Discorsi 2005-13 10607

AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA REPUBBLICA CENTROAFRICANA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Venerdì, 1° giugno 2007

10607

Cari Fratelli nell'Episcopato,

È con gioia che vi accolgo mentre realizzate la vostra visita ad Limina. Questo pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo è un'occasione privilegiata per confermare i vincoli delle vostre Chiese locali con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale. I vostri incontri con i miei collaboratori vi permettono anche di condividere le vostre preoccupazioni di Pastori della Chiesa nella Repubblica Centroafricana e di ricevere un incoraggiamento fraterno per il vostro ministero episcopale. Ringrazio il Presidente della vostra Conferenza Episcopale, Monsignor François-Xavier Yombandje, per la sua presentazione della vita della Chiesa nel vostro Paese. Siate certi che il Papa è vicino alle vostre comunità e a tutto il popolo centroafricano. A tutti, e in particolare ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli laici delle vostre Diocesi, trasmettete il suo affetto e il suo incoraggiamento per edificare una società di pace e di fraternità fondata sul rispetto reciproco e su un'autentica solidarietà.

È in un contesto difficile che dovete svolgere la vostra missione al servizio del popolo che il Signore vi ha affidato. Per rispondere altresì alle sfide che la Chiesa nel vostro Paese deve affrontare, una collaborazione effettiva è garanzia di maggiore efficacia; ma è anche e soprattutto una necessità fondata su una viva consapevolezza della dimensione collegiale del vostro ministero, permettendovi di realizzare "le molteplici espressioni della fraternità sacramentale, che vanno dalla reciproca accoglienza e stima alle varie attenzioni di carità e concreta collaborazione" (Pastores gregis ). Riponendo la vostra speranza e la vostra umile fiducia unicamente nel Signore, troverete il coraggio apostolico, tanto necessario nell'esercizio delle vostre responsabilità. Siate certi che non siete mai soli nel compimento del vostro ministero, il Signore è vicino a voi e vi accompagna con la sua presenza e la sua grazia. Attraverso una vita di comunione sempre più intensa, un'esistenza quotidiana esemplare, siete testimoni in mezzo al vostro popolo.

Fra le sfide più urgenti a cui la Chiesa nel vostro Paese deve rispondere, vi sono la pace e la concordia nazionale. I più poveri sono vittima in modo particolare di situazioni drammatiche che portano inevitabilmente a profonde divisioni nella società e anche allo sconforto. La seconda Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, che è in fase di preparazione, sarà un tempo forte di riflessione sull'annuncio del Vangelo in un contesto caratterizzato da numerosi segni di speranza, ma anche da situazioni preoccupanti. Auspico vivamente che l'Africa non venga più dimenticata in questo mondo in profondo cambiamento, e che un'autentica speranza nasca per i popoli di questo continente.

È dovere della Chiesa difendere i deboli ed essere voce di quanti non hanno voce. Desidero incoraggiare le persone che si adoperano per suscitare la speranza attraverso un impegno risoluto per la difesa della dignità della persona umana e dei suoi diritti inalienabili. Fra di essi vi è il bene fondamentale della pace e di una vita in sicurezza. La promozione della pace, della giustizia e della riconciliazione è un'espressione della fede cristiana nell'amore che Dio nutre per ogni essere umano. Che la Chiesa continui risolutamente ad annunciare la pace di Cristo operando, con tutte le persone di buona volontà, per la giustizia e la riconciliazione. Invito parimenti tutti i fedeli a implorare dal Signore questo dono tanto prezioso, poiché la preghiera apre il cuore e ispira gli artefici di pace.

Attraverso le sue opere sociali, in particolare negli ambiti della salute e dell'educazione dei giovani, la Chiesa contribuisce anche a suo modo all'edificazione della società fraterna e solidale alla quale aspira il vostro popolo. Invito in particolare le comunità religiose e i laici, che partecipano con competenza a questo impegno fondamentale per il futuro del Paese, a proseguire i loro sforzi, non perdendosi mai d'animo, per essere segni della fiducia che il Signore ripone in ogni persona umana.

Inoltre, perché la società possa accedere a uno sviluppo umano e spirituale autentico, occorre operare un cambiamento delle mentalità. Quest'opera di ampio respiro riguarda soprattutto la famiglia e il matrimonio. Impegnandosi risolutamente a vivere nella fedeltà coniugale e nell'unità della loro coppia, i cristiani mostrano a tutti la grandezza e la verità del matrimonio. È mediante un "sì" liberamente dato, per sempre, che l'uomo e la donna esprimono la loro umanità autentica e la loro apertura a donare una vita nuova. La preparazione seria dei giovani al matrimonio deve aiutarli a superare la reticenza a fondare una famiglia stabile, aperta sul futuro. Vi invito parimenti a sviluppare il sostegno alle famiglie, in particolare favorendo la loro educazione cristiana. Allora potranno rendere conto della fede che le anima con maggiore vigore, sia dinanzi ai figli sia dinanzi alla società.

