Discorsi 2005-13 15167

AGLI OFFICIALI DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA Sala dei Papi Venerdì, 15 giugno 2007

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Signor Cardinale,

venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Con molto piacere vi incontro quest’oggi, in una circostanza quanto mai significativa. Intendete infatti ricordare il 25.mo anniversario del Pontificio Consiglio della Cultura, creato dal Servo di Dio Giovanni Paolo II il 20 maggio 1982 con Lettera indirizzata all’allora Segretario di Stato, il Cardinale Agostino Casaroli. Saluto tutti i presenti e in primo luogo Lei, Signor Cardinale Paul Poupard, che ringrazio per le cortesi parole con cui ha interpretato i comuni sentimenti. A Lei, venerato Fratello, che è alla guida del Pontificio Consiglio dal 1988, indirizzo un particolare pensiero di riconoscenza e di apprezzamento per il lavoro svolto in questo non breve periodo. Al servizio del Dicastero Ella ha posto e continua a porre con profitto le sue doti umane e spirituali, testimoniando sempre con entusiasmo l’attenzione che muove la Chiesa a porsi in dialogo con i movimenti culturali di questo nostro tempo. La sua partecipazione a numerosi convegni ed incontri internazionali, non pochi dei quali promossi dallo stesso Pontificio Consiglio della Cultura, Le hanno permesso di far conoscere sempre più capillarmente l’interesse che la Santa Sede nutre per il vasto e variegato mondo della cultura. Di tutto questo La ringrazio ancora una volta, estendendo la mia riconoscenza al Segretario, agli Officiali e ai Consultori del Dicastero.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II prestò grande attenzione alla cultura e la Costituzione pastorale Gaudium et spes ad essa dedica uno speciale capitolo (cfr nn. 53-62). I Padri conciliari si preoccuparono di indicare la prospettiva secondo cui la Chiesa considera e affronta la promozione della cultura, considerando questo compito come uno dei problemi “particolarmente urgenti che toccano in modo specialissimo il genere umano” (ibid., n. 46). Nel rapportarsi al mondo della cultura, la Chiesa pone sempre al centro l’uomo, sia come artefice dell’attività culturale che come suo ultimo destinatario. Il Servo di Dio Paolo VI ebbe molto a cuore il dialogo della Chiesa con la cultura e se ne fece carico personalmente durante gli anni del suo pontificato. Sulla sua scia si pose anche il Servo di Dio Giovanni Paolo II, il quale aveva partecipato all’Assise conciliare ed aveva apportato un suo specifico contributo alla Costituzione Gaudium et spes. Il 2 giugno 1980, nel suo memorabile Discorso all’UNESCO, egli testimoniò in prima persona quanto gli stesse a cuore incontrare l’uomo sul terreno della cultura per trasmettergli il Messaggio evangelico. Due anni dopo istituì il Pontificio Consiglio della Cultura, destinato a dare un nuovo impulso all’impegno della Chiesa nel fare incontrare il Vangelo con la pluralità delle culture nelle varie parti del mondo (cfr Lettera al Card. Casaroli, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 2 [1982], p. 1779).

Nell’istituire questo nuovo Dicastero, il mio venerato Predecessore mise in risalto come esso avrebbe dovuto perseguire le proprie finalità dialogando con tutti senza distinzione di cultura e religione, al fine di ricercare congiuntamente “una comunicazione culturale con tutti gli uomini di buona volontà” (ibid ., pp. PP 1779-1780). Questo aspetto del servizio che svolge il Pontificio Consiglio della Cultura ha visto confermata tutta la sua importanza nei passati venticinque anni, dal momento che il mondo si è fatto ancor più interdipendente, grazie al formidabile sviluppo dei mezzi di comunicazione e al conseguente infittirsi della rete delle relazioni sociali. E’ pertanto diventato ancor più urgente per la Chiesa promuovere lo sviluppo culturale puntando sulla qualità umana e spirituale dei messaggi e dei contenuti, giacché pure la cultura oggi risente inevitabilmente dei processi di globalizzazione che, se non vengono costantemente accompagnati da un vigile discernimento, possono rivolgersi contro l’uomo, finendo per impoverirlo invece che arricchirlo. E quanto grandi sono le sfide con le quali l’evangelizzazione deve confrontarsi in questo ambito!

