Discorsi 2005-13 22098

AI NUOVI VESCOVI (CONGREGAZIONI PER I VESCOVI E PER LE CHIESE ORIENTALI) Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo - Sala degli Svizzeri Lunedì, 22 settembre 2008

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Carissimi Fratelli nell’Episcopato!

Sono lieto di accogliervi all’inizio del vostro ministero episcopale e vi saluto con affetto nella consapevolezza dell’inscindibile legame collegiale che unisce nel vincolo dell’unità, della carità e della pace il Papa con i Vescovi. Questi giorni che state trascorrendo a Roma per approfondire i compiti che vi attendono e per rinnovare la professione della vostra fede sulla tomba di san Pietro devono costituire anche una singolare esperienza di quella collegialità che “fondata... sull’ordinazione episcopale e sulla comunione gerarchica... tocca la profondità dell'essere di ogni Vescovo e appartiene alla struttura della Chiesa come è stata voluta da Gesù Cristo” (Esort. ap. Pastores gregis, 8). Questa esperienza di fraternità, di preghiera e di studio accanto alla sede di Pietro alimenti in ciascuno di voi il sentimento di comunione con il Papa e con i vostri Confratelli e vi apra alla sollecitudine per tutta la Chiesa. Ringrazio il Cardinale Giovanni Battista Re per le gentili parole con le quali ha interpretato i vostri sentimenti. Rivolgo un particolare saluto al Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, mentre attraverso le vostre persone invio un saluto affettuoso a tutti i fedeli affidati alle vostre cure pastorali.

Questo nostro incontro avviene nell’Anno Paolino e alla vigilia della XII.ma Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio: due momenti significativi della vita ecclesiale, che ci aiutano a mettere in luce alcuni aspetti della spiritualità e della missione del Vescovo. Vorrei soffermarmi brevemente sulla figura di san Paolo. Egli è un maestro e un modello soprattutto per i Vescovi! San Gregorio Magno lo definisce “il più grande di tutti i pastori” (Regola Pastorale 1,8). Come Vescovi dobbiamo apprendere dall’Apostolo innanzitutto un grande amore per Gesù Cristo. Dal momento del suo incontro col Maestro divino sulla via di Damasco, la sua esistenza fu tutta un cammino di conformazione interiore ed apostolica a Lui tra le persecuzioni e le sofferenze (cfr
2Tm 3,11). San Paolo stesso si definisce un uomo “conquistato da Cristo” (cfr Ph 3,12) al punto da poter dire: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Ga 1,20); ed ancora: "Sono stato crocifisso con Cristo. Questa vita che vivo nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Ga 2,20). L'amore di Paolo per Cristo ci commuove per la sua intensità. Era un amore talmente forte e vivo da portarlo ad affermare: "Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo" (Ph 3,8). L'esempio del grande Apostolo chiama noi Vescovi a crescere ogni giorno nella santità della vita per avere gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (2Co 3,11). L'Esortazione apostolica “Pastores gregis”, parlando dell'impegno spirituale del Vescovo, afferma con chiarezza che egli deve essere innanzitutto un "uomo di Dio", perché non si possono servire gli uomini senza essere prima "servi di Dio" (cfr n. 13).

Il primo impegno spirituale ed apostolico del Vescovo deve dunque essere proprio quello di progredire nella via della perfezione evangelica. Con l’apostolo Paolo egli deve infatti essere convinto che "la nostra capacità viene da Dio, che ci ha resi ministri adatti di una nuova Alleanza" (2Co 3,5-6). Tra i mezzi che lo aiutano a progredire nella vita spirituale si pone innanzitutto la Parola di Dio, che deve avere una sua indiscussa centralità nella vita e nella missione del Vescovo. L'Esortazione apostolica "Pastores gregis" ricorda che "prima di essere trasmettitore della Parola, il Vescovo, insieme con i suoi sacerdoti e come ogni fedele, ... deve essere ascoltatore della Parola" ed aggiunge che "non c'è primato della santità senza ascolto della Parola di Dio che della santità è guida e nutrimento" (n. 15). Si esorto, pertanto, cari Vescovi, ad affidatevi ogni giorno alla Parola di Dio per essere maestri della fede ed autentici educatori dei vostri fedeli; non come coloro che mercanteggiano tale Parola, ma come coloro che con sincerità e mossi da Dio e sotto il suo sguardo parlano di Lui (cfr 2Co 2,17).

