Discorsi 2005-13 26057

AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL MOZAMBICO IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sabato, 26 maggio 2007

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Signor Cardinale,
Amati Fratelli nell'Episcopato!

Siete venuti a Roma, accompagnati in spirito dal vostro popolo cristiano per venerare, nel solco di un'antica tradizione, le tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Oggi, con la vostra presenza qui, desiderate testimoniare in modo collegiale l'unità di fede e la conformità di propositi esistenti fra le vostre Chiese particolari e la Chiesa che è a Roma e "presiede alla carità" (Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Romanos), come anche l'unità fra voi e il Successore di Pietro, condividendo la sua sollecitudine per tutte le Chiese (cfr
2Co 11,28). So che esercitate sempre il vostro ministero in unione con il Papa, come molte volte mi avete comunicato e ora mi avete ribadito attraverso le cordiali parole di Monsignor Tomé Makhweliha, Arcivescovo di Nampula e Presidente della Conferenza Episcopale, che si è fatto interprete dei sentimenti e delle preoccupazioni che provate in questo momento della vostra visita ad Limina. È quindi con grande gioia e stima che vi abbraccio e vi accolgo in questa Casa, cogliendo l'occasione per inviare, con voi e attraverso di voi, un cordiale saluto a tutto il popolo di Dio che è in Mozambico: i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi, i catechisti e gli animatori, le famiglie cristiane e tutti i fedeli laici, poiché tutti sono chiamati, nella diversità dei loro carismi, a testimoniare il Signore Gesù Cristo.

Amati Pastori, a quelli fra voi che hanno ricevuto da molto tempo la pienezza del sacerdozio formulo voti affinché possano proseguire, instancabili, nella cura pastorale di quanti sono stati affidati loro; a quelli che più di recente sono stati consacrati Vescovi esprimo il mio vivo affetto e la speranza dinanzi a Dio che le loro giovani energie conferiscano un nuovo impulso all'opera di evangelizzazione e di formazione cristiana in corso. Al contempo a ognuno di voi assicuro le mie preghiere affinché lo Spirito del Signore, mediante il vostro esempio e il vostro ministero, realizzi una nuova Pentecoste e "rinnovi la faccia della terra", nella vostra amata Nazione.

Sì, chiedo allo Spirito Santo di accompagnare con l'abbondanza della sua luce e della sua forza l'esercizio del vostro incarico pastorale. Come vi è stato detto il giorno dell'ordinazione episcopale, siete responsabili dell'annuncio della Parola di Dio in tutta la regione che vi è stata affidata; responsabili della celebrazione della liturgia, della formazione alla preghiera e della preparazione ai sacramenti di modo che questi siano degnamente amministrati al popolo cristiano; responsabili anche dell'unità organica della Diocesi, delle sue istituzioni di assistenza, formazione e apostolato. Perciò siete stati rivestiti dell'autorità di Pastori; questa, tuttavia, assume la forma del Servo che offre la propria vita, il proprio tempo, le proprie forze e il proprio cuore per le sue pecore, ed è rafforzata dall'esempio che date loro per portarle alla santità di vita, divenendo "modelli del gregge" (1P 5,3).

Ovviamente questo servizio pastorale passa per la vostra presenza, che deve essere il più costante possibile, in tutte le comunità sparse nella Diocesi e per una paterna attenzione alle loro condizioni di vita, umane e religiose. In particolare, i vostri sacerdoti hanno bisogno di essere visitati o ricevuti, ascoltati, orientati e incoraggiati. Voi, insieme con loro, avete un compito enorme da svolgere, naturalmente in comunione con lo Spirito Santo che agisce nei cuori: la prima evangelizzazione di oltre la metà della popolazione del Mozambico. Sappiamo che gli ostacoli sono numerosi e complessi, che l'accoglienza e la crescita dipendono non da noi ma dalla libertà delle persone e dalla grazia. Tuttavia, cercate almeno di far sì che l'annuncio missionario sia al primo posto fra le vostre priorità e fate sapere a quanti hanno la grazia di essere cristiani che devono contribuire alla sua realizzazione. Strumento provvidenziale per un rinnovato impulso missionario sono i Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità; accoglieteli e promuoveteli nelle vostre Diocesi, poiché lo Spirito Santo si serve di loro per risvegliare e approfondire la fede nei cuori e proclamare la gioia di credere in Gesù Cristo.

