Discorsi 2005-13 9157

CERIMONIA DI BENVENUTO Aeroporto internazionale di São Paulo/Guarulhos Mercoledì, 9 maggio 2007

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Illustre Signor Presidente della Repubblica,
Signori Cardinali e Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Cari fratelli e sorelle in Cristo!

1. È per me motivo di particolare soddisfazione iniziare la mia Visita Pastorale in Brasile e presentare a Vostra Eccellenza, nella sua funzione di Capo e supremo rappresentante della grande Nazione brasiliana, i miei ringraziamenti per l'amabile accoglienza che mi è stata riservata. Un grazie che estendo, con molto piacere, ai membri del Governo che accompagnano Vostra Eccellenza, alle personalità civili e militari qui riunite e alle autorità dello Stato di San Paolo. Nelle parole di benvenuto a me rivolte, sento echeggiare, Signor Presidente, i sentimenti di affetto e di amore di tutto il popolo brasiliano verso il Successore dell'Apostolo Pietro.

Saluto fraternamente nel Signore i miei amati Fratelli nell'Episcopato, che sono venuti qui a ricevermi a nome della Chiesa che è in Brasile. Saluto anche i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi ed i laici impegnati nell'opera di evangelizzazione della Chiesa e nella testimonianza di una vita autenticamente cristiana. Infine, rivolgo il mio saluto affettuoso a tutti i brasiliani senza distinzione, uomini e donne, famiglie, anziani, infermi, giovani e bambini. A tutti dico di cuore: Molte grazie per la vostra generosa ospitalità!

2. Il Brasile occupa un posto molto speciale nel cuore del Papa non solo perché è nato cristiano e possiede oggi il numero più elevato di cattolici, ma principalmente perché é una Nazione ricca di potenzialità con una presenza ecclesiale che è motivo di gioia e speranza per tutta la Chiesa. La mia visita, Signor Presidente, ha un obiettivo che va oltre le frontiere nazionali: vengo a presiedere, in Aparecida, la sezione di apertura della V Conferenza Generale dell'Episcopato dell'America Latina e dei Caraibi. Per provvidenziale manifestazione della bontà del Creatore, questo Paese dovrà servire di culla per le proposte ecclesiali che, se Dio vorrà, potranno dare un rinnovato vigore e slancio missionario a questo Continente.

3. In quest’area geografica i cattolici sono la maggioranza: questo significa che devono contribuire in maniera particolare al servizio del bene comune della Nazione. La solidarietà sarà, senza dubbio, una parola piena di contenuto quando le forze vive della società, ognuna nel proprio ambito, si impegneranno seriamente a costruire un futuro di pace e di speranza per tutti.

La Chiesa Cattolica - come ho messo in risalto nell'Enciclica Deus caritas est – “trasformata dalla forza dello Spirito Santo è chiamata ad essere, nel mondo, testimone dell'amore del Padre, che vuol fare dell'umanità un’unica famiglia, nel suo Figlio” (cfr n. 19). Da qui il suo profondo impegno nella missione evangelizzatrice, al servizio della causa della pace e della giustizia. La decisione, quindi, di realizzare una Conferenza essenzialmente missionaria riflette bene la preoccupazione dell'Episcopato, così come la mia, di cercare cammini appropriati per far sì che, in Gesù Cristo, i “nostri popoli abbiano la vita”, come ricorda il tema della Conferenza. Con questi sentimenti, desidero guardare oltre le frontiere di questo Paese e salutare tutti i popoli dell'America Latina e dei Caraibi augurando, con le parole dell'Apostolo, “che la pace sia con tutti voi che siete in Cristo” (
1P 5,14).

4. Signor Presidente, sono grato alla Divina Provvidenza che mi concede la grazia di visitare il Brasile, una Nazione di grande tradizione cattolica. Ho già avuto l'occasione di ricordare il motivo principale del mio viaggio, che ha una portata latinoamericana ed un carattere fondamentalmente religioso.

Mi sento molto felice di poter trascorrere alcuni giorni con i brasiliani. So che l'anima di questo Popolo, così come di tutta l'America Latina, custodisce valori radicalmente cristiani che mai saranno cancellati. E ho la certezza che in Aparecida, durante la Conferenza Generale dell'Episcopato, questa identità sarà rinforzata, promuovendo il rispetto della vita, dal momento del suo concepimento fino al suo declino naturale, come esigenza propria della natura umana; farà anche della promozione della persona umana l’asse della solidarietà, soprattutto con i poveri e gli abbandonati.

La Chiesa vuole soltanto indicare i valori morali di ogni situazione e formare i cittadini perché possano decidere coscientemente e liberamente; in questo senso, non mancherà di insistere sull'impegno che dovrà essere preso per assicurare il consolidamento della famiglia, come cellula base della società; della gioventù, la cui formazione costituisce un fattore decisivo per il futuro di una Nazione – e, infine, ma non da ultimo, difendendo e promuovendo i valori soggiacenti in tutti gli strati sociali, soprattutto nelle popolazioni indigene.

5. Con questi auspici, rinnovando i miei ringraziamenti per la calorosa accoglienza di cui, come Successore di Pietro, sono oggetto, invoco la protezione materna di Nossa Senhora da Conceição Aparecida,ricordata anche come Nuestra Señora de Guadalupe, Protettrice delle Americhe, perché protegga ed ispiri i governanti nel difficile compito di essere promotori del bene comune, rafforzando i vincoli di fraternità cristiana per il bene di tutti gli abitanti. Dio benedica l'America Latina! Dio benedica il Brasile! Molte grazie.





SALUTO E BENEDIZIONE DELLA FOLLA Balcone del Monastero São Bento, São Paulo Mercoledì, 9 maggio 2007

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Cari amici!


Questa calorosa accoglienza commuove il Papa! Grazie per aver voluto aspettarmi.

Questi giorni, per voi tutti e per la Chiesa, saranno pieni di emozioni e di gioia.

È una Chiesa in festa! Da tutti gli angoli del mondo stanno pregando per i frutti di questo Viaggio, il primo Viaggio Pastorale in Brasile e in America Latina che la Provvidenza mi concede di realizzare come Successore di Pietro!

