Discorsi 2005-13 8107

AI COMPONENTI DEL CAPITOLO VATICANO Sala Clementina Lunedì, 8 ottobre 2007

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Cari componenti del Capitolo Vaticano!

Da tempo desideravo incontrarvi e colgo volentieri quest'occasione per manifestarvi di persona la mia stima e il mio affetto. A ciascuno di voi rivolgo un saluto cordiale. In particolare saluto l'Arciprete, Mons. Angelo Comastri, che ringrazio per le parole con cui ha presentato questa antica e venerabile istituzione. Con lui saluto il Vicario, Mons. Vittorio Lanzani, i Canonici e i Coadiutori. Ho apprezzato che Lei, Signor Arciprete, abbia ricordato la presenza ininterrotta di clero orante nella Basilica Vaticana fin dai tempi di San Gregorio Magno: una presenza continua, volutamente non appariscente, ma fedele e perseverante.

Propriamente tuttavia, voi cari Canonici lo sapete bene, il vostro Capitolo ebbe inizio nel 1053, quando Papa Leone IX confermò all'Arciprete e ai Canonici di San Pietro, stabilitisi nel monastero di Santo Stefano Maggiore, i possessi e i privilegi concessi dai suoi predecessori. Fu poi con il pontificato di Eugenio IV (1145-1153) che il Capitolo acquistò le caratteristiche di una comunità ben strutturata e autonoma. Vi fu, in sostanza, un lungo e graduale passaggio da una struttura monasteriale, posta al servizio della Basilica, all'attuale struttura canonicale. Sotto la guida dell'Arciprete, l'attività del Capitolo Vaticano si è rivolta fin dalle origini a svariati campi di impegno: quello liturgico per la celebrazione corale e per la cura quotidiana dei servizi annessi al culto; il campo amministrativo per la gestione del patrimonio della Basilica e delle chiese filiali; il campo pastorale, nel quale al Capitolo era affidata la cura del rione Borgo; il campo caritativo, in cui il Capitolo svolgeva forme assistenziali proprie e di collaborazione con l'ospedale Santo Spirito ed altre istituzioni. Dal secolo XI fino ad oggi si contano ben 11 Papi che hanno fatto parte del Capitolo Vaticano e tra questi mi piace ricordare in particolare i Papi del Novecento Pio XI e Pio XII. A partire dal secolo XVI, allorché cominciò la costruzione della nuova Basilica - abbiamo celebrato l'anno scorso il 5° centenario della posa della prima pietra - la storia del Capitolo Vaticano si intreccia con quella della Fabbrica di San Pietro, due istituzioni separate, ma unite nella persona dell'Arciprete, che si prende cura di assicurare una reciproca proficua collaborazione.

Nel secolo scorso, specialmente negli ultimi decenni, l'attività del Capitolo nella vita della Basilica Vaticana si è progressivamente orientata verso la riscoperta delle sue vere originarie funzioni, consistenti soprattutto nel ministero della preghiera. Se la preghiera è fondamentale per tutti i cristiani, per voi, cari fratelli, è un compito, per così dire, "professionale". Come ebbi a dire durante il recente viaggio in Austria, la preghiera è servizio al Signore, il quale merita di essere sempre lodato e adorato, ed è al tempo stesso testimonianza per gli uomini. E là dove Dio viene lodato e adorato con fedeltà, la benedizione non manca (cfr Discorso ad Heiligenkreuz, 9 settembre 2007). Ecco quale è la natura propria del Capitolo Vaticano e il contributo che da voi attende il Papa: ricordare con la vostra presenza orante presso la tomba di Pietro che nulla va anteposto a Dio; che la Chiesa è tutta orientata a Lui, alla sua gloria; che il primato di Pietro è al servizio dell'unità della Chiesa e che questa a sua volta è al servizio del disegno salvifico della Santissima Trinità.