A venticinque anni dalla creazione del Pontificio Consiglio della Cultura, è dunque opportuno riflettere sulle ragioni e sulle finalità che ne motivarono la nascita nel contesto socio-culturale di questo nostro tempo. A tal fine, il Pontificio Consiglio ha voluto organizzare un Convegno di studi, da una parte per soffermarsi a meditare sul rapporto che esiste tra evangelizzazione e cultura; dall’altra, per considerare tale rapporto così come si presenta oggi in Asia, in America e in Africa. Come non trovare un particolare motivo di soddisfazione nel vedere che le tre relazioni di taglio “continentale” sono state affidate a tre Cardinali rispettivamente asiatico, latinoamericano e africano? Non è questa un’eloquente conferma di quanto la Chiesa cattolica abbia saputo camminare, sospinta dal “Vento” di Pentecoste, come Comunità capace di dialogare con l’intera famiglia dei popoli, anzi, di risplendere in mezzo ad essa come “segno profetico di unità e di pace” (Messale Romano, Preghiera Eucaristica V-D)?

Cari fratelli e sorelle, la storia della Chiesa è anche inseparabilmente storia della cultura e dell’arte. Opere quali la Summa theologiae di San Tommaso d’Aquino, la Divina Commedia, la Cattedrale di Chartres, la Cappella Sistina o le Cantate di Johann Sebastian Bach costituiscono delle sintesi a modo loro ineguagliabili tra fede cristiana ed espressione umana. Ma se queste sono, per così dire, le vette di tale sintesi tra fede e cultura, il loro incontro si realizza quotidianamente nella vita e nel lavoro di tutti i battezzati, in quell’opera d’arte nascosta che è la storia d’amore di ciascuno con il Dio vivente e con i fratelli, nella gioia e nella fatica di seguire Gesù Cristo nella quotidianità dell’esistenza.

Oggi più che mai la reciproca apertura tra le culture è un terreno privilegiato per il dialogo tra uomini impegnati nella ricerca di un autentico umanesimo, al di là delle divergenze che li separano. Anche in campo culturale, il Cristianesimo ha da offrire a tutti la più potente forza di rinnovamento e di elevazione, cioè l’Amore di Dio che si fa amore umano. Scriveva il Papa Giovanni Paolo II proprio nella Lettera istitutiva del Pontificio Consiglio della Cultura: “L’amore è come una grande forza nascosta nel cuore delle culture, per sollecitarle a superare la loro finitezza irrimediabile aprendosi verso Colui che di esse è la Fonte e il Termine, e per dare loro, quando si aprono alla sua grazia, un arricchimento di pienezza” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II V, 2 [1982], p. 1778). Possa la Santa Sede, grazie al servizio reso in particolare dal vostro Dicastero, continuare a promuovere in tutta la Chiesa quella cultura evangelica che è lievito, sale e luce del Regno in mezzo all’umanità.

Cari fratelli e sorelle, ancora una volta esprimo viva riconoscenza per il lavoro che il Pontificio Consiglio della Cultura svolge e, mentre assicuro per tutti voi qui presenti il mio ricordo nella preghiera, invocando la celeste intercessione di Maria Santissima Sedes Sapientiae, imparto volentieri a Lei, Signor Cardinale, ai venerati Confratelli e a quanti a vario titolo sono impegnati nel dialogo tra il Vangelo e le culture contemporanee una speciale Benedizione Apostolica.






VISITA A SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI DI SUA BEATITUDINE CHRYSOSTOMOS II, ARCIVESCOVO DI NUOVA GIUSTINIANA E DI TUTTA CIPRO Sabato, 16 giugno 2007

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DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
DISCORSO DI SUA BEATITUDINE CHRYSOSTOMOS II
DICHIARAZIONE COMUNE



Beatitudine e caro Fratello,

La accolgo quest’oggi con gioia, sentendo risuonare nel cuore le parole dell’apostolo Paolo: "Il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo" (Rm 15,5–6). La Sua visita è un dono del Dio della perseveranza e della consolazione, di cui san Paolo parla rivolgendosi a coloro che ascoltavano per la prima volta a Roma il Messaggio della salvezza. Del dono della perseveranza facciamo oggi esperienza poiché, nonostante la presenza di secolari divisioni, di strade divergenti, e malgrado la fatica di ricucire dolorose ferite, il Signore non ha cessato di guidare i nostri passi sulla via dell’unità e della riconciliazione. E questo è per tutti noi motivo di consolazione, poiché l’odierno nostro incontro si inserisce in un cammino di sempre più intensa ricerca di quella piena comunione tanto auspicata da Cristo: "ut omnes unum sint" (cfr
Jn 17,21).

