Discorsi 2005-13 18178

INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI ALTRE RELIGIONI Sala Capitolare della Saint Mary's Cathedral di Sydney Venerdì, 18 luglio 2008

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Cari amici,

rivolgo un cordiale saluto di pace e amicizia a tutti voi che siete qui in rappresentanza di varie tradizioni religiose presenti in Australia. Sono lieto di questo incontro e ringrazio il Rabbino Jeremy Lawrence e lo Sceicco Mohamadu Saleem per le parole di benvenuto che hanno formulato a nome loro e delle vostre rispettive comunità.

L’Australia è rinomata per l’affabilità dei suoi abitanti nei confronti del prossimo e del turista. È una nazione che tiene in grande considerazione la libertà di religione. Il vostro Paese riconosce che il rispetto di questo diritto fondamentale dà a uomini e donne la possibilità di adorare Dio secondo coscienza, di educare lo spirito e di agire secondo le convinzioni etiche derivanti dal loro credo.

L’armoniosa correlazione tra religione e vita pubblica è tanto più importante in un’epoca nella quale alcuni sono giunti a ritenere la religione causa di divisione piuttosto che forza di unità. In un mondo minacciato da sinistre e indiscriminate forme di violenza, la voce concorde di quanti hanno spirito religioso stimola le nazioni e le comunità a risolvere i conflitti con strumenti pacifici nel pieno rispetto della dignità umana. Una delle molteplici modalità in cui la religione si pone al servizio dell’umanità consiste nell’offrire una visione della persona umana che evidenzi la nostra innata aspirazione a vivere con magnanimità, intessendo legami di amicizia con il nostro prossimo. Nella loro intima essenza, le relazioni umane non si possono definire in termini di potere, dominio e interesse personale. Al contrario, esse riflettono e perfezionano l’inclinazione naturale dell’uomo a vivere in comunione e in armonia con gli altri.

Il senso religioso radicato nel cuore dell’uomo apre uomini e donne verso Dio e li guida a scoprire che la realizzazione personale non consiste nella gratificazione egoistica di desideri effimeri. Esso, piuttosto, ci guida a venire incontro alle necessità degli altri e a cercare vie concrete per contribuire al bene comune. Le religioni svolgono un particolare ruolo a questo riguardo, in quanto insegnano alla gente che l’autentico servizio richiede sacrificio e autodisciplina, che a loro volta si devono coltivare attraverso l’abnegazione, la temperanza e l’uso moderato dei beni naturali. In tal modo, uomini e donne sono portati a considerare l’ambiente come una cosa meravigliosa da ammirare e rispettare piuttosto che come una cosa utile semplicemente da consumare. È un dovere che si impone a chi ha spirito religioso dimostrare che è possibile trovare gioia in una vita semplice e modesta, condividendo con generosità il proprio superfluo con chi è nel bisogno.

Amici, questi valori - sono certo che siete d’accordo - sono particolarmente importanti per un’adeguata formazione dei giovani, che tanto sovente sono tentati di considerare la vita stessa come un prodotto di consumo. Essi pure posseggono, peraltro, la capacità dell’autocontrollo: di fatto, nello sport, nelle arti creative, negli studi sono pronti ad accogliere volentieri tali impegni come una sfida. Non è forse vero che quando si presentano loro ideali elevati, molti giovani sono attratti all’ascetismo e alla pratica della virtù morale attraverso il rispetto di sé e l’attenzione verso gli altri? Si deliziano nella contemplazione del dono del creato, e sono affascinati dal mistero del trascendente. In questa prospettiva, sia le scuole confessionali che le scuole statali potrebbero fare di più per sviluppare la dimensione spirituale di ogni giovane. In Australia, come altrove, la religione è stata un fattore motivante nella fondazione di molte istituzioni educative, e a buon diritto continua oggi ad occupare un suo posto nei curricoli scolastici. Il tema dell’educazione emerge con frequenza nelle deliberazioni della Organizzazione Interfaith Cooperation for Peace and Harmony, e caldamente incoraggio quanti prendono parte a questa iniziativa a continuare nel loro confronto sui valori che integrano le dimensioni intellettuali, umane e religiose di una solida educazione.

Le religioni del mondo rivolgono costante attenzione alla meraviglia dell’esistenza umana. Chi può non stupirsi davanti alla forza della mente che carpisce i segreti della natura attraverso le scoperte della scienza? Chi non si sente eccitato dalla possibilità di delineare una visione del futuro? Chi non si sente impressionato dalla forza dello spirito umano che stabilisce obiettivi e escogita vie per raggiungerli? Uomini e donne sono dotati della capacità non solo di immaginare in che modo le cose potrebbero essere migliori, ma anche di investire le loro energie per renderle migliori. Siamo consapevoli dell’unicità della nostra relazione col regno della natura. Se, quindi, riteniamo di non essere soggetti alle leggi dell’universo materiale allo stesso modo del resto della creazione, non dovremmo anche fare della bontà, della compassione, della libertà, della solidarietà, del rispetto di ogni individuo una componente essenziale della nostra visione di un futuro più umano?

