Discorsi 2005-13 16058

AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA THAILANDIA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Venerdì, 16 maggio 2008

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Cari Fratelli Vescovi,

"Mandi il tuo spirito e rinnovi la faccia della terra" (cfr
Ps 104,30). Con queste parole dell'antifona di Pentecoste vi porgo cortesemente il benvenuto, Vescovi della Thailandia. Ringrazio il Vescovo Phimphisan per i cordiali sentimenti espressi a vostro nome. Li ricambio con affetto e vi assicuro delle mie preghiere per voi e per quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale. La vostra visita ad limina Apostolorum è per voi occasione per rafforzare l'impegno a rendere Gesù sempre più visibile nella Chiesa e conosciuto nella società mediante la testimonianza dell'amore e della verità del suo Vangelo.

La grande solennità di Pentecoste che abbiamo recentemente celebrato ci ricorda che lo Spirito del Signore riempie il mondo intero e ci suggerisce di portare Cristo a tutti i popoli. Nel vostro Paese questa missione della piccola comunità cattolica si svolge in un contesto di rapporti, in particolare con i buddisti. Infatti, mi avete prontamente espresso il vostro grande rispetto per i monasteri buddisti e la stima che nutrite per il contributo che apportano alla vita sociale e culturale del popolo thailandese.

Oggi, la coesistenza di differenti comunità religiose si svolge sullo sfondo della globalizzazione. Di recente, ho osservato che le forze della globalizzazione vedono l'umanità sospesa fra due poli. Da una parte c'è la moltitudine di crescenti vincoli sociali e culturali che in generale promuovono un senso di solidarietà globale e di responsabilità condivisa per il bene dell'umanità. Dall'altra, appaiono segni inquietanti di una frammentazione e di un certo individualismo in cui domina il secolarismo, che spinge il trascendente e il senso del sacro ai margini ed eclissa la fonte stessa di armonia e unità nell'universo.

Di fatto, gli aspetti negativi di questo fenomeno culturale, che causa sgomento e voi e ad altri responsabili religiosi nel vostro Paese, evidenziano l'importanza della cooperazione interreligiosa. Esortano a uno sforzo concertato per sostenere l'anima spirituale e morale del vostro popolo. In accordo con i buddisti, potete promuovere la comprensione reciproca concernente la trasmissione delle tradizioni alle prossime generazioni, l'articolazione di valori etici che la ragione può discernere, il timore reverenziale per il trascendente, la preghiera e la contemplazione. Queste pratiche e disposizioni servono il bene comune della società e alimentano l'essenza di ogni essere umano.
Quali Pastori di greggi piccole e sparse, traete conforto dalla missione del Paraclito, che difende, consiglia e protegge (cfr Jn 14,16). Incoraggiate i fedeli ad accogliere tutto ciò che genera la nuova vita di Pentecoste! Lo Spirito di verità ci ricorda che il Padre e il Figlio sono presenti nel mondo attraverso quanti amano Cristo e osservano la sua parola (cfr Jn 14,22-23), divenendo discepoli inviati a portare molto frutto (cfr Jn 15,8). Lo Spirito è dunque sia un dono sia un compito, un compito che a sua volta diviene un dono epifanico: la presentazione di Cristo e il suo amore per il mondo. In Thailandia, questo dono è presente in particolare nelle cliniche mediche, nelle opere sociali e nelle scuole della Chiesa perché è lì che il nobile popolo tailandese giunge a riconoscere e a conoscere il volto di Gesù Cristo.

Cari Fratelli, avete correttamente osservato che le scuole e i collegi cattolici apportano un contributo notevole alla formazione intellettuale di numerosi giovani tailandesi. Dovrebbero anche apportare un contributo eccezionale all'educazione spirituale e morale dei giovani. Infatti, è per questi aspetti cruciali della formazione della persona che i genitori, sia cattolici sia buddisti, si rivolgono alle scuole cattoliche.