Carissimi Vescovi, per far fronte alla grande sfida del secolarismo proprio della società contemporanea è necessario che il Vescovo ogni giorno mediti nella preghiera la Parola, così da poter essere banditore efficace nell’annunciarla, dottore autentico nell'illustrarla e difenderla, maestro illuminato e sapiente nel trasmetterla. Nell'imminenza dell'inizio dei lavori della prossima Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi vi affido alla potenza della Parola del Signore, affinché siate fedeli alle promesse che avete manifestato davanti a Dio e alla Chiesa nel giorno della vostra consacrazione episcopale, perseveranti nell' adempiere il ministero affidatovi, fedeli nel custodire puro e integro il deposito della fede, radicati nella comunione ecclesiale insieme a tutto l'Ordine episcopale. Dobbiamo essere sempre consapevoli che la Parola di Dio garantisce la presenza divina in ciascuno di noi secondo le parole stesse del Signore: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Jn 14,23).

Quando vi è stata consegnata la mitra, nel giorno della vostra consacrazione episcopale, vi è stato detto: "Risplenda in te il fulgore della santità". L'apostolo Paolo col suo insegnamento e con la sua testimonianza personale ci esorta a crescere nella virtù davanti a Dio e agli uomini. Il cammino di perfezione del Vescovo deve ispirarsi ai tratti caratteristici del Buon Pastore, affinché sul suo volto e nel suo agire i fedeli possano scorgere le virtù umane e cristiane che devono distinguere ogni Vescovo (). Progredendo nella via della santità, esprimerete quell'indispensabile autorevolezza morale e quella prudente saggezza che si richiede a chi è posto a capo della famiglia di Dio. Tale autorevolezza è oggi quanto mai necessaria. Il vostro ministero sarà pastoralmente fruttuoso soltanto se poggerà sulla vostra santità di vita: l'autorevolezza del Vescovo - afferma la Pastores gregis - nasce dalla testimonianza, senza la quale difficilmente i fedeli potranno scorgere nel Vescovo la presenza operante di Cristo nella sua Chiesa (cfr n. 43).

Con la consacrazione episcopale e con la missione canonica vi è stato affidato l'ufficio pastorale, ossia l'abituale e quotidiana cura delle vostre diocesi. L'apostolo Paolo, con le note parole rivolte a Timoteo vi indica la strada per essere pastori buoni ed autorevoli delle vostre Chiese particolari: "Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina... vigila attentamente" (2Tm 4,2 2Tm 4,5). Alla luce di tali parole dell'Apostolo, non smettete di impegnarvi con il "consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra potestà" (LG 27) per far progredire nella santità e nella verità il gregge a voi affidato. Sarà questo il modo più adeguato per esercitare in pienezza la paternità che è propria del Vescovo nei confronti dei fedeli. In particolare, abbiate cura dei sacerdoti, vostri primi ed insostituibili collaboratori nel ministero, e dei giovani.

Siate vicini con ogni attenzione ai sacerdoti. Non risparmiate sforzi nel mettere in atto tutte le iniziative, compresa quella di una concreta comunione di vita indicata dal Concilio Vaticano II, grazie alla quale i sacerdoti siano aiutati a crescere nella dedizione a Cristo e nella fedeltà al ministero sacerdotale. Cercate di promuovere una vera fraternità sacerdotale che contribuisca a vincere l'isolamento e la solitudine, favorendo il sostegno vicendevole. E’ importante che tutti i sacerdoti avvertano la paterna vicinanza e l'amicizia del Vescovo.

Per costruire il futuro delle vostre Chiese particolari, siate poi animatori e guide dei giovani. La recente Giornata Mondiale della Gioventù che si è svolta a Sydney ha messo ancora una volta in luce che tanti ragazzi e giovani sono affascinati dal Vangelo e disponibili ad impegnarsi nella Chiesa. Occorre che i sacerdoti e gli educatori sappiano trasmettere alle nuove generazioni, insieme con l'entusiasmo per il dono della vita, l'amore per Gesù Cristo e per la Chiesa. Tra i giovani, incoraggiate con particolare sollecitudine i seminaristi, nella consapevolezza che il Seminario è il cuore della diocesi. Non mancate di proporre ai ragazzi e ai giovani la scelta di una donazione piena a Cristo nella vita sacerdotale e religiosa. Sensibilizzate le famiglie, le parrocchie, gli istituti educativi, perché aiutino le nuove generazioni a cercare e a scoprire il progetto di Dio sulla loro vita.

