Discorsi 2005-13 12205

AGLI AMBASCIATORI IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA DELLE LETTERE CREDENZIALI Giovedì, 1° dicembre 2005

12205

Eccellenze,

È con piacere che vi ricevo in occasione della presentazione delle Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri rispettivi Paesi: la Tanzania, il Nepal, la Finlandia, Santa Lucia, El Salvador, la Danimarca, il Sud Africa, l'Algeria, l'Eritrea, il Togo e Andorra. Vi ringrazio per avermi trasmesso le cortesi parole dei vostri Capi di Stato e vi sarei grato se poteste esprimere loro i miei deferenti voti per le loro persone e per l'importante missione che svolgono al servizio del loro Paese. La vostra presenza mi dà altresì l'occasione di salutare i diversi Responsabili civili e religiosi delle vostre nazioni, e anche tutti i vostri concittadini, con un pensiero speciale per le comunità cattoliche.

Da tutte le parti del mondo giungono notizie riguardanti conflitti. Questa mattina desidero lanciare un nuovo appello affinché i Responsabili delle Nazioni e tutti gli uomini di buona volontà si diano la mano per far cessare la violenza, che sfigura l'umanità e ipoteca la crescita dei popoli e la speranza di numerose popolazioni. Senza l'impegno di tutti a far regnare la pace, a creare un clima di pacificazione e uno spirito di riconciliazione a tutti i livelli della vita sociale, a cominciare dall'ambito della famiglia, non sarà possibile procedere lungo la via di una società pacificata.

In questa prospettiva, per uno sviluppo sempre più armonioso dei popoli, è importante rivolgere un'attenzione particolare ai giovani, dando alle famiglie e alle diverse strutture educative i mezzi per formarli ed educarli, per trasmettere loro i valori spirituali, morali e sociali fondamentali, preparandoli così a un futuro migliore e a una autentica consapevolezza del loro ruolo nella società e degli atteggiamenti che devono adottare per servire il bene comune e per essere attenti a tutti. Questa è una delle vie più importanti affinché, a lungo termine, il mondo esca dall'ingranaggio della violenza.

Da parte sua la Chiesa cattolica, presente in tutti i continenti, non smette di offrire il suo contributo, sviluppando numerose opere educative e formando il senso religioso degli individui, il che non può che far crescere in ognuno il senso della fratellanza e della solidarietà.

Conosco l'interesse che attribuite a questo tema nella vostra missione di diplomatici, uno dei cui compiti fondamentali è quello di favorire il dialogo e i negoziati, e anche il progresso delle popolazioni. Formulo inoltre auspici affinché tutti gli uomini del nostro tempo s'impegnino a favore della pace e della riconciliazione in tutti i continenti, poiché non basta decidere la pace per ottenerla, ma occorre anche mettere tutto in atto sul piano concreto, a ogni livello della società, affinché possa regnare.

Al termine del nostro incontro, formulo i miei voti migliori per la vostra nuova missione, invocando su di voi, sulle vostre famiglie, sui vostri collaboratori e sui vostri Paesi l'abbondanza dei benefici divini.



AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE Giovedì, 1 dicembre 2005

13205
Reverendissimo Presidente,
Illustri Professori,
cari Collaboratori!

Sono lieto di accogliervi in questo incontro familiare che risveglia in me il ricordo di una collaborazione prolungata e profonda con non pochi di voi. Desidero innanzitutto esprimere un grazie sentito per le parole di omaggio rivoltemi dall’Arcivescovo Mons. Levada, che partecipa per la prima volta in qualità di Presidente ad una sessione della Commissione Teologica Internazionale. A lui porgo il mio augurio orante affinché la luce e la forza dello Spirito l’accompagnino nell’adempimento del compito che gli è stato affidato.