A questo proposito, desidero rivolgermi ai numerosi religiosi, uomini e donne, che servono diligentemente negli istituti scolastici cattolici nelle vostre Diocesi. Il loro ruolo non dovrebbe essere innanzitutto gestionale, ma missionario. In quanto persone consacrate, sono chiamate a essere "testimoni di Cristo, epifania dell'amore di Dio nel mondo" e a possedere "il coraggio della testimonianza e la pazienza del dialogo" servendo "la dignità umana, l'armonia del creato, l'esistenza dei popoli e la pace" (Le persone consacrate e la loro missione nelle scuole, n. 1-2). È della massima importanza, quindi, che i religiosi rimangano vicini agli studenti e alle loro famiglie, in particolare mediante l'insegnamento del catechismo ai cattolici e chi è interessato e mediante la formazione morale e la sollecitudine per le necessità spirituali di tutti nella comunità scolastica. Incoraggio le Congregazioni nel proprio impegno nell'apostolato pedagogico, fiducioso nel fatto che le rette saranno giuste e trasparenti e che le scuole diverranno sempre più accessibili ai poveri che così spesso anelano all'abbraccio fedele di Cristo.

Un bell'esempio della proclamazione delle grandi opere di Dio (cfr Ac 2,11) è il servizio reso nelle vostre comunità dai catechisti, che hanno accolto con grande zelo e generosità la convinzione ardente di san Paolo: "guai a me se non predicassi il Vangelo" (1Co 9,16). Tuttavia, questo compito non può essere lasciato solo a loro. I vostri sacerdoti devono adempiere il ministero "della Parola divina nella Predicazione del Vangelo e nell'insegnamento della Fede Cattolica" (Rito dell'Ordinazione, n. 102). Questo fondamentale ruolo sacerdotale che, per essere effettivo, richiede un'adeguata formazione filosofica e teologica, non può essere delegato ad altri. Piuttosto, quando bravi catechisti collaborano con i loro parroci i tralci della vite fanno molto frutto (cfr Jn 15,5). A questo fine, i vostri resoconti alludono a diversi compiti kerigmatici degni di attenzione, inclusa la formazione dei coniugi che non sono cattolici e la sollecitudine pastorale per numerosi individui e gruppi familiari cattolici che si trasferiscono dalle aree rurali nelle città, correndo il rischio di perdere i contatti con la vita parrocchiale.

Infine, cari fratelli, desidero esprimere apprezzamento per gli sforzi dell'intera comunità cattolica della Thailandia volti a difendere la dignità di ogni vita umana, soprattutto di quella più vulnerabile. Di particolare interesse per voi è la piaga del traffico di donne e bambini e della prostituzione. Senza dubbio la povertà è un fattore alla base di questo fenomeno e, a questo proposito, so che si sta facendo molto mediante i programmi ecclesiali di sviluppo. Tuttavia, c'è un altro aspetto che va riconosciuto e affrontato collettivamente se si vuole porre fine in modo efficace a questo odioso sfruttamento umano. Mi riferisco alla banalizzazione della sessualità operata nei mezzi di comunicazione sociale e nell'industria dell'intrattenimento, che alimenta un declino dei valori morali e conduce al degrado delle donne, all'indebolimento della fedeltà coniugale e anche all'abuso dei bambini.

Con affetto fraterno offro queste riflessioni, con il desiderio di confermarvi nella vostra volontà di ricevere la fiamma dello Spirito cosicché possiate proclamare con una sola voce la Buona Novella di Gesù! A voi tutti, ai vostri sacerdoti, ai religiosi, ai seminaristi e ai fedeli laici, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.



AI PARTECIPANTI AL FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI E ALLA FEDERAZIONE EUROPEA DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI CATTOLICHE Sala Clementina Venerdì, 16 maggio 2008

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Cari fratelli e sorelle,

grazie per questa vostra visita, che mi permette di conoscere l’attività che svolgono le vostre benemerite Associazioni, facenti parte del Forum delle Associazioni Familiari e della Federazione Europea delle Associazioni Familiari Cattoliche. A ciascuno di voi, qui presenti, il mio cordiale saluto. Un saluto che, in primo luogo, va al Presidente del Forum, l’Avvocato Giovanni Giacobbe, al quale sono grato per le gentili parole che mi ha indirizzato a nome vostro. Quest’incontro avviene in occasione dell’annuale celebrazione della Giornata Internazionale della Famiglia, che cadeva ieri, 15 maggio. Per sottolineare l’importanza di tale ricorrenza avete voluto organizzare un apposito Convegno con un tema di rilevante attualità: “L’alleanza per la famiglia in Europa: l’associazionismo protagonista”, per confrontare le esperienze tra varie forme associative familiari e con l’obbiettivo di sensibilizzare i governanti e l’opinione pubblica sul ruolo centrale e insostituibile che svolge la famiglia nella nostra società. In effetti, come giustamente voi osservate, un’azione politica, che voglia guardare al futuro con lungimiranza, non può non porre la famiglia al centro della sua attenzione e della sua programmazione.