Cari e venerati fratelli, confido molto in voi e nel vostro ministero affinché la Basilica di San Pietro possa essere un autentico luogo di preghiera, di adorazione e di lode al Signore. In questo luogo sacro, dove giungono ogni giorno migliaia di pellegrini e turisti da tutto il mondo, più che altrove è necessario che accanto alla tomba di Pietro vi sia una comunità stabile di preghiera, che garantisca continuità con la tradizione e al tempo stesso interceda per le intenzioni del Papa nell'oggi della Chiesa e del mondo. In questa prospettiva invoco su di voi la protezione di San Pietro, di San Giovanni Crisostomo, le cui reliquie sono conservate proprio nella vostra Cappella, e degli altri santi e beati presenti nella Basilica. Su di voi vegli la Vergine Immacolata, la cui effigie da voi venerata nella Cappella del Coro venne incoronata dal beato Pio IX nel 1854 e circondata di stelle cinquanta anni dopo, nel 1904, da San Pio X. Vi ringrazio ancora una volta per lo zelo con cui adempite al vostro compito e, mentre vi assicuro uno speciale ricordo nella Santa Messa, imparto di cuore a voi e ai vostri cari la Benedizione Apostolica.



INAUGURAZIONE DEL PORTONE DI BRONZO, A CONCLUSIONE DEI LAVORI DI RESTAURO Venerdì, 12 ottobre 2007

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Venerati Fratelli,
illustri Signori e Signore,
cari fratelli e sorelle!

Ci siamo dati appuntamento in questo luogo che costituisce l’ingresso principale al Palazzo Apostolico, per benedire e inaugurare il Portone di Bronzo completamente restaurato dopo due anni di paziente e ingegnoso lavoro. Si tratta di un evento di per sé non di grande rilievo, ma significativo per la funzione che questo singolare Portone svolge e per i secoli di storia ecclesiale che esso ha visto scorrere. Vi ringrazio pertanto per la vostra presenza e a ciascuno di voi rivolgo il mio cordiale saluto.

Questo Portone fu realizzato da Giovanni Battista Soria e Orazio Censore durante il pontificato di Paolo V, che tra il 1617 e il 1619 volle rinnovare completamente l’intera struttura della Porta Palatii. Nel 1663, dopo il colossale intervento architettonico dovuto al genio di Gian Lorenzo Bernini, esso fu spostato nell’attuale posizione, cioè sulla soglia tra il Colonnato di Piazza San Pietro e il Braccio di Costantino. Usurato dal tempo, si pensò di restaurarlo in occasione del Grande Giubileo del 2000, ma questa operazione di radicale ripristino si è resa possibile solo qualche anno dopo. Il Portone è stato così smontato e non solo accuratamente ricondotto alla sua bellezza originaria secondo i metodi e le tecniche più moderni, bensì anche consolidato con un’anima di acciaio. Ed ora ha ripreso il suo posto e la sua funzione, sotto il bel mosaico raffigurante la Madonna col Bambino tra i Santi Pietro e Paolo.

Proprio perché segna l’accesso alla Casa di colui che il Signore ha chiamato a guidare come Padre e Pastore l’intero Popolo di Dio, questo Portone assume un valore simbolico e spirituale. Lo varcano coloro che vengono per incontrare il Successore di Pietro. Vi transitano pellegrini e visitatori diretti nei vari Uffici del Palazzo Apostolico. Esprimo di cuore l’auspicio che quanti entrano per il Portone di Bronzo possano sentirsi sin dal loro ingresso accolti dall’abbraccio del Papa. La Casa del Papa è aperta a tutti.

Il mio pensiero di apprezzamento e la mia riconoscenza vanno a quanti hanno reso possibile questa urgente e radicale opera di restauro. Prima di tutto a chi ha diretto e realizzato i lavori nelle loro diverse fasi: ai Servizi Tecnici del Governatorato e ai Laboratori di Restauro dei Musei Vaticani, che si sono avvalsi della competenza di ditte specializzate per le parti in legno e in metallo. E’ stato possibile affrontare questo lungo e impegnativo intervento grazie al generoso sostegno finanziario dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro e dell'Artigiancass. Pertanto, esprimo viva gratitudine a questi due Istituti, che hanno voluto così rinnovare un’espressione di fedeltà al Sommo Pontefice e di attenzione ai beni artistici della Santa Sede. Il mio grazie più sincero si estende a quanti, in vario modo, hanno offerto il loro contributo.

Ed ora ai responsabili, alle maestranze ed ai benefattori, come pure a ciascuno di voi qui presenti assicuro un ricordo nella preghiera, mentre con affetto imparto a tutti la Benedizione Apostolica.



