Discorsi 2005-13 10506

VISITA AL SANTUARIO DELLA MADONNA DEL DIVINO AMORE - AL TERMINE DELLA RECITA DEL SANTO ROSARIO Lunedì, 1° maggio 2006

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Cari fratelli e sorelle,

è per me motivo di conforto essere oggi con voi per recitare il Santo Rosario, in questo Santuario della Madonna del Divino Amore, in cui si esprime il devoto affetto per la Vergine Maria, radicato nell'animo e nella storia del popolo di Roma. Una gioia particolare nasce dal pensiero di rinnovare così l'esperienza del mio amato Predecessore Giovanni Paolo II, che, esattamente 27 anni or sono, primo giorno del mese di maggio 1979, compì la sua prima visita da Pontefice a questo Santuario.

Saluto con affetto il Rettore, Mons. Pasquale Silla, e lo ringrazio per le calde parole che mi ha rivolto. Saluto con lui gli altri Sacerdoti Oblati Figli della Madonna del Divino Amore e le Suore Figlie della Madonna del Divino Amore, che si dedicano con gioia e generosità al servizio del Santuario e di tutte le sue multiformi opere di bene. Saluto il Cardinale Vicario Camillo Ruini e il Vescovo Ausiliare del Settore Sud, Mons. Paolo Schiavon, e voi tutti, cari fratelli e sorelle, che siete qui tanto numerosi.

Abbiamo recitato il Santo Rosario percorrendo i cinque misteri "gaudiosi", che fanno passare davanti agli occhi del nostro cuore gli inizi della nostra salvezza, dal concepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine Maria fino al ritrovamento di Lui, ormai dodicenne, nel Tempio di Gerusalemme, mentre ascoltava e interrogava i Dottori. Abbiamo ripetuto e fatto nostre le parole dell'Angelo: "Rallegrati Maria, piena di grazia, il Signore è con te", e anche le espressioni con cui santa Elisabetta accolse la Vergine, che si era prontamente recata da lei per aiutarla e servirla: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo". Abbiamo contemplato la fede docile di Maria, che si fida senza riserve di Dio e si mette totalmente nelle sue mani. Ci siamo sentiti anche noi, con i pastori, vicini al Bambino Gesù che giace nella mangiatoia e abbiamo riconosciuto e adorato in Lui il Figlio eterno di Dio diventato, per amore, nostro fratello e così anche nostro unico Salvatore. Siamo entrati anche noi, con Maria e Giuseppe, nel Tempio per offrire a Dio il Bambino e compiere il rito della purificazione: e qui ci siamo sentiti anticipare, nelle parole del vecchio Simeone, insieme alla salvezza la contraddizione e la croce, e quella spada che, sotto la croce del Figlio, trafiggerà l'anima della Madre e proprio così la renderà non soltanto madre di Dio ma anche nostra comune madre.

Cari fratelli e sorelle, in questo Santuario veneriamo Maria Santissima con il titolo di Madonna del Divino Amore. È posto così in piena luce il legame che unisce Maria allo Spirito Santo, fin dall'inizio della sua esistenza, quando nella sua concezione lo Spirito, l'Amore eterno del Padre e del Figlio, prese dimora in Lei e la preservò da ogni ombra di peccato; poi, quando il medesimo Spirito fece nascere nel suo grembo il Figlio di Dio; poi ancora per tutto l'arco della sua vita, lungo la quale, con la grazia dello Spirito, si è compiuta in pienezza la parola di Maria: "Eccomi, sono la serva del Signore"; e finalmente quando, nella potenza dello Spirito Santo, Maria è stata assunta con tutta la sua umanità concreta accanto al Figlio nella gloria di Dio Padre.

"Maria - ho scritto nell'Enciclica Deus caritas est - è una donna che ama ... In quanto credente che nella fede pensa con i pensieri di Dio e vuole con la volontà di Dio, Ella non può essere che una donna che ama" (n. 41). Sì, cari fratelli e sorelle, Maria è il frutto e il segno dell'amore che Dio ha per noi, della sua tenerezza e della sua misericordia. Per questo, insieme ai nostri fratelli nella fede di ogni tempo e di ogni luogo, ci rivolgiamo a Lei nelle nostre necessità e speranze, nelle vicende liete e dolorose della vita. Il mio pensiero va in questo momento, con profonda partecipazione, alla famiglia dell'isola di Ischia, colpita dalla sciagura avvenuta ieri.