Quest’anno, come vi è ben noto, ricorre il 40° anniversario dell’Enciclica Humanae vitae e il 25° di promulgazione della Carta dei diritti della Famiglia, presentata dalla Santa Sede il 22 ottobre 1983. Due documenti tra loro idealmente legati, perché, se il primo ribadisce con forza, andando coraggiosamente controcorrente rispetto alla cultura dominante, la qualità dell’amore degli sposi, non manipolato dall’egoismo e aperto alla vita, il secondo pone in evidenza quei diritti inalienabili che permettono alla famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, di essere la culla naturale della vita umana. In particolare, la Carta dei diritti della Famiglia, indirizzata principalmente ai governi, offre, a chi è investito di responsabilità in ordine al bene comune, un modello e un punto di riferimento per l’elaborazione di un’adeguata legislazione politica della famiglia. Al tempo stesso, essa si dirige a tutte le famiglie ispirandole a coalizzarsi nella difesa e promozione dei loro diritti. Ed il vostro associazionismo, al riguardo, può rappresentare uno strumento quanto mai opportuno per meglio attuare lo spirito della citata Carta dei diritti della Famiglia.

L’amato Pontefice Giovanni Paolo II, a ragione chiamato anche il “Papa della famiglia”, ripeteva che “l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia” (Familiaris consortio
FC 86). Egli sottolineava spesso il valore insostituibile dell’istituto familiare, secondo il disegno di Dio Creatore e Padre. Anch’io, proprio all’inizio del mio pontificato, aprendo il 6 giugno del 2005 il Convegno della Diocesi di Roma dedicato appunto alla famiglia, ho ribadito che la verità del matrimonio e della famiglia affonda le sue radici nella verità dell’uomo ed ha trovato attuazione nella storia della salvezza, al cui centro sta la parola: “Dio ama il suo popolo”. La rivelazione biblica, infatti, è anzitutto espressione di una storia d’amore, la storia dell’alleanza di Dio con gli uomini. Ecco perchè la storia dell’amore e dell’unione tra un uomo ed una donna nell’alleanza del matrimonio è stata assunta da Dio come simbolo della storia della salvezza. Proprio per questo, l’unione di vita e di amore, basata sul matrimonio tra un uomo e una donna, che costituisce la famiglia, rappresenta un insostituibile bene per l’intera società, da non confondere né equiparare ad altri tipi di unione.

Ben sappiamo quante sfide incontrino oggi le famiglie, quanto difficile sia realizzare, nelle moderne condizioni sociali, l’ideale della fedeltà e della solidità dell’amore coniugale, avere ed educare dei figli, conservare l’armonia del nucleo familiare. Se, grazie a Dio, ci sono esempi luminosi di famiglie salde e aperte alla cultura della vita e dell’amore, non mancano purtroppo, e sono addirittura in aumento, le crisi matrimoniali e familiari. Da tante famiglie, che versano in condizioni di preoccupante precarietà, si leva, talvolta persino inconsapevolmente, un grido, una richiesta di aiuto che interpella i responsabili delle pubbliche amministrazioni, delle comunità ecclesiali e delle diverse agenzie educative. Si rende pertanto sempre più urgente l’impegno di unire le forze per sostenere, con ogni mezzo possibile, le famiglie dal punto di vista sociale ed economico, giuridico e spirituale. In questo contesto, mi piace sottolineare ed incoraggiare talune iniziative e proposte emerse nel vostro Convegno. Mi riferisco, ad esempio, al lodevole impegno di mobilitare i cittadini a sostegno dell’iniziativa per “Un fisco a misura di famiglia”, affinché i Governi promuovano una politica familiare che offra la possibilità concreta ai genitori di avere dei figli ed educarli in famiglia.