Ricordandovi ancora le parole di san Paolo a Timoteo: "Sii di esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza" (1Tm 4,12), e invocando l'aiuto di Dio sul vostro ministero episcopale, imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica a ciascuno di voi e alle vostre diocesi.


AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PROMOSSO DAL CENTRO STUDI PER LA SCUOLA CATTOLICA, DELLA CEI Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo - Sala degli Svizzeri Giovedì, 25 settembre 2008

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Cari Fratelli nell’Episcopato e nel sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle,

l’odierno incontro avviene in occasione del decimo anniversario di fondazione del Centro Studi per la Scuola Cattolica (CSSC), istituito dalla Conferenza Episcopale Italiana come espressione della responsabilità dei Vescovi nei confronti della scuola cattolica, compresi i centri di formazione di ispirazione cristiana. E’ pertanto una felice circostanza per rinnovare la mia stima e il mio incoraggiamento per quanto sinora è stato fatto in quest’importante settore della vita civile ed ecclesiale. Il mio più cordiale benvenuto a voi, cari fratelli e sorelle qui presenti, che rappresentate, in un certo modo, tutti coloro che ad ogni livello – CEI, USMI, CISM, Istituti Religiosi educativi, Università, Federazioni, Associazioni, Movimenti laicali ed altre organizzazioni - sono al servizio della scuola cattolica in Italia. A ciascuno giunga il mio affettuoso saluto e la gratitudine della Chiesa per il prezioso servizio, che con la scuola cattolica viene reso all’evangelizzazione della gioventù e del mondo della cultura.

Un saluto speciale dirigo a Mons. Agostino Superbo, Vice Presidente della Conferenza Episcopale Italiana; ai Vescovi membri della Commissione Episcopale per l’Educazione Cattolica, la Scuola e l’Università, e specialmente al suo Presidente, Mons. Diego Coletti, che si è fatto interprete dei comuni sentimenti. Le sue parole mi hanno permesso di meglio conoscere i traguardi raggiunti e le prospettive che attendono il Centro Studi per la scuola cattolica. Giunga poi il mio saluto ai partecipanti all’apposito convegno promosso per commemorare questo anniversario, e che ha come tema: “Oltre l’emergenza educativa, la scuola cattolica al servizio dei giovani”.

Quanto sia importante la missione della scuola cattolica è stato più volte ribadito in vari interventi dei miei venerati Predecessori, ripresi in significativi documenti dell’Episcopato italiano. Quello della CEI dal titolo “La scuola cattolica oggi in Italia” afferma, ad esempio, che la missione salvifica della Chiesa si compie nella stretta unione tra l'annuncio di fede e la promozione dell'uomo e trova, per questo, particolare sostegno nello strumento privilegiato che è la scuola cattolica, volta alla formazione integrale dell'uomo (cfr. n. 11). E subito dopo aggiunge che “la scuola cattolica è un'espressione del diritto di tutti i cittadini alla libertà di educazione, e del corrispondente dovere di solidarietà nella costruzione della convivenza civile” (n. 12). E’ pertanto nella prospettiva di consolidare insieme la duplice consapevolezza ecclesiale e civile che l’Episcopato italiano ha avvertito, dieci anni or sono, la necessità di avviare un Centro Studi dedicato alla scuola cattolica. Per essere scelta ed apprezzata, occorre che la scuola cattolica sia conosciuta nel suo intento pedagogico; è necessario che si abbia matura consapevolezza non solo della sua identità ecclesiale e del suo progetto culturale, bensì pure del suo significato civile, che va considerato non come difesa di un interesse di parte, ma come contributo prezioso all’edificazione del bene comune dell’intera società italiana.

Il vostro Centro Studi ha svolto, in questo suo primo decennio di attività, un servizio veramente prezioso alla Chiesa e alla società italiana. Ciò è merito della valida collaborazione instauratasi tra la CEI e i suoi uffici con le Federazioni e Associazioni di scuola cattolica, con la Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana, il Ministero per la Pubblica Istruzione, il Comitato Tecnico-Scientifico nel quale sono rappresentate l’Università Cattolica del S. Cuore e la LUMSA, e con quanti a qualsiasi titolo hanno collaborato alle sue attività.