Sappiamo bene come l’adesione a questo ardente desiderio del Signore non possa e non debba essere proclamata soltanto a parole né in maniera solo formale. Per questo Ella, Beatitudine, ripercorrendo i passi dell’Apostolo delle Genti, non è venuto da Cipro a Roma semplicemente per uno «scambio di cortesia ecumenica», ma per ribadire la ferma decisione di perseverare nell’orazione affinché il Signore ci indichi come giungere alla piena comunione. Questa Sua visita è al tempo stesso motivo di intensa gioia, poiché già nel nostro incontrarci ci è dato di assaporare la bellezza dell’auspicata piena unità dei cristiani.

Grazie, Beatitudine, per questo gesto di stima e di amicizia fraterna. Nella Sua persona saluto il Pastore di una Chiesa antica ed illustre, splendente tessera di quel fulgido mosaico, l’Oriente, che, secondo l’espressione cara al Servo di Dio Giovanni Paolo II, di venerata memoria, costituisce uno dei due polmoni con cui respira la Chiesa. La Sua gradita presenza mi richiama alla memoria la fervente predicazione di san Paolo a Cipro (cfr ss) e l’avventuroso viaggio che lo condusse fino a Roma, dove annunciò lo stesso Vangelo e sigillò la sua luminosa testimonianza di fede con il martirio. Il ricordo dell’Apostolo delle Genti non ci invita forse a volgere con umiltà e speranza il cuore a Cristo, che è il nostro unico Maestro? Con il suo aiuto divino non dobbiamo stancarci di cercare insieme le vie dell’unità, superando quelle difficoltà che nel corso della storia hanno determinato tra i cristiani divisioni e reciproca diffidenza. Ci conceda il Signore di poter presto accostarci allo stesso altare per condividere tutti insieme l’unica mensa del Pane e del Vino eucaristici.

AccogliendoLa, caro Fratello nel Signore, vorrei rendere omaggio all’antica e veneranda Chiesa di Cipro, ricca di santi, tra i quali mi piace ricordare particolarmente Barnaba, compagno e collaboratore dell’apostolo Paolo, ed Epifanio, Vescovo di Costanza, un tempo Salamina, oggi Famagosta. Epifanio, che svolse il suo ministero episcopale per 35 anni in un periodo turbolento per la Chiesa a causa della riviviscenza ariana e delle emergenti controversie dei "pneumatòmachi", scrisse opere con chiaro intento catechetico e apologetico, come egli stesso spiega nell’Ancoratus. Questo interessante trattato contiene due Simboli di fede, il Simbolo niceno–costantinopolitano ed il Simbolo della tradizione battesimale di Costanza, corrispondente alla fede nicena, ma diversamente formulato e ampliato, e "più atto – rileva lo stesso Epifanio – a combattere gli insorgenti errori, benché conforme a quella [fede] determinata dai suddetti Santi Padri» del Concilio di Nicea (Ancoratus, n. 119). In esso – egli spiega - noi affermiamo la fede nello «Spirito Santo, Spirito di Dio, Spirito perfetto. Spirito consolatore, Increato, che procede dal Padre e prende dal Figlio, oggetto della nostra fede» (ibid.).

Da buon pastore, Epifanio indica al gregge affidatogli da Cristo le verità da credere, il cammino da percorrere e gli scogli da evitare. Ecco un metodo valido anche oggi per l’annuncio del Vangelo, specialmente alle nuove generazioni, fortemente influenzate da correnti di pensiero contrarie allo spirito evangelico. La Chiesa si trova ad affrontare in questo inizio del terzo millennio sfide e problematiche non molto dissimili da quelle con cui ebbe a confrontarsi il pastore Epifanio. Come allora, anche oggi occorre vigilare attentamente per mettere in guardia il Popolo di Dio dai falsi profeti, dagli errori e dalla superficialità di proposte non conformi all’insegnamento del divino Maestro, nostro unico Salvatore. Al tempo stesso, urge trovare un linguaggio nuovo per proclamare la fede che ci accomuna, un linguaggio condiviso, un linguaggio spirituale capace di trasmettere fedelmente le verità rivelate, aiutandoci così a ricostruire, nella verità e nella carità, la comunione tra tutti i membri dell’unico Corpo di Cristo. Questa necessità, che tutti avvertiamo, ci spinge a proseguire senza scoraggiarci il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme; essa ci orienta ad utilizzare strumenti validi e stabili, perché la ricerca della comunione non sia discontinua ed occasionale nella vita e nella missione delle nostre Chiese.