Quanto ai vostri sacerdoti, alla cui generosità e zelo rendo omaggio, essi esercitano, con il vostro sostegno premuroso alla loro vita personale e pastorale, una responsabilità fondamentale nella missione delle vostre Diocesi. In collaborazione fraterna con tutti gli agenti pastorali, in primo luogo con i missionari e i catechisti, dei quali conosco l'impegno instancabile al servizio del Vangelo, li invito con forza a essere uomini appassionati dall'annuncio del Vangelo. Per riuscirci, troveranno l'unità della loro persona e la fonte del loro dinamismo apostolico nell'amicizia personale con Cristo e nella contemplazione, in Lui, del volto del Padre. Una vita sacerdotale esemplare, fondata su una ricerca costante della conformità a Cristo, è un'esigenza di ogni giorno. Nella preghiera, radicata nella meditazione della Parola di Dio, e nell'Eucaristia, fonte e culmine del loro ministero, troveranno forza e coraggio per servire il popolo di Dio e condurlo lungo i cammini della fede.

Per dare alla Chiesa i sacerdoti di cui ha bisogno, la formazione dei candidati assume un'importanza che non si può sottovalutare. Oggi più che mai è necessario essere esigenti rispetto alla loro formazione umana e spirituale. In effetti, poiché i sacerdoti sono chiamati ad assumere pesanti responsabilità nell'esercizio del loro ministero, un insieme di qualità umane deve essere richiesto ai candidati, affinché siano capaci di acquisire una vera disciplina di vita sacerdotale. Si sarà particolarmente vigili nel verificare l'equilibrio affettivo dei seminaristi e nel formare la loro sensibilità, per essere certi della loro attitudine a vivere le esigenze del celibato sacerdotale. Questa formazione umana deve trovare tutto il suo significato in una salda formazione spirituale, in quanto è indispensabile che la vita e l'attività del sacerdote siano radicate in una fede viva in Gesù Cristo.

Avere un numero sufficiente di formatori e di direttori spirituali competenti per guidare i candidati al sacerdozio è dunque per i Pastori una priorità pastorale, affinché si possa compiere un autentico discernimento. Desidero anche dire ai giovani che vi è molta gioia nel rispondere generosamente alla chiamata del Signore a seguirlo per annunciare il Vangelo.

Infine, dopo aver vissuto un anno che ha aiutato i cattolici a sentire un nuovo slancio e un nuovo fervore eucaristico, una partecipazione attiva e feconda dei fedeli al "Sacramento dell'Amore" resta fondamentale. In questa prospettiva, la prosecuzione di alcuni adeguamenti adatti ai diversi contesti e alle diverse culture deve fondarsi su una concezione autentica dell'inculturazione, affinché l'Eucaristia divenga realmente "criterio di valorizzazione di tutto ciò che il cristiano incontra nelle varie espressioni culturali" (Sacramentum caritatis, n. 78). Mediante celebrazioni festose, le vostre comunità desiderano offrire un'espressione gioiosa della gloria di Dio; che ciò avvenga sempre in un giusto equilibrio con una contemplazione silenziosa del mistero che viene celebrato! Il silenzio permette, in effetti, di mettersi all'ascolto del Salvatore, che si dona alla comunità che celebra. Così, una preparazione interiore prima di ricevere il Corpo di Cristo permette a ognuno di accogliere nella fede della Chiesa il mistero della salvezza.

Al termine del nostro incontro, cari Fratelli nell'Episcopato, desidero ribadire la mia vicinanza spirituale a voi e alle vostre Diocesi. Proseguite con coraggio il radicamento della fede nel vostro popolo! Che tutti siano instancabili artefici di pace e di riconciliazione! Affido ognuna delle vostre Diocesi alla Vergine Maria, Regina dell'Africa, affinché sia la vostra protettrice e la stella che vi guida verso Gesù suo Figlio. A ognuno di voi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi, ai catechisti e a tutti i vostri diocesani imparto un'affettuosa Benedizione Apostolica.



AI SUPERIORI E AGLI ALUNNI DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA ECCLESIASTICA Sala del Concistoro Sabato, 2 giugno 2007

20607
Venerato Fratello nell’Episcopato,
cari Superiori e Sacerdoti,

voi tutti, che formate la famiglia della Pontificia Accademia Ecclesiastica, siate i benvenuti! Ho ascoltato con attenzione e riconoscenza l'indirizzo che il vostro Presidente mi ha appena rivolto a nome vostro, e lo ringrazio di cuore. Le sue parole di congratulazione per il libro "Gesù di Nazareth", frutto della mia personale ricerca del volto di Cristo, mostrano che la Pontificia Accademia Ecclesiastica considera giustamente l’anelito a conoscere sempre più il Signore un valore fondamentale per chi, come voi, è chiamato nel servizio diplomatico ad una peculiare collaborazione con il Successore di Pietro. In effetti, cari Alunni, quanto più ricercherete il volto di Cristo, tanto meglio potrete servire la Chiesa e gli uomini - cristiani e non cristiani - che incontrerete sul vostro cammino nelle Rappresentanze Pontificie sparse in ogni parte del mondo.

