Discorsi 2005-13 15098

CERIMONIA DI CONGEDO Aeroporto di Tarbes-Lourdes-Pyrénées Lourdes, lunedì 15 settembre 2008

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Signor Primo Ministro,
cari Fratelli Cardinali e Vescovi,
Autorità civili e politiche presenti,
Signore, Signori !

Nel momento di lasciare – non senza rincrescimento – il suolo di Francia, vi sono molto grato per essere venuti a salutarmi, offrendomi così l’occasione di esprimere ancora una volta quanto questo viaggio nel vostro Paese abbia rallegrato il mio cuore. Attraverso di Lei, Signor Primo Ministro, saluto il Signor Presidente della Repubblica e tutti i membri del Governo, così come le Autorità civili e militari, che non hanno risparmiato gli sforzi per contribuire al regolare svolgimento di queste giornate di grazia. Desidero esprimere la mia sincera gratitudine ai miei Fratelli nell’Episcopato, al Cardinal Vingt-Trois e a Mons. Perrier in particolare, così come a tutti i membri e al personale della Conferenza dei Vescovi di Francia. È cosa buona ritrovarsi tra fratelli. Ringrazio anche calorosamente i Signori Sindaci e i Consigli comunali di Parigi e di Lourdes. Non dimentico le Forze dell’Ordine e gli innumerevoli volontari che hanno messo a disposizione il loro tempo e la loro competenza. Tutti hanno lavorato con dedizione e slancio per la buona riuscita dei miei quattro giorni nel vostro Paese. Grazie di cuore.

Il mio viaggio è stato come un dittico, il cui primo pannello è stata Parigi, città che io conosco abbastanza bene e luogo di molteplici incontri importanti. Ho avuto l’opportunità di celebrare l’Eucaristia nel contesto prestigioso della Spianata degli Invalidi. Vi ho incontrato un popolo vivo di fedeli, fieri e forti della loro fede, che sono venuto ad incoraggiare perché perseverino decisamente nel vivere gli insegnamenti di Cristo e della sua Chiesa. Ho potuto anche celebrare i Vespri con i sacerdoti, con i religiosi e le religiose e con i seminaristi. Ho voluto confermarli nella loro vocazione al servizio di Dio e del prossimo. Ho passato pure un momento, troppo breve ma veramente intenso, con i giovani sul sagrato di Notre-Dame. Il loro entusiasmo e il loro affetto mi sono di conforto. Come non ricordare anche il prestigioso incontro con il mondo della cultura presso l’Institut de France e i Bernardins? Come sapete, io ritengo che la cultura e i suoi interpreti siano un tramite privilegiato nel dialogo tra la fede e la ragione, tra Dio e l’uomo.

Il secondo pannello del dittico è stato un luogo emblematico, che attira ed affascina ogni credente: Lourdes è come una luce nell’oscurità del nostro brancolare verso Dio. Maria vi ha aperto una porta verso un al-di-là che ci interroga e ci seduce. Maria, porta caeli ! Mi sono messo alla sua scuola durante questi tre giorni. Il Papa aveva il dovere di venire a Lourdes per celebrarvi il 150° anniversario delle Apparizioni. Davanti alla Grotta di Massabielle ho pregato per tutti voi. Ho pregato per la Chiesa. Ho pregato per la Francia e per il mondo. Le due Eucaristie celebrate a Lourdes mi hanno permesso di unirmi ai fedeli pellegrini. Divenuto uno di loro, ho seguito l’insieme delle quattro tappe del cammino del Giubileo, visitando la chiesa parrocchiale, poi il cachot e la Grotta, e infine la cappella dell’Ospizio. Ho anche pregato con e per i malati che vengono a cercare sollievo fisico e speranza spirituale. Dio non li dimentica, e la Chiesa neppure. Come ogni fedele in pellegrinaggio, ho voluto partecipare alla processione “aux flambeaux” e alla processione eucaristica. Esse fanno salire verso Dio suppliche e lodi. Lourdes è anche il luogo in cui si incontrano regolarmente i Vescovi di Francia per pregare insieme e per celebrare l’Eucaristia, riflettere e scambiarsi idee sulla loro missione di pastori. Ho voluto condividere con loro la mia convinzione che i tempi siano favorevoli a un ritorno a Dio.

Signor Primo Ministro, Fratelli Vescovi e cari amici, che Dio benedica la Francia! Che sul suo suolo regni l’armonia e il progresso umano e che la Chiesa vi sia come lievito nella pasta per indicare con saggezza e senza timore, secondo il suo dovere, chi è Dio! È giunto il momento di lasciarvi. Potrò tornare ancora nel vostro bel Paese? Ne ho il desiderio, un desiderio tuttavia che affido a Dio. Da Roma vi resterò vicino e quando sosterò davanti alla riproduzione della Grotta di Lourdes, che da oltre un secolo si trova nei Giardini Vaticani, penserò a voi. Che Dio vi benedica!