Dinanzi all’opera immane che ci attende e che va al di là delle capacità umane, è necessario affidarsi innanzitutto alla preghiera. Questo non toglie che sia doveroso mettere in atto anche oggi ogni valido mezzo umano, che possa giovare allo scopo. In quest’ottica considero la Sua visita un’iniziativa quanto mai utile per farci progredire verso l’unità voluta da Cristo. Sappiamo che questa unità è dono e frutto dello Spirito Santo; ma sappiamo anche che essa domanda, allo stesso tempo, uno sforzo costante, animato da una volontà certa e da una speranza incrollabile nella potenza del Signore. Grazie, pertanto, Beatitudine, di essere venuto a farmi visita insieme con i fratelli che La accompagnano; grazie per questa presenza che esprime concretamente il desiderio di ricercare insieme la piena comunione. Da parte mia Le assicuro di condividere questo stesso desiderio, sostenuto da una ferma speranza. Sì, "il Dio della perseveranza e della consolazione ci conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo". Così ci rivolgiamo fiduciosi al Signore, perché conduca i nostri passi sulla via della pace, della gioia e dell’amore.





DISCORSO DI SUA BEATITUDINE CHRYSOSTOMOS II


"A quanti sono in Roma amati da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo." (Rm 1,7)

Vostra Santità, Papa dell' Antica Roma
e Vescovo della Cattedra storica del Beato Apostolo Pietro,

la grazia dello Spirito Santo e il nostro dovere di Arcivescovo--Primate della Santissima Chiesa-martire del Santo Apostolo Barnaba per l'unità e la pace tra le nostre Chiese Apostoliche, hanno condotto oggi qui i nostri passi, insieme con il nostro reverendo seguito, al luogo del martirio dei Corifei degli Apostoli Pietro e Paolo, al santuario delle Catacombe dei martiri della nostra santa fede comune, per incontrare Ella, colui tra i Vescovi che possiede il primato d'onore della Cristianità indivisa, per darLe il bacio fraterno della pace e, dopo secoli di cammino non fraterno, costruire di nuovo ponti di riconciliazione, collaborazione e amore!

Si tratta della terza volta che ci incontriamo dopo le indimenticabili esequie del Vostro amato predecessore Papa Giovanni Paolo II, di beata memoria, e la cerimonia rallegrante della Vostra intronizzazione su questo Trono Apostolico, verso il quale aspira tutta l'Ecumene Cristiana con grandi speranze aspettando che colui che lo presiede, il teologo sapiente, l'instancabile pastore e il dinamico leader ecclesiastico, faccia dei gesti di dialogo, riappacificazione, riavvicinamento e amore.

Grande è l'importanza in questa direzione dello sviluppo del dialogo teologico ufficiale tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa, al quale la nostra Chiesa Apostolica di Cipro partecipa con responsabilità e coerenza. Forse i nostri occhi non potranno vedere la tanto desiderata unità della Chiesa, con la grazia però dello Spirito Santo avremo fatto anche noi il nostro dovere nel tempo e nello spazio come pacificatori e quali veri fratelli "ut omnes unum sint".

Inoltre, è nostra convinzione personale che come l'allontanamento e lo scisma tra le nostre Chiese sorelle fu compiuto durante il passaggio di tanti secoli di accumulati malintesi, cosi anche la loro riunificazione e il ristabilimento della mutua fiducia e del vero amore tra di loro avrà bisogno di tempo, pazienza e sacrifici, che però con il senso della nostra grande responsabilità assumiamo l'incarico di portare a termine "in verità e carità" sotto l'infallibile guida dello Spirito vivificante di Dio.