Quando, come oggi, ho la lieta opportunità di incontrarvi, penso a questo vostro futuro servizio alla Chiesa. Penso anche ai vostri Vescovi, che vi hanno inviato alla Pontificia Accademia Ecclesiastica per aiutare il Papa nella sua missione universale presso le Chiese particolari e presso le diverse istanze civili con cui la Santa Sede è in rapporto. Il servizio al quale siete destinati e per il quale vi preparate qui a Roma, è un servizio di testimoni qualificati presso le Chiese e le autorità dei Paesi ai quali, a Dio piacendo, sarete destinati. Al testimone del Vangelo è chiesto di restare fedele in ogni circostanza alla missione che gli è affidata. Ciò comporta per voi, in primo luogo, un’esperienza personale e profonda del Dio incarnato, un’amicizia intima con Gesù, nel cui nome la Chiesa vi invia per un singolare compito apostolico. Voi sapete che la fede cristiana non può mai ridursi a mera conoscenza intellettuale di Cristo e della sua dottrina; deve anche esprimersi nell’imitazione degli esempi che Cristo ci ha dato come Figlio del Padre e come Figlio dell’uomo. In particolare, chi collabora con il Successore di Pietro, Pastore supremo della Chiesa cattolica, è chiamato a fare del suo meglio per essere lui stesso un vero pastore pronto, come Gesù Buon Pastore, a dare la vita per il suo gregge.

Ho perciò molto gradito l’aspirazione che vi anima e che avete espresso tramite il vostro Presidente, ad essere fondamentalmente pastori; sempre pastori, accanto agli altri pastori della Chiesa, prima di essere anche, accanto ai Rappresentanti Pontifici con cui collaborerete, promotori del dialogo e tessitori di fruttuosi rapporti con le autorità e le istanze civili, come vuole la peculiare tradizione cattolica. Coltivate questo vostro anelito, così che quanti vi avvicineranno possano scoprire sempre il sacerdote che è in voi. Si renderà così a tutti noto con chiarezza il carattere atipico della diplomazia pontificia. Una diplomazia, come possono constatare le numerose missioni diplomatiche accreditate presso la Sede Apostolica che, lungi dal difendere interessi materiali o visioni parziali dell'uomo, promuove valori che scaturiscono dal Vangelo, come espressione degli alti ideali proclamati da Gesù, unico e universale Salvatore. Questi valori, del resto, in non piccola parte sono patrimonio condiviso anche da altre religioni ed altre culture.

Cari amici, anche quando lascerete l'Accademia - oltre una decina di voi si apprestano a farlo nelle prossime settimane – continuate a coltivare un’intima e personale amicizia con Gesù, cercando di conoscere sempre meglio e di assimilare i pensieri e i sentimenti che furono suoi (cfr
Ph 2,5). Più profondamente lo conoscerete, più saldamente rimarrete uniti a Lui e più fedeli resterete ai vostri impegni sacerdotali, più e meglio sarete in grado di servire gli uomini, più fecondo sarà il vostro dialogo con loro, più raggiungibile apparirà la pace che proporrete in casi di tensione o di conflitto, più consolante risulterà il conforto che, in nome di Cristo e della sua Chiesa, offrirete alle persone provate e indifese. In questo modo, apparirà con maggiore chiarezza agli occhi del mondo la convergenza ideale tra la vostra missione e l'evangelizzazione proposta dagli altri responsabili della pastorale.

Cari fratelli, mentre affido alla vostra attenzione queste brevi riflessioni, mi è gradito rinnovarvi il mio augurio di ogni bene per voi e per le vostre famiglie. Di tutto cuore vi assicuro un ricordo nella mia preghiera e, invocando la materna protezione della Vergine Maria, volentieri benedico voi, le persone che si occupano della vostra formazione e tutti i vostri cari.



AI PARTECIPANTI ALLA 18ª ASSEMBLEA GENERALE DELLA CARITAS INTERNATIONALIS Sala Clementina Venerdì, 8 giugno 2007

8067

Cari amici,

è una gioia speciale per me accogliere i partecipanti alla 18ª Assemblea Generale di Caritas Internationalis. Saluto in particolare il Dottor Denis Viénot e il Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum", Arcivescovo Paul Josef Cordes, ringraziandoli per le cordiali parole che hanno appena pronunciato.

Desidero, inoltre, inviare i miei migliori auspici oranti al nuovo Presidente della Confederazione, il Cardinale Rodríguez Maradiaga.

Siete tutti giunti a Roma in questi giorni per un momento significativo nella vita della Confederazione, affinché le vostre organizzazioni membro possano riflettere, in un'atmosfera di comunione fraterna, sulle sfide che vi si presentano attualmente.

Inoltre, avete compiuto passi importanti, plasmando il vostro futuro immediato eleggendo i maggiori funzionari di Caritas Internationalis. Ho fiducia nel fatto che le vostre deliberazioni in questi giorni siano state un grande beneficio per voi, personalmente, per l'opera delle vostre organizzazioni membro in tutto il mondo e per quanti servite.

Prima di tutto, datemi l'opportunità di ringraziarvi per la testimonianza eccezionale che la vostra Confederazione ha reso al mondo, fin dalla creazione della prima Caritas Internazionalis in Germania più di un secolo fa. Da allora, c'è stata una grande proliferazione di organizzazioni con questo nome, a livello parrocchiale, diocesano e nazionale, che si sono riunite, grazie all'iniziativa della Santa Sede, nella Confederazione Caritas Internazionalis, che oggi annovera più di 150 organizzazioni nazionali. È stato a motivo del carattere pubblico della vostra attività caritativa, radicata nell'amore del Signore, che il mio predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, ha conferito personalità giuridica canonica pubblica a Caritas Internationalis mediante la Lettera Pontificia Durante l'Ultima Cena del 16 settembre 2004. Questo status suggella l'appartenenza ecclesiale della vostra organizzazione, conferendole una missione speciale in seno alla Chiesa. Significa che la vostra Confederazione non opera semplicemente a nome della Chiesa, ma è veramente parte della Chiesa, intimamente impegnata nello scambio di doni che ha luogo a così tanti livelli della vita ecclesiale. Quale segno di supporto della Santa Sede alla vostra opera, Caritas Internationalis ha visto realizzato il proprio desiderio di essere accompagnata e guidata dal Pontificio Consiglio Cor Unum.