Grazie a tale costante intesa, il Centro Studi è riuscito a svolgere un attento monitoraggio sulla situazione della scuola cattolica in Italia, seguendo con particolare interesse le vicende della parità e delle riforme della scuola in Italia. A questo proposito, è stato evidenziato che la frequenza alla scuola cattolica in alcune regioni d’Italia è in crescita rispetto al decennio precedente, anche se perdurano situazioni difficili e talora persino critiche. Proprio nel contesto del rinnovamento a cui si vorrebbe tendere da chi ha a cuore il bene dei giovani e del Paese, occorre favorire quella effettiva uguaglianza tra scuole statali e scuole paritarie, che consenta ai genitori opportuna libertà di scelta circa la scuola da frequentare.

Cari fratelli e sorelle, l’anniversario che state commemorando è certamente un’occasione propizia per proseguire con rinnovato entusiasmo il servizio che state svolgendo con profitto. In particolare vi incoraggio a focalizzare il vostro impegno, come è già vostra intenzione, nei seguenti cinque settori: la diffusione di una cultura rivolta a qualificare la pedagogia della scuola cattolica in ordine alla finalità dell’educazione cristiana; il monitoraggio della qualità e la raccolta dati sulla situazione della scuola cattolica; l’avvio di nuove ricerche per approfondire le emergenze educative, culturali e organizzative oggi rilevanti; l’approfondimento della cultura della parità non sempre apprezzata, quando non segnata da equivoche interpretazioni; l’incremento della proficua collaborazione con le Federazioni/Associazioni di scuola cattolica nel rispetto delle reciproche competenze e finalità.

Affido la vostra attività e i futuri progetti alla materna intercessione di Maria, Regina della famiglia e Sede della Sapienza, mentre, vi ringrazio per questa vostra visita e con affetto tutti vi benedico.


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL'URUGUAY IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Venerdì 26 settembre 2008

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Cari fratelli nell'episcopato,

sono lieto di ricevervi in questo incontro che, al termine della vostra visita ad limina, mi permette di salutarvi tutti insieme e di incoraggiarvi nella speranza, tanto necessaria per il ministero che generosamente esercitate nelle vostre rispettive Chiese particolari. Ringrazio cordialmente monsignor Carlos María Collazzi Irazábal, vescovo di Mercedes e presidente della Conferenza episcopale dell'Uruguay, per le parole con cui mi ha espresso i sentimenti condivisi di stretta comunione con la Sede di Pietro, e anche gli aneliti e le preoccupazioni che pervadono il vostro cuore di pastori desiderosi di rispondere alle aspettative del Popolo di Dio.

La visita alle tombe di san Pietro e di san Paolo è un'occasione privilegiata per comprendere a fondo l'origine e il significato del ministero dei successori degli Apostoli, che devono trasmettere fedelmente il seme che essi piantarono (cfr. Lumen gentium
LG 20), interamente dediti a proclamare il Vangelo di Cristo e unanimi nella loro testimonianza. È anche un'opportunità importante per rafforzare i vincoli di unità effettiva e affettiva del collegio episcopale, che deve essere manifestazione eminente dell'ideale, tanto caratteristico della comunità ecclesiale fin dalle origini, di avere "un cuore solo e un'anima sola" (Ac 4,32), ed esempio visibile per promuovere lo spirito di fraternità e di concordia nei vostri fedeli e anche nella società attuale, tante volte dominata dall'individualismo e dalla rivalità esasperata.

Questa comunione si manifesta anche nel compito di rendere effettivi e concreti gli orientamenti pastorali che avete proposto per i prossimi cinque anni, ispirati al suggestivo quadro dell'incontro di Gesù risorto con i discepoli sulla via di Emmaus. In effetti, il Maestro che accompagna, conversa con i suoi e spiega loro le Scritture, è un modello da seguire per preparare la mente e il cuore dell'uomo, di modo che riesca a scoprirlo e a incontrarlo personalmente. Pertanto, promuovere la conoscenza e la meditazione della Sacra Scrittura, spiegarla fedelmente nella predicazione e nella catechesi o insegnarla nelle scuole, è indispensabile per riuscire a vivere la vocazione cristiana in modo più consapevole, fermo e deciso. Vi incoraggio in questa impresa con la quale volete rendere partecipi i vostri fedeli e le comunità ecclesiali dell'impulso evangelizzatore e missionario proposto dalla V Conferenza dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, celebratasi ad Aparecida.