La Canonizzazione di Fra Galvão e l'inaugurazione della Quinta Conferenza dell'Episcopato dell'America Latina e dei Caraibi saranno pietre miliari nella storia della Chiesa. Conto su di voi e sulle vostre preghiere!

Molte grazie.





INCONTRO CON I GIOVANI Stadio municipale di Pacaembu, São Paulo Giovedì, 10 maggio 2007

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Carissimi giovani! Cari amici e amiche!

"Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri [...] poi, vieni e seguimi" (
Mt 19,21).

1. Ho voluto ardentemente incontrarmi con voi in questo mio primo viaggio in America Latina. Sono venuto ad aprire la V Conferenza dell'Episcopato Latinoamericano che, per mio desiderio, si svolgerà ad Aparecida, qui in Brasile, nel Santuario di Nostra Signora. Ella ci conduce ai piedi di Gesù, perché impariamo le sue lezioni sul Regno e ci stimola ad essere suoi missionari, affinché i popoli di questo "Continente della speranza" abbiano in Lui vita piena.

I vostri Vescovi del Brasile, nella loro Assemblea Generale dell'anno scorso, hanno riflettuto sul tema dell'evangelizzazione della gioventù e hanno messo nelle vostre mani un documento. Hanno chiesto che fosse accolto e perfezionato da voi lungo tutto l'anno. In questa ultima Assemblea hanno ripreso il tema, arricchito con la vostra collaborazione, e desiderano che le riflessioni fatte e gli orientamenti proposti servano come incentivo e faro per il vostro cammino. Le parole dell'Arcivescovo di San Paolo e dell'incaricato della Pastorale della Gioventù, che ringrazio, confermano lo spirito che muove il cuore di tutti voi.

Ieri sera, sorvolando il territorio brasiliano, già pensavo a questo nostro incontro nello Stadio del Pacaembu, con il desiderio di stringere in un grande abbraccio molto brasiliano tutti voi, e manifestare i sentimenti che porto nell'intimo del cuore e che, molto a proposito, il Vangelo di oggi ci ha voluto indicare.

Ho sempre sperimentato una gioia molto speciale in questi incontri. Ricordo particolarmente la XX Giornata Mondiale della Gioventù, che ho avuto l'occasione di presiedere due anni fa in Germania. Anche alcuni di voi qui presenti sono stati là! È un ricordo emozionante, per i frutti abbondanti di grazia concessi dal Signore. E non rimane alcun dubbio che il primo frutto, tra tanti, che ho potuto verificare è stato quello della fraternità esemplare tra tutti, come dimostrazione evidente della perenne vitalità della Chiesa per tutto il mondo.

2. Per cui, cari amici, sono certo che oggi si rinnoveranno le stesse impressioni di quel mio incontro in Germania. Nel 1991 il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II, di venerata memoria, diceva, nella sua visita nel Mato Grosso, che i "giovani sono i primi protagonisti del terzo millennio [...] sono loro che tracceranno il destino di questa nuova tappa dell'umanità" (Discorso, 16/10/1991). Oggi, mi sento spinto a fare con voi la stessa osservazione.

Il Signore apprezza, senza dubbio, la vostra vita cristiana nelle numerose comunità parrocchiali e nelle piccole comunità ecclesiali, nelle Università, nei Collegi e nelle Scuole e, soprattutto, nelle strade e negli ambienti di lavoro delle città e della campagna. Ma bisogna andare avanti. Non possiamo mai dire basta, perché la carità di Dio è infinita e il Signore ci chiede, o meglio, esige che dilatiamo i nostri cuori, affinché in essi ci sia sempre più amore, bontà, comprensione per i nostri simili e per i problemi che coinvolgono non solo la convivenza umana, ma anche l'effettiva preservazione e la custodia dell'ambiente naturale, di cui tutti facciamo parte. "I nostri boschi hanno più vita": non lasciate che si spenga questa fiamma di speranza che il vostro Inno Nazionale pone sulle vostre labbra. La devastazione ambientale dell'Amazzonia e le minacce alla dignità umana delle sue popolazioni esigono un maggior impegno nei più diversi ambiti di azione che la società vien sollecitando.

3. Oggi desidero riflettere con voi sul testo di San Matteo (cfr 19, 16-22), che abbiamo appena ascoltato. Parla di un giovane, il quale corse incontro a Gesù. Merita di essere sottolineata la sua impazienza. In questo giovane vedo tutti voi, giovani del Brasile e dell'America Latina. Siete accorsi dalle varie regioni di questo Continente per il nostro incontro. Volete ascoltare, dalla voce del Papa, le parole di Gesù stesso.

Avete una domanda cruciale, riferita nel Vangelo, da sottoporgli. È la stessa del giovane che corse incontro a Gesù: Cosa fare per raggiungere la vita eterna? Vorrei approfondire con voi questa domanda. Si tratta della vita. La vita che, in voi, è esuberante e bella. Cosa fare di essa? Come viverla pienamente?

Comprendiamo immediatamente, nella formulazione della domanda stessa, che non è sufficiente il "qui" e l'"adesso"; detto altrimenti, noi non riusciamo a ridurre la nostra vita entro lo spazio e il tempo, per quanto pretendiamo allargare i suoi orizzonti. La vita li trascende. Con altre parole: noi vogliamo vivere e non morire. Sentiamo che qualcosa ci rivela che la vita è eterna e che è necessario impegnarsi perché ciò avvenga. Insomma, essa è nelle nostre mani e dipende, in certo qual modo, dalla nostra decisione.

La domanda del Vangelo non riguarda soltanto il futuro. Non riguarda solo la questione del che cosa accadrà dopo la morte. Al contrario, esiste un impegno con il presente, qui e adesso, che deve garantire autenticità e di conseguenza il futuro. In sintesi, la domanda pone in questione il senso della vita. Perciò può essere formulata così: cosa devo fare affinché la mia vita abbia senso? Cioè: come devo vivere per cogliere pienamente i frutti della vita? O ancora: che cosa devo fare perché la mia vita non trascorra inutilmente?

Gesù è l'unico che ci può dare una risposta, perché è l'unico che ci può garantire la vita eterna. Perciò è anche l'unico che riesce a mostrare il senso della vita presente e a conferirle un contenuto di pienezza.