Con il mese di maggio aumenta il numero di coloro che, dalle parrocchie di Roma ma anche da tante altre contrade, vengono qui pellegrini, per pregare e anche per godere della bellezza e della serenità riposante di questi luoghi. Da qui, da questo Santuario del Divino Amore, attendiamo dunque un forte aiuto e sostegno spirituale per la Diocesi di Roma, per me suo Vescovo e per gli altri Vescovi miei collaboratori, per i sacerdoti, per le famiglie, per le vocazioni, per i poveri, i sofferenti, gli ammalati, per i bambini e per gli anziani, per tutta l'amata nazione italiana. Attendiamo specialmente l'energia interiore per adempiere il voto fatto dai romani il 4 giugno 1944, quando chiesero solennemente alla Madonna del Divino Amore che questa Città fosse preservata dagli orrori della guerra e furono esauditi: il voto e la promessa cioè di correggere e migliorare la propria condotta morale, per renderla più conforme a quella del Signore Gesù. Anche oggi c'è bisogno di conversione a Dio, a Dio Amore, perché il mondo sia liberato dalle guerre e dal terrorismo. Ce lo ricordano purtroppo le vittime, come i militari caduti giovedì scorso a Nassiriya, in Iraq, che affidiamo alla materna intercessione di Maria, Regina della pace.

Cari fratelli e sorelle, da questo Santuario della Madonna del Divino Amore rinnovo dunque l'invito che ho formulato nell'Enciclica Deus caritas est (): viviamo l'amore e così facciamo entrare la luce di Dio nel mondo. Amen!




ALLE EX GUARDIE SVIZZERE ED AI PARTECIPANTI ALLA MARCIA ORGANIZZATA IN OCCASIONE DEL V CENTENARIO Piazza San Pietro Giovedì, 4 maggio 2006

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Sono lieto di rivolgere il mio cordiale saluto a tutti voi, cari amici, ex guardie svizzere e partecipanti alla speciale “marcia” organizzata in occasione del 500° anniversario della discesa a Roma dei primi 150 “Gwardiknechte”. Seguendo lo stesso itinerario compiuto cinquecento anni orsono, passando per Milano, Fidenza, Lucca, Siena e Acquapendente, voi avete raggiunto Roma ed ora eccovi in questa Piazza San Pietro a voi ben nota. Ad accogliervi e a porgervi il suo saluto è il successore di Papa Giulio II, il cui nome è inscindibilmente legato al benemerito Corpo della Guardia Svizzera Pontificia.

Care ex Guardie Svizzere, con questa significativa iniziativa, che ha avuto inizio il 7 aprile a Bellinzona e termina oggi, qui a Roma, avete voluto rendere onore ai vostri predecessori e, al contempo, avete potuto rendere grazie al Signore per la vostra appartenenza personale al Corpo della Guardia Svizzera e dunque anche rafforzare il vostro vincolo con questa "famiglia" anche alla fine del vostro servizio. Avete voluto intraprendere questo vostro lungo viaggio come un "pellegrinaggio", seguendo la famosa "via Francigena", una via percorsa nel Medioevo dai pellegrini che dalla Francia si recavano a Roma. Nei giorni del vostro viaggio, in cui avete percorso a piedi circa 720 km, avete potuto attraversare molti villaggi e città e informare gli abitanti della vostra storia e far dunque conoscere loro lo spirito che anima il Corpo della Guardia Svizzera. In un certo modo avete potuto condividere i sentimenti delle prime 150 guardie svizzere che il 21 gennaio 1506 raggiunsero la città eterna, indossarono subito le uniformi giallo-rosse, i colori della famiglia Della Rovere, e il giorno seguente da Porta del Popolo attraverso Campo de' Fiori giunsero al Colle Vaticano. Era il 22 gennaio 1506, giorno della creazione della Guardia Svizzera Pontificia.