La religione, tuttavia, nel rammentarci la limitatezza e la debolezza dell’uomo, ci spinge anche a non riporre le nostre speranze ultime in questo mondo che passa. L’uomo è “come un soffio, i suoi giorni come ombra che passa” (Sal 143/144, 4). Tutti noi abbiamo sperimentato la delusione per non essere riusciti a compiere quel bene che ci proponevamo di realizzare e la difficoltà di operare le scelte giuste in situazioni complesse.

La Chiesa condivide queste considerazioni con le altre religioni. Stimolata dalla carità, essa si accosta al dialogo nella convinzione che la vera sorgente della libertà si trova nella persona di Gesù di Nazaret. I cristiani credono che è lui che ci rivela appieno le potenzialità umane per la virtù e il bene; è lui che ci libera dal peccato e dalle tenebre. L’universalità dell’esperienza umana, che trascende ogni confine geografico e ogni limite culturale, rende possibile ai seguaci delle religioni di impegnarsi nel dialogo per affrontare il mistero delle gioie e delle sofferenze della vita. Da questo punto di vista, la Chiesa con passione cerca ogni opportunità per prestare ascolto alle esperienze spirituali delle altre religioni. Potremmo affermare che tutte le religioni mirano a penetrare il profondo significato dell’esistenza umana, riconducendolo ad una origine o principio esterno ad essa. Le religioni presentano un tentativo di comprensione del cosmo inteso come proveniente da e procedente verso tale origine o principio. I cristiani credono che Dio ha rivelato questa origine e principio in Gesù, che la Bibbia definisce “Alfa e Omega” (cfr
Ap 1,8 Ap 22,1).

Cari amici, sono venuto in Australia come ambasciatore di pace. Per questo, sono lieto di incontrare voi che parimenti condividete questo anelito e insieme il desiderio di aiutare il mondo a conseguire la pace. La nostra ricerca della pace procede mano nella mano con la ricerca del significato, poiché è scoprendo la verità che troviamo la strada sicura verso la pace (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2006). Il nostro sforzo per arrivare alla riconciliazione tra i popoli sgorga da, ed è diretto verso, quella verità che dà alla vita uno scopo. La religione offre la pace, ma - ancor più importante - suscita nello spirito umano la sete della verità e la fame della virtù. Ci sia dato di incoraggiare tutti, specialmente i giovani, ad ammirare con stupore la bellezza della vita, a ricercarne il significato ultimo e ad impegnarsi a realizzarne il sublime potenziale!

Con questi sentimenti di rispetto e di incoraggiamento vi affido alla provvidenza di Dio onnipotente, e assicuro la mia preghiera per voi e per i vostri cari, per i membri delle vostre comunità e per tutti gli abitanti dell’Australia.




INCONTRO CON I GIOVANI DELLA COMUNITÀ DI RECUPERO DELL'UNIVERSITÀ DI NOTRE DAME DI SYDNEY: Venerdì, 18 luglio 2008

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Cari giovani amici,

con piacere mi trovo oggi con voi qui a Darlinghurst, e di cuore rivolgo il mio saluto a tutti coloro che partecipano al programma “Alive”, come pure al personale che lo gestisce. Elevo la mia preghiera affinché possiate tutti beneficiare del sostegno che la Social Services Agency dell’Arcidiocesi di Sydney mette a disposizione, e affinché il bene che qui si compie continui a lungo nel futuro.

Il nome del programma che seguite ci induce a formulare la domanda: che cosa vuole realmente dire essere “vivo”, vivere appieno la vita? È questo ciò che tutti vogliamo, specialmente in gioventù, ed è questo che Cristo vuole per noi. Infatti, egli ha detto: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (
Jn 10,10). L’istinto più radicato di ogni essere vivente è di rimanere in vita, di crescere, di svilupparsi e di trasmettere ad altri il dono della vita. Ne segue che è quanto mai naturale interrogarsi come sia meglio realizzare tutto questo.

Per quanti vivevano nell’Antico Testamento questo interrogativo era altrettanto pressante quanto per noi oggi. Indubbiamente ascoltavano con attenzione quando Mosè aveva loro detto: “Ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita” (Dt 30,19-20). Era chiaro ciò che dovevano fare: dovevano prendere le distanze dagli altri dei e adorare il vero Dio che si era rivelato a Mosè - e dovevano obbedire ai suoi comandamenti. Potreste pensare che sia improbabile che nel mondo di oggi la gente adori altri dei. Ma a volte la gente adora “altri dei” senza rendersene conto. I falsi “dei”, qualunque sia il nome, l’immagine o la forma che loro attribuiamo, sono quasi sempre collegati all’adorazione di tre realtà: i beni materiali, l’amore possessivo, il potere. Lasciate che spieghi ciò che intendo dire.