Il nostro incontro odierno avviene in modo fausto alla vigilia del 35° anno dall'inizio dei rapporti diplomatici ufficiali tra Santa Sede e Repubblica di Cipro. Infatti, il 1973, dopo l'incontro dell'Etnarca Arcivescovo Macario III con Papa Paolo VI a Castelgandolfo, la rappresentanza delle due parti fu affidata rispettivamente all'allora Arcivescovo titolare di Mauriana Mons. Pio Laghi, Delegato Apostolico in Gerusalemme e Palestina, l'attuale Cardinale, e all'allora Ambasciatore a Parigi Signor Polys Modinòs. Mi sia permesso qui, Santità, di menzionare il primo Ambasciatore di Cipro presso la Santa Sede residente a Roma, Sua Eccellenza il Signor Georgios Poulides, il nostro caro amico e ringraziarlo di tutto cuore per la devozione, il rispetto e il suo amore verso la Chiesa e la sua opera importante e indispensabile.

Durante gli ultimi decenni dopo il Concilio Vaticano II alcuni nostri teologi ciprioti, chierici e laici, hanno conseguito degli studi post lauream in diverse Università Pontificie con borse di studio del Pontificio Consiglio per la Promozione dell' Unità dei Cristiani. Desideriamo, quindi, esprimerLe i nostri ringraziamenti e la nostra intenzione di offrire anche da parte nostra, come minimo antidoron di gratitudine, delle borse di studio estive a Cipro per teologi cattolici che sono interessati ad imparare il greco moderno assieme alle ricchezze liturgiche della Chiesa Ortodossa da vicino, per contribuire un giorno anch'essi, a loro turno, alla visione della Chiesa unita.

Recentemente, Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica di Cipro, Signor Tassos Papadopoulos ha affermato molto agilmente: "Cipro è stata sempre Europa, ancor prima dell'istituzione dell'Europa. Con il suo ingresso nell' U.E. Cipro è ritornata a casa sua."

Tuttavia, questa nostra Casa comune, l'Europa, la culla della civiltà occidentale, la sede gloriosa dello spirito cristiano, la madre dei santi e dei missionari, sta attraversando un periodo di crisi e di disorientamento, di ateismo e di dubbio, di secolarizzazione e di decadenza. La società e l'uomo del nostro tempo ha sete e cerca. Ha dei valori e dei principi, tradizioni e abitudini che furono create nella luce del Vangelo e sotto la guida saggia dei Padri della Chiesa e delle altre personalità ecclesiastiche, ma non può riconoscere la presenza di Cristo e la forza del suo messaggio soteriologico. Rifiuta l'importanza fondamentale delle radici cristiane dell'Europa: è l'ora della Chiesa e della nuova evangelizzazione, l'ora della missione ad intra! Senza però la collaborazione delle Chiese d'Europa e la nostra comune testimonianza cristiana di certo poche cose possono avere un esito positivo e tanti sforzi isolati delle diverse Chiese e Confessioni Cristiane sono, purtroppo, condannati al fallimento. Il nostro tempo globalizzato invece di influire positivamente sul convinto europeo cristiano, sembra rifiutare l'ecumenicità storica del messaggio cristiano ed emarginare la sua dinamica e la sua efficacia. La secolarizzazione, l'eudemonismo, la deificazione della tecnologia e della scienza atea disorientano il nostro prossimo e lo conducono inevitabilmente ad una disperazione esistenziale. Angoscioso si sente il suo grido: "Signore da chi andremo?" (Jn 6,68)

Quale è allora la nostra responsabilità quali padri spirituali? Quale è la nostra cura spirituale di fronte alla nostra gioventù? Riusciremo finalmente a proteggere la sacra istituzione della famiglia? La sacralità della persona umana, indifesa ormai davanti alla ricerca medica, all'aborto, all'eutanasia? L'unicità del creato di Dio che ci circonda e rischia di essere distrutta irreparabilmente a causa nostra?

La via Ortodossa passa attraverso la spiritualità, l'ascesi, il digiuno, lo studio dei testi dei Padri della Chiesa ispirati da Dio, il senso del sacro e soprattutto la Divina Eucaristia: queste sono le nostre armi spirituali e desideriamo lottare insieme con la Chiesa sorella di Roma per trasformare la società europea che è antropocentrica in una società Cristocentrica, con rispetto verso i nostri fratelli delle altre religioni, gli immigrati, i poveri, i profughi e i deboli della Terra.