Cari amici, mi rallegro con voi di questa bella iniziativa che richiama alla nostra memoria il coraggio di quei 150 cittadini svizzeri che, con valorosa generosità, difesero fino alla morte la persona del Sommo Pontefice, scrivendo con il loro sacrificio una pagina importante della storia della Chiesa. Abbracciando con lo sguardo questi cinque secoli, rendiamo grazie a Dio per il bene compiuto dai vostri predecessori e per il contributo prezioso che la Guardia Svizzera Pontificia continua ad offrire alla Santa Sede ancora oggi. Mentre affidiamo quanti sono morti alla misericordia divina, invochiamo su quanti compongono la vostra grande e meritevole Associazione delle Ex Guardie Svizzere la costante protezione del Signore. Che Egli continui a guidare i vostri passi e a sostenere con la sua grazia tutte le vostre azioni, e che animi con il suo Spirito le numerose iniziative che avete preso per perpetuare e rendere feconda l'esperienza particolare che avete fatto nella Città eterna, al servizio della Sede Apostolica!

Con questi sentimenti imparto a voi tutti qui raccolti e alle persone a voi care una speciale Benedizione Apostolica.



AI MEMBRI DELLA "PAPAL FOUNDATION" Sala Clementina Venerdì, 5 maggio 2006

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Cari amici in Cristo,

in questo gioioso tempo in cui rendiamo grazie e lode a Dio per la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, sono lieto di salutarvi, membri della Papal Foundation, in occasione del vostro pellegrinaggio annuale a Roma. "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (
Ph 1,2).

La nostra fede pasquale ci dona la speranza che il Signore risorto trasformerà veramente il mondo. Nella sua risurrezione riconosciamo il compimento della promessa di Dio al popolo esiliato di Israele: "io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel Paese d'Israele" (Ez 37,12). In realtà, il Cristo risorto dona rinnovata speranza e forza a molte persone nel nostro mondo di oggi che soffrono per l'ingiustizia e per la privazione e che desiderano poter vivere nella libertà e nella dignità dei figli di Dio.

Cristo ha promesso di inviare lo Spirito Santo a riaccendere il cuore dei fedeli, esortandoli all'amore dei propri fratelli e delle proprie sorelle come Cristo li ha amati, e a testimoniare attraverso la loro attività caritativa l'amore del Padre per tutta l'umanità (cfr Deus caritas est ). Il frutto di quel dono dello Spirito si può vedere chiaramente nell'ausilio che la Papal Foundation offre in nome di Cristo ai Paesi in via di sviluppo, sotto forma di progetti di aiuto e borse di studio. Sono grato per il vostro aiuto e per quello che mi offrite nello svolgimento della mia missione di prendermi cura del gregge di Cristo in ogni angolo del mondo.

Vi assicuro del fatto che il vostro amore per la Chiesa e il vostro impegno nella pratica della carità cristiana sono profondamente apprezzati. Preparandoci a celebrare la grande effusione dello Spirito di Pentecoste, vi incoraggio a continuare nel vostro generoso impegno cosicché la fiamma dell'amor divino possa continuare a risplendere luminosa nei cuori dei credenti ovunque. Affidandovi all'intercessione della Beata Vergine Maria della Chiesa, imparto la mia Benedizione Apostolica a voi e alle vostre famiglie quale pegno di gioia e di pace nel Salvatore Risorto.



AI DIRETTORI NAZIONALI DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE Lunedì, 8 maggio 2006

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Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
cari Direttori Nazionali delle Pontificie Opere Missionarie!

Rivolgo il mio cordiale saluto a ciascuno di voi, con un particolare pensiero per il Signor Cardinale Crescenzio Sepe, al quale sono grato per le parole rivoltemi a vostro nome, e per Mons. Henryk Hoser, Presidente delle Pontificie Opere Missionarie. Benvenuti a questo incontro, che ha luogo in occasione dell’annuale Assemblea Generale Ordinaria del vostro Consiglio Superiore. La vostra presenza testimonia l'impegno missionario della Chiesa nei vari continenti ed il carattere “Pontificio” che contraddistingue la vostra associazione sottolinea il particolare legame che vi unisce alla Sede di Pietro. So che, dopo un intenso lavoro di “aggiornamento”, avete ultimato la stesura ed ottenuto l’approvazione del vostro nuovo Statuto. Auspico che esso contribuisca ad offrire ancora maggiori prospettive al lavoro di animazione missionaria e di aiuto alla Chiesa in cui siete impegnati.