La Parola di Dio costituisce anche la fonte e il contenuto imprescindibile del vostro ministero come "araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli" (Lumen gentium LG 25), tanto più necessario in un tempo in cui molte altre voci cercano di far tacere Dio nella vita personale e sociale, portando gli uomini lungo cammini che minano l'autentica speranza e si disinteressano della salda verità su cui può riposare il cuore dell'essere umano. Insegnate, quindi, la fede della Chiesa nella sua integrità, con il coraggio e la persuasione proprie di chi vive di essa e per essa, senza rinunciare a proclamare esplicitamente i valori morali della dottrina cattolica, che a volte sono oggetto di dibattito nell'ambito politico, culturale o nei mezzi di comunicazione sociale, valori che si riferiscono alla famiglia, alla sessualità e alla vita. Conosco i vostri sforzi per difendere la vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale e chiedo a Dio che rechino come frutto una chiara consapevolezza in ogni uruguayano della dignità inviolabile di ogni persona e un impegno fermo a rispettarla e salvaguardarla senza riserve.

In questo compito potete contare sulla preziosa collaborazione dei sacerdoti che bisogna incoraggiare costantemente affinché, senza conformarsi al clima imperante nel mondo (cfr. Rm Rm 12,2), siano veri discepoli e missionari di Cristo, che portano con ardore il suo messaggio di salvezza alle parrocchie e alle comunità, alle famiglie e a tutte le persone che anelano soprattutto a parole apprese dallo Spirito, più che a conoscenze puramente umane (cfr. 1Co 2,6). La vicinanza assidua dei pastori a quanti si preparano al sacerdozio può essere determinante per una formazione in cui prevalga ciò che deve distinguere prima di tutto un ministro della Chiesa: l'amore verso Cristo, una seria competenza teologica in piena sintonia con il magistero e con la tradizione della Chiesa, la meditazione costante e personale della sua missione salvifica e una vita irreprensibile conforme al servizio che presta al popolo di Dio. In tal modo renderanno una testimonianza fedele di quello che predicano e aiuteranno i propri fratelli a sfuggire a una religiosità superficiale e con scarsa incidenza sugli impegni etici che la fede comporta, per imparare da Cristo a vivere "nella giustizia e nella santità vera" (Ep 4,24).

A tale proposito, ci si aspetta molto anche dalle persone consacrate o dai membri dei diversi movimenti e associazioni particolarmente impegnati nella missione della Chiesa, chiamati a rendere una gioiosa testimonianza del fatto che la pienezza della vita si raggiunge quando si preferisce essere migliori al mero avere di più, facendo risplendere i veri valori e la gioia incomparabile di aver incontrato Cristo e di dedicarsi incondizionatamente a Lui.

Cari fratelli, sapete che il compito del vero testimone di Cristo non è facile, esige molto, ma è chiaro e può contare soprattutto, più che sulle proprie forze, sul potere di chi ha "vinto il mondo" (cfr Jn 16,33). Senza lasciarvi prendere dallo sconforto, in tante situazioni d'indifferenza o di apatia religiosa, continuate a essere portatori della "speranza che non delude" (Rm 5,5) e partecipi dell'amore di Cristo per i poveri e i bisognosi con le opere caritative delle comunità ecclesiali. In situazioni difficili, che riguardano anche gli uruguayani, la Chiesa è chiamata a mostrare la grandezza di cuore, la solidarietà e la capacità di sacrificio della famiglia dei figli di Dio verso i fratelli in difficoltà.

Al termine di questo incontro, vi chiedo di trasmettere un cordiale saluto ai vostri sacerdoti e ai seminaristi, ai monasteri e alle comunità religiose, ai movimenti e alle associazioni, ai catechisti e alle altre persone che si dedicano all'appassionante compito di portare e mantenere viva la luce di Cristo nel popolo di Dio. Invoco la protezione della Santissima Vergine Maria sui vostri compiti apostolici, e anche su tutti gli amati uruguayani e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI AL MEETING INTERNAZIONALE DEL MOVIMENTO "RETROUVAILLE" Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo - Sala degli Svizzeri Venerdì, 26 settembre 2008

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Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Vi accolgo con gioia quest’oggi, in occasione dell’incontro mondiale del movimento Retrouvaille. Saluto tutti voi, coniugi e presbiteri, con i responsabili internazionali di questa associazione, che da più di 30 anni opera con grande dedizione al servizio delle coppie in difficoltà. Saluto in particolare Mons. Giuseppe Anfossi, Presidente della Commissione Episcopale della CEI per la Famiglia e la Vita, e lo ringrazio per le sue cortesi espressioni, come pure per avermi illustrato le finalità del vostro movimento.