I beni materiali, in sé, sono cose buone. Non sopravviveremmo a lungo senza denaro, abiti e un’abitazione. Per vivere abbiamo bisogno di cibo. Ma, se siamo ingordi, se rifiutiamo di condividere quanto abbiamo con l’affamato e con il povero, allora noi trasformiamo questi beni in una falsa divinità. Quante voci, nella nostra società materialistica, ci dicono che la felicità si trova procurandosi il maggior numero possibile di beni e di oggetti di lusso! Ma questo significa trasformare i beni in false divinità. Invece di portare la vita, portano la morte.

L’amore autentico è certamente qualcosa di buono. Senza di esso, la vita difficilmente sarebbe degna di essere vissuta. L’amore porta a compimento il nostro bisogno più profondo; e quando amiamo, noi diventiamo più pienamente noi stessi, diventiamo più pienamente umani. Ma quanto facilmente l’amore può essere trasformato in una falsa divinità! La gente sovente pensa di amare quando in realtà tende a possedere l’altro o a manipolare l’altro. La gente a volte tratta gli altri come oggetti per soddisfare i propri bisogni piuttosto che come persone da apprezzare e amare. Quanto è facile essere ingannati dalle molte voci che nella nostra società sostengono un approccio permissivo alla sessualità, senza prestare riguardo alla modestia, al rispetto di sé e ai valori morali che conferiscono qualità alle relazioni umane! Questo è adorare una falsa divinità. Invece di portare la vita, porta la morte.

Il potere che Dio ci ha dato di plasmare il mondo intorno a noi è certamente qualcosa di buono. Utilizzato in modo appropriato e responsabile, ci permette di trasformare la vita della gente. Tutte le comunità hanno bisogno di guide capaci. Ma quanto forte è la tentazione di attaccarsi al potere per se stesso, di cercare di dominare gli altri o di sfruttare l’ambiente naturale per i propri egoistici interessi! Questo è trasformare il potere in una falsa divinità. Invece di portare la vita, porta la morte.

Il culto dei beni materiali, il culto dell’amore possessivo e il culto del potere spesso portano la gente a “comportarsi da Dio”: cercare di assumere il controllo totale, senza prestare nessuna attenzione alla sapienza o ai comandamenti che Dio ci ha fatto conoscere. Questa è la via che conduce alla morte. Al contrario, l’adorazione dell’unico vero Dio vuol dire riconoscere in lui la sorgente di tutto ciò che è bene, affidare noi stessi a lui, aprirci alla forza risanatrice della sua grazia e obbedire ai suoi comandamenti: questa è la via per scegliere la vita.

Un luminoso esempio di che cosa vuol dire allontanarsi dalla via della morte per incamminarsi sulla via della vita lo troviamo in una pagina del Vangelo che, ne sono sicuro, tutti voi conoscete bene: la parabola del figliol prodigo. Quando, all’inizio del racconto, quel giovane lasciò la casa di suo padre, era alla ricerca dei piaceri illusori promessi dai falsi “dei”. Scialacquò la sua eredità in una vita di vizi e alla fine si trovò in uno stato di abietta povertà e di miseria. Quando toccò il fondo, affamato e abbandonato, comprese quanto era stato sciocco a lasciare suo padre che lo amava. Con umiltà fece ritorno e chiese perdono. Pieno di gioia il padre lo abbracciò ed esclamò: “Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,24).

Molti di voi hanno sperimentato personalmente la vicenda attraverso la quale passò quel giovane. Forse avete compiuto scelte delle quali ora vi rammaricate, scelte che vi hanno portato lungo una via che, per quanto potesse al momento apparire attraente, vi ha soltanto condotto a un ancor più profondo stato di miseria e di abbandono. La scelta di abusare di droghe o alcool, di entrare in attività criminali o autolesioniste poté allora apparire come una via di uscita da una situazione di difficoltà o di confusione. Voi adesso sapete che, invece di portare la vita, ha portato la morte. Prendo atto volentieri del coraggio dimostrato nello scegliere di ritornare sulla via della vita, proprio come il giovane della parabola. Avete accettato l’aiuto: dagli amici o dai familiari, dal personale del programma “Alive”, da quanti hanno grandemente a cuore il vostro benessere e la vostra felicità.