Di fatto, è importante approfondire la fede attraverso tutti i mezzi che avete a vostra disposizione: catechesi dei giovani e degli adulti, riunioni, liturgia, con l'inculturazione che s'impone. Senza questa formazione profonda, la fede e la pratica religiosa resterebbero superficiali e fragili, le usanze ancestrali non potrebbero impregnarsi di spirito cristiano, gli animi sarebbero scossi da ogni sorta di dottrina, le sette attirerebbero i fedeli allontanandoli dalla Chiesa, il dialogo rispettoso con le altre religioni si bloccherebbe per le insidie e i rischi. E, soprattutto, i battezzati non potrebbero resistere all'indifferenza religiosa, al materialismo e al neopaganesimo, fenomeni diffusi oggi nelle società del consumo.

Al contrario, una fede profonda e impegnata rinnoverà il comportamento delle persone nella loro vita socio-professionale e di conseguenza il tessuto della società. I cristiani danno così il loro contributo per combattere le ingiustizie, innalzare il livello di vita delle persone e dei gruppi più bisognosi, per educare alla rettitudine dei costumi, alla tolleranza, al perdono e alla riconciliazione. Si tratta di un'opera etica di grande importanza, che serve il bene della Patria; come Pastori, spetta a voi ispirarla e sostenerla, conservando sempre la vostra libertà che è quella della Chiesa nella sua missione profetica, mantenendo ben netta la distinzione fra la missione pastorale e quella che prospettano i programmi e i poteri politici.

Tutta l'opera di cui vi ho parlato dipende dal numero e dalla qualità degli operai apostolici che collaborano con voi: sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti e animatori di movimenti e comunità. Per quanto riguarda i sacerdoti, sono lieto di ricordare il loro primo Incontro di Formazione Permanente del luglio 2001, iniziativa che vi ha dato l'occasione di spronarli a una revisione di vita rispetto alla loro azione apostolica e al loro rinnovamento spirituale. Vi incoraggio a favorire questa formazione permanente in vista di un aggiornamento teologico e pastorale del clero, come anche di una vita spirituale regolare. Si tratta del loro dinamismo apostolico al servizio dell'evangelizzazione, della loro capacità di affrontare i problemi e della santità del loro ministero.

Altrettanto importante e decisivo è preparare bene i futuri sacerdoti, So che avete a cuore il miglioramento della formazione teologica e spirituale nei seminari; è un tema frequente dei lavori della vostra Conferenza Episcopale e della Conferenza dei Superiori dei Religiosi e delle Religiose, pronti a offrirvi la loro collaborazione. Data l'importanza di ciò che è in gioco, vi esorto a dedicare a questa formazione i vostri migliori sacerdoti, a vegliare affinché i direttori spirituali dei seminari siano debitamente preparati. La grave carenza di sacerdoti mostra quanto sia necessario investire nella pastorale delle vocazioni sacerdotali e religiose, dandole un nuovo impulso e coordinamento a livello diocesano e nazionale. Ciò passa per una riflessione di tutti i membri della Chiesa sul ruolo del sacerdozio, soprattutto nelle cosiddette "Piccole Comunità Cristiane".

Un'identica presa di coscienza meriterebbe di essere approfondita e ampliata riguardo alla vita consacrata. Come è possibile che i suoi candidati e il popolo cristiano ammirino gli istituti di vita consacrata più per l'aiuto che questi danno all'apostolato e alla promozione umana che per il valore intrinseco e la bellezza incomparabile di una consacrazione totale a Dio, nella sequela di Cristo al Quale la persona consacrata si unisce come al suo Sposo Divino? Quest'ultima prospettiva è tanto benefica per tutta la Chiesa che in essa troverebbe una chiamata molto particolare alla santità attraverso l'esperienza vissuta delle beatitudini. Anche qui non si può trascurare l'importanza di una formazione di base accurata per gli aspiranti alla vita consacrata, secondo la spiritualità specifica di ogni famiglia religiosa. Non ho dubbi che gli organismi di coordinamento dei religiosi e delle religiose devono collaborare, con voi, per far fronte a questa esigenza.