Con la Sessione Plenaria che in questi giorni si sta svolgendo, proseguono i lavori del settimo "quinquennio" della Commissione, iniziati l’anno scorso, quando ancora ne ero Presidente. Colgo volentieri l’occasione per incoraggiare ciascuno di voi a procedere nella riflessione sui temi scelti per lo studio nei prossimi anni. Il compianto Papa Giovanni Paolo II, nel ricevere i Membri il 7 ottobre dell’anno scorso, aveva rilevato la grande importanza di due temi che sono attualmente oggetto di studio: quello della sorte dei bambini morti senza battesimo nel contesto della volontà salvifica universale di Dio, della mediazione unica di Gesù Cristo e della sacramentalità della Chiesa, e quello della legge morale naturale. Quest’ultimo argomento è di speciale rilevanza per comprendere il fondamento dei diritti radicati nella natura della persona e, come tali, derivanti dalla volontà stessa di Dio creatore. Anteriori a qualsiasi legge positiva degli Stati, essi sono universali, inviolabili e inalienabili, e da tutti quindi devono essere riconosciuti come tali, specialmente dalle autorità civili, chiamate a promuoverne e garantirne il rispetto. Sebbene nella cultura odierna il concetto di "natura umana" sembri essersi smarrito, rimane il fatto che i diritti umani non sono comprensibili senza presupporre che l’uomo, nel suo stesso essere, sia portatore di valori e di norme da riscoprire e riaffermare, e non da inventare o imporre in modo soggettivo e arbitrario. In questo punto il dialogo col mondo laico è di grande importanza: deve apparire con evidenza, che la negazione di un fondamento ontologico dei valori essenziali della vita umana finisce inevitabilmente nel positivismo e fa dipendere il diritto dalle correnti di pensiero dominanti in una società, pervertendo così il diritto in uno strumento del potere invece di subordinare il potere al diritto.

Non di minore importanza è il terzo tema, determinato nel corso della Sessione Plenaria dell’anno passato, cioè lo statuto e il metodo della teologia cattolica. La teologia non può nascere se non dall’obbedienza all’impulso della verità e dell’amore che desidera conoscere sempre meglio colui che ama, in questo caso Dio stesso, la cui bontà abbiamo riconosciuto nell’atto di fede (cfr Donum veritatis, n. 7). Conosciamo Dio perché egli, nella sua infinita bontà, si è fatto conoscere, soprattutto nel suo Figlio Unigenito che si è fatto uomo per noi, è morto ed è risorto per la nostra salvezza.

La rivelazione di Cristo è di conseguenza il principio normativo fondamentale per la teologia. Essa si esercita sempre nella Chiesa e per la Chiesa, nella fedeltà alla Tradizione apostolica. Il lavoro del teologo deve, pertanto, svolgersi in comunione con il Magistero vivo della Chiesa e sotto la sua autorità. Considerare la teologia un affare privato del teologo significa misconoscerne la stessa natura. Soltanto all’interno della comunità ecclesiale, nella comunione con i legittimi Pastori della Chiesa, ha senso il lavoro teologico che richiede evidentemente la competenza scientifica, ma anche, e non meno, lo spirito di fede e l’umiltà di chi sa che il Dio vivo e vero, oggetto della sua riflessione, oltrepassa infinitamente le capacità umane. Soltanto con la preghiera e la contemplazione si può acquisire il senso di Dio e la docilità all’azione dello Spirito Santo, che renderanno la ricerca teologica feconda per il bene di tutta la Chiesa. Qui si potrebbe obiettare: ma una teologia così definita è ancora scienza, e in conformità con la nostra ragione? Sì – razionalità, scientificità è pensare nella comunione della Chiesa non solo non si escludono, ma vanno insieme. Lo Spirito Santo introduce la Chiesa nella pienezza della verità (cfr
Jn 16,13), la Chiesa è in servizio della verità e la sua guida è educazione alla verità.

Auspicando che le vostre giornate di studio siano animate dalla comunione fraterna nella ricerca della Verità che la Chiesa vuole annunciare a tutti gli uomini, supplico Maria Santissima, Sede della Sapienza, affinché guidi i vostri passi nella gioia e nella speranza cristiana. Con questi sentimenti, mentre rinnovo a voi tutti l’espressione della mia stima e della mia fiducia, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA POLONIA (II GRUPPO) IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sabato, 3 dicembre 2005

31205

Cari Fratelli nel ministero episcopale,

Do il mio cordiale benvenuto a tutti Voi. Sono lieto di poter ospitare il secondo gruppo di Vescovi polacchi qui giunti per la visita ad limina apostolorum.