Nella vostra Assemblea Generale voi intendete riflettere sul mandato missionario che Gesù ha affidato ai suoi discepoli, e che rappresenta un’urgenza pastorale sentita da tutte le Chiese locali, memori anche di quanto afferma il Concilio Vaticano II, che cioè “l'impegno missionario è essenziale per la comunità cristiana” (Ad gentes
AGD 2). Ponendosi al servizio dell’evangelizzazione, le Pontificie Opere Missionarie, fin dal loro sorgere nel secolo XIX, hanno avvertito che l’azione missionaria consiste in definitiva nel comunicare ai fratelli l'amore di Dio rivelatosi nel disegno della salvezza. Conoscere e accogliere questo Amore salvifico è infatti questione fondamentale per la vita – ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est - e pone domande decisive su chi è Dio e chi siamo noi (cfr n. 2). Attraverso interventi di fattiva e generosa carità le Opere della Propagazione della Fede, di San Pietro Apostolo e della Santa Infanzia hanno diffuso l'annuncio della Buona Novella ed hanno contribuito a fondare e consolidare le Chiese in nuovi territori; l’Unione Missionaria del Clero ha favorito la crescita dell’attenzione del Clero e dei Religiosi per l'evangelizzazione. Tutto questo ha suscitato nel popolo cristiano un risveglio di fede e di amore, congiunto ad un grande entusiasmo missionario.

Cari amici delle Pontificie Opere Missionarie, grazie anche all’animazione missionaria che voi svolgere nelle parrocchie e nelle Diocesi, la preghiera e il sostegno concreto alle missioni sono oggi avvertiti come parte integrante della vita di ogni cristiano. Come la Chiesa primitiva faceva giungere a Gerusalemme le “collette” raccolte in Macedonia e in Acaia per i cristiani di quella Chiesa (cfr Rm 15,25-27), così oggi un responsabile spirito di condivisione e di comunione coinvolge i fedeli di ogni comunità nel sostegno per le necessità delle terre missionarie e ciò costituisce un segno eloquente della cattolicità della Chiesa. Il vostro Statuto, evidenziando che la missione, opera di Dio nella storia, “non è un semplice strumento, ma un evento che pone tutti a disposizione del Vangelo e dello Spirito” (art. 1), vi incoraggia a lavorare perché i cristiani crescano nella consapevolezza che l’impegno missionario li coinvolge nella dinamica spirituale del battesimo, raccogliendoli in comunione attorno a Cristo per partecipare alla sua missione (cfr ibid.).

Questo intenso movimento missionario, che interessa le comunità ecclesiali e i singoli fedeli, si è sviluppato in questi anni in una promettente cooperazione missionaria. Di essa voi siete una significativa testimonianza, perché contribuite ad alimentare dappertutto quello spirito di missione universale, che è stato il segno distintivo della vostra nascita come Opere Missionarie e la forza del vostro sviluppo. Continuate a rendere tale prezioso servizio alle Comunità ecclesiali, favorendo la loro reciproca cooperazione. L’armonia di intenti e l’auspicata unità di azione evangelizzatrice crescono nella misura in cui ogni attività ha come suo riferimento Dio che è Amore e il cuore trafitto di Cristo, in cui tale amore si esprime al sommo grado (cfr Deus caritas est ). In tal modo ogni vostra azione, cari amici, non sarà mai ridotta a mera efficienza organizzativa o legata a interessi particolari di qualsiasi genere, ma sempre si rivelerà manifestazione dell’Amore divino. La vostra provenienza dalle diverse Diocesi rende poi più palese che le Pontificie Opere Missionarie, “pur essendo le Opere del Papa, lo sono anche dell'intero Episcopato e di tutto il Popolo di Dio” (Cooperatio missionalis, 4).

Cari Direttori Nazionali, a voi in particolare rivolgo il mio ringraziamento per quello che fate venendo incontro alle esigenze dell’evangelizzazione. Che il vostro impegno sia stimolo per tutti coloro che beneficiano del vostro aiuto ad accogliere il dono inestimabile della salvezza e ad aprire il cuore a Cristo, unico Redentore. Con tali sentimenti, invocando la materna assistenza di Maria, Regina degli Apostoli, imparto a voi, qui presenti, e alle Chiese particolari che rappresentate una speciale Benedizione Apostolica.



