristici o regionali, per rivolgersi ad ogni popolo – piccolo o grande – affinché l'uomo, ogni uomo, sia riconosciuto nella sua dignità inviolabile. Nel dialogo con le autorità civili, la Chiesa "vuole semplicemente promuovere uno Stato umano: uno Stato che riconosca come suo primario dovere la difesa dei diritti fondamentali della persona umana, specialmente di quella più debole" (Evangelium vitae
EV 101). Una democrazia senza valori, infatti, si trasforma in tirannia del relativismo, in una perdita della propria identità e, a lungo andare, può degenerare in totalitarismo aperto o insidioso, come la storia ha più volte mostrato. In tale contesto, come non ricordare che il Popolo andorrano, fedele alle proprie tradizioni umane e spirituali, ha in grande considerazione il valore della famiglia, del matrimonio come l'ha voluto il Creatore, e la difesa della vita dal suo inizio sino al suo naturale compimento? Formulo l'auspicio che Andorra continui a preservare tale importante eredità, garanzia di autentico progresso.

Signor Ambasciatore, la sua presenza rende ancor più vicino al mio cuore un popolo per il quale la mia preghiera si eleva fervida e grata al Signore. Nel porgere il più cordiale augurio per l'alta missione affidataLe dal suo Paese, desidero assicurarLe la piena e leale collaborazione di quanti coadiuvano il Papa nell’espletare il ministero apostolico che Gli è proprio. In essi, Signor Ambasciatore, potrà trovare una valida controparte per quanto concerne le questioni bilaterali e, più in generale, una costante collaborazione per il perseguimento del bene comune nella Comunità internazionale. Mentre affido i Governanti e i concittadini di Andorra alla protezione della Virgen de Meritxell, celeste Patrona del Co-Principato, elevo la mia preghiera affinché assista Lei, le Autorità civili e quanti sono al servizio del Popolo di Andorra, sempre vicino al cuore del Papa, ed a tutti invio la mia Benedizione.




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