4. Ma prima di dare la sua risposta, Gesù pone in questione la domanda del giovane sotto un aspetto molto importante: perché mi interroghi su ciò che è buono? In questa domanda si trova la chiave della risposta. Quel giovane percepisce che Gesù è buono e che è maestro. Un maestro che non inganna. Noi siamo qui perché abbiamo questa stessa convinzione: Gesù è buono. Può essere che non sappiamo spiegare appieno la ragione di questa percezione, ma è certo che essa ci avvicina a Lui e ci apre al suo insegnamento: un maestro buono. Chi riconosce il bene vuol dire che ama. E chi ama, nella felice espressione di San Giovanni, conosce Dio (cfr 1Jn 4,7). Il giovane del Vangelo ha avuto una percezione di Dio in Gesù Cristo.

Gesù ci assicura che solo Dio è buono. Essere aperto alla bontà significa accogliere Dio. Così Egli ci invita a vedere Dio in tutte le cose e in tutti gli avvenimenti, anche laddove la maggioranza vede soltanto assenza di Dio. Vedendo la bellezza delle creature e costatando la bontà presente in tutte loro, è impossibile non credere in Dio e non fare un'esperienza della sua presenza salvifica e confortatrice. Se riuscissimo a vedere tutto il bene che esiste nel mondo e, ancor più, a sperimentare il bene che proviene da Dio stesso, non cesseremmo mai di avvicinarci a Lui, di lodarlo e ringraziarlo. Lui ci riempie continuamente di gioia e di beni. La sua gioia è la nostra forza.

Ma noi non conosciamo che in misura parziale. Per capire il bene abbiamo bisogno di aiuti, che la Chiesa ci offre in molte occasioni, soprattutto nella catechesi. Lo stesso Gesù manifesta ciò che per noi è buono, donandoci la sua prima catechesi. "Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti" (Mt 19,17). Lui parte dalla conoscenza che il giovane certamente ha già ottenuto dalla sua famiglia e dalla Sinagoga: egli, infatti, conosce i comandamenti. Essi conducono alla vita, il che vuol dire che ci garantiscono autenticità. Sono i grandi indicatori che ci additano la strada giusta. Chi osserva i comandamenti è sulla strada di Dio.

Non basta, però, conoscerli. La testimonianza è più valida della scienza, ovvero, è la scienza stessa applicata. Non vengono imposti dal di fuori, non diminuiscono la nostra libertà. Al contrario: costituiscono vigorosi stimoli interni, che ci portano ad agire in una certa direzione. Alla loro base si trovano la grazia e la natura, che non ci lasciano fermi. Dobbiamo camminare. Siamo stimolati a fare qualcosa per realizzarci. Realizzarsi per mezzo dell'azione, in realtà, è rendersi reali. Noi siamo, in gran parte, a partir dalla nostra giovinezza, ciò che noi vogliamo essere. Siamo, per così dire, opera delle nostre mani.

5. A questo punto mi rivolgo di nuovo a voi, giovani, poiché voglio sentire anche da voi la risposta del giovane del Vangelo: tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza. Il giovane del Vangelo era buono. Osservava i comandamenti. Camminava sulla via di Dio. Perciò, Gesù fissatolo, lo amò. Riconoscendo che Gesù era buono, diede prova che anche lui era buono. Aveva un'esperienza della bontà e, pertanto, di Dio. E voi, giovani del Brasile e dell'America Latina, avete già scoperto che cosa è buono? Seguite i comandamenti del Signore? Avete scoperto che questa è la vera e unica strada verso la felicità?

Gli anni che state vivendo sono gli anni che preparano il vostro futuro. Il "domani" dipende molto dal come state vivendo l'"oggi" della giovinezza. Davanti ai vostri occhi, miei carissimi giovani, avete una vita che desideriamo sia lunga; essa però è una sola, è unica: non permettete che passi invano, non la sperperate. Vivete con entusiasmo, con gioia, ma soprattutto con senso di responsabilità.

Molte volte sentiamo trepidare i nostri cuori di pastori, mentre costatiamo la situazione del nostro tempo. Sentiamo parlare delle paure della gioventù di oggi. Esse ci svelano un enorme deficit di speranza: paura di morire, nel momento in cui la vita sta sbocciando e cerca di trovare la propria via di realizzazione; paura di fallire, per non aver scoperto il senso della vita; e paura di rimanere staccato, di fronte alla sconcertante rapidità degli eventi e delle comunicazioni. Registriamo l'alta percentuale di morti tra i giovani, la minaccia della violenza, la deplorevole proliferazione delle droghe che scuote fino alla radice più profonda la gioventù di oggi. Si parla per questo, in conseguenza, di una gioventù sbandata.

Ma mentre guardo a voi, giovani qui presenti, che irradiate gioia e entusiasmo, assumo lo sguardo di Gesù: uno sguardo di amore e fiducia, nella certezza che voi avete trovato la via vera. Voi siete i giovani della Chiesa. Vi invio perciò verso la grande missione di evangelizzare i ragazzi e le ragazze che vanno errando in questo mondo, come pecore senza pastore. Siate gli apostoli dei giovani. Invitateli a camminare con voi, a fare la vostra stessa esperienza di fede, di speranza e di amore; a incontrare Gesù per sentirsi realmente amati, accolti, con la piena possibilità di realizzarsi. Che anche loro scoprano le vie sicure dei Comandamenti e, percorrendole, arrivino a Dio.

Potete essere protagonisti di una società nuova, se cercherete di mettere in pratica una condotta concreta ispirata ai valori morali universali, ma anche un impegno personale di formazione umana e spirituale di importanza vitale. Un uomo o una donna non preparati alle sfide reali poste da un'interpretazione corretta della vita cristiana del proprio ambiente saranno facile preda di tutti gli assalti del materialismo e del laicismo, sempre più attivi a tutti i livelli.