Dunque, qual è la missione particolare della vostra Confederazione? Quale aspetto del compito della Chiesa riguarda voi e le vostre organizzazioni? Siete chiamati, per mezzo dell'attività caritativa che intraprendete, ad assistere la missione della Chiesa che consiste nel diffondere nel mondo l'amore di Dio che è stato "riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo" (
Rm 5,5). Il concetto stesso di caritas ci porta nel cuore del cristianesimo, nel cuore di Cristo, da cui sgorgano "fiumi di acqua viva" (Jn 7,38). Nell'opera delle organizzazioni caritative come le vostre, vediamo i frutti dell'amore di Cristo. Ho sviluppato questo tema nella mia Enciclica Deus Caritas Est, che vi raccomando ancora una volta quale riflessione sul significato teologico delle vostre azioni nel mondo. L'amore deve essere compreso alla luce di Dio che è caritas: Dio che ha amato tanto il mondo da dare il suo Figlio (cfr Jn 3,16). In tal modo, osserviamo che l'amore trova la sua maggiore realizzazione nel dono di sé. Questo è ciò che Caritas Internationalis cerca di ottenere nel mondo. Il cuore della Caritas è l'amore sacrificale di Cristo e ogni forma di carità individuale e organizzata nella Chiesa deve sempre trovare il suo punto di riferimento in Lui, fonte di carità.
Questa visione teologica ha implicazioni pratiche per l'opera delle organizzazioni caritative e oggi desidero sottolinearne due.

La prima è che ogni atto di solidarietà dovrebbe essere ispirato dall'esperienza personale di fede che porta alla scoperta che Dio è Amore. Chi lavora per la Caritas è chiamato a rendere testimonianza di tale amore di fronte al mondo. La carità cristiana supera la nostra naturale capacità di amare: è una virtù teologica, come ci insegna san Paolo nel famoso inno alla carità (Cfr 1Co 13). Quindi ciò sfida il donatore a porre l'assistenza umanitaria nel contesto di una testimonianza personale di fede che poi diviene una parte del dono offerto ai poveri. Solo quando l'attività caritatevole assume la forma del dono di sé di Cristo, diviene un gesto veramente degno della persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio. La carità vissuta promuove la crescita nella santità, secondo l'esempio di molti servitori dei poveri che la Chiesa ha elevato agli onori degli altari.
La seconda implicazione consegue direttamente dalla prima. L'amore di Dio è offerto a tutti, quindi lo scopo della carità della Chiesa è anche universale, e include, in tal modo, un impegno alla giustizia sociale. Tuttavia, cambiare le strutture sociali ingiuste non è sufficiente per garantire la felicità della persona umana.

Inoltre, come ho detto recentemente ai Vescovi riuniti ad Aparecida, in Brasile, il lavoro politico "non è competenza immediata della Chiesa" (Discorso alla V Conferenza Generale dei Vescovi dell'America Latina e dei Caraibi, 13 maggio 2007).

Piuttosto, le grandi sfide che si presentano nel mondo attuale quali la globalizzazione, gli abusi dei diritti umani, strutture sociali ingiuste, non si possono affrontare e superare senza concentrare l'attenzione sulle necessità più profonde della persona umana: la promozione della dignità umana, il benessere e, in definitiva, la salvezza eterna.

Ho fiducia nel fatto che l'opera di Caritas Internationalis si ispiri ai principi che ho appena evidenziato. In tutto il mondo esistono innumerevoli uomini e donne il cui cuore è colmo di gioia e gratitudine per il servizio che rendete loro. Desidero incoraggiare tutti voi a perseverare nella vostra missione speciale di diffondere l'amore di Cristo che è venuto affinché tutti possano avere la vita in abbondanza. Raccomandando tutti voi all'intercessione di Maria, Madre della Chiesa e sono lieto di impartire la mia Benedizione Apostolica.





AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE REGIONALE DEL NORD DELL’AFRICA (C.E.R.N.A.) IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sabato, 9 giugno 2007

9067
Cari Fratelli nell'Episcopato,

Sono lieto di accogliervi, Pastori della Chiesa cattolica nei Paesi del Nord dell'Africa. Compiendo la vostra visita ad limina, venite presso le tombe degli Apostoli per ravvivare la vostra fede e per confermare i vincoli delle vostre Chiese locali con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale. Ringrazio il Presidente della vostra Conferenza Episcopale, Monsignor Vincent Landel, Arcivescovo di Rabat, per le sue parole, che esprimono la diversità degli impegni della Chiesa nei vostri Paesi e l'amore delle vostre comunità per la terra in cui risiedono. Tornando alle vostre Diocesi, trasmettete i sentimenti affettuosi del Papa ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e a tutti i fedeli, in particolare a coloro che vincoli più stretti uniscono al vostro Paese. Saluto anche cordialmente ognuno dei popoli in mezzo ai quali vivete. Che Dio li benedica e li aiuti a progredire nei loro sforzi per edificare una società sempre più fraterna e più giusta!