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL CANADA-QUÉBEC IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala Clementina Giovedì, 11 maggio 2006

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Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell'Episcopato,

Sono lieto di accogliervi, Pastori della Chiesa nella regione ecclesiastica del Québec, venuti per compiere la visita ad limina e condividere le vostre preoccupazioni e le vostre speranze con il Successore di Pietro e i suoi collaboratori. Il nostro incontro è una manifestazione della comunione profonda che unisce ognuna delle vostre Diocesi alla Sede di Pietro. Ringrazio Monsignor Gilles Cazabon, Presidente dell'Assemblea dei Vescovi cattolici del Québec, per la presentazione del contesto, a volte difficile, nel quale svolgete il vostro ministero pastorale. Attraverso di voi, desidero anche salutare cordialmente i vostri diocesani, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, laici, apprezzando la partecipazione di numerose persone alla vita della Chiesa. Che Dio benedica gli sforzi generosi compiuti affinché la Buona Novella del Signore Risorto sia annunciata a tutti!

Con gli altri tre gruppi di Vescovi del vostro Paese, avrò l'occasione di proseguire la mia riflessione su temi significativi per la missione della Chiesa nella società canadese, caratterizzata dal pluralismo, dal soggettivismo e da un secolarismo crescente.

Nel 2008, quando il Québec celebrerà il quarto centenario della sua fondazione, la vostra regione accoglierà il Congresso Eucaristico Internazionale. Desidero prima di tutto invitare le vostre Diocesi a un rinnovamento del senso e della pratica dell'Eucaristia, attraverso una riscoperta del posto fondamentale che deve occupare nella vita della Chiesa "l'Eucaristia, dono di Dio per la vita del mondo". In effetti, nei vostri rapporti quinquennali, avete sottolineato la notevole diminuzione della pratica religiosa negli ultimi anni, constatando in particolare che i giovani sono poco numerosi nelle assemblee eucaristiche. I fedeli devono essere convinti del carattere vitale della partecipazione regolare all'Assemblea domenicale, affinché la loro fede possa crescere ed esprimersi in modo coerente. Di fatto, l'Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana, ci unisce e ci conforma al Figlio di Dio. Costruisce anche la Chiesa, la consolida nella sua unità di Corpo di Cristo; nessuna comunità cristiana si può edificare se non ha le proprie radici e il proprio centro nella Celebrazione Eucaristica. Nonostante le difficoltà sempre più grandi che vivete, è dovere dei Pastori offrire a tutti la possibilità effettiva di osservare il precetto domenicale e di invitare tutti a parteciparvi. Riuniti in Chiesa per celebrare la Pasqua del Signore, i fedeli traggono da questo sacramento luce e forza al fine di vivere pienamente la loro vocazione battesimale. Inoltre, il significato del sacramento non si esaurisce nel momento della celebrazione. "Ricevendo il pane di vita, i discepoli di Cristo si dispongono ad affrontare, con la forza del Risorto e del suo Spirito, i compiti che li attendono nella loro vita ordinaria" (Dies Domini, n. 45). Dopo aver vissuto e proclamato la presenza del Risorto, i fedeli avranno a cuore di essere evangelizzatori e testimoni nella loro vita quotidiana.

Tuttavia, la diminuzione del numero dei sacerdoti, che rende a volte impossibile la celebrazione della Messa domenicale in alcuni luoghi, chiama in causa in modo preoccupante il posto della sacramentalità nella vita della Chiesa. Le necessità dell'organizzazione pastorale non devono compromettere l'autenticità dell'ecclesiologia che vi si esprime. Il ruolo centrale del sacerdote che, in persona Christi capitis, insegna, santifica e governa la comunità, non deve essere sminuito. Il sacerdozio ministeriale è indispensabile per l'esistenza di una comunità ecclesiale. L'importanza del ruolo dei laici, che ringrazio per la loro generosità al servizio delle comunità cristiane, non deve mai occultare il ministero assolutamente insostituibile dei sacerdoti per la vita della Chiesa. Il ministero del sacerdote non può essere pertanto affidato ad altre persone senza nuocere di fatto all'autenticità dell'essere stesso della Chiesa. Inoltre come potrebbero i giovani avere il desiderio di diventare sacerdoti se il ruolo del ministero ordinato non è chiaramente definito e riconosciuto?