Cari amici, vedo in voi degli ambasciatori di speranza per quanti si trovano in situazioni simili. Voi potete convincerli della necessità di scegliere la via della vita e di rifuggire dalla via della morte, perché parlate in base all’esperienza. In tutti i Vangeli, sono coloro che hanno operato scelte sbagliate ad essere particolarmente amati da Gesù, perché, quando si sono resi conto del loro errore, si sono aperti più degli altri alla sua parola risanatrice. In verità, Gesù fu spesso criticato da sedicenti giusti, perché passava troppo tempo in compagnia di tali persone. “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”, chiedevano. Ed egli rispondeva: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati ... non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (cfr Mt 9,11-13). Erano coloro che desideravano ricostruire la loro vita che si dimostravano i più disponibili a dare ascolto a Gesù e a diventare suoi discepoli. Voi potete seguire le loro orme; anche voi potete avvicinarvi particolarmente a Gesù proprio perché avete scelto di ritornare a lui. Potete essere certi che, proprio come il Padre del racconto del figliol prodigo, Gesù vi accoglie a braccia spalancate. Vi offre il suo amore incondizionato: ed è nella profonda amicizia con lui che si trova la pienezza della vita.

Ho detto prima che quando amiamo, noi portiamo a compimento i nostri bisogni più profondi e diventiamo più pienamente noi stessi, diventiamo più pienamente umani. Amare è ciò per cui siamo programmati, ciò per cui siamo stati progettati dal Creatore. Naturalmente, non parlo di passeggere, superficiali relazioni; parlo del vero amore, del cuore dell’insegnamento morale di Gesù: “Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” e “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (cfr. Mc 12,30-31). Questo, per così dire, è il programma saldato all’interno di ogni persona, se solo avessimo la saggezza e la generosità di conformarci ad esso, se solo fossimo disposti a rinunciare alle nostre preferenze per metterci al servizio degli altri, per dare la nostra vita per il bene degli altri, e in primo luogo per Gesù, che ci ha amati e ha dato la sua vita per noi. Questo è quanto gli uomini sono chiamati a fare, è ciò che vuol dire essere realmente “vivo”.

Cari giovani amici, il messaggio che oggi rivolgo a voi è lo stesso che Mosè formulò tanti anni or sono. “Scegli dunque la vita, perché tu e la tua discendenza possa vivere, amando il Signore tuo Dio”. Il suo Spirito vi guidi sulla via della vita, per obbedire ai suoi comandamenti, seguire i suoi insegnamenti, abbandonare le scelte sbagliate che portano solo alla morte, e impegnarvi per tutta la vita nell’amicizia con Gesù Cristo. Con la forza dello Spirito Santo, scegliete la vita e scegliete l’amore, e siate testimoni davanti al mondo della gioia che ne scaturisce. Questa è la mia preghiera per ciascuno di voi in questa Giornata Mondiale della Gioventù. Dio vi benedica tutti.





VEGLIA CON I GIOVANI Ippodromo di Randwick Sabato, 19 luglio 2008

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Carissimi giovani,

ancora una volta, questa sera, abbiamo udito la grande promessa di Cristo – “avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi” – ed abbiamo ascoltato il suo comando – “mi sarete testimoni… fino agli estremi confini della terra” (
Ac 1,8). Furono proprio queste le ultime parole che Gesù pronunciò prima della sua ascensione al cielo. Cosa abbiano provato gli Apostoli nell’udirle possiamo soltanto immaginarlo. Ma sappiamo che il loro profondo amore per Gesù e la loro fiducia nella sua parola li spinse a radunarsi e ad attendere; non ad attendere senza scopo, ma insieme, uniti nella preghiera, con le donne e con Maria nella sala superiore (cfr Ac 1,14). Questa sera noi facciamo lo stesso. Radunati davanti alla nostra Croce che ha tanto viaggiato e all’icona di Maria, sotto lo splendore celeste della costellazione della Croce del Sud, noi preghiamo. Questa sera, io prego per voi e per i giovani di ogni parte del mondo. Lasciatevi ispirare dall’esempio dei vostri Patroni! Accogliete nel vostro cuore e nella vostra mente i sette doni dello Spirito Santo! Riconoscete e credete nella potenza dello Spirito Santo nella vostra vita!

L’altro giorno abbiamo parlato dell’unità e dell’armonia della creazione di Dio e del nostro posto in essa. Abbiamo ricordato come, mediante il grande dono del Battesimo, noi, che siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio, siamo rinati, siamo divenuti figli adottivi di Dio, nuove creature. Ed è perciò come figli della luce di Cristo – simboleggiata dalle candele accese che ora tenete in mano – che diamo testimonianza nel nostro mondo allo splendore che nessuna tenebra può vincere (cfr Jn 1,5).

Questa sera fissiamo la nostra attenzione sul “come” diventare testimoni. Abbiamo bisogno di conoscere la persona dello Spirito Santo e la sua presenza vivificante nella nostra vita. Non è cosa facile! In effetti, la varietà di immagini che troviamo nella Scrittura a riguardo dello Spirito – vento, fuoco, soffio – sono un segno della nostra difficoltà ad esprimere su di lui una nostra comprensione articolata. E tuttavia sappiamo che è lo Spirito Santo che, benché silenzioso e invisibile, offre direzione e definizione alla nostra testimonianza su Gesù Cristo.