La nostra presenza odierna qui, Santità, è un appello a Lei, il Papa proveniente da un paese amico, traumatizzato dalla divisione per decenni, come il nostro, ma grazie a Dio riunificato. Perciò solo Lei può comprendere i sentimenti del nostro dolore! La nostra Patria e Vostra Sorella, la Chiesa Apostolica di Cipro, soffre, ma anche resiste dignitosamente con l'intercessione dei suoi santi e particolarmente con la protezione del suo fondatore, il beato Apostolo Barnaba. Diritti umani vengono calpestati, monumenti vengono distrutti, opere del nostro patrimonio spirituale diventano oggetto di commercio internazionale e la divisione dell'ultima capitale europea, Nicosia, sembra perpetuarsi in eterno. Chi sentirà il nostro giusto lamento e innalzerà voce di protesta verso i potenti della Terra che sfruttano il nome di Cristo, fanno però i sordi alla legge dell'amore?

Santità,

chiediamo il Suo sostegno tramite l'invincibile arma della preghiera fraterna, ma anche tramite il suo grido paterno per la difesa dei diritti imprescrittibili dell' Antica e Apostolica Chiesa Sorella di Cipro, questo crocevia dei popoli, delle religioni, delle lingue e delle civiltà del Mediterraneo e del Medio Oriente.

La vogliamo accanto a noi! Tramite noi il Santo Apostolo Barnaba invita suo fratello maggiore, il Beato Apostolo Pietro, a visitare per la prima volta la sua umile casa, ad esserne ospitato, a sentirla come sua propria casa, a benedirla! La aspettiamo, Santità, quale Vescovo della Sede Romana che presiede alla carità, nella Cipro del dialogo, della democrazia, della dignità, della fede, del monachesimo, dell'ospitalità, dei monumenti e delle opere d'arte! Si degni di venire e ci dia l'occasione di ricambiare la Vostra fraterna ospitalità di questi splendidi giorni che abbiamo vissuto nella Città Eterna!

Santità,

con le intercessioni dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della Diocesi di Roma, del Santo Apostolo Barnaba, Fondatore della Chiesa di Cipro, e dei Santi Greci Isapostoli Cirillo e Metodio, Compatroni d'Europa, Le auguriamo dal profondo del cuore salute, lunga vita e l'illuminazione dello Spirito Santo per il felice compimento della Sua alta missione come Pontefice-costruttore di ponti fra popoli, religioni e culture. "Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo." (Rm 15,13)





DICHIARAZIONE COMUNE


«Benedetto sia Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo, il quale ci ha benedetti in Cristo dall'alto dei cieli con ogni specie di benedizioni spirituali» (Ep 1,3).

1. Noi, Benedetto XVI, Papa e Vescovo di Roma, e Chrysostomos II, Arcivescovo di Nuova Giustiniana e di tutta Cipro, con gioia rendiamo grazie a Dio per questo incontro fraterno, nella comune fede in Cristo risorto, pieni di speranza per l'avvenire delle relazioni fra le nostre Chiese. Questa visita ci ha permesso di constatare come siano cresciute tali relazioni, sia a livello locale, sia nell'ambito del dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme. A questo dialogo la delegazione della Chiesa di Cipro ha sempre recato un apporto positivo, ospitando, tra l'altro, nel 1983 il Comitato di Coordinamento della Commissione Mista Internazionale per il dialogo teologico, in modo che i Membri cattolici e ortodossi, oltre a svolgere l'impegnativo lavoro preparatorio, potessero visitare e ammirare le grandi ricchezze artistiche e spirituali della Chiesa di Cipro.