La diversità delle situazioni umane ed ecclesiali dei vostri Paesi non è un ostacolo alla fraternità che avete a cuore di vivere nella vostra Conferenza Episcopale, trovandovi un sostegno apprezzabile per il vostro ministero, in particolare nelle prove che hanno segnato alcune delle vostre Chiese locali. La vostra unità è una testimonianza veritiera resa all'insegnamento del Signore: "siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (
Jn 17,21). Con i sacerdoti delle vostre Diocesi, che devono confrontarsi con situazioni che richiedono spesso un grande senso ecclesiale e profonde convinzioni spirituali, come anche un'attenzione costante alle nuove chiamate dello Spirito, assicurate coraggiosamente il servizio al popolo che vi è stato affidato. Che il Signore, che vi accompagna ogni giorno, sia la forza e la gioia del vostro ministero!

L'incontro fraterno degli uomini e delle donne in mezzo ai quali vivete è uno dei temi che desiderate sviluppare per esprimere la missione della Chiesa nella vostra regione. In questa prospettiva, vi incoraggio vivamente a guidare i fedeli verso un autentico incontro con il Signore, che li conduca all'incontro con i loro fratelli e le loro sorelle, Lui che è già misteriosamente presente nel cuore di ognuno e nella ricerca da parte di ogni uomo della verità e della felicità (cfr Ad gentes AGD 11). In tal modo, come ha vissuto intensamente Padre Charles de Foucauld, che le vostre Chiese diocesane hanno avuto la gioia di vedere beatificato qualche mese fa, che l'Eucaristia possa essere al centro della vita delle vostre comunità! In effetti, nella celebrazione di questo grande mistero e nell'adorazione eucaristica, che sono atti di incontro personale con il Signore, matura un'accoglienza profonda e autentica di quell'aspetto della missione che consiste nell'infrangere le barriere fra il Signore e noi, e anche le barriere che ci separano gli uni dagli altri.

Nel corso dei primi secoli, le comunità cristiane della vostra regione hanno contribuito a creare ponti fra le rive del Mediterraneo. Ancora oggi, San Cipriano, Sant'Agostino e tanti altri testimoni della fede restano punti di riferimento spirituale, intellettuale e culturale inconfutabili. Attualmente, i membri delle vostre comunità presentano una grande diversità, sia per la loro origine sia per la durata e i motivi della loro presenza nel Maghreb. Danno così un'immagine dell'universalità della Chiesa, il cui messaggio evangelico si rivolge a tutte le nazioni. Desidero salutare qui, in particolare, i giovani cristiani dell'Africa subsahariana che studiano nei vostri Paesi. Che la solidarietà che esiste fra di essi, con il sostegno fraterno dei loro accompagnatori, li aiuti a rendere testimonianza generosamente della loro fede di discepoli di Cristo fra i loro fratelli. Il vigore e l'autenticità della testimonianza ecclesiale dei fedeli delle vostre Diocesi, in famiglia, nei posti di lavoro, di studio o di abitazione, esigono che i Pastori siano vicini alle loro preoccupazioni e che offrano loro l'aiuto spirituale necessario. Ciò farà anche sì che prendano coscienza del significato ecclesiale della loro presenza nella società, assumendo le responsabilità che corrispondono loro nella comunità.

Sostenendo la loro fede con la celebrazione dei Sacramenti e con una salda formazione cristiana, e anche con la ricerca di uno sguardo evangelico sulle realtà sociali, culturali e religiose del Paese, conferite loro gli strumenti per vivere coraggiosamente le situazioni spesso difficili che incontrano nell'esistenza quotidiana e nel lavoro. La qualità spirituale delle comunità cristiane, fondata sulla certezza che il Signore è sempre presente e che opera in esse e attraverso di esse, è essenziale per permettere loro di rendere conto della speranza che le anima. Unite ai loro Pastori, in un clima di carità fraterna, che siano veramente luoghi in cui si vive la comunione, come manifestazione dell'amore di Dio per tutti gli uomini.

In questa prospettiva, il dialogo interreligioso ha un posto importante nella pastorale delle vostre Diocesi. Come ho già avuto occasione di sottolineare, "abbiamo assolutamente bisogno d'un dialogo autentico tra le religioni e tra le culture, un dialogo in grado di aiutarci a superare insieme tutte le tensioni in uno spirito di proficua intesa" (Discorso ad Ambasciatori di Paesi a maggioranza musulmana, 25 settembre 2006). Mi rallegro dunque nel constatare che, mediante iniziative di dialogo e luoghi di incontro, come i centri di studio e le biblioteche, siete risolutamente impegnati nello sviluppo e nell'approfondimento dei rapporti di stima e di rispetto esistenti fra cristiani e musulmani, al fine di promuovere la riconciliazione, la giustizia e la pace. D'altro canto, nella condivisione della vita quotidiana cristiani e musulmani possono trovare la base principale per una migliore conoscenza reciproca. Attraverso una partecipazione fraterna alle gioie e ai dolori gli uni degli altri, in particolare nei momenti più significativi dell'esistenza, e anche attraverso molteplici collaborazioni negli ambiti della salute, dell'educazione, della cultura, o nel servizio ai più umili, mostrate un'autentica solidarietà, che rafforza i vincoli di fiducia e di amicizia fra le persone, le famiglie e le comunità.