Voi già sapete che la nostra testimonianza cristiana è offerta ad un mondo che per molti aspetti è fragile. L’unità della creazione di Dio è indebolita da ferite che vanno in profondità, quando le relazioni sociali si rompono o quando lo spirito umano è quasi completamente schiacciato mediante lo sfruttamento e l’abuso delle persone. Di fatto, la società contemporanea subisce un processo di frammentazione a causa di un modo di pensare che è per natura sua di corta visione, perché trascura l’intero orizzonte della verità – della verità riguardo a Dio e riguardo a noi. Per sua natura il relativismo non riesce a vedere l’intero quadro. Ignora quegli stessi principi che ci rendono capaci di vivere e di crescere nell’unità, nell’ordine e nell’armonia.

Qual è la nostra risposta, come testimoni cristiani, a un mondo diviso e frammentato? Come possiamo offrire la speranza di pace, di guarigione e di armonia a quelle “stazioni” di conflitto, di sofferenza e di tensione attraverso le quali voi avete scelto di passare con questa Croce della Giornata Mondiale della Gioventù? L’unità e la riconciliazione non possono essere raggiunte mediante i nostri sforzi soltanto. Dio ci ha fatto l’uno per l’altro (cfr Gn 2,24) e soltanto in Dio e nella sua Chiesa possiamo trovare quell’unità che cerchiamo. Eppure, a fronte delle imperfezioni e delle delusioni sia individuali che istituzionali, noi siamo tentati a volte di costruire artificialmente una comunità “perfetta”. Non si tratta di una tentazione nuova. La storia della Chiesa contiene molti esempi di tentativi di aggirare o scavalcare le debolezze ed i fallimenti umani per creare un’unità perfetta, un’utopia spirituale.

Tali tentativi di costruire l’unità in realtà la minano! Separare lo Spirito Santo dal Cristo presente nella struttura istituzionale della Chiesa comprometterebbe l’unità della comunità cristiana, che è precisamente il dono dello Spirito! Ciò tradirebbe la natura della Chiesa quale Tempio vivo dello Spirito Santo (cfr 1Co 3,16). E’ lo Spirito infatti che guida la Chiesa sulla via della piena verità e la unifica nella comunione e nelle opere del ministero (cfr Lumen gentium LG 4). Purtroppo la tentazione di “andare avanti da soli” persiste. Alcuni parlano della loro comunità locale come di un qualcosa di separato dalla cosiddetta Chiesa istituzionale, descrivendo la prima come flessibile ed aperta allo Spirito, e la seconda come rigida e priva dello Spirito.

L’unità appartiene all’essenza della Chiesa (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 813); è un dono che dobbiamo riconoscere e aver caro. Questa sera preghiamo per il nostro proposito di coltivare l’unità: di contribuire ad essa! di resistere ad ogni tentazione di andarcene via! Poiché è esattamente l’ampiezza, la vasta visione della nostra fede – solida ed insieme aperta, consistente e insieme dinamica, vera e tuttavia sempre protesa ad una conoscenza più profonda – che possiamo offrire al nostro mondo. Cari giovani, non è forse a causa della vostra fede che amici in difficoltà o alla ricerca di senso nella loro vita si sono rivolti a voi? Siate vigilanti! Sappiate ascoltare! Attraverso le dissonanze e le divisioni del mondo, potete voi udire la voce concorde dell’umanità? Dal bimbo derelitto di un campo nel Darfur ad un adolescente turbato, ad un genitore in ansia in una qualsiasi periferia, o forse proprio ora dalle profondità del vostro cuore, emerge il medesimo grido umano che anela ad un riconoscimento, ad un’appartenenza, all’unità. Chi soddisfa questo desiderio umano essenziale ad essere uno, ad essere immerso nella comunione, ad essere edificato, ad essere guidato alla verità? Lo Spirito Santo! Questo è il suo ruolo: portare a compimento l’opera di Cristo. Arricchiti dei doni dello Spirito, voi avrete la forza di andare oltre le visioni parziali, la vuota utopia, la precarietà fugace, per offrire la coerenza e la certezza della testimonianza cristiana!

Amici, quando recitiamo il Credo affermiamo: “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita”. Lo “Spirito creatore” è la potenza di Dio che dà la vita a tutta la creazione ed è la fonte di vita nuova e abbondante in Cristo. Lo Spirito mantiene la Chiesa unita al suo Signore e fedele alla Tradizione apostolica. Egli è l’ispiratore delle Sacre Scritture e guida il Popolo di Dio alla pienezza della verità (cfr Jn 16,13). In tutti questi modi lo Spirito è il “datore di vita”, che ci conduce al cuore stesso di Dio. Così, quanto più consentiamo allo Spirito di dirigerci, tanto maggiore sarà la nostra configurazione a Cristo e tanto più profonda la nostra immersione nella vita del Dio uno e trino.