In Mozambico, come in molti Paesi africani, i catechisti svolgono un ruolo determinante sia nella formazione dei catecumeni sia nell'animazione di molte comunità sprovviste di un sacerdote permanente. Grande e lodevole è la loro dedizione generosa e disinteressata, ma hanno bisogno di una formazione accurata e di un sostegno particolare per affrontare la loro responsabilità di testimoni della fede di fronte all'evoluzione culturale dei propri fratelli e sorelle e per poterli guidare con l'esempio di una vita santa.

Il futuro dipenderà in gran parte dal modo in cui i giovani - che nel vostro Paese costituiscono la maggioranza della popolazione - potranno acquisire convinzioni di fede, viverle in un contesto che non offre più loro gli orientamenti etici e il sostegno delle istituzioni come in passato, e integrarsi con fiducia nelle comunità ecclesiali. È un campo immenso al quale si aggiunge il mondo dei bambini, degli adolescenti e soprattutto degli studenti esposti a ogni sorta di corrente e questioni in fermento. Vi incoraggio in particolare nei vostri sforzi volti a dare a tutti i giovani cristiani la possibilità di ricevere un insegnamento religioso saldo per un'azione cristiana a loro misura.

L'evangelizzazione della vita cristiana e lo schiudersi delle vocazioni dipendono dalla formazione di famiglie autenticamente cristiane che accettino il modello, le esigenze e la grazia del matrimonio cristiano. So che non mancano le difficoltà, a causa dei limiti di alcune usanze antiche e anche dell'instabilità dei focolari domestici, messi a dura prova da una società chiamata moderna, impregnata di sensualismo e individualismo. La crisi non si attenuerà se non mediante una pastorale familiare dinamica e dalle salde fondamenta, con il sostegno di associazioni familiari coordinate a livello diocesano e nazionale.

Amati Fratelli nell'Episcopato, vi sono altri campi in cui si richiede la vostra sollecitudine pastorale: l'assistenza ai poveri, ai malati e agli emarginati, l'atteggiamento da adottare dinanzi all'invasione delle sette, lo sviluppo dei mezzi di comunicazione sociale, ecc. Tuttavia i punti indicati rappresentano già un onere che richiede ardui sforzi, se consideriamo le limitate forze apostoliche di cui disponete, anche facendo appello ai sacerdoti e ai religiosi di altri Paesi che - spero - si mostreranno generosi. Sono certo che tutte queste sfide possono essere superate, grazie alla fede e alla determinazione che vi animano, grazie allo Spirito Santo che non rifiuta mai il suo aiuto a quanti lo supplicano e ricercano la volontà di Dio.

Questa è, prima di tutto, l'unione affettiva ed effettiva in seno alla vostra Conferenza Episcopale. Nell'Ultima Cena, come ben sapete, il Signore Gesù ha pregato per l'unità degli Apostoli affinché imitassero la sua unità con il Padre (cfr Jn 17,21). Nel saldo vincolo che vi unisce al Successore di Pietro, conservate e accrescete l'unità e l'attività collegiale fra voi. Riunite le vostre esperienze, interpretate in modo concorde i segni dei tempi relativi ai bisogni propri del vostro popolo, sempre mossi da uno spirito di fedeltà alla Chiesa. Questa unità fra voi, Pastori, sarà il centro e la radice della perfetta comunione ecclesiale, che comprende tutti in Cristo: Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli laici. Soprattutto vegli, con amore materno, la Vergine Maria, alla quale vi affido nell'impartirvi la mia Benedizione Apostolica, che estendo ai vostri collaboratori e a tutta la Chiesa in Mozambico, che Dio ha costituito lievito e luce in seno alla vostra diletta Nazione.



AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO DAI GIOVANI IMPRENDITORI DI CONFINDUSTRIA Sala Clementina Sabato, 26 maggio 2007

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Cari amici,

grazie per questa vostra visita che mi è particolarmente gradita: a ciascuno di voi rivolgo il mio cordiale saluto. In primo luogo saluto il vostro Presidente, il Dott. Matteo Colaninno, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha indirizzato a nome di tutti voi. Estendo il mio pensiero ai Responsabili nazionali, regionali e provinciali del Movimento Giovani Imprenditori come pure a tutti i membri del vostro Sodalizio, che si contraddistingue per il fatto di essere un movimento di persone e non semplicemente un’organizzazione di aziende. In tal modo si vuole mettere in risalto la responsabilità dell’imprenditore, chiamato a rendere un peculiare contributo allo sviluppo economico della società. In effetti, il tenore di benessere sociale di cui gode oggi l’Italia non sarebbe pensabile senza l’apporto degli imprenditori e dei dirigenti, "i cui ruoli", come ricorda il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, "rivestono un’importanza centrale dal punto di vista sociale, perché si collocano in quella rete di legami tecnici, commerciali, finanziari, culturali, che caratterizzano la moderna realtà di impresa" (n. 344).

In questo nostro incontro vorrei esporre qualche breve considerazione concernente il vostro ruolo negli ambiti della vita economica. Colgo lo spunto da un noto e spesso citato testo del Concilio Vaticano II: "Nelle imprese economiche – ricorda il Concilio - si uniscono delle persone, cioè uomini liberi ed autonomi, creati ad immagine di Dio. Perciò, avuto riguardo ai compiti di ciascuno – sia proprietari, sia imprenditori, sia dirigenti, sia lavoratori – e salva la necessaria unità di direzione dell’impresa, va promossa, in forme da determinarsi in modo adeguato, l’attiva partecipazione di tutti alla vita dell’impresa" (Cost. past. Gaudium et spes
GS 68). Ogni impresa è da considerarsi in primo luogo come un insieme di persone, da rispettare nei loro diritti e nella loro dignità. A questo proposito, ho appreso con piacere che il vostro Movimento, nel corso di questi anni, si è impegnato a sottolineare con vigore la centralità dell’uomo nel campo dell’economia. Significativo, al riguardo, è il vostro primo Convegno nazionale del 2006 sul tema: L’Economia dell’Uomo. In effetti è indispensabile che il riferimento ultimo di ogni intervento economico sia il bene comune e il soddisfacimento delle legittime attese dell’essere umano. In altri termini, la vita umana e i suoi valori devono sempre essere il principio e il fine dell’economia.

In quest’ottica assume il suo giusto valore la funzione del profitto, quale primo indicatore del buon andamento dell’azienda. Il Magistero sociale della Chiesa ne riconosce l’importanza, sottolineando al tempo stesso la necessità di tutelare la dignità delle persone che a vario titolo sono coinvolte nelle imprese. Anche nei momenti di maggiore crisi, il criterio che governa le scelte imprenditoriali non può essere la mera promozione di un maggior profitto. Afferma in merito il già citato Compendio: "Gli imprenditori e i dirigenti non possono tenere conto esclusivamente dell’obiettivo economico dell’impresa, dei criteri dell’efficienza economica, delle esigenze della cura del ‘capitale’ come insieme di mezzi di produzione: è loro preciso dovere anche il concreto rispetto della dignità umana dei lavoratori che operano nell’impresa". "Questi ultimi - prosegue il testo - costituiscono il «patrimonio più prezioso dell’azienda», il fattore decisivo della produzione. Nelle grandi decisioni strategiche e finanziarie, di acquisto o di vendita, di ridimensionamento o di chiusura di impianti, nella politica delle fusioni, non ci si può limitare esclusivamente a criteri di natura finanziaria o commerciale" (n. 344). E’ necessario che l’attività lavorativa torni ad essere l’ambito nel quale l’uomo possa realizzare le proprie potenzialità ponendo a frutto capacità e ingegno personale, e dipende in gran parte da voi, imprenditori, creare le condizioni più favorevoli perché ciò accada. E’ vero, tutto questo non è facile essendo il mondo del lavoro segnato da una forte e persistente crisi, ma sono certo che non risparmierete i vostri sforzi per salvaguardare l’occupazione lavorativa, in particolar modo dei giovani. Per costruire il proprio avvenire con fiducia, essi debbono infatti poter contare su una fonte di sostentamento sicura per sé e per i propri cari.