1. La nuova evangelizzazione

Durante il suo primo pellegrinaggio in Polonia Giovanni Paolo II disse: "Dalla croce a Nowa Huta è cominciata la nuova evangelizzazione: l’evangelizzazione del secondo Millennio. Questa Chiesa lo testimonia e lo conferma. Essa è sorta da una viva consapevole fede, e bisogna che continui a servire la fede. L’evangelizzazione del nuovo millennio deve riferirsi alla dottrina del Concilio Vaticano II. Deve essere, come insegna questo Concilio, opera comune dei Vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici, opera dei genitori e dei giovani" (9.06.1979).

Era allora, se non il primo, uno dei primi interventi del mio grande Predecessore sul tema della nuova evangelizzazione. Parlò del secondo millennio, ma non vi è dubbio che stava pensando ormai al terzo. Sotto la sua guida siamo entrati in questo nuovo millennio del cristianesimo, prendendo coscienza della costante attualità della sua esortazione ad una nuova evangelizzazione. Con queste brevi parole stabiliva il fine: risvegliare una fede "viva, consapevole e responsabile". Successivamente egli affermò che ciò doveva essere opera comune dei Vescovi, dei sacerdoti, dei consacrati e dei laici.

Vorrei oggi, insieme a voi, cari Fratelli, soffermarmi su questo tema. Sappiamo bene, che il primo responsabile per l’opera dell’evangelizzazione è il Vescovo, sulle cui spalle sono posti tria munera: profetico, sacerdotale, pastorale. Nel suo libro Alzatevi, andiamo!, specialmente nei capitoli: "Pastore", "Conosco le mie pecore" e "L’amministrazione dei sacramenti", Giovanni Paolo II, richiamandosi alla propria esperienza, tracciò il progetto del cammino del ministero episcopale perché porti frutti beati. Non occorre riportare ora i passi delle sue riflessioni. Tutti possiamo ricorrere al patrimonio che ci ha lasciato, ed attingere abbondantemente alla sua testimonianza. Sia per noi modello e stimolo il suo senso di responsabilità per la Chiesa e per i credenti affidati alla sollecitudine del Vescovo.

2. I presbiteri diocesani

I primi collaboratori del Vescovo nella realizzazione dei suoi compiti sono i presbiteri; a loro, prima che a tutti gli altri, dovrebbe rivolgersi la sollecitudine del Vescovo. Giovanni Paolo II scrisse: "Con il proprio stile di vita, il Vescovo mostra che «il modello di Cristo» non è superato e che, anche oggi, resta sempre attuale. Si può dire che una diocesi rispecchia il modo d’essere del suo Vescovo, le cui virtù – la castità, la pratica della povertà, lo spirito di preghiera, la semplicità, la sensibilità di coscienza – in un certo senso si inscrivono nei cuori dei sacerdoti. Questi, a loro volta, trasmettono tali valori ai fedeli loro affidati, ed è cosi che i giovani vengono indotti a dare una generosa risposta alla chiamata da parte di Cristo" (ibid., p. 101).

L’esempio del Vescovo è estremamente importante: qui non si tratta soltanto di uno stile di vita ineccepibile, ma anche della premurosa sollecitudine affinché le virtù cristiane di cui scrisse Giovanni Paolo II, penetrino profondamente nell’anima dei sacerdoti nella sua diocesi. Per questo, il Vescovo dovrebbe fare particolare attenzione alla qualità della formazione nel seminario. Bisogna tener presente non soltanto la preparazione intellettuale dei futuri sacerdoti per i loro futuri compiti, ma anche la loro formazione spirituale ed emotiva. Durante il Sinodo del 1991 i Vescovi espressero la richiesta di un maggior numero di padri spirituali nei seminari, i quali fossero ben preparati a svolgere l’esigente compito di formare lo spirito e verificare la disponibilità affettiva dei seminaristi per assumere i compiti sacerdotali. Vale la pena tornare a quella richiesta. Recentemente è stato pubblicato il documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica riguardo all’ammissione dei candidati agli Ordini sacri. Vi prego, cari Fratelli, di porre in atto quanto è in esso indicato.

È importante che il processo di formazione intellettuale e spirituale non termini con il seminario. È necessaria una costante formazione sacerdotale. So che nelle diocesi polacche si attribuisce a ciò una grande importanza. Vengono organizzati dei corsi, giorni di ritiro, esercizi spirituali ed altri incontri, durante i quali i sacerdoti possono condividere i loro problemi e i loro successi pastorali, confermandosi vicendevolmente nella fede e nell’entusiasmo pastorale. Vi prego di continuare in tale prassi.