Fra le questioni importanti che la vostra regione deve affrontare, l'emigrazione di persone provenienti dall'Africa subsahariana, che tentano di varcare il Mediterraneo per entrare in Europa alla ricerca di una vita migliore, deve suscitare a sua volta collaborazioni, al servizio della giustizia e della pace. La situazione di queste persone, particolarmente preoccupante e a volte drammatica, non può non interpellare le coscienze. L'aiuto generoso che le vostre Chiese diocesane offrono loro è un contributo al riconoscimento della loro dignità e una testimonianza resa al Signore. Auspico vivamente che i Paesi coinvolti da queste migrazioni cerchino mezzi efficaci per permettere a tutti di nutrire la speranza di costruire un futuro per se stessi e per la propria famiglia, e che la dignità di ogni persona venga sempre rispettata.

Desidero altresì sottolineare l'importanza della vita consacrata nelle vostre Diocesi. Il disinteressato dono di sé dei religiosi e delle religiose nel loro servizio alla popolazione, senza distinzione di origine né di credenza, è apprezzato da tutti. Questa vita completamente donata, nel distacco da sé e nella libertà interiore, è prima di tutto la testimonianza di un'appartenenza radicale a Dio, che suscita l'ardente desiderio di andare verso il prossimo, e in forma privilegiata verso i più bisognosi. Questa appartenenza a Cristo assume un significato ancora più radicale nella testimonianza dei monaci e delle monache, che desidero salutare e incoraggiare in modo particolare. La loro vita di preghiera e di contemplazione è una grazia per tutta la Chiesa nella vostra regione. La loro fedeltà discreta alla popolazione che li accoglie, come ha dimostrato l'esempio incredibile della comunità di Tibhirine, è un segno eloquente dell'amore di Dio, che desiderano manifestare a tutti.

La collaborazione sempre più vasta delle vostre Diocesi con le Chiese del Medio Oriente e dell'Africa, è una testimonianza di grande valore per la vostra regione, che è un punto d'incontro fra l'Africa, l'Europa e il mondo arabo. Lo sviluppo di queste relazioni è anche una messa in opera effettiva della solidarietà della Chiesa in Africa e in Medio Oriente, nella sua preoccupazione apostolica nei confronti della vostra regione. L'accoglienza di sacerdoti e di religiose, che avete cura di formare in vista di situazioni ecclesiali a volte molto diverse da quelle dei loro Paesi di origine, è per voi un sostegno pastorale prezioso e per tutti un'apertura alla dimensione universale della missione.

Cari fratelli nell'Episcopato, vi incoraggio calorosamente nel vostro ministero al servizio dei popoli della vostra regione. Sull'esempio del Beato Charles de Foucauld, che i cristiani dei vostri Paesi siano testimoni credibili della fraternità universale che Cristo ha insegnato ai suoi discepoli! Affido le vostre comunità alla protezione materna di Notre Dame d'Afrique, e di tutto cuore imparto a voi, ai vostri sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e a tutti i fedeli delle vostre Diocesi, un'affettuosa Benedizione Apostolica.




VISITA ALLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI Palazzo del Bramante, Via della Conciliazione (Roma) Sabato, 9 giugno 2007

9167

1. DISCORSO DEL SANTO PADRE
2. ANNUNCIO DELLA NOMINA DEL NUOVO PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI

Beatitudine,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

È giunto il giorno, atteso anche dal Papa, di visitare la Congregazione per le Chiese Orientali. È un giorno significativo anche perché oggi il calendario della Chiesa Latina ricorda Sant'Efrem, il grande Dottore della Chiesa sira. Sono riconoscente al Signore e a tutti voi per questo incontro molto cordiale. Saluto il Cardinale Prefetto, Ignace Moussa Daoud, e lo ringrazio per le sue gentili espressioni di omaggio. Estendo il mio ricordo all'Arcivescovo Segretario, Mons. Antonio Maria Vegliò, al Sotto-Segretario, ai Collaboratori e a tutti i presenti.

Il mio primo pensiero va a Papa Benedetto XV, di felice memoria, che istituì la "Sacra Congregazione per la Chiesa Orientale" novant'anni or sono. Il beato Pio IX aveva costituito in seno a Propaganda Fide la "Sezione Orientale". Tuttavia, per "fugare il timore che gli orientali non fossero tenuti nella dovuta considerazione dai Romani Pontefici", Papa Benedetto volle il nuovo Dicastero, del tutto autonomo, disponendo quanto necessario per il suo migliore funzionamento. E ne assunse egli stesso il governo. Come attesta il Motu proprio Dei providentis, egli desiderava manifestare chiaramente che "in Ecclesia Iesu Christi, ut quae non latina sit, non graeca, non slavonica, sed catholica, nullum inter eius filios intercedere discrimen" (AAS, 9-1917, PP 529-531).