A S.E. LA SIGNORA JASNA KRIVOSIC-PRPIC, AMBASCIATORE DI BOSNIA ED ERZEGOVINA PRESSO LA SANTA SEDE Castel Gandolfo Giovedì, 18 settembre 2008

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Vostra Eccellenza,

sono lieto di accoglierla e di ricevere le lettere Credenziali con le quali è nominato Ambasciatore straordinario e plenipotenziaio di Bosnia ed Erzegovina presso la Santa Sede. In questa significativa circostanza le chiedo di trasmettere gentilmente i miei cordiali saluti ai membri della Presidenza e a tutti i cittadini del vostro Paese. Assicuri loro delle mie fervide preghiere per i continui sforzi diretti a ottenere la riconciliazione e il consolidamento della pace e della stabilità.

Le relazioni diplomatiche della Santa Sede formano una parte della sua missione al servizio della comunità internazionale. Il suo impegno nella società civile è radicato nella convinzione che il compito di costruire un mondo più giusto deve riconoscere la vocazione soprannaturale propria di ciascun individuo. La Chiesa perciò promuove la comprensione della persona umana, che riceve da Dio la capacità di trascendere i limiti individuali e le costrizioni sociali, in modo da riconoscere e difendere i valori universali che salvaguardano la dignità di tutti e servono il bene comune.

Ambasciatore, come lei ha osservato, il vostro Paese, sebbene piccolo come estensione, è benedetto da una grande bellezza naturale. Tale prova della mano del Creatore rallegra i cuori dei suoi abitanti e li aiuta a elevare i loro pensieri verso l'Onnipotente. Riflettendo la sua particolare collocazione geografica, la Bosnia ed Erzegovina contiene anche una ricca mescolanza di culture e di preziosi patrimoni. Tragicamente, tuttavia, le differenze culturali ed etniche attraverso la storia sono state non di rado una fonte di incomprensione e di frizione. Effettivamente, come ciascuno dei tre popoli costitutivi che formano i vostro Paese sa fin troppo bene, esse sono state addirittura causa di conflitti e di guerre. Nessuna persona desidera la guerra. Nessun genitore vuole un conflitto per i propri figli. Nessun gruppo civile o religioso dovrebbe mai ricorrere alla violenza o all'oppressione. Tuttavia, numerose famiglie nella vostra terra sono state soggette alla sofferenza derivante da queste calamità. Ascoltando la voce della ragione, tuttavia, e animati dalla speranza che tutti desideriamo per noi stessi e per le generazioni future, ogni individuo può trovare la forza per superare le divisioni del passato e per forgiare davvero le spade in vomeri e le lance in falci (cfr. Is
Is 24). A tale riguardo, desidero dare atto dei progressi che vengono fatti per consolidare gesti di riconciliazione e per incoraggiare, a tal fine, la comunità internazionale a proseguire i suoi sforzi a sostegno della Bosnia ed Erzegovina. Confido che, accettando i fatti della storia della regione e imparando dalle severe lezioni degli anni recenti, verrà trovato il coraggio per costruire un futuro con un robusto senso di solidarietà.

Lo spirito di uno Stato è forgiato a molti livelli. L'ambiente domestico è il luogo dove i bambini imparano i valori essenziali della responsabilità e della coesistenza armoniosa. Ma è anche il luogo dove i pregiudizi possono essere nutriti o infranti. Ogni genitore perciò ha il solenne dovere di instillare nei propri figli, attraverso l'esempio, il rispetto per la dignità che caratterizza ogni persona indipendentemente dall'appartenenza etnica, religiosa o sociale. In questo modo, lo splendore di vite condotte onestamente - con integrità, lealtà e compassione - possono brillare come esempi da imitare per i giovani, ma in realtà per tutti. Anche l'educazione dà un grande contributo all'anima di una Nazione. Una buona istruzione non solo si occupa dello sviluppo cognitivo dei ragazzi ma anche di quello civile e spirituale. Gli insegnanti che esercitano la loro nobile professione con una passione per la verità possono fare molto per screditare concezioni antropologiche che rechino in sé stesse i germi dell'ostilità (cfr. Messsagio per la Giornata mondiale della pace 2007, 10) e per incrementare l'apprezzamento della diversità culturale e religiosa nella vita di un Paese. In questo spirito, gradirei anche porgere una parola di incoraggiamento a coloro che operano nell'ambito dei media. Essi possono fare molto per superare i tenaci atteggiamenti di sfiducia assicurando che essi non diventino strumenti di pregiudizio ma che piuttosto trascendano gli interessi particolari e promuovano obiettivi civili globali e inclusivi, diventando così strumenti al servizio di una giustizia e di una solidarietà più grandi (cfr. Messaggio la Giornata mondiale delle comunicazioni 2008, 2).