Accanto alla centralità dell’uomo nell’economia, la vostra riflessione, nel corso di questi anni, ha affrontato altri argomenti di grande attualità, come ad esempio quello della famiglia nell’impresa italiana. A più riprese ho avuto modo di ribadire l’importanza della famiglia fondata sul matrimonio, quale elemento portante della vita e dello sviluppo di una società. Operare in favore delle famiglie significa contribuire a rinnovare il tessuto della società e assicurare le basi anche di un autentico sviluppo economico. Altro importante tema da voi sottolineato è il complesso fenomeno della globalizzazione. Fenomeno che, se da una parte alimenta la speranza di una più generale partecipazione allo sviluppo e alla diffusione del benessere grazie alla redistribuzione della produzione su scala mondiale, dall’altra presenta diversi rischi legati alle nuove dimensioni delle relazioni commerciali e finanziarie, che vanno nella direzione di un incremento del divario tra la ricchezza economica di pochi e la crescita della povertà di molti. E’ doveroso, come ebbe ad affermare in maniera incisiva il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II, "assicurare una globalizzazione nella solidarietà, una globalizzazione senza marginalizzazione" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, 3).

Cari amici, il Signore illumini le vostre menti e irrobustisca le vostre volontà, perché possiate compiere la vostra missione come un prezioso servizio alla società. Con questi sentimenti, mentre assicuro un particolare ricordo nella preghiera per ciascuno di voi e per le vostre attività, di cuore vi benedico insieme alle vostre famiglie e ai vostri cari.



A SUA BEATITUDINE ISAAC CLEEMIS THOTTUNKA, ARCIVESCOVO MAGGIORE DI TRIVANDRUM DEI SIRO-MALANKARESI (INDIA) Cappella Redemptoris Mater Lunedì, 28 maggio 2007

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Beatitudine,
Fedeli, Fratelli e Sorelle, quanti fanno parte del Sinodo siro-malankarese,

sono lieto di accoglierla in occasione della sua prima visita a Roma dalla sua elezione quale Arcivescovo Maggiore dell'amata Chiesa cattolica Siro-Malankarese. Sono molto grato per i suoi saluti affettuosi e rispettosi e la ringrazio sinceramente per il suo forte desiderio di "vedere Pietro" (cfr
Ga 1,18). Insieme rendiamo grazie a Dio per questa provvidenziale opportunità di confermarle il vincolo di comunione con la Sede di Roma di cui la vostra comunità va giustamente fiera.

Rivolgo i miei pensieri agli illustri Pastori che lo Spirito Santo ha chiamato per condurre il suo popolo a riscoprire l'unità con il Successore di Pietro. Penso in particolare a Mar Ivanios, che nel 1930 professò solennemente la fede cattolica, e si pose generosamente su un cammino ecclesiale ricco di benedizioni. Ciò rese possibile al mio Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, di elevare la Chiesa Siro-Malankarese al livello di Arcivescovado Maggiore. In tale veste, è venuto a Roma in rappresentanza della comunità malankarese, mentre la Chiesa e il mondo prendevano congedo da quell'amato Pontefice che era stato chiamato alla Casa del Padre. Subito dopo, Mar Baselios stesso lo seguì. Oggi, percepiamo la vicinanza di questi indimenticabili Pastori, mentre la Chiesa Siro-Malankarese continua la sua missione, piena di fiducia nella Grazia di Dio.

L'eredità preziosa della vostra tradizione ecclesiale è stata posta nelle sue mani, Beatitudine, attraverso l'atto di elezione canonica effettuato dai Padri del Sinodo siro-malankarese. Che il Signore le garantisca abbondanza di doni spirituali cosicché tale eredità porti molto frutto secondo la volontà del Signore.

Quale Successore di Pietro, ho confermato felicemente la decisione del Sinodo. Ora la Chiesa universale, insieme con tutti coloro che appartengono alla vostra tradizione ecclesiale, conta su di Lei, Beatitudine, per garantire che la comunità malankarese possa procedere lungo un duplice cammino. Da una parte, attraverso la fedeltà alla Sede Apostolica parteciperete sempre pienamente al respiro universale dell'unica Chiesa di Cristo, dall'altra la vostra fedeltà alle peculiarità orientali della vostra tradizione permetterà a tutta la Chiesa di beneficiare di ciò che nella sua saggezza multiforme "lo Spirito dice alle Chiese" (cfr Ap 2,7 et passim).