VISITA AL PONTIFICIO ISTITUTO DI MUSICA SACRA Via di Torre Rossa, Roma Sabato, 13 ottobre 2007

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Venerati fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
cari Professori ed Allievi
del Pontificio Istituto di Musica Sacra!

Nel memorabile giorno del 21 novembre 1985 il mio amato Predecessore, Papa Giovanni Paolo II, si recò in visita in queste "aedes Sancti Hieronymi de Urbe", dove, sin dalla fondazione, nel 1932, ad opera del Papa Pio XI, un’eletta comunità di monaci benedettini aveva alacremente lavorato alla revisione della Biblia Vulgata. Era il momento in cui, per volontà della Santa Sede, il Pontificio Istituto di Musica Sacra si era qui trasferito, pur conservando nella vecchia sede del Palazzo dell'Apollinare la storica Sala Gregorio XIII, la Sala Accademica o Aula Magna dell'Istituto, che è tuttora, per così dire, il "santuario" ove si svolgono le solenni accademie e i concerti. Il grande organo, donato a Papa Pio XI da M.me Justine Ward nel 1932, è stato ora integralmente restaurato con il generoso contributo del Governo della "Generalitat de Catalunya". Sono lieto di salutare in questo momento i rappresentanti del suddetto Governo qui presenti.

Sono venuto con gioia nella sede didattica del Pontificio Istituto di Musica Sacra, completamente rinnovata. Con questa mia visita vengono inaugurati e benedetti gli imponenti lavori di restauro effettuati in questi ultimi anni per iniziativa della Santa Sede e con il significativo contributo di vari benefattori, tra cui spicca la "Fondazione Pro Musica e Arte Sacra", che ha curato il restauro integrale della Biblioteca. Intendo idealmente inaugurare e benedire anche i restauri effettuati nella Sala Accademica ove, sul palco, accanto al menzionato grande organo, è stato collocato un magnifico pianoforte, dono di Telecom Italia Mobile all'amato Papa Giovanni Paolo II per il "suo" Istituto di Musica Sacra.

Desidero ora esprimere la mia riconoscenza al Signor Cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica e vostro Gran Cancelliere, per le cortesi espressioni augurali che, anche a nome vostro, ha voluto rivolgermi. Confermo volentieri in questa circostanza la mia stima e il mio compiacimento per il lavoro che il Corpo accademico, stretto intorno al Preside, svolge con senso di responsabilità e con apprezzata professionalità. Il mio saluto va a tutti i presenti: i familiari, con i loro bambini, e gli amici che li accompagnano, gli officiali, il personale, gli allievi e i residenti, come pure i rappresentanti della Consociatio Internationalis Musicae Sacrae e della Foederatio Internationalis Pueri Cantores.

Il vostro Pontificio Istituto si sta avviando a grandi passi verso il centenario della sua fondazione ad opera del Santo Pontefice Pio X, il quale eresse nel 1911 con il Breve Expleverunt desiderii la "Scuola Superiore di Musica Sacra"; questa, dopo successivi interventi di Benedetto XV e di Pio XI, divenne poi, con la Costituzione apostolica Deus scientiarum Dominus dello stesso Pio XI, Pontificio Istituto di Musica Sacra, attivamente impegnato anche oggi nell’adempimento della sua missione originaria a servizio della Chiesa universale. Numerosi studenti, qui convenuti da ogni parte del mondo per formarsi nelle discipline della musica sacra, diventano a loro volta formatori nelle rispettive Chiese locali. E quanti sono stati nell'arco di quasi un secolo! Sono lieto in questo momento di rivolgere un caro saluto a chi, nella sua splendida longevità, rappresenta un po’ la "memoria storica" dell'Istituto e impersona tanti altri che qui hanno operato: il Maestro Mons. Domenico Bartolucci.