2. Nella felice circostanza del nostro fraterno incontro presso le tombe dei Santi Pietro e Paolo, i corifei degli Apostoli come indica la tradizione liturgica, vogliamo dichiarare di comune accordo la nostra sincera e ferma disposizione, in obbedienza alla volontà di Nostro Signore Gesù Cristo, ad intensificare la ricerca della piena unità tra tutti i cristiani, attivando ogni sforzo a noi possibile e considerato utile alla vita delle nostre Comunità. Desideriamo che i fedeli cattolici ed ortodossi di Cipro vivano fraternamente e nella piena solidarietà fondata sulla comune fede nel Cristo risorto. Vogliamo inoltre sostenere e promuovere il dialogo teologico, che attraverso la competente Commissione Internazionale si appresta ad affrontare le questioni più ardue che hanno segnato la vicenda storica della divisione. E' necessario raggiungere un sostanziale accordo per la piena comunione nella fede, nella vita sacramentale e nell'esercizio del ministero pastorale. A questo scopo assicuriamo la nostra fervente preghiera di Pastori nella Chiesa e chiediamo ai nostri fedeli di unirsi a noi in una corale invocazione «che tutti siano uno, affinché il mondo creda» (Jn 17,21).

3. Nel nostro incontro abbiamo considerato le contingenze storiche in cui vivono le nostre Chiese. In particolare, abbiamo esaminato la situazione di divisione e di tensioni che caratterizzano da oltre un trentennio l'Isola di Cipro, con i tragici problemi quotidiani che intaccano anche la vita delle nostre comunità e delle singole famiglie. Abbiamo considerato, più ampiamente, la situazione del Medio Oriente, dove la guerra e i contrasti tra i popoli rischiano di estendersi con disastrose conseguenze. Abbiamo invocato la pace «che viene dall'alto». Le nostre Chiese intendono svolgere un ruolo di pacificazione nella giustizia e nella solidarietà e, affinché tutto ciò si realizzi, è nostro desiderio promuovere le fraterne relazioni fra tutti i cristiani ed un leale dialogo tra le diverse religioni presenti e operanti nella Regione. La fede nell'unico Dio aiuti gli uomini di queste antiche ed illustri terre a ritrovare una convivenza amichevole, nel rispetto reciproco ed in una collaborazione costruttiva.

4. Rivolgiamo, pertanto, questo appello a tutti quelli che, ovunque, nel mondo, alzano la mano contro i propri fratelli, esortandoli con fermezza a deporre le armi e ad operare perché siano sanate le ferite causate dalla guerra. Li invitiamo, inoltre, ad adoperarsi affinché i diritti umani siano difesi sempre, in ogni Nazione: il rispetto dell'uomo, immagine di Dio, è, infatti, per tutti un dovere fondamentale. Così pure, fra i diritti umani da tutelare, va annoverato come primario quello della libertà di religione. Non rispettarlo costituisce una gravissima offesa alla dignità dell'uomo, che viene colpito nell'intimo del cuore dove abita Dio. E così profanare, distruggere e saccheggiare i luoghi di culto di qualsiasi religione, rappresenta un atto contro l'umanità e la civiltà dei popoli.

5. Non abbiamo mancato di riflettere su una nuova opportunità che si apre per un più intenso contatto ed una più concreta collaborazione fra le nostre Chiese. Avanza, infatti, la costruzione dell'Unione Europea, e cattolici e ortodossi sono chiamati a contribuire a creare un clima di amicizia e di cooperazione. In un tempo di crescente secolarizzazione e di relativismo, cattolici e ortodossi in Europa sono chiamati a offrire una rinnovata testimonianza comune sui valori etici pronti sempre a dare ragione della loro fede in Gesù Cristo Signore e Salvatore. L'Unione Europea, che non potrà limitarsi a una cooperazione meramente economica, necessita di solide basi culturali, di condivisi riferimenti etici e di apertura alla dimensione religiosa. Occorre vivificare le radici cristiane dell'Europa, che hanno reso grande la sua civiltà nei secoli, e riconoscere che la tradizione cristiana occidentale e quella orientale hanno, in questo senso, un compito comune importante da svolgere.

6. Nel nostro incontro quindi abbiamo considerato il lungo cammino storico delle nostre Chiese e la grande tradizione che, partendo dall'annuncio dei primi discepoli giunti a Cipro da Gerusalemme, dopo la persecuzione contro Stefano e ripercorrendo il viaggio di Paolo dalle coste di Cipro a Roma, come ci narrano gli Atti degli Apostoli (Ac 11,19 Ac 27, 4ss), giunge fino ai giorni nostri. Il ricco patrimonio di fede e la solida tradizione cristiana delle nostre terre, devono spingere cattolici ed ortodossi ad un rinnovato slancio nell'annunciare il Vangelo al nostro tempo, per essere fedeli alla nostra vocazione cristiana e nel rispondere alle esigenze del mondo d'oggi.