Occorre tuttavia menzionare come reale segno di speranza il desiderio di un rinnovamento che si fa sentire fra i fedeli. La Giornata Mondiale della Gioventù di Toronto ha avuto un impatto positivo su numerosi giovani canadesi. La celebrazione dell'Anno dell'Eucaristia ha permesso un risveglio spirituale, soprattutto attraverso la pratica dell'adorazione eucaristica. Il culto reso all'Eucaristia fuori della Messa, strettamente collegato alla celebrazione, ha anch'esso un valore molto grande per la vita della Chiesa, poiché tende alla comunione sacramentale e spirituale. Come ha scritto Papa Giovanni Paolo II, "Se il cristianesimo deve distinguersi, nel nostro tempo, soprattutto per "l'arte della preghiera", come non sentire un rinnovato bisogno di trattenersi a lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento?" (Ecclesia de Eucharistia
EE 25). Da questa esperienza non si può che ricevere forza, consolazione e sostegno.

La vita di preghiera e di contemplazione, fondata sul mistero eucaristico, è anche al centro della vocazione delle persone consacrate, che hanno scelto la via della sequela Christi per donarsi al Signore con un cuore indiviso, in un rapporto sempre più intimo con Lui. Con il loro attaccamento incondizionato alla persona di Cristo e alla sua Chiesa, hanno la missione particolare di ricordare a tutti la vocazione universale alla santità.

Cari fratelli nell'Episcopato, la Chiesa è riconoscente agli Istituti di vita consacrata del vostro Paese per l'impegno apostolico e spirituale dei loro membri. Questo impegno si esprime in diverse maniere, soprattutto attraverso la vita contemplativa, che fa elevare a Dio una preghiera incessante di lode e di intercessione, o anche nel generoso servizio dell'attività catechetica e caritativa delle vostre Diocesi, e attraverso la prossimità alle persone più bisognose della società, manifestando così la bontà del Signore per i piccoli e i poveri. È in questo impegno quotidiano che matura la ricerca della santità che le persone consacrate desiderano vivere, soprattutto attraversò uno stile di vita diverso da quello del mondo e della cultura circostante. Mediante tale impegno, è fondamentale che, avendo una vita spirituale intensa, le persone consacrate proclamino che Dio solo basta per donare pienezza all'esistenza umana.

Per aiutare le persone consacrate a vivere la loro vocazione specifica in un'autentica fedeltà alla Chiesa e al suo Magistero, vi invito dunque a rivolgere un'attenzione particolare al consolidamento di relazioni fiduciose con loro e con i loro Istituti. La vita consacrata è un dono di Dio a beneficio di tutta la Chiesa e al servizio della vita del mondo. È dunque necessario che si sviluppi in una salda comunione ecclesiale. Le sfide che la vita consacrata incontra possono essere affrontate solo manifestando un'unità profonda fra i suoi membri e con l'insieme della Chiesa e dei suoi Pastori. Invito dunque le persone consacrate, uomini e donne, ad accrescere il loro senso ecclesiale e la loro preoccupazione di lavorare in rapporto sempre più stretto con i Pastori, accogliendo e diffondendo la dottrina della Chiesa nella sua integrità e integralità.

La comunione ecclesiale, fondata sulla persona stessa di Gesù Cristo, esige anche la fedeltà alla dottrina della Chiesa, in particolare mediante una giusta interpretazione del Concilio Vaticano II, ossia, come ho già avuto occasione di dire, in una ""ermeneutica della riforma", del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato" (Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2005). In effetti, se leggiamo e recepiamo così il Concilio, "esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa" (Ibidem).