Il Vescovo, da parte sua, come Pastore, è chiamato a circondare i suoi sacerdoti di paterna premura. Dovrebbe organizzare i propri impegni in modo da aver tempo per i presbiteri, per ascoltarli attentamente e per aiutarli nelle difficoltà. In caso di crisi vocazionale, a cui i sacerdoti possono essere soggetti, il Vescovo dovrebbe fare il possibile per sostenerli e per restituire loro lo slancio originale e l’amore per Cristo e per la Chiesa. Perfino quando è necessaria un’ammonizione, non deve mancare l’amore paterno.

Rendo grazie a Dio perché Egli continua ad elargire alla Polonia la grazia di numerose vocazioni. In modo particolare la regione meridionale che voi, cari Fratelli, rappresentate, sotto questo aspetto è ricca. Avendo presenti le enormi necessità della Chiesa universale, Vi prego, di incoraggiare i vostri presbiteri ad intraprendere il servizio missionario, oppure l’impegno pastorale nei Paesi dove c’è scarsità di clero. Sembra che oggi questo sia un compito particolare, e in un certo senso perfino un dovere della Chiesa in Polonia. Inviando i sacerdoti all’estero, tuttavia, specialmente nelle missioni, ricordate di assicurare loro il sostegno spirituale e un sufficiente aiuto materiale.

3. Gli Ordini religiosi

Giovanni Paolo II scrisse: "Gli ordini religiosi non mi hanno mai reso difficile la vita. Con tutti ho avuto buoni rapporti, riconoscendo in essi un grande aiuto per la missione del Vescovo. Penso anche a quelle grandi riserve di energie spirituali che sono gli Ordini contemplativi" (Alzatevi, andiamo, p. 95).

La diversità dei carismi e dei servizi che compiono i religiosi e le religiose, oppure i membri degli istituti laici di vita consacrata, è una grande ricchezza della Chiesa. Il Vescovo può e deve incoraggiarli ad inserirsi nel programma diocesano di evangelizzazione e ad assumere i compiti pastorali, conformemente al loro carisma, in collaborazione con i sacerdoti e con le comunità dei laici. Le comunità religiose e i singoli consacrati, sebbene di diritto soggetti ai propri superiori, "in ciò che riguarda la cura delle anime, l’esercizio pubblico del culto divino e le altre opere di apostolato" sono "soggetti alla potestà del Vescovo", come recita il CIC (can. 678 § 1). Inoltre il Codice invita i Vescovi diocesani e i Superiori religiosi a procedere "nell’organizzare le attività apostoliche dei religiosi... su un piano di reciproca intesa" (can. 678 § 3).

Vi incoraggio molto, Fratelli, a circondare della vostra premura le comunità religiose femminili, che si trovano nelle vostre diocesi. Le suore che assumono svariati servizi nella Chiesa, meritano sommo rispetto, e il loro lavoro deve essere riconosciuto ed opportunamente apprezzato. Non devono essere private di un adeguato sostegno spirituale e di possibilità di sviluppo intellettuale e di crescita nella fede.

In modo particolare vi raccomando di prendere a cuore le sorti degli Ordini contemplativi. La loro presenza nella diocesi, la loro preghiera e le loro rinunce siano sempre per Voi di sostegno e di aiuto. Da parte vostra cercate di venir incontro alle loro necessità, anche materiali.

Negli anni recenti, purtroppo, si osserva una diminuzione di vocazioni religiose, particolarmente di quelle femminili. Bisogna dunque, insieme ai responsabili superiori religiosi, riflettere sulle cause di questo stato di cose e pensare in quale modo si possano risvegliare e sostenere nuove vocazioni femminili.

4. Il laicato

Nella riflessione sul ruolo dei laici nell’opera di evangelizzazione ci introducano le parole del mio grande Predecessore: "I laici possono realizzare la propria vocazione nel mondo e raggiungere la santità non soltanto impegnandosi attivamente a favore dei poveri e dei bisognosi, ma anche animando con spirito cristiano la società mediante l’adempimento dei loro doveri professionali e la testimonianza di una vita familiare esemplare" (Alzatevi, andiamo!, p. 91).