Mi è caro, in questa sede, rammentare ciò che dispone in merito alla musica sacra il Concilio Vaticano II: muovendosi nella linea di una secolare tradizione, il Concilio afferma che essa "costituisce un tesoro di inestimabile valore che eccelle tra le altre espressioni dell'arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne" (Sacrosanctum Concilium
SC 112). Quanto è ricca la tradizione biblica e patristica nel sottolineare l'efficacia del canto e della musica sacra per muovere i cuori ed elevarli a penetrare, per così dire, nella stessa intimità della vita di Dio! Ben consapevole di ciò, Giovanni Paolo II osservava che, oggi come sempre, tre caratteristiche distinguono la musica sacra liturgica: la "santità", l’"arte vera", l’"universalità", la possibilità cioè di essere proposta a qualsiasi popolo o tipo di assemblea (cfr chirografo "Mosso dal vivo desiderio" del 22 novembre 2003). Proprio in vista di ciò, l’Autorità ecclesiastica deve impegnarsi ad orientare sapientemente lo sviluppo di un così esigente genere di musica, non "congelandone" il tesoro, ma cercando di inserire nell’eredità del passato le novità valevoli del presente, per giungere ad una sintesi degna dell’alta missione ad essa riservata nel servizio divino. Sono certo che il Pontificio Istituto di Musica Sacra, in armonica sintonia con la Congregazione per il Culto Divino, non mancherà di offrire il suo contributo per un "aggiornamento" adatto ai nostri tempi delle preziose tradizioni di cui è ricca la musica sacra. A voi, dunque, carissimi professori ed allievi di questo Pontificio Istituto, affido questo compito esigente ed insieme appassionante, nella consapevolezza che esso costituisce un valore di grande rilevanza per la vita stessa della Chiesa.

Nell’invocare su di voi la materna protezione della Madonna del Magnificat e l’intercessione di San Gregorio Magno e di Santa Cecilia, vi assicuro da parte mia un costante ricordo nella preghiera. Mentre auguro che il nuovo anno accademico che sta per iniziare sia ricolmo di ogni grazia, a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.



AI MEMBRI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA REPUBBLICA DEL CONGO IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Venerdì, 19 ottobre 2007

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Cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,

Sono lieto di accogliervi, voi che avete ricevuto dal Signore il compito di essere i Pastori del popolo di Dio nella Repubblica del Congo. Auspico che il nostro incontro, espressione della comunione con il Successore di Pietro, sia anche fonte di una comunione sempre più intensa fra di voi e fra le vostre Chiese diocesane, colmandovi di fiducia e incoraggiandovi a perseverare nell'annuncio del Vangelo. Ringrazio Monsignor Louis Portella Mbuyu, Vescovo di Kinkala e Presidente della vostra Conferenza Episcopale, per la sua presentazione della vita della Chiesa nella Repubblica del Congo. Attraverso di voi, saluto cordialmente i sacerdoti, i diaconi, i religiosi, le religiose, i catechisti e i fedeli laici delle vostre Diocesi, che hanno spesso manifestato il loro attaccamento a Cristo e la loro solidarietà con i propri fratelli nei momenti difficili della storia recente del vostro Paese e li invito a restare, con tutti gli uomini di buona volontà, instancabili artefici di giustizia e di pace.

La vostra Conferenza episcopale continua a risvegliare le coscienze e a rafforzare le volontà, apportando un contributo specifico e concreto all'instaurazione della pace e della riconciliazione nel Paese. Invito dunque i cristiani e tutta la popolazione del Paese ad aprire vie di riconciliazione, affinché le differenze etniche e sociali, vissute nel rispetto e nell'amore reciproci, divengano una ricchezza comune e non un motivo di divisione.

I vostri resoconti quinquennali segnalano l'urgenza di sviluppare un vero dinamismo missionario nelle vostre Chiese locali. La Chiesa non può sottrarsi a questa missione primordiale, che l'invita a un'esigenza fondamentale di coerenza e di armonizzazione fra fede e norme etiche. Per evangelizzare in verità e in profondità, occorre divenire testimoni sempre più fedeli e più credibili di Cristo. Questa eminente responsabilità vi corrisponde in modo particolare. Restate "uomini di Dio", presenti nelle vostre Diocesi accanto ai vostri sacerdoti, preoccupati prima di tutto dell'annuncio del Vangelo, attingendo dalla vostra intimità con Cristo la forza di intessere legami sempre più forti di fraternità e di unità fra voi e con tutti. Questa esigenza concerne anche la Conferenza Episcopale, chiamata a essere sempre più un luogo privilegiato di comunione, ma anche di vita fraterna e di lavoro concertato su progetti comuni. Frutti numerosi deriveranno da questo processo.