Siate uomini e donne liberi e responsabili; fate della famiglia un centro irradiante pace e gioia; siate promotori della vita, dall'inizio fino al suo declino naturale; tutelate gli anziani, poiché essi meritano rispetto e ammirazione per il bene che vi hanno fatto. Il Papa s'aspetta anche che i giovani cerchino di santificare il loro lavoro, compiendolo con competenza tecnica e con diligenza, per contribuire al progresso di tutti i loro fratelli e per illuminare con la luce del Verbo tutte le attività umane (cfr Lumen gentium LG 36). Ma, soprattutto, il Papa si augura che essi sappiano essere protagonisti di una società più giusta e più fraterna, adempiendo i doveri nei confronti dello Stato: rispettando le sue leggi; non lasciandosi trasportare dall'odio e dalla violenza; cercando di essere esempio di condotta cristiana nell'ambiente professionale e sociale, distinguendosi per l'onestà nei rapporti sociali e professionali. Si ricordino che la smisurata ambizione di ricchezza e di potere porta alla corruzione personale e altrui; non vi sono motivi validi che giustifichino il tentativo di far prevalere le proprie aspirazioni umane, sia economiche che politiche, mediante la frode e l'inganno.

Esiste, in ultima analisi, un immenso panorama di azione nel quale le questioni di ordine sociale, economico e politico acquisiscono un rilievo particolare, sempre che la loro fonte d'ispirazione siano il Vangelo e la Dottrina Sociale della Chiesa. La costruzione di una società più giusta e solidale, riconciliata e pacifica; l'impegno a frenare la violenza; le iniziative di promozione della vita piena, dell'ordine democratico e del bene comune e, specialmente, quelle che mirano ad eliminare certe discriminazioni esistenti nelle società latinoamericane e non sono motivo di esclusione, bensì di arricchimento reciproco.

Abbiate soprattutto grande rispetto per l'istituzione del Sacramento del Matrimonio. Non potrà aversi vera felicità nei focolari se, al tempo stesso, non ci sarà fedeltà tra i coniugi. Il matrimonio è un'istituzione di diritto naturale, che è stata elevata da Cristo alla dignità di Sacramento; è un grande dono che Dio ha fatto all'umanità. Rispettatelo, veneratelo. Al tempo stesso, Dio vi chiama a rispettarvi gli uni gli altri anche nell'innamoramento e nel fidanzamento, poiché la vita coniugale, che per disposizione divina è riservata alle coppie sposate, sarà fonte di felicità e di pace solo nella misura in cui saprete fare della castità, dentro e fuori del matrimonio, un baluardo delle vostre speranze future. Ripeto qui a tutti voi che "l'eros vuole sollevarci [...] verso il Divino, condurci al di là di noi stessi, ma proprio per questo richiede un cammino di ascesa, di rinunce, di purificazioni e di guarigioni" (Lettera Enciclica Deus caritas est [25/12/2005], n. 5). In poche parole, richiede uno spirito di sacrificio e di rinuncia per un bene maggiore, che è precisamente l'amore di Dio su tutte le cose. Cercate di resistere con fortezza alle insidie del male esistente in molti ambienti, che vi spinge ad una vita dissoluta, paradossalmente vuota, facendovi smarrire il dono prezioso della vostra libertà e della vostra vera felicità. Il vero amore "cercherà sempre di più la felicità dell'altro, si preoccuperà sempre di più di lui, si donerà e desidererà "esserci per" l'altro" (Ibid., n. 7) e, perciò, sarà sempre più fedele, indissolubile e fecondo.

Contate per questo sull'aiuto di Gesù Cristo che, con la sua grazia, renderà questo possibile (cfr Mt 19,26). La vita di fede e di preghiera vi condurrà per le vie dell'intimità con Dio e della comprensione della grandezza dei piani che Lui ha per ogni persona. "Per il regno dei cieli" (Ibid., v. 12), alcuni sono chiamati ad una donazione totale e definitiva, per consacrarsi a Dio nella vita religiosa, "insigne dono della grazia", come è stato dichiarato dal Concilio Vaticano II (cfr Decr. Perfectae caritatis PC 12). I consacrati che si donano totalmente a Dio, sotto la mozione dello Spirito Santo, partecipano alla missione della Chiesa, testimoniando la speranza nel Regno celeste tra tutti gli uomini. Perciò, benedico e invoco la protezione divina su tutti i religiosi che all'interno della vigna del Signore si dedicano a Cristo ed ai fratelli. Le persone consacrate meritano veramente la gratitudine della comunità ecclesiale: monaci e monache, contemplativi e contemplative, religiosi e religiose dedicati alle opere di apostolato, membri degli Istituti secolari e delle Società di vita apostolica, eremiti e vergini consacrate. "La loro esistenza rende testimonianza di amore a Cristo quando s'incamminano alla sua sequela come viene proposta nel Vangelo e, con intima gioia, assumono lo stesso stile di vita che Egli scelse per Sé" (Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Istruz. Ripartire da Cristo, n. 5). Auguro che in questo momento di grazia e di profonda comunione in Cristo, lo Spirito Santo risvegli nel cuore di tanti giovani un amore appassionato, nel seguire e imitare Gesù Cristo casto, povero e ubbidiente, totalmente rivolto alla gloria del Padre e all'amore dei fratelli e delle sorelle.

6. Il Vangelo ci assicura che quel giovane che corse incontro a Gesù era molto ricco. Intendiamo questa ricchezza non soltanto sul piano materiale. La stessa giovinezza è una ricchezza singolare. Bisogna scoprirla e valorizzarla. Gesù l'ha talmente apprezzata che finì per invitare quel giovane a partecipare alla sua missione di salvezza. Egli aveva in sé tutte le condizioni per una grande realizzazione ed una grande opera.

Ma il Vangelo ci riferisce che questo giovane, udito l'invito, si rattristò. Se ne andò abbattuto e triste. Questo episodio ci fa riflettere ancora una volta sulla ricchezza della gioventù. Non si tratta, in primo luogo, di beni materiali, bensì della propria vita, con i valori inerenti alla giovinezza. Proviene da una duplice eredità: la vita, trasmessa di generazione in generazione, nella cui origine primaria si trova Dio, pieno di sapienza e di amore; e l'educazione che ci inserisce nella cultura, a un punto tale da poter quasi dire che siamo più figli della cultura e, pertanto, della fede, che non della natura. Dalla vita germoglia la libertà che, soprattutto in questa fase, si manifesta come responsabilità. E il grande momento della decisione, in una duplice opzione: la prima, riguardo allo stato di vita, e la seconda riguardo alla professione. Risponde alla domanda: cosa fare della propria vita?