La famiglia, cellula di comunione a fondamento della società, per i credenti è come una “piccola chiesa domestica”, chiamata a rivelare al mondo l’amore di Dio. Cari fratelli e sorelle, aiutate le famiglie ad essere segno visibile di questa verità, a difendere i valori scritti nella stessa natura umana e quindi comuni a tutta l’umanità, ossia la vita, la famiglia e l’educazione. Non sono principi derivanti da una confessione di fede, ma dall’applicazione della giustizia che rispetta i diritti di ogni uomo. Questa è la vostra missione, care famiglie cristiane! Mai venga meno in voi la fiducia nel Signore e la comunione con Lui nella preghiera e nel costante riferimento alla sua Parola. Sarete così testimoni del suo Amore, non contando semplicemente su risorse umane, ma poggiando saldamente sulla roccia che è Dio, vivificati dalla potenza del suo Spirito. Maria, Regina della Famiglia, guidi come luminosa Stella di speranza il cammino di tutte le famiglie dell’umanità. Con questi sentimenti, ben volentieri benedico voi qui presenti e quanti fanno parte delle diverse Associazioni che voi rappresentate.



AI VESCOVI PARTECIPANTI AD UN SEMINARIO DI STUDI PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI Sala del Concistoro Sabato, 17 maggio 2008

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Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di incontrarvi in occasione del Seminario di studio convocato dal Pontificio Consiglio per i Laici per riflettere sulla sollecitudine pastorale verso i movimenti ecclesiali e le nuove comunità. Ringrazio i numerosi Presuli che hanno voluto presenziare, provenienti da ogni parte del mondo: il loro interesse e la loro viva partecipazione hanno garantito la piena riuscita dei lavori, giunti ormai alla giornata conclusiva. Rivolgo a tutti i Confratelli nell’Episcopato e a tutti i presenti un cordiale saluto di comunione e di pace; in particolare saluto il Signor Cardinale Stanislaw Rylko e Mons. Josef Clemens, rispettivamente Presidente e Segretario del Dicastero, e i loro collaboratori.

Non è la prima volta che il Consiglio per i Laici organizza un Seminario per i Vescovi sui movimenti laicali. Ricordo bene quello del 1999, ideale prosecuzione pastorale dell’incontro del mio amato Predecessore Giovanni Paolo II con i movimenti e le nuove comunità, tenutosi il 30 maggio dell’anno precedente. Come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede fui coinvolto in prima persona nel dibattito. Ebbi modo di stabilire un dialogo diretto con i Vescovi, uno scambio franco e fraterno su tante questioni importanti. L’odierno Seminario, analogamente, vuol essere una prosecuzione dell’incontro che io stesso ho avuto, il 3 giugno 2006, con una larga rappresentanza di fedeli appartenenti a più di 100 nuove aggregazioni laicali. In quella occasione indicai nell’esperienza dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità il "segno luminoso della bellezza di Cristo, e della Chiesa, sua Sposa" (cfr Messaggio ai partecipanti al Congresso del 22 maggio 2006). Rivolgendomi "ai cari amici dei movimenti", li esortavo a fare di essi sempre più "scuole di comunione, compagnie in cammino in cui si impara a vivere nella verità e nell’amore che Cristo ci ha rivelato e comunicato per mezzo della testimonianza degli apostoli, in seno alla grande famiglia dei suoi discepoli" (ibid.).

I movimenti ecclesiali e le nuove comunità sono una delle novità più importanti suscitate dallo Spirito Santo nella Chiesa per l’attuazione del Concilio Vaticano II. Si diffusero proprio a ridosso dell’assise conciliare, soprattutto negli anni immediatamente successivi, in un periodo carico di entusiasmanti promesse, ma segnato anche da difficili prove. Paolo VI e Giovanni Paolo II seppero accogliere e discernere, incoraggiare e promuovere l’imprevista irruzione delle nuove realtà laicali che, in forme varie e sorprendenti, ridonavano vitalità, fede e speranza a tutta la Chiesa. Già allora, infatti, rendevano testimonianza della gioia, della ragionevolezza e della bellezza di essere cristiani, mostrandosi grati di appartenere al mistero di comunione che è la Chiesa. Abbiamo assistito al risveglio di un vigoroso slancio missionario, mosso dal desiderio di comunicare a tutti la preziosa esperienza dell’incontro con Cristo, avvertita e vissuta come la sola risposta adeguata alla profonda sete di verità e di felicità del cuore umano.