Come Capo e Pastore della Chiesa Siro-Malankarese, Lei, Beatitudine, è stato incaricato della missione di condurre e sostenere la testimonianza cristiana e la vita ecclesiale dei fedeli di quella nobile Chiesa attraverso il vasto sub-continente indiano e le altre regioni nelle quali si trovano i cattolici siro-malankaresi. Al contempo, cerca di affrontare le sfide più gravi che si presentano all'inizio di questo terzo millennio cristiano. È giunta l'ora della nuova evangelizzazione, un periodo di dialogo costantemente rinnovato e convinto con tutti i fratelli e le sorelle che condividono la nostra fede cristiana, un tempo di incontro rispettoso e fecondo fra religioni e culture per il bene di tutti e in particolare dei più poveri fra i poveri. Il nostro impegno per l'evangelizzazione ha bisogno di essere costantemente rinnovato, mentre lottiamo per edificare la pace, nella giustizia e nella solidarietà, per tutta la famiglia umana. Che possa sempre trarre forza dal Signore e dal supporto collegiale dei suoi Fratelli Vescovi! La prego di assicurare loro delle mie preghiere e di trasmettere loro i miei saluti speciali nella lieta occasione del 75º anniversario della istituzione della gerarchia siro-malankarese.

Siamo ancora immersi nel clima della Pentecoste e desideriamo soffermarci con la Santa Madre di Dio e gli Apostoli nel cenacolo di Gerusalemme, docili all'azione dello Spirito. Alla Santa Vergine affido le mie preghiere per lei, Beatitudine, e per tutta la Chiesa Siro-Malankarese, chiedendo che il dono dello Spirito possa continuare a nutrirvi e rafforzarvi mentre recate testimonianza del Vangelo di Cristo. Con questi sentimenti imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica a Lei, mio Venerato Fratello e a tutti i figli e le figlie della Chiesa Siro-Malankarese.

Grazie, Dio vi benedica.




VISITA AL PALAZZO DEL GOVERNATORATO DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO Giovedì, 31 maggio 2007

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Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle!

"La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi" (
2Th 3,18). Con le parole dell’apostolo Paolo rivolgo un saluto cordiale a tutti voi, che costituite la grande famiglia di quanti lavorano nei vari Uffici dello Stato della Città del Vaticano. Saluto i Signori Cardinali Membri della Pontificia Commissione ed il Presidente, l’Arcivescovo Giovanni Lajolo, che ringrazio per le cortesi parole di benvenuto che mi ha rivolto. Il mio saluto si estende poi agli altri Signori Cardinali e ai Superiori del Governatorato. A tutti il mio ringraziamento per essere qui convenuti e per la generosità con cui, a vari livelli, contribuiscono alle diverse attività che il complesso del Governatorato è chiamato a gestire.

I extend a special greeting to the Vatican Museum’s Patrons of the Arts who have been so kind to join us. Thank you for making such a long journey from the United States, England, Ireland, Portugal, and Chile. Your generosity gives splendid witness to the beauty of the faith, expressed so richly in the works of art you have graciously helped to restore.

Traduzione italiana del saluto pronunciato in lingua inglese:

[Estendo un saluto particolare ai "Patrons of the Arts" dei Musei Vaticani che sono stati così cortesi da unirsi a noi. Grazie per aver affrontato un viaggio così lungo dagli Stati Uniti, dall'Inghilterra, dall'Irlanda, dal Portogallo e dal Cile. La vostra generosità rende una splendida testimonianza della bellezza della fede, espressa tanto riccamente nelle opere d'arte che avete gentilmente contribuito a restaurare.]

Il mio pensiero si rivolge in modo particolare a voi, cari amici, che prestate la vostra opera nei diversi settori del nostro piccolo Stato, da quelli più visibili a quelli più nascosti. Constato ed apprezzo ogni giorno i frutti del vostro impegno e della vostra competenza, e sono venuto qui proprio per dirvi il mio grazie sincero e darvi un segno concreto della mia vicinanza. So bene che il vostro servizio è spesso faticoso e richiede sacrifici che coinvolgono a volte, insieme con voi, anche le vostre famiglie: ciò rende il mio grazie ancora più sentito. E colgo l’occasione per salutare i vostri familiari, alcuni dei quali sono qui con noi questa sera.