In altre parole, la gioventù si presenta come una ricchezza perché conduce alla riscoperta della vita come dono e come compito. Il giovane del Vangelo comprese la ricchezza della propria giovinezza. Andò da Gesù, il Maestro buono, per cercare un orientamento. Nell'ora della grande opzione, tuttavia, non ebbe il coraggio di scommettere tutto su Gesù Cristo. Di conseguenza, se ne andò triste e abbattuto. È ciò che succede ogni volta che le nostre decisioni vacillano e diventano meschine e interessate. Capì che gli mancava la generosità, e ciò non gli permise una realizzazione piena. Si ripiegò sulla sua ricchezza, facendola diventare egoista.

A Gesù dispiacque la tristezza e la meschinità del giovane che era venuto a cercarlo. Gli Apostoli, così come tutti e tutte voi oggi, riempirono il vuoto lasciato da quel giovane che se ne era andato triste e abbattuto. Loro e noi siamo felici, perché sappiamo a chi crediamo (cfr 2Tm 1,12). Sappiamo e testimoniamo con la nostra vita che soltanto Lui ha parole di vita eterna (cfr Jn 6,68). Perciò, con San Paolo possiamo esclamare: Rallegratevi sempre nel Signore! (cfr Ph 4,4).

7. Il mio appello odierno a voi, giovani che siete venuti a questo incontro, è di non sperperare la vostra gioventù. Non cercate di fuggire da essa. Vivetela intensamente. Consacratela agli alti ideali della fede e della solidarietà umana.

Voi, giovani, non siete soltanto il futuro della Chiesa e dell'umanità, quasi si trattasse di una specie di fuga dal presente. Al contrario: voi siete il presente giovane della Chiesa e dell'umanità. Siete il suo volto giovane. La Chiesa ha bisogno di voi, come giovani, per manifestare al mondo il volto di Gesù Cristo, che si delinea nella comunità cristiana. Senza questo volto giovane, la Chiesa si presenterebbe sfigurata.

Carissimi giovani, fra poco inaugurerò la Quinta Conferenza dell'Episcopato Latinoamericano. Vi chiedo di seguire con attenzione i suoi lavori; di partecipare ai suoi dibattiti; di accogliere i suoi frutti. Come è accaduto in occasione delle precedenti Conferenze, anche la presente segnerà in modo significativo i prossimi dieci anni di evangelizzazione in America Latina e nei Caraibi. Nessuno deve restare ai margini o rimanere indifferente davanti a questo sforzo della Chiesa, e ancor meno i giovani. Voi fate a pieno titolo parte della Chiesa, la quale rappresenta il volto di Gesù Cristo per l'America Latina ed i Caraibi.

Saluto i francofoni che vivono nel Continente latinoamericano, e li invito a essere testimoni del Vangelo e protagonisti della vita ecclesiale. La mia preghiera raggiunge in modo del tutto particolare voi giovani: voi siete chiamati a costruire la vostra vita su Cristo e sui valori umani fondamentali. Tutti si sentano invitati a collaborare per edificare un mondo di giustizia e di pace.

Carissimi giovani amici, come il giovane del Vangelo che domandò a Gesù: "Che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?", tutti voi state cercando le vie per rispondere generosamente alla chiamata di Dio. Prego perché ascoltiate le sue parole salvifiche e perché diventiate suoi testimoni per le popolazioni contemporanee. Dio effonda su tutti voi le sue benedizioni di pace e di gioia.

Carissimi giovani, Cristo vi chiama a essere santi. Lui stesso vi invita e vuole camminare con voi, per animare con il suo Spirito i passi del Brasile in questo inizio del terzo millennio dell'era cristiana. Chiedo alla Senhora Aparecida che vi guidi con il suo aiuto materno e vi accompagni lungo la vita.

Sia lodato nostro Signore Gesù Cristo!






INCONTRO E CELEBRAZIONE DEI VESPRI CON I VESCOVI DEL BRASILE - DISCORSO Catedral da Sé, São Paulo Venerdì, 11 maggio 2007

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Amati fratelli nell’Episcopato!

«Pur essendo Figlio di Dio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (cfr
He 5,8-9).

1. Il testo che abbiamo appena ascoltato nella Lettura Breve dei Vespri odierni contiene un profondo insegnamento. Anche in questo caso constatiamo che la Parola di Dio è viva e più tagliente di una spada a doppio taglio, penetra fino alla giuntura dell'anima, procurandole sollievo e stimolando i suoi servitori fedeli (cfr He 4,12).

Ringrazio a Dio per avermi concesso di incontrare un Episcopato prestigioso, che presiede ad una delle più numerose popolazioni cattoliche del mondo. Vi saluto con sensi di profonda comunione e di sincero affetto, ben conoscendo la dedizione con la quale seguite le comunità che vi sono state affidate. La calorosa accoglienza da parte del Signor Parroco della Catedral da Sé e di tutti i presenti mi ha fatto sentire a casa, in questa grande Casa comune che è la nostra Santa Madre, la Chiesa Cattolica.

Rivolgo un saluto speciale alla nuova Presidenza della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile e, mente esprimo riconoscenza per le parole del suo Presidente, Mons. Geraldo Lyrio Rocha, formulo l’auspicio di un proficuo lavoro nel compito di consolidare sempre più la comunione tra i Vescovi e di promuovere l’azione pastorale comune in un territorio di dimensioni continentali.

2. Il Brasile accoglie con la sua tradizionale ospitalità i partecipanti alla V Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano. Esprimo il mio ringraziamento per la cortese accoglienza da parte dei suoi membri ed il mio profondo apprezzamento per le preghiere del popolo brasiliano, elevate soprattutto per il successo dell’incontro dei Vescovi ad Aparecida.

