Discorsi 2005-13 19168

AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA DELLA RIUNIONE DELLE OPERE PER L'AIUTO ALLE CHIESE ORIENTALI (R.O.A.C.O.) Giovedì, 19 giugno 2008

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Signor Cardinale,
Venerati Confratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Membri ed Amici della ROACO!

Sono lieto di accogliervi in occasione della vostra seconda sessione annuale. Saluto cordialmente il Signor Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, e lo ringrazio per le cortesi espressioni di omaggio, che mi ha rivolto a nome di tutti in qualità di Presidente della ROACO. Estendo il mio saluto all'Arcivescovo Segretario, Mons. Antonio Vegliò, agli altri Presuli e al Padre Custode di Terra Santa, ai Collaboratori del Dicastero, ai Rappresentanti delle diverse Agenzie Internazionali e agli amici della Bethlehem University.

Desidero, prima di tutto, ringraziarvi per il sostegno prezioso che offrite alla missione propria del Vescovo di Roma di presiedere all’universale carità. Vi raduna, infatti, l’amore per le Chiese Orientali Cattoliche, alle quali sono ben lieto di far giungere un particolare incoraggiamento, a conferma della considerazione che meritano per il fedele legame con la Sede di Pietro. La loro vita ordinaria e la loro peculiare missione, soprattutto a livello ecumenico e interreligioso, vanno sostenute dall’intera Chiesa Cattolica. La Congregazione e la ROACO si fanno opportunamente interpreti della solidarietà spirituale e materiale di tutti i cattolici, perché quelle Comunità possano vivere in pienezza il mistero dell’unica Chiesa di Cristo nella fedeltà alle proprie tradizioni spirituali. Vi esorto, pertanto, a rafforzare questo vincolo di carità, perché secondo l’ammonimento dell’Apostolo delle genti, chi è nell’abbondanza supplisca a chi è nel bisogno e vi sia uguaglianza nella fraternità (cfr
2Co 8,14-15).

In questi giorni avete rivolto la vostra attenzione alle comunità cattoliche in Armenia e in Georgia che sono state fra le prime a ricevere la luce di Cristo. Saluto cordialmente i miei fratelli Vescovi che servono il popolo di Dio in queste aree e ricordo con piacere il nostro recente incontro in occasione della loro visita ad Limina. Vivendo umilmente e fraternamente con altre Chiese cristiane e servendo generosamente i poveri, queste comunità cattoliche, per quanto piccole, possono esprimere in modo molto pratico la comunione di amore propria della Chiesa cattolica universale. Permettetemi di ricordare quanto ho affermato in occasione della recente visita di Sua Santità Karekin ii: "Se i nostri cuori e le nostre menti sono parti allo spirito di comunione, Dio può di nuovo operare miracoli nella Chiesa, ripristinando i vincoli di unità".

Cari amici della Roaco, le sofferenze dei cristiani iracheni sono da tempo al centro dei vostri interessi. Sono ormai tre mesi che, all'inizio della settimana santa, il nostro cuore si c riempito di immensa tristezza per l'uccisione a Mossul dell'Arcivescovo dei Caldei, Paulos Faraj Rahho. Come molti altri cristiani iracheni l'Arcivescovo ha preso la sua croce e ha seguito il Signore. In tal modo ha contribuito a portare giustizia alla sua terra straziata e tutto il mondo, rendendo testimonianza della veritr. Era un uomo di pace e di dialogo. Incoraggio le organizzazioni di aiuto presenti a proseguire gli sforzi per sostenere i cristiani iracheni: coloro che, spesso come rifugiati, vivono in Iraq e coloro che ora nei Paesi confinanti devono affrontare difficili condizioni di vita.

Con gratitudine e sollievo, abbiamo seguito gli sviluppi recenti nel Libano, che ha ritrovato la via del dialogo e della comprensione reciproca. Formulo nuovamente l'auspicio che il Libano sappia rispondere con coraggio alla sua vocazione di essere, per il Medio Oriente e per il mondo intero, un segno della possibilitr effettiva di una coesistenza pacifica e costruttiva fra gli uomini. Domenica prossima, i cristiani del Libano avranno la gioia di assistere a Beirut alla beatificazione del venerabile padre Jacques Ghazir Haddad. Toccato dalla Croce di Gesu, questo padre cappuccino è stato accanto ai malati e ai poveri, e ha invitato un gran numero di giovani donne a servirli. Possa la sua testimonianza toccare oggi il cuore dei giovani cristiani libanesi, affinché apprendano, a loro volta, la dolcezza di una vita evangelica al servizio dei poveri e dei piccoli, come testimoni fedeli della fede cattolica nel mondo arabo!.