Il Governatorato, alle cui dipendenze voi operate, svolge una funzione importante. Quando il mio venerato Predecessore Pio XI condusse le trattative per i Patti Lateranensi, si preoccupò che la Santa Sede potesse contare su «quel tanto di territorio» che le garantisse «l’assoluta indipendenza per l’adempimento della sua alta missione nel mondo». Assolvendo con impegno i vostri compiti, cari amici, voi assicurate la vita quotidiana dello Stato ed aiutate il Papa nel compimento del ministero che il Signore gli ha affidato al servizio della Chiesa e del mondo. Non è dunque fuori luogo definirvi "collaboratori del Papa", e come tali vi saluto oggi proprio qui, davanti a questo palazzo che idealmente simboleggia i diversi luoghi nei quali svolgete le vostre mansioni.

Voi dunque lavorate in Vaticano, per e con il Papa; lavorate proprio nei luoghi che hanno visto la testimonianza di tanti martiri e innanzitutto dell’apostolo Pietro. Questo domanda a voi, oltre che competenza, professionalità e dedizione, anche un serio impegno di testimonianza evangelica. Conto su di voi, e vi chiedo di crescere ogni giorno nella conoscenza della fede cristiana, nell’amicizia con Dio e nel generoso servizio verso i fratelli. Vi esorto pertanto ad essere, in casa e sul lavoro, sempre fedeli agli impegni del vostro Battesimo, ad essere docili discepoli e credibili testimoni del Signore Gesù. Solo così potrete dare il vostro prezioso contributo alla diffusione del Vangelo e all’edificazione della civiltà dell’amore.

Poco fa, nella Cappella del Governatorato ho benedetto una bella immagine della Madonna, che venerate come "Madre della Famiglia". Ho benedetto anche il nuovo organo, appositamente voluto per sostenere il canto dell’assemblea liturgica che vi si riunisce per la Santa Messa quotidiana. La presenza della Chiesa in mezzo ai vostri uffici e alle vostre officine vi ricordi ogni giorno lo sguardo paterno di Dio che, nella sua provvidenza, vi segue e si prende cura di ciascuno di voi. La preghiera, che è dialogo fidente con il Signore, e la partecipazione anche infrasettimanale alla celebrazione del Divin Sacrificio, che ci unisce a Cristo Salvatore, sia il segreto e la forza delle vostre giornate e vi sostenga sempre, specialmente nei momenti difficili.

Sono inoltre informato che nei progetti del Governatorato vi è una fontana dedicata a San Giuseppe, sovvenzionata da generosi donatori. Lo Sposo della Vergine Maria, capo della Santa Famiglia e patrono della Chiesa, a giusto titolo può essere considerato esempio e modello di chi è impegnato nei molteplici servizi del Governatorato, svolgendo un servizio per lo più umile e silenzioso, ma di indispensabile sostegno per l’attività della Santa Sede. Auspico pertanto che il progetto possa giungere a felice compimento. E chiedo a San Giuseppe di proteggere sempre voi e le vostre famiglie. Oltre alla protezione di San Giuseppe, invoco su di voi la materna assistenza della Vergine Maria, Madre della Chiesa, che ci guarda dall’alto di questo Palazzo. A Lei affido tutti voi: il suo sorriso materno vi accompagni e la sua intercessione vi ottenga le più elette benedizioni di Dio. Ancora una volta grazie per il vostro lavoro, mentre di cuore tutti vi benedico.