Come non rendersi conto, al contempo, che una tale novità attende ancora di essere adeguatamente compresa alla luce del disegno di Dio e della missione della Chiesa negli scenari del nostro tempo? Proprio perciò si sono succeduti numerosi interventi di richiamo e di orientamento da parte dei Pontefici, che hanno avviato un dialogo e una collaborazione sempre più approfonditi a livello di tante Chiese particolari. Sono stati superati non pochi pregiudizi, resistenze e tensioni. Rimane da assolvere l’importante compito di promuovere una più matura comunione di tutte le componenti ecclesiali, perché tutti i carismi, nel rispetto della loro specificità, possano pienamente e liberamente contribuire all’edificazione dell’unico Corpo di Cristo.

Ho molto apprezzato che sia stata scelta, come traccia del Seminario, l’esortazione da me rivolta a un gruppo di Vescovi tedeschi in visita ad limina, che oggi senz’altro ripropongo a tutti voi, Pastori di tante chiese particolari: "Vi chiedo di andare incontro ai movimenti con molto amore" (18 novembre 2006). Potrei quasi dire di non aver altro da aggiungere! La carità è il segno distintivo del Buon Pastore: essa rende autorevole ed efficace l’esercizio del ministero che ci è stato affidato. Andare incontro con molto amore ai movimenti e alle nuove comunità ci spinge a conoscere adeguatamente la loro realtà, senza impressioni superficiali o giudizi riduttivi. Ci aiuta anche a comprendere che i movimenti ecclesiali e le nuove comunità non sono un problema o un rischio in più, che si assomma alle nostre già gravose incombenze. No! Sono un dono del Signore, una risorsa preziosa per arricchire con i loro carismi tutta la comunità cristiana. Perciò non deve mancare una fiduciosa accoglienza che dia loro spazi e valorizzi i loro contributi nella vita delle Chiese locali. Difficoltà o incomprensioni su questioni particolari non autorizzano alla chiusura. Il "molto amore" ispiri prudenza e pazienza. A noi Pastori è chiesto di accompagnare da vicino, con paterna sollecitudine, in modo cordiale e sapiente, i movimenti e le nuove comunità, perché possano generosamente mettere a servizio dell’utilità comune, in modo ordinato e fecondo, i tanti doni di cui sono portatori e che abbiamo imparato a conoscere e apprezzare: lo slancio missionario, gli efficaci itinerari di formazione cristiana, la testimonianza di fedeltà e obbedienza alla Chiesa, la sensibilità ai bisogni dei poveri, la ricchezza di vocazioni.

L’autenticità dei nuovi carismi è garantita dalla loro disponibilità a sottomettersi al discernimento dell’autorità ecclesiastica. Già numerosi movimenti ecclesiali e nuove comunità sono stati riconosciuti dalla Santa Sede, e pertanto vanno senza dubbio considerati un dono di Dio per tutta la Chiesa. Altri, ancora in fase nascente, richiedono l’esercizio di un accompagnamento ancor più delicato e vigilante da parte dei Pastori delle Chiese particolari. Chi è chiamato a un servizio di discernimento e di guida non pretenda di spadroneggiare sui carismi, ma piuttosto si guardi dal pericolo di soffocarli (cfr
1Th 5,19-21), resistendo alla tentazione di uniformare ciò che lo Spirito Santo ha voluto multiforme per concorrere all’edificazione e alla dilatazione dell’unico Corpo di Cristo, che lo stesso Spirito rende saldo nell’unità. Consacrato e assistito dallo Spirito di Dio, in Cristo, Capo della Chiesa, il Vescovo dovrà esaminare i carismi e provarli, per riconoscere e valorizzare ciò che è buono, vero e bello, ciò che contribuisce all’incremento della santità dei singoli e delle comunità. Quando saranno necessari interventi di correzione, siano anch’essi espressione di "molto amore". I movimenti e le nuove comunità si mostrano fieri della loro libertà associativa, della fedeltà al loro carisma, ma hanno anche dimostrato di sapere bene che fedeltà e libertà sono assicurate, e non certo limitate, dalla comunione ecclesiale, di cui i Vescovi, uniti al Successore di Pietro, sono ministri, custodi e guide.

Cari Fratelli nell’Episcopato, al termine di questo incontro vi esorto a ravvivare in voi il dono che avete ricevuto con la vostra consacrazione (cfr 2Tm 1,6). Lo Spirito di Dio ci aiuti a riconoscere e custodire le meraviglie che Egli stesso suscita nella Chiesa a favore di tutti gli uomini. A Maria Santissima, Regina degli Apostoli, affido ognuna delle vostre Diocesi e vi imparto di tutto cuore un’affettuosa Benedizione Apostolica, che estendo ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi, ai catechisti e a tutti i fedeli laici, in particolare, oggi, ai membri dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità presenti nelle Chiese affidate alle vostre cure.



AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE Sala Clementina Sabato, 17 maggio 2008

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Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle,

sono particolarmente lieto di incontrarmi con tutti voi, che siete direttamente impegnati nelle Pontificie Opere Missionarie, organismi al servizio del Papa e dei Vescovi delle Chiese locali per realizzare il mandato missionario di evangelizzare le genti fino agli estremi confini della Terra. Al Signor Cardinale Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, dirigo, in primo luogo, il mio cordiale ringraziamento per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti i presenti. Estendo il mio saluto al Segretario ed a tutti i Collaboratori del Dicastero missionario, sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche. Carissimi, grazie alla vostra intensa opera che l’affermazione del Concilio, secondo la quale "tutta la Chiesa per sua natura è missionaria", diviene effettiva realtà. Le Pontificie Opere Missionarie hanno il carisma di promuovere tra i cristiani la passione per il Regno di Dio, da stabilire dovunque attraverso la predicazione del Vangelo. Sorte con questo respiro universale, sono state uno strumento prezioso nelle mani dei miei Predecessori, che le hanno elevate al rango di Pontificie, raccomandando ai Vescovi di istituirle nelle loro diocesi. Il Concilio Vaticano II giustamente ne ha riconosciuto il primo posto nella cooperazione missionaria, "perché sono mezzi sia per infondere nei cattolici, fin dall’infanzia, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire un’adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo la necessità di ciascuna" (Ad Gentes ). Il Concilio ha particolarmente approfondito la natura e la missione della Chiesa particolare, riconoscendone la piena dignità e responsabilità missionaria.

La missione è un compito e un dovere di tutte le Chiese, che come vasi comunicanti condividono persone e risorse per realizzarla. Ogni Chiesa locale è il popolo scelto tra le genti, convocato nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, per "far conoscere i prodigi di Colui che dalle tenebre li chiamò all'ammirabile sua luce" (Lumen gentium
LG 10). Essa è il luogo dove lo Spirito si manifesta con la ricchezza dei suoi carismi, donando ad ogni fedele la chiamata e la responsabilità della missione. La sua è missione di comunione. Ai germi di disgregazione tra gli uomini, che l’esperienza quotidiana mostra tanto radicati nell’umanità a causa del peccato, la Chiesa locale contrappone la forza generatrice di unità del Corpo di Cristo.

Papa Giovanni Paolo II poteva con gioia affermare che "si sono moltiplicate le Chiese locali, fornite di propri Vescovi, clero e personale apostolico; ... la comunione tra le Chiese porta ad un vivace scambio di beni spirituali e di doni; si sta affermando una coscienza nuova: cioè che la missione riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e parrocchie, le istituzioni e associazioni ecclesiali" (RMi 2). Grazie alla riflessione che hanno sviluppato in questi decenni, le Pontificie Opere Missionarie si sono inserite nel contesto dei nuovi paradigmi di evangelizzazione, e del modello ecclesiologico di comunione tra le Chiese. E’ chiaro che esse sono Pontificie, ma per diritto sono anche episcopali, in quanto strumenti nelle mani dei Vescovi per realizzare il mandato missionario di Cristo. "Pur essendo le opere del Papa, le Pontificie Opere Missionarie sono anche dell'intero Episcopato e di tutto il Popolo di Dio" (Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale del 1968). Sono lo strumento specifico, privilegiato e principale per l'educazione allo spirito missionario universale, per la comunione e la collaborazione inter-ecclesiale nel servizio dell'annuncio del Vangelo (cfr Statuto, 18).