In una reale preoccupazione missionaria per costruire la Chiesa-Famiglia, la vostra azione pastorale si fonda sulle comunità ecclesiali vive.Ambiti concreti di annuncio del Vangelo e di esercizio della carità, soprattutto verso i più poveri, esse mettono in atto una pastorale di vicinanza e costituiscono anche un potente baluardo contro le sette. Vi invito a prestare un'attenzione particolare alla formazione cristiana iniziale e permanente dei fedeli, affinché conoscano il mistero cristiano e vivano di esso, sostenuti dalla lettura della Scrittura e dalla vita sacramentale. In tal modo scopriranno la ricchezza della loro vocazione battesimale e il valore dei loro impegni cristiani secondo i principi etici, in vista di una presenza sempre più attiva nella società. Ringrazio le persone impegnate nella formazione dei laici, in particolare i catechisti e le loro famiglie, preziosi ausiliari dell'evangelizzazione, auspicando che siano messe a loro disposizione strutture di formazione che permettano di condurre a buon termine la loro importante missione.

Trasmettete ai vostri sacerdoti l'incoraggiamento del Papa. Spetta a voi sostenerli, esortarli a condurre, in una piena comunione con voi e in un reale spirito di servizio a Cristo e alla comunità cristiana, un'esistenza sempre più degna e più santa, fondata su una vita spirituale profonda e su una maturità affettiva vissuta nel celibato attraverso il quale essi offrono, con la grazia dello Spirito e mediante la libera risposta della loro volontà, la totalità del loro amore e della loro sollecitudine a Gesù Cristo e alla Chiesa (cfr Pastores dabo vobis
PDV 44). Stando vicino ai sacerdoti, sarete voi stessi modelli di vita sacerdotale e li aiuterete a prendere sempre più vivamente coscienza della fraternità sacramentale nella quale l'ordinazione sacerdotale li ha stabiliti. Esorto anche i numerosi sacerdoti congolesi che risiedono al di fuori del Paese a considerare seriamente i bisogni pastorali delle loro Diocesi e a compiere le scelte necessarie per rispondere agli appelli pressanti delle loro Chiese diocesane.

Mi rallegro del fatto che abbiate previsto di condurre prossimamente una riflessione approfondita sul ministero sacerdotale, per proporre ai sacerdoti e ai seminaristi un'esistenza da sacerdoti diocesani, radicata in una vita spirituale forte, che corrisponda all'esigenza della configurazione a Gesù Cristo Capo e Servitore della Chiesa, e fondata su un amore per la missione e su una vita conforme agli impegni dell'Ordinazione. È attraverso l'insegnamento e il comportamento che occorre, come ho già avuto occasione di sottolineare, "esporre la fede in maniera irreprensibile".

La sensibile diminuzione del numero dei matrimoni canonici è una vera sfida che grava sulla famiglia, di cui conosciamo il carattere insostituibile per la stabilità dell'edificio sociale. La legislazione civile, l'indebolimento della struttura familiare, ma anche il peso di alcune pratiche tradizionali, in particolare il costo esorbitante della dote, sono un freno reale all'impegno dei giovani nel matrimonio. Una riflessione pastorale di fondo s'impone per promuovere la dignità del matrimonio cristiano, riflesso e realizzazione dell'amore di Cristo per la sua Chiesa. È importante aiutare le coppie ad acquisire quella maturità umana e spirituale necessaria per assumere in modo responsabile la missione di coniugi e di genitori cristiani, ricordando loro che il loro amore è unico, indissolubile e che il matrimonio contribuisce alla piena realizzazione della loro vocazione umana e cristiana.

Possa la Chiesa continuare a svolgere il suo ruolo profetico al servizio di tutti gli abitanti del Paese, in particolare dei più poveri e di quanti non hanno voce, rivelando a ognuno la sua dignità e proponendogli l'amore di Dio pienamente rivelato in Gesù Cristo! L'amore "è la luce - in fondo l'unica - che rischiara sempre di nuovo un mondo buio ci dà il coraggio di vivere e di agire" (Deus caritas est ). Con l'intercessione della Vergine Maria, Stella dell'evangelizzazione, imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica a voi e alle vostre comunità diocesane.



ALLA DELEGAZIONE DELLA CONFERENZA MENNONITA MONDIALE Venerdì, 19 ottobre 2007

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Cari amici,

"Grazia a voi e pace da Dio Padre Nostro e dal Signore Gesù Cristo" (
2Co 1,2). Sono lieto di accogliervi a Roma, dove Pietro e Paolo hanno recato testimonianza di Cristo versando il proprio sangue per il Vangelo.