Iniziava proprio allora una fase drammatica della storia, specialmente per l'Est europeo. I tempi successivi avrebbero confermato quanto mai provvidenziale quel provvedimento pontificio teso ad assicurare agli orientali cattolici, attraverso una specifica Congregazione, la premura della Chiesa, la quale avrebbe poi accompagnato molti di loro nell'ora non breve della persecuzione. Dopo il silenzio, giunse il tempo del riscatto, e la vita e la missione della Chiesa poterono riprendere, svilupparsi e consolidarsi. In questa circostanza ringrazio nuovamente il Signore per i disegni della sua divina bontà. Ma come padre e pastore, sento il dovere di elevare a Dio una fervida preghiera e di rivolgere un accorato appello a tutti i responsabili perché ovunque, dall'Oriente all'Occidente, le Chiese possano professare la fede cristiana in piena libertà. Ai figli e alle figlie della Chiesa sia concesso ovunque di vivere nella tranquillità personale e sociale: siano garantiti dignità, rispetto e futuro ai singoli e ai gruppi, senza pregiudizio alcuno per i loro diritti di credenti e di cittadini.

Dalle mie labbra si leva oltremodo accorata l'invocazione di pace per la Terra Santa, l'Iraq, il Libano, tutti territori posti sotto la giurisdizione della Congregazione per le Chiese Orientali, come anche per le altre regioni coinvolte nel vortice di una violenza apparentemente inarrestabile. Possano le Chiese e i discepoli del Signore rimanere là dove li ha posti per nascita la divina Provvidenza; là dove meritano di rimanere per una presenza che risale agli inizi del cristianesimo. Nel corso dei secoli essi si sono distinti per un amore incontestabile e inscindibile alla propria fede, al proprio popolo e alla propria terra.

Questa visita mi pone sulle orme dei miei venerati Predecessori, il Servo di Dio Giovanni Paolo II e il Beato Giovanni XXIII, che vennero personalmente ad incontrare i Superiori e gli Officiali del Dicastero. Con essa intendo inoltre simbolicamente continuare il pellegrinaggio al cuore dell'Oriente che Papa Giovanni Paolo II ha proposto nella Lettera apostolica Orientale lumen. Poiché la venerabile e antica tradizione delle Chiese Orientali è parte integrante del patrimonio indiviso della Chiesa di Cristo (cfr Unitatis redintegratio
UR 17), egli esortava a conoscerla, affermando: “E’ necessario che anche i figli della Chiesa cattolica di tradizione latina possano conoscere in pienezza questo tesoro e sentire così, insieme con il Papa, la passione perché sia restituita alla Chiesa e al mondo la piena manifestazione della cattolicità della Chiesa” (Orientale lumen, 1). Ho idealmente iniziato tale pellegrinaggio assumendo il nome di un Papa che tanto amò l’Oriente. E, aprendo ufficialmente il Servizio Petrino del Vescovo di Roma, mi sono raccolto presso il sepolcro dell’Apostolo chiamando accanto a me i Patriarchi orientali in comunione con il Successore di Pietro. Così, davanti a tutta la Chiesa, mi sono spiritualmente immerso nella sorgente sempre zampillante del Credo apostolico, facendo mia la professione di fede del Pescatore di Galilea nel “Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Ho risentito la consolante promessa del Signore Gesù: “Tu sei Pietro” (ibid. 18). Avevo la certezza di avere al fianco, con i loro Pastori, i figli e le figlie dell’Oriente, che fedeli alla propria tradizione gioiscono di beneficiare anche del carisma di comunione conferito da Gesù a Pietro e ai suoi Successori. Infine, il viaggio apostolico in Turchia, indimenticabile per il commovente abbraccio con la comunità cattolica e per il suo significato ecumenico e interreligioso, ha costituito un ulteriore momento di speciale fecondità nel mio pellegrinaggio al cuore dell’Oriente.

Oggi, il Papa ringrazia nuovamente gli orientali per la fedeltà pagata col sangue, di cui restano pagine mirabili lungo i secoli fino al martirologio contemporaneo! Li assicura, a sua volta, di volere rimanere al loro fianco. E riafferma la profonda considerazione verso le Chiese Orientali Cattoliche per il loro singolare ruolo di testimoni viventi delle origini (cfr Orientalium Ecclesiarum OE 1). Senza un costante rapporto con la tradizione delle origini, infatti, non c’è futuro per la Chiesa di Cristo. Sono in particolare le Chiese Orientali a custodire l’eco del primo annuncio evangelico; le più antiche memorie dei segni compiuti dal Signore; i primi riflessi della luce pasquale e il riverbero del fuoco mai spento della Pentecoste. Il loro patrimonio spirituale, radicato nell’insegnamento degli Apostoli e dei Padri, ha generato venerabili tradizioni liturgiche, teologiche e disciplinari, mostrando la capacità del “pensiero di Cristo” di fecondare le culture e la storia. Proprio per questo anch’io, come i miei Predecessori, guardo con stima ed affetto alle Chiese dell’Ortodossia: “un legame particolarmente stretto già ci unisce. Abbiamo in comune quasi tutto e abbiamo in comune soprattutto l’anelito sincero all’unità” (Orientale lumen, 3). L’auspicio che sale dal profondo del cuore è che questo anelito possa presto trovare la sua piena realizzazione.