Si tratta di un grande evento ecclesiale che si situa nell’ambito dello sforzo missionario che l’America Latina dovrà assumersi, proprio a partire da qui, dal suolo brasiliano. È per questo che ho voluto rivolgermi inizialmente a voi, Vescovi del Brasile, evocando quelle parole dense di contenuto della Lettera agli Ebrei: «Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (He 5,8-9). Esuberanti nel loro significato, questi versetti parlano della compassione di Dio per noi, espressa nella passione del suo Figlio; e parlano della sua ubbidienza, della sua libera e cosciente adesione ai disegni del Padre, esplicitata in modo speciale nella preghiera nel monte degli Ulivi: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42). Così, è Gesù stesso che ci insegna che la vera via di salvezza consiste nel conformare la nostra volontà a quella di Dio. È precisamente ciò che chiediamo nella terza invocazione della preghiera del Padre Nostro: che sia fatta la volontà di Dio come in cielo così in terra, poiché laddove regna la volontà di Dio, lì è presente il Regno di Dio. Gesù ci attira con la sua volontà, con la volontà del Figlio, ed in questo modo ci guida verso la salvezza. Andando incontro alla volontà di Dio, con Gesù Cristo, apriamo il mondo al Regno di Dio.

Noi Vescovi siamo convocati per manifestare questa verità centrale, poiché siamo legati direttamente a Cristo, Buon Pastore. La missione che ci è affidata, come Maestri della fede, consiste nel ricordare, come lo stesso Apostolo delle Genti scriveva, che il nostro Salvatore «vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità» (1Tm 2,4-6). Questa, e non altra, è la finalità della Chiesa: la salvezza delle anime, una ad una. Il Padre perciò ha inviato il suo Figlio, e «come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi», è detto in San Giovanni (Jn 20,21). Da qui, il mandato di evangelizzare: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20). Sono parole semplici e sublimi, nelle quali sono indicati l’obbligo di predicare la verità della fede, l’urgenza della vita sacramentale, la promessa dell’aiuto continuo di Cristo alla sua Chiesa. Queste sono realtà fondamentali e si riferiscono all’istruzione nella fede e nella morale cristiana, così come alla pratica dei sacramenti. Laddove Dio e la sua volontà non sono conosciuti, dove non esiste la fede in Gesù Cristo, e nella sua presenza nelle celebrazioni sacramentali, manca l’essenziale anche per la soluzione degli urgenti problemi sociali e politici. La fedeltà al primato di Dio e della sua volontà, conosciuta e vissuta in comunione con Gesù Cristo, è il dono essenziale che noi Vescovi e sacerdoti dobbiamo offrire alla nostra gente (cfr Populorum progressio PP 21).

3. Il ministero episcopale ci spinge così al discernimento della volontà salvifica, nella ricerca di una pastorale che educhi il Popolo di Dio a riconoscere ed accogliere i valori trascendenti, in fedeltà al Signore e al Vangelo.

È vero che i tempi presenti risultano difficili per la Chiesa e molti dei suoi figli sono tribolati. La vita sociale sta attraversando momenti di smarrimento sconcertante. Viene attaccata impunemente la santità del matrimonio e della famiglia, cominciando dal fare concessioni di fronte a pressioni capaci di incidere negativamente sui processi legislativi; si giustificano alcuni delitti contro la vita nel nome dei diritti della libertà individuale; si attenta contro la dignità dell’essere umano; si diffonde la ferita del divorzio e delle libere unioni. Più ancora: quando, in seno alla Chiesa, è messo in questione il valore dell’impegno sacerdotale come affidamento totale a Dio attraverso il celibato apostolico e come totale disponibilità a servire le anime, e si dà la preferenza alle questioni ideologiche e politiche, anche partitiche, la struttura della totale consacrazione a Dio comincia a perdere il suo significato più profondo. Come non sentire tristezza nella nostra anima? Ma abbiate fiducia: la Chiesa è santa e incorruttibile (cfr Ep 5,27). Diceva Sant’Agostino: «La Chiesa vacillerà, se vacilla il suo fondamento; ma potrà forse Cristo vacillare? Visto che Cristo non vacilla, la Chiesa rimarrà intatta fino alla fine dei tempi» (Enarrationes in Psalmos, 103, 2, 5; PL 37, 1353).

Tra i problemi che affliggono la vostra sollecitudine pastorale c’è, senza dubbio, la questione dei cattolici che abbandonano la vita ecclesiale. Sembra chiaro che la causa principale, tra le altre, di questo problema possa essere attribuita alla mancanza di un’evangelizzazione in cui Cristo e la sua Chiesa stiano al centro di ogni delucidazione. Le persone più vulnerabili al proselitismo aggressivo delle sette – che costituisce motivo di giusta preoccupazione – e incapaci di resistere agli assalti dell’agnosticismo, del relativismo e del laicismo sono in genere i battezzati non sufficientemente evangelizzati, facilmente influenzabili perché possiedono una fede fragile e, a volte, confusa, vacillante ed ingenua, anche se conservano una religiosità innata. Nell’Enciclica Deus caritas est, ho ricordato che «all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (n. 1). È necessario, pertanto, avviare l’attività apostolica come una vera missione nell’ambito del gregge costituito dalla Chiesa Cattolica in Brasile, promovendo un’evangelizzazione metodica e capillare in vista di un’adesione personale e comunitaria a Cristo. Si tratta infatti di non risparmiare sforzi per andare alla ricerca dei cattolici che si sono allontanati e di coloro che conoscono poco o niente Gesù Cristo, attraverso una pastorale dell’accoglienza che li aiuti a sentire la Chiesa come un luogo privilegiato dell’incontro con Dio e mediante un itinerario catechistico permanente.

Si richiede, in una parola, una missione evangelizzatrice che interpelli tutte le forze vive di questo gregge immenso. Il mio pensiero pertanto va ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose ed ai laici che si prodigano, molte volte con difficoltà immense, per la diffusione della verità evangelica. Molti di loro collaborano o partecipano attivamente nelle Associazioni, nei Movimenti e nelle altre nuove realtà ecclesiali che, in comunione con i loro Pastori ed in conformità con gli orientamenti diocesani, portano la loro ricchezza spirituale, educativa e missionaria nel cuore della Chiesa, come preziosa esperienza e proposta di vita cristiana.