Nello spirito ecumenico dei tempi recenti, abbiamo cominciato ad avere contatti dopo secoli di isolamento. Sono consapevole del fatto che responsabili della Conferenza Mennonita Mondiale hanno accettato l'invito del mio amato predecessore, Papa Giovanni Paolo II, a unirsi a lui ad Assisi sia nel 1986 sia nel 2002 per pregare per la pace nel mondo in occasione di un grande raduno di responsabili di Chiese e comunità ecclesiali e di altre religioni del mondo. Sono lieto del fatto che gli officiali del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani abbiano risposto ai vostri inviti a partecipare alle assemblee mondiali nel 1997 e nel 2003.

Poiché è Cristo stesso a esortarci a ricercare l'unità dei cristiani, è assolutamente giusto e opportuno che Mennoniti e Cattolici abbiano intrapreso un dialogo per comprendere i motivi del conflitto sorto nel XVI secolo. Comprendere è il primo passo verso la composizione di tale conflitto. So che il resoconto di quel dialogo, pubblicato nel 2003 e attualmente studiato in diversi Paesi, ha posto particolare enfasi sulla guarigione della memoria. I Mennoniti sono ben noti per la loro forte testimonianza cristiana in nome del Vangelo, e qui, nonostante secoli di divisione, il documento sul dialogo Called Together to be Peacemakers (Chiamati insieme a essere costruttori di pace) ha dimostrato che abbiamo in comune numerose convinzioni. Entrambi sottolineiamo che la nostra opera per la pace è radicata in Gesù Cristo "Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo... facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce" (Ep 2,14-16) (Documento, n. 174). Entrambi comprendiamo che "riconciliazione, non violenza, e attiva costruzione della pace appartengono al cuore del Vangelo" (Cfr Mt Mt 5,9 Rm 12,14-21 Ep 6,15) (n. 179). La nostra costante ricerca di unità dei discepoli del Signore è della massima importanza. La nostra testimonianza rimarrà debole per tutto il tempo in cui il mondo assisterà alle nostre divisioni. Soprattutto, ciò che ci spinge a cercare l'unità cristiana è la preghiera di nostro Signore al Padre "perché tutti siano una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).

Auspico che la vostra visita sia un ulteriore passo verso la comprensione reciproca e la riconciliazione. Che la pace e la gioia di Cristo sia con tutti voi e con i vostri cari.



VISITA PASTORALE A NAPOLI



INCONTRO CON I CAPI DELLE DELEGAZIONI DELL’INCONTRO INTERNAZIONALE PER LA PACE - Aula Magna del Seminario arcivescovile a Capodimonte Domenica, 21 ottobre 2007

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Santità, Beatitudini,
Illustri Autorità,
Rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali,
Gentili esponenti delle grandi Religioni mondiali,

colgo volentieri questa occasione per salutare le Personalità convenute qui a Napoli per il XXI Meeting sul tema: "Per un mondo senza violenza - Religioni e culture in dialogo". Ciò che voi rappresentate esprime in un certo senso i differenti mondi e patrimoni religiosi dell'umanità, a cui la Chiesa cattolica guarda con sincero rispetto e cordiale attenzione. Una parola di apprezzamento va al Signor Cardinale Crescenzio Sepe e all’Arcidiocesi di Napoli che ospita questo Meeting e alla Comunità di Sant'Egidio che lavora con dedizione per favorire il dialogo tra religioni e culture nello "spirito di Assisi".

L’odierno incontro ci riporta idealmente al 1986, quando il venerato mio Predecessore Giovanni Paolo II invitò sul colle di San Francesco alti Rappresentanti religiosi a pregare per la pace, sottolineando in tale circostanza il legame intrinseco che unisce un autentico atteggiamento religioso con la viva sensibilità per questo fondamentale bene dell’umanità. Nel 2002, dopo i drammatici eventi dell’11 settembre dell’anno precedente, lo stesso Giovanni Paolo II riconvocò ad Assisi i leader religiosi, per chiedere a Dio di fermare le gravi minacce che incombevano sull’umanità, specialmente a causa del terrorismo.