CELEBRAZIONE MARIANA PER LA CONCLUSIONE DEL MESE DI MAGGIO Grotta della Madonna di Lourdes nei Giardini Vaticani Giovedì, 31 maggio 2007

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Cari fratelli e sorelle!

con gioia mi unisco a voi al termine di questa veglia mariana, sempre suggestiva, con la quale si conclude in Vaticano il mese di maggio nella festa liturgica della Visitazione della Beata Vergine Maria. Saluto con fraterno affetto i Cardinali e i Vescovi presenti, e ringrazio l’Arciprete della Basilica, Mons. Angelo Comastri, che ha presieduto la celebrazione. Saluto i sacerdoti, le religiose e i religiosi, in particolare le monache del Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano; come pure le tante famiglie che prendono parte a questo rito. Meditando i misteri della luce del santo Rosario, siete saliti su questo colle ove avete rivissuto spiritualmente, nel racconto dell’evangelista Luca, l'esperienza di Maria, che da Nazaret di Galilea "si mise in viaggio verso la montagna" (
Lc 1,39) per raggiungere il villaggio della Giudea dove abitava Elisabetta col marito Zaccaria.

Che cosa ha spinto Maria, giovane ragazza, ad affrontare quel viaggio? Che cosa, soprattutto, l'ha spinta a dimenticare se stessa, per spendere i primi tre mesi della sua gravidanza al servizio della cugina bisognosa di assistenza? La risposta sta scritta in un Salmo: "Corro per la via dei tuoi comandamenti, [Signore,] / perché hai dilatato il mio cuore" (Ps 118,32). Lo Spirito Santo, che rese presente il Figlio di Dio nella carne di Maria, dilatò il suo cuore alle dimensioni di quello di Dio e la spinse sulla via della carità. La Visitazione di Maria si comprende alla luce dell’evento che immediatamente precede nel racconto del Vangelo di Luca: l'annuncio dell'Angelo e il concepimento di Gesù ad opera dello Spirito Santo. Lo Spirito scese sulla Vergine, la potenza dell'Altissimo stese su di Lei la sua ombra (cfr Lc 1,35). Quello stesso Spirito la spinse ad "alzarsi" e a partire senza indugio (cfr Lc 1,39), per essere di aiuto all'anziana parente. Gesù ha appena incominciato a formarsi nel seno di Maria, ma il suo Spirito ha già riempito il cuore di Lei, così che la Madre inizia già a seguire il Figlio divino: sulla via che dalla Galilea conduce in Giudea è lo stesso Gesù a "spingere" Maria, infondendole lo slancio generoso di andare incontro al prossimo che ha bisogno, il coraggio di non mettere avanti le proprie legittime esigenze, le difficoltà, le preoccupazioni, i pericoli per la sua stessa vita. E’ Gesù che l’aiuta a superare tutto lasciandosi guidare dalla fede che opera mediante la carità (cfr Ga 5,6).

Meditando questo mistero, noi vediamo bene che cosa significhi che la carità cristiana è una virtù "teologale". Vediamo che il cuore di Maria è visitato dalla grazia del Padre, è permeato dalla forza dello Spirito e spinto interiormente dal Figlio; vediamo cioè un cuore umano perfettamente inserito nel dinamismo della Santissima Trinità. Questo movimento è la carità, che in Maria è perfetta e diventa modello della carità della Chiesa, come manifestazione dell'amore trinitario (cfr Enc. Deus caritas est ). Ogni gesto di amore genuino, anche il più piccolo, contiene in sé una scintilla del mistero infinito di Dio: lo sguardo di attenzione al fratello, il farsi vicino a lui, la condivisione del suo bisogno, la cura delle sue ferite, la responsabilità per il suo futuro, tutto, fin nei minimi dettagli, diventa "teologale" quando è animato dallo Spirito di Cristo. Ci ottenga Maria il dono di saper amare come Lei ha saputo amare. A Maria affidiamo questa singolare porzione di Chiesa che vive e lavora in Vaticano; Le affidiamo la Curia Romana e le istituzioni ad essa collegate, perché lo Spirito di Cristo animi ogni compito ed ogni servizio. Ma da questo colle allarghiamo lo sguardo a Roma e al mondo intero, e preghiamo per tutti i cristiani, perché possano dire con san Paolo: "l'amore di Cristo ci spinge", e con l'aiuto di Maria sappiano diffondere nel mondo il dinamismo della carità.

Vi ringrazio ancora per la vostra devota e calorosa partecipazione. Portate il mio saluto ai malati, agli anziani e a ciascuno dei vostri cari. A tutti imparto di cuore la mia Benedizione.


Giugno 2007






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