Il rinnovamento delle vocazioni sacerdotali e religiose deve a sua volta essere una preoccupazione costante per la Chiesa nel vostro Paese. Una vera pastorale vocazionale troverà la propria forza nell'esistenza di uomini e di donne che rendono testimonianza di un amore appassionato verso Dio e i propri fratelli, nella fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Non bisogna poi dimenticare il ruolo fondamentale della preghiera fiduciosa, per creare una nuova sensibilità nel popolo cristiano, che permetta ai giovani di rispondere alle chiamate del Signore. È per voi e per tutta la comunità cristiana un dovere primordiale quello di trasmettere senza timore la chiamata del Signore, di suscitare vocazioni e di accompagnare i giovani lungo la via del discernimento e dell'impegno, nella gioia di donarsi nel celibato. In questo spirito, spetta a voi essere attenti alla catechesi offerta ai bambini e ai giovani, per permettere loro di conoscere in verità il mistero cristiano e di accedere a Cristo. A tale proposito, invito dunque l'insieme della comunità cattolica del Québec a rivolgere un'attenzione rinnovata al suo attaccamento alla verità dell'insegnamento della Chiesa, in ciò che concerne la teologia e la morale, due aspetti inseparabili dell'essere cristiani nel mondo. I fedeli non possono, senza perdere la propria identità, aderire alle ideologie che si diffondono oggi nella società.

Cari Fratelli nell'Episcopato, al termine del nostro incontro, desidero incoraggiarvi vivamente nel vostro ministero al servizio della Chiesa in Canada. Che Cristo Risorto vi doni gioia e pace per guidare i fedeli lungo le vie della speranza, affinché siano nella società canadese autentici testimoni del Vangelo! A tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica.



IN OCCASIONE DEL XXV ANNIVERSARIO DALLA FONDAZIONE DEL PONTIFICIO ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II PER STUDI SU MATRIMONIO E FAMIGLIA Aula della Benedizione Giovedì, 11 maggio 2006

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Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Con grande gioia mi incontro con voi in questo XXV anniversario dalla fondazione, presso la Pontificia Università Lateranense, del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio per il grande affetto che ho trovato. Ringrazio di cuore Mons. Livio Melina per le gentili parole e anche per il fatto che ha abbreviato. Potremmo leggere quanto voleva dire, mentre rimane più tempo per l'affetto.

Gli inizi del vostro Istituto si collegano con un evento molto speciale: proprio il 13 Maggio 1981 in Piazza San Pietro, il mio amato Predecessore Giovanni Paolo II subì il noto grave attentato durante l'Udienza in cui avrebbe dovuto annunciare la creazione del vostro Istituto. Questo fatto riveste un rilievo speciale nella presente commemorazione, che celebriamo a poco più di un anno dalla sua morte. Lo avete voluto evidenziare mediante l'opportuna iniziativa di un congresso su "L'eredità di Giovanni Paolo II sul matrimonio e la famiglia: amare l'amore umano".Giustamente voi sentite vostra questa eredità a titolo del tutto speciale, poiché siete i destinatari e i continuatori della visione che costituì uno dei centri portanti della sua missione e delle sue riflessioni: il piano di Dio sul matrimonio e la famiglia. Si tratta di un lascito, che non è semplicemente un insieme di dottrine o di idee, ma prima di tutto un insegnamento dotato di una luminosa unità sul senso dell'amore umano e della vita. La presenza di numerose famiglie a questa udienza - quindi non solo gli studenti attuali e del passato, ma gli studenti del futuro, soprattutto - è una testimonianza particolarmente eloquente di come l'insegnamento di tale verità sia stato accolto ed abbia dato i suoi frutti.

L'idea di "insegnare ad amare" accompagnò già il giovane sacerdote Karol Wojtyla e successivamente lo entusiasmò, quando, giovane Vescovo, affrontò i difficili momenti che fecero seguito alla pubblicazione della profetica e sempre attuale Enciclica del mio Predecessore Paolo VI, la Humanae vitae. Fu in quella circostanza che egli comprese la necessità di intraprendere uno studio sistematico di questa tematica. Ciò costituì il sostrato di quell'insegnamento che fu poi offerto a tutta la Chiesa nelle sue indimenticabili Catechesi sull’amore umano. Venivano così messi in rilievo due elementi fondamentali che voi in questi anni avete cercato di approfondire e che configurano la novità stessa del vostro Istituto quale realtà accademica con una missione specifica all'interno della Chiesa.