Nel rispetto delle differenze delle varie religioni, tutti siamo chiamati a lavorare per la pace e ad un impegno fattivo per promuovere la riconciliazione tra i popoli. E’ questo l’autentico "spirito di Assisi", che si oppone ad ogni forma di violenza e all'abuso della religione quale pretesto per la violenza. Di fronte a un mondo lacerato da conflitti, dove talora si giustifica la violenza in nome di Dio, è importante ribadire che mai le religioni possono diventare veicoli di odio; mai, invocando il nome di Dio, si può arrivare a giustificare il male e la violenza. Al contrario, le religioni possono e devono offrire preziose risorse per costruire un’umanità pacifica, perché parlano di pace al cuore dell’uomo. La Chiesa cattolica intende continuare a percorrere la strada del dialogo per favorire l’intesa fra le diverse culture, tradizioni e sapienze religiose. Auspico vivamente che questo spirito si diffonda sempre più soprattutto là dove più forti sono le tensioni, là dove la libertà e il rispetto per l'altro vengono negati e uomini e donne soffrono per le conseguenze dell’intolleranza e dell’incomprensione.

Cari amici, questi giorni di lavoro e di ascolto orante siano fruttuosi per tutti. Rivolgo per questo la mia preghiera all'Eterno Dio, perché riversi su ciascuno dei partecipanti al Meeting l’abbondanza delle sue benedizioni, della sua sapienza e del suo amore. Egli liberi il cuore degli uomini da ogni odio e da ogni radice di violenza e ci renda tutti artefici della civiltà dell’amore.



SALUTO AL TERMINE DELL'INCONTRO CONVIVIALE Seminario arcivescovile a Capodimonte Domenica, 21 ottobre 2007

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Prima di congedarci, desidero rivolgere ancora una volta un saluto cordiale a ciascuno di voi, con i quali ho avuto la gioia di condividere questo momento conviviale.

Ringrazio nuovamente il Cardinale Crescenzio Sepe, Pastore di questa Arcidiocesi, che il Signore mi ha dato l'opportunità di visitare quest'oggi e, tramite lui, rinnovo l'espressione della mia sincera riconoscenza per l'accoglienza che mi è stata riservata secondo quello stile di immediata simpatia che è tipico dei napoletani. Saluto inoltre gli altri Cardinali, i Vescovi venuti a trascorrere con noi questo giorno di festa e tutti i presenti.

Non può mancare un ringraziamento per chi ha preparato con cura e ha servito con professionalità questo amichevole pranzo. Grazie per averci allietato con un gradito e gustoso pasto.

Nel congedarmi, vorrei assicurare per ciascuno un ricordo nella preghiera, mentre invoco su di voi e sulle persone a voi care le abbondanti benedizioni di Dio. Grazie! Grazie a tutti voi e auguri per questo importante incontro.




AGLI STUDENTI DELLE PONTIFICIE UNIVERSITÀ DI ROMA PER L'APERTURA DELL'ANNO ACCADEMICO Basilica Vaticana Giovedì, 25 ottobre 2007

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Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Ringrazio il Signore che mi concede anche quest'anno la possibilità di incontrare, all'inizio di un nuovo anno accademico, i docenti e gli studenti delle Università pontificie ed ecclesiastiche presenti in Roma. È un incontro di preghiera - è appena terminata la celebrazione della Santa Messa, che costituisce il fulcro dell'intera nostra vita cristiana - ; ed è, al tempo stesso, una propizia occasione per riflettere sul senso e sul valore della vostra esperienza di studio qui a Roma, nel cuore della cristianità. A ciascuno di voi va il mio affettuoso saluto, che rivolgo in primo luogo al Signor Cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, ringraziandolo per le gentili espressioni che mi ha rivolto a nome di tutti voi. Saluto pure gli altri Presuli presenti, i Rettori delle Università e i Membri dei rispettivi Corpi Accademici, i Responsabili e i Superiori dei Seminari e Collegi e gli studenti che provengono praticamente da ogni parte del mondo.