In tempi in cui – come scrisse Giovanni Paolo II – "la cultura europea dà l’impressione di una «apostasia silenziosa» da parte dell’uomo sazio che vive come se Dio non esistesse" (Ecclesia in Europa), la Chiesa non cessa di annunziare al mondo che Gesù Cristo è la sua speranza. In quest’opera il ruolo dei laici è insostituibile. La loro testimonianza della fede è particolarmente eloquente ed efficace, perché è data nella realtà quotidiana e negli ambiti, ai quali un sacerdote accede con difficoltà.

Uno dei principali scopi dell’attività del laicato è il rinnovamento morale della società, che non può essere superficiale, parziale ed immediato. Dovrebbe caratterizzarsi per una profonda trasformazione nell’ethos degli uomini, cioè per l’accettazione di un’opportuna gerarchia dei valori, secondo la quale si formino gli atteggiamenti.

Compito specifico del laicato è la partecipazione alla vita pubblica e a quella politica. Nell’Esortazione apostolica Christifideles laici Giovanni Paolo II ricordò che "tutti e ciascuno hanno diritto e dovere di partecipare alla politica" (n. 42). La Chiesa non si identifica con nessun partito, con nessuna comunità politica né con un sistema politico, ricorda invece sempre che i laici impegnati nella vita politica devono dare una coraggiosa e leggibile testimonianza dei valori cristiani, che vanno affermati e difesi nel caso che siano minacciati. Lo faranno pubblicamente, sia nei dibattiti di carattere politico che nei mass media. Uno dei compiti importanti, derivanti dal processo dell’integrazione europea, è la coraggiosa sollecitudine nel conservare l’identità cattolica e nazionale dei Polacchi. Il dialogo condotto dal laicato cattolico a livello di questioni politiche si dimostrerà efficace e servirà il bene comune quando alla base ci saranno: l’amore della verità, lo spirito di servizio e la solidarietà nell’impegno a favore del bene comune. Vi esorto, cari Fratelli, a sostenere questo servizio del laicato, nel rispetto per una giusta autonomia politica.

Ho elencato soltanto alcune forme dell’impegno del laicato nell’opera di evangelizzazione. Le altre, come la pastorale familiare, la pastorale dei giovani o l’attività caritativa, saranno il tema di un’ulteriore riflessione durante l’incontro con il terzo gruppo dei Vescovi polacchi. Ora vi auguro che un’armoniosa collaborazione di tutti gli stati di vita nella Chiesa, sotto la vostra illuminata guida, produca frutti di trasformazione del mondo nello spirito del Vangelo di Cristo.

Nell’affidare alla Madonna il vostro ministero episcopale, con affetto tutti vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!



AI PRESIDENTI DELLE COMMISSIONI EPISCOPALI PER LA FAMIGLIA E PER LA VITA DELL’AMERICA LATINA Sabato, 3 dicembre 2005

32205
Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Sono lieto di ricevervi in occasione del Terzo Incontro dei Presidenti delle Commissioni Episcopali per la Famiglia e la Vita dell'America Latina. Desidero esprimere la mia gratitudine per le parole che mi ha rivolto il Signor Cardinale Alfonso López Trujillo, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Sono testimone, insieme a tutta la Chiesa, della sollecitudine con cui Papa Giovanni Paolo II si è dedicato a questo tema tanto importante. Da parte mia, condivido questa stessa preoccupazione che determina in larga misura il futuro della Chiesa e dei popoli, poiché, come affermava il mio Predecessore nell'Esortazione Apostolica Familiaris consortio, "il futuro dell'umanità passa attraverso la famiglia! È, dunque, indispensabile ed urgente che ogni uomo di buona volontà si impegni a salvare e a promuovere i valori e le esigenze della famiglia. Un particolare sforzo a questo riguardo sento di dover chiedere ai figli della Chiesa. Essi, che nella loro fede conoscono pienamente il meraviglioso disegno di Dio, hanno una ragione in più per prendersi a cuore la realtà della famiglia in questo nostro tempo di prova e di grazia". E aggiungeva: "Spetta altresì ai cristiani il compito di annunciare con gioia e convinzione la "buona novella" sulla famiglia, la quale ha un assoluto bisogno di ascoltare sempre di nuovo e di comprendere sempre più a fondo le parole autentiche che le rivelano la sua identità, le sue risorse interiori, l'importanza della sua missione nella città degli uomini e in quella di Dio" (Conclusione). La suddetta Esortazione, la Lettera alle Famiglie Gratissimam sane e l'Enciclica Evangelium vitae costituiscono un luminoso trittico che deve ispirare il vostro compito di Pastori.