Questa partecipazione alla natura stessa di Dio (cfr 2 Pt,1,4) avviene, nello svolgersi dei quotidiani eventi della vita, in cui Egli è sempre presente (cfr Ba 3,38). Vi sono momenti, tuttavia, nei quali possiamo essere tentati di ricercare un certo appagamento fuori di Dio. Gesù stesso chiese ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?” (Jn 6,67). Un tale allontanamento magari offre l’illusione della libertà. Ma dove ci porta? Da chi possiamo noi andare? Nei nostri cuori, infatti, sappiamo che solo il Signore ha “parole di vita eterna” (Jn 6,67-69). L’allontanamento da lui è solo un futile tentativo di fuggire da noi stessi (cfr S. Agostino, Confessioni VIII,7). Dio è con noi nella realtà della vita e non nella fantasia! Affrontare la realtà, non di sfuggirla: è questo ciò che noi cerchiamo! Perciò lo Spirito Santo con delicatezza, ma anche con risolutezza ci attira a ciò che è reale, a ciò che è durevole, a ciò che è vero. E’ lo Spirito che ci riporta alla comunione con la Trinità Santissima!

Lo Spirito Santo è stato in vari modi la Persona dimenticata della Santissima Trinità. Una chiara comprensione di lui sembra quasi fuori della nostra portata. E tuttavia quando ero ancora ragazzino, i miei genitori, come i vostri, mi insegnarono il segno della Croce e così giunsi presto a capire che c’è un Dio in tre Persone, e che la Trinità è al centro della fede e della vita cristiana. Quando crebbi in modo da avere una certa comprensione di Dio Padre e di Dio Figlio - i nomi significavano già parecchio - la mia comprensione della terza Persona della Trinità rimaneva molto carente. Perciò, da giovane sacerdote incaricato di insegnare teologia, decisi di studiare i testimoni eminenti dello Spirito nella storia della Chiesa. Fu in questo itinerario che mi ritrovai a leggere, tra gli altri, il grande sant’Agostino.

La sua comprensione dello Spirito Santo si sviluppò in modo graduale; fu una lotta. Da giovane aveva seguito il Manicheismo – uno di quei tentativi che ho menzionato prima, di creare un’utopia spirituale separando le cose dello spirito da quelle della carne. Di conseguenza, all’inizio egli era sospettoso di fronte all’insegnamento cristiano sull’incarnazione di Dio. E tuttavia la sua esperienza dell’amore di Dio presente nella Chiesa lo portò a cercarne la fonte nella vita del Dio uno e trino. Questo lo portò a tre particolari intuizioni sullo Spirito Santo come vincolo di unità all’interno della Santissima Trinità: unità come comunione, unità come amore durevole, unità come donante e dono. Queste tre intuizioni non sono soltanto teoriche. Esse aiutano a spiegare come opera lo Spirito. In un mondo in cui sia gli individui sia le comunità spesso soffrono dell’assenza di unità e di coesione, tali intuizioni ci aiutano a rimanere sintonizzati con lo Spirito e ad estendere e chiarire l’ambito della nostra testimonianza.

Perciò con l’aiuto di sant’Agostino, cerchiamo di illustrare qualcosa dell’opera dello Spirito Santo. Egli annota che le due parole “Spirito” e “Santo” si riferiscono a ciò che appartiene alla natura divina; in altre parole, a ciò che è condiviso dal Padre e dal Figlio, alla loro comunione.Per cui, se la caratteristica propria dello Spirito è di essere ciò che è condiviso dal Padre e dal Figlio, Agostino ne conclude che la qualità peculiare dello Spirito è l’unità. Un’unità di comunione vissuta: un’unità di persone in relazione vicendevole di costante dono; il Padre e il Figlio che si donano l’uno all’altro. Cominciamo così ad intravedere, penso, quanto illuminante sia tale comprensione dello Spirito Santo come unità, come comunione. Una vera unità non può mai essere fondata su relazioni che neghino l’uguale dignità delle altre persone. E neppure l’unità è semplicemente la somma totale dei gruppi mediante i quali noi a volte cerchiamo di “definire” noi stessi. Di fatto, solo nella vita di comunione l’unità si sostiene e l’identità umana si realizza appieno: riconosciamo il comune bisogno di Dio, rispondiamo all’unificante presenza dello Spirito Santo e ci doniamo vicendevolmente nel servizio degli uni agli altri.