Anche in questa fase della storia della Chiesa, che si è riconosciuta per sua natura missionaria, il carisma e il lavoro delle Pontificie Opere Missionarie non si sono esauriti, e non devono venire meno. Resta ancora urgente e necessaria la missione di evangelizzare l'umanità. La missione è un dovere, cui bisogna rispondere: "Guai a me se non evangelizzo" (1Co 9,16). L’apostolo Paolo, a cui la Chiesa dedica uno speciale anno nel ricordo dei duemila anni dalla nascita, ha compreso sulla via di Damasco e poi sperimentato nel corso del successivo ministero che la redenzione e la missione sono atti d’amore. E’ l’amore di Cristo che lo spinge a percorrere le strade dell’impero romano, ad essere araldo, apostolo, banditore del Vangelo (cfr 2Tm 2, 1,11) e a farsi tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno (cfr 1Co 22). "Chi annuncia il Vangelo partecipa alla carità di Cristo, che ci ha amati e ha donato se stesso per noi (cfr Ep 5,2), è suo ambasciatore e supplica in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio! (cfr 2Co 5,20)" (Congregazione per la dottrina della Fede, Nota su alcuni aspetti dottrinali dell'evangelizzazione, n. 10). E’ l’amore che ci deve spingere ad annunciare con franchezza e coraggio a tutti gli uomini la verità che salva (cfr Gaudium et spes GS 28). Un amore che si deve irradiare dovunque e raggiungere il cuore di ogni uomo. Gli uomini infatti attendono Cristo.

Le parole di Gesù, "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nei nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20), costituiscono ancora un mandato obbligatorio per tutta la Chiesa e per ogni singolo fedele di Cristo. Questo impegno apostolico è un dovere ed anche un diritto irrinunciabile, espressione propria della libertà religiosa, che ha le sue corrispondenti dimensioni etico-sociali ed etico-politiche (cfr Dignitatis humanae DH 6). Alle Pontificie Opere è chiesto di rendere la Missio ad Gentes il paradigma di tutta l’attività pastorale. Ad esse, e in modo particolare alla Pontificia Unione Missionaria, spetta il compito di "promuovere, cioè, e diffondere sempre più nel popolo cristiano il mistero della Chiesa, ovvero questo fattivo spirito missionario" (Paolo VI, Graves et Increscentes). Sono sicuro che continuerete ad impegnarvi con tutto il vostro entusiasmo, perché le vostre Chiese locali sempre più generosamente assumano la loro parte di responsabilità nella missione universale.

A tutti la mia Benedizione.




VISITA PASTORALE A SAVONA E GENOVA



VISITA ALL’OSPEDALE PEDIATRICO "GIANNINA GASLINI" DI GENOVA DISCORSO Domenica, 18 maggio 2008

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Signor Sindaco,
Signor Commissario Straordinario,
cari bambini,
cari fratelli e sorelle!

Dopo aver pregato ai piedi della Madonna della Guardia, nel bel Santuario che dall’alto domina la Città, il primo incontro è con voi, in questo luogo di sofferenza e di speranza, che fu inaugurato il 15 maggio 1938, esattamente settant’anni fa. Abbraccio voi, carissimi bambini, che venite accolti e curati con premura ed amore in questo Ospedale, "punto di eccellenza" per la pediatria al servizio di Genova, dell’Italia e dell’intera area del Mediterraneo. Il vostro portavoce mi ha espresso i vostri sentimenti di affetto, che ricambio di cuore e che accompagno con un pensiero speciale anche per i vostri genitori. Un saluto cordiale alla Signora Marta Vincenzi, Sindaco di Genova, che si è fatta interprete dell’accoglienza della Città. Saluto il Professor Vincenzo Lorenzelli, Commissario Straordinario dell’Istituto "Giannina Gaslini", il quale ha ricordato lo scopo di quest’Ospedale e i futuri sviluppi che sono in programma.

Il Gaslini è nato dal cuore di un generoso benefattore, l’industriale e Senatore Gerolamo Gaslini, che dedicò quest’opera a sua figlia deceduta a soli 12 anni, e fa parte della storia di carità che fa di Genova una "città della carità cristiana". Anche oggi la fede suggerisce a tante persone di buona volontà gesti di amore e di sostegno concreto a questo Istituto, che con giusto orgoglio è sentito dai Genovesi come un patrimonio prezioso. Ringrazio e incoraggio tutti a continuare. In particolare mi rallegro per il nuovo complesso, del quale è stata recentemente posta la prima pietra, e che ha trovato un munifico donatore. Anche l'attenzione fattiva e cordiale delle pubbliche Amministrazioni è segno di riconoscimento del valore sociale che il Gaslini rappresenta per i bambini della Città e oltre. Quando un bene, infatti, è per tutti, merita il concorso di tutti nel giusto rispetto dei ruoli e delle competenze.