7. Seria preoccupazione suscita il modo in cui vengono affrontate le questioni concernenti la bioetica. C'è infatti il rischio che certe tecniche applicate alla genetica, intenzionalmente concepite per sopperire a legittime necessità, vadano di fatto ad intaccare la dignità dell'uomo, creato ad immagine di Dio. Lo sfruttamento dell'essere umano, le sperimentazioni abusive, gli esperimenti di una genetica che non rispetta i valori etici arrecano offesa alla vita, attentano all'incolumità e alla dignità di ogni persona umana e non possono né devono essere giustificati o permessi in nessun momento della sua esistenza.

8. Al tempo stesso, queste considerazioni etiche e la condivisa preoccupazione per la vita umana ci conducono a invitare quelle Nazioni, che, con la grazia di Dio hanno conseguito significativi progressi nel campo dell'economia e della tecnologia, a non dimenticare i loro fratelli che abitano nei Paesi colpiti dalla povertà, dalla fame e dalle malattie. Invitiamo, pertanto, i responsabili delle Nazioni a favorire e promuovere una giusta ripartizione delle risorse della terra, in spirito di solidarietà con i poveri e con tutti gli indigenti del mondo.

9. Altrettanto concordi si sono rivelate le nostre preoccupazioni per il rischio della distruzione del creato. L'uomo l'ha ricevuto perché con esso possa realizzare il disegno di Dio. Erigendo, però, se stesso a centro dell'universo, dimenticando il mandato del Creatore e chiudendosi in un'egoistica ricerca del proprio benessere, l'essere umano ha gestito l'ambiente in cui vive operando scelte che mettono a rischio la sua stessa esistenza, mentre esso esige rispetto e tutela da parte di tutti quelli che l'abitano.

10. Insieme rivolgiamo la nostra preghiera al Signore della storia, perché rafforzi la testimonianza delle nostre Chiese affinché l'annuncio di salvezza del Vangelo raggiunga le nuove generazioni e sia luce per tutti gli uomini. A questo scopo affidiamo i nostri desideri e i nostri impegni alla Theotokos, alla Madre di Dio Odigitria, che indica la via verso il Signore Nostro Gesù Cristo.

Dal Vaticano, 16 giugno 2007
Benedictus PP. XVI


Chrysostomos II






VISITA PASTORALE AD ASSISI

IN OCCASIONE DELL’OTTAVO CENTENARIO DELLA CONVERSIONE DI SAN FRANCESCO



INCONTRO CON LA COMUNITÀ DELLE CLARISSE Basilica di Santa Chiara Domenica, 17 giugno 2007

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Grazie per questo canto così bello! È un canto di accompagnamento in attesa dell’arrivo del Signore. Ma il Signore è sempre in arrivo. Quindi questo è proprio un canto di benvenuto per il Signore. Noi stessi stiamo andando incontro al Signore. Questo incontro mi fa pensare ad incontri analoghi nei tempo passati: incontri molto belli, che sono profondamente iscritti nella mia memoria. Rivedere questa vita di amore per il Signore, questa vita di Maria - che sta totalmente in ascolto del Signore e così in ascolto della Parola di Dio per l’umanità di oggi - per me è sempre una grande ispirazione, un grande incoraggiamento.

Celebriamo 800 anni dalla conversione di san Francesco. Conversione non è solo un momento, un attimo della vita: è un cammino. E voi andate avanti, ci precedete nel cammino della conversione, in questo cammino qualche volta anche molto arduo, ma sempre accompagnato dalle gioie del Signore. E speriamo che oggi sia un giorno così, vissuto nella gioia del Signore. Un giorno in cui il sole di Dio, così ben cantato da san Francesco, sia realmente anche il nostro "centro" e ci dia luce nel cuore e nella nostra vita.

Non sono preparato adesso per dire altre cose, ma vi ringrazio di cuore per tutto. Assisi per me è sempre un punto di riferimento interiore, perché so che è una grande forza di preghiera, una forza per il Papa nella sua missione di stare al timone della Nave di Pietro, della Nave di Cristo. Allora, andiamo avanti con il Signore! Io prego per voi e voi pregate per me! Così, nonostante la distanza esteriore, restiamo profondamente uniti.

Grazie di nuovo!






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