La seconda intuizione di Agostino – cioè, lo Spirito Santo come amore che permane – discende dallo studio che egli fece della Prima Lettera di san Giovanni, là dove l’autore ci dice che “Dio è amore” (1Jn 4,16). Agostino suggerisce che queste parole, pur riferendosi alla Trinità nel suo insieme, debbono intendersi anche come espressive di una caratteristica particolare dello Spirito Santo. Riflettendo sulla natura permanente dell’amore – “chi resta nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (ibid.) – Agostino si chiede: è l’amore o lo Spirito che garantisce il dono durevole? E questa è la conclusione alla quale egli arriva: “Lo Spirito Santo fa dimorare noi in Dio e Dio in noi; ma è l’amore che causa ciò. Lo Spirito pertanto è Dio come amore!” (De Trinitate 15,17,31). È una magnifica spiegazione: Dio condivide se stesso come amore nello Spirito Santo. Che cosa d’altro possiamo sapere sulla base di questa intuizione? L’amore è il segno della presenza dello Spirito Santo! Le idee o le parole che mancano di amore – anche se appaiono sofisticate o sagaci – non possono essere “dello Spirito”. Di più: l’amore ha un tratto particolare; lungi dall’essere indulgente o volubile, ha un compito o un fine da adempiere: quello di permanere. Per sua natura l’amore è durevole. Ancora una volta, cari amici, possiamo gettare un ulteriore colpo d’occhio su quanto lo Spirito Santo offre al mondo: amore che dissolve l’incertezza; amore che supera la paura del tradimento; amore che porta in sé l’eternità; il vero amore che ci introduce in una unità che permane!

La terza intuizione – lo Spirito Santo come dono - Agostino la deduce dalla riflessione su un passo evangelico che tutti conosciamo ed amiamo: il colloquio di Cristo con la samaritana presso il pozzo. Qui Gesù si rivela come il datore dell’acqua viva (cfr Jn 4,10), che viene poi qualificata come lo Spirito (cfr Jn 7,39 1Co 12,13). Lo Spirito è “il dono di Dio” (Jn 4,10) – la sorgente interiore (cfr Jn 4,14) – che soddisfa davvero la nostra sete più profonda e ci conduce al Padre. Da tale osservazione Agostino conclude che il Dio che si concede a noi come dono è lo Spirito Santo (cfr De Trinitate, 15,18,32). Amici, ancora una volta gettiamo uno sguardo sulla Trinità all’opera: lo Spirito Santo è Dio che eternamente si dona; al pari di una sorgente perenne, egli offre niente di meno che se stesso. Osservando questo dono incessante, giungiamo a vedere i limiti di tutto ciò che perisce, la follia di una mentalità consumistica. In particolare, cominciamo a comprendere perché la ricerca di novità ci lascia insoddisfatti e desiderosi di qualcos’altro. Non stiamo noi forse ricercando un dono eterno? La sorgente che mai si esaurirà? Con la samaritana esclamiamo: Dammi di quest’acqua, così che non abbia più sete (cfr Jn 4,15)!

Carissimi giovani, abbiamo visto che è lo Spirito Santo a realizzare la meravigliosa comunione dei credenti in Cristo Gesù. Fedele alla sua natura di datore e insieme di dono, egli è ora all’opera mediante voi. Ispirati dalle intuizioni di sant’Agostino, fate sì che l’amore unificante sia la vostra misura; l’amore durevole sia la vostra sfida; l’amore che si dona la vostra missione!

Domani quello stesso dono dello Spirito verrà solennemente conferito ai nostri candidati alla Cresima. Io pregherò: “Dona loro lo spirito di sapienza e di intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà e riempili dello spirito del tuo santo timore”. Questi doni dello Spirito – ciascuno dei quali, come ci ricorda san Francesco di Sales, è un modo per partecipare all’unico amore di Dio – non sono né un premio né un riconoscimento. Sono semplicemente donati (cfr 1Co 12,11). Ed essi esigono da parte del ricevente soltanto una risposta: “Accetto”! Percepiamo qui qualcosa del mistero profondo che è l’essere cristiani. Ciò che costituisce la nostra fede non è in primo luogo ciò che facciamo, ma ciò che riceviamo. Dopo tutto, molte persone generose che non sono cristiane possono realizzare ben di più di ciò che facciamo noi. Amici, accettate di essere introdotti nella vita trinitaria di Dio? Accettate di essere introdotti nella sua comunione d’amore?

I doni dello Spirito che operano in noi imprimono la direzione e danno la definizione della nostra testimonianza. Orientati per loro natura all’unità, i doni dello Spirito ci vincolano ancor più strettamente all’insieme del Corpo di Cristo (cfr Lumen gentium LG 11), mettendoci meglio in grado di edificare la Chiesa, per servire così il mondo (cfr Ep 4,13). Ci chiamano ad un’attiva e gioiosa partecipazione alla vita della Chiesa: nelle parrocchie e nei movimenti ecclesiali, nelle lezioni di religione a scuola, nelle cappellanie universitarie e nelle altre organizzazioni cattoliche. Sì, la Chiesa deve crescere nell’unità, deve rafforzarsi nella santità, ringiovanirsi, e costantemente rinnovarsi (cfr Lumen gentium LG 4). Ma secondo quali criteri? Quelli dello Spirito Santo! Volgetevi a lui, cari giovani, e scoprirete il vero senso del rinnovamento.