L'annuale appuntamento che vede idealmente riunita qui, nella Basilica Vaticana, l'intera famiglia Accademica delle Università ecclesiastiche romane vi permette, cari amici, di percepire meglio la singolare esperienza di comunione e di fraternità che potete fare in questi anni: esperienza che, per essere fruttuosa, ha bisogno dell'apporto di tutti e di ciascuno. Avete preso parte insieme alla Celebrazione eucaristica, ed è insieme che trascorrerete questo nuovo anno. Cercate di creare tra di voi un clima dove l'impegno dello studio e la fraterna cooperazione vi siano di comune arricchimento per quanto concerne non solo l'aspetto culturale, scientifico e dottrinale, bensì anche il lato umano e spirituale. Sappiate profittare al massimo delle opportunità che, al riguardo, vi sono offerte a Roma, città davvero unica anche da questo punto di vista.

Roma è ricca di memorie storiche, di capolavori d'arte e di cultura; è soprattutto piena di eloquenti testimonianze cristiane. Sono nate, nel corso del tempo, Università e Facoltà ecclesiastiche, ormai più che secolari, dove si sono formate intere generazioni di sacerdoti e operatori pastorali tra i quali non mancano grandi santi e illustri uomini di Chiesa. Su questa stessa scia pure voi vi inserite, dedicando anni importanti della vostra esistenza all'approfondimento di varie discipline umanistiche e teologiche. Finalità di tali benemerite istituzioni - scriveva nel 1979 l'amato Giovanni Paolo II nella Costituzione apostolica Sapientia christiana - sono tra l'altro "coltivare e promuovere, mediante la ricerca scientifica, le proprie discipline, ed anzitutto approfondire la conoscenza della Rivelazione cristiana e di ciò che con essa è collegato, enucleare sistematicamente le verità in essa contenute, considerare alla loro luce i nuovi problemi che sorgono, e presentarle agli uomini del proprio tempo nel modo adatto alle diverse culture" (Titolo I, art. 3 § 1). Un impegno, questo, quanto mai urgente nella nostra epoca post-moderna, dove si avverte il bisogno di una nuova evangelizzazione, che abbisogna di maestri nella fede e di araldi e testimoni del Vangelo convenientemente preparati.

In effetti, il periodo di permanenza a Roma può e deve servire a prepararvi per svolgere nel modo migliore il compito che vi attende in diversi campi di azione apostolica. La missione evangelizzatrice propria della Chiesa domanda, in questo nostro tempo, non solo che si propaghi dappertutto il messaggio evangelico, ma che penetri in profondità nei modi di pensare, nei criteri di giudizio e nei comportamenti della gente. In una parola, occorre che tutta la cultura dell'uomo contemporaneo sia permeata dal Vangelo. A rispondere a questa vasta e urgente sfida culturale e spirituale vuole contribuire la molteplicità degli insegnamenti, che vi sono proposti negli Atenei e Centri di studio che frequentate. La possibilità di studiare a Roma, sede del Successore di Pietro e quindi del ministero petrino, vi aiuta a rafforzare il senso di appartenenza alla Chiesa e l’impegno di fedeltà al Magistero universale del Papa. Inoltre, la presenza nelle Istituzioni accademiche e nei Collegi e Seminari di docenti e allievi provenienti da ogni Continente vi offre un'ulteriore opportunità di conoscervi e di sperimentare la bellezza di far parte dell’unica, grande famiglia di Dio: sappiate avvalervene appieno!

Cari fratelli e sorelle, allo studio delle scienze umanistiche e teologiche è indispensabile però che si accompagni sempre una progressiva conoscenza, intima e profonda, di Cristo. Ciò comporta che al necessario interesse per lo studio e la ricerca voi uniate un sincero anelito per la santità. Questi anni di formazione a Roma, oltre ad essere di impegno intellettuale serio e assiduo, siano perciò in primo luogo di intensa preghiera, in costante sintonia con il divino Maestro che vi ha scelti al suo servizio. Ugualmente, il contatto con la realtà religiosa e sociale della città vi sia utile per un arricchimento spirituale e pastorale. Invochiamo l'intercessione di Maria, Madre docile e sapiente, perché vi aiuti ad essere pronti in ogni circostanza a riconoscere la voce del Signore, che vi custodisce e vi accompagna nel vostro itinerario di formazione e in ogni momento della vita. Io vi assicuro un ricordo nella preghiera e, augurandovi un anno sereno e ricco di frutti, avvaloro questi miei voti con una speciale Benedizione Apostolica.




Discorsi 2005-13 8107