2. Desidero ringraziarvi in modo particolare per la vostra sollecitudine pastorale nell'intento di salvaguardare i valori fondamentali del matrimonio e della famiglia, minacciati dal fenomeno attuale della secolarizzazione che impedisce alla coscienza sociale di scoprire adeguatamente l'identità e la missione dell'istituzione familiare, e ultimamente dalla pressione di leggi ingiuste che ignorano i suoi diritti fondamentali.

Di fronte a questa situazione, osservo con piacere come cresce e si consolida l'opera delle Chiese particolari a favore di questa istituzione umana, che affonda le sue radici nel disegno amoroso di Dio e rappresenta il modello insostituibile per il bene comune dell'umanità. Sono moltissimi i focolari domestici che danno una risposta generosa al Signore, e inoltre abbondano le esperienze pastorali, segno di una nuova vitalità, nelle quali, attraverso una migliore preparazione al matrimonio, si rafforza l'identità della famiglia.

3. Il vostro dovere di Pastori consiste nel presentare in tutta la sua ricchezza il valore straordinario del matrimonio che, in quanto istituzione naturale, è "patrimonio dell'umanità". D'altro canto, la sua elevazione all'altissima dignità di sacramento deve essere vista con gratitudine e stupore, come ho espresso di recente affermando che "la sacramentalità che il matrimonio assume in Cristo significa dunque che il dono della creazione è stato elevato a grazia di redenzione. La grazia di Cristo non si aggiunge dal di fuori alla natura dell'uomo, non le fa violenza, ma la libera e la restaura, proprio nell'innalzarla al di là dei suoi propri confini" (Discorso all'Apertura del Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma su famiglia e comunità cristiana, 6 giugno 2005).

4. L'amore e il dono totale di sé dei coniugi, con le loro note peculiari di esclusività, fedeltà, durata nel tempo e apertura alla vita, è alla base di questa comunità di vita e di amore che è il matrimonio (cfr Gaudium et spes
GS 48). Oggi occorre annunciare con rinnovato entusiasmo che il Vangelo della famiglia è un cammino di realizzazione umana e spirituale, con la certezza che il Signore è sempre presente con la sua grazia. Questo annuncio è spesso deformato da false concezioni del matrimonio e della famiglia che non rispettano il progetto originario di Dio. In tal senso, si è giunti a proporre nuove forme di matrimonio, alcune sconosciute nelle culture dei popoli, nelle quali si altera la sua natura specifica.

Anche nell'ambito della vita stanno sorgendo nuove impostazioni che mettono in discussione questo diritto fondamentale. Di conseguenza, si agevola l'eliminazione dell'embrione o il suo uso arbitrario in nome del progresso della scienza che, non riconoscendo i propri limiti e non accettando tutti i principi morali che permettono di tutelare la dignità della persona, diviene una minaccia per l'essere umano stesso, che viene ridotto a un oggetto o a un mero strumento. Quando si giunge a simili livelli, la stessa società ne risente e si scuotono le sue fondamenta con ogni sorta di rischio.

5. In America Latina, come in ogni altro luogo, i figli hanno il diritto di nascere e di crescere in seno a una famiglia fondata sul matrimonio, dove i genitori siano i primi educatori della fede per i figli, e questi possano raggiungere la loro piena maturità umana e spirituale. Realmente i figli sono la ricchezza più grande e il bene più prezioso della famiglia. Per questo è necessario aiutare tutte le persone a prendere coscienza del male intrinseco del crimine dell'aborto che, attentando contro la vita umana al suo inizio, è anche un'aggressione contro la società stessa. Perciò i politici e i legislatori, come servitori del bene comune, hanno il dovere di difendere il diritto fondamentale alla vita, frutto dell'amore di Dio.