Mi rivolgo ora a voi, cari medici, ricercatori, personale paramedico e amministrativo; a voi, cari cappellani, volontari e quanti vi occupate dell’assistenza spirituale dei piccoli ospiti e dei loro familiari. So che è vostro corale impegno far sì che l’Istituto Gaslini sia un autentico "santuario della vita" e un "santuario della famiglia", dove alla professionalità gli operatori di ogni settore uniscano amorevolezza e attenzione per la persona. La decisione del Fondatore, per cui il Presidente della Fondazione deve essere l’Arcivescovo pro tempore di Genova, manifesta la volontà che l’ispirazione cristiana dell’Istituto non venga mai meno e tutti siano sempre sorretti dai valori evangelici.

Nel 1931, ponendo le basi della struttura, il Senatore Gerolamo Gaslini preconizzava "l’opera perenne di bene che dall’Istituto stesso dovrà irraggiare". Irraggiare il bene attraverso l’amorevole cura dei piccoli ammalati è dunque lo scopo di questo vostro Ospedale. Per questo, mentre ringrazio tutto il personale – dirigente, amministrativo e sanitario – per la professionalità e la dedizione del loro servizio, auspico che questo eccellente Istituto Pediatrico continui a svilupparsi nelle tecnologie, nelle cure e nei servizi; ma anche ad allargare sempre più gli orizzonti in quell'ottica di positiva globalizzazione per cui si riconoscono le risorse, i servizi e i bisogni creando e rafforzando una rete di solidarietà oggi tanto urgente e necessaria. Tutto questo senza mai venir meno a quel supplemento di affetto che dai piccoli degenti è avvertito come la prima e indispensabile terapia. L’Ospedale allora diventerà sempre più luogo di speranza.

La speranza qui al Gaslini prende il volto della cura di pazienti in età pediatrica, ai quali si cerca di provvedere mediante la formazione continua degli operatori sanitari. Di fatto, il vostro Ospedale, quale stimato Istituto di Ricerca e Cura a carattere scientifico, si distingue per essere monotematico e polifunzionale, coprendo quasi tutte le specialità in campo pediatrico. La speranza che qui si coltiva ha dunque buoni fondamenti. Tuttavia, per affrontare efficacemente il futuro, è indispensabile che questa speranza sia sostenuta da una visione più alta della vita, che permetta allo scienziato, al medico, al professionista, all’assistente, ai genitori stessi di impegnare tutte le loro capacità, senza risparmiare sforzi per ottenere i migliori risultati che la scienza e la tecnica possono oggi offrire, sul piano della prevenzione e della cura. Ecco allora affacciarsi il pensiero della silenziosa presenza di Dio, che accompagna quasi impercettibilmente l’uomo nel suo lungo cammino nella storia. La vera speranza "affidabile" è solo Dio, che in Gesù Cristo e nel suo Vangelo ha spalancato sul futuro la porta oscura del tempo. "Sono risorto e ora sono sempre con te" - ci ripete Gesù, specialmente nei momenti più difficili – "la mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai tra le mie braccia. Sono presente anche alla porta della morte".

Qui, al Gaslini, vengono curati i bambini. Come non pensare alla predilezione che Gesù ebbe per i fanciulli? Li volle accanto a sé, li additò agli apostoli come modelli da seguire nella loro fede spontanea e generosa, nella loro innocenza. Con parole dure mise in guardia dal disprezzarli e dallo scandalizzarli. Si commosse dinanzi alla vedova di Nain, una mamma che aveva perso il figlio, il suo unico figlio. Scrive l’evangelista san Luca che il Signore la rassicurò e le disse: "Non piangere!" (cfr
Lc 7,14). Gesù ripete ancor oggi a chi è nel dolore queste parole consolatrici: "Non piangere"! Egli è solidale con ognuno di noi e ci chiede, se vogliamo essere suoi discepoli, di testimoniare il suo amore per chiunque si trova in difficoltà.

Mi rivolgo, infine, a voi, carissimi bambini, per ripetervi che il Papa vi vuole bene. Accanto a voi vedo i vostri familiari, che condividono con voi momenti di trepidazione e di speranza. Siatene tutti certi: Dio non ci abbandona mai. Restate uniti a Lui e non perderete mai la serenità, nemmeno nei momenti più bui e complessi. Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e vi affido a Maria Santissima, che come mamma ha sofferto per i dolori del suo divin Figlio, ma ora vive con Lui nella gloria. Un grazie ancora a ciascuno di voi per quest’incontro, che rimarrà impresso nel mio cuore. Con affetto tutti vi benedico.





Discorsi 2005-13 16058