Mi ha colpito, cari amici, la vostra esperienza, che vi pone a contatto con famiglie segnate dalla crisi del matrimonio. Riflettendo sulla vostra attività, ancora una volta ho riconosciuto il “dito” di Dio, cioè l’azione dello Spirito Santo, che suscita nella Chiesa risposte adeguate ai bisogni e alle emergenze di ogni epoca. Certamente, ai nostri giorni, un’emergenza molto sentita è quella delle separazioni e dei divorzi. Provvidenziale fu pertanto l’intuizione dei coniugi canadesi Guy e Jeannine Beland, nel 1977, di aiutare le coppie in grave crisi ad affrontarla attraverso un programma specifico, che punta sulla ricostruzione delle loro relazioni, non in alternativa alle terapie psicologiche, ma con un percorso distinto e complementare. Voi infatti non siete dei professionisti; siete sposi che spesso hanno vissuto in prima persona le medesime difficoltà, le hanno superate con la grazia di Dio e il sostegno di Retrouvaille e hanno avvertito il desiderio e la gioia di mettere, a loro volta, la propria esperienza al servizio di altri. Tra voi ci sono diversi sacerdoti che accompagnano gli sposi nel loro cammino, spezzando per loro la Parola e il Pane della vita. “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (
Mt 10,8): è a queste parole di Gesù, rivolte ai suoi discepoli, che costantemente fate riferimento.

Come la vostra esperienza dimostra, la crisi coniugale – parliamo qui di crisi serie e gravi – costituisce una realtà a due facce. Da una parte si presenta, specialmente nella sua fase acuta e più dolorosa, come un fallimento, come la prova che il sogno è finito o si è trasformato in un incubo e, purtroppo “non c’è più niente da fare”. Questa è la faccia negativa. Ma c’è un’altra faccia, a noi spesso sconosciuta, ma che Dio vede. Ogni crisi, infatti – ce lo insegna la natura – è passaggio ad una nuova fase di vita. Se però nelle creature inferiori questo avviene automaticamente, nell’uomo implica la libertà, la volontà e, dunque, una “speranza più grande” della disperazione. Nei momenti più bui, la speranza i coniugi l’hanno smarrita; allora c’è bisogno di altri che la custodiscono, di un “noi”, di una compagnia di veri amici che, nel massimo rispetto, ma anche con sincera volontà di bene, siano pronti a condividere un po’ della propria speranza con chi l’ha perduta. Non in modo sentimentale o velleitario, ma organizzato e realistico. Voi diventate così, nel momento della rottura, la possibilità concreta per la coppia di avere un riferimento positivo, a cui affidarsi nella disperazione. In effetti, quando il rapporto degenera, i coniugi piombano nella solitudine, sia individuale che di coppia. Perdono l’orizzonte della comunione con Dio, con gli altri e con la Chiesa. Allora, i vostri incontri offrono l’“appiglio” per non smarrirsi del tutto, e per risalire gradualmente la china. Mi piace pensare a voi come a custodi di una speranza più grande per gli sposi che l’hanno perduta.

La crisi, dunque, come passaggio di crescita. In questa prospettiva si può leggere il racconto delle nozze di Cana (Jn 2,1-11). La Vergine Maria si accorge che gli sposi “non hanno più vino” e lo dice a Gesù. Questa mancanza del vino fa pensare al momento in cui, nella vita della coppia, finisce l’amore, si esaurisce la gioia e cala bruscamente l’entusiasmo del matrimonio. Dopo che Gesù ebbe trasformato l’acqua in vino, fecero i complimenti allo sposo perché – dicevano – aveva conservato fino a quel momento “il vino buono”. Ciò significa che il vino di Gesù era migliore del precedente. Sappiamo che questo “vino buono” è simbolo della salvezza, della nuova alleanza nuziale che Gesù è venuto a realizzare con l’umanità. Ma proprio di questa è sacramento ogni Matrimonio cristiano, anche il più misero e vacillante, e può dunque trovare nell’umiltà il coraggio di chiedere aiuto al Signore. Quando una coppia in difficoltà o – come dimostra la vostra esperienza – persino già separata, si affida a Maria e si rivolge a Colui che ha fatto dei due “una sola carne”, può essere certa che quella crisi diventerà, con l’aiuto del Signore, un passaggio di crescita, e che l’amore ne uscirà purificato, maturato, rafforzato. Questo può farlo solo Dio, che vuole servirsi dei suoi discepoli come di validi collaboratori, per accostare le coppie, ascoltarle, aiutarle a riscoprire il tesoro nascosto del matrimonio, il fuoco rimasto sepolto sotto la cenere. E’ Lui che ravviva e torna a far ardere la fiamma; non certo allo stesso modo dell’innamoramento, bensì in maniera diversa, più intensa e profonda: sempre però la stessa fiamma.