In questo sforzo evangelizzatore, la comunità ecclesiale si distingue per le iniziative pastorali, inviando soprattutto nelle case delle periferie urbane e dell’interno i suoi missionari, laici o religiosi, cercando di dialogare con tutti in spirito di comprensione e di delicata carità. Tuttavia, se le persone incontrate vivono in una situazione di povertà, bisogna aiutarle come facevano le prime comunità cristiane, praticando la solidarietà perché si sentano veramente amate. La gente povera delle periferie urbane o della campagna ha bisogno di sentire la vicinanza della Chiesa, sia nell’aiuto per le necessità più urgenti, sia nella difesa dei suoi diritti e nella promozione comune di una società fondata sulla giustizia e sulla pace. I poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo, ed il Vescovo, formato ad immagine del Buon Pastore, deve essere particolarmente attento a offrire il balsamo divino della fede, senza trascurare il «pane materiale». Come ho potuto mettere in risalto nell’Enciclica Deus caritas est, «la Chiesa non può trascurare il servizio della carità, così come non può tralasciare i Sacramenti e la Parola» (n. 22).

La vita sacramentale, specialmente attraverso la Confessione e l’Eucaristia, assume qui un’importanza di prima grandezza. A voi Pastori spetta il compito principale di assicurare la partecipazione dei fedeli alla vita eucaristica e al Sacramento della Riconciliazione; dovete vigilare perché l’accusa e l’assoluzione dei peccati siano ordinariamente individuali, così come il peccato costituisce un fatto profondamente personale (cfr Esort. ap. postsinodale Reconciliatio et paenitentia RP 31, III). Soltanto l’impossibilità fisica o morale esime il fedele da questa forma di confessione, potendo lui in questo caso ottenere la riconciliazione con altri mezzi (cfr can. 960; cfr Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 311). È opportuno, perciò, inculcare nei sacerdoti la pratica della disponibilità generosa ad accogliere i fedeli che ricorrono al Sacramento della misericordia di Dio (cfr Lett. ap. Misericordia Dei, n. 2).

4. Ripartire da Cristo in tutti gli ambiti della missione, riscoprire in Gesù l’amore e la salvezza che il Padre ci dà, mediante lo Spirito Santo: tale è la sostanza, la radice della missione episcopale che fa del Vescovo il primo responsabile della catechesi diocesana. Spetta a lui, infatti, la direzione superiore della catechesi, circondandosi di collaboratori competenti e degni di fiducia. È ovvio, pertanto, che i suoi catechisti non sono semplici comunicatori di esperienze di fede, ma devono essere autentici araldi, sotto la guida del loro Pastore, delle verità rivelate. La fede è un cammino condotto dallo Spirito Santo che si compendia in due parole: conversione e sequela. Queste due parole-chiave della tradizione cristiana indicano chiaramente che la fede in Cristo implica una prassi di vita fondata sul duplice comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, ed esprimono anche la dimensione sociale della vita.

La verità suppone una conoscenza chiara del messaggio di Gesù trasmessa grazie ad un linguaggio inculturato comprensibile, ma necessariamente fedele alla proposta del Vangelo. Nei tempi attuali è urgente una conoscenza adeguata della fede, com’è ben riepilogata nel Catechismo della Chiesa Cattolica, con il suo Compendio. Fa parte della catechesi essenziale anche l’educazione alle virtù personali e sociali del cristiano, così come l’educazione alla responsabilità sociale. Precisamente perché fede, vita e celebrazione della sacra liturgia come fonte di fede e di vita sono inseparabili, è necessaria una più corretta applicazione dei principi indicati dal Concilio Vaticano II, riguardanti la Liturgia della Chiesa, incluse le disposizioni contenute nel Direttorio per i Vescovi (cfr nn. 145-151), con il proposito di restituire alla Liturgia il suo carattere sacro. È con questa finalità che il mio Venerabile Predecessore sulla Cattedra di Pietro, Giovanni Paolo II, ha voluto rinnovare «un caldo appello perché, nella Celebrazione eucaristica, le norme liturgiche siano osservate con grande fedeltà… La liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si celebrano i santi Misteri» (Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia EE 52). Riscoprire e apprezzare l’ubbidienza alle norme liturgiche da parte dei Vescovi, come «moderatori della vita liturgica della Chiesa», significa rendere testimonianza della Chiesa stessa, una ed universale, che presiede nella carità.

5. Bisogna fare un salto di qualità nella vita cristiana del popolo, perché possa testimoniare la sua fede in maniera limpida e chiara. Questa fede, celebrata e partecipata nella liturgia e nella carità, nutre e rinvigorisce la comunità dei discepoli del Signore, mentre li edifica come Chiesa missionaria e profetica. L’Episcopato brasiliano possiede una struttura di grande portata, i cui Statuti sono stati recentemente rivisti per la loro migliore attuazione ed una più esclusiva dedizione al bene della Chiesa. Il Papa è venuto in Brasile per chiedere che, al seguito della Parola di Dio, tutti i Venerabili Fratelli nell’Episcopato sappiano essere portatori di eterna salvezza per tutti coloro che obbediscono a Cristo (cfr He 5,9). Noi Pastori, sulla scia dell’impegno assunto come successori degli Apostoli, dobbiamo essere fedeli servitori della Parola, senza visioni riduttive né confusioni nella missione che ci è affidata. Non basta osservare la realtà a partire dalla fede personale; è necessario lavorare con il Vangelo alla mano ed ancorati all’autentica eredità della Tradizione Apostolica, senza interpretazioni motivate da ideologie razionalistiche.

Così, «nelle Chiese particolari spetta al Vescovo conservare ed interpretare la Parola di Dio e giudicare con autorità ciò che risulta essere o non essere in conformità con essa» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, n. 19). Egli, come Maestro di fede e di dottrina, potrà contare sulla collaborazione del teologo che, «nella sua dedizione al servizio della verità, dovrà, per rimanere fedele alla sua funzione, tenere conto della missione propria del Magistero e con esso collaborare» (ibid., n. 20). Il dovere di conservare il deposito della fede e di mantenere la sua unità richiede una stretta vigilanza, in modo tale che esso sia «conservato e trasmesso fedelmente, e che le posizioni particolari siano unificate nell’integrità del Vangelo di Cristo» (Direttorio per il Ministero Pastorale dei Vescovi, n. 126).