6. È indubbio che per l'azione pastorale, in un campo così delicato e complesso, in cui intervengono diverse discipline e si affrontano questioni fondamentali, è necessaria un'attenta preparazione degli Agenti pastorali nelle Diocesi. Pertanto i sacerdoti, come collaboratori immediati dei Vescovi, devono poter ricevere una salda preparazione in questo campo, che permetta loro di affrontare con competenza e convinzione la problematica che si presenta nella loro attività pastorale. Per quanto riguarda i laici, soprattutto quelli che dedicano le proprie energie a questo servizio delle famiglie, essi hanno bisogno a loro volta di una valida e profonda formazione che li aiuti a testimoniare la grandezza e il valore permanente del matrimonio nella società attuale.

7. Cari Fratelli, come ben sapete, è vicino il V Incontro Mondiale delle Famiglie, a Valencia, in Spagna, che avrà come tema: La trasmissione della fede nella famiglia. A tale proposito, desidero porgere il mio cordiale saluto all'Arcivescovo di quella città, Monsignor Agustín García-Gasco, che partecipa a questo Incontro e che, con il Pontificio Consiglio per la Famiglia, si occupa del difficile compito della sua preparazione. Vi incoraggio tutti affinché numerose delegazioni delle Conferenze Episcopali, Diocesi e Movimenti dell'America Latina, possano partecipare a questo importante evento ecclesiale. Da parte mia, sostengo risolutamente la celebrazione di questo incontro e lo pongo sotto l'amorevole protezione della Santa Famiglia.

A voi, cari Pastori, e a tutte le famiglie dell'America Latina, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.





OMAGGIO DEL SANTO PADRE ALL’IMMACOLATA A PIAZZA DI SPAGNA - PREGHIERA Giovedì, 8 dicembre 2005

8125
In questo giorno dedicato a Maria sono venuto, per la prima volta come Successore di Pietro, ai piedi della statua dell’Immacolata qui, a Piazza di Spagna, ripercorrendo idealmente il pellegrinaggio tante volte fatto dai miei Predecessori. Sento che mi accompagna la devozione e l’affetto della Chiesa che vive in questa città di Roma e nel mondo intero. Porto con me le ansie e le speranze dell’umanità di questo nostro tempo, e vengo a deporle ai piedi della celeste Madre del Redentore.

In questo giorno singolare, che ricorda il 40° anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II, torno con il pensiero all’8 dicembre del 1965 quando, proprio al termine dell’omelia della Celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro, il Servo di Dio Paolo VI ebbe a rivolgere il suo pensiero alla Madonna "la Madre di Dio e la Madre nostra spirituale … la creatura nella quale l’immagine di Dio si rispecchia con limpidezza assoluta, senza alcun turbamento, come avviene invece in ogni creatura umana". Il Papa si chiedeva poi: "Non è forse fissando il nostro sguardo in questa Donna umile, nostra Sorella e insieme celeste nostra Madre e Regina, specchio nitido e sacro dell’infinita Bellezza, che può … cominciare il nostro lavoro post-conciliare? Questa bellezza di Maria Immacolata non diventa per noi un modello ispiratore? Una speranza confortatrice?". E concludeva: "Noi lo pensiamo per noi e per voi; ed è questo il Nostro saluto più alto e, Dio voglia, il più valido!" (Insegnamenti di Paolo VI, III 1965, p. 746). Paolo VI proclamò Maria "Madre della Chiesa", e a Lei affidò per il futuro la feconda applicazione delle decisioni conciliari.

Memori dei tanti eventi che hanno segnato i quarant’anni trascorsi, come non rivivere oggi i vari momenti che hanno contraddistinto il cammino della Chiesa in questo periodo? La Madonna ha sorretto durante questi quattro decenni i Pastori e in primo luogo i Successori di Pietro nel loro esigente ministero a servizio del Vangelo; ha guidato la Chiesa verso la fedele comprensione ed applicazione dei documenti conciliari. Per questo, facendomi voce dell’intera Comunità ecclesiale, vorrei ringraziare la Vergine Santissima e rivolgermi a Lei con gli stessi sentimenti che animarono i Padri conciliari, i quali dedicarono proprio a Maria l’ultimo capitolo della Costituzione dogmatica Lumen gentium, sottolineando l’inscindibile rapporto che unisce la Vergine alla Chiesa.