La Chiesa universale trova nel patrimonio delle origini la capacità di parlare anche all’uomo contemporaneo in modo unanime e convincente: “Le parole dell’Occidente hanno bisogno delle parole dell’Oriente perché la Parola di Dio manifesti sempre meglio le sue insondabili ricchezze” (Orientale lumen, 28). E’ il Concilio Ecumenico Vaticano II a desiderare che le Chiese Orientali “fioriscano e assolvano con rinnovato vigore apostolico la missione loro affidata […] di promuovere l’unità di tutti i cristiani, specialmente orientali, secondo il decreto sull’ecumenismo […], in primo luogo con la preghiera, l’esempio della vita, la scrupolosa fedeltà alle antiche tradizioni orientali, la mutua e più profonda conoscenza, la collaborazione e la fraterna stima delle cose e degli animi” (Orientalium Ecclesiarum OE 1). Favorite da una plurisecolare consuetudine di vita, esse dovranno farsi carico della sfida interreligiosa, in spirito di verità, rispetto e reciprocità, affinché culture e tradizioni diverse trovino vicendevole ospitalità nel nome dell’unico Dio (cfr Ac 2,9-11).

La Congregazione ha compiti ben definiti, che svolge con competente dedizione. Sono lieto di poter esprimere ad essa il mio grato apprezzamento e di incoraggiarla a porre ogni suo atto nel quadro della missione propria delle Chiese Orientali e di quella componente della Chiesa latina che è ad essa affidata. Ribadisco l’irreversibilità della scelta ecumenica e l’inderogabilità dell’incontro a livello interreligioso. Elogio la più corretta applicazione della collegialità sinodale, e la verifica puntuale dello sviluppo ecclesiale suscitato dalla ritrovata libertà religiosa. La priorità della formazione sta molto a cuore al Papa, come pure l’aggiornamento della pastorale familiare, giovanile e vocazionale, e la valorizzazione della pastorale della cultura e della carità. Dovrà continuare e anzi crescere quel movimento di carità che, per mandato del Papa, la Congregazione segue affinché in modo ordinato ed equo la Terra Santa e le altre regioni orientali ricevano il necessario sostegno spirituale e materiale per far fronte alla vita ecclesiale ordinaria e a particolari necessità. Uno sforzo intelligente è, infine, richiesto anche per affrontare il serio fenomeno delle migrazioni, che talora priva le comunità tanto provate delle migliori risorse. Occorre garantire ai migranti adeguata accoglienza nel nuovo contesto e l’indispensabile legame con la propria tradizione religiosa.

Con queste preoccupazioni la Congregazione si porrà accanto alle Chiese Orientali per promuoverne il cammino nel rispetto delle loro prerogative e responsabilità. In questo non facile compito sa di poter contare sempre sul Papa, sugli Organismi della Curia Romana secondo le rispettive funzioni, sulle Istituzioni ad essa legate: penso, soprattutto, al Pontificio Istituto Orientale, che pure ricorda il novantesimo di fondazione, e al quale va il mio ringraziamento per l’insostituibile e qualificato servizio ecclesiale.

Affido questi auspici al beato Giovanni XXIII: l’Oriente lo segnò profondamente fino a condurlo a convocare la “nuova Pentecoste del Concilio” in docilità allo Spirito e cordiale apertura verso tutti i popoli. Ci è vicina la Santissima Madre di Dio, che nella vostra cappella bizantina ho venerato davanti alle Sante Icone, attorniata dalla nube dei Testimoni. Fiduciose nella Tuttasanta, le Chiese Orientali coltivino quella varietà che non nuoce, anzi esalta l’unità, perché la Chiesa intera sia il “sacramento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (cfr Lumen gentium LG 1).

Cari amici, a voi consegno il mio saluto per i fratelli e le sorelle dell'Oriente, perché sentano, anche grazie al lavoro quotidiano della Congregazione, di avere sempre un posto nel cuore del Papa di Roma. Per questo imparto a ciascuno l'Apostolica Benedizione, che volentieri estendo alle persone care e a tutte le Chiese Orientali Cattoliche.
* * *




ANNUNCIO DELLA NOMINA DEL NUOVO PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI


Beatitudine,

come Le ho espresso nella Lettera personale che Le ho indirizzato, ho deciso di accogliere oggi le dimissioni, da Lei già da tempo presentatemi, dall'ufficio di Prefetto di questo Dicastero. Mi è caro profittare anche di questa circostanza per dirLe tutta la mia gratitudine per il lavoro da Lei svolto con generosa dedizione in un compito tanto delicato. Mi conforta tuttavia il pensiero di potermi ancora avvalere della Sua competenza nella collaborazione che Ella continuerà ad offrirmi quale Membro di diversi Dicasteri della Curia Romana, ed anche di questo fin d'ora La ringrazio vivamente.

Al tempo stesso, come già ho avuto modo di comunicarLe, oggi 9 giugno, giorno in cui il calendario della Chiesa Latina ricorda Sant'Efrem, il grande Santo della Sua terra, Le succede nell'incarico di Prefetto per le Chiese Orientali l'Arcivescovo Leonardo Sandri, finora Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. A lui rivolgo, anche in questo momento, il mio grazie per l'aiuto che mi ha dato nell'adempimento dei precedenti compiti ed insieme gli presento i miei più cordiali auguri per un proficuo svolgimento delle delicate mansioni che con questa nomina gli affido.

A svolgere l'ufficio di Sostituto nella Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato ho chiamato l'Arcivescovo Fernando Filoni, attualmente Nunzio Apostolico nelle Filippine, che saluto cordialmente in attesa del suo arrivo in Vaticano nel prossimo mese di luglio.




Discorsi 2005-13 10607