Ecco quindi l’enorme responsabilità che assumete come formatori del popolo, specialmente dei vostri sacerdoti e religiosi. Sono loro i vostri fedeli collaboratori. Conosco l’impegno con il quale cercate di formare le nuove vocazioni sacerdotali e religiose. La formazione teologica e nelle discipline ecclesiastiche richiede un aggiornamento costante, ma sempre in accordo con l’autentico Magistero della Chiesa.

Faccio appello al vostro zelo sacerdotale ed al senso di discernimento delle vocazioni, anche per sapere completare la dimensione spirituale, psico-affettiva, intellettuale e pastorale nei giovani maturi e disponibili al servizio della Chiesa. Un buono ed assiduo accompagnamento spirituale è indispensabile per favorire la maturazione umana, ed evita il rischio di deviazioni nel campo della sessualità. Tenete sempre presente che il celibato sacerdotale costituisce un dono «che la Chiesa ha ricevuto e vuole conservare, convinta che esso è un bene per lei e per il mondo» (Direttorio per il Ministero e la Vita dei Presbiteri, n. 57).

Vorrei raccomandare alla vostra sollecitudine anche le Comunità religiose che si inseriscono nella vita della vostra Diocesi. Esse offrono un contributo prezioso, poiché «vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito» (1Co 12,4). La Chiesa non può non manifestare gioia ed apprezzamento per tutto quello che i Religiosi vanno realizzando attraverso le Università, le scuole, gli ospedali ed altre opere ed istituzioni.

6. Conosco la dinamica delle vostre Assemblee e lo sforzo per definire i diversi piani pastorali in modo che diano la priorità alla formazione del clero e degli operatori della pastorale. Alcuni di voi hanno incoraggiato movimenti di evangelizzazione per facilitare il raggruppamento dei fedeli in una certa linea d’azione. Il Successore di Pietro conta su di voi, perché la vostra preparazione poggi sempre sulla spiritualità di comunione e di fedeltà alla Sede di Pietro, affinché sia sicuro che l’azione dello Spirito non sia vana. Infatti, l’integrità della fede, insieme alla disciplina ecclesiale, è e sempre sarà, un tema che richiederà attenzione e impegno da parte di tutti voi, soprattutto quando si tratta di trarre le conseguenze dal fatto che esiste «una sola fede ed un solo battesimo».

Come sapete, tra i diversi documenti che si occupano dell’unità dei cristiani si trova il Direttorio per l’Ecumenismo, pubblicato dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. L’Ecumenismo, ossia la ricerca dell’unità dei cristiani diventa in questo nostro tempo, nel quale si verifica l’incontro delle culture e la sfida del secolarismo, un compito sempre più urgente della Chiesa cattolica. In conseguenza, però, della moltiplicazione di sempre nuove denominazioni cristiane e, soprattutto di fronte a certe forme di proselitismo, frequentemente aggressivo, l’impegno ecumenico diventa un lavoro complesso. In tale contesto, è indispensabile una buona formazione storica e dottrinale, che abiliti al necessario discernimento ed aiuti a capire l’identità specifica di ognuna delle comunità, gli elementi che dividono e quelli che aiutano nel cammino verso la costruzione dell’unità. Il grande campo comune di collaborazione dovrebbe essere la difesa dei valori morali fondamentali, trasmessi dalla tradizione biblica, contro la loro distruzione in una cultura relativistica e consumistica; e ancora, la fede in Dio Creatore ed in Gesù Cristo, suo Figlio incarnato. Inoltre, vale sempre il principio dell’amore fraterno e della ricerca di comprensione e di avvicinamenti reciproci; ma anche la difesa della fede del nostro popolo, confermandolo nella gioiosa certezza che l’«unica Christi Ecclesia… subsistit in Ecclesia catholica, a successore Petri et Episcopis in eius communione gubernata» («l’unica Chiesa di Cristo… sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui» (Lumen gentium LG 8).

In tale senso si procederà verso un dialogo ecumenico franco, per il tramite del Consiglio Nazionale delle Chiese Cristiane, impegnandosi al pieno rispetto delle altre confessioni religiose, desiderose di rimanere in contatto con la Chiesa cattolica che è in Brasile.

7. Non costituisce affatto una novità la constatazione che il vostro Paese convive con un disavanzo storico di sviluppo sociale, le cui tracce estreme sono il vasto contingente di brasiliani che vivono in situazione di indigenza ed una disuguaglianza nella distribuzione del reddito, che arriva a livelli molto elevati. A voi, venerabili Fratelli, come gerarchia del popolo di Dio, spetta promuovere la ricerca di soluzioni nuove e colme di spirito cristiano. Una visione dell’economia e dei problemi sociali, dalla prospettiva della dottrina sociale della Chiesa, porta a considerare le cose sempre dal punto di vista della dignità dell’uomo, che trascende il semplice gioco dei fattori economici. Bisogna, quindi, lavorare instancabilmente a favore della formazione dei politici, come anche di tutti i brasiliani che hanno un determinato potere di decisione, grande o piccolo che sia, ed in genere di tutti i membri della società, in modo tale che assumano pienamente le proprie responsabilità e sappiano dare un volto umano e solidale all’economia.

È necessario formare nelle classi politiche ed imprenditoriali un genuino spirito di veracità e di onestà. Coloro che assumono un ruolo di leadership nella società devono cercare di prevedere le conseguenze sociali, dirette ed indirette, a breve e lungo termine, delle proprie decisioni, agendo secondo criteri di massimizzazione del bene comune, invece di cercare profitti personali.

8. A Dio piacendo, carissimi Fratelli, troveremo altre opportunità per approfondire le questioni che interpellano la nostra congiunta sollecitudine pastorale. Questa volta ho voluto, certamente non in maniera esaustiva, esporre i temi più rilevanti che si impongono alla mia considerazione di Pastore della Chiesa universale. Vi partecipo il mio affettuoso incoraggiamento, che è al tempo stesso una fraterna e sentita supplica: perché proseguiate e lavoriate sempre, come già andate facendo, nella concordia, avendo per vostro fondamento una comunione che nell’Eucaristia trova il suo momento culminante e la sua sorgente inesauribile. Vi affido tutti a Maria Santissima, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, mentre di cuore imparto a ciascuno di voi ed alle vostre rispettive Comunità la Benedizione Apostolica.

Grazie!






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