Sì, vogliamo ringraziarti, Vergine Madre di Dio e Madre nostra amatissima, per la tua intercessione in favore della Chiesa. Tu, che abbracciando senza riserve la volontà divina, ti sei consacrata con ogni tua energia alla persona e all’opera del Figlio tuo, insegnaci a serbare nel cuore e a meditare in silenzio, come hai fatto Tu, i misteri della vita di Cristo.

Tu, che avanzasti sino al Calvario, sempre profondamente unita al Figlio tuo, che sulla croce ti donò come madre al discepolo Giovanni, fa’ che ti sentiamo sempre anche noi vicina in ogni istante dell’esistenza, soprattutto nei momenti di oscurità e di prova.

Tu, che nella Pentecoste, insieme con gli Apostoli in preghiera, implorasti il dono dello Spirito Santo per la Chiesa nascente, aiutaci a perseverare nella fedele sequela di Cristo. A Te volgiamo fiduciosi lo sguardo, come a "segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore" (n. 68).

Te, Maria, invocano con preghiera insistente i fedeli di ogni parte del mondo perché, esaltata in cielo fra gli angeli e i santi, interceda per noi presso il Figlio tuo "fin tanto che tutte le famiglie dei popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo popolo di Dio, a gloria della santissima e indivisibile Trinità" (n. 69). Amen!



ALLA DELEGAZIONE DEL CONSIGLIO METODISTA MONDIALE Venerdì, 9 dicembre 2005

9125

Caro Vescovo Mbang,
Cari amici in Cristo,

È per me una grande gioia accogliere voi rappresentanti del Consiglio Metodista Mondiale e ringraziarvi della vostra visita. Sono profondamente grato della presenza e del sostegno orante dei rappresentanti metodisti durante le esequie di Papa Giovanni Paolo II e la celebrazione che ha segnato l'inizio del mio Pontificato.

In questa settimana, quarant'anni fa, Papa Paolo VI si è rivolto agli osservatori ecumenici al termine del Concilio Vaticano II. Nel corso di tale incontro ha espresso la speranza che le differenze tra i cristiani potessero essere risolte "lentamente, gradualmente, lealmente, generosamente". Ora dobbiamo riflettere sui rapporti amichevoli tra i cattolici e i metodisti e sul paziente e perseverante dialogo nel quale ci siamo impegnati. In effetti, vi sono molte cose per le quali oggi possiamo rendere grazie.

Dal 1967 il nostro dialogo ha trattato alcuni importanti temi come: rivelazione e fede, tradizione e autorità docente della Chiesa. Questi sforzi sono stati sinceri nell'affrontare gli ambiti di divergenza. Hanno anche dimostrato un notevole livello di convergenza e meritano riflessione e studio. Il nostro dialogo e i numerosi modi in cui i cattolici e i metodisti hanno imparato a conoscersi meglio ci hanno consentito di riconoscere insieme alcuni di quei "tesori cristiani di grande valore". In diverse occasioni questo riconoscimento ci ha consentito di parlare con una sola voce nell'affrontare questioni sociali ed etiche in un mondo sempre più secolarizzato.

Mi ha incoraggiato l'iniziativa che porterebbe le Chiese membro del Consiglio Metodista Mondiale ad aderire alla Dichiarazione Congiunta sulla Dottrina della Giustificazione, firmata dalla Chiesa cattolica e dalla Federazione Luterana Mondiale nel 1999. Se il Consiglio Metodista Mondiale dovesse esprimere la sua intenzione di aderire alla Dichiarazione Congiunta, ciò contribuirebbe alla guarigione e alla riconciliazione che desideriamo ardentemente e sarebbe un significativo passo avanti verso il fine dichiarato della piena e visibile unità nella fede.

Cari amici, sotto la guida dello Spirito Santo e riconoscenti per la grande e costante Misericordia di Dio nel mondo, cerchiamo di promuovere un impegno reciproco per la Parola di Dio, la testimonianza e la preghiera comune! Mentre prepariamo i nostri cuori e le nostre menti ad accogliere il Signore in questo tempo di Avvento, invoco le abbondanti Benedizioni di Dio su tutti voi e sui metodisti nel mondo intero.




Discorsi 2005-13 12205