Cari amici, che avete scelto di mettervi al servizio degli altri in un campo così delicato, vi assicuro la mia preghiera perché questo vostro impegno non diventi mera attività, ma rimanga sempre, nel fondo, testimonianza dell’amore di Dio. Il vostro è un servizio “contro corrente”. Oggi, infatti, quando una coppia entra in crisi, trova tante persone pronte a consigliare la separazione. Pure ai coniugi sposati nel nome del Signore si propone con facilità il divorzio, dimenticando che l’uomo non può separare ciò che Dio ha unito (cfr Mt 19,6 Mc 10,9). Per svolgere questa vostra missione anche voi avete bisogno di alimentare continuamente la vostra vita spirituale, di mettere amore in ciò che fate perché, a contatto con realtà difficili, la vostra speranza non si esaurisca o non si riduca a una formula. Vi aiuti in tale delicata opera apostolica la Santa Famiglia di Nazaret, alla quale affido il vostro servizio, e specialmente i casi più difficili. Vi sia accanto Maria, Regina della famiglia, mentre di cuore imparto la Apostolica Benedizione a voi e a tutti gli aderenti al movimento Retrouvaille.


A S.E. IL SIGNOR PAVEL VOSALÍK, AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA CECA PRESSO LA SANTA SEDE Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo - Sala dei Papi Sabato, 27 settembre 2008

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Signor Ambasciatore,

sono lieto di riceverla oggi in occasione della presentazione delle Lettere che la accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Ceca presso la Santa Sede. Le sono grato per le cordiali parole che ha pronunciato all'inizio della missione affidatale dal suo governo. La prego di trasmettere i miei saluti rispettosi a Sua Eccellenza, signor Václav Klaus, Presidente della Repubblica, assicurandolo delle mie preghiere per il benessere di tutto il popolo del suo Paese.

Signor Ambasciatore, apprezzo l'enfasi che ha posto sull'influenza del cristianesimo sulla ricca eredità culturale della sua nazione, e, in particolare, sul ruolo svolto dal Vangelo nell'offrire speranza al popolo ceco in tempi di oppressione. La speranza è, di fatto, il messaggio imperituro che la Chiesa offre a ogni generazione e che le suggerisce di partecipare al compito globale di creare vincoli di pace e di buona volontà fra tutti i popoli. Lo fa in particolare con la sua attività diplomatica, attraverso la quale celebra la dignità delle persone che sono destinate a una vita di comunione con Dio e fra loro stesse.

La sua nazione, sostenuta dal senso di solidarietà che le ha permesso di riemergere con coraggio dal crollo del totalitarismo, desidera anche contribuire al benessere della famiglia umana, promuovendo la cooperazione internazionale nella lotta alla violenza, alla fame, alla povertà e ad altri mali sociali. Nuove possibilità di influenza si presenteranno presto al suo Paese che, infatti, si prepara ad assumere la Presidenza del Consiglio dell'Unione Europea il prossimo anno. Ho fiducia nel fatto che stabilendo obiettivi chiari e facilitando l'impegno di tutti gli Stati membro, il grande onore di presiedere il Consiglio per un semestre permetterà alla Repubblica Ceca di esercitare una forte guida nello sforzo comune di combinare unità e diversità, sovranità nazionale e attività congiunte, progresso economico e giustizia sociale nel continente.