Il primo elemento è che il matrimonio e la famiglia sono radicati nel nucleo più intimo della verità sull'uomo e sul suo destino. La Sacra Scrittura rivela che la vocazione all'amore fa parte di quell'autentica immagine di Dio che il Creatore ha voluto imprimere nella sua creatura, chiamandola a diventargli simile proprio nella misura in cui è aperta all'amore. La differenza sessuale che connota il corpo dell'uomo e della donna non è dunque un semplice dato biologico, ma riveste un significato ben più profondo: esprime quella forma dell'amore con cui l'uomo e la donna, diventando - come dice la Sacra Scrittura - una sola carne, possono realizzare un'autentica comunione di persone aperta alla trasmissione della vita e cooperano così con Dio alla generazione di nuovi esseri umani. Un secondo elemento caratterizza la novità dell'insegnamento di Giovanni Paolo II sull'amore umano: il suo modo originale di leggere il piano di Dio proprio nella confluenza della rivelazione divina con l'esperienza umana. In Cristo infatti, pienezza della rivelazione d'amore del Padre, si manifesta anche la verità piena della vocazione all'amore dell'uomo, che può ritrovarsi compiutamente soltanto nel dono sincero di sé.

Nella mia recente Enciclica ho inteso sottolineare come proprio mediante l'amore si illumini "l'immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell'uomo e del suo cammino" (Deus caritas est ). In altre parole Dio si è servito della via dell'amore per rivelare il mistero intimo della sua vita trinitaria. Inoltre, il rapporto stretto che esiste tra l'immagine di Dio Amore e l'amore umano ci permette di capire che "all'immagine del Dio monoteistico corrisponde il matrimonio monogamico. Il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l'icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell'amore umano" (ibid., 11). Questa indicazione resta ancora in gran parte da esplorare. Ecco allora stagliarsi il compito che l'Istituto per Studi su Matrimonio e Famiglia ha nell'insieme delle strutture accademiche: illuminare la verità dell'amore come cammino di pienezza in ogni forma di esistenza umana. La grande sfida della nuova evangelizzazione, che Giovanni Paolo II ha proposto con tanto slancio, ha bisogno di essere sostenuta con una riflessione veramente approfondita sull'amore umano, in quanto è proprio questo amore una via privilegiata che Dio ha scelto per rivelare se stesso all'uomo ed è in questo amore che lo chiama a una comunione nella vita trinitaria. Quest'impostazione ci permette anche di superare una concezione privatistica dell'amore, oggi tanto diffusa. L'autentico amore si trasforma in una luce che guida tutta la vita verso la sua pienezza, generando una società abitabile per l'uomo. La comunione di vita e di amore che è il matrimonio si configura così come un autentico bene per la società. Evitare la confusione con altri tipi di unioni basate su un amore debole si presenta oggi con una speciale urgenza. Solo la roccia dell'amore totale e irrevocabile tra uomo e donna è capace di fondare la costruzione di una società che diventi una casa per tutti gli uomini.

L'importanza che il lavoro dell'Istituto riveste nella missione della Chiesa spiega la sua configurazione propria: infatti, Giovanni Paolo II aveva approvato un solo Istituto in differenti sedi ripartite nei cinque continenti, col fine di poter offrire una riflessione che mostri la ricchezza dell'unica verità nella pluralità delle culture. Tale unità di visione nella ricerca e nell'insegnamento, pur nella diversità dei luoghi e delle sensibilità, rappresenta un valore che dovete custodire, sviluppando le ricchezze radicate in ciascuna cultura. Questa caratteristica dell'Istituto si è rivelata particolarmente adeguata allo studio di una realtà come quella del matrimonio e della famiglia. Il vostro lavoro può manifestare in che modo il dono della creazione vissuto nelle differenti culture sia stato elevato a grazia di redenzione da Cristo.

Per poter realizzare bene la vostra missione come fedeli eredi del Fondatore dell'Istituto, l'amato Giovanni Paolo II, vi invitò a guardare a Maria Santissima, la Madre del Bell'Amore. L'amore redentore del Verbo incarnato deve convertirsi per ciascun matrimonio e in ciascuna famiglia in una "sorgente di acqua viva in mezzo a un mondo assetato" (Deus caritas est ). A tutti voi, carissimi docenti, studenti di oggi e di ieri, personale addetto, come anche alle famiglie che fanno capo al vostro Istituto, va il mio augurio più cordiale, che accompagno con una speciale Benedizione Apostolica.




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