Vostra Eccellenza, come lei è ben consapevole, anche lo Stato è chiamato a perseguire con vigore la sua responsabilità di rafforzare le istituzioni e di esaltare i principi che sono al cuore di ogni democrazia. Ciò richiede l'incrollabile impegno a favore della legalità e della giustizia, per lo sradicamento della corruzione e di altre forme di attività criminale, per il sostegno di un sistema giudiziario indipendente e imparziale, per uguali opportunità nel mercato del lavoro. Sono sicuro che le riforme costituzionali che il vostro Governo ha attualmente allo studio risponderanno alle legittime aspirazioni di tutti i cittadini, garantendo sia i diritti degli individui che dei gruppi sociali, mentre preserveranno i comuni valori morali ed etici che uniscono tutti i popoli e rendono responsabili i leader politici. In questo modo tutti i settori della società possono contribuire al progetto nazionale di sviluppo sociale ed economico e allo stesso modo aiutare ad attrarre gli investimenti necessari per la crescita economica, rendendo in particolare i vostri giovani capaci di trovare un'occupazione soddisfacente e garantire un futuro sicuro.

Per parte sua la Chiesa in Bosnia ed Erzegovina continuerà a favorire l'ottenimento degli obiettivi di riconciliazione, pace e prosperità. Attraverso le sue parrocchie, scuole, strutture sanitarie e programmi di sviluppo comunitario, essa esercita la sua missione di carità universale nelle sua triplice forma: materiale, intellettuale e spirituale. La sua partecipazione al dialogo ecumenico e interreligioso dovrebbe essere vista come un'ulteriore forma di servizio verso tutta la società. La promozione dei valori spirituali e morali, discernibili dalla ragione umana, non solo è parte della trasmissione delle tradizioni religiose, ma nutre anche la più ampia cultura, motivando gli uomini e le donne di buona volontà a rafforzare i legami di solidarietà e a dimostrare come una società unita possa in realtà sorgere da una pluralità di popoli.

Vostra Eccellenza, sono fiducioso che la missione diplomatica che lei inizia oggi rafforzerà i legami di cooperazioni esistenti tra Bosnia ed Erzegovina e Santa Sede. L'applicazione dell'Accordo di Base recentemente ratificato, tra le altre cose, faciliterà il diritto di fondare luoghi di culto religioso e di intraprendere opere religiose e allo stesso tempo offrirà un esempio positivo dei principi democratici che stanno prendendo radice nel Paese. A questo riguardo, sono sicuro che la Commissione mista comincerà presto il suo importante lavoro. Assicurandola dell'assistenza dei vari uffici della Curia Romana e con i miei sinceri auspici, invoco su di lei e sulla sua famiglia, e insieme su tutti i cittadini della Bosnia ed Erzegovina, le benedizioni di Dio onnipotente.



AI PARTECIPANTI AL SIMPOSIO PROMOSSO DALLA "PAVE THE WAY FOUNDATION" Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo - Sala degli Svizzeri Giovedì, 18 settembre 2008

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Stimato Signor Krupp,
Gentili Signore e Signori,

è per me un vero piacere incontrarvi al termine dell'importante simposio promosso dalla Pave the Way Foundation, che ha visto la partecipazione di eminenti studiosi per riflettere insieme sull'opera generosa compiuta dal mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Pio XII, durante il difficile periodo del secolo scorso, che ruota attorno al secondo conflitto mondiale. A ciascuno di voi rivolgo il mio più cordiale benvenuto. Saluto in modo particolare il Sig. Gary Krupp, Presidente della Fondazione, e gli sono grato per i sentimenti espressi a nome di tutti i presenti. Gli sono inoltre riconoscente per le informazioni che mi ha dato su come si sono svolti i vostri lavori in questo vostro simposio, in cui avete analizzato senza preconcetti gli eventi della storia, unicamente preoccupati di ricercare la verità. Il mio saluto si estende a quanti si sono a voi uniti in questa vostra visita, e colgo volentieri l'occasione per inviare il mio cordiale pensiero ai vostri familiari e alle persone a voi care.

Durante questi giorni la vostra attenzione si è rivolta alla figura e all'infaticabile azione pastorale e umanitaria di Pio XII, Pastor Angelicus. È passato mezzo secolo dal suo pio transito, avvenuto qui, a Castel Gandolfo nelle prime ore del 9 ottobre 1958, dopo una malattia che ne ridusse gradualmente il vigore fisico. Questo anniversario costituisce una importante opportunità per approfondirne la conoscenza, per meditarne il ricco insegnamento e per analizzare compiutamente il suo operato. Tanto si è scritto e detto di lui in questi cinque decenni e non sempre sono stati posti nella giusta luce i veri aspetti della sua multiforme azione pastorale. Scopo del vostro simposio è proprio quello di colmare alcune di tali lacune, conducendo una attenta e documentata analisi su molti suoi interventi, soprattutto su quelli a favore degli ebrei che in quegli anni venivano colpiti ovunque in Europa, in ossequio al disegno criminoso di chi voleva eliminarli dalla faccia della terra. Quando ci si accosta senza pregiudizi ideologici alla nobile figura di questo Papa, oltre ad essere colpiti dal suo alto profilo umano e spirituale, si rimane conquistati dall'esemplarità della sua vita e dalla straordinaria ricchezza del suo insegnamento. Si apprezza la saggezza umana e la tensione pastorale che lo hanno guidato nel suo lungo ministero e in modo particolare nell'organizzazione degli aiuti al popolo ebraico.

Grazie a un vasto materiale documentario da voi raccolto, arricchito da molteplici e autorevoli testimonianze, il vostro simposio offre alla pubblica opinione la possibilità di conoscere meglio e più compiutamente ciò che Pio XII ha promosso e compiuto a favore degli ebrei perseguitati dai regimi nazista e fascista. Si apprende allora che non risparmiò sforzi, ovunque fosse possibile, per intervenire direttamente oppure attraverso istruzioni impartite a singoli o ad istituzioni della Chiesa cattolica in loro favore. Nei lavori del vostro convegno sono stati anche evidenziati i non pochi interventi da lui compiuti in modo segreto e silenzioso proprio perché, tenendo conto delle concrete situazioni di quel complesso momento storico, solo in tale maniera era possibile evitare il peggio e salvare il più gran numero possibile di ebrei. Questa sua coraggiosa e paterna dedizione è stata del resto riconosciuta ed apprezzata durante e dopo il tremendo conflitto mondiale da comunità e personalità ebraiche che non mancarono di manifestare la loro gratitudine per quanto il Papa aveva fatto per loro. Basta ricordare l'incontro che Pio XII ebbe, il 29 novembre del 1945, con gli 80 delegati dei campi di concentramento tedeschi, i quali in una speciale udienza loro concessa in Vaticano, vollero ringraziarlo personalmente per la generosità dal Papa dimostrata verso di loro, perseguitati durante il terribile periodo del nazifascismo.

Gentili Signori e Signore, grazie per questa vostra visita e per il lavoro di ricerca che state compiendo. Grazie alla Pave the Way Foundation per la costante azione che dispiega nel favorire i rapporti e il dialogo tra le varie Religioni, in modo che esse offrano una testimonianza di pace, di carità e di riconciliazione. E' mio vivo auspicio infine che quest'anno, che ci ricorda il 50° della morte di questo mio venerato Predecessore, offra l'opportunità di promuovere studi più approfonditi sui vari aspetti della sua persona e della sua attività, per giungere insieme a conoscere la verità storica, superando così ogni restante pregiudizio. Con tali sentimenti invoco sulle vostre persone e sui lavori del vostro simposio la benedizione di Dio.


AI VESCOVI DEL PANAMÁ IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo Venerdì, 19 settembre 2008

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Cari fratelli nell'episcopato,

"Ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere" (
1Th 1,2). Queste parole di san Paolo esprimono i miei sentimenti nel ricevervi in occasione della vostra visita ad limina, che manifesta i forti vincoli che uniscono le vostre rispettive Chiese particolari al Successore di San Pietro, Capo del Collegio Episcopale (cfr Lumen gentium LG 22).

Ringrazio monsignor José Luis Lacunza Maestrojuán, vescovo di David e presidente della Conferenza episcopale, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti, rendendomi partecipe delle gioie e dei desideri che portate nel cuore, e anche delle sfide che vi preparate ad affrontare. Sappiate che nelle vostre attività il Papa cammina accanto a voi. Per questo vi chiedo, quando ritornerete nel vostro Paese, di trasmettere la mia vicinanza spirituale ai vescovi emeriti, ai sacerdoti e alle comunità religiose, ai seminaristi e ai fedeli laici, soprattutto a quelli più bisognosi, e di assicurarli che prego per loro, chiedendo a Dio che non vengano meno nelle loro opere per il Vangelo e continuino a esortare tutti, con la parola e con la vita, a trovare la propria felicità nel seguire Cristo e nel condividere con gli altri la gioia che nasce dal sapere che Lui ci ama fino alla fine (cfr Jn 13,1).

La lettura dei vostri resoconti quinquennali e le conversazioni che abbiamo avuto mi hanno fatto vedere come animate le iniziative finalizzate a seminare generosamente la Parola di Dio nel cuore dei panamensi, per accompagnarli nel cammino della loro maturazione nella fede, di modo che siano autentici discepoli e missionari di Gesù Cristo. In tal senso, aiutati dalle linee tracciate dalla V Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, celebrata ad Aparecida, state intensificando la vostra azione pastorale, anche in vista delle celebrazioni che si stanno preparando per commemorare il V Centenario dell'evangelizzazione del Paese, nel 2013. Questi impegni costituiscono un'opportunità provvidenziale per rafforzare ancora di più la comunione ecclesiale fra le diocesi di Panamá.

È motivo di gioia la feconda azione missionaria di sacerdoti, religiosi e laici, che si oppone alla crescente secolarizzazione della società, intesa come una concezione del mondo e dell'umanità che mette ai margini la trascendenza, che invade tutti gli aspetti della vita quotidiana, sviluppa una mentalità in cui Dio di fatto è assente dall'esistenza e dalla coscienza umana e si serve spesso dei mezzi di comunicazione sociale per diffondere individualismo, edonismo, ideologie e costumi che minano le fondamenta stesse del matrimonio, la famiglia e la morale cristiana. Il discepolo di Cristo trova la forza per rispondere a queste sfide nella conoscenza profonda e nell'amore sincero per il Signore Gesù, nella meditazione della Sacra Scrittura, nell'adeguata formazione dottrinale e spirituale, nella preghiera costante, nella ricezione frequente del sacramento della Riconciliazione, nella partecipazione consapevole e attiva alla Santa Messa e nella pratica delle opere di carità e di misericordia.

Ciò è importante soprattutto per le nuove generazioni. Il ricordo del mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, in questo anno in cui si commemora il XXV anniversario della visita che rese alla vostra amata nazione, può servire da stimolo per dedicarsi con impegno alla pastorale giovanile e vocazionale, di modo che non manchino sacerdoti che portino ai panamensi Cristo, fonte di vita in abbondanza per colui che Lo incontra (cfr Jn 10,10). A tale proposito, vi invito a supplicare con fiducia il "Padrone della messe", affinché invii numerose e sante vocazioni al sacerdozio (cfr Lc 10,2), per la qual cosa è fondamentale anche un corretto discernimento dei candidati al presbiterato, come pure lo zelo apostolico e la testimonianza di comunione e di fraternità dei sacerdoti. Questo stile di vita si deve inculcare fin dal seminario, dove si devono privilegiare una seria disciplina accademica, spazi e tempi di preghiera quotidiana, la degna celebrazione della liturgia, un'adeguata direzione spirituale e un'intensa formazione alle virtù umane, cristiane e sacerdotali. In tal modo, pregando e studiando, i seminaristi possono costruire in essi quell'uomo di Dio che i fedeli hanno diritto di vedere nei loro ministri.

La storia di Panamá è stata segnata dall'encomiabile opera di numerosi missionari e dalla generosa sollecitudine dei religiosi e delle religiose. Che questi modelli luminosi incoraggino al momento presente i consacrati a fare della loro vita una continua espressione di carità cristiana, alimentata dal desiderio di identificarsi radicalmente con Cristo e di servire fedelmente la Chiesa!

Con abnegazione, molte famiglie vivono nella loro patria l'ideale cristiano fra non poche difficoltà, che minacciano la solidità dell'amore coniugale, la paternità responsabile e l'armonia e la stabilità dei focolari domestici. Non saranno mai sufficienti gli sforzi che si compiranno per sviluppare una pastorale familiare vigorosa, che inviti le persone a scoprire la bellezza della vocazione al matrimonio cristiano, a difendere la vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale e a costruire famiglie in cui si educhino i figli all'amore per la verità del Vangelo e ai saldi valori umani.
Nel vostro Paese, come in altri luoghi, si stanno vivendo momenti difficili, che generano disagio, e anche situazioni che suscitano grande speranza. Nel contesto attuale, riveste un'urgenza particolare che la Chiesa a Panamá non smetta di offrire luci che contribuiscano alla soluzione dei pressanti problemi umani esistenti, promuovendo un consenso morale della società sui valori fondamentali.

Per questo è essenziale divulgare il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, per consentire una conoscenza più profonda e sistematica degli orientamenti ecclesiali che in particolare i laici devono seguire nel campo politico, sociale ed economico, favorendo anche la loro corretta applicazione in circostanze concrete. Così la speranza cristiana potrà illuminare il popolo di Panamá, desideroso di conoscere la verità su Dio e sull'uomo in mezzo a fenomeni come la povertà, la violenza giovanile, le carenze educative, sanitarie e abitative, l'assedio di innumerevoli sette o la corruzione, che in diversa misura turbano la sua vita e ne impediscono lo sviluppo integrale.
Al termine di questo incontro, affido voi e tutti i figli e le figlie di questa nobile nazione all'intercessione di Santa María la Antigua, affinché il suo amore di Madre risplenda sempre su Panamá e vi conforti nel vostro cammino. Con questi sentimenti vi imparto con affetto la Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO INTERNAZIONALE DEGLI ABATI BENEDETTINI Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo - Sala degli Svizzeri Sabato, 20 settembre 2008

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Cari Padri Abati,
Care Sorelle Abbadesse,

con grande gioia vi accolgo e vi saluto in occasione del Congresso internazionale che ogni quattro anni vede riuniti a Roma tutti gli Abati della vostra Confederazione e i Superiori dei Priorati indipendenti, per riflettere e discutere sulle modalità con le quali incarnare il carisma benedettino nel presente contesto sociale e culturale e rispondere alle sfide sempre nuove che esso pone alla testimonianza del Vangelo. Saluto innanzitutto l’Abate Primate Dom Notker Wolf lo ringrazio per quanto a nome di tutti ha espresso. Saluto altresì il gruppo di Abbadesse, venute in rappresentanza della Communio Internationalis Benedictinarum, come pure i Rappresentanti ortodossi.

In un mondo desacralizzato e in un’epoca segnata da una preoccupante cultura del vuoto e del "non senso", voi siete chiamati ad annunciare senza compromessi il primato di Dio e ad avanzare proposte di eventuali nuovi percorsi di evangelizzazione. L’impegno di santificazione, personale e comunitaria, che perseguite e la preghiera liturgica che coltivate vi abilitano ad una testimonianza di particolare efficacia. Nei vostri monasteri, voi per primi rinnovate e approfondite quotidianamente l’incontro con la persona del Cristo, che avete sempre con voi come ospite, amico e compagno. Per questo i vostri conventi sono luoghi dove uomini e donne, anche nella nostra epoca, accorrono per cercare Dio e imparare a riconoscere i segni della presenza di Cristo, della sua carità, della sua misericordia. Con umile fiducia non stancatevi di condividere, con quanti si rivolgono alle vostre sollecitudini spirituali, la ricchezza del messaggio evangelico, che si riassume nell’annuncio dell’amore del Padre misericordioso, pronto ad abbracciare in Cristo ogni persona. Continuerete così ad offrire il vostro prezioso contributo alla vitalità e alla santificazione del Popolo di Dio, secondo il peculiare carisma di San Benedetto da Norcia.

Cari Abati e Abbadesse, voi siete custodi del patrimonio di una spiritualità radicalmente ancorata al Vangelo. Per ducatum evangelii pergamus itinera eius, dice San Benedetto nel Prologo della Regola. Proprio questo vi impegna a comunicare e donare agli altri i frutti della vostra esperienza interiore. Conosco ed apprezzo molto la generosa e competente opera culturale e formativa che tanti vostri monasteri svolgono, specialmente in favore delle giovani generazioni, creando un clima di accoglienza fraterna che favorisce una singolare esperienza di Chiesa. In effetti, è di primaria importanza preparare i giovani ad affrontare il loro avvenire e a misurarsi con le molteplici esigenze della società avendo un costante riferimento con il messaggio evangelico, che è sempre attuale, inesauribile e vivificante. Dedicatevi, pertanto, con rinnovato ardore apostolico ai giovani, che sono il futuro della Chiesa e dell’umanità. Per costruire un’Europa "nuova" occorre infatti incominciare dalle nuove generazioni, offrendo loro la possibilità di accostare intimamente le ricchezze spirituali della liturgia, della meditazione, della lectio divina.

Quest’azione pastorale e formativa, in realtà, è quanto mai necessaria per l’intera famiglia umana. In tante parti del mondo, specialmente dell’Asia e dell’Africa, vi è grande bisogno di spazi vitali d’incontro con il Signore, nei quali attraverso la preghiera e la contemplazione si ricuperino la serenità e la pace con se stessi e con gli altri. Pertanto, non mancate di venire incontro con cuore aperto alle attese di quanti, anche al di fuori dell’Europa, esprimono il vivo desiderio della vostra presenza e del vostro apostolato per poter attingere alle ricchezze della spiritualità benedettina. Lasciatevi guidare dall’intimo desiderio di servire con carità ogni uomo, senza distinzioni di razza e di religione. Con profetica libertà e saggio discernimento, siate presenze significative dovunque la Provvidenza vi chiami a stabilirvi, distinguendovi sempre per l’armonico equilibrio di preghiera e di lavoro che caratterizza il vostro stile di vita.

E che dire della celebre ospitalità benedettina? Essa è una vostra peculiare vocazione, un’esperienza pienamente spirituale, umana e culturale. Anche qui vi sia equilibrio: il cuore della comunità sia spalancato, ma i tempi e i modi dell’accoglienza siano ben proporzionati. Così potrete offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo la possibilità di approfondire il senso dell’esistenza nell’orizzonte infinito della speranza cristiana, coltivando il silenzio interiore nella comunione della Parola di salvezza. Una comunità capace di autentica vita fraterna, fervente nella preghiera liturgica, nello studio, nel lavoro, nella disponibilità cordiale al prossimo assetato di Dio, costituisce il migliore impulso per far sorgere nei cuori, specialmente dei giovani, la vocazione monastica e, in generale, un fecondo cammino di fede.

Vorrei dirigere una parola speciale alle rappresentanti delle monache e suore benedettine. Care sorelle, anche voi come altre famiglie religiose soffrite, soprattutto in alcuni Paesi, della scarsità di nuove vocazioni. Non lasciatevi scoraggiare, ma affrontate queste dolorose situazioni di crisi con serenità e con la consapevolezza che a ciascuno è richiesto non tanto il successo, quanto l'impegno della fedeltà. Ciò che si deve assolutamente evitare è il venir meno dell'adesione spirituale al Signore e alla propria vocazione e missione. Perseverando fedelmente in essa si confessa invece, con grande efficacia anche di fronte al mondo, la propria ferma fiducia nel Signore della storia, nelle cui mani sono i tempi e i destini delle persone, delle istituzioni, dei popoli, e a Lui ci si affida anche per quanto attiene le attuazioni storiche dei suoi doni. Fate vostro l’atteggiamento spirituale della Vergine Maria, contenta di essere "ancilla Domini", totalmente disponibile alla volontà del Padre celeste.

Cari monaci, monache e suore, grazie di questa gradita visita! Vi accompagno con la mia preghiera, affinché nei vostri incontri di queste giornate congressuali possiate discernere le modalità più opportune per testimoniare visibilmente e chiaramente nello stile di vita, nel lavoro e nella preghiera l’impegno di una imitazione radicale del Signore. Maria Santissima sostenga ogni vostro progetto di bene, vi aiuti ad avere sempre dinanzi agli occhi, prima di ogni altra cosa, Dio e vi accompagni maternamente nel vostro cammino. Mentre invoco copiosi doni celesti a sostegno di ogni vostro generoso proposito, imparto di cuore a voi e all’intera Famiglia benedettina una speciale Benedizione Apostolica.


AI VESCOVI DI RECENTE NOMINA (CORSO DI AGGIORNAMENTO DELLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI) Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo - Sala degli Svizzeri Sabato, 20 settembre 2008

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Carissimi Fratelli nell’Episcopato!

Vi accolgo con gioia in occasione del Seminario di aggiornamento promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Ringrazio sentitamente per il fraterno saluto che mi è stato rivolto dal Prefetto, il Signor Cardinale Ivan Dias, a nome di tutti voi. Il Convegno a cui partecipate si situa nel corso dell’Anno Paolino, che stiamo celebrando in tutta la Chiesa con l’intento di approfondire la conoscenza dello spirito missionario e della personalità carismatica di san Paolo, da tutti considerato il grande Apostolo delle genti.

Sono certo che lo spirito di questo "maestro delle genti nella fede e nella verità" (
1Tm 2,7 cfr 2Tm 1,11) si è fatto presente nella vostra preghiera, nelle vostre riflessioni e condivisioni, e non mancherà di illuminare e di arricchire il vostro ministero pastorale ed episcopale. Nell’omelia per l’inaugurazione dell’Anno Paolino, commentando l’espressione "maestro delle genti", osservavo come questa parola si apra sul futuro, proiettando l’animo dell’Apostolo verso tutti i popoli e tutte le generazioni. Paolo non è per noi semplicemente una figura del passato, che ricordiamo con venerazione. Egli è anche il nostro maestro, è l’apostolo e il banditore di Gesù Cristo anche per noi. Sì, egli è il nostro maestro e da lui dobbiamo imparare a guardare con simpatia i popoli ai quali siamo inviati. Da lui dobbiamo anche imparare a cercare in Cristo la luce e la grazia per annunciare oggi la Buona Novella; al suo esempio dobbiamo rifarci per essere instancabili nel percorrere i sentieri umani e geografici del mondo odierno, portando il Cristo a quelli che Gli hanno già aperto il cuore e a quelli che non Lo hanno ancora conosciuto.