Cari fratelli e sorelle, alcuni miei Collaboratori nella Curia Romana, e tra questi il Cardinale Prefetto della vostra Congregazione, hanno recentemente visitato le comunità latine e orientali di Terra Santa facendosi interpreti dell’affetto e della premura del Papa. Rinnovo l’espressione della mia speciale gratitudine a quanti si prendono a cuore la causa di tali Comunità, che è vitale per tutta la Chiesa. Condivido le loro prove e le loro speranze e prego ardentemente di poterle visitare di persona, come prego altresì perché taluni segni di pace, che saluto con immensa fiducia, trovino presto compimento. Faccio appello ai responsabili delle Nazioni perché siano offerte al Medio Oriente, e in particolare alla Terra di Gesù, al Libano e all’Iraq la sospirata pace e la stabilità sociale nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, compresa una reale libertà religiosa. E’ la pace, del resto, l’unica via per affrontare anche il grave problema dei profughi e dei rifugiati, e per fermare l’emigrazione, specialmente cristiana, che ferisce pesantemente le Chiese Orientali. Affido questi auspici al Beato Giovanni XXIII, amico sincero dell’Oriente e Papa della Pacem in terris. E su tutti invoco la celeste intercessione della Regina della Pace, mentre a ciascuno imparto di cuore la mia Benedizione.



AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO INTERNAZIONALE PER I RESPONSABILI DELLE RADIO CATTOLICHE, PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI Venerdì, 20 giugno 2008

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Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Illustri Signori, gentili Signore!

Sono lieto di accogliervi in questa casa, che è la casa di Pietro, e con gioia porgo il mio benvenuto a tutti voi – Direttori, redattori e amministratori, - rappresentanti delle molte Radio cattoliche di tutto il mondo che vi siete ritrovati a Roma, convocati dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, per riflettere sull'identità e la missione delle Radio Cattoliche oggi. Attraverso voi, desidero salutare con affetto i molti vostri ascoltatori dei diversi Paesi e continenti che quotidianamente sentono la vostra voce e grazie al vostro servizio informativo imparano a conoscere meglio Cristo, ad ascoltare il Papa e ad amare la Chiesa. Un sentito ringraziamento va al Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, l’Arcivescovo Mons. Claudio Maria Celli, per le gentili parole di omaggio che ha voluto rivolgermi. Con lui saluto i Segretari, il Sottosegretario e tutti gli Officiali del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

Le molte e diverse forme di comunicazione con cui tutti abbiamo a che fare, manifestano con evidente chiarezza come l’uomo, nella sua struttura antropologica essenziale, sia costituito per entrare in relazione con l’altro. Lo fa soprattutto per mezzo della parola. Nella sua semplicità e apparente povertà, la parola, inscrivendosi nella comune grammatica del linguaggio, si pone come strumento che realizza la capacità di relazione degli uomini. Questa si fonda sulla ricchezza condivisa di una ragione creata ad immagine e somiglianza del Logos eterno di Dio, cioè di quel Logos in cui tutto liberamente e per amore è creato. Noi sappiamo che quel Logos non è rimasto estraneo alle vicende umane ma, per amore, ha comunicato agli uomini se stesso - ho Logos sarx egheneto (
Jn 1,14) - e, nell’amore da Lui rivelato e donato in Cristo, continua ad invitare gli uomini a rapportarsi con Lui e fra loro in modo nuovo.

Al haberse encarnado en el seno de María, el Verbo de Dios ofrece al mundo una relación de intimidad y amistad – “ya no les llamo siervos… sino amigos” (Jn 15,15) –, que se transforma en fuente de novedad para el mundo y se pone en medio de la humanidad como comienzo de una nueva civilización de la verdad y del amor. En efecto, “el Evangelio no es solamente una comunicación de cosas que se pueden saber, sino una comunicación que comporta hechos y cambia la vida” (Spe salvi ). Esta autocomunicación de Dios es la que ofrece un nuevo horizonte de esperanza y de verdad a las esperanzas humanas, y de esta esperanza es de donde surge, ya en este mundo, el inicio de un mundo nuevo, de esa vida eterna que ilumina la oscuridad del futuro humano.

Dear friends, as you work in Catholic radio stations you are at the service of the Word. The words that you broadcast each day are an echo of that eternal Word which became flesh. Your own words will bear fruit only to the extent that they serve the eternal Word, Jesus Christ. In God’s saving plan and providence, that Word lived among us, or – as St. John says – “pitched his tent among us” (Jn 1,14), in humility. The Incarnation took place in a distant village, far away from the noisy imperial cities of antiquity. Today, even though you make use of modern communication technologies, the words which you broadcast are also humble, and sometimes it may seem to you that they are completely lost amidst the competition of other noisy and more powerful mass media. But do not be disheartened! You are sowing the Word “in season and out of season” (2Tm 4,2), and thus fulfilling Jesus’ command that the Gospel be preached to all nations (Mt 28,19). The words which you transmit reach countless people, some of whom are alone and for whom your word comes as a consoling gift, some of whom are curious and are intrigued by what they hear, some of whom never attend church because they belong to different religions or to no religion at all, and others still who have never heard the name of Jesus Christ, yet through your service first come to hear the words of salvation. This work of patient sowing, carried on day after day, hour after hour, is your way of cooperating in the apostolic mission.

Si les multiples formes et types de communication peuvent être un don de Dieu au service du développement de la personne humaine et de l’humanité entière, la radio, à travers laquelle vous exercez votre apostolat, propose une proximité et une écoute de la parole et de la musique, pour informer et détendre, pour annoncer et dénoncer, mais toujours dans le respect de la réalité et dans une claire perspective d’éducation à la vérité et à l’espérance. Jésus Christ nous donne en effet la Vérité sur l’homme et la vérité pour l’homme, et, à partir de cette vérité, une espérance pour le présent et pour l’avenir des personnes et du monde. Dans cette perspective, le Pape vous encourage dans votre mission et vous félicite du travail accompli. Mais, comme l’a souligné Redemptoris missio, «il ne suffit pas d'utiliser les médias pour répandre le message chrétien et l'enseignement authentique de l'Église. Il est également nécessaire d'intégrer ce message dans la "nouvelle culture" engendrée par les communications modernes» (n. 37). En raison de son lien avec la parole, la radio participe à la mission de l’Église et à sa visibilité, mais elle génère également une nouvelle manière de vivre, d’être et de faire Église ; elle comporte des enjeux ecclésiologiques et pastoraux. Il est important de rendre attrayante la Parole de Dieu en lui donnant corps à travers vos réalisations et vos émissions pour toucher le coeur des hommes et des femmes de notre temps, et pour participer à la transformation de la vie de nos contemporains.

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, quali entusiasmanti prospettive si aprono al vostro impegno e al vostro lavoro! I vostri network possono rappresentare, fin d’ora, una piccola ma concreta eco nel mondo di quella rete di amicizia che la presenza di Cristo Risorto, il Dio-con-noi, ha inaugurato fra cielo e terra e fra uomini di tutti i continenti e le epoche. Così facendo, il vostro stesso lavoro si inscriverà a pieno titolo nella missione della Chiesa, che vi invito ad amare profondamente. Aiutando il cuore di ogni uomo ad aprirsi a Cristo, aiuterete il mondo ad aprirsi alla speranza e a spalancarsi a quella civiltà della verità e dell’amore che è il frutto più eloquente della sua presenza fra noi. A tutti la mia Benedizione!



IN OCCASIONE DELLA PUBBLICAZIONE DEL PRIMO NUMERO DELLA TRADUZIONE IN LINGUA MALAYALAM DELL'EDIZIONE IN LINGUA INGLESE DE "L'OSSERVATORE ROMANO" Mercoledì, 25 giugno 2008

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Cari amici,

la pubblicazione della prima edizione de L'Osservatore Romano in lingua malayalam è un evento altamente significativo nella vita della Chiesa in India perché terrà informati gli oltre sei milioni di cattolici del Kerala sul ministero del Papa e sull'opera della Santa Sede e rafforzerà i vincoli di fede e di comunione ecclesiale che uniscono la comunità cattolica alla Sede di Pietro. Volentieri colgo tale occasione per offrire i miei oranti buoni auspici per questa importante impresa e per ringraziare sentitamente i direttori della Carmel International Publishing House e quanti hanno contribuito in qualche modo alla sua realizzazione.

Spero che questa nuova traduzione dell'edizione inglese, che va ad affiancarsi alle altre edizioni in lingua de L'Osservatore Romano, sarà una fonte preziosa di istruzione e di arricchimento nella fede, un incentivo a maggiori fraternità e cooperazione in seno alla comunità cattolica del Kerala, caratterizzata da una ricca diversità, e un aiuto indispensabile per l'opera costante di evangelizzazione.

A voi e alle vostre famiglie imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica quale pegno di gioia e di pace in nostro Signore Gesù Cristo.

A S.E. IL SIGNOR FIRMIN MBOUTSOU AMBASCIATORE DEL GABON PRESSO LA SANTA SEDE Giovedì, 26 giugno 2008


Signor ambasciatore,

sono lieto di accoglierla, eccellenza, in occasione della presentazione delle lettere che l'accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica del Gabon presso la Santa Sede.

Mi hanno toccato le cordiali parole che mi ha rivolto, signor ambasciatore, e anche i saluti e i voti che mi ha trasmesso da parte di sua eccellenza il signor El Hadj Omar Bongo Ondimba, presidente della Repubblica. Le sarei grato se potesse trasmettere a lui, come pure a tutto il popolo gabonese, i voti cordiali di felicità e di prosperità che formulo per il Paese, pregando Dio di concedere a tutti di vivere in una nazione sempre più fraterna e più solidale, dove i doni che ognuno ha ricevuto da Dio possano schiudersi pienamente a beneficio di tutti.

Lei ha appena sottolineato, eccellenza, l'importanza delle relazioni improntate alla fiducia reciproca che esistono da quarant'anni fra il Gabon e la Santa Sede. Questi vincoli sono stati rafforzati durante il recente viaggio effettuato nel suo Paese lo scorso mese di gennaio, da sua eccellenza monsignor Dominique Mamberti, segretario per i rapporti con gli Stati. La calorosa accoglienza che gli ha riservato il presidente della Repubblica, e anche le diverse autorità dello Stato, è una manifestazione dell'armonia che caratterizza queste relazioni e del desiderio di una concertazione e di una collaborazione permanenti.

Il contributo della Chiesa alla storia e alla costruzione del suo Paese è importante, come lei ha tenuto a sottolineare, signor ambasciatore. Non posso che apprezzare l'attenzione alla missione della Chiesa fra i suoi concittadini. In questa prospettiva, è opportuno menzionare l'accordo quadro fra il Gabon e la Santa Sede, firmato poco più di dieci anni fa. È stata la base di una cooperazione sempre più vasta fra la Santa Sede e il suo Paese. Per la Chiesa, simili gesti diplomatici hanno la funzione fondamentale di aiutarla a svolgere la sua missione al servizio di ogni uomo e di tutti gli uomini, nella loro vita quotidiana, partecipando così allo sviluppo delle persone e della nazione, e infondendo in ognuno una speranza nuova nel futuro.

Conformemente alla sua vocazione, e grazie in particolare alle sue numerose istituzioni, alle sue congregazioni religiose e all'insieme delle comunità locali, la Chiesa contribuisce e auspica di contribuire sempre più all'educazione degli uomini, delle donne e dei bambini, senza distinzioni, nel rispetto delle persone e della loro cultura, trasmettendo a ognuno i valori spirituali e morali indispensabili per la crescita dell'essere umano. Allo stesso modo, nella sua lunga tradizione, partecipa all'educazione sanitaria e alle cure ai malati, per il benessere delle persone. Nel suo Paese, i numerosi ambulatori tenuti dalle congregazioni religiose ne sono la prova. Bisogna auspicare che, nel quadro di un accordo, il Paese riconosca pienamente e sostenga questo servizio caritativo offerto a tutte le persone che vi ricorrono. Un simile riconoscimento legale non mancherà di avere effetti benefici sulla presenza religiosa e sul dinamismo delle strutture nell'ambito sanitario e sociale.

Fra i campi principali, bisogna anche menzionare quello che riguarda l'insegnamento, per il quale nel 2001 è stato firmato un accordo; malgrado i suoi deboli mezzi, la Chiesa auspica vivamente di poter proseguire la sua missione in materia, con il sostegno di tutte le istanze coinvolte. Il suo desiderio è di educare tutti i giovani che le sono affidati per offrire una formazione integrale che permetterà loro di avere un futuro migliore, di prendere in mano il loro destino, quello della propria famiglia e quello della società. È anche un'occasione per partecipare alla formazione di uomini e di donne che, domani, saranno i responsabili della nazione. Mediante un'attenzione particolare per l'educazione integrale delle persone, una società dimostra che i suoi membri sono la prima ricchezza nazionale. Non posso che auspicare un rafforzamento degli accordi con l'episcopato del vostro Paese, circa l'insegnamento a tutti i livelli, e in particolare l'insegnamento superiore. La Chiesa intende mantenere e sviluppare un insegnamento di qualità, per la qual cosa ha bisogno del sostegno fiducioso delle autorità e dei diversi servizi dello Stato. Questo insegnamento deve trasmettere conoscenze intellettuali nei diversi ambiti della scienza e del pensiero, ma al contempo anche formare l'essere integrale comunicandogli i valori fondamentali, sia personali sia collettivi.

Il ruolo della Chiesa è anche di offrire alle persone un'assistenza umana e spirituale, aiutandole a rispondere alla loro ricerca di significato. È in questo spirito che auspica di poter organizzare meglio la pastorale delle forze armate, la cui missione è particolarmente delicata e costituisce prima di tutto un servizio alla pace, alla giustizia e alla sicurezza nel Paese e in tutta la regione. Lei sa, signor ambasciatore, che, nell'accompagnare i militari cattolici e le loro famiglie, la Chiesa desidera aiutarli a svolgere il loro compito specifico fondandosi sui valori umani e morali del cristianesimo, affinché servano fedelmente la loro patria e costruiscano la loro vita personale e familiare secondo la propria vocazione cristiana. Spetta in effetti ai pastori della Chiesa seguire tutto il gregge che le è stato affidato ed è opportuno che i membri delle forze armate possano costituirsi in comunità cristiane particolari, sotto la guida di un pastore che saprà riconoscere e rispettare la specificità del mondo militare.

È innanzitutto dovere dei responsabili delle nazioni e di quanti, a tutti i livelli, sono chiamati a guidare il destino dei popoli edificare società di pace. Mi rallegro dell'attenzione del suo Paese in questo ambito. Attraverso di lei, signor ambasciatore, invito tutte le autorità e gli uomini di buona volontà, in particolare nel caro continente africano, a impegnarsi sempre più per un mondo pacifico, fraterno e solidale. È a un coraggio sempre più profetico che faccio appello oggi, ricordando che la pace e la giustizia procedono insieme, e che tutto ciò si deve concretizzare per mezzo del rispetto della legalità in ogni ambito. In effetti, senza giustizia, senza la lotta contro ogni forma di corruzione, senza il rispetto delle regole del diritto, è impossibile costruire una pace vera, ed è chiaro che i cittadini avranno allora difficoltà a confidare nei loro dirigenti; inoltre, senza il rispetto della libertà di ogni individuo non vi può essere pace. Conformemente alla sua tradizione, sotto forme che le sono proprie, la Chiesa è pronta a collaborare e a offrire il suo sostegno a tutte le persone la cui preoccupazione principale è stabilire una società che rispetti i diritti più elementari dell'uomo e costruire una società per l'uomo.

Lei è attento, signor ambasciatore, alle grandi questioni che riguardano il futuro del nostro mondo. Questo futuro è troppo spesso legato alle questioni puramente economiche, che sono fonte di numerosi conflitti. È opportuno fare in modo che gli abitanti del Paese siano i primi beneficiari del prodotto delle ricchezze naturali della nazione e fare tutto il possibile per una migliore tutela del pianeta, permettendoci di lasciare alle generazioni future una terra veramente abitabile, capace di alimentare i suoi abitanti.

Mi permetta, signor ambasciatore, di approfittare di questa bella occasione che mi dà la sua presenza, per salutare cordialmente, per mezzo di lei, tutti i cattolici del Gabon, e in particolare i vescovi, che sono venuti qui in visita ad limina lo scorso mese di ottobre. Conosco il loro attaccamento e l'affetto che nutrono per il loro Paese, e anche il loro impegno risoluto nel cooperare al suo sviluppo in armonia fraterna con tutti i loro concittadini. Li invito con affetto a continuare a essere artefici e testimoni sempre più ardenti della pace, della fraternità e della solidarietà fra tutti.
Signor ambasciatore, mentre comincia ufficialmente la sua missione presso la Sede Apostolica, le esprimo i miei voti cordiali per il nobile compito che l'attende. Sia certo che troverà qui, presso i miei collaboratori, l'accoglienza attenta e comprensiva di cui potrà aver bisogno.

Su di lei, eccellenza, sui suoi familiari, sui responsabili della nazione e sull'intero popolo del Gabon, invoco di tutto cuore l'abbondanza delle Benedizioni dell'Onnipotente.



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL'HONDURAS IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Giovedì, 26 giugno 2008

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Signor cardinale,
Cari fratelli nell'episcopato,

1. Vi ricevo con grande gioia questa mattina e ringrazio il Signore di potervi incontrare per condividere con tutti voi i progetti e le speranze, le preoccupazioni e le difficoltà del vostro cuore di Pastori della Chiesa. La comunità cattolica dell'Honduras è stata benedetta con la consacrazione in poco tempo di cinque nuovi Vescovi; voglia il Signore che questa visita ad limina, quando si celebrano venticinque anni del viaggio pastorale di Papa Giovanni Paolo II nella vostra terra, contribuisca a rafforzare ancora di più gli stretti vincoli di comunione fra voi e con il successore di Pietro, per riprendere con nuovo ardore la missione che il Signore vi ha affidato!

Desidero ringraziare vivamente il signor cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa e presidente della Conferenza episcopale, per le cortesi parole con le quali mi ha espresso il vostro affetto e la vostra adesione, e anche l'affetto dei vostri sacerdoti, religiosi e fedeli diocesani. Tutti, ma specialmente quelli che soffrono a causa della povertà, della violenza o della malattia, li tengo presenti nella mia preghiera, manifestando loro tutta la mia stima e la mia vicinanza spirituale.

2. Il popolo honduregno si caratterizza per un profondo spirito religioso che si manifesta, fra le altre cose, nelle numerose e radicate pratiche di devozione popolare, le quali, debitamente purificate da elementi estranei alla fede, devono essere uno strumento valido per l'annuncio del Vangelo. D'altro canto, e come succede in altre parti, la diffusione del secolarismo, come anche il proselitismo delle sette, è fonte di confusione per molti fedeli e provoca inoltre una perdita di senso di appartenenza alla Chiesa.

La constatazione delle enormi difficoltà che si oppongono alla vostra missione pastorale, lungi dal suscitare sconforto, deve servire a dare impulso a un'estesa e audace opera di evangelizzazione, che si fondi, più che sull'efficacia dei mezzi materiali o dei progetti umani, sul potere della Parola di Dio (cfr Eb
He 4,12), accolta con fede, vissuta con umiltà e annunciata con fedeltà.

In quanto successori degli apostoli, siete stati chiamati a una missione eccelsa: "Perpetuare l'opera di Cristo, pastore eterno" (Christus Dominus CD 2). Cristo è certamente il cuore dell'evangelizzazione (cfr Pastores gregis ), per questo l'amore per Lui e per gli uomini ci spinge a portare il suo messaggio fino agli angoli più lontani della vostra amata nazione, affinché tutti possano giungere all'incontro personale e intimo con il Signore, che è l'inizio di un'autentica vita cristiana (cfr Deus caritas est ).

3. In questo urgente compito di annunciare la Buona Novella della salvezza, potete contare sull'aiuto inestimabile dei vostri sacerdoti. Questi, in quanto primi collaboratori nella vostra missione pastorale, devono essere anche i principali destinatari della vostra sollecitudine di padri, fratelli e amici, prestando attenzione alla loro vita spirituale e ai loro bisogni materiali. Parimenti, la diligenza e l'attenzione con cui seguite la formazione dei seminaristi è una manifestazione eloquente del vostro amore per il sacerdozio. Con fiducia nel Signore, e con generosità, ponete sempre al servizio del seminario i formatori migliori e i mezzi materiali adeguati, affinché i futuri sacerdoti acquisiscano quella maturità umana, spirituale e sacerdotale di cui i fedeli hanno bisogno e che hanno il diritto di aspettarsi dai loro pastori.

Nonostante l'incremento delle vocazioni negli ultimi tempi, la scarsità di presbiteri nelle vostre Chiese particolari è, giustamente, una delle principali preoccupazioni. Per questo, l'impegno nel suscitare vocazioni fra i giovani deve essere un obiettivo prioritario dei vostri piani di pastorale, nei quali si devono coinvolgere tutte le comunità diocesane e parrocchiali. In tal senso, vi esorto a incoraggiare la preghiera personale e comunitaria che, oltre a essere un mandato del Signore (cfr Mt 9,38), è necessaria per scoprire e favorire una risposta generosa alla propria vocazione.
Non posso non riconoscere il grande lavoro evangelico che realizzano le comunità religiose, arricchendo le vostre diocesi con la presenza dei loro carismi specifici, e la cui collaborazione dovete continuare a promuovere in uno spirito di vera comunione ecclesiale.

4. Desidero sottolineare anche il ruolo significativo che i laici cattolici honduregni stanno assumendo nelle parrocchie come catechisti e delegati della Parola. Un aspetto importante del ministero pastorale consiste nel lavorare senza posa affinché i fedeli siano sempre più consapevoli che, in virtù del loro battesimo e della loro confermazione, sono chiamati a vivere la pienezza della carità partecipando alla stessa missione salvifica della Chiesa (cfr Lumen gentium LG 33). Mediante la testimonianza della loro vita cristiana, possono portare in tutti i settori della società la luce del messaggio di Cristo, attraendo nella comunità ecclesiale coloro la cui fede si è indebolita o che si trovano lontano da essa. I fedeli laici hanno pertanto bisogno di intensificare il loro rapporto con Dio e di acquisire una salda formazione, soprattutto per quanto riguarda la dottrina sociale della Chiesa. In tal modo, come lievito nella massa, potranno compiere la loro missione di trasformare la società secondo il volere di Dio (cfr Ibidem, n. 31).

Allo stesso tempo, un ambito di singolare attenzione pastorale è quello del matrimonio e della famiglia, la cui solidità e stabilità recano tanto beneficio alla Chiesa e alla società. A tale proposito, è giusto riconoscere il passo importante che è stato compiuto nell'includere nella Costituzione del vostro Paese un riconoscimento esplicito del matrimonio, anche se sapete bene che non basta possedere una buona legislazione se poi non si realizza quella necessaria opera culturale e di catechesi in grado di far risplendere nella società la verità e la bellezza del matrimonio, vera alleanza perpetua di vita e di amore fra un uomo e una donna.

5. Come l'annuncio della Parola e la celebrazione dei sacramenti, il servizio della carità è parte essenziale della missione della Chiesa (cfr Deus caritas est ). I vescovi, quali successori degli apostoli, sono pertanto i primi responsabili di questo servizio di carità nelle Chiese particolari (cfr Ibidem, n. 32). So bene quanto vi addolora la povertà nella quale vivono tanti vostri concittadini, unita all'aumento della violenza, all'emigrazione, alla distruzione dell'ambiente, alla corruzione e alle carenze nell'educazione, fra gli altri gravi problemi. Come ministri del Buon Pastore avete svolto, con le parole e con le opere, un'intensa opera di aiuto ai bisognosi. Vi esorto vivamente a continuare a mostrare nel vostro ministero il volto misericordioso di Dio, potenziando in tutte le vostre comunità diocesane e parrocchiali un esteso e capillare servizio di carità, che giunga in modo particolare ai malati, agli anziani e ai detenuti.

6. Amatissimi fratelli, vi ribadisco il mio affetto e la mia gratitudine per tutta la vostra dedizione e sollecitudine pastorale. Allo stesso tempo, vi chiedo di trasmettere ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi e fedeli laici il saluto e la stima del Papa.

All'intercessione dell'Immacolata Vergine di Suyapa affido le vostre persone, le intenzioni e i propositi pastorali, affinché portiate a tutti i figli dell'Honduras la speranza che non delude mai, Cristo Gesù, l'unico Salvatore del genere umano. Con questi auspici, vi accompagnano la mia preghiera e la mia Benedizione Apostolica.


AI VESCOVI DI HONG KONG E DI MACAO IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Venerdì, 27 giugno 2008

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Cari Fratelli Vescovi!

Manda il tuo spirito e rinnova la faccia della terra (cfr
Ps 104,30). Con queste parole vi porgo un cordiale benvenuto. Ringrazio il Cardinale Zen per i sentimenti di filiale devozione, che ha manifestato a nome di tutti. Accogliete l’espressione del mio affetto e l’assicurazione delle mie preghiere per voi e per quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale. In questo momento mi sono presenti i sacerdoti, i religiosi, le religiose e tutti i fedeli laici delle vostre due comunità diocesane. La visita ad limina Apostolorum è per voi occasione per rafforzare l'impegno a rendere Gesù sempre più visibile nella Chiesa e più conosciuto nella società mediante la testimonianza dell'amore e della verità del suo Vangelo.

Come ho scritto nella mia Lettera del 27 maggio 2007 alla Chiesa cattolica in Cina, l'invito che Gesù rivolse a Pietro, al fratello Andrea ed ai primi discepoli: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca» (Lc 5,4) risuona oggi per noi e ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro: “Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre!” (He 13,8). Anche le vostre due Chiese particolari sono chiamate ad essere testimoni di Cristo, a guardare in avanti con speranza e a misurarsi — nell'annuncio del Vangelo — con le nuove sfide che le popolazioni di Hong Kong e di Macao devono affrontare (cfr n. 3).

Il Signore ha conferito a ogni uomo e a ogni donna il diritto di udire l’annuncio che Gesù Cristo «mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Ga 2,20). A questo diritto corrisponde un dovere di evangelizzare: «Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1Co 9,16 cfr Rm 10,14). Nella Chiesa ogni attività ha una essenziale dimensione evangelizzatrice e non deve mai essere separata dall'impegno per aiutare tutti a incontrare Cristo nella fede, che è il primario obiettivo dell'evangelizzazione: «Il fatto sociale e il Vangelo sono semplicemente inscindibili tra loro. Dove portiamo agli uomini soltanto conoscenze, abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo poco» (Benedetto XVI, Omelia durante la Santa Messa nella spianata della “Neue Messe” a München [10 settembre 2006]: AAS 98 [2006], 710).

Oggi, la missione della Chiesa si svolge sullo sfondo della globalizzazione. Di recente ho osservato che le forze della globalizzazione vedono l'umanità sospesa fra due poli. Da una parte c'è la moltitudine di crescenti vincoli sociali e culturali che in generale promuovono un senso di solidarietà globale e di responsabilità condivisa per il bene dell'umanità. Dall'altra, appaiono segni inquietanti di una frammentazione e di un certo individualismo in cui domina il secolarismo, che spinge il trascendente e il senso del sacro ai margini ed eclissa la fonte stessa di armonia e unità nell'universo. Di fatto, gli aspetti negativi di questo fenomeno culturale evidenziano l'importanza di una solida formazione ed esortano a uno sforzo concertato per sostenere l'anima spirituale e morale delle vostre popolazioni.

Sono consapevole poi che anche nelle vostre due Diocesi, come nel resto della Chiesa, emerge la necessità di un'adeguata formazione permanente del clero. Di qui nasce l'invito, rivolto a voi Vescovi come responsabili delle comunità ecclesiali, a pensare specialmente al giovane clero che è sempre più sottoposto a nuove sfide pastorali, connesse con le esigenze del compito di evangelizzare una società così complessa com'è quella attuale. La formazione permanente dei sacerdoti « è un'esigenza intrinseca al dono e al ministero sacramentale ricevuto e si rivela necessaria in ogni tempo. Oggi però risulta essere particolarmente urgente, non solo per il rapido mutarsi delle condizioni sociali e culturali degli uomini e dei popoli entro cui si svolge il ministero presbiterale, ma anche per quella “nuova evangelizzazione” che costituisce il compito essenziale e indilazionabile della Chiesa alla fine del secondo millennio » (Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis [25 marzo 1992], n. 70: AAS 84 [1992], 782). La vostra sollecitudine pastorale dovrà avere di mira, in una maniera speciale, anche tutte le persone consacrate, uomini e donne, che sono chiamate a rendere visibili nella Chiesa e nel mondo i tratti caratteristici di Gesù, vergine, povero e obbediente.

Cari Fratelli, ben sapete che le scuole cattoliche apportano un contributo notevole alla formazione intellettuale, spirituale e morale, delle nuove generazioni: è per questi aspetti cruciali della crescita della persona che i genitori, sia cattolici sia di altre tradizioni religiose, ricorrono alle scuole cattoliche. A questo proposito, desidero rivolgermi a tutti coloro, uomini e donne, che prestano un generoso servizio nelle scuole cattoliche delle vostre due Diocesi: essi sono chiamati a essere “testimoni di Cristo, epifania dell'amore di Dio nel mondo” e a possedere “il coraggio della testimonianza e la pazienza del dialogo” servendo “la dignità umana, l'armonia del creato, l'esistenza dei popoli e la pace” (Le persone consacrate e la loro missione nelle scuole, n. 1-2). È, quindi, della massima importanza rimanere vicini agli studenti e alle loro famiglie, curare la formazione dei giovani alla luce degli insegnamenti del Vangelo e seguire con sollecitudine le necessità spirituali di tutti nella comunità scolastica. Le scuole cattoliche delle vostre due Diocesi hanno contribuito in maniera rilevante allo sviluppo sociale e alla crescita culturale delle vostre popolazioni; oggi questi centri educativi incontrano nuove difficoltà: vi sono vicino e vi incoraggio ad adoperarvi affinché questo prezioso servizio non venga meno.

Nella vostra missione di Pastori traete conforto dal Paraclito, che difende, consiglia e protegge (cfr Jn 14,16)! Incoraggiate i fedeli ad accogliere tutto ciò che lo Spirito genera! In varie occasioni ho ricordato che i movimenti ecclesiali e le nuove comunità sono il “segno luminoso della bellezza di Cristo, e della Chiesa, sua Sposa (cfr Messaggio ai partecipanti al Congresso del 22 maggio 2006). Rivolgendomi “ai cari amici dei movimenti”, li esortavo a fare di essi sempre più “scuole di comunione, compagnie in cammino in cui si impara a vivere nella verità e nell’amore che Cristo ci ha rivelato e comunicato per mezzo della testimonianza degli apostoli, in seno alla grande famiglia dei suoi discepoli” (ibid.). Vi esorto ad andare incontro ai movimenti con molto amore, poiché essi sono una delle novità più importanti suscitate dallo Spirito Santo nella Chiesa per l’attuazione del Concilio Vaticano II (cfr. Discorso ai Vescovi partecipanti ad un seminario di studi, promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici [17 maggio 2008]: L’Osservatore Romano, 18 maggio 2008, pag. 8). Prego al tempo stesso il Signore perché anche i movimenti pongano ogni impegno per armonizzare le loro attività con i programmi pastorali e spirituali delle Diocesi.

Vi ringrazio personalmente per l’affetto e per la devozione che avete manifestato alla Santa Sede in molte e diverse maniere. Mi congratulo con voi per le molteplici realizzazioni delle vostre così efficienti comunità diocesane e vi esorto ad un sempre maggiore impegno nel ricercare i mezzi più adatti per rendere il messaggio cristiano di amore più comprensibile nel mondo nel quale vivete: in tal modo voi contribuirete effettivamente a dimostrare a tutti i vostri fratelli e sorelle la perenne giovinezza e l’inesauribile capacità rinnovatrice del Vangelo di Cristo, testimoniando che si può essere autentici cinesi e autentici cattolici.

Incoraggio poi le vostre Diocesi a continuare a dare il loro contributo alla Chiesa nella Cina Continentale, sia nel mettere a disposizione il personale per la formazione sia nel sostenere iniziative benefiche di promozione umana e di assistenza. A questo riguardo come non ricordare il prezioso servizio, reso con generosità e con competenza dalla Caritas delle vostre due Diocesi! Non dimenticate, però, che Cristo è, anche per la Cina, un Maestro, un Pastore, un Redentore amoroso: la Chiesa non può tacere questa buona notizia.

Mi auguro, e chiedo al Signore, che arrivi presto il giorno in cui anche i vostri Confratelli della Cina Continentale possano venire a Roma in pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, in segno di comunione con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale. Colgo volentieri l’occasione per inviare alla Comunità cattolica della Cina e a tutto il popolo di quel vasto Paese l’assicurazione delle mie preghiere e del mio affetto.




Discorsi 2005-13 19168