La Chiesa è consapevole delle sfide numerose che si presentano all'Europa proprio in un momento in cui le nazioni aspirano a edificare una comunità internazionale più stabile per le generazioni future. Per proseguire, i suoi responsabili sono chiamati a riconoscere che la felicità e il benessere umani non possono essere ottenuti solo attraverso strutture o da un singolo ceto sociale o politico (cfr. Spe salvi ). La realizzazione di una cultura autentica, degna della nobile vocazione dell'uomo, richiede la cooperazione armoniosa di famiglie, comunità ecclesiali, scuole, imprese, organizzazioni comunitarie e istituzioni governative. Lungi dall'essere fini in sé, queste entità sono strutture organizzate al servizio di tutti e sono integralmente collegate fra di loro in vista del bene comune (cfr. Centesimus annus
CA 13).

Per questo motivo, tutta la società trae beneficio quando alla Chiesa viene accordato il diritto di amministrare i beni materiali e spirituali per il suo ministero (cfr. Gaudium et spes GS 88). Nella sua nazione, in questo settore si manifestano segni di progresso, ma bisogna fare ancora molto. Confido nel fatto che le commissioni speciali create dal suo governo e dal parlamento per risolvere questioni straordinarie relative alle proprietà ecclesiastiche continueranno a operare con onestà, correttezza e un autentico riconoscimento della capacità della Chiesa di contribuire al benessere della Repubblica. In particolare, auspico che queste istanze verranno tenute chiaramente in considerazione nella ricerca di una soluzione relativa al futuro della cattedrale di Praga, che è una testimonianza viva della ricca eredità culturale e religiosa della vostra terra e attesta la coesistenza armoniosa di Chiesa e Stato.

Per sua stessa natura il Vangelo esorta i fedeli a dedicarsi al servizio amorevole ai loro fratelli e alle loro sorelle senza distinzione e senza badare al costo (cfr. Lc Lc 10,25-37). L'amore è la manifestazione esteriore della fede che sostiene la comunità dei credenti e permette loro di essere segni di speranza per il mondo (cfr. Gv Jn 13,35). Un esempio di questa carità visibile risplende nell'opera della Caritas, i cui membri si impegnano quotidianamente in una vasta gamma di servizi sociali nel suo Paese. Ciò è particolarmente evidente nel servizio offerto alle donne incinte, ai senzatetto, ai disabili e ai detenuti. Il coordinamento fra la Caritas Repubblica Ceca e i Ministeri governativi della Sanità, del Lavoro e degli Affari Sociali dimostra i frutti potenziali che possono nascere dalla stretta collaborazione fra strutture statali ed ecclesiali (cfr. Deus Caritas est ).

Desidero evidenziare qui l'enorme potenziale formativo per i giovani, la cui partecipazione a tali iniziative insegna loro che la solidarietà autentica non consiste solo nell'offrire beni materiali, ma nel fare dono di se stessi (cfr. Lc Lc 17,33). Inoltre, mentre la Repubblica Ceca cerca di ampliare i modi per partecipare al compito di plasmare una comunità internazionale più collaborativa e coesa, non dovremmo dimenticare i numerosi cittadini cechi che già operano all'estero per uno sviluppo a lungo termine e in progetti di aiuto sotto l'egida della Caritas e di altre organizzazioni umanitarie. Incoraggio di cuore i loro sforzi e lodo la generosità di tutti i suoi concittadini che, in modo creativo, elaborano modalità per servire il bene comune sia all'interno della sua nazione sia nel resto del mondo.

Infine, Eccellenza, mi permetta di esprimere sincere condoglianze a Lei e ai suoi concittadini per la tragica morte del signor Ivo Zd'árek, Ambasciatore della Repubblica Ceca in Pakistan, che è stato fra coloro che hanno perso la vita nel recente attentato a Islamabad. Prego ogni giorno affinché questi atti di aggressione abbiano fine e incoraggio quanti sono impegnati nel servizio diplomatico a dedicarsi con sempre maggiore intensità a facilitare la pace e a garantire la sicurezza nel mondo.
All'inizio del suo servizio, signor Ambasciatore, auspico di tutto cuore che l'importante missione affidatale sia feconda. Sia certo del fatto che gli uffici della Curia Romana sono desiderosi di assisterla nello svolgimento dei suoi compiti.

Chiedendole cortesemente di assicurare il popolo della Repubblica Ceca delle mie preghiere e della mia stima, invoco su di esso l'abbondanza delle benedizioni divine e lo affido alla provvidenza amorevole di Dio Onnipotente.



Discorsi 2005-13 22098