La vostra vita di Pastori per molti aspetti rassomiglia a quella dell’apostolo Paolo. Spesso il campo del vostro lavoro pastorale è molto vasto ed estremamente difficile e complesso. Geograficamente, le vostre Diocesi sono, per la maggior parte, molto estese e non di rado prive di vie e di mezzi di comunicazione. Ciò rende difficile il raggiungimento dei fedeli più lontani dal centro delle vostre comunità diocesane. Per di più, sulle vostre società, come altrove, si abbatte con sempre maggiore violenza il vento della scristianizzazione, dell’indifferentismo religioso, della secolarizzazione e della relativizzazione dei valori. Ciò crea un ambiente di fronte al quale le armi della predicazione possono apparire, come nel caso di Paolo ad Atene, prive della forza necessaria. In molte regioni i cattolici sono una minoranza, a volte anche esigua. Ciò vi impegna a confrontarvi con altre religioni ben più forti e non sempre accoglienti nei vostri confronti. Non mancano, infine, situazioni in cui, come Pastori, dovete difendere i vostri fedeli di fronte alla persecuzione e ad attacchi violenti.

Non abbiate paura e non vi scoraggiate per tutti questi inconvenienti, a volte anche pesanti, ma lasciatevi consigliare ed ispirare da san Paolo che dovette soffrire molto per le stesse cause, come apprendiamo dalla sua Seconda Lettera ai Corinzi. Nel percorrere i mari e le terre, egli subì persecuzioni, flagellazioni ed anche la lapidazione; affrontò i pericoli dei viaggi, la fame, la sete, frequenti digiuni, freddo e nudità, lavorò senza stancarsi vivendo fino in fondo la preoccupazione per tutte le Chiese (cfr 2 Cor 11,24ss). Egli non sfuggiva le difficoltà e le sofferenze, perché era ben conscio che esse fanno parte della croce che da cristiani bisogna portare ogni giorno. Capì fino in fondo la condizione a cui la chiamata di Cristo espone il discepolo: "Chi vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24). Per tale motivo raccomandava al figlio spirituale e discepolo Timoteo: "Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo" (2Tm 1,8), indicando in questo modo che l’evangelizzazione ed il suo successo passano attraverso la croce e la sofferenza. La sofferenza unisce a Cristo ed ai fratelli ed esprime la pienezza dell’amore, la cui fonte e prova suprema è la stessa croce di Cristo.

Paolo era giunto a questa convinzione a seguito dell’esperienza delle persecuzioni che aveva dovuto affrontare nella predicazione del Vangelo; ma aveva scoperto per quella via la ricchezza dell’amore di Cristo e la verità della sua missione di Apostolo. Nell’omelia dell’inaugurazione dell’Anno Paolino dicevo in proposito: "La verità che aveva sperimentato nell’incontro con il Risorto ben meritava per lui la lotta, la persecuzione, la sofferenza. Ma ciò che lo motivava nel più profondo, era 1’essere amato da Gesù Cristo e il desiderio di trasmettere ad altri questo amore". Sì, Paolo fu un uomo "conquistato" (Ph 3,12) dall’amore di Cristo e tutto il suo operare e soffrire si spiega solo a partire da questo centro.

Carissimi Fratelli nell’Episcopato! Siete all’inizio del vostro ministero episcopale. Non esitate a ricorrere a questo potente maestro dell’evangelizzazione, imparando da lui come amare Cristo, come sacrificarvi nel servizio degli altri, come identificarvi con i popoli in mezzo ai quali siete chiamati a predicare il Vangelo, come proclamare e testimoniare la sua presenza di Risorto. Sono lezioni per il cui apprendimento è indispensabile invocare con insistenza l’aiuto della grazia di Cristo. A tale grazia Paolo fa costantemente appello nelle sue Lettere. Voi che, come successori degli Apostoli, siete i continuatori della missione di Paolo nel portare il Vangelo alle genti, sappiate ispirarvi a lui nel comprendere la vostra vocazione in stretta dipendenza dalla luce dello Spirito di Cristo. Egli vi guiderà sulle strade spesso impervie, ma sempre appassionanti, della nuova evangelizzazione. Vi accompagno nella vostra missione pastorale con la mia preghiera e con un’affettuosa Benedizione Apostolica, che imparto ad ognuno di voi e a tutti i fedeli delle vostre Comunità cristiane.



Discorsi 2005-13 15098