Questa sera, radunati sotto la bellezza di questo cielo notturno, i nostri cuori e le nostre menti sono ripiene di gratitudine verso Dio per il grande dono della nostra fede nella Trinità. Ricordiamo i nostri genitori e nonni, che hanno camminato al nostro fianco quando, mentre eravamo bambini, hanno sostenuto i primi passi del nostro cammino di fede. Ora, dopo molti anni, vi siete raccolti come giovani adulti intorno al Successore di Pietro. Sono ricolmo di profonda gioia nell’essere con voi. Invochiamo lo Spirito Santo: è lui l’artefice delle opere di Dio (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 741). Lasciate che i suoi doni vi plasmino! Come la Chiesa compie lo stesso viaggio con l’intera umanità, così anche voi siete chiamati ad esercitare i doni dello Spirito tra gli alti e i bassi della vita quotidiana. Fate sì che la vostra fede maturi attraverso i vostri studi, il lavoro, lo sport, la musica, l’arte. Fate in modo che sia sostenuta mediante la preghiera e nutrita mediante i Sacramenti, per essere così sorgente di ispirazione e di aiuto per quanti sono intorno a voi. Alla fine, la vita non è semplicemente accumulare, ed è ben più che avere successo. Essere veramente vivi è essere trasformati dal di dentro, essere aperti alla forza dell’amore di Dio. Accogliendo la potenza dello Spirito Santo, anche voi potete trasformare le vostre famiglie, le comunità, le nazioni. Liberate questi doni! Fate sì che sapienza, intelletto, fortezza, scienza e pietà siano i segni della vostra grandezza!

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Cari giovani italiani! Un saluto speciale a tutti voi! Custodite la fiamma che lo Spirito Santo ha acceso nei vostri cuori, perché non abbia a spegnersi, ma anzi arda sempre più e diffonda luce e calore a chi incontrerete sulla vostra strada, specialmente a quanti hanno smarrito la fede e la speranza. La Vergine Maria vegli su di voi in questa notte ed ogni giorno della vostra vita.



[Cari giovani di lingua francese, siete venuti a pregare questa sera lo Spirito Santo. La sua presenza silenziosa nel vostro cuore vi farà comprendere poco a poco il disegno di Dio per voi. Possa Egli accompagnarvi nella vostra vita quotidiana e condurvi verso una migliore conoscenza di Dio e del vostro prossimo! È Lui che dal più profondo del vostro essere vi spinge verso l'unica Verità divina e vi fa vivere autenticamente come fratelli].



[Vi rivolgo un cordiale saluto cari giovani cristiani dei Paesi di lingua tedesca. Lo Spirito Santo, ambasciatore dell'amore di Dio, vuole dimorare nei vostri cuori. Concedetegli spazio in voi nell'ascolto della Parola di Dio, nella preghiera e nella vostra solidarietà verso i poveri e i sofferenti. Portate alle persone lo spirito della pace e della riconciliazione. Dio, dal quale proviene tutto il bene, realizzi ogni buona opera che realizzate in suo onore].



[Cari amici, lo Spirito Santo guida i nostri passi per seguire Gesù Cristo nel mondo di oggi, che si aspetta dai cristiani una parola di incoraggiamento e una testimonianza di vita che invitino a guardare con fiducia verso il futuro. Vi ricordo nelle mie preghiere, affinché rispondiate generosamente a quello che il Signore vi chiede e a quello a cui tutti gli uomini anelano. Che Dio vi benedica!].



[Miei cari amici, ricevete lo Spirito Santo, per essere Chiesa! Chiesa vuol dire tutti noi uniti come un corpo che riceve il suo influsso vitale da Gesù Cristo risorto. Questo dono è più grande dei nostri cuori, poiché nasce dal centro stesso della Santissima Trinità. Frutto e condizione: sentirsi parte gli uni degli altri, vivere in comunione. Per questo, giovani carissimi, accogliete dentro di voi la forza di vita che vi è in Gesù. Lasciatelo entrare nel vostro cuore. Lasciatevi plasmare dallo Spirito Santo].



Ed ora, mentre ci disponiamo all’adorazione del Santissimo Sacramento, nel silenzio e nell’attesa ripeto a voi le parole pronunciate dalla beata Mary MacKillop quando aveva giusto ventisei anni: “Credi a ciò che Dio sussurra al tuo cuore!”. Credete in lui! Credete alla potenza dello